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DELLA ARCHITETTURA DELLA PITTURA DELLA STATUA DI LEONBATISTA ALBERTI TRADUZIONE DI COSIMO BARTOLI Gentiluomo ed Accademico Fiorentino . IN BOLOGNA Nell’ Inflituto delle Scienze. }{ 1782.) Cou approvaxione. er, ah £ - aa he E ‘ a i ALLI STUDIOS! DELLE TRE ARTI PITTURA SCOLTURA E ARCHITETTURA, L*’ EDITORE. Ra gli Studj pid coltivati nel noftro fecolo, uno de’ primi fi & quello delle belle Arti Pittura, Scoltura, e Architettura, e non vi ha Studio, che pid di quefto manchi de’ Libri degli Antichi Maeftri, effendo divenuti rariffimi, talmente che, non fe ne trovano che rare volte, ed a caro prezzo. Confiderando a quefto venni alcuni anni fono in penfiero di riflampare li pid infi- gni, e rari, ¢ (Gielfi per primo le Opere dell’ Infigne Maeftro Leon- batifta Alberti Fiorentino, quale ha crattato di tutte ¢ tre I’ Arti fuddette, ¢ particolarmente a lungo dell’ Architettura. A tal efler- to abbifognando di un’ intelligente di tal Arte per dilegnare, ed i cidere le Tayole, feielfi ill diligente Signor Pio Panfilj Pittore Ferma- no, ed alla noftra Accademia Clementina nell’ Inflituto delle Scien- ze aggregato, € ficcome non era quelli perito in allora nell’ Arce dello Intaglio, gli commifi (acid ne facefle la pratica) di nuova- mente difegnare, ed intagliare in forma comoda, cioé in ottavo, il Libro deli cinque ordini dell’ Architettura di Giacomo Barroccio da Vignola, tanto importante alla Gioventii ftudioft, non andando per le mani di efh in tal forma che edizioni {correttiflime, ¢ malamente incifé. Nella prefazione a quefto Libretto indicat 1’ idea mia fadder- ta accennando che 1° averei mandata ad effetto, aggradito che que- flo fofle: 1° efito felice di eflo mi ha fatto conofeere eflerlo fato, Poich? mi convene in poco tempo di pili vole riftamparlo. Da id adunque incoraggito feci dar mano all’ ideato lavoro, e poiché J’ Alberti feriffe le fue Opere in lingua Latina, poco intefa dalla smaggior parte de’ Profelfori di tali Arti, mi fono fervito per que- fla edizione delle traduzioni di Cofimo Bartoli flampate in Vene- aia del 1565. € 1568., effendo le pid ftimate, si per lo ferivere, a2 che iv che per 1’ uniformitd agli original, dell" Autore , Di quefte fi ere yi ancora Giacomo Leoni Architetto Veneziano per fare la fua bel- fiffima edizione in Londra del 1726., quale ci ha fervito anch’ eff ai efemplare per I' Intaglio delle Tayole, effendo originale Lati- no dell’ Alberti affarto di quefte privo, ¢ quelle deile edizioni faddette intagliate in legno, ¢ poco efartes © pregevoli. Gradite quelt’ Opera che prima vi prefentd, © nnovamente incoraggitemi , per il feguito, promettendovi usta la pollibile diligenza accid nel ano cfatee, ¢ degae del yoltro aggradumento. VITA DI LEONBATISTA ALBERTI DESCRITTA DA RAFAELLE DU FRESNE. Uanto, fulle antica, nobile e potente la famiglia de gli Al berti in Fiorenza, ne fanno, fede le hiftorie: e Scipionc Am- mirato, che per certi rifpetti volfe rilevar il nome de’ Con- Cini, non trovd, pith balla ¢ fpedica inyentione, che di mettergli in compagnia con gli Alberti, alfegnando una iltella ori- gine all‘una, & a Taltra famiglia. A noi, baltera dire che nel 1304. crano. g di grande autorita in Fiorenza, e che favoriyano la fat- tione de’ Bianchi, ¢ I’ anno, 1384. nelle fefte che fi fecero. in Fio- renza per I’ acquifto d’ Arcazo, gli apparati, ¢ le pompe de gli Alber furono di tal magnificenza, che. parvero pid convenienti a qualunque gran prencipe ch’a perfone private. Ne'faiti de la republi- ea fi trova che gli Alberti hanno. havuto, nove volte il gonfalonera- to, ch’ era il fupremo grado. in honore & in potenza al. quale: po- teflero alpirare i Fiorentini.. Ma nelle frequenti borafche, ¢ moti de le cofe publiche non hebbero, fempre Ja fortuna favorevole. L’ anno 1387. Cipriano ¢ Benedetto. de gli Alberti furono, feacciati da la fea € pot I’ anno, 1411. banditi infino. a° fanciulli di quella. cala. fa nel 1428. fu levato.il bando, e dato. ordine ch’ ogn’ uno potef- fe venire, flare. liberamente. a Fiorenza. [I fopra nominato Ci- priano fu padre di Alberto, di Lorenzo, e di Giovanni. Alberto Albersi fu prima canonico, ¢ poi I anno 1437. velcovo di Cameri« no: & Eugenio papa, che con tanta pompa ¢ dimoftratione q ak. ets a VITA fetto fa da’ Fiorentini nella loro. cittd accolto, hayendo nel tempo Gi cali vi eelebro il concilio, fatto prova de le viral di quel pre- Jato, per fegno di gratitadine yerfo la faa natione, ¢ per remio rete aw feel meriti, | honord del cardinalaro. Lorenzo fratello Alberto lafeid pitt figholi, Bernardo, Carlo & Leonbatifla, le cui fase qualiti porgéranno ampia materia’ di Yodi a quello breve dit cor, Con quanta cura, ¢ con che difciplina gia fratelli fuflero nella gioventii dal ae ‘allevati, ff legge nel crattaro che I! iftelio Leonbatifta ferifle de le commodic, 8 incommodira de le lettere: dove egli racconta che tutte le hore del di cano in tal maniera a Nari lero ftudii diftsibuite, che mai reflavano otiofi. Effendo: giuntt hd cai pid matura, oltre fo fludio de le lettere, Carlo abbraccid Ia cura de’ negorii domeftici, ma Leonbatifta non, tenendo conto di al- tro che di libri, rutto i diedo alla coltura dell ingegno, ¢ fece tan to profiso nelle feienze, che fi la(cid addietro quanti con fama va- Tent huomini yiyevano al fuo tempo. Il primo faggio ch’ egli diede de la vivacith, & acutezza del fuo genio fu nell ingannare con una dota, & ingegnofa burla, e con pit fucce(fo che non fece poi il Sigonio, il giudicio de leteerati del fio. tempos perche trovandolt “im ec di venti anni allo fludio di Bologna, compote di na(coflo unx favola chiama- ta Thrlodaxior, foro nome di Lepido comico, la quale poi, qua- fi capitatagh di nuovo, e cayata da vecchio manoftritwo, ei pu- blicd per antica. E veramente Alberti imicd in quella con tanta fe- Ticita la priféa dicieura de’ comici Latini, ch’ eflendo pervenuta nelle mani di Aldo Manucci, il quale fa da cutti tenuro per paragone de la vera e pid pura Latinica, egli la fece flampare in Lucca T ane no 1588. dedicandola ad Afeanio Perfio, perfonaggio ancora egli di profonda eruditione, come fe folle fara pie te GeORen Lepidam Lepidi, antige? comici quifis ille fi, fabulam ad te mitte, er diaifine Peep, que chm ad warns’ weas perveneiit, \perire wolui: CS anti- quitatis vationem baberdam effe dusci. Muléa fut in ea obferoatione dign : que tibiy totius vernfttis fallertffine indagateri, non difplcebunt , mibi aa ib cai pliceeias, @c,. Ma che T Alberti habia compalie quctta, wola nel vigelingo’ anno dalla fa et, pli fleffo The volo ini caren prologo: Now quidem capis, su pero iw latin. Frabds pest svigefina arnoriim mera atare, bane ineptins fei Hee toe ; pins feripferim fabelam. View exfpetlo inde baberi apud cor boc perfuafioms, non esaceum me fil cranes ine wes bce ants. Havend. dangue ‘abc nfl 2 fperimentato le fire forze, non vi fu feienea ch’ 3 Audio non f acquit won and ene are leggere 0 compo quaiche cofa, come sgl fella firma: & heb: a diapines re fa ae Parve ugualmente nato ad ogni forte z fe meglio oratore o poeta, fe pid e% I DI LEONBATISTA ALBERTI. vit. lente ferittore Latino o-Tofeano, fe pitt) valeffe nelle. feienze prati. che, 9 fpeculative, ¢ fe con pid gravita ragionafle de le cole. mlevae te, o con pitt leggiadria & urbanita de le ordinaric, ¢ balle, 4 Si legge ch’ una volta Lorenzo de’ Medici, vero Mecenate det fio fecolo, per ENG con manco faftidio i pit gran caldi dell’ efta- te, fece nella felva di Camaldoli, una ragunata_ di perfonaggi illu- fini in ogni forte di letteratura, fra. quali” Marfilio Ficino, Donato Acciaioli, Leonbatifta Alberti, Alamanno Rinuccino, ¢ Criftoforo Landino erano i principali. Qual fulle la converfatione dist dotre: perlone og uno {Glo pub imaginare, Ma pid di nilfuy alto fi feee ammirar T Alberti, il quale con diftorfi rilevati, ¢ pieni di fublime, dottrina fece vedere a picno che nell’ Encide. foto la feorza. di va- fie, ¢ vaghe fintioni, fi nafcondevano i pit alti fegreti de la filo- fofia, ¢ he Virgilio era un vero, ¢ reale filofofo, ma-veltito fan- talticamente ¢ da poeta. Cosi fodi ragionamenti feceto tal impreffio- ne nell’ animo de gli_afcoltanti, che Criftoforo Landino (ch’ in quel- a occafione volfe effere il fegretario dell’ affemblea) gli regiftrd tutti. in un libro, ¢ ne formd poi quell’ opera che fi yede ftampata in lingua Latina forto nome dequcticr: Camaldolenfi: nelle quali ver~ fo il fine cosi ferive il Landino: Hac fint que de plurimis longeque ex cellentioribus, que Leo Bapeifia Albertus memoriter, dilucide, ae copiofe, in tantorum eyirorum confeffr cifpurwvits meminigfe Lafeid Alberti molte belle compofitioni in Latmo tein Toftas, no, de le quali fi vedra qui di foro un copiof indice. Fra le ope- re Latine & digna d’ erema lode, ¢ fi pud paragonare con tutta T antichita, quella ch’ ¢ intitolata il Momo, la quale per la fua ec- cellenza, nel medefimo anno 1520. fu ftampata due yolte in Roma. E veramente in quella con ftraordinaria vaghezza, ¢ non penfato ar- tiftio, fcherzando, ridendo, burlando, fi fpiegano in quattro libri wwelle cofe, che gli altri con maniere gravi, ¢ levere fnillero de la filofofia morale, eflendofi perd egli principalmente propotto di toc- care quelle che a formare un pertetto, & ottimo principe s' afpetta> no, € cognoftere i coftumi di quelli che gli vanno attorno. Bella & ancora I’ operetta chiamata Trivia, overo de le caule attenenti a! feaatori, ¢ quella ch’ egli intitold De iwre, ciot dell’ amminiftrar la giuftitia, de Je quali non sd per qual cagione Cofimo, Bartoli, che traslat in lingua Italiana, ¢ fece ftampare in un volume molti opu- feoli di Leonbatifta Alberti, n’ abbia fatto. il quinto ¢ felto libro del Momo, overo del Principe. Seriffe un libretto di favole, nelle quali fi dice che nella bizzarria de’ concetti habbia fuperato Efopo. Compofe ancora un trattaro de la vita e coftumi del fuo cane, & un altro fopra la mofea, potendo con artifitiofa -maniera {cherear de Te cofe rilevate, © g € filofofar de le bafle, & abbiette. Nella Tingua Italiana ha Jafeiato ue libri dell’ Economia, & aleune sale am iit VITA amotole-in profa & in verfi, e fi ill prime (coms ferive Giorgia sett nella fua vita) che tenta(le di ridurre i verfi volgari alla min fara de’ Latini, come fi vede in. quella fa epiftcla. Quefta pur effrema miferabile piltola mando A te che fpregi miferamente nei, Se. Ma nel ragionar del fingolare genio dell’ Alberti in. ogni genere i polite lettere, ¢ del Iuogo ch’ egli tiene fia gli huomint lerterati, mi feo pao da gente ala rofeflione , cict da pittori, & ar thivetti, che come {uo lo pretendono, ¢ moftiandomi quanto eali hi operato in pittura & architettura, mi chiamano indietro, © quali che fo habia a ferivere le virti a! un altro Alberti, mi sforzano di far piles da le feienze fpeculative alle arti pratiche, e mecaniche. ‘veramente fu tanta la capacita ¢ vaftita dell’ ingegno del noftro Alberti, che pott non folamente con generalii notitie tuite le difei- pline abbracciare, ma defcendere ancora al particolare. di cia(cuna & applicandofi a qualfivoglia cofa, far credere a gli huomini che niai ad altro non havelfe il fo nobilifimo intellerto impiegato, par reggiando, anzi avanzando quelli ch’ in tale profellione fi itimavano i migliori. Erano nel fuo tempo a farto fpenti gli ftudii dell” archi- teteura, © fe pur qualche cognition’ fe ne havevano, furono tanto corrotte, ¢ lontane da la politezza ¢ nobiltd dell’ antico fecolo Ro- mano che nell’ operareproducevano effetti roi» Leonbarita Als berti fa il primo che eentafle di ridurre quell’ arte alla faa prima rita, © feacciando la barbaric de’ fecoli Gotichi introducefle i i lh T'ordine, e la proportione, fi che da tutti fu univerfal ie ae io il Vicario Piecentino 1) isl G4 Oia packet STEN pontefice a valerfi di lui nell’ ordinare molte fabriche in Raia, 04 a confidarfi tanto pid ne’ fuoi configli, quanto che da Biondo F Tire pedioagyio\ dijales tacats te up, familce fn gaeece tite informaro de Te fee raze qu. ot __ Fece per Sigifmondo Pandolfo M: i Rimino dl deg de Ja Chieti. fetes irae SP nina tae 47-. € rinfel una de le pit fuperbe, © fontuofe d’ Iealia dotta al termine ch oggi ft vede, I! an eee vied é ne ch’ oggi fi vede, I’ anno 1550. E perche il Vafari in occafione di minor momento allai_ proli 1b deferittione di? ello taabta st bamoltieno molto (tad di eacclen bench ee a . to $ moltrato le, benche per il foggiomo ch’ epli fece in Rimino, dove dipinfe il Pre feagiomo ch egli fece in Rimino, dove dipiné il S. Franeeféo che fi mineamente ate E pars, not per lapiie in nae ale er eae genaa, © per onorare tanto pit pees ar Wo clits CR’ cosanclandaids 1h tncen ake eee Putiatl bats, nocd meee ee eee ee MON aden Siti; Se.4A per Gain ee re > Per cormiciamento un bell’ ornamento di DI LEONBATISTA ALBERTI. ie di fogliami & arme Pandolfe(chi, intralciate infieme con vaga in- ventione, Sopra di eflo falgono quattro colonne cannellate d’ ordine compofito, ¢ di mezzo rilievo. I tre ineerfliti’ {ono occupati da we nicchie, de le quali quella di mezzo fa ta porta maggiore, che va dentro alquanto con un belliflimo fogliamo: fegue por I’ archierave, il freggio, & il cornicione, fopra del quale, dirimpetto alla porta vi andavano con I iltella ordine due pilaftri con una nicchia in mezzo, Ja quale fe fulle flata farta, havrebbe fervito per dar lume alla naz vata di mezzo, & per collocarvi la flatua del Signore Nel fianco del tempio di fuori, con fps ¢ nobile inventione fi vedono fet te archi grandi, ¢ forto di effi altrertanti fepoleri, fatti a polta per fervire di depofiti d’ huomini illuftti Riminefi. La © interiore de Ja fabrica non cede punto all’ cfteriore ne in grandezza di difegno , ne in delicatezza d’ ornamenti, i quali, benche habbino un non che di Gotico, f@ fi confidera la rozzezza di quel fecolo, non fono tuttavia fenza lode. I marmi di diverfe forti, cofi dentro come di fuori, fono Rati con profufione adoprati, ¢ fi legge nella vita di Si- ifmondo , ch’ egli pallando con le fue genti vicino a Ravenna, ne fpoglid con quella occafione le chie(e antichiffime di S. Severo, ¢ di Claih, feed: Te incroftature, ¢ conducendo a Rimino tutto quel- lo che piu gli pareva a propofito per compire la fua opera, a tal punto che da Paton emeritamente.biafimato, € chiamato fa- crilego. In una de le capelle, che fono fei, fi vedono le fepoleure allai belle e ricche di Sigifmondo, ¢ di [fetta faa moglic, ¢ fopra una (come ferive il Vafari) @ il ritrarto di effo fignore, & in altra parte dell’ iftefla opera quello di Leonbatifta, L’ anno 1551, Lodovico Gonzaga marchefe di Mantova, il qua- Je era divotamente affertionato all’ Annunciata di Fioretza, per un voto fartole da la fua conforte, per cagione d'un parto felice, fece fabricare, col difegno di Leonbauifta, il coro, overo tribuna, che di prefente fi vede in quella chiefa, con 1 armi intorno de la famiglia Gonzaga: fa quale fi come AA fede de la magnificenza di quel figno- te, coli moitra il valore dell’ architetto, che con manicra capriccio- fa, ¢ molto difficile ordind quell’ edificio a guifa d'un tempio rondo con nove capelle d’intorne, E perche vi ono certe cole che non rifpondono all’ occhio con turta quella arava che fi richiede, paren do per il giro de la fubrica che gli archi de le capelle, quando fi guardano per profilo, cafchino in dictro, rimandiamo il lettore a quanto ne ferive il Valari. L iffello marchefe yolendo nella propria citta ricdificare da le fondamenta la chiefa di S. Andrea, venerabile per il fangue di Cri- fto, che vi fi conferva, I anno 1472. chiamd a fe I’ Alberti, e fi- gnificandogli il penfiero ch’ egli haveva d’ illuftrare Mantova con un nobililfimo, ¢ fuperbiffima eae gli fece fare il modello del ae VITA m a9 i fi vede: il quale @ tutto di terra cotta in forma yp scenpio.¢ hogei O vefEla che forma la. parte inferiore di quell, 7 maggiore de la chiefa, lungo braccia 104., € foyrapolta al corpo mage Targo braccia 40. fenza catena alcuna di ferro, 0 legno che lo’ foften. ti, & @ tutto d’ opera compofita , con tre capelle grandi per ogni par- te, & alereteante picciole. Nelle braccia de la croce vi fono due ca pelle per ciafcuno oppofte T'una all'altra. Il mezzo poi del quadra- fo, dove fi deve fabricar la cupola, @ largo braccia preflo a quaran- ta, Oltre il quadrato de I. cupola vi @ il coro di forma ovale, Iun- braceia 52., ¢ largo quanto @ il corpo de la chief, il quale con Traelena quadro fu I’ anno del Salvatore 1600. fornito fino alli ule timi comiciamenti, conforme al modelo antico dell’ Alberti, La face ciata 2 compartita in tre porte , la maggior de le all ch’ & nel mez zo, & omata di marmi bianchi, con fogliami belliflimi diligentemente intagliati, ¢ le portelle da i lati fono ai jean bigi, lavorati anch effi. Chi volefle vedere ogni cofa piu particolarmente deferitta legga Donefinondi nel libro fefto dell’ iftoria ecclefialtica di Mantova, dal quale habbiamo cayato quanto fi & accennato di fopra. Mario Equi- cola nella iftoria Mantovana c’ infegna ch’ il medefimo Alberti nell” iftella citta diede principio alla chiefa di S. Sebaltiano. Hebbe per ain- tante, ¢ fedele cfecutore de‘ fuoi difegni a Mantova un Luca Fioren= tino, il quale hayeva gid lavorato per Iui a Fiorenza nella fabrica del coro dell’ Annunciata , Ma fe Roma, Rimino, ¢ Mantova debbono molto all’ induftria di Leonbatifla , non meno fi fente obligata la fua patria alla fua virtd, havendo egli alfai contribuito alla fua bellezza. Fu ordinata in Fioren+ za col fuo difegno la facciata della chicfa di S. Maria novella, ¢ con vago meftolamento di marmi neri, e bianchi iofamente orna+ ta, ¢ corrifpondente alla grandezea di tutto il corpo dell’ edificio. A Cofima Rucellai diede il difegno del palazzo ch egli fece fare nella flrada che fi chiama La vigna, ¢ nella Chiefa di 5. Brancacio fi vede una capella di faa inventione. Fece egli molte altre cofe, che per_breviei fi trala(ciano. Lafcid. pochilfime opere di pittura. Paolo Giovio , che compofe fro clogio, © gli diede loco fra gli ile Jultri Jetterati, loda il ritratto ch’ egh fece di fe medefimo : il qua- Je nel tempo che Vafari ferifle, fi ritrovava in cafa di Palla Rucellai, con altre Piture del medefimo Alberti. St vede dunque da quanto habbiamo feritto di fopra, che pe To Mudio de le lettere, © per tn cognitione del difegho, Leonba- sila Alberti fi pud con ottima ragione regiftrar fra git huomini fa- mofi dell una, ¢ dell’ alera profeffione. Anzi per maritatle piu fet. tamente infieme,, voll ch’ 1 difeorfi dell’ una ferviflero ad illuftrar Ester = aia, facendo parlar quelle arti che per lo pallato te quafi mutole, lafciandone i precetti con belliffimo oe — Seal ene DI LEONBATISTA ALBERTI. fericti in lingua Latina. La feuleura fil la prima de ta quale egli traprendefle di trattare, ferivendone in lingua Latina un libretto. ine titolato della Statua. Scrifle poftia. nella medefima lingua tre libri de la Pittura, da tutti gl intendenti fommamente lodati, fi per la di- citura nobile, ¢ {ehietta, come anche per I importanza de’ precetti, Nel primo fi fpiegano i principii dell arte, tratti da la geometria. H fecondo contiene le vere regole, da le quali non deve mai dipar. tirfi il pirtore, tanto nella compofitione, quanto nel difégno, ¢ co- lorito, che fono le tre cofe alle quali fi riducono rutte Ie confidera- tioni, che far fi poffono nella Pittura. Nel terzo libro fi ragiona delt’ officio del pittore, ¢ del fine ch’ egl deve proponerfi nel di- pingere. , Li ultima opera di Leonbatifta Alberti, ¢ la piu degna di tut. te, eflendo ftata con pix fludio, ¢ diligentia lavorata, @ il libro eh’ egli (eriffe dell’ architettura, nel quale con efquifito ordine, ¢ fa ciliti grande, fi feuoprono tutti i fecreti di quell’ arte, che prima ne gli ofcuri feritti di Vitruvio etano rinchinfi: ne fi publicd fe non dopo la fua morte da Bernardo fuo fratello, che la dedicd a Loren- z0 de’ Medici, come haveva deftinato di fare I ifteffo autore. Fu voltata in lingua Italiana, & illuftrata di difegni da Cofimo Bartoli gentilhuomo Roredinat che la prefentd aCofimo de’ Medici I’ anno 1550: Il medefimo Bartoli traduffe ancora i libri de la Pitura, ¢ Scoltura, ¢ gli fece ftampare I anno 1368. con gli aleri opulcol dell’ Alberti. Si trovava gid un’ altra verfione del erattato de la Pits ture, fatea dal Domenichi, ¢ ftampata I’ anno 1547. Dopo aver per I’ accompagnamento di quefto volume con lin. gua a noi forelticra ragionato de le virtd di Leonbarifla, & am- mirato i frutti del fuo fertiliflimo ingegno, altro non ci refta a di- re, fe non che defideriamo per il merito di fi grand’ huomo, & ancora pili per I' utile publico, e per la gloria de le lettere, che fi raccolghino un di tutte le fie opere infieme: ¢ per quelto ne por- xemo qui di forto la lila. Mori Alberti in Fiorenza fua patria, © fu fepolto nella chief di fanta Croce. INDICE DELLE OPERE DI LEONBATISTA ALBERTI: OPERE STAMPATE. Lewis Baptife Aberti Florentini Momus. Rome ex edibus Tacobi Maze chit 1520. 4., & in folio 1’ iReffo anno con quefto titolo: Leo Bapti- fia de Albertis Florentinus de Principe. Rome apud Stephano Guilererow . Leonis Baptifie Alberti Floremini Trieia five de caufis fonatoriis, i Cierny Naum Ub a. de fis, bes °F aceaea interpreatio, ad) Law 2 reas i VITA venrium Medicem, Bafilea 1538. 4. com Petri Ioannis fy Pe orcto ot 5 punquam fivis ldata arte Tir ter abe luciffnk Leavis Baptiie de Aeris ‘haflee V54o. 8-5 & ultimamente vo 1649. in Tats col Virruyio. - ia Lecmis Buptite Alberti vit a dle equo animante ad Leonellum i Fevvarenfem principem Uibellar » Michaels: Martini ‘Seelle cura ac fludio ins Ferenc demu int luccm edna. afie 1556 8. ie Means ‘Baptfie Alberti. Horentini ori clarifit bri de re edifcates — ria, Parifir 1512. & in altri luoghi <_ a Lepidicomich ceteris Thilodexios fuule y ex entiqutate eruta ab Aldo Manceie. Luce 1588. 8- ‘ i ‘Daptfle de Alberts poete laureati de amore liber eptions Tncipit. Parmi fncio di picts, ¢ di humanith. 1470 4 f Baprfie de Albertis peeve laureati opus, praclarum in amor remedin felcvr rcpt. Legivime amanti © ricofeendo. V47%s Ae : Dialogo ei Meir Lebar Alberti Frenne , de reablicas de oh ta cinili, de vita rufiicana, de fortuna. Incipit Vedo io Microtiro mio, corto per abbraciarlo, o parte dell’ anima mia. In Vinegia 1543+ faq Olivarii {choliis Opere dell” Alberti mon musi Hampater De jure trattatur. Tncipit, Exit & veltris iureconfaleoram fcriptis Tradotto dal Bartoli con il titolo: Dell’ amminiftrare Ia. ragione. q ‘De conmadir, & incommadis literarim ad Carolum fratrem . bripie. Laurentius Alberts parens. Si legge perd nella biblioteca di Gelhe- ro, che quefto trattato fia ftato tas in Italia, ma quando dove, non lo dichiara. Vina Saati Totiti martyris, Trattatus Cifera inferiptur Trafhatus Mathematica appellatus . Libellus Statua diébus. De Mufis, Oratio funcbris pro cane fio. Incipit. Erat in more apud . Libellus Apologerum. Tutti tradotti, ¢ ftampati dal Bartoli . Choragraphia wbis Rome antique, Ne fi mention Pocciantio ¢atalogo de’ feriteori Fiorentini, come anche del feguente . oS Nevis infeitars V. accenna il Gefrero’. re libri dell’ economia. Scrive Filippo Valori ch reser caf hes Poets Ges ee ai Vavie opere di Leonbatifia Alberti tradotte in lingua Italiana. L’ architettura di Leoybatiffa Alberti, tradotta in lingua Fiorentina 43° Gis Sar petlbeme OF acendenie, con ta vagpiens oF AaHe i DI LEONBATISTA ALBERTI. xiii Firenze 1550. fol. & in Venetia 1565. 4.5 € 1 ifte({ anno nel monte Regale. fol. con Ia pituura del medefimo Alberti tradotta per M, Ludovico Domenichi. La pittura di Leonbatifta Alberti tradetta per M, Lodowico Domenie chi. In Vinegia 1547. 8. Opu/cols’ Morals di Leonbatifta Alberti gentilbuonio Fiorentino , tradotti € parte corretti da M, Cofino Bartoli. In Venetia 1568. 4. Segue la lifts di detti opufcoli, Momo, overo del. principe. De difeorfi da Senatori, altrimenti Trivia. Dello amninifirare I ragione.. Delle comodita, e delle incomoditd delle lestere Carlo fig fratello, La wita di S. Potito, La Cifra, Le placevolenze Matematiebe Della republica, dell evita civile © rupitana, ¢ della fortina, Crede- rei che quelto trattato fia ftato Toftanamente feriteo dall’ Alberti, ¢ Y habbiamo notato difopra. Della Statua Della Fittura. Ddla Mafea, Deb Cane, Cento Apologi. Hecatonfila. Deiphira , Quelle due ultime opere non fono flace tradotte dal Bartoli, ma le medefime che quelle di fopra fi fono accennate fotto i titoli: de amore, & de remedio amoris, feritte in lingua Tofeana dall’ Al- berti. DELLA DELLA ARCHITETTURA DI LEONBATISTA ALBERTI. LEONBATISTA ALBERTI DELLA ARCHITETTURA, PROEMIO. bene, & commodamente vivere, acquittate da loro con grandiffima indu- fria, & diligenza. Le quali ancora che dz per loro ftelle tutte dimoitri- no quafi che a gara di andare a quefto fine; cio? di giovare grandemen- te alla generatione humana: nientedimeno noi conofciamo che elle hanno un cer fo che, mediante il quale ciafcuna da per fe, pare che ne prometta particula~ re, & diverfo frutto. Imperoche noi certo feguitiamo alcune arti per la ne- cellih, & alcune approvitmo per la urilia; &.sleune (ono in pregio, perche mediante lo operare di quelle, fi viene in cognitione delle cofe che diletano ; & quali fano quelle arti, non fa mediero che io dice; imperoche elle fond manifeite. Ma fe tu andrai bene efaminando infra il grandiffimo numero di tut- te le arti; nom ve ne troverai pur una, che ({prezzati gli altri) non conli- dietro ad alcuni {uoi particulari, & proprii fini. O fe finalmen- fe ne troverti alcuna, la qual fia tale che tu non polla o in modo alcuno mancame, o che ella pure da per fe ti arrechi ucilici , congiunta con dilera- tione , & grandezza;_non debi (fecondo il mio parere) dal numero di quelle tof via la Architettura. Imperoche ella alcerto, fe il tutto andrai diligentemente efaminando, & publicamente , & privaramence’ alla humana generatione € com- modiffima & oltra modo gratiffima: & per dignith non infima infra le prime. Ma inanzi che io proceda piu oltre, giudico che fia, bene dichiarare chi 2 quello, che io voglio chiamare Architettore: Percioche io non ti porrd inane zi un Iegnaigolo, che tu lo habbi ad aguagliare ad huomini nelle altre (cien- sTercitatilfim ; colui certo che Iavora di mano, ferve pet inftrumento allo hitettore . Atchitettore chiamerd io colui, il quale fapri con certa, & mar ravigliofa. agione, & regola, si con Ia mente, ¢ con lo animo divifare; si con Ja opera recire a fine tutte quelle cofe, le quali mediante movimenti di peli, congiugnimenti, & ammalfamenti di corpi, fi poffono con gran dignita acco: modare beniffime allo ufo de gli huomini. Er a porere far queito , bifogna che egli habbix cognitione di cofe ottime, & eccellentiffime; & che egli fegga. Tale adunque fark lo Architettore. Ma torno 2 quel che io lafciai Sono ftati alcuni che hanno detto, che Ia acqua, o vero il fuoco furono le cagioni principal che fecero, che git huomini f ragunallero inGeme: Maa noi che confidentamo Ia utilit’ , & neceifita delle coperture, & delle mu cilmente fara perfuafo, che quelta fia tlata Ia cagione principale di conciliare, & raganare gh huomini infieme. Ma non per quella fola cagione fiamo obli- guti_alloarchiterore » ciot, perehe « ne habbi faci i cari, & fcuri Iuoghi y love polfiamo rifuggendo, ‘defenderci da lo ardore del Sole, da i feddi, & dalle rempelte, (avegna ‘che cid fia beneficio non piccolo) ma per quella ancora, cioky perche egli ha trovato molte cofe privatumente, & publicamens te fenza dubbio utiliffime; & allo ufo della vita humana fommamente accommo> date. Quante honelfime funiglie havrebbon perdute & la nota, & le alte Citch de} mondo, rovinate del tutto ‘per la ingiuria de’ tempi: fe Ie paterne habitation’ A ‘mop Gi antichi noftri ci hanno lafciate molte, & varie arti, che . PROEMIO, avelfero (quafi come ricevute nel grembo.de' loro’ antichi) tele, & fre rn eave tal oe: fui tein fa grandemente lodsto , per haver fato appeetts wey Seuinands uma flanza in volta, nella quale (i raccogliele un vapore’ tanto flepido., & piacevole, che movelle i corpi a mandar fuori gravifli fudori: ge sll faafe con grandifina dletaone. Che dnd fo de alt altri che andaong Felljando moe cofe fiili a quelle; atte a giovare alla fanith ; come luo. ghi do fat portare da novate, le tute, & alti fimili? © a che raeconters jo i carti, & gli altri inftrumenti da portare, i mulini, Li horiuoli , & fimili Cole minute: Ie quill nientedimeno fono al viver noftro i grandiffima momen to? A che le abondanzie delle acque cavare de’ pit fecreti & Hipotti: Juoghi; & tipoite a tanto. varie, & elpedite comodita de git huomini? A che i. Trofei ‘Tabernacoli, gli Edifcii faery le Chiefe, & fimili, trovate per il culto divino, & utilich de*pofteri? A. che finalmente Je uagliate Ripe, i forai Monti, Ie spine Vali» see Light al soceatl Pall nel mie Ie bate Ne viy i dirizzati Fiumi, le aperte Foci , i piantati Ponti, i fatti Porti, non fo Jamente provedendo a le comoditi de’ gli huomini per 'a tempo ; ma aprendoli * Ja vin dit potere andive:per tutte le provincie del mondo. Onde & nato, che sli huomin’ feambievolmente hanno infieme accomunato I" uno.a Valteo le vets fovaglie, le fpetirie, le gioie, & le notite, & cognition delle cole, & tute ° fo quello che & utile alla falute, & al nvodo della vita. Aggivgni a quelto gli Tnftrumenti, & Machine da guerra; le Fortezze, & quelle cole che fanno di Bifognoa difendere ia Jiberth della Patria, & a mantencre I'honote, & ad accre+ feere la grandezza della Citta: & ad acquillare & a ftabilire uno Imperio. lo cers to mj penfo, che fe fi dimandaffero ture quelle Cit, le quali dapoi in qu’ che é memoria de gli huomini fon venute per afledio forto lo imperio d’ altri; aa chi elle fulfino fate foggiogate, & vintes elena certo direbbono, dallo Ate chitettore ; Et di effere flate fofficienti a fprezzare facilmente lo armato inimico; za non gi di cere Mate pofend di darare contro alls forza dello ingegooj & alla grandezza delle Machine , & allo impeto de gli inflrumenti bellici ; con Je quali cofe lo Architettore le flrigneya, le infeitava, & le rovinava. Et cosi per il contrario diranno quelle che fono’ftate allediate, i non fi ellere difele con _alcuna altra cofa piu che con J’ aiuto, & con le arti dello Architettore. Ex fe tu andrai efiminando fe fatte efpeditioni; troverai forle, che la. maggiot parte delle vittorie fi fono acquiflare piu tolto per le arti, & per le virtu de i Architertori, che per i governi, © per le Prune de’ Caprtanis Et che lo Ainimico @ fluro pi volte fuperato, & vinro dallo ingegno degli Architettori s fenza Je armi de’ Capitani ; che dalle armi de’ Capitant, fenza'l' ingegno deght Architetton. Et quel che grandemente importa, € che lo Architettore con por a gente, & fenza perdere i foldati, vince. —Hor fia quanto alla utility deo abattanza. Ma quanto il penfiero, & il difcorfo dello edificare diletti, & fia fitto dentto ne gli animi de gli vomini, fi vede da molte cole}, & da quella ancora, che tu non tovera! nelluno, ‘purche egli habia il modo. ‘che non hhabbia ‘dentro una cera inclinatione di edificare qualche cola. Ft the fe. esl Ihark col penfiero teoyato cofa alcuna appartenente allo edificare,- volentieri da fe itelfo nom ia dica , & non la manifet allo uo de gli huomini; quali che wore zato dalla natura. Et quanto {pelo accide, ‘che fe bene noi fume oecopitl, © in altte cole, non poffamo fate che con la mente, & con lo anima, not a aimaginiamo di fare alcuni edificii. Er guardando le altrui muraglie, {ubiro com ciligentia confideriamo tate le proportioni, & mifure, & Je ellaminiamo, & fecondo Ie forze dello ingegno noikro 5 ricetchiamo che cole vi fi potellero. 3g Biugnere, levare, & mutate; Et avertiamo inoltre, in che moda elleno fariae No piu compiute, a piu belle. Et fe aleuno edificio fark ben’ compari 5 erfettamente fnito, chi fa quello, che non lo riuardi com diletacione + & letiia grandiffima ? Ba a che tacconterd io quanto & in eal, & for eo : cS PROEMIO, 3 efolamente habbi giovato, & dilertato a’ Cittadini Ia Architettura; ma. gli habbi ancora grindemente honorati? Chi fara colui, che non fi reputi ad horiore , lo havere edificato ; effendo reputato ancora a gloria I"haver fatte un poco accu- ratamente le propie cafe ov’ egli habiti? Gli huomini da bene approvano, & in- fieme fi rallegrano, che tu con lo haver fatto un muro oun portico belliffimo, & poltovi ornamenti di Porte, di Colonne , & di Coperture , habbi fatto il fatto tuo, & il loro; per quefto certo piu che per altro, che e° cognofcono che tu hai accrefeiuto com quefto frutto delle tue riccheaze a te, al Cafito, a’ de- feendenti, & alla Citth tua molto di honore, & di dignita. 1 Sepolero di Gi ve diede principio a nobilitare la Hola di Creta, ne Delo-era tenuto tanto pregio. per I’Oracalo d’ Apolline ; quanto per la forma, & bellezza della Cit- ta, & per la maieith del tempio. Quanta autorith habbia arrecato I’ edificare all’ Imperio, & nome Romano , non accrefcerd io con il mio dire, piu che quel~ Jay che mot per i Sepoleri» & per le Religie, dell antica magnilicentia » fpafe [et rurra 5 veugumo Kaverne dara cagione che ft pref fede, s mole cole dete lalli Hiftoriografi, le quali forfe altrimente farebbono parute incredibili. Lodava Tucidide oltramodo la prudenza de gli antichi, che haveffino talmente adoma Ja lor Citth d’ ogni forte di edificii ; che mediante quegli la poffanza loro a pariffe molto maggiore che non era. Et chi 2 ftato quello infta i grandiffimi , prudentiffimi Principi, che tra le prime lor cure, o penfieri di perpetuare il nome, & Ja pofteriti fua, non Gi fia fervito dell’ Architettura? Ma di cid fiz detto abaftanza. Quefto finalmente fia vero, che per bifogno, per ftabilita, Per dignith, & per ornamento del Publico, fiamio. grandilfimamente obligati all' Architettote. Il quale facia che noi poffiamo nella quiete, con tranquilli- Wa, allegrezza, & fanith nel travagliare, con utilith, & guadagno ; & nell’ una, & nell" altra,, fenza pericolo, & con dignith ritrovarci. Non negheremo adun- que ch’egli non fs da eller lodaro, & tenuro in pregio, & dx eller polto er ls placevolezna, ite per Ia mataviglio(s gratia dele opere; st pet a neeel itd» & per gli aiuti , & fortezza delle cofe trovate da Im; si per il frutto del- la furura etate, infta i primi huomini , che habbino meritato quali fi fiano_ pre mii, & honori . Laonde havendo noi conofeiute quelte cofe effer talmente fatte , cominciammo per diletto dell’ animo noflro a ricercare con pit diligenza de Vane, ¢ de le cofe loro. Et da che principii elleno, derivaflero , & di che par- ti fullino compofle, & finite: Erhavendole trovate varie di generi; di numero quali infinite ; di effentia maravigliofe ; di utilita incredibili; in modo che ivolia_ nda’ era meno. qual condidone. di huomint yop quel perte ci rep- blica, © quale ato di Cittk, fulle piu obligato allo Architettore ; anzi allo Inventore di tutte le itt; il publico, o il privato; le cofe facre, o fecolari, lo farfi, o il travagliare, i particulari, o pur tutta la humana ge- neratione, deliberammo per piu cagioni, che qui fariano Iunghe a raccon+ tarfi di raccorre effe medefime cof, che in quefti dieci libri fono ‘crite. Nel trittare delle quali terremo quelto ordine. Noi certo habbiamo confide- rato, che lo edificio @ un certo corpo fatto ficome tutti gli altri corpi; di difegno, & di materia: I’ uno fi produce dallo ingegno, la altra dalla naru- raz onde a I’ uno fi provede con applicamento di mente, & di penfiero, all’ altra con spparecchiamento , & fceglimento. Et habbiamo ancora confi rato, che ne I’ uno, ne I’ alta da-per fe, non & baltante, fenza Ia ma no d’ uno efercitato ‘Artefice, che fappia fir componimento della materia con debito difegno. Et effendo vario lo ufo de gli edificii bifognd andare in- veltigando, fe una medelima forte di difegno fi conveniffe a tutte le ma- niere de gli edifici. Et per quefta cagione habbiamo diftinte le maniere de gli edifict. Nelle quali conofcendo noi che era, di grandifimo momenta il modo, & il componimento delle lince, infra di loro, dal quale poteile nalegge uno compolto, i eccellva bellezza: Cominciammo pet quelle ad ™ Aa 4 PROEMIO, laminate, che cola fulle bellezza: & che bellezza fi conveniffe s ciaftung Siigeio. Ee avenga che in tutte quefte fi trovalfero alcuna volta difeti: fndammno, invefigendo in che modo fi porelino, rimeiare 0 rellauare, Ciafoun libro adunque @ fegnato con il fue titolo, fecondo la varied Selle cofe: percioche il. Primo Libro tratta de’ Difegni , il Secondo della Maceay it Ferza de U' Opera, il Quarto ai tute Je Opere in univer le, il Quinto delle Opere in particulare, il Seftq de gli Ornamenti, il Setimo de I'adornare gli Edificii ficri, I Orravo de Padornare gli Edie fiai_ pul » © fecolari, il Nono de I adornare gli Edificii icolari rivati, il Decimo della reflauratione de gli Edificii, aggiuntoci una vatia Fittoria’ delle acque, & come fi trovino, & quello che nelle facende giowt Io Architewore - DEL- DELLA ARCHITETTURA DI LEONBATISTA ALBERTI. LIBRO PRIMO. De! difegniy & della pofewea, & regola lore. CAP. L Avendo a ferivere de’ difegni de gli edificii , noi raccorremo, & potreme in quelta noftra opera tutte le cofe migliori, & piu eccellenti, che da’ noltri antichi conofeeremo elferne ftate feritte; & quelle ancora che Ps gli olfewvarono nel fare dette opere, & a quelte aggiugneremo, fe con il penfiero, 105 0 fatica noftra haremo ‘trovato cofi alcuna, che ci puis da eller ufita. Ma deliderando nello {crivere fimil cofe dificili ceo, & alpre, & in lx parte ofcuriime, di eflere apertifimi, & il piu chef pud fac ills. & efit; fecondo il cofidine nolim.Gichlareremo, che cola, fa quell ally quale noi vogliamo dar principio. Percioche da quelto appariranno fonte gli origini di quelle cof, che dite fi debbono da non eflere invero dif- Prezeate. Onde 1’ altre cofe, con piu piano ftile fi diranno. Comincieremo aunque in. quella maniera..Lo edificare confitte tutto in difegni, & in mura menti. Turta, la forza & Ja regola de’ difegni confite in fapere con buono , & perfotto, ordine adatrare , & congiugnere inieme line, & angoll onde Ia Ya ia dello edificio & comprenda, & fi formi. Appartienti certo, & @ officio del difégno inveitigando itabilire alli edificii, & Patt loro luogo.atro» nuine- ieterminato, maniera bella, & orcine gratiofo, accioche poi turta la fore ma d’ ello edificio in effi difegni Gi ripofi. Ne ha'il difegno in {e initinta di feguitare la materia: ma & tale che not conofciamo, che il medefimo difegno € in infiniti edificii, pur che noi veggiamo in effi una’ medefima forma, clot pur che le parti loro ,”& il ito, & gli ordini di quelle fiano in tutto. Gili infra loro di. linee, & di angoli. Ex i fark lecito con la mente, & con 1’ animo terminare inte forme i edie’, fepatate da ogni materiay l che ci vers ft. to con notare, & terminare con certo ordine 1 dirizzamenti, & i congiugni- menti delle line, & degli angoli; il che cost effendo, fari il difegno una fer ‘may & gagliarda preoriinatione conceputs dallo animio, fata di linee, & di angoli, & condotta da animo, & da ingegno buono. Ma fe noi vorremo con~ Gderare, che cola fia.da per (ello elifeto, & wea la mursglia, Ach forle @ bifogno nottro confiderare da che principii Cominciaflero le habitationi, che e chiamano edifici ,.& con che progreffi crefcellero ; del che certo fe io non m’ in ganno, pofliamo rifolverci in queita maniera. Dalla ovcefone del li edificit , @ in i vero il mode Linidifiae! baal ef ha wie Hee gigeie CAP. IL. P Roceecasrnt pli huomini da principio in sleuno cure. pace luoghi dove femur: Ee havendo quoi ovate to comodo, & grata « bilogni loro im e DELLA ARCHITETTURA ‘iers vi G alloggiarono, che le private, & Je publiche cofe non vig eae oar pe Sredetigna wake elise 4 dearatied altrove § facelfe Fuoco , € altrove fi collocaffero I altre cofe al rimanente de’ loro bif necellarie. Di qui poi cominciarono a penfare di porre Je coperture, acciot on elle fi difendeffero dal Sole, & dalle piggies il che accio riufeifie loro, fe ciono le facciate delle mura, fopra le = fi pofiilero le « + Petciow che in quefto modo conofcevano dover effere pid ficuri dalle fredde tempefte & da’ gelati_venti. Finalmente nelle facciate delle mura aperfono da bilo ad alto vani, & fineftre, onde poteflero & entrare, & ufcire, & ee tempi ricevere dentro lumi, & venticelli: Et onde haveffero commodita di mane dare fuori acque, & vapori ragunatifi per aventura nelle cafe. E percid chiume che egli fi folle, o la Dea Velta figlivola di Samutno, o vero Eurialo , ed Iperbio fratelli, 6 Gellio, 0 Trafone , 0 il Cyclope Tifinchio , che ordinafle da ima tali cole: Finalmente io imi credo che cos! farti foflero i primi principii, dipoi elfere quelta caf, & per lo ufo, & per I’ arte crefciuta infino a tanto che trovate varie maniere di edificii, fi & ridotta ad effer quafi che infinith. Imperoche alcuni fe ne fanno publici, alcuni privati, alcuni facri, fecolari, aleuni fervono all’ ufo, & alla neceffita, & alcuni fervono allo oma- mento della Citth , & alcuni alla bellezza de’ Tempii: Ma non per queto far sfona, che nieghi, che tutti non fieno derivati dx quelti principii, che noi Eisbiano dead: Ye Guill cole efendo eon, @ maniher che tos Dare dell edificare , confilte in {ci cofe, le quali fono queite, Ix Regione, il Sito, lo Scompartimento , le Mura, le Coperture, & i Vani. Er fe quefli fondamenti Giranno da principio comprefi, s‘intenderanno pit facilmente quelle cole, che noi dipoi dobbiamo defcrivere . Difiniremole adunque cost. La Regione ape preffo di noi dove i habia a edificare, fark un’ ampio, & aperto luogo per funo. Una parte della quale fark il Sito. Ma il Sito’ fark tun certo® Ipaio determinato del Iuogo, i] quale fark cinto intomo di muro a ulo, & a uli. Ma fotto il nome di Sito, vert ancora ogni fpatio di effo edificioy il quale noi premeremo {palfeggiando con le piante de* piedi. Lo Scompartic mento & quello, che divifa tutto il fito dell” edificio in titi minori, la onde aviene che di cost fatte, & adattate membra infieme , pare che I'edificio Ga di nninori edifici rpieno. Muro chiamiamo noi ogni muragliay che movendofi di terra fi alza in alto a reggere il pelo delle copertute , & quclla muraglia anco* ra, che @ tirata allo intomo dello edificio, per ricingere il voro di quello. Cos Perture non chiamiamo noi quelle folamente, che nelle pid alte parti de gli gli amo cote « sees Ik Bogs: a corer Pisco anole Jo, che in lungo & in largo fi diflende fopra il capo di chi fpafleggin , infra Je quali fono i palehi, le volte a mezza Bowe, & ke volte onuanee & alte fimili. Vani chiamiamo noi tutti quelli Aditi, che fono per cutto nello edificioy nde poflino entrate, & ufcire mute le cofe, che fanno di bifogno’a chi vi hha da flare dentro. Di quelli adungue parleremo , & delle parti di ciafehedue no» fe prima noi racconteremo alcune cofe, le quali, o fano pur principily © Veramente anneftate, & nate con i principi di quella oft incominciata oper ma, fono certamente molto a propolito. Iinperoche havendo confidersto {ef truovi alcuna cola, che giovi a qual fi voglia di quefte parti, che dere habia mo: Tre cofe traviamo da non le lafciare certo indietro; Je quali invero. & alle coperture , & alle muta, & alle alte cofe fimili molto {i conyengono. Et | fono quelte. Che ciafcuna di loro fia commoda , & fopra tutto f ynto al fuo determinato, & deftinato ufo: Sia intera, falda, © pepe, fe quali che eterna, quanto alla ftabil » & compolta, & per dir-cosi in ognt faa parte , quanto alla gratia, & alla piacevolezta, bella & yeacola « Citta quelti quafi come principii, & fondamenti i i amo dito alla impels»? uaumers delle cote, che ‘ze W dedbongy/ te Dolla fia_ orm: LIBRO PRIMO, 7 Delle Regione del Cilo, evero Aria, del Sole, Oy de’ Venti, che wariaua 2” Arias CAP. IIL Li Amtichi wfavano diligentia, quanto piu potevano grandiffima , di havere una Regione nella quale non fulle cot alcona nochee & fulle ipiena di tutte Ie commodit’ ; &fopra tutto guardavano con ogni diligenza di non havere T’Aria_ grave, 0 molefta, con favio invero, & matuco configlio. Acconfenti- vano certo, che fe la terra, & I"acqua.havetlero in loro aleuno difetto, fi pox tevano con I'arte, & con I’ ingegno correggere. Ma aifermavano, che I’ Aria non fi poteva mai né con aiuto alcuno d’ ingegno, né con moltitudine alcuna di huomini correggere y & rifamare, tanto che baftaile. Er certamente il fiato dello alito col quale folo noi veramente conofciamo mantenerli, & nutritli la vita, {ari molto ottimo alla falute, fe egli fara fommamente puro. Oltra di quefto, quanta forza habia I" Aria nel generare, nel producere , nutvire, & man- tenere le cofe, non ? neffuno, che non lo fappia. Conciolia che ‘¢’ fi cov nofce, che fono di maggiore ingegno coloro, che fi nutrifcona di piu pura aria, che quelli, che fi nutrifcono di piu groffa, & humida. La qual cot penfi, che fulle In eagione, che gli Ateniefi fifino di molto piu acuta. inge- gno, che i Tebani. Noi conofciamo, che I’ Aria fecondo il fito, & politu- ra de’ luoghi , ci_pare hora d’ una maniera, & hora d'.un’altra .” Le cagioni delle quali varieth, parte ci pare di conofcere, parte ci fono del tutto. na- feole, & incognite per la feura natura loro. Ma diremo prima delle cagioni manifelte , di poi difputeremo delle piu occulte, accioche noi poffiamo eleg- Regioni commodifime, & in quelle vivete laniffimamente. Gli antichi Teos [op citron t Ara Balide Quelta diffe Homero, che era Dea, & fi chia mava Glaucope, che fignifica Aria pura, che di {va natura fia ‘Jucidiflima. Et cero fi vede chiaro quella Aria eller faniffimay la quale @ purgariffima, & puriffima ; & che con la villa G pad facilmente penetrare , lucidiflima, & lege gienflima, & tutta fempre a un modo, & non varia. Et per il contrario affer- mere in quel Luogo ellere Aria pettera, dove fiano guna, continuamen- te groflezze di nebbie , & di puzzolenti vapori, & che quali ti flia fempre co- me un certo pefo fir gli occhi: Et che ti impedifca Ia villa. Che quelte cofe cosi fitte, fieno nell” un modo, & nell’ altro, mi_penfo io che accagaia da mole alte cagiont, ma piu che da lcun’ alta’ da’ Soli, & da’ Venti. NE qui flaremo a raccontare quelle cofe naturali, cio in che modo i vapori per la forza del Sole fi lievitto dalle piv intime, & fecrete parti della Terra, & s'i- nalzino al Cielo. Dove ragunati in gran moltitudine nelle ampiillimo {patio dell’ arias o vero per Ja loro grandiffima mole, o pure, che ricevendo i raggi Sole da quella parte, che rarefatti fi fono, calchino: & con il cader lo xo fpinghino I" Aria, eccitino i venti, & dipoi gittandoi da per loro nell” Gceano cacciati dalla fete fi tung; bagnati fnalmemte nel Mare’ & preg di humote, aggirandofi nuovamente per I" Aria, ftretti da’ venti, & quali come {pu gne_premute diftillino, & piovino a gocciola a gocciola lo humore, onde fieno cagione, che fi creino nuovi vapori. O fiano queite cole, che noi hubbiamo dette, vere, o ch’ egli & pur vento, & una fecca fumofit della terra, 0 una calda evaporatione moll da freddo, ‘che la fpinga, 0 vero fato d' Aria, 0 ¥ero purt Aria, mofla dal moto del mondo, dail colo, & mggiure delle Stelle, © vero lo fpirito (che genera le cole) mobile per fua natura, o fia pur altra cofa, che non in fe tlelfa, ma nell’ Aria piu preito confillay gui- dara dalla calda povfanza della piu alta parte dell’ Aria, o- dalla inflammatione farta nell’ Aria mobile, o fe alcuna altra ragione, & opinione di altri_nella difcuffione da firli & piu verr, © piu antica: io giudico, che fa da lafciarla in dietro, come che non faccia a propofito. Da queito veramente, {¢ io non mine z DELLA ARCHITETTURA , ‘i interpretare, onde venga, che noi veggiamo aleunj Bi toads ete a fact cee f ellegrano dell Aria leisy mente gh ti a loro wc’, & guall poli nel medefimo feo, per V Ana pia er par il giomig qual mello diventeno ehil, & lordi. Queho credo io che : Bon per alcunaltra cagione piu che per non havere ‘convenienza con i Vi & con il Sole. Cicerone ufiva di dite che Siracufa eta talmente polls, che’ habitarori_di quella in ciafeun di dell’ anno vedevano il Sole ; cola invero mma da ffere defiderata, & da bramari certo fopra_ ture Pale cole dag la neceffth © Ia opportunith “non te la vieti. Debbefi adunque cleggere ai ute le Repioni quella, dalla quale la forex delle Nebbie, & ls grofensy di ogni piu fpelo, 0 groffo vapore, ftia lontana. Hanno trovato che attendono a quefte cole, che i mggi, & gli ardoti del Sole, finnno mage impeto fopra le cofe piu ferrte, & denfe, che fopra le rade; fopra 1 pit che fopra I’ Acqua ; fopra il fetro, piu che fopra Ia lana. Laonde € ie cono Iara eller piu grave , & pin groffa in quel Iioghi, dove ella maggion mente fi rifealda. Gli Egizzii contendendo della nobilta con I alere gent del Mondo fi gloriawano di elfere ftati i primi huomini che fulleso lati crea nel Mondo, & che non era flto bifogno di procreare gli huomini in altro luogos che dove e” fullino poffuti vivere fanifimi, & dicevano effére ftati dorati dalla benignith de gli Dii quali di perpetua Primavera, & d’ Aria fempre 4 una mes delima manicta maravigliofamente piu che tutti’ gli altri. Et Erodoto ferive cche infra gli Fgiz2ii, “quelli maffimamente che fon volti verlo 1a Libin, fono piv di tut gli altei ‘fnitimi , perche quivi mai non fi variano i piacevoli vene ticelli. Ee certo e' mi par vedere aleune Citta si della Italia, st delle altre fi, non per alcun’alrra cagione piu che per una {ubita intemperie dell’ Atiay hor calda, & hor fredda,, diventare inferme, 8 piene di pelle. Per tanto f debe be avvertic » & non fenza propofito , quanto, & qual Sole habbia ad havere il Paefe, accio non vi fia n& piu Sole, n& piu ombra, che fi bifogni. 1 Garat munti beflemmiano il Sole quando e’ fi leva, & quando egli ya ferto: percios che ©’ fono auvampati dalla tropa contimatione de" raggi- Altri fono’ pallid per haver quai una continuata notte: & che cos) accaggia, non interviene tanto Per havere il polo piu baffo, 0 piu alghembo, ancora elie quelto faccia alfsiy uanto che per eflere i luoghi polti con Ia faccia, 0 a ricevere il Sole, & ¢ Nenti, © a Ghificli. fo piu preito vorei i venticelli piacevoli, & piccolly che i venti & piu taito i venti, ancor che crudi, & meno che modeni , che jo non vorrei 1' Aris immobile, '& gravidima. Le xeque ancora, dice Ovidio fi guattano,, fe non fi muovono. I? Aria, per dire cos, in verity fi rallerena Srandiffimamente per il moto. Percioche "io certo mi ‘pentoy che i va che f ievano di terra, © 6 rifalvino per il moro, oveto niealdandolt per} ee Gmtine. Ma io vorrei che quelti venti giugnellino cont dalli of & felve, o ‘tracchi da un loro lungo viaggio . Vortel che da i Ie fufino, on conducelfino a noi mala imprelfione . Er per quello cbbe avvertire di fuggic ognt cativa vicinanea Gontle ne eles coe siete Te de’ iuggn; miner (delle quali cofe & il eattive odore, & ogni groffo vapor aliereees paludofi , er au acque corrotte, & delle foile. <1 nas engono Per certo, che ogni fiume, che ctefca pee le nevi, meni aft feeds, & geoff: ‘Ma niffana fir infea'Iacue’ phe conden Tenuta ofa ella, che non agitata da alcun moto fi marcice « Et quefta corruttione di ita vicinanza,, fart tanto piu inferma, quanto ella {ars piu efpolta a’ venti mae fini. Dicono encore , che vent! non fom utd ‘per lon saben tal one eglino arrechino fanits + Ma Plinio, feguendo Teofraito, & Hippo Hat che dice che Aquitone & accommodatiflimo # reflituite | Be contra ce ll finitt»& i natural cues affermano, che Oltto & piu df ath gli altri nocivo alla humana generatione. Et in oltce fi penfano, che i beltiami, ioffiando Ollro, non LIBRO PRIMO, ° non ftieno ne’ pa(coli fenza pericolo, & hanno offervato, che mentre tal ven- to tira, le Cicogne non volano mai, & che i Delfini {ofhando Aquilone, & andandoli a feconda, fentono le voci, ma tirando Oftto, le fentono piu tar- di, € non le fentono fe non rapportategli dal ditimpetto: Et che fofhando Aquilone , una anguilla viverk fei giorni fenza acqua, ma tirando Oilro, non durera, per haver quello vento in fe tanta groffezza, & tanta forza di fare malattie, di manicra, che ¢' dicono, che fi come fofiando Oilro gli huomini diventano catarrofi, & fi ammalano, cos! foffiando Maclirale , toflono; Biali- mano anche il mare Mediterraneo, per qucito rifpetto maffimamente , che ¢ ir loro che il pacfe efpoito alla reftcllione de’ raggi patifca di doi Soli, che uno I’ abbrucia dal Cielo, & P’altro dalle acque: Et conofcono nel tramon- tar del Sole farvifi grandiffima mutatione daria, poi che I’ ombre della. fred da notte, comparifcono. Et fono alcuni, che penlano, che i fiati occidentali , & le reflefioni de’ raggi ribatcuti o dall’ acque, & dal mare, o da i monti, fieno piu dell’ altre molete: Percioche per il continuato Sole di quel giomo, rendono il git ifaldato Iuogo piu cocente per Ie fopravenuta af: radoppiata dalle reverberationi de’ raggi. La onde fe avverri, che infieme con quelli So- Ji, i Venti pid gravi habbino fentieri aperti da poterfi liberamente condurre da te, qual fari cola piu moleita? o meno da fopportarfi? Le brezze ancora del- Ja mattina a buon’ hora, che levandofi ti rapprefentino i vapor crudi, fi debbo- no certamente fuggire. Habbiamo detto del Sole, & de’ Venti, mediante i qua- Ji fentiamo 1” Aria variarli, &diventare fana, & inferma, & ne habbiamo parla to breviffimamente quanto ci pareva, che qui fulle a bailanza: ¢ di queiti 2 loro luogo fe ue tifeoeress fu diineameste al Regione fia pix commoda, & qual meno xel collocare gli Edifcii« CAP. Iv. “FAT Ello cleggere Ia Regione fart conveniente, che ella fia tale, che gli hae bitanti da ogni parce fe I habbino a trovar buona, si con [a natura, dele Ie cok fe coleg. fl.con la ities & confordo. de. gll ald huomisi. NO'io certo, edie herd in alcuno ara & iscelibilegiogo delle Alpi una City fi come haveva ‘ordinate. Gallicult’ & non conftreror di una eltrema neceflth: fehiferd anche a difero foliario fr come dice Varrone y che eta quella parte della Francia, che eglt trovd di A ben adentro dal Rheno y & come deferve Celare elfere fa: ta Ploghiletra Be! terspl fool. Ne mi placed fe quivi come in Egita,, f hark Bolameme a vigere di tova di uccelliy o di_ghiande, come in slcuniluoghi Ai lipsgna fi viveva a tempo di Plinio. Vorehadunque che non ne mancalle ole sicuoa, clig file di bifogoo ad ‘uGarfe. Pec queto, pin che per altro fece bene “Ale(fandro a non vyoler. por la Girt ful Monte Ato! fe ber Ja inventione, & difegno di Policrate Architettore doveva eller _maravij percloche gli habitanti‘non harebbono havuta abbondantia delle cofe. Ad Afiio- Fie poteva forie placcre. quella Regione , maflime’ nell edifcare le Citta, nel- Te quale difcimente fv porelle entrare. Ee truovo, che fono ftate alcune genti, che hanno defiderato oltta modo, che i loro confini dalla lunga fieno al ybane donati, & quali farri diferti per tutto: folamente per dare feomodith a’ nemici- Se le tagion! di cottoro fona da ellere approvate, 0 m0, ne difputeremo.alro- ve. Et fe quelto giova publicamente cos}, non ho perche biafimare lo initiru- to loro. Ma nel pore gli alte i pincer molto piv quella Regione, la quale hark molte & varie vie per Je quali & con le navi, & con icavallt, & con Tearti, & di fate, & di vero commodilfmamente vifi potino portar eutte le cofe necelfarie: Er fe tal Regione non fara humida per al bondanza di troppe acque, né arida, o afpra per twoppo fecco, ma atta, & inlieme see B » DELLA ARCHITETTURA fi trovert cosi apunto, come noi Ix vorremo, cleggiamols ana Fe ee nonin poco fredda, 8 feeca, piu olto che men calday & hunidy in che il bifogno: Imperothe con le coperture, con Je mura, con le ves Ti, con il fuoco, & con il muoverfi fi vince il freddo. N& penfino che il fees co hibbia troppo in fe cof’ alcuna, per la quale polla nuocere grandemente st corpi, 04 gl’ ingegni de gli huomini: febene e’ penfino, che gli huomini per ffidor t Siechino , & per i freddi forfe diventino alpri. Mae cr certo, che tutti i corpi, per la tropa humidita fi corrompino, & per HIcaldo fi tifolvino : Er vedeti che gli huomini , fi ne' tempi freddi ft per habitare ne’ luoghi freddi ftanno piu fani, & piu fenza malattia. Ancor che ¢” concedic no, che ne’ luoghi caldi gli huomini fono di miglior ingegno, & ne’ freddi di migliore corporatura- To ho letto ancora in Appizno hiftorico, che i Numidi vivono affii, perche egii hanno gl’ inverni fenza gran freddi. Quella regione far piu dell’ alere migliore, la quale fara anzi che nd, humida, & tiepida, xcioche in quella fi genereranno huomini grandi, belli, & non melanconicis Prrondariamente quelle Tegione fark commodifis che. flendo, era provinces vole, far pid dl Sole, che Tale, Bet le province aide peril Sole quele a, ‘che hart piu di humidid, & di ombra. 0. & (a qual & voglin is nefino Iuogo pergios nt pi commodo), che fel rea _nafcofo tra due valli: percioche lafciando in dietro quelle cofe , che fono manifeftamente apparenti, gli edificii poili in tal luego non hanno alcuna, dignith findo nafcofi, & Ia veduta loro interrotta non ha ne piacere, né grax tia alcuna. Ma che direm noi, il che in breve accaderi , che faranno dalla rovina delle pioggie, & ripieni fpeffo dalle acque , che no, & fucciaro non poco umore, continuamente flaranno fradici, € fempre sf meranno affiluo vapore , nocivo’ grandemente alla fanira de gli huomini. Non faranno in quel Iuogo gi" ingegni eccellenti, efendovi infermi gli fpitii, ne vi dureranno i corpi. I hbti initadiciate le legature {puzzeranno, le armi, & tute te quelle cofe, che faranno ne’ magazini fradiceranno, & finalmente Ja foprabbondanza della humidit’ vifi corromperanno tutte Ie cole. Er fe a ¥a vi enter il Sole, fi abbrucieranno, per Ja fhe reverberatione de” rage, da ogni banda quivi riftltano, & fe il Sole non vi entreri, diventeranno perl ombra, & fi roggranchieranno. Aggiugni a quelte cole, che vi il vento, quafi che rittetto per canali , vi fark maggiore , & pid crudel fue ria, che non fia conveniente. Fr fe non vi entrert, quell’ aria ingroffatai die venterd Cper dir cost) quafi che un fingo. Una cosi fara Vallate pofliamo noi non a corto chjamare un lagaccio, & uno flagno dell’ aria. Per tanto la forma, el. luogo., nel quale vorremo edifcare y debbe eller degna , & piscwvole » n8 in modo balla, che fia quali che forterrata, ma fia alta, & quafi falcone, che guardi per tutto, © da qualche fiato di lietiffima aria fa continuamente agitee ta. Oltra di queito, habbia abbondanza di quelle cofe, che bifognano & all? wo, & al piacere de gli huomini , come acqua,, fuoco, e cofe da cibarhi. Ma in_ gueito Bil huorini ofa che muoea alla anita loro. DebbonG aprite, & alfaggiare f nti» & con il fuoco far pruove delle acque, accioche non vi fla mifchiato Punto di mucido , di vifcofo, & di crudo, onde gli habitatori fe ne ammalie no. Latio far quello, che dalle accue fpelfo procede , come diventar-gozzi Ui, & haver Ia pictra: Jafcio tutte quelle piu rare maraviglie dell? acquay che colfe dotramente, & clegantemente Vitruvio Architertore. Fgli ¢ fententia. ! Hi Poctate Fifico, che coloro che beranno acqua non purgata, ma grave, & cattivo fapore , diventeranno con Ja peccia affannola, & enfata, & nelle alte membra del corpo, come nelle gomita, nelle fp le, & nel vilo, diventeran~ no, dico, al tutto eftinuati, ed oltra modo fottili. Aggiungivi ji to della milza, indutitovi it fangue, cafcheranno inane fpecie ride fa nom fi port edificio alow rorno li piovos debbe avvertire, & procurare, che da cole fimili non accaggia a LIBRO PRIMO. ota peltis nella flare per il fluffo del ventre, & per il movimento della collora, &per il rifolvere de gli humori mancheranno; oltra che in tutto V’ anno harane no continue, & gravi infermitati , come hidropifia, afima,, & dolori di fanchi 1 giovant per gli humori melancolici impazzeranno: I vecchi per accenderfigli gli humort arderanno: Je donne dificilmente ingravideranno, & dificiliffimamens te partoriranno: ogni fello, & ogni ett finalmente cadri inanzi al tempo di morte non ragionevole, tiratavi, & confumata dalle malattie. N@ haranno gior no alcuno, nel quale non fj fentino melancolici, o flimolati da’ cattivi un & veifati da ogni forte di perturbarione. Olera che efagitati dell’ animo , faran no fempre in mettitia , & dolore. Potrebbonfi dir piu cofe delle acque, notate dalli antichi hiftorici varie, & maravigliofe, & efficaciffime allo flar fano , & allo are ammalato de gli huomini: Ma elle fon rare certo, & fervirebbono for- Se piu 2 moilrar di fapere che al bifogno; Oltra che delle acque a lor luo- 0. piu lungamente fi parlerk. Quello certo non & da fprezzare, il che & max nifeitifimo, cio che dell’ acqua fi nutrifcono tutte le cole, che crefeono, le ante, i femi, & tutte quelle cofe, che hanno I’ anima vegetativa, de’ frutti, dell’abbondanza delle quali cofe gli huomini rinfrefcano, & fi nurrifcono Se quelto & cof, certo e’ bifogna efaminare diligentemente, che vene di ac- gue habbia quella regione, dove noi vogliamo habitare. Diodoro dice che la India ha in gran parte huomini grandi , gugliardi , & dorati di acuto inge- gno,. perche e’ ono in faniffima ania, & beono faniifime acque. Ma quell’ ac- qua chiameremo noi ortima, che non hari fapore alcuno; & quella hari buon colore, Ia qual non hart punto di colore, di forte alcuna. Oltre che €'fi chiama quel!’ acqua ottima, la quale & chiariffina, lucida, & foutile, & che pe fopra un candido telo non lo macchia, & cotta non fa pofarura, & quel- che non lafcia il grembo donde ella efce mufcofo, & macchiato, & maifime i fallt, che ella bagna. Aggiugnefi quell’ acqua effere buona, con la quale corti i legumi diventan teneri, & quella ancora con la quale f fa buon pane. Ne con meno diligentia fi debbe efaminare, & avvertires che la regione non generi_cofa, alcuna peitifera, o velenofa, acioche quegli, che vi hanno da flare, non fieno in pericolo. Lafcio indierro quelle cole, che appreo a gli antichi fon celebrate, cio’ che in Colco fi ditlilli dalle frondi de gli arbori un mele, che chi lo gufta, cafchi per un giorno intero, & quafi lenza anima fia tenuto per morto.. Et quel, che e'dicono eller intervenuto nello efercito di Antonio, delle erbe, le quali mangiate da’ foldati, per carellia di pane, fecero. che inpasaatl G agitavano Aino. Goo.a tanta incemt s caval, weres che commoiha la collora cafcavano, & morivano, non trovando neflun’ sito. ri- medio contro a quetia pelle, fecondo che fcrive Plutarco, che il. bere vi 0. Quelte fon cofe notiffime. Che did io di quel che appreffo la Puglia Inalia, 0 Dio buono, ne’ noltri tempi, che incredibil forza di veleno fi 2 de- fta? che per il morfo di alcune Tarantole terreftri gli huomini cafcano in varie fpecie di_pazeie, & come diventano infuriati , cola maravigliofa a dire . Nef no emfiato, nelfuno livido, che apparifca in alcun lato del corpo, dallo a- cuto morfo, 0 ago della velenof beitiuola fatto fi vede. Ma fubito perduta Ie mente attoniti fi lamentano , & fe non & porto loro ajuro, fi nuoicno: medi- cano quella malattia con la medicina di Teofratto, che diceva, che quegli che erano morfi dalle Vipere , fi guarivano con il fonare de’ Pifferi. 1 Mulici adunque con vari fuoni mitigano tale malattia, & quando poi pervengono a quel modo di fonare, che 2 loro proprio, fubito quali deltifi, ft rizzano, & ker allegrezza, fecondo che @ il defiderio loro, con ogni sforzo di lor nervi, forze, fi elfercitano in ello fucno: percioche tu vedrai alcuni cos} morli , effercitarfi faltando, & alcuni cantando , & alcuni efercitandofi, & sforzandoft in altre cofe, fecondo che il defiderio, & la pazzia loro gli guida, infino a man- to che per ftracchezza non polfino’ piu: Hi fenza formar mal” punto, {odare Be pia DELLA ARCHITETTURA rn agonal cuna altra cagione racquitare 1a lor fanith , piu che oe ee cae” oom gees ea pazzia. Et habbiamo letto Peta fimile « quefts eller accaduta appreffo de gli Albani, che con tammy {forzo di cavalll combatterono contro a Pompeio: percioche e° dicono efi folito di generatfi in quel luogo certi ragnateli, da? quali effendo gli huomint tocchi, alts) erano forzati a morite ridendo, & altri per Jo oppolito a mos tire piangendo. Con quali inditii, © coniescure fi balbia a invefigare la commodita della Regione. CAP. V. E_quefte fole cofe baftano ad cleggere la Regione, le quali per loro fel (eG ieauiiat fence meee rac Nga confiderare ogni co« fi notando con I’ animo piu fecreti inditii. Percioche faranno: buoni inditii d’ote tima aria, & di acque perferte, fe quella Regione fara in abbondanza frutd buoni , fe ella nuttich molti huomini, e vecchiflimi, fe la gioventu vi fark gas gliarda , & bella, {¢ continuamente vi fi genereri , aggiuntovi fe i parti faranno: naturali, & fenza moftri. Io certo ho vedute alcune Citth , Je quali non vos glio nominare, rifpetto a’ tempi, nelle quali non & donna alcuna che non fi vegga in un medefimo inflante effere diventara madre di huomo, & di moltro. ‘Un"altra Citth ho veduta in Italia, dove nafcono tanti Gobbi, Guerci, Zoppis & Billoni che e' non vi i molplica famiglia alcuna, che non hubbia alcuro monco , 0 alcuno ftorpiato. Et certamente il vedere ff fpelfe , & grandi difage guaglianze da corpo a corpo, & da membro a membro; ne avvertifce, cid intervenga da difetto di Cielo, & di ariay © vero da alcuna altra cagione piu fecreta di corrorta natura. Né fia fuor di propofiro quel che e’ dicono, ciot che nell’ aria groffa habbiamo piu fime, & nella fordle piu fete, & manco fi difconvengs che dalle forme, & effgie de gli altri an re, che corporature vi debbino havere gli huomini : Percfoche fe vi fi vedrane no i beltiami, & le pecore gagliarde , grandi, grofle, & allai, fi porrk non : F i fi pofli conietrura- cafo fperare di dovervi haver figlivoli mili. Né fark ‘fuor di propofito, fe noi fPisticteme inditit dell arin, & de i venti, da altei compi, ne" quali fia fpenta } anima vegetativa: percioche dalle vicine muraglic de i, poffiamo con- fiderare , che fc elleno faranno diventate rugginofe, & ronchiofe, dimoftreran- no che quivi concorrino influenze maligne. Gli Arbori ancora, quafi come daccordo tutti da un Iato_medefimo piegati, & rotti, dimoftrano di havere cedu« to a nojofe, & molefte furie di venti, & gli ftell vivi falli nel proprio luogo nati» © gli altri condortivi, f€ faranno pid che non doverebbono nelle fommie 1 delle ‘corze loro, alterati, dimoftrano lo ftemperamento del luogo, per I ax tia, che hora & di fuoco, & hora di ghiaccio. Et percid quella Regione dove quelli furiof affalti di tempi, & tempelte Gj aggirano, piu di alcuna altra, Gcbbe fchifare: Percioche ei corpi de’ Mortali, fono preoccupati da crude: Iifima forza di alcuno freddo, 0 caldo, che I percuota , fubito tutta Ia maf Gi del corpo , & le congiunture di turte le parti, fi guailano, e fi rifolvono, & cafcano in malaric diverfe, & inanzi tempo vecchiczze. Dicono che quella Citth che pofta 4 pid de’ monti , pende inverfo il tramontare del Sole, & ine ferma,, piu per quella, che per altra cagione, cio perche ella fente poi fubie fo i fiati delle notti troppo piu gelate. Egli @ ancora conveniente sfendando Te cofe de’ tempi paffari, fecondo’ che le hanno offervate i favi, efaminare, & antivedere, con ogni diligentia, cofe piu rare, fe alcune ye ne fone: Perio che €' fono alcuni Jucghiy che hanno di lor natura afeofo in Joro un certo ghe» ‘che conferifee alla felicik, & alla infelicith. In Locri, & in, Cusrone ; ‘ono che non fil mai Pelle. Nell’ Mola di Candia non fla mai animale aleue ne LIBRO PRIMO. ir no nocivo. In Francia nafcono di rado moftri, in altri luoghi i Fifici affermae no che nel mezo dell’ eilade, & nel mezo dello inverno, non tuona tai Ma in campagna fecondo che dice Plinio, fopra quelle Citth, che fon poi 4 mezo di, in detti tempi tuona: Et dicono che i Monti prelo ad Albania fon. chiamati Ceraunii dal cadervi continuamente faette. Oltra queito, perche nella Iola di Leno cafcano continuamente faette; dice Servio, che cid ha dato cagione a’ Poeti di dite che Vulcano cadeile in quel luogo. “Appreilo allo firetto di Galipoli, & infra gli Effedoni, non fi fon mai né fentity tuoniy né veduti baleni. Se in Egitto piove, & tenuta cofs prodigiofa. Apreilo lo Hidat= Pe, nel cominciar dell’eltate, piove continuamente. Dicono che in Lidia uovono i vent! tanto di raday che per Ia grolezes del aria, (i veggeno in Gielo varie fpecie dit vapori: Ma per il contrario nella maggior ‘parte della Gae Jatia, fofiia di Itate il vento con tanto impeto sche in canibio di tirare in ale to la rena, vi fpinge le pietre. In Spagna vicino all’ Ibero, dicono che it vento macitto fofia talmente, che di la volta a’ Carri ben carichi: In Ethiopia fi dice che non foffia Oltro: Et gli hiftorici dicono che in Arabia preflo a’ Tro- gloditi_queito medefimo vento abbrucia cid che ei vi trova.di verde: & Tus Gidide ferive che Delo non 2 mai flita moleftata da i wemuoti, ma fempre G © tata falda fopra il medefimo fallo, ancor che le altte Hole lei vicine, flex no ttate allai volte rovinate da tremuoti . Noi veggiamo, che quella parte d’ I- tulia che & dalla Selva dello Aglio, forto Roma, per ‘tutta la maneggia de? colli di campagna di Roma, inlino'a Capua, @ tormentata da continu tremuo- ti, & quali rovinata del tutro. Alcuni penfano che Achaia fia cofi detta da {pete inundation di acque To truovo che Roma. & fempre fata fbrisola & jaleno penfa, che tai febbre fieno una nuova fpecie di terzana doppia , alla quale varii, © quali contrarii rimedii, in varie hore fi debbono applicare . gli ancora appreifo de’ Poeti antica favola, che Tiphone foreerrato nell” Hola di Procida ipeile volte fi rivolge, & che di_ qui nafce, che bene tpeifo I’ Iola triema tutta da’ fondamenti. Di quello cafo hanno cofi cantato i Poeti y per~ cid che I" Mola & vellata da tremuoti, & da bocche, che gettano in miedo, che gli Eritrei, & i Calcidefi, che gia in quella habitarono , furono forzati a fug- girfene. Et di nuovo poi coloro che vi furono mandati da Hierone Siracula- no, accid vi edificaifero una nuova Citth, per la paura del continuo pericolo , & di tal miferia fe ne faggirono . Per tanto’ tutte le cofe, cost fatte, fi debbono- Fiandare con lunga offervatione, & notarle & farne comparationi ailomigliandole ad altti luoghi , accioche per ‘queito fe ne acquifti buona, & intera notitia . Di akane pit oceulte eommoditadi y 6 incommaditadi della Regione le quali da Suvii delbon offre ricerche CAP. VL Dp ancora ricercare diligentemente, fe quella oe 2 folita ad effe~ re moleitata da alcune incommodita piu fecrete. Platone penfava che in cefti luoghi fulle , & infpiraffe alcuna volta certa terminata potenza di fpiriti, la, quale fulle hor molefta, hor propitia a gli habitatori . Sono certamente alcuni luo ghi, dove gli huomini facilmente impazzano , alcuni dove facilnente da loro fell iano danno, alcuni dove-con lo impiccarfi, o con il precipitarti, 110 » © con veleno faciliffimamente fi tolgono la vira. Aggiugni a que- ‘he egli @ ancora di necelliti efaminare diligenriffimamente, da pe occulti di natura, tutte cuelle cole, che fanno a quelto propolito . Era antico coltume trovato infino a’tempi di Demetri, che non folamente nel porre le Citeh, & le Caltellx ma nel porre ancora gli alloggiamenti de gli ellerciti, per alcuni giorni fi guardalfino Je inteitine delle pecore, che in quel luogo f (- : er0 4 DELLA ARCHITETTURA ¢ dentro flelfino ; & che colore haveflero. Nelle quali fe q Fe ican demon Gcmre the qos eaten ds Oe irlo, per efler mal fano. Varrone dice, che fapeva certo, che in certi I Nolavand per ava alcuni minuti animaluzzi, piccoli come atomiiy i quali: ieee Vuti com il fato infieme dentro al polmone, fi appiccavano alle intefiine, rodendole caulivano malattie crudeliy & corrotte, & inoltre pelle, & mort, NE fi deve laleiare indietro, che ¢’ fi trovano alcuni luoghi, che di lor natu non harann n& incommodits , né pericolo alcuno, ma faranno talmente cole Hocai, che da i frees! che vi capitanos vi Grd bene fpeffo condor pete, & miferia. Er quelto non accade folamente Pee vent) adollo effect armatid volerti fare ingiuria , come interviene % quelle rerre, che fono efpotte % Barbe ri, & a gli efferati. Ma. per riceverli ancora amichevolmente , & alloggiatli, nuocono oltra modo. Altri per havere havuti vicini defiderofi di cofe nuaye hanno portato pericolo, mediante il danno, & la rovina di quelli. Pera in fil Mar maggiore colonia de’ Genovefi continuamente @ tormentata dalla pefte, Pere che in quel Iuogo fon ricevuti ogni giormo Stiavi, fi infermi dello animo, dul continuo le20, & (porcitin, fradici, & confurmati . Dicono ancora che & cola da favi, & da huomini ‘di buon configlio, andar ritcovando da gli ave gurii per offervatione del Ciclo, che fortuna fi habbia ad havere in la. regioe ne. Le quali arti, pur che elleno convenghino con la religione, io certo non. difpregio. Chi negher, che quello che coftoro chismano Fortuna, fia quel che ella fi voglia, non poila molto fopra le cole de gi muonini? affermarem noi, che Ia publica fortuna di Roma pofferte aflai ad accrefeere lo Imperio? La Citth di Tolao in Sardigna , fatta da il. nipote di Ercole, fe ben fi & dy’ Caraaginefi, & da i Romani, alfai volte affaltata con le armi, Dis nicnte di meno {crive , che ella fempre ftette in libertt. Hor crediam noi, che il tempio apprelfo di Delfo, gid prima da Flegias abruciato, dipoi al tempo di Silla ardeife la terza volta , fenza particulare difgratia di quello fteif luego? Che die rem noi del Campidoglio? quante volte @ abruciato, & ha inalzate le famme? La citth de Sibanti, effendo piu & piu volte rormentata, & dipoi abbandona- ta & finalmente {penta in tutto, ultimamente rimafe diferta: & 4 coloro che juindi fi fuggivono, correvano pur dietro le difiventure, ne per andarfene & re altrove» & Jafciate lo antico nome della Citth loro, polfetton mai difen derfi dalle calamitadi, & dalle miferie: percioche fopragiunti loro adoffo nuovi habjtatori, tutte le. piu antiche, & principali famighe loro con ferro, & mor te infieme con gli edificii facri, & con. la Gitta turono fpenti , infino da fone damenti- Ma laGiamo hora tai lar quete cofe, delle quali {on piene le hie florie. Queita appre di noi fa la follanen, che egli € Chia de huomo. pruden- Uillimo, iT cercare di metterfi a fare eutte quelle cofe ;medjante le quali 1a cutay & la Ipela dello edificare non habia a farfi indamno: & che ela opera debe ba effere eterna, & fana. Ex cercamente, il non lafeiar cof aleuna indietro nel mettere ad eifetto tanto gran cofa, @ officio di huomo confideratiffimo. © nom @ ella cofa di grande importanza 4 te & X tuoi, meter A tna imprefa ay habbi 4 gi che conferifea alla falute, & che convenga 2 vivere con gnith, & dilettatione , & che ferva al la(ciar di {e nom fai tu da attendere ad ottimi fudii, quivi ti faranno cari i dole! fighiuoli & la siorni dx travagliare & da quiete, quivi fi confumeranno talmente che io non penfo, che e’ fi pofli to- ‘ appreffo la humana gencratione, (eccetto ch 4a vir) alla quale fi debba piu attendere con ogni Gira, opera, & ailigentiay fe A cercare di potere con Ia tua famiglia habitare bene, & comodamente + Et chi & quello che affermi di porter bene habitare, fprezzate euefte cole, che pol habbiamo dette? ma fia di loro deto & baftanza. Reflach a eattare del Dd LIBRO PRIMO. - 5 Del fico, & delle forti delle inte CAP. VIL Ello flabilie il fto, G debbe offervare tutto quello che noi habbismo detto della regione: percioche fi come la regione @ una terminata, & feelta parte di provincia, coli il firo & un certo tern inato, deitinato {patio del- Ja regione: il quale fi occupa nel porte lo edificio, & per quelta cagione tutte quel « che poffono & giovare, d nuocere alla regione, cofi ancora pollo Fe ee ti ests Giiins Ma actiocs; He uci a) colts. quel. dikcumioos quelta confideratione ha ceri precetti, i quali foli pare’ che fi afpettino prop mente al fito: Et alcuni ancora che non pare fi alpettino al fro, cofi_pr mente ; ma in gran parte alla regione: & fono quelli . Fgli di neceffr’a confie derare, che opera noi ci mettiamo % fare, publica 8 privata, facra 8 fecolare, & le altze Ginili, delle quali 4 luoghi foro diltintamente diremo.. Percioche altro luogo, & alto fpario fi debbe dare al mercato, altro al teatro, & altro al Iuogo dove fi gioca alle braccia, & altro A uno tempio; la onde bifogner’ havere rifpetto, fecondo che ricerca la qualiti , & Jo ufo di ciafcuno edificio nel fituario, & dargli Ia forma. Ma per feguitare, come in quelto Iuogo co- inclummro’di patlae generalmente, trarrereno folamente dl quelle cole che aot giutichereno neceflric: fe prin perd reroncaremo alcune cofe delle linee, che anno molto a propofito, ad elprimere il fatto. Percioche havendo 3 trattare del difegno del fro egli & conver Te quali f fa dewo difegro . inte, che noi trattiamo prima di quelle cofe con ifgno adunque (fi linee & Gi angoli: Te line fono quello ultimo difegno, che chiude intorno lo intero (patio deb fito. La parte della fuperficie foggetta A quelto difegno, che contenuta da @ue linee che f roccano I’ una I' altra, fi chiama angolo. Percioche dall’ ine _ terfecatione- di due linee I una con I altra fi fanno quattro angoli. De quali fe qual fi2 I’ uno, fart uguale 3 uno peruro a tutti tre glialtri , fi chiateranno & (quidea, & quelli. che firanno minori, fi chiameranno Bao fqundea, & t mage ori, fopra (quadra. Le lince ancora, al-une fono diritte, & alcune tor lelle linee a chioccfola, & delle avvolte non fa qui meftiero che io racconti Lalinea dirita @ un filo tirato da un punto ad uno altro, talmente ch’ ‘ vi fe ne polla tirare altro minore. La linea rorra @ una parte di un cerchi cerchio & quel difegno fatto da lo uno de duoi punti,, & girato talmente in la medefina fuperficie, che in tutto il {uo aggiramento, non fia mai ne piv pref fo, ne piu Loneano} da quello immobile del mezo y che ef fulle quando e' co- mincid da prima & gitarleli intorno. Ma a quelte cofe fi dee aggiugnere , che Jn linea torta, la qual noi dicemmo, ch’ era parte d! un cerchio. apprello. di noi qui Architerrori,. per via di fimilitudine fi chiamert arco. Et quella lines che da i duoi punti della linea torta fi parte, & va diritta, fi chiamers per la medelima fimilitudine corda. Er quella linea che partendofi dal punto del mezo ells conda, & che laltiandofl da ogni lato angoli usual, and infino all’ ar- co, i chiameri faetta. Er quella che partendoft dal punto immobile ch’ dentro al cerchio, andra per infino alla linea torta del cerchio, fi chiamera raggio. Et queito punto immobile che @ dentro nel mezo del cerchio, fi chiama cen= tco, Et quella linea che paflando. per il centro, tocchert da amendue le ban~ de il giro del cerchio, fi chiamerk diametro.. Gli archi ancora fono differenti » percioche alcuno & incero, alcuno @ feemo, & alcuno & compoito . Intero & quello che occupa la meta di un cerchio, cio’ quello che ha per conda il dia- metro del cerchio intero. Lo {eemo @ quello che ha la fua corda minore d! un diametro, & & ancora quefto arco fcemo parte di un mezo cerchio. Lo arco compofto, fifa di duoi archi feeri, & perd, per il congivgnimento che finro i duoi archi {veri interfecandofi infieme fi nella fonunita uno angolo : 6 DELLA ARCHITETTURA non interviene n& all'arco intero, n& allo fcemo. Conofciute quefte cofe pr cederemo in quelta maniera. i ti delle e lore, & quali Je pin wcili, Dee i Teas Bias el oe . CAP. VIIL Siti alcuni fono accantonati, & alcuni tondi ; de gli accantonati ne fon alcuni tutti di linee dirine, & alcuni di linee dirite, & di linee tone, mefcolati infieme . Ma io non mi ricordo gia di haverne trovato neffuno acca tonato ne gli edificii de gli antichi, fatto di ml linee torte, che non vi fix intromelfa alcuna linea diritta; Ma in cid fi debe avvertire 4 quelle cole, che mancando in tutte le parti dello edificio , fon biafimate grandemente. Et eflene dovi , rendono lo edificio gratiofo & comedo. Cio’ che i cantoni, le linee, & turte le parti in certo modo habbino varie forme, ma non perd con wopph frequenre varieth , ne troppa tara, ma_talmente collocate fecondo che ricerca Ia bellezza, & I'ufo, che le intere parti alle intere, & le pari alle pari cor rifpondino . Commodiffimamente fi ufano gli angoli & fquadra: gli angoli forte fouadra, non fono ftati ufari da alcuno, ne anche Pure ne piccoli, & poco ftimati » fe non per forza, & conitretto dalle qualith, & modi de luoghi, 8 da il rifpetto di fare i fiti piu degni. Giudicarono che gli angoli f uae dra fuflero allai convenient, ma guardaronfi che e’ non fullero mai di numero, Lompugniti in neffuno luogo. I fito tondo, dicono che & piu di tutti gli ale ti capsciffino & di manco fpefa chiuderlo d" argine, } dit muro. Il piu vie cino & quelto, dicono ch'é quello, che ha molti canti, ma bifogna che e° fie» no al rurto canti fimili, & corrifpondentifi, & uguali per tutto il to. Ma lodano piu delle altre quell= piante, che e? conofcono che alzino le mura piu como- de A bene fatuire Je altezze della opera; come @ quella che ha fei, & quella che hha orto cantoni. To ho vedura una pianta di dieei angoli, commodifima, & che ha maieith. Puofhi anco ftabilime bene una di 12. angoli & di 16. ane cora; & io veramente ne ho veduta una di 24. ma queite fono radiffime. Le ince de fianchi, debbon effer pofte ulmente, che quelle che le fono arincon: tro fieno loro uguali, né fi deve gia mai in turta una opera applicare linee lunghiffine in un filo % canto & le cortiffime: Ma fia infra loro, fecondo Ia rita dell= cofe, una conveniente, & ragionevole proportione. Vogliono che gli angoli f ponghino di verfo quel lato, donde & ‘dal pefo della vi ale © (impeto . & forza delle acoue, de i venti fopraftanno i peri a colle: accib che Is ingiuria, &'la Mole, che wien 4 percusrere ne I’ edifelo f Renda & G divida in piu ‘parti, combattendo, (per dit cosl) con la gagliar- da canronata delle mura, non con la debolezza ‘delle facciate contro 2 tie mos lettin «Ec fe gli altri lincamenti dello edificio ti vieterannos che ta non ure quetto angolo in quetto Iuogo , come tu vorrei, ‘ofa fe lines wee concid fa che 1a Tinea torta @ una parte di cerchio, & ello cerchio feconde t Filofo € tutto angola. Il fito dipoi fark 3 in piano, d in coftay 3 in cima de monti: fe fark in piano, ¢* bifogna alzarti da terra, & far quali che un pog- getto.: percioche oltra che quefto fito in Piano fi convien molto alla dignith, fe tu non lo farai , te ne rifulreranno incommodit gtandiffime . Perche 10 allay” ar de flumi , & le pioggie fogliono ne luoght piant arrecar figs’ bade tate a. che flo terreno f vies pean poco intzando, oltre che kee igen tia de gli huomini , non fono portati via i calcinaccly & le aielinie sheoue t0 il giomo fi la(ciano, i piami facilmente f inalzane. Frontino wlava dire» che Roma & tempi fuoi G era alzata di colli, per le continue arfioni. Ma noi veusinmo quella medefima in quelli tempi effer quali tutta ote ‘dalle. to" vine » LIBRO PRIMO. ” vine, & dalle ribalderie. To ho viito nel ducaro di Spoleto uno amtico teme jerto pofto in piano, lotterrato pure in gran parte , per lo alzarvifi c’ ha fatto il terreno diftendendofi quella pianura inlino forro i monti. Ma 2 che raccon- fo io quelle cofe che fono forto i monti? Lungo le mura di Ravenna quel no- Bile tempierto che ha per tetto una taza di pietra di un pezzo folo ancor che €' fia vicino al Mare, & affai lontano da monti, & forterrato piu che la quare ta parte del terreno per I’ ingiuria de temp. Ma quanto quelto poggetto del ba eller alto 4 ciafcuna pianta fi dirk al fuo luogo: quando non fommariamen- te come qui, ma piu diftintamente di cid tratteremo. Debbe certo cisfeun fic to eller fatto > dalla natura, & dal!’ arce faldiffimo. Et perd io penfo che debba primieramente fare 4 modo di coloro, che ne ammonifeano che noi efa- miniamo con una d pia foffe, lontana I'una dalla altra quanto vaglia, d fia Buono il terreno con lellere fpello, > taro, b tenero a reggere if peto della muraglia. Percioche fe ella fi porr’ in fpiaggia fi debbe avvertire, che le parti i fopra con lo aggravare non fpinghino: che le parti di forto, fe per for fi moveifero, non fi tirina I altre adoifo. Io vorrei che quefta parte dello e ficio, c’ha 2 cllere bala & tutta ta opera, fulli fermillima, & da tune le grandemente aflorifcata. Se il to fara nella fommich di un monte , d eghi vi dover haver ad alzare da qualche banda, 6 vero fpianando la’ punta del monte, fi hari A parogsi € da confiderare, che noi doviamo eleggere di fir quello, Chavendo pur rifpetto alla dignith), che fi pe fare con man- co, & piu modeila {pela & fatica, che fia poilibile. Forle fark 2 propofito fpianare ura parte della cima, & una parte dio. allargandolo aecrelcere « Per il che fu molto fivio ouello Architettore, chi exti fi folie, che diede per fertione ad Alamo, Gitta di campagna di Roma pola inful falofo monte. Pere cioche egli procurd che la bafe 6 della fortezza, d del tempio, la quale hoggi fola vi (i vede , ellendo rovinati tutti gli altri edificii che vi erano, fulle mu rata, & afforeificata di forto con i pezzami sfeli, & faccati dallo fpianato del- la cima del monte. Et @ in queita opera que! che io lodo grandemente: cid & che egli pole lo angolo det plas da quel Ito, onde il monte pende pin repente y & affortific) quello angolo con grandiffimi pezzami ammaflati I! uno fopsa V’altro, de i frammenti oltra modo granii, & operd nel congiugnere le pietre con modeita (pela, che lo. edificio apparifé orto . Placquerst ancora i configlio di quello Architettore, che non hayendo pictre 4 ballanza, fece per am etter anh Weir talcfpent meet cerchis erento 11 dexio delle linge torte, entro nel monte. La quale muraglia oltra che ella 2 bella & vedere, & ancora gagliardiffima, & ha rifpetto alla fpefa. Perche clla fa certo ‘un muto non fodo tutto, ma tanto gagliardo, come fe e* foile fodo per tutto con tanta Iarghezza quanta fono ivi le faette delle lince torte. Piscemi ancora la rere at Vida, girl, fo. cffer flata. ollervara da. gli anticht A Roma per tutto; & maflimo nella muraglia di Tarquino, che vi fien fatti forto barbacani, ma non offervaron git in tutti i Juoghi, che |" un barbacane fulle difcoito dallo altro , quanto era ’altezza di effa fearpa: Ma fe- condo che va alla a alla debolezza del monte, gli ficevano ‘hor pit fpelli, & hora piu radi. Ho confideraro ancora che gli Architetrori anticht non f'contentaayo di una fla fearpa vicina al loro fito, ma ne ular ono ae Come gradi, che infino alle piu baffe radici del monte, face ie : fe le ripe di elf monte. Ne mi fo certo belfe del parer Rivo che pail infra il monte Lucino, & il colle della » per cavare conrinuamente rodendo le radici del monte, fi tira dietro Moe Ja pendente machina che gli fa fopca: Donde gran parte della Cite ft lisfa & rovinati adoffo. Jo certo lodo grandemente molte capellette , le ovali fono adattate intorno alla pianca della Chiefa grande in Vaticano. Percioche di quelle, quelle che fon pote nel eavato del monte, congiunte alle mr, dell Cc 3 DELLA ARCHITETTURA chiefa, giovano fai & alla fortezza, & alla commoditi conciofiy che foltengono la machina del monte, che continuamente le ,& Bo iaehamidieh che feorre git per il ‘del monte, File Via da potere andare nel tempio: Onde il principal muro della: chiefs reita alciureoe & piu forte, Et quelle capelle che dallo altro lato, nel piu ballo Pendente monte fon fatte, fermano con i loro archi ruti il fatto, piano ra: & raffrenando tutte le morte del rerreno che fullero ee cadere yp fscilmente fopportarle. Ex ho confiderato ancora che quello Architettore fece in Roma il tempio di Latona, molto confideraramente provvedde all ra, & alla fcarpa; Percioche egli collacd talmente Jo angolo della pianta fronel monte, che fopra gli fedeva; che due diritte mura reggono Ia, flance forza del’ pelo: & con havergli mello arincontro il derto. angolo y & {comparti la moleitia che gli fla fopra. Ma poi che noi habbian cor 2 celebrare le lodi de gli antichi, che edificarono con favio 10, i Vo lafciare indieteo quel che mi fovviene, & che fx molto 2 ge Nel tempio di S. Marco @ uno ordine d” uno Architettore molto. do egli atfortificato molto il fuolo det tempio, lo lalcid pieno di molt accioche fe per forte fi generatfino alcuni fiati, & vapori fotto terra vallero facilmence via da ufcirfene. Finalmente turd quei piani che tu coperti di alcuna copertura, & di neceifita che tu ght aun ma 4 quelli che hanno da’ reftare allo fcoperto, non ft ae dio, che quel che batti 2 fcolare le pioggie, ma di cid fia detto 2 & fore pia che non’ f ricerca in quello, luego Percloche Ta maggior par di quel cofe, che noi habbiamo deree s' afpettano alle mura. Ma ¢! avvenuto, che quelle cofe che fon quafi per lor natura congiunte, noi ora nel parlance, non le habbiamo feparate, Reltaci & tattare dello feo partimento . De lo feomparcinenta, © onde fia mote il mode alla eifcares CAP, IX, OnfumiGi turta ta forza dello ingegno, & ogni arte da edificare ‘& tutto il faper infieme, nello fcompartimento : Percioche le parti d’ inter edificio, & per dir cofi, tutte le intere habiru ii ciafeuna delle ti: & tutea Ia unione, & il ‘congivgnimento finalmente di tutte le linee, di cutti gli angoli in un’ opera (havurofi rifperto all” ualich ia) Se volezza) {ono mifurare da quelto folo feampartimento; Percioche {e la Secondo la fenrenza de Ploffl @ una cert cata = poe a cafa @ una piccola Citra; perche non diren noi, che i membri di efa fon ff Gaipale come C1 Coles tone, Wee teen a qual Se coh che fia iB qual s'@ I’ uno di quetti, tralafciata per neglig © per trafcurataggine, che non nuoca alla dignith i Debbefi haver molta cura, & diligenza a at se afpettano, & giovano a tutto I’ edificio; Er fi debbe procurare, Je minine parti non fiano & dal” ingegno & dali’ disformi . Goi fo molto a fare cid atta & mente tutte jamo dette di fopra della Regione, & del Sito: Et noe noha altrimenti che le membra, it : incom crsipotting le pan all uae Gani dell io Ge grandi edificit vogliono gran membri. La qual cofa in yero tal ono gli Ancichi, che ¢' fecero si le altre cofe; si ancora i & grandillimi edifi jor ivati: Et bro, fi debe contribuire , Juogo atto; & fito accomodato ; non minore LIBRO PRIMO. 9 Ja dignith fi richieggia; non maggiore , che Jo ufo fi ricerchi; non in luogo impertinente, & che non ftia bene, ma in fuo luogo, & talmente proprio, che ¢’ non fi poffa porre altrove, piu comodamente. Né fi deve porte, la par- te che dello edificto ha da effer la piu honorata, in luogo abbandonato: née uella che deve effere la piu publica, in lugo alcofo; ne quella che deve ef- fere privata; in luogo troppo. coperto. Aggiugni ancora, che e fi debbe havere rifperto , alle ftagioni de tempi; perche ¢’ debe attribuire alte co- fe, ne luoghi caldi; & altre ne freddi; Percioche altre, altri fiti, & altre grandezze ricercano. Se i luoghi per la State, faranno {patioli, & larghi guegli dello Inverno raccolti; non faranno biafimati; Perche ne caldi fi ricer ano le ombre, & i venti; & ne freddi i Soli. Et in queito bifogna avertice y che non ee a gli habiranti di havere ad ufcire di un luogo freddo ; & andarfene in I’ altro caldo, & affannofo ; fenza intramettere aria contempera- ta: Overo che di quelto caldo non fe ne vadino in I'altro, per i freddi, & fi venti, nocivo : ee quetto nocerebbe, piu che altra cofa, alla falute ie corpi loro. Ex bilogna che e’ convenga I’ un membro con I' alto; per flabilire infieme & comporre Ia bellezza, & la lode comune di tutta la ope- ya: Accioche nel preoccupare I’ uno tutto il bello; non refti tutto il bruta addoffo a quell" altro. Ma fiano infra loro talmente proportionate; che paiano uno intero, & ben finito corpo; piu tolto che ftaccate & feminare membra, Dipoi nel dar forma a quelte membra; bifogna immitare la modeitia della na- Gisaveiaeci tors Ui come tnalle site cole,. col: ancora. ia -quetta non tanto loderemo la modettia, pao che nol bialimeremo ancora lo Itrabocche- vole appetito dello edificare. Bifogna che le membra fieno modelte , & necel- farie 2 quel che tu vuoi fire: Percioche tutta la ragione dello edificare fe tu guarderai bene, @ nata dalla neceffits , nutrita dalla commodit, abbellita dill’ ufo: 1° ultima cofa 2 flats ill riguardare alla dilettatione, ancora ch’ effa dilerratione fempre & fia difeottats da le cofe non moderate. ‘Sia adunque I’ e- dificio tale che ¢' non vi fi defideri piu membra, che vi fiano, & quelle che vi fono, non fieno per conto alcuno da effer bialimate . Né io vorrei perd che P edificio fulle per tutto csrminaro da un medcfimo tirare di linee, ch’ e” paia ch’elleno non variino in cola alcuna infra di loro: Percioche alcune con I’ ef- fere maggiori me diletteranno, & alcune con I'effere minori, & alcune con I’ ef- fece infra quette mediocri. “Adunque piacerammi che una parte fia. terminara da diritte, un’ alta da_lince torte, & un’ altra firalmente dalle torre, & dalle diritte infieme ; pur che tu offervi quel ch’ io ti ho detto bere volte cio che tu non ca(chi in quello errore, ch’e' paia che w habbi fatto. uno monfiro, con fpalle, & fianchi difuguali :' In varieta 2 certo in ogni coft un condimento di gratia, quando ella congiugne , & mette infieme , le_cofe ugual- mente difeofte, con ragione- Ma fara certo cola brutriffima fe elleno fa- anno fcompagnate & infra di loro. difaguali: Percioche fi come in una ly- fa, quando le voci corrifpondono alle acuti, & le mezane rifuenano accorda- te infra tutte quelle, fi fa della variets delle voci una fonora ,..& quali mara~ vigliofa unione di proportioni, che grandemente diletta, & intrattiene gli ani- mi de gli huomini: 1 medefi ora interviene in qual fi voglia altra cofay che ne commuova & diletti gli animi noftri. Finalmente queite cofe fi debbo- no efeguire fecondo che ricerca 0 !'ulo, o la commoditi , 0 veramente una Yodata confuerudine de gli huomini, che fanno ; Percioche, o il repugnare aly Ja confuetudine toglie il piu delle volre la gratia, o lo acconfentire arreca gua > & fa bene: conciofia che gli altri approvatiffimi Archirettori, par che bine. con il: fatto acconfentito, che queito {compartimento , © Dorico, © Tonico, o Corinthio, Toleano , fia piu di cutti gli altri commodiflimo; non ‘the quali forzati da’ leggi doviamo accoftarci a loro, in trafportare in quelta noilca opera i loro digas ma doviama sforzarci (ammaclt ati da loro) db * C2 mi 20 DELLA ARCHITETTURA innanzi fe trovate da noi per vedere fe gli fi pud acquittar Here naggiod lodi di loro. Ma di quelle cofe a lor luoghi piu siftintamene patleremo™ quando noi andremo efaminando in che modo fi debba collocae tuna Cirth, ¢ le membra fue, & ture quelle cofe, che fono ad ularfi neceffatie, 1. Dole Colonne , delle Mara, delle gfe che alle Coloane fi alpestane, CAP, X. Ora ci refta a trattare fommariamente del difegno delle Mura. Ma io non H vorrei ch'e! fi lafciae in dietro in quefto luogo, quel ch’ io ho nowto appreffo de gli antichi; cio’ ch’ eglino grandemente fi guardarono di non. tirae Fe aeffung ultima linea della planta, ralmente. dirita, ‘che lungbifSees & Sola non fuife intraprefa, © da alcuna concavith di linee torte » 0 da alcuno intere feeectenr ci eset 6 pac aR ec ie prudentiffimi huomini fecion ello, per fare che il muro quali che aggiunroli aj > a quali fi accofli, Given piv gegliando. Nel srargre de wrod delle mura fdepba cominciare dalle cofe piu degne. Quelto luogo adunque ne avertifce, che noi doviamo, trattare delle Colonne, & di quelle cofe, che fi afpettano a effe Colonna; conciofia che effi ordini di Colonne non fono altro, che un muro aperto, & fello in piu Juoghi. Et gioyandone di diffinire effa Colonna, non fara fuog di propofito fe io dird che ella fia una certa ferma, § perperua parte di mur ro, ritta a piombo , dal piano del terreno all’ alto, atta a reggere le copertue re. Oltea di queito in turra_ 1" arte dello edificare, non trovarai cola alcunay che quanto alls opera alla fpefa, & alla gratia, tu la anteponga alle Colonne, Ma hanno effe Colonne un certo che in loro, mediante il quale, elle hanno una certa diffomiglianza. Noi in quelto luogo non prerermerteremo la loro fie | miiltidine, perche alpen alls generat + ‘a tiella diffomiglianza loro, appartenendolt alla fpecie ne parleremo altove al fu luego ; wa per comine clare come fi dice da ele radici, a rutte le Colonne fi fanno, & metton {otto i fondamenti; pareggisti i fondamenti al piano dello fpazzo, ularono porvi fo~ Pr un muricciuolo, il quale noi chiamaremo zoccolo, alti forte lo chiames Fano dado; fopra il zoccolo ponevano la bafa, & fopra 1a bala la Colonna, & fopra la Colonna, il capitello: Ia proportione loro era che dal mezo in giu elle fullero alquanto piu grolfette, & dal mezo in fa fi andaflero alquanta, riftringendo, & che ella fulle ancora ‘da Piede> alouanto, piu groil che le piu alta parte da capo. Et io mi penfo che da principio Ja Colonna fulle troy vata per foftenere le coperture- Dipoi gli ingegni de gli huomini , fi come nob veggiamo, fi eccitarono a cofe degne; & fi siorzarono che le cole, che lora mori edificayano , rimaneffero quafi creme, & immortali; & per quello po- fero Colonne, & travi, & intayolature , & Coperture tutte di. Marmo. Et nel : porre quelte cofe gli Architettori antichi , imitarono talmente la natura di elle cof y che e' non vollono parere di elferfi punto difeottati dall’ ufo commune degli edificii ; & infieme pofono ogni ftudio che le opere lore, fullino & ar Hi ad ufarle, & grariofe alla viita. La narurs certo ne porfe le Cor Jonne da principio di legno, & tonde ; & dipoi nell! ufatle & avenuro che ele eno in alcuni luoghi fi fiano farte quadre. La onde fe io ne giudico bene y vedendofi nelle Colonne di legno certi anelli, & cerchi di Brongo. colitoy @ di ferro pofti da piedi, & da capo, accid che Per il continpvo pefo, che el Jeno dovevano reggere, non fi fendeflero: Avenne che Poi gli Architettoré lav {ciarono nel piede ‘delle Colonne di Marmo, un collarino a Fenilinding dung fafeewta: Onde aviene che per lei fi difendono dalle gocciole, che rifultanos Er ‘da capo ancora lafciarono una faiciuola piceola, & fopra vi pofono Mrazzocchio; Con i quali aiuei ella pareile loro una Colonna di Jegno orale ‘cata LIBRO PRIMO. i cata- Ma nelle bafe delle Colonne, offervarono che nella loro piv balla pare fey fullino di lince dritte, & d’ angoli a fquadra: & nella fuperficie di fopra diffe, vollono che ella bafa fulle della geollezea del giro della Colonna; Et offervarono che quella bali da ogni laro fuile piu larga, che alta. Et vollono che ella fulfe piu larga che Ja Colonna, una determi ¢ di fe Hella; Fr Ja fuperficie di forto di eils bafa volfono ancora piu larga, che quella di’ fo- ray & vollono che jl zoccolo fulle una certa determinata parte piu largo che bala, & il fondamento altrefi piu largo, che il zoccolo , di determinata par- te. Hrtutte quelle cof fate cof, che mieion I’ una foprs I'altray Te. collecas ono a piombo fopra il centro del mezo. Ma per I’ oppofito tutti i Capitelli conyengono in quelto, che le parti loro di foto, imitano Ie loro Colonne, & quelle di fopra finifeono in Beer: quadra, perche veramente la parte di fopra del Capitello fempre fark Alguanro piu larga che quella di foro. Quelto baili quanto alle Colonne. Ma jil_muro fi debbe alzare con pari proportione alle Colonne, accioche f¢ egli hart da elfere alto, quanto Ja Colonna con ib fuo Sapielle., la fua groflezza fia la medefima che quella della Colonna da ball, Ec oflervarono ancor quefto, cio® chz non fuffe alcuna Colonna, o bar fa, o Capitello, o muro, che non fulle al tutto fimile in ogni conto alle al- tre cofe del medefimo genere, & di altezza, & di larghezza, & finalmente @’ ogni forte di {compartimento, & figura. Elfendo adanque errore I’ uno & V'altro, fare il muro piu fottile, o piu groffo, & piu alto, o piu baflo, che la proportione, & il modo non ricerca: lo nicntedimeno vorrei piu preito peceare in quefta parte, che piu rolto fe ne poteile levare, che havervi ad puere In queso luogo mi piace di non lafciare in dietro gli ercori de a ificii y accioch> noi ns diyegniamo piu accorti. La principal lode ¢, che e’ non yi fia diferto neffuno. Et io ho confiderato nella Chiefa di Santo Pietro in Roma, quel che il faro da per fe ftello dimoftra elfere ftata cola mal configliata , che e’ fuile tito fopra i continuati_& fpe(li vani, uno muro molto lungo, & molto largo, fenaa haverlo aiforzificato con alcune linee tor- te, né con alcuno altro afforzificamento. Et quel che meritava piu_confidera~ tione ¢, che tutta queila Alia di muro, la quale ha forto troppo fpelli, & con- inuati_vani eon tirata molto in alto, fa efpoita per berzagiio alli impe + La onde di gi & avenuto che per Ja continua moleitia lla fa pieguta dalla (ua dirituta. piu dite braccia. 8 dubito de Venti %: Bunt» che in breve» 0 per poca fine, © poco movimento non rovni.” Ma c che piu? fe ella non fuile rattenuta dalle travate de tetti, farcbbe di git per il {uo incominciato piegarfi, certamente rovinata. Ma ¢'fi debe alquanto man« Co bialmare fo. Architertors, che ellendo forte to dieto alla necellia del luor » & del fico; fi pensd forfe per la viciniri del monte, d’ eller allai ficura i venti; il qual monte fopravanza al Tempio. Io harei voluro nientedimans 0, che quelle Alic da tutte due le bande fullero piu affurzificate . & alli babitatori, & all” elere parti de pli elif, natura, perd ¢' bane a fare di ‘varie farsi. CAP. XI, L’ utility delle coperture, @ 1a principale, & 1a importantiffima.. Imperoche i Di quanta stilird fieno i te © the € Jono varii non folamente conferifce alla falute de gli hubiratori, mentre che ne di- fe dalla nowte, dalle piogge, & piu che altro da il caldiffime Sole: Ma di fende ancora tuteo lo edificio: levate via le coperture fi purrefa la materia, & pelano le mura, fi aprono Ie facciate, finalmente tutta Ja _muroglia a poco @ Poco. rovina . Eth fondamenti ancora y il che a pena crederai, dalla difela delle Gopecture fi fortificano. Ne {ono rovinati tanti edifici da ferro, fuoco, © guts ray a DELLA ARCHITETTURA | multitudine di nimici , & da tutte Je altre calamith , quanto. che per pak nae pala» & ‘copert, pu che per alr caione dll pee tia de Citead no certo Je coperture contro le tempeite » contro le ing fie, & contto gli impeti, le armi delli edificii. Le qusli cole poi che cof no, mi pare che i oft Antichi facellero egregiamente y fi nelle altre fi in quella, che e* vollono attribuire tanti honori alle coperture, che in adore nafle confumarono quafi che tutta 1a maefiia del fare omamenti. Percioche nol yeggiamo alcune coperture di rame, alcune di vetro, alcune d* oro, & altte con travi d’ oro, & impalcature dorate , & di comic! di fiori, di ftamue egres giamente adomate . Le coperture alcune fono allo feoperto, & alcune no; perte fon quelle, fopra le quali non & puo caminare; ma folamente fond re He a riceyere le pioggie. Quelle che non fono allo {eoperto, fono le ii tale) Be Ie vole he fou ele aE sincere lamenti 5 onde fia pofto uno edificio fopra un’ altro. In quefti accadera che e(la fe che a membri di forto far copertura, fark ancora fpazzo de membri di fopras Ma di quefte tali impalcature , quella veramente che noi haremo fopra il capo, fi chiamer& paleo; il quale ancora chiameremo Cielo.. Ma quella , che neflo ane dare noi calcheremo co piedi, i chiamerh fpazzo. Et fe quelle uultime coperni re che ftanno allo {coperto, fervono per pavimento, o no, ne difputeremo ale trove, Max le coperture , che ftanno allo feoperto ancor che Je fiano forle di fuperficie piana, non debbono effere perd gitmai col _pavimento difopra, die fcolto ugualmente dal pavimento che elleno cuoprino difotto: Ma fempre deb bono pendere in alcuna delle parti, per fcolare Je pioggie. Ma le coperrure, che fono coperte, bifogna che fiano di fuperficie piana per tutto lontana a un modo dal pavimenso. Fgli t di neceffitt che tutte le coperture fi accommodin con le linee, & con gli angoli, alla figura & forma del fito, & delle mura che elleno debbono coprire. Et fuccedendo quefte cofe infra loro variamente, percid. cche alcune fono di linee rurte torte, alcune di linee turte dititre, & alcune mefeo~ latamente di amendue , accade che Te coperture ancora fono varie & di molte for- me. Ancor che le coperture naturalmente da per loro fon di varie forti; per eid che alcune fono a tribuna, altre con quattro archi, altre a meze bowti, & altre compotte con volte di piu archi, & alcune, che ftanno a pendio Tuna verfo I’ ale tra, & aleune a capanina pendono da duo lati; mma habbidva fare qual voglit i quette forti, ¢' bifogna che ogni copertura fia farta talmente , che ella cuopta , & difenda con Ia faa ombra A pavent & simuova via ogni acqua, & ioggia.» difendendo tutto lo edificio fopra il quale ella & pofta per copertica. rcioche la ploggia fempre apparecchiata a huocere. Et giamai @ che ella non pigli ogni via, benche minima, per far male ; Conctofia che ella con I’ ef fere fottile penetra & fora, con Ia ‘humidita macchia & guafla, con la conte Hovatione infracida tutti i nervi dello edificio: & finalmente corrompe & to- Yina ogni muraglia infino da fondamenti. Et per quello i faggi Architettort olferyarono diligentemente che le pioggie havellino libero pendio, donde fcolse res, & fi guardorono che la acqua non fi fermaife in luogo alunos 6 andallé in lato y dove ella poteife far danno. Et per quelto volfero che ne luoghi ne- vols le copertuce, & mafiimo i tetti a capanne , havelino gran pendio, ale zandofi ad angolo fotto fauadra,_accioche non vi 6 poilendo troppo Ja neve, ells non vi multiplicale, & fcolaile piu facilmente; mene iu ftatereeci (per dir cofi) pofono le coperture manco ¥epenti. Ulrimamente: cis procurare il piu che @ pud, che havuco rifpetto a lumi, Q& alle mura tuto lo ediiclo fnalmente fia coperto di una eth coperats ages 8 qua d'un pezzo, in modo che cafcandofene I’ acqua per le gro ‘non macchi o bagni alcuna parte delle mura. Oltra quello bife in modo effe coperé ture, che e' non oy Tun tetto fu T altro, li fpazzi ancora de tei, do ve debs, comrere la acqua non debbono ellere troppo lunghi, 0. grand fier PFO Lunghi, No; d LIBRO PRIMO. 23 a ifs pecioche Ie piogie per Ia foverchin abbondanes dele acque ne cx tall de gl ulin tego, fomereno a diewo,, & pioverebbon demo nelle. Gificiny “la qual colt farebbe all’ opera grandiffimo Ganno. Dove fart adunqu il piano grandiffimo , bifogna che il retto fia feompartito in piu pendii, & pi vain vee pars Ee ueto area feo pare commode pate argon jezza - i accader’ in, alcuno Iuogo porre piu coperture, aggiunghinfi tal- oR oRe eV aes che la Wie Ge fin Fee ie Ca een wos per tutto al coperto. De ani de gli edificis , cine finefire, porte, & degli aleri che mow piglis Ged is wera! Ot aman, 0 tila pracdacd os | CAP. XIL Eftaci a dire de vani: vani fono di due forti, percioche altri fervono a lu= mi, &a Venti, & altri allo entrare & ufcire delli habitatori , & di tutte le Cole necellarie per tuto fo edificio. A lumi fervono le fineltre, alle cofe le rte; le fcale, & gli fpatii wea le colonne: & quelli ancora, once le acque, i fumi fe ne vanno., come pozzi me , © per dir cofi, gole di cammnini, ocche di forni, & truogoli, & acquai, fi chiamano ancora vani. Er_debbe ph Bata. dela ei Tavere fineltre, onde I’ aria rinchiufa fe ne pofla ulcie Win 8 pers tempo sinovarl, perche alsimensi 6 corrompercbbe farebbe cattiva. Racconta Capitol feo, che in Babilonia nel Tempio di, Apol- Tine fu trovata una Caflectina d’ oro antichiffima, nel rompere della qui’e, ne wel un fragore di aria corrotta per a lunghezza del rempo , & talmenre vilew nola, che fpandendoft, non folamente ammazzd quelli, che erano quivi vi Bi a cotsoppe di enidelilima pelle curs I" Af ining Pir. tn Amato Marcellino hillorico habbiamo lerto , che ne” tempi di Marco Antonio, & Veo 10; In Seleucia dopo che fu {pogliato, & rubato il Tempio, & teanfportata in Roma la Immagine del Conico Apolline, effervi ftaro ritrovaro da Soldati uno Piccolo buco, furo prima riturato da Sacerdoti Caldei. Il quale poi aperto da detti Soldati, come avidi di prede, gittd un fragore tanto peitifero, & tanto crudele, & tanto deteltabile, che dz i confini di Perlia infino in Francia ogat cofa divenne infetta di crudele, & miferabil morbo.. Torte le flanze adunque debbono hhavete fineitre. Er quelle, fi per haver i lumi, fi perche vi fi rinuo~ vil aria, & debbono veramente elfere accommodate fecondo it bilogno, & fe- condo Ja groffezza delle mura; accioche le non ricevina né piu, né meno lus me, né fieno piu fpelle, o piu rare che il bifogno, & ¥' ufo non ricerchi. Ol wa di quefio f debbe procurare , a che Venti eile fineltre debbino eller vole 5 percioche e' ne fat’ lecito fare quelle, che guarderanno in verlo aure falutifere molto aperte per ogni verfo. Ec gioveracci di apritle tilmente che il lato del vento vadia intorno a corpi de gli habitatori; & quello fi fart facilmente, fe Je fponde delle fineftre fi laceranno tanto bafle, che e* fi poffi & efler veduro, & vedere coloro, che paifano per le ftrade. Ma quelle fineftre che faranno volte inverfo i Venti, di Regioni non coli del tutto Lane, fi debbono fare in modo, che le ricevino i lumi non minori, che convenienti; ma ne anco tan- to grandi, che e' fi potelfe fare con minori, & quelte fi debbono porre alte, accio che il muro da rincontro: rompa i Venti, prima che e’ tocchino i corpit Pertioche a quello modo fi hayeranno i Venti, mediante i quali I" aria vi fi ti overt , ma interrord; & perd non al tutto mal fani. Debbefi ancora avertire uai Soli debbino entrare dentro nelle cafe, & fecondo diverfe commodit , le fineltre piu larghe, o piu ftrette. Nelle ftanze per la flare fe le fineltre & ae verlo tramontana, elleno debbono farfi per ogni verfo grandi, & fi porranno verfo i Soli'di mezo di, fara utile fare le fnellxe balls & ri a DELLA ARCHITETTURA ‘ecole; conciofia che quelle fono piu fpedite & ricevete Te au Picco Fee ee minere’ quandits div raggt Volicl, & hard alfa lJ Juogo. per il continuo sggitartgt intorno del Sole ; nel quale gli hi iu per havervi ombra , - ne Tea vemos reevetanno repo fpr del ote, Tee anno ga fon icevertno cof Ven, fe Jef porno fi ako, 8 per 68 5 hon offnderanao di prima giuhta gl habiaror, che vi inno den mente havendo 4 piglar lumi da qual fi voglia luogo, e* bifogna pig modo , che e’ fi vegga liberamente il Cielo. Et tutti quei vani che fi la cr ricevere i lumi, non lecito in modo alcuno di Iafeiarli baffi: Per Plum: fono veduti ‘da gli occhi, & non da i piedi oltre che in fimil fccatle, che interponendof uno huomo a uno altro, fi interrompono i lun & tutto il reflo del Iuogo diventa poi buio, la. quale fcommoditi non ac fe i lumi yengono da alto. Le porte d imitare le fineltte , maggiosi, minor’, pit, © manco fecondo In ftequentia, & il bi Tuogo . Ma fo veggo che git Antichi offervaron di lafciare ne gli edificii afluimn! vani , fimili a quefti, d’ amendue le forti. Di cid ci fan fede i i quali fe noi ‘bene claminiamo, fon tutti pieni di vani, fi di feale,, § ancora fineitre, & di porte. Et quelli vani fi debbon: collocare talmence , che in grote non fi Iucin vant picclifin’, & lle faccine pecole delle non fi lafcin maggiori del bifogno. In quelte forti di vani, altri, altri d Kanno loditi, ma i buoni Architettori non gli hanno uftti, fe non quad & di line dirine. Turti finalmente s' accordano a quello,” che fecondo, grandezza, & forma dello edificio, fi accommodino , & Gano eglino come & Vogliono.” Appreffo e* dicono che’ i vani delle porte, debbono ellere fempre piu alti che larghi; & di quefti, i piu alti fien quelli, che ricevino duoi cere chi, U'un fopra "altro, & i piu Eat habbino i" aleersa della fehianciana dit quel quadrato che fi farebbe della lunghezea della foglia. Et 2 conveniente: forre le porte in quei lati, che ne conduchino piu che fia poffibile commoda~ mente in turte le parti delli edificii. Ex bifogna, ufar ancora 2a in dar pata imi vans con fae che di dete, Kd finite ft corelpondino con je medefime grandczze. Ufarono di lafciare le finelire» & le porte in caffo ma talmente che le parti dalle bande i correfpondellero iy & del mezo fulfero alquanto maggios hes Sim i Et procurarono granditlimamente di haver ilperto alla gagliardia de zi . Laonde lafciavano i vani difcofto da cane tis & dalle colonne ne luoghi delle mura piu deboli, ma non perd tanto de che non fuflero baltanti a reggere il pefo. Ex avertivano che quante ci delle mura fi porelfe, andaffero diritte a piombo, & quafi d'un fenza alcuno inrertompimento, da i fondamenti pet infino al tcrto~ Eghi certa forte quafi di vani, che con Ja forma, & con il fito imitano le p & ls finetee, ma non penetano nut fa grossa del miro, ta. come Infeiano belli & commodi fpatii, & luoghi da faue, & da piteure. Ma che luogo quete, & quanto fpelle, & quanto grandi fi debbino lafeiare, diremo piu diitintamente, allora che noi trateremo de gli ommamenti de edifici: & giovano non dimanco coli allo. fpendere poco, come alla grat dell’ opera: Percioche nel murare fi confuma manco pictre, & manco. calcinae ‘Queits fia ta fottancia, che nel lafeiare queite zane bifogna lalciarle di numero commode, non di tropa grandezza, & di forma tagionevole: Acid. P ordine loro imitino Je fineitre. Er fieno quelli tai vani come fi vor To ho confiderato nelle opere de gli Antichi che e* non ufarono mai. lafcia maggiori, chr eglino occupaffino piu che la fettima parte della. facclara. ne anche minori, che ne oceupaffero meno che la nena. 1 yani tra le colons ne, fono da elfere connumerati infra i primi yani, & debbonfi lafetare vat fevonde la varieth de gli cdificii. Ma parleremo di quelli piu it * LIBRO PRIMO. or luogo, & maffimamente quando noi ragioneremo del fate gli edificii facei. Sis in quello Iuogo abaltanza haverne avertioy che quelli vant fi debbono Le feiare in modo, che i habbia quanto piu diligentemente ( puo rifpetto alle colonne che fi debbono porre a foltencre le coperture: & primieramente che non fieno dette colonne troppo piu fortili, & troppo piu rare, che elle non Folino reggerey & commodamente il pelos & he plu gooey o piu ipeie che non lalcino talmente nello fpazo del piano, aditi, & vie a lo ufo delle cofe, fecondo i tempi aperte, & accommodate. Finalmente altri faranno i quande Ie colonne faranno fpefe, & altri quando le faranno rade, pere Je colonne fpeife fi pongono le travi; & fopra le colonne rade ft pongono al archi. Ma in tutti quei vani, fopra i quali fi pongano gli archi, debbe procurare , che quello arco non {ia minore del mezo cerchio, aggiune tavi la fettima parte del mezo diametro. Percioche i piu effercieati hanno trovato che quetio ateo folo & pin di tut gli att commoditfno, 4 durare qual ere. no. ano che tutti gli altri archi fieno a foltenere il pefo piu deboli , & nti, & efpotti al rovinare . Penfafi oltra di quelto, che il mezo cerchio fia quello folo, che non habbi bifogno né di catena, ‘ne di alcun altro affor- zificamento.. Et tutti gli alts fe tu non gli incatenerai, © non li porrai pelt allo incontro che gli contrapefino, fi vede che per il pelo loro, fi pelano, & fi rovinano. fo non lafeerd qui indietro quel che jo ho norato ‘appreifo de gli antichi, cola certo eccellente, & degna di lode. I buoni Archicettori pofono fimili vani, & gli archi delle volte ne rempii, talmente che fe tu levalfi loro di fotto tutte le colonne da bailo, reitarcbbono niente di manco i vani de gli archi, & le volte delle coperture, & non rovinerebbono , per effer gli archi fopra i quali flanno Je volte infino in terra con artificio maravigliofo , & conofciuto da pochi che I’ opera fi rege da per fe, pofatali folamente fopra de gli archi: percioche havendo quefti archi per loro catena il faldiffimo cerre+ no non @ maraviglia che gli ftieno da per loro faldiffimi . Dalle feale, & dalle forti loro , de gli feaglioni che debbono effere in coffe, & dello quansita loro. De pianerosroli delle gole de’ cammini da mantar via it fume. De gh acquai, 0 eleri condotti da mandar via le acque : © del collocare i porzi, & le fogne in fisi commodi. CAP. XIIL N® porte le fcale, & tanta la briga, che tu non le potrai mai porre bene fenza maturo, & ellaminato configlio. Percioche in una {cala vengono @ Ia porta, per la quale tu vuoi entrare a falire per le fale, Taltro fa fineltra, onde ha a venire il lume, che tu pofla vedere I oggetto- ae it terz0 yano @ quello che fi fa nel paleo, per il quale noi iano di fopra, & per quelto dicono, ch’ e’ non & maraviglia i impedifchino i difegni de gli edificit: Ma chi non vuole eflere im- re ie feale, non le impedifca. Srabilifchino quelli rali un determinato Proprio fpatio del fito, per il quale fi polfa andare in fu & in giu libera~ infino ite che fono allo fcoperto . Ne ci increfea che le (cale } percioche elleno ci arrecheranno aifai commodity non ‘dena all altre parti dell eclificio. Aggiugni che quelle volticciuole, & vani che timarranno forto dette fcale, ferviranno 2 commoditk grandiffina. Le feale appreifo di noi fono di due for joche delle fale, ee eer alle efpeditioni da guerra , 02 munitioni, non parlerd io in quelto luogo.. La prima tees © quella che non ha feaglioni, ma & faglie ise un pendio a {drucciolo, & I" altra ® quella, per In quale fi faglie per gli {can Blioni- Tolls antchi ubrono quelle che erano a fdruciolo, file piu cee cioche a ie g 26 DELLA ARCHITETTURA aco pendioy che poffeyano: & fi come io ho. confidersto ne" loro Suc, farbno che quella fulle alfai commoda, la quale falle condom fal frente.) Ghe la fua linea ‘che cadeife a piombo dalla fua, maggiore alteaza., con. Hipondelfe. per Ja fella parte alla lunghezza della linea che giacelle .| Ma, lod. ono il porte gli feaglioni in caffo , & maflimo ne’ templi: percioche e” dice. Vano che coli accaderebbe, che noi metteremo prima innanzi nel tempio il pit Tito; il che penfavano che giovaife alla Religione. Et in quetto ho io conie deraro, che i buoni Architetori,, non mellono mai continuamente in un flo piu che fete, overo nove fcaglioni : Credo che imitalfero o il numero de pis feti, ode Cicli: Ma ally fine di queltiy over fete» 0 pur nove» qual fuilero feaglioni , confideracilimamente vi pofero un piano, accio. che chi er fieacco, 0 debole per la fatica del falire, havelle alquanto di inframmelfo da: ripolarle. Et fe per forte avenilfe git mai che nel faire cadeffe qualcuno , velle {patio dove fermare la foga della caduta, & fi poreffe rattenere, & ih veri. Et io lodo grandemente che le fcale fieno {pelle rorcli, & che le fieno alluminate» & fecondo Ia degnith del Iuogo amples & fpatiofe. Ma i gradi delle fcale non ufarono né piu groffi d’ un quarto Gio, nd piy fouili, che uno fefto: & le lor larghezze non yolevano che fulles ro manco di uno piede , & mezo, ne piu dun braccio. Quanto manco feale faranno in uno edificio , & quanto. manco {patio di effo occuperanno, tanto fi ranno piu commode . Gli efiti de fumi, & delle acque, bifogna che fieno eff diti, & in modo condotti,, che enon vi fi multiplichino dentro, non maces no, 'non offendino, & non arrechino pericolo allo edificio.. Di qui bifogna col | locare le gole de cammini lontane da ogni forte di legnami , accidy non 3’ accen= delfero, oper alcuna (inl, oper inflammatione Je taviy o 4 cortens che gli fallsro appreif. T condor delle acque , che debbono correre , bifogna ducergli ancora talmente, che e’ fi mandino via le fuperfluits , & nello and ne, né rodendo, né macchiando non faccino Iefione alcuna allo edificio. Im} soche fe alcuna di quelte cole nocelfe, ancora che ella nuoca pochit ne che con lunghezea di tempo, & continuatione del far danno, fa poi_nocu- mento grandiffimo. Et ho confiderato che i buon} Archjtertori hanno offecvato nel condurre quefte acque , di farle cadere con doccie che {portino infuora , im lato che chi entra nello edificio , non fi bagni. O le raccolfono talmiente ne ili, © me condoti, che ragunate nelle citerne, fe ne fervivano a loro bifogni ‘9 vero Je raccoglievano, & mandavanle a verfarfi in alcun luogo, dove Je la fero le immonditie; accid che gli occhi, & i nafi de gli huomini non ne full offi. Er m’@ parfo che fopra turto avertiffero, di dilcoltare, & ri-aovere edificio ogni acqua piovana , fi per altri conti, fi ancora perche il plano edificio non fi inumidilfe, & mi pare che egli avertiflero di lafeiare i hho ascommodtiini, donde faceflero alo ediiio comma a me piace grandemente che i pozzi G ponghino nella. piu Waleat meted tosen |e eee cupino il tuto. Et i naturali affermano che ‘le acque all fincere, & piu purgate. Ma in qualunque parte dello edi’ affondi, o fogne lattricate, donde habbino a gittarfi acque, 0 quivi bifogna che fieno i vani fatti jn tal modo, che vi pafi grande a za daria, aceid che le humide efiltationi, fi cavino fuora del pavimento parghinGi per il pafare de Venti, & per if ripercotimento dell’aria. @ baitanza infin qui raccolto infieme i difegni delli edificii, che pare che rrenghino all’ opere generalmente , notato da pet fe cia(cun fe, re fi debbono. Hora ci reita a trattare dell’ opera, E del en to delli edificii.| Ma tratteremo prima della Materia, & di quelle cofe, bifogna apparecchiare per la Materia. z PF cerrorte da loro DELLA ARCHITETTURA NE KTISTA ALBERTI. LIBRO SECONDO. NEL QUALE SI TRATTA DE’ LEGNAMI. Che of non fr debbe cominciare sno edifcio a cafoy ma bifogna bavere moles rempo pri mt. mene G rivolto per 1” aximo, ee oe debba ri ie wee larvoro, & che fi debbe bene confiderare, & efaminare con il parere di. buo- relligentiy sutto I" edificio in fey @ ciefiune proportione, & a qualanque parte di quella, non folamente cou baverl © dipinto, ma can baverne fuiti medegliy ‘afc, 0 di qnakcs' altra cof, acciscke murato pot ‘non ti penta di quel ¢ barai fatto. CAP. L I: on penfos che le opere, & Ie fpee de gli edifei @debbino comincia~ per molre altre cagioni, fi ancora perche il fare quelto non nuoca, né allo honore, nv alla riputatione. Percioche fi come un’ opera bene, & compiutamente fatta, arreca lode a tutti colora, ch’ hanno fto in lei ogni loro fapere, faticay & ftudio; coli ancora fe ¥i fark cola alcus na, nejla quale tu defideraffi che 1’ autore hayelle havuto in conto alcuno al~ ‘quanto piu arte, 0 fapere, nocert molro alla fua lode, & riputatione . Et fo mo certamente manifeite, & quali che in fa gli occhi le lodi, & i difetti de gli edificii, & malfime de publici: ne quali (io non fo in che modo) quello che vi @, che non fe gli convenga, tira gli huomini a difpregiarlo, piu role che quello che vi @ di bello, & ben fatto, & compiutamente finito, non gl’i duce a maraviglia. Et 2 certo cofa maravigliofa, perche fia cofi, che per ine into di mature, o dotti, © ignoranti, tutti fentiamo in un fubito in le arti, & ragioni delle cofe, quel che vi fia, che ftia bene, 0 male; & in Gi fatte cole certo gli occhi uno conofcimento piu di tutti gli altri acutiffimo. Onde aviene che ic e’ ci viene innanzi cofa alcuna zoppr 0 corta, o che non vi faccia niente, © che non vi habbia gratia, {ubito ci fentiamo commovere , 4 defideriamo ch’ ella vi fia piu bella. La cagione perche cofi avenga non fappian noi tutti; nientedimeno fe noi ne fullimo dimandati, non faria neffuno che non diceffe ch’ ella fi potrebbe rimediare, & correggere. Manon faprh ‘ognuno gi trovare il modo da rimediarvi, ma folamente coloro che faranno a ¢ hi, & efercitatiffimi. Egli & officio di huomo favio haverfi da prine cipio nell’ animo, & nella mente fua penlaro , & recatofi a fine, ogni & qua- + Accioche poi o nel fare I’ opera, o nella gti farta, non s' habe io non vorrei quetto, © io vorrei queito altro. Et & certo cofa fa che di una opera mal condotta, fopportiamo non leggeriflime pe- ne. Percioche in fo di tempo finalmente ci aveggitmo , che noi non confiderammo quello ‘che pazzamente, & fenza configho, ci mettemmo a fir xe di principio. Onde accade che fe ra non lo disfai, racconcilo, te ne pen Acontinavamente» pet la olfela del difetro; o fe tu lo geri in terra, fi bias fimato per conto della fpefa, & del ‘Banno, 8 acculito di leggicrezsay di 2 ine 38 DELLA ARCHITETTURA i + Suetonio dice, che Tulio Cefare havendo cominciats dy inftabilts @ ogegre io in Nemorole> & finito con geandifia fpelt, 4 cofi apunto, come egli I’harebbe voluro, 10 disfece feali non ttava per tutto cofi apunto y_ Nbarebbe vole Seon Della quail cola certo ancora ‘infino da noi polteri & da efferne biafima. to, 0 fi perche egli non antivedde a baltanza quelle cofe che gli bi i © fi forte perche dipoi , per errore di legerezza hebbe in odio quelle cofe favano bene. La onde io certo lodo lempre grandemente Jo antico coftume Gelli edificatori, che non folamente con difegno di linee, & con dipintura, ‘ma con modegli ancora, & efempj, farti di alficelle, o di qual alta colt ia, Gi efamini, & pen, & ripenfi, piu, & piu volte con c a huomni efercitatiffimi , rutta la opera, & tutte le mifure delle parti fue, ma che noi ci mettiamo a far cofa alcuna alla quale fi ricerchi & fpefa, & ra. Nel fare i:modegli ti fi porgerh occafione di vedere & ben coniiderate Ie rigione, & la forma, che debba havere il fito nella Regione ;_ che fp debba dire al fito ; che numero & ordine alle parti; come debbino efler f Je facciate delle mura; che flabilit, & fermezza habbiano ad havere le & ture; Et finalmente tutte quelle cole, che nel libro di fopra habbiamo te. Ft in queiti potrai ru fenza pena, liberamenre a; ere , diminuire mutare, rinnovare, & rivoltare finalmente ogni cofa forro fopra , inlino chz ogni, & quilunque cola ftia come tu vuoi, & fia da lodare » che tu efaninerai, & faprai (il che certo non fi dee Aitpeasiare) il Ja fomma della futura feta, la larghezza,, la altezza, la groilezza , ill n la ampiczza, la forma, la Ipecie , & la qualita di rurte le cole come allo i bene habbiano da efler fatte, & ‘da quali attefici: Percioche efi fapra chiara, & efplicara Ja ragione , & la fomma delle Golonne y de capitelli, d bale, delle co de frontifpicii , delle impiallacciature, “de pavimenti y le ttatue, & di fimili altee cofe, le quali fi appartengono 0 a flabilire, o ad dornare uno edificio. Non gitidico fia da pretermettere che il fir feiati, & per dire cofi arrufiamati da dilicatezza di piteura, non s” afpet ello Architetrore che fi vuole ingegnare d’ infegnare la cof; ma & Architettore ambitiofo, il quale hr sforedalletando gl occhl , 8 occupe Wanimo di chi gif rigaards rimoverlo dalla difculione delle pari, che debbono confiderare, & inducerlo a maravigliarli di lui. Per il che io nom vorrei che i modegli fi finiffino troppo efattamente, n& troppo dilieati, n8 trope po terfi, ma ignudi & femplici, ne quali fi lodi piu lo ingogno dello in tore, che la arte del maeitro. Tra il difegno del Dipintore, & quello Architettore, ci quetta differentia, che il Dipintore i affatica con minuti me ombre, & linee , & angoli far rifaltare di una tavola piana in fuori i til viz & lo Architettore non fi curando delle ombre, fu rifaleace in fuota i vi, mediante il difegno della pianta, come quello che vuole che le cofe fieno riputate non dalla apparente profpettiva , ma da veriilimi feomparci fondati fit la ragione. Pet tanto bilogna fare in tal modo i modegli, & el minatli teco itello, & infieme con altri, tanto diligentemente, & Ti nuovo, & da capo, che ¢’ non fia nella tua opera cof alcuna fe ben may che tu non foppia, & chente, & quale Ja fia, che luoghi, & quant fpatio debba occupare, & a che wfo fervire: & maffimamente piu che tt te I'altre cofe fi debe confiderare la fagione da fare le Goperture elpedi me. Imperd che le Coperture certo berth lor natura, fe io credo bene, fra tarts le alte cofe, ‘che edificatono i Mortali, furono le prime che a carono loro quicte, di force che e* non fi neghetd che per conto delle Ca petturs, non folamente fi fiano trovate le mura, & quelle cole, che com le mura fi titan in altos & ne confeguono ; ma éiferti trovate ancora le cOley che fi: finno fotto il terreno, come fono i condotti, & i canal, & 4 Tice Vimenti a" Acque piovane, & le fogne, & fimili. To cesto piu che elfercitar® LIBRO SECONDO. 19 illo ufo di cofe tai, sb quanto c’ fa difficile , condurre una opera che in lei Fieno le parti congiunte con deyniti, commodite, & gratiay: ciot che elleno habbino le altre cole da elferne lodate, fi ancora una varieth di ornate pare ti, qual G ricerca alla convenienza, & ragione delle proportioni: certo que- fa, 0 Dio, cofx grande, ma il coprire tutte quelte cole, con Coperture ace commodate , deitinate, convenienti, & atte, io giudico che non fia opera fe non da favio, & fagace ingegno. Finalmente quando tutto il modello;. & I inventione della opera pincers grandemente a te, & a gli altri di cid efercit tillimi , in modo che tu non vi habbia dentco dubbio alcuno, o che tu deli« beri che e’ non vi fia cofa alcuna,, che fi polla meglio efaminare: To ti aver= tifo, che rm non corra a furia, per de(iderio di edificare, a cominciare la ope- ¥x, rovinando moraglie antiche ; 0 a gittare i grandiffimi fondamenti i tutta la ‘opera, il che fanno gli inconfiderati , & i furiofi; Ma fe tu farai a mio modo foprailederai per aleun tempo, tanto che quelta approvata inventione diventi vecchia. Come quello, che ‘finalmente ti ravedrai di tutte le cofe, quando non tirato dallo amore della tua inventione, ma da le ragioni del difeorlo, ne judicherai piu conlideratamente. Percioche in tutte le cofe, che fi hanno da re il tempo ti_moltreri affai cole, che tu contrapelerai, & confidererai, le quali fe ben ru fulti accuratiffimo , ti erano fuggite « > the frewo oltre alle forte fe, mi contra- e debba éonfiderare now folo quel che tu sy ma quel che ti fi comvenga, & in che lnogo i Gut: bs oat bared «fires CAP. IL El riefaminare i modegli, 2 di neceffirk che infra le ragioni da efaminarft ti fi faccino innanzi quelte cofe. Primieramente che tu non ti meta & Gales the fa Gopal ty pollanea de gli hvomini, & che tu non accinga a far coft, che ¢' fi habbia a combattere del rutto ‘contro alla natura delle cole. Er fe bene alcuna volta fi contrafta contro Ix forza della natura con qualche mole, 0 con qualche forza fi Mtorce, ella pure & tale che ella fapr’ fuperare & gittar via cid che fe gli contcappone , & |" impedifee ; & ogni repugnanti fimo oitacolo (per dir cofi) di tutte le cofe, che fe gli ‘ppongeno con Is (di giorno in giomo ) continova pateveraree col tempo, & con la abbon- danza, rovina & getta per terra il tutto, Quante infinite cole fatte dalle ma- ni de gli huomini leggiamo, & veggiamo, noi non elfere durate; non pet altra cagione, fe non perche elleno contendevano contro alla natura delle co- fe? chi non f riderd di colui che fatto un ponte’ fopra le Navi nel Mare ha- veva difegnato di cavalcarlo? 0 non hart piu tolto in odio la pazzia di guetto infolente? I Porto di Claudio foro Holtia, & appreffo a Terracina il orto di Adriano, opere certo per ogni conto etemne: Niente di manco noi Weggiamo s & gih gran tempo, che per haver ferrate le bocche dalla rena, & Ripteni i feni fono interamente mancanti, per lo affiduo combattimento’ del fare, che fenza ripofo percotendoli , piu I’ un giomo che 1 altro, gli vince « ‘Che penfi tu adunque, ch’ e” ti habbia a intervenice in quelti Iuoghi, dove tu ti farai deliberate ‘di contraltare , 0 di rimovere del rutto gli impeti delle cque, 0 il grandiffimo incarco delle ripe che rovinano? Il che poi che & cofi, che moi non ci mertiamo a far cofe, che non fi convenghino a punto alla natura delle cofe ; dipoi fi debbe avertire di non fi mettere a fire colt che nel farla fi habia a mancare a fe ftelfo, rimanendo ella imperferra. Chi non harebbe biafimaro Tarquin Re de Romani. fe gli ali Dii non haveflero porto favore alla grandezza della Citth, & fe nel crefcere dello imperio y no 3 DELLA ARCHITETTURA {Tero aumentate riechezze baflanti a tanta principiata magnificentiay che f fare tess rata, La fpela della futura opera, nel gitate i anneal fal vempios Ole che epi € da coniear & pon inf T ulti cle, aa fratsenfe quel che tu polfa, ma quello ancora che ti f convenga. To non lor Pe Redope’ di Tracia quella celebrata Merctrice » & memoria de faoi temp Ce ee teere fare un fepolcro di fpefa incredibile: Et fe bene ella com il fecetico guangno (ven procactiae necherze» rel, la Pe) no fa de ut di fepolero Regale, Ma per I’ oppofito, io non bisfimo git Artemia Sh Caria, pet haver fatto al {uo carfimo, & degnillimo Confore i Boffimo fepolcro. Ancora che io in quelle cofe, lodo certo la mo ratio biafimava Mecenate che egli impazzaffe nello. edificare « To eran Todo colui, il quale. fecondo che dice Cornelio Tacito, fece il fepolero ad Orone modeo, ‘ma da durare gran tempo. Et fe bene nelle. private m frviceren la mode, & nelle publiche 1x magnificent: Le publche a fono alcuna volta lodate per effere modelte come le private. Noi lodiamoy Gi maavigliamo del Teauo oi Pompeo. pet le egregia, grandessa, & 4 della opera. Edificio degno veramente di Pompeo, & di Roma Vittoriofa« Ja puztis dello edificare di Nerone, & la furia di recare 2 fine le opere fi furate, non @ lodata da ognuno. Oltra quefto chi non harebbe voluto che luis che con tante migtiata di huomini ford il Monte appreffo a Poezuolo, haveffe durata tanta fatica, & confamato tanta fpela, in qualche altcx open piu utile? Chi non biafimeri la prodigiofa pazzia di Eliogabalo ? egli havey Penico di piantze uns grandis Colonna. pee entro dela quale fi fife f= ra da cima, accid vi € pooelle fopra lo Dio Eliogabalo , Ordinato di ‘adorare. Ma non_havendo trovato Pietra fi grande , care infino in Tebaide, fi tolfe dalla imprefa. Debbefi agit queite cofe che e’ non fi debbe incominc The degna, & utile, ne pero. al tutto difficile al fat di, & le opportuni de tempi, che ella fia tale, che in breve debba man re» 0 per negligentia di chi Dievede,._a:per!tadio dellt habitassei tobi iI folfo., che haveva fatto Nerone navigabile dalle Cinqueremi, dallo A nfo ad Hoftia, fi per altre cagioni, i ancora perche a mantenerlo, p va che defideralle perpetua, & etema felicita dello Imperio, & de Principi di tal cofa continuamente ftudofifimi. Le quali cafe poi che cofi fono, fi debe haver confideratione a quelle che noi di fopra habbiamo raccontey cio’ che cofa fa quella, che ea voglia fire, in’ che Iuogo tu Ja wuoi fare,” & chit fia_che la faccia: & I’ ordinare il tutto fecondo il merito, & I” ufo della cofay ani certo cofa da huomo confiderato , & di buono configlo . Che confideraco dilicentrmente da ciafcwna delle parti de Modegliy taste 1? ordine del edificio; fi debbe chiedere fopra ‘f id configho, a gli ses inte vi, Ce fori, © inanzi che €° ff cominci a murare, non folamente fara f pore donde hanna da nftire i davari per la fpefa, ma bifigna molto iuanss baver proveduso saste le cofe neciffarie per dar fine ad wna tale opera. CAP. 11 ¢ IN Sieg kanes, elle cole» fi debe andare guardando I alte intornay fe ciafeuna & finita perfertamente , & 2 luoghi fuoi commodamente diftsi= buita. Ml che accioche ti riefea, & di bifogno che m ti prepari in modo eli nel rivedere qualunque di quefte’cofe tw ti perfuada di havere per cof bruttay fe tu non confeguiterai ie che tu puoi, che e'non fi poffa in neffuno ale 6 luogo rifguardare piu di voglia, maggiormente odare neffuna altra ope Tay f + LIBRO SECONDO. ae mm, che con fimile fp2fi, © con finile oppartunita fi fia polfuta condurre. Na Datta ia queite cole non eller {pregiato, cola conveniente, 1’ ellerne pri micramente Jodato, & di poi ancora effere imitato . Laonde ci bufogna eilece feveri, & piu che fi pad diligenti e(plicarori delle cofe. Et é da avertire, fi che €'non vi fi mefeoli cola alcuna , ch: non fia eccellente , & Jodata grandemente : fi ancora che turte le cole fcambievolmente infa loro concotrino con dignith, & geutia, fnfino a tanto, che tutto quello che tu vi volelfi aggiugnere , 0 mutare, © levare, vi tteile peggio ; & folle magyior mancameuto. Ma di quelle cofe jo te Io ridico di nuovo, & da capo, fa che e’ ne fia moderatrice la prudenza & il configlio di coloro, che di cid fono piu ammaettrati, che 1° habbino ad Approvare con alcuno retto, & fincero giudicio. Percioche da il fapere, & da gli otdini di coftoro, ti avert, 0 che tu farai cofe ottime, overo fimili alle Gttime; piu tole che dal tuo privato fenfo, & volonts. Finalmente Jo effer Jodato dalla voce di coloro che fanno, & invero cofa belliffima, & lodano fai, & par troppo appravano color, ‘che non mettono innanzi cole miglior La onde tu hat ancora queito pitcere, ch: enon far) neffuno di quel che fan= no» che non convenga teco.. Et gioveratti lo fare a udire ; perche talvolta ac- cade, che quei che non s* intendono di fimili cofe, ne dichino alcune, che i che fan, non fe ne fanno beffe: quando m harai ben guardto, & riveduro, & efaminato da tutte le parti del modello, 1a proportione dello’ edi- ficio, in modo che e' non vi fia rimato cofa alcuna in dietro in akcun luogo y che tu nom I"abbia confiderata, & notara, & che in rutto, & per tutto i fa- rai rifoluto di edificare in quella maniera, & che tu faprai, onde hanno da u- feire j danari per eager commodamente le fpefe; Apparechierai le altre cofe necellarie a mettere ad effetto effa opera; accioche nello edificare, non ti man- chi cofa alcuna che ti renga in dietro da finir I’ opera con preftezza . Percioche havendo tw bifogno di piu cofe a condur I’ opera, & conciofia che qual Wana che vi manchi ti polls impede, & fare diferuofs tara a mureglia, t fi afpetterd di non ti effer fatto beffe di cofa alcuna che effendovi ti giovi, o mancandovi ti nuoca. Gli Re de Giudei David, & Salamone, quando hebbero a fare il Tempio in Ierofolima havendo ragunaro gran copia di oro, di argen= 5) di Bronzn, di legni, di pierre, & ai fimiliccole ; acid non. vt mancale alcuna che conferiife al fare I’ opera facile, & preftamente, (fecondo che feriye Eufebio Pamphilo) mandarono a i Re vicini per parcechi migliaia di Macftri & di Architertori . Il che io grandemente lodo, percid che arreca certo ita all’ opera, & rende la gloria di chi I’ ha fatta maggiore ; perche quel~ Ia opera, che € farta con grande arte, & condotta preftiflimamente, & appreilo degli Scrittori celebrata. Racconta Curtio, che Alellandro Macedone appretfo al Tanai, in fare una Citth non piccola, ‘non confumd piu che ferte giomi: & Tofepho hiflorico dice che Nabucdonolor fece il Tempio a Belo. in quind giorni, & che il medefimo pute in quindici giomni cinfe Babilonia di tre circ ti di mura. Et che Tito fece un muro di poco manco che di cinque migliay & Semiramis proifo a Bibilonia fece per ogni di uno ottavo di miglio di gran- diffime mura; & che ella fece mura di venticinque miglia molto profonde, & molto in non piu che fete giori per riltringere il lago. Ma parleremo di quelto altra volta . + Che cafe fi babbine a provedere per I edifi © in the tempo, fecondo il parcre delli Antichi, fo debbino tagliare i Quasi Macftri fi betbino « eleggere y legnami « CAP, IV. E cofe, che fi hanno da apparecchiare fon onefte certamente , Calcine, Lee anami, Rene, Picte: ola quete Ferro, Bronz0, Piambo,, Veto, ¥ fi z DELLA ARCHITETTURA ili judico che €* fia da cleggere Maeltri, che fappitio, che non ae ee fe inconftanti; a. quali eu habbi a dare in commettone & 4 ie> comandare che i fico fubico if bene difegnato edificio, & che Ia « chic ho dandoli perfettione con preftezza. Et nello approvare tutte quelle cofe y Siovers argomentare, & conieturare dalle altre opere piu vicine che fono, overt argomee le quali, avertito, «i deliberert di cid che tu fnbbi a fi hel cafo tuo. Percioche notando tu in quelli, le lodi, & i diferti, fare che nell’ opera tua vi poffino accadere cofe fimili. Netone Imper wendo difegnato di dedicare in Roma una ‘tarua grandiffima in nore Sole di felfanta braccia, mediante la quale egli Sper la magnificentia delli fuoi piflati, fecondo che ferive Plinio, allogalfe tal opera a Zenodoro in quei, tempi celebraroy & Vedere quinto ei valeffe, & fipeffe, in fare tali opere, i di Francia fare fatro un oa di pelo miele fie cole palliamo alle alte. Noi veramente nel trattare € Sats alle apere delli edificil, ridiremo quellé cofe , che ci hanno infegn roll’ piu dori antichi , & maffimo Teofrato, Ariftotile, Carone Plinio, & Virgilio; pereioche per una lunga offervatione, molto piu che pet alcune arti d' ingegno , fi conofcono, accioch’ elle fi piglino da coloro, on fomma diligentia hanno offervae . Seguiteremo alunque raccogliendo q Te cofe, le quali gli approvatiffimi antichi in piu & varii ae rattarono , agziugnetemoci ancora , 6 come ? il nofro folito, quelle che. dalle oper noiity maggiori, & alli avertimenti delli huomini efercitariffimi ‘ tite, fe alcune ce ne faranno, le quali in parte alcuna conferifeano alle €0- fe, che dire fi debbono. Ex io certo credo che e’ fi fara molto bene, fe guendo effa natura delle cofe, comincieremo da quelle iteffe cofe, Je quali fu Fono primieramente ufurpaceli da gli huomini, per fervirfene a arte d Jo edifcare; che Furono,, fe noi non ci inganmiamo, gli Arbor § i Legnami delle Selve; ancor che apprello de gli autori io truvo foprt di ed fono di varit pareri. Alcuni dicono. che gli huomini de prine habitarono nelle fpelonche, & che effi, & i beftiami loro furono difefi tuna medefima copertura, & per cid credono quel che dice Plinio, che Tralfio folle il primo, che ad imitatione della natura, fi faceife uno edi di loto. Diodoro dice che Vella figtiuola di Saturno, fix Ia prima, che vd le cafe da habitare. Eufebio Pamphilo eccellente inveltigarore delle tiche , da reltimonii de pailati, dice che i Nipoti di Protogene, furono i mi che penfarono di far le cafe a gli huomint, le quali fi teifelfero di di canne, & di giunchi, Ma torniamo noi al noftro, to. Gli antic adunque, & prima Teofratto, dice che gl Arbori fi debbono tagliare » | maffimo fo Abeto, la Picea, & il Pino, fubito che eglino han cominciato | mandar fuori, & fpuntare certe vermene; accioche per la fopra abbondant dello humore tu polli levarne piu facilmente la {corza. Ma che ¢' fono ale Alberi, come lo Acero, lo Olmo, il Fraffino , il Tigli ee la Vendemmia, firanno piu commodi: & fe le Roveri rae ‘State, pial cono che fi intarlano; ma fe Gi tagliano di Verno, non pigliano differto no, né fi aprono. Et facia a noilto propofito, che eglino avertirono Legnami, che fi tagliavano nello Inverno, menire tirava ‘Tramontana Ancol che fatleto verdi, ardevano beniffimo, & quafi’ fenza fumo; la qual colt manifelto inditio, che ¢'fon fugofi di humore non crudo, ma digelto. A’ teuvio piacque che i legnami fi raglialfero del principio dello Autunno y @ tanto che non cominciava a tirare Zeffiro . Et Efiodo dice che quando il Te con. maggiore impeto pende fopra del capo noftro, & gli huomini diventang i colore piv bronzinoy che allora facia la ricolt; ma quando « gli ADS cafeano le foglie allora fi tagliano i Legnami. Catone’ modera tutta [a ia LIBRO SECONDO: ss fia, moda “wiele che le Roveri fi tplito quando fara il. Solfiitio, perd che Pinvermo 8 fempre fuori di tempo: ‘git altri Legnamiche hanno. ferme y ra- glinfi quando ei far maturo; quelli che non hanno. feme, quando ti pare. ‘Quelli che lo hanno maturo, & verde a un tratto , taglinfi quando ei cafca, ma Ji Olmi quando i cafcano Je foglie. Et dicono ch’ egli importa grandemente &/ chess Galioo; percioche e”penfino-rani, a mafimp Vartone, che uel fe con il ferro i lunari_poffino tanto, che coloro ancora che ne doventino calvi. Et per quelto i i giorni da tagliarfe i capelli. Gli dicono che tu harai fempre lo animo malinconico, fe tu ti tugli Ii effendo 1a Luna oppreffata , 0 mal conditionata. Quelto ficcia a fio che ¢’ dicono che |e cofe che hanno a effere mobili per 1’ ufo noltro, do- liste, & fabricate quando Ja Luna @ nella Libra, o vero nel Yeriano effer tag Granchio; Ex quelle che hanno a flare falde , © vero immobili, fi debbon co- minciare, & trattare, quando Ja Luna @ in Leone, o in Toro, & fimili. Ma che i Legeami Gi debbino tagliare a Luna fcema, tutti i favi ce’ne avertifcon ereoche i vengonoiper ferma,. che allo, a molto rifecca quella flemm: »,che & pronti ad empierli di prefta putrefattione , & tagliati a que- | & certo che non fono moleftati dallo intarlare. Di qui & che tu piena, le biade che tu vuoi vendere ; percioche allora uelle che tu vuoi ferbare, mietile a Luna fcema. Fgli & ee Arbor , es Lana fer» non fi cor i ri fien buoni quei gior a renee dhe Pogeechi Ve tio piace che Bo yoniin dh. Be di oul peo, ce mabe Ia offervanza a la eternich, celebrano folamente queili giomi; percio~ che tglat in queti giomi » durino, gana, tempo “Axgungono che ¢ fi debbe olfervare Ja Luna che vadia foto. Ma Plinio penfa eS taglia~ ‘xe gli Alberi quando 1a Canicula nafce, & che la Luna ¢ congiunta con il So- Tc; il ka ae chiama Interlunio ; & dice che egli ¢ bene afpettar 1a not- te del’ yeno, fino a tanto che Ja Luna fix forro terra. Gli Aflrologi Giccha che lnrmagione Qf quets. cals & che pee vigore della Luns lo humore di Sa es re oe eee © lafeiato lo humore inverfo la Lu- maa fe radici., il re i rimane piu purgato. Aggiugni a que- fo, che © penfno che eno per eee malo Te mls came Biset ‘teranno coli di fubito in terra: Ma fe fi andranno intaccando a toro a tor- mo talmente, che reftandofi in ful ceppo fi fecchino. Et dicono che {¢ lo Abeta (non perd al tutto. fermiflimo contro. alla contagione dell’ humore) fi Luna {cema, gli aviene che mai fi corrompe per le Acque._ Sono al- fe la Rovere, & la Quercia, Legnami graviffimi, che lo, di primavera fi intaccherann« dopo che le haranno perdute le foglie, ta giorni noteranno fopra le acque. Ale fiacati tnt lor eepply ft imacchino intorao } accioche diftillandofi la marcia, & il cattivo fugo, z 1 i ij i i 4 i =E ie gk 3 f 4 fe ne efea ‘a quello, che gli Alberi che tu hai a fe re, oO ii mandi a terra, infino a tanto. non habbino fara Toro frutti femi; gli Alberi cofi tagliari, & maffime 7 i che fanno frutti, ne ammonifeono che fi debbino mondare, perche facile mente, mentte flanno coperti dalla {corza,, fi guaftano forto la buccia. LINRO SECONDO: *s Quali Legvami frre pin comedi alle fabbriche aelli etificit , tat Rae MacmeL toy tite tie me hema Will elifcin ciafeesa fa pom atte CAP. Vi "Tipe fone iLegnami non fiano ben fecchi da farne Affe, & maf: > ipnanzi a tre anni. Alle opere de gli edificii eftimaron queti Alber commodifimi: 11 Gerro, la Querciay Is Rovere, a lebiay TAT- bero, il Tiglio, il Salicone, ! Ontano, il Fraffino, 1 Pino, 1’ Arcipreffo , Y! Ulivo: falvaticoy & modeftico , il Cattagno, il Larice, il Bolfolo, & il Ce- dito, & P Ebano ancora, & altresi la Vite. Ma tutti quefti hanno varia natu ee erate Ge Béiocts loins (enn. pia. ds agit altri migliori a flare allo feoperto; alcuni_ fi mantengono piu al coperto; fantio belli dell’ aria; altri diventan fempre piu duri nelle acque; & forterrati fon eterni; & Pete alcuni fon buoni per tavole fortili, & per altri per correnti, & ravi: alta a i fon piu faldi: & 1’ Ontano per palafitte da atti per fondamenti in fiumi, 0 in pantani, fopravanza ogni altro Albero, & fopporta piticntemente |’ humore, & il medelimo all’ Aria, o al Sole non dura. Per Ioppofito. Ia Uehia impatientiffima dell’ humore. L’ Olmo all’ A~ ria, & allo: fcoperto fi ralfods turavia; altrove, fi apre & non dura. La Pir il Pino, fe fi fotrerrano, fono eterni-Ma la Rovere pet cilere {pel nervola, & ferratay&“pienardi piccioliffimi fori, che non ricevono @ qual tu ti voglia forterraneo edificio, & commoda a imi pei; & quali colonna validiilima. Ma havendo 1a natura a durezza, ch’ ella non fi polla forare , fe non bagnata;. Afferma- no nientedimanco, che fopra terra, ella ¢ inconitante, & diventa ritrofa, & G Ja medefima facilmente fi corrompe dalle acque del Mare. I che ivo, né al Leccioy né allo Ulivo {alvatico, che nelle alice. cofe con wengono con la Rovere, non accade, che nelle acque fi macerino. La Quer- i ieee ish pen wecehisia, perce lla 8 di dentro fugofa, & qual come fe ella fulle verde. 11 Faggio medelimamente, & il Caltagno non fi cor- sompono dalle acque, & annoveranli in fra gli primi Alberi, che fi lower zano. It Sugero ancora, a fervire per colonne, & il Pino falvatico, & il Moro, & I"Acero, & I'Olmo, non fono difutili. Teofraito penfa che il No- ce di Negroponte, fia alle Travate, & a correntami utile, percioche avanti ch’egli fi rompa, ne fa fegno con il fuono, & che perd gia nel bagno di ‘Andro avenne, che tutti coloro, che vi fi trovaronoy fuggirono a falvamen- to, dalla: fopravenente rovina de titi. Ma I’ Abera & piu di tutti gli altri migliore: Percioche elfendo «ffo, & per grndezaa, & per groflezza infra pint Alber’, da un fio naturale rigore corscmuro , mon fi piegt cof facilmen- te foro i pei, che gli fin fopra, ma ith diriteo, & fenza lafeiarli vincere « Aguiugni ch’ egli @ agevole, & con il fuo pelo, non & poi moletto fopra le run 4 auc Mt attibuion.grandifime lodi, & dicono , che prea dk Hl i 3 : indiffime tilitadi; nientedimanco, non niegano ch’ egli ha uno. difetto che facilmente & forropollo allo andere, & olfefo grandemente da i fuochi. A quelto non fi pofpone nel fare i palchi delli edificit 1’ Arciprello , Albero Perceno Gi fom, che fafa It nolke primi Alben , G ufurpa la procipale & recpus lode. Gli antichi 1 annoverano infra gli eccellentifims Alber, ne ulti= ‘mo da il Gedro, & dail’ Ebano. In India I Arcipreffo & annoverato infra le Drogheric, & certo meritamente ; lodi pur chi vuole la Thuia Ammonia, o Girenaica, 1x quale Teofratto dice che ® eterna: Percioche o vogli tu in quan- to all’ odore, o alla bellezza, o alla fosezat, 0 alla grandeetsy © alla : 2 36 DELLA ARCHITETTURA yo all’ etemnied, 0-2 tutte quefté lodis quale Albore mettersi tu a par. etl eter tno afirmano che ('Arcirelfo non. patie di ari, ne ‘Wi vecchiezea, nd mai da er fe fi fende. Né & maravigha fe quello Platone voleva che’le legui, & Ti fatuti publici, i deferivetling in Sblelle facre 4” Arcipreilo; perche e° penfava che elleno: doveltero elfere durabili, che di ame. Quefto luogo ne avertifce ch’io racconti quel che io ficordo ‘dt haver letto, & veduto di ello Arciprello.. Affermano che in Je porte del Tempio di Diana, eifendo ai speees durarono quattro ni; & che mantennero’ la bellezza talmente: Spares del continuo To in Roma nella Chiefa di San Pietro, ho veduto,nel rallettar Je Po fece Papa Eugenio , che dove le mani de gli inimici non li hayevano fat giuria per fpogliarle de I’ argento, del quale erano coperte, che elle fi Mantenuce falde,, & intere piu di cinquecento anni; percioche fe-noi an annoverando bene gli annali de’ Pontefici di Roma, tanti ne futono po di Adriano Papa Terzo, che le fece, infino ad» Eugenio Quarto. fanto nel fare Je impsleature lodano I’ Abeto, & antepongongli I’ Atcip er queta fola fore eagione, che eli @ plu tema; ma.¢ piu grave che To. Lodano il Pino , & 11 Picea: penfano che il Pino ‘fa della medefima che lo Abero, quanto allo sforzarfi contro. al pelo poltogli fopra: Ma infra I" to, & il Pino ci fono si altee differentie, si ancora queitn Bi io ho. veduro, 2 offe da tall, pertioche il Ping & di plu dolce fuga che che il Larice non’ fia da pofporre ad alcuno Arborey } o i ha recti peli di edificii fermiffimamente, & lunghiilimamente foftentati altrove , s1 in Venetia ancora in una antichiflima opera del Mercato: no per certo, che e* preiti di fe turre le unilitadi, come gli altri A\ nervolo, mantien le forze , fermiffimo contro Je tempelte, offefo da ta Ee e openione antica,, che conteo le ingiurie de fuochi, duri invitto, | fenza alcuna lefione: che piu? che €’ comandano che da quel lato, dubiti che il fuoco non venga a nuocerti, tu vi contraponga: Alle Ma io Iho vito accefo ardere, ma talmente perd, che ¢” ee "eg Je fiamme, & ch’e’ le voglia feacciar via. EY vero: che egli ha un‘ che pér le acque marine diventa ficile allo intarlarli. Alle travi dicono difutile 12 Rovere, & Jo Ulivo, per eller gravi, & che fi piegano forro: fo, & quali da per loro fi'torcono, oltre che quelli Alberi , ehe fono i allo fpezzarli, che al fender, fono per uavi, difuriliz come @ I Ulivo, il Fico, & il Tiglo, & if Salicone, & fimili. EY cola maravigliofa quel e*dicono della Palma, che ella sforen contro al peloy che elle he dolla, & fi picga all’ infufo,. Per le trayate, che hanno a ftar allo to, & per tutte Je coperture lodano grandemente il Ginepro; & nio dice che egli ha Ja medefima natura the il Cedro, mace piu Dicono ancora ‘che lo Ulivo dura eternamente, & infra i primi annovel il Boffolo: N@ ricufano per quelto i Caltagni, ancor che fi fendino, & aj no; per le opere che s' hanno da fare allo [eoperto. Lodano fopra Ulivo filvatico per la medefima cagione che lo Arcipreffo, che ei non Ja mai: nel qual numero fono tutti ji Alberiy che hanno infuft dentco fi untuofi, & gommofi, & miallimo fe fono amari. Nelli Alberi di quelta for fe non entrano Vermi, & & manifeito che ¢’ non accettano gli humors che di fuori li veniffero. Contrarii a quefti penfano, che fino cutti i legni che hanno fughi di dolce fapore, & che ardono facilmente ; ma ne eocertuand Bet Io Ulive dolce, & il fulvatico.. Dice Vitruvio che il Certo ya il F fon pet natura deboli contro le Tempeite, & che non inveechiano + dice che la Quercia. infracida preflo. Ma lo Abeto, & quello. maifimos mafce nelle Alpi 4’ Italia, per le altre opere di dentro nelle cafe, come P Pouc, per Leiti, per Tavole, per Panche, & per fimili cole, tim pee Ee LIBRO SECONDO, quefto Albero 2 di fax natura molto feceo, §& tenace delle |. lo Arciprelfo_ fono molto buoni a fimili ‘col. I & fragile, ma per calle, & lettay & utile; & i il Leccio ancora fi feza commodiffimamente . Pe oli i anes Jo ‘Olmo, & il Fraflino, perche fi fendono facilmente, & fi no adagio, fi fendono pur agevolmente; & affermano che il Fraflino in ogni opera 8 obedientiffimo. Ma io mi maraviglio che apprcilo de gli Anticht, non fla tcoppo celebraro il Noce. Conciofia che, fi come ft pad vedere, ef alla maggior parte de lavori, & per far alle molto tratabile, & buono. Lodano il Moro, sl perche dura gran'temipo, st perche pet la ancichiti diventa in procelfo di tempo pit nero, & piu bello” Teofralio icconta che i Ricchi ufavano fare le porte di Loto , di Leccio, & di Boffolo. Lo ‘Olmo perche egli riferba faldiflima Ja fua durezza, dicono che & buono per fare Ripiti da Ufei; ma bifogna voltarlo capo ede» che Ia tadice fia di ‘pra. dice che le Manovelle fi taccino di Agrifoglio, di Alloro, & di Olmo; lodano il Corniolo per fare Cavicchiuoli: ufwano gli feaglioni delle foale, di Omiello , 0 di Acero. Scavavano il Pino, la Picea, & lo Olmo per He dl acque; ma dicono che fe non fi fotterrano, invecchiano prefif- mamente. Finalmente dicono che hanno trovato il Larice , (la femina dico che & di color fimile al Mele) nelli adornamenti delli edificii, & per Tavole ee effere immortle ; & che non fi fende mai di fello alcuno; Oltca ee ie colle Te vene fue lunghe, ma corte, fe ne fervivano a fa- re ini de gli Dei, & oltra a quello whavano il Loto, il Boifolo, i x lo Arciprelfo ancoray & le piu Cie radici de gli Uli ee i » & il Pele 0 di Egitto, che dicono che é fimile a Loto. Se havevano bifogno di fare @ Tomio cofi alcuna Junga, & tondi; ufivano il Fagsio, il Moro, I Al- bero che fala Trementina, & fopra tutti gli altri il tereatiifimo Boiolo, & che eccellentemente fi tornia; & per cofe forcliflime, ufivano I’ Ebano. Ne Gifpregiavano per far flarue, o pitture I’ Albero, il Guttice, il Silicone, i Gieerters duSonbucg, 8 il Fico. 1 gual Alles” pane (ono te i icciti & ugualicd a pigliare, & a mantenere le colle, & i |i neamenti de dipintori , parte ancora ad elprinere le forme fond agevoli , & fa cili oltre modo. Ma & chiaro che il Tiglio & piu teattubile che alcuni di que- fi. Sono alcuni, che per fare itatue falas il Giaggolo.. Contrars. x que @ la Rovere; conciolia che né feco fella, né con altri legni fimili , mai accompagnare , & difpregia al tutto. le colle: il medelimo difetea che hanno tutti gli Alberi, che fono lactimoh & crefpi, civ’ che Kacciano i¢ di colla. I Legni che fi radono facilmente, & che fono (errati , ancora che fono di natura i= » come la Ellera, lo Alloro, & il Tiglio, ch: fon caldi; con quelli, che nafeono ne Iuoghi humidi, che fon tutti di natura freddi ; incollati infieme hon reggono molto. Lo Olmo & il Fraffino, & il Ciriegio, perche fon fec~ chi, non conyengano con il Platano, & con lo Onrano, che fano di natura humidis & ff gli Antichi di non incollare inlieme quelli Alberi che non fi confacevano di natura, & erano contrarii ; nd folamente di non gli in- pert oars ma vietarono. fe venenatis accoftati aes fe et avertifee Vitruvio che e' non 1 congiugnere 1 Alle del chia con quelle della Quercia’ Dd 38 DELLA ARCHITETTURA (Dull Alber geet fate areas Te CaP. VIK ‘A per parlare di tutti (in quefto Iuogo) fommariamente: IM tole che al Alben» che non io Fac fermi, che quelli, che fanno frutto: & che ichi_ non cu © da ferro ea piu duri che i dimeftichi ; & Teofrafto dice hon cafcand mai in infermith che li faccia feceare. I dimeltichi & finno frutto, fon forropofti a graviflime infermitadi; & infra quel frutto , quelli che lo fan piw peste, che quelli che lo & i dolei fon piv deboli, che ¢ fortis & infra lia che fiano piu fodi quelli che fanno piu di rado, & Hi che fanno frutto de duoi anni I'uno, & quelli hanno piu nodi che quelli che fanno frutto ogni anni ciafeuno piu corto, ranto & piu difficile; & gli fterili till. Er di pia dicono che quelli che erefeeranno allo da alcun monte , 0 felva ; ma agitati da fpelfi venti» & fermi, & piu groffi, ma piu corti, & plu nodofi che quelli che due valli, 0 in luogo ficuro da i venti. Penfino ancora che gli Juoghi humidi, & ombrofi, fieno piu. teneri, che gi exelent i y i, & pi afcut!: Ex che quell), che mafano a if vento tr fano ‘piu atti, che quelli, che nafeona. verlo. Oliro. Bt gettano ature pli Albert: the wafeono' in luoght coneeart atic tat che nafcono di verfo mezo di, fon molto duri, ma fi nt fon diritti, o uguali a mewerli in opera. Oltra di queltc aridi per loro natura, & tardi al creftere , fon piu ford che” no ari, & che cre(cono preflo: & Varrone fi penfava che fino natura di mafchio, & alti di femina: Et che i legni manco ferrati, & piu trattabili che gli altri, dove fia qual fi a Tore; & fono ‘certo tutti iLegnami gravi piu ferrati, & piu duri che i & quanto uno 2 piu leggieri, tanto & piu fragile; & quanto fono, fantefono piu for. Ee quelli cul ta saa Bk dato che vivino ping: dato ancora che tagliati, fi corrompino piu tardi. ‘Legno ancora 4 arco 1 a midds, cnty © ai plu geglnites & te ti, che fono’ piu vicine alle midolle, fen eaten pla dare eteile a ferate» quelle che fono piu vicin alla feoraa, fono di pin grglisnto. rcioche e'fi tiene che ne gli Alberi fi come ne gli animali, la feores fi cotenna quello che & forto 1s featza, fala carte; € quel che 24 alle midolle, fi tiene per le off: & Ariflotile penfava che 1 nodi n fullero in cambio di niervi. Di ture le parti del Legno, tengono fia, I humor che lo nutrifee, fi per altre cagioni, ft per ellere: polo a tarll. Aggiugul a quelle cole che quella parte Cotendo edi riti) voles a meen glares {aH pi & eltenuata: Ma niente di manco. pit = reno & alle radici, faranno piu gravi, che tutte Ie altce; & che malagevolmente noteranno nelle acque, & Ja parte del mezo’ gus, Albero» fark le piu cepa. Et le vene fieno come fi voglino faranno inverlo Je radici , tanto pia faranno avvolte, & piegate; t da_ ball niente di manco fi penta che fieno piu it Yaltre. Ma io truvo fcritte dalli ottimi feritori, aleune cole mol gliofe: Percioche ¢’dicono che Ia Vite fupera la etemith de fecoli. Cofare in Popolonia (vicinaa Piombino) fi vedeva una ftarua di Gioves LIBRO SECONDO x ai Vite, eller mantenuta per infiniti d’ anni, incorrottas & tutti dicono che ‘enon alcuno piu etcmo. In Arriana, Regione della India, fon Viti tanto groffe , ae he. aceon Seabone, che, duoi huomini abbracciena no a gran pena + In Urica dicono elfer_durata una coperta di Cedro anni Bile tuccara fetantaotto. In Wpagna nel Tempio. di Diana, dicona ef feevi durate Travi di, Ginepro., da ducento anni innanzi lo eccidio di Troia per infina a tempi di Anmibale. Ma il Cedro ha certo natura maravigliofa, fe come dicono, ¢'non ticne i chiodi. Ne Monti preflo al lago di Garda @ una forte di Abeti che fe tu ne farai vafi, non terranno il Vino, fe tu non gli ugni Ptima con Olio. Hor bafti infine a'qui delli Alberi. Delle Fictre univerfalmente ; quando fi debbino cavare , & quando mertere in opera y quali frno pin facili, G quali pin dure, o mighori, 0 pin durabili. CAP, VILL, Hes ancora a ordinate le Piswe che hanno a fervite per le Mure Quelte faranno di due forti. Alcune ferviranno per ordinare, & fare le i ificio, & lle tratteremo prima, ma si e an leno fon col ata ‘aferema af rare, quelle cofe naturali, che de principii, & de gli ongini delle Pere fi dicono. Ee (e quei princi’ vileoh pee la com? miftione Acqua, & della Terra ; prima in. Sango. ipoi in Pietra fi indu- 3 © quel che fi dice delle Gemme, fe le fi fieno ralfodace, & crefciue il calore, o forza, o raggio del Sole, 0 perche e* fian nella Terra pia come delle altre’cofe , certi femi naturali delle Pictre. Ex fe nelle Fie- i colori da un determinato mefeolamento di liquida acqua. con minutifimi corpi di Terra; pure da una certa connaturale forza del fuo io feme, o da una impreffione ricevura da raggi del Sole, Et percid cutte Roette cofi fatte cofe, ancor che facelfero forfe a propofito , per adornate il far- t0 noftro, io pure le lafcierd in dietro. Et feguiterd div parlare de modi del- jo edificare , come che infra Artefici approvati per lo ufo, & per la ar- te; tarcandone piu liberamente, & piu fcioltamente, che non. ricercherebbe- ro forfe efarrifimamente filofofitfera. Carone dice che le Pietre fi cavino di State, & fi ino alla {Coperto, & non fi mettino in paflati i duoi anni: di State, accioche le Pietre non avezze, fi poco a Venti, a diacci, & alle pioggic, & alle altre ingiurie de Percioche (¢ le Pietre fubito cavate della cava, pregne del nativo fago, yf 10 a Venti crudi, & a fubiti diacci, fi fendono, & fi rie TTenghinf allo feoperto 5 accioche eG vegga la Bont’ di cafcuna Pie- ial be fare coma alle cole che la malefano; 4 queto mo- endo efperienza i quanto elleno fieno per durare, {¢ ne fac- Nes Gometioa, fo orem & nom dopa duot aanl; acc’ che quel- Joro natura fono frali, & che arrecherebbero difetto nell’ opera, aids 4 i £ Z 2. 3 3 5 aes Ap i ae u a cl 0 g fe i fieno afeofe; & accid che tu le fepari dalle miglioti: Percioche infra tutte Je fori delle Bietre, & certo che fe ne trovano alcune, che infra loro fon varie: In modo che alcune alla aria diventano dure, & alcune bagnate dalle brinate contraggono certa ruggine, & ff disfinno, & Gili. Ma quali quelte fiano, feconda la varies, A la natura de luoghi, dll! ulo, 8 dalla eiperen- za, & conoftono benifma, & in modo, che tu potral piu tofto imparare me- glio il valores & la viera i ciafeuna Pietra, alli antichi edifici; che dallt & ricordi de Filotof. Niente dimeno di tutte le fort delle Pietre, per parlarne fommariamente, fiane lecito deliberarne in quelto modo ; ogni Pie~ Ha bianca @ piu teners che Ia roffgna: la taniparene, @ piu eaabile che r - DELLA ARCHITETTURA 12 & quanto piu le Pictre imiteranno il fale , tanto manco faranno Fal pes Ge e vi fapea eva, che i Tai. rs alae anno. mefeolate ‘Grale'¢ le gua che di oro, fark difobidiente ; fe vi faranno. ime dire punti neti, non fe ne potrd havere; quella che fart rmacchints Giole accanconate , [ar piu falda che quella ‘che le hash tonde; & quam gocciole firanno minori, tanro firk piu dura, & hark colore piu giro, opin limpido , tanto fark pin eterna; & quella Pietra, che hark ‘m gan? SB" iu niet, & quanto le vene Granno| plu fmil a vin della Pietra, fark piu uguale per tutto. Er quanto hari le vene piu tanto fark piu bella & quanto irk di vene pi aworte, & piu i tanto fark piu auf & quanto fark Stee nodofa, tanto pie a vene y gees piu atta a fende ha nel fuo mezo una Ii rofficcia, 0. di Ocria, atta + Vicina a quefta quella che fart miata hora di color bianco, Ne tutto: piu di tutte If altre cile quel uno to FPrene dimoftanoy che. le Piete fono incon! 3 eae a & quanto farenoo ‘piu dite, ante pls fieno infedeli: nel dies Te amo pia forill; ke piu pull tagli vi verranni, Rte eae ‘quella Pietra, ‘che nel romperla hard la fcorza manco ie le tile, che quella, che I'hart (cabrofa; Ma le Fees. feal anno pu candle, tanto rama, minep Tunque Pietra neta quanto piu hark le fue feabro! a Bede al taglio del ferro. Tutte te Pistee sgnobill fe, tanto faranno piu Te & Ja Pee che bagnara a salogs ta ano piu 8 & ogn Pera 4 pee falda; & piglia meglio sainrea, che : i Hee cde dutanc’ piu Guihverne eRe gets quale ae ano. meglio , fon Bu ferate che le forde, & quella Fregara fortemente pe piu di zolfo, i piu forte, che quella {ape punto; & finalmente quanto plu faranno refitenti allo. earpello, faranno per cid piu conftanti, & pix rigide, contro Je ingiurie delle Dicono, che quelle Pietce, che {@ mantetgono in maggiori pezzi delle cave, fon cantro le Tempefte piu ferme che le altre; ogni cora 2 piu tenera, quando ella fi cava della Cava, ae guna pa flata allo {coperto , & bogeata da humore, © molle da acqua, & dal ferro che quando @ afciurta, & ciafcuna Pietra di quanto piu h go della fua cava fark cavata, tanto fark poi rafciutta pio ferrara : & tae le Pictre fi lavorino piu facilmente tiranda Oftro, