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Alle frontiere dellapartheid

Articolo dal Il Manifesto


par Etienne Balibar
Mise en ligne le jeudi 24 novembre 2005
Alle frontiere dellapartheid Cittadini negati LA RIVOLTA nelle banlieue il risultato
del razzismo istituzionale che caratterizza non solo la Francia, ma tutta lEuropa. Nel
vecchio continente oltre alla militarizzazione dei confini esterni, si stanno costruendo
delle frontiere interne che seguono la linea del colore ma anche quella sociale.
Unintervista con il filosofo Etienne Balibar
CONFLITTI GLOBALI
ROBERTO CICCARELL I : Atre settimane dallinizio delle rivolte nelle banlieue
Etienne Balibar indignato, ma anche inquieto. Con la psicoanalista Fethi Benslama, la
giurista Monique Chemillier-Gendreau, il filosofo Bertrand Ogilvie e lantropologo
Emmanuel Terray, ha sottoscritto un appello che ha individuato nella disoccupazione
di massa, nello smantellamento dei servizi pubblici, nella segregazione urbana e nella
discriminazione professionale, nella stigmatizzazione religiosa e culturale oltre che nel
razzismo e nella brutalit poliziesca quotidiana le principali cause delle rivolte.
Lappello intitolato Casse-cou, la Republique ! - ha spiegato Balibar in una pausa del
convegno Spinoza : Individuo e moltitudine tenutosi a Bologna lo scorso fine settimana
- lo abbiamo scritto il giorno dopo lapprovazione dello stato demergenza ed stato
diffuso nellultima settimana su Internet e pubblicato il 16 novembre su LHumanit .
Oggi Balibar rilancia la sua analisi sul regime di apartheid che dalle frontiere esterne
alla Ue si installato nel cuore delle metropoli e denuncia il razzismo istituzionale che
ha provocato le rivolte. Durante lintervista esprime la sua perplessit sul tentativo
compiuto da alcuni esponenti del partito comunista francese e della sinistra antiglobalizzazione che hanno cercato nei primi giorni di strumentalizzare le rivolte
presentandole come la dimostrazione delle loro posizioni contro la costituzione europea
e per il no al referendum del 29 maggio scorso.
Questa rivolta - continua il filosofo francese - in realt rivela il blocco totale del sistema
politico francese. Non esiste alcuna prospettiva di rinnovamento sia per la maggioranza
al potere che per lopposizione . Una rivolta di cui molti governi, e non solo lultimo
diretto da Dominique de Villepin, portano una grave responsabilit . Ma la rivolta
contro i ghetti non una specialit francese, una condizione diffusa anche nei Paesi
Bassi e in Inghilterra. Quelle in Francia mi sembrano per peculiari - risponde Balibar
- perch sono legate alla sua storia coloniale che ancora oggi onnipresente nel
paesaggio urbano, anche se stata rimossa violentemente dal sistema politico e dalla
maggioranza della societ che vive totalmente separata dalle banlieue .
E poi il governo. Ci che trovo inquietante nel suo comportamento che si
impegnato nella repressione senza riflettere attentamente sui rischi dei conflitti sociali e
le minacce aggravate alla sicurezza della popolazione che una simile scelta comporta ,
osserva Balibar. La reintroduzione della doppia pena, lespulsione amministrativa degli
stranieri, cio dei residenti che possono essere isolati dagli altri cittadini in base alla
loro identit annunciate dal ministro degli interni Nicolas Sarkozy, per Balibar
indice della separazione tra i cittadini nazionali e gli stranieri, ma anche tra gli stessi
cittadini francesi alcuni dei quali vengono stigmatizzati come immigrati, o come non
francesi, pur avendo a tutti gli effetti la cittadinanza. Reprimere dei gruppi isolati dal

resto della popolazione una politica che non solo non rispetta i diritti umani, ma
accentua al massimo le inquietudini della popolazione, moltiplica gli aspetti securitari e
produce una polarizzazione ideologica in seno alla societ francese che vede negli
immigrati, nei giovani o negli stranieri dei capri espiatori .
Il prolungamento della legge durgenza per altri tre mesi la creazione di uno stato di
eccezione nelle citt ?
Questo laspetto pi inquietante, anche per i suoi risvolti simbolici, della reazione del
governo. Quella applicata una legislazione di guerra. E larma assoluta e reattiva che
serve a spezzare le resistenze contro un nuovo ordine neo-coloniale, come gi avvenne
nella guerra dAlgeria. Questa legge non autorizza solo il coprifuoco, ma crea anche
delle zone securitarie, autorizza le perquisizioni di giorno e di notte, le sanzioni penali
sbrigative. Tutto questo non ha fatto altro che dare fuoco alle polveri a una rivolta che
covava da anni e che, con ogni probabilit, continuer ancora a lungo. La violenza ha
toccato tutti gli abitanti delle banlieue, francesi e non. Questo inevitabile perch chi
subisce la violenza giorno dopo giorno, e per anni, poi colpisce senza operare alcuna
distinzione di origine o di ceto sociale.
Lei ha denunciato pi volte lapartheid europeo contro i migranti. Si pu dire che oggi,
in Francia come anche in altri paesi europei, venuto alla luce anche un nuovo
apartheid, quello interno alle metropoli ?
Assolutamente s. Non ci si pu accontentare di dire che la risposta del governo
inadeguata. E difficile evitare di credere che, al di l dei contrasti interni tra chi preme
per una soluzione securitaria e chi per una di tipo paternalistico, il governo abbia voluto
tracciare una specie di frontiera interna nella societ che assume una configurazione
sociale, etnica e razzista. Lapplicazione di questa legge tende a isolare dal corpo della
societ francese una certa tipologia di persone e a differenziare le banlieue dal resto del
territorio nazionale. In un certo senso tutto questo non nuovo. Anzi solo uno dei
momenti di un processo di emergenza progressiva di forme di segregazione in tutta
Europa che iniziato da tempo.
In cosa consiste questo processo ?
E un fenomeno tendenziale, molto articolato, che si va intensificando. Non lo considero
ancora un dato acquisito, ma credo che quella in atto sia una trasformazione dello spazio
europeo sul lato esterno e su quello interno. E un processo che ha come risultato la
costruzione di un apartheid, cio la moltiplicazione, o meglio, il raddoppiamento dei
confini, quelli esterni dellUnione Europea, e quelli interni nelle citt. Questo processo
ha spesso delle tragiche conseguenze come abbiamo visto nellultimo naufragio a largo
di Ragusa di venerd scorso, oppure in quello che accade a Ceuta o a Melilla in Spagna.
Sono tutti effetti che fanno parte della politica protezionistica dello spazio sociale
europeo che da un lato rafforza il muro che separa lEuropa dal Mediterraneo e
dallaltro costruisce zone di controllo e di concentrazione dei migranti nellAfrica del
Nord. Quello che accade nelle banlieue una specie di effetto simmetrico, correlativo,
di questo processo. E il risultato di una meticizzazione dei conflitti sociali che si
accompagna alla militarizzazione delle frontiere europee. Il rischio che si corre che i
tentativi di sfruttare politicamente questi episodi accelerino il processo in atto fino al
punto che un giorno sar impossibile fermarlo.

