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Il bel paese dov' difficile vivere

I vescovi ci invitano ad avere speranza. Ma l'impressione generale che sia


troppo tardi per venir fuori dalla palude. Manca infatti una volont diffusa di
cambiare. E si confida troppo nello "stellone" per uscire dai guai.

Dicono che bisogna credere nel futuro, in un futuro diverso, migliore di questo presente, di questa
marmellata di cose, oggetti, bisogni fra cui strisciamo. Non c' neppure odio per le generazioni che ci hanno
condotto in questa palude. Certo hanno mal governato il paese, lo hanno compromesso, hanno lasciato
crescere la malavita, hanno dato ai cittadini un'unica morale, un'unica aspettativa: rubare allo Stato dove si
pu, finch si pu.
Che altro vogliono dire i vescovi quando lamentano la mancanza di etica della nostra societ, la mancanza
di buone regole, di buoni comportamenti? L'impressione generale, scoraggiante, paralizzante che sia
troppo tardi per venirne fuori, le complicit sono troppe, le malversazioni di massa soffocanti, le occasioni
di riscatto rare: non c' un prevedibile 25 luglio per l'arresto del tiranno, non c' un 8 settembre per l'inizio
della guerra partigiana, non c' un'occupazione straniera di cui liberarsi.
Sono le grandi dimensioni dei nostri attuali vizi, delle nostre pigrizie, delle nostre cattive abitudini a
imprigionarci. Questa volta i "mille" del coraggio e dell'avventura sembrano scomparsi.
Ogni sera gli italiani che ancora desiderano vivere in una libera democrazia si chiedono quanto durer
questo decadimento, questa resa al peggio, e se questa rinascita realmente possibile o un vano desiderio
che si rinnova di generazione in generazione. Il capo della polizia borbonica non accoglieva a Napoli il
liberatore Garibaldi per disarmarlo, non consegnava la guida dell'ordine pubblico ai capi della camorra? Il
Gattopardo di Tomasi di Lampedusa non l'eterna vittoria dei reazionari?
Nella mia vita ho visto cadere alcuni regimi autoritari, a cominciare da quello fascista, quasi sempre per
autodistruzione. Le sedi dei partiti restavano aperte ma vuote, gli iscritti buttavano via le tessere e i
distintivi, ritornavano i vecchi partiti guidati dai revenant, dai politici di ritorno.
Ci risiamo? Ogni sera agli italiani si chiedono quando avverr, come andr a finire. Che fare? Mandare in
galera tutti i ladri? Si organizzerebbero subito come il partito pi forte del paese e comunque le prigioni
non basterebbero. Fare l'ennesima rivoluzione gattopardesca, cambiare tutto perch nulla cambi?
L'ennesima rivoluzione per finta, con i furbi e i ladri lesti a tornare al potere? Sono i grandi numeri, le grandi
dimensioni di questa societ a impedire che cambi veramente.
Nei primi anni della repubblica un giornalista napoletano di nome Guglielmo Giannini invent "l'uomo
qualunque" un movimento insensato, nemico della politica ma con la pretesa di fare la migliore delle
politiche. Arriv a vendere 700 mila copie e fu ucciso dal suo successo senza sbocco: non aveva un progetto
fattibile, scomparve senza lasciare traccia se non nella sua inconsistenza, nella sua volgare utopia.
Il difetto vero degli italiani lo aveva colto Leopardi quando denunciava la mancanza di un'opinione pubblica
capace di una scelta etica. L'ultima illusione stata quella della guerra partigiana: guerra di popolo per la
libert e la giustizia che diede al paese un forte impulso riformatore, durato mezzo secolo, una volont di
diventare finalmente un paese democratico. Quest'ultima illusione sembra davvero consumata.
Il paese bello, ricco di beni naturali, ma molto difficile viverci per l'anarchia di chi ci abita. Per l'illusione
costante di poter migliorare la societ senza disciplina e senza sacrifici, per l'idea assurda che esista uno
"stellone", una garanzia di fortuna che spontaneamente risolve i problemi del paese.

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