A suo parere in che modo lopinione pubblica francese e internazionale hanno


interpretato le rivolte ?
In Francia, il tentativo di classificare i ribelli con categorie di tipo religioso come il
fondamentalista islamico fallito immediatamente. Dallaltra parte c chi segue la
linea bonapartista di Sarkozy, che cerca di controllare questa popolazione accusando
una sua parte di comunitarismo e dallaltra strumentalizzando i normali strumenti
dellespressione della vita democratica ricorrendo alla mediazione dei rappresentanti
delle varie comunit. Altri hanno evidenziato il fallimento del modello repubblicano di
integrazione e quello di rappresentanza politica a livello parlamentare e municipale.
Questa linea stata raccolta dalla stampa inglese e americana che ha interpretato questo
fallimento come la fine dellegualitarismo sociale che impone lintroduzione del
riconoscimento delle appartenenze comunitarie in Francia. Non so se questo sia vero o
falso, bisogna discuterne, ma credo che questi argomenti spostino lattenzione dalle vere
ragioni delle rivolte delle banlieue, che per me sono neo-coloniali.
Perch ?
Nelle banlieue si concentrano la seconda e la terza generazione degli immigrati di
origine nordafricana e africana che sono ipersensibili rispetto alle forme violente di
stigmatizzazione che si esprimono nel controllo poliziesco quotidiano e combinano la
discriminazione di classe con quella razzista di tipo neo-coloniale. Da parte loro, queste
persone non hanno alcuna intenzione di rivendicare una separatezza culturale dalla
societ francese, non chiedono assolutamente la chiusura delle loro comunit contro la
repubblica. Al contrario si appropriano del suo linguaggio e della sua ideologia per
chiedere luguaglianza. Per questo le loro rivendicazioni non sono di tipo comunitario
ma di tipo universalista.
Chiedono quindi una cittadinanza ?
Proprio cos, e non dico questo per rafforzare le tesi che ho sostenuto negli ultimi anni,
ma perch esistono degli aspetti culturali e sociali della cittadinanza che sono
inseparabili dalla cittadinanza intesa in senso moderno. In questo senso si pu dire che
le forme del repubblicanesimo borghese che sono tipiche in Francia hanno raggiunto il
loro limite da tempo. La cittadinanza che la maggioranza della popolazione delle
banlieue rivendica non solo di tipo multiculturale, e nemmeno solo transnazionale, ma
una cittadinanza multi-livello che deve esprimersi a partire dal livello locale, poi su
quello nazionale e anche su quello transnazionale. In questo senso chiaro che oggi in
atto una rivendicazione di quello che definisco il droit de cit, cio di quel processo di
costruzione dal basso della cittadinanza. Ci sono anche altri aspetti della cittadinanza
che non si possono ignorare, anche alla luce degli ultimi fatti. La cittadinanza si pone
infatti allincrocio con tradizioni istituzionali diverse : quella repubblicana dello stato
che presuppone lesistenza di un ordine pubblico e di un interesse comune e quella
rivendicativa che punta sul progresso incessante della democrazia nella societ. Oggi
che questultima tradizione quasi del tutto esaurita visto che una parte della borghesia
non ne ha pi bisogno, rischiamo di mettere a morte una serie di diritti e di tradizioni
acquisite in Europa.
Le rivolte possono allora essere considerate lespressione di una lotta pi generale
contro lapartheid metropolitano ?

Personalmente evito di idealizzare una rivolta di tipo anarchico che incendia scuole,
palazzi pubblici, e si scontra con la polizia. Sono convinto che questa sia una reazione
che deriva da una serie di ragioni sociali, ma non la si pu fare passare come il sintomo
di una rivolta politica, antimperialista o anticapitalista. I giovani incendiari non
rappresentano unavanguardia, ma il momento rivelatore di una situazione nella quale
milioni di persone vivono. Per questo non credo si possa parlare di un movimento, ma
di una rivendicazione. E invece molto importante dire che queste persone non sono
affatto una parte isolata dalla popolazione che vive in banlieue. Anzi, mi sembra che
esprimano lo stesso disagio in cui vive la grande maggioranza. In Europa c una lunga
storia di rivolte contro i ghetti. Ci che di nuovo c oggi che quella attuale la prima
generazione che vive la contraddizione flagrante tra luniversalismo della cittadinanza
che sancisce leguaglianza delle opportunit in cui sono cresciuti i suoi genitori
immigrati, e la sordida realt del razzismo istituzionale.
Quali allora le prospettive ?
C la parola dordine di Gramsci, quella sul pessimismo della ragione e lottimismo
della volont, che mi spinge a pensare che in questa situazione astenersi sarebbe
certamente peggiore che agire anche sbagliando. Spero che la maggioranza dei francesi
si risvegli da questo incubo neo-coloniale. Bisogna assolutamente resistere al tentativo
di criminalizzazione e di etnicizzazione compiuto dal governo che servono alla
creazione del nemico di cui il sistema ha bisogno e possono essere usati contro
leventuale politicizzazione della rivolta. Penso che oggi il problema principale sia, da
una parte, quello di un rilancio della coscienza e della mobilitazione nelle banlieue per
dare unespressione politica a chi sempre stato marginalizzato dal sistema politico.
Dallaltra parte, i rappresentanti locali dei partiti di sinistra, insieme al tessuto delle
associazioni, dei servizi municipali potrebbero avere un ruolo importante nel rilancio
della controffensiva democratica. Questo rilancio della democrazia locale potrebbe
avere una rilevanza nazionale in un paese fortemente centralista come la Francia. E
solo unipotesi, certo, ma se oggi uniniziativa democratica non parte dal livello
centrale, allora bisogna farlo dalle banlieue.

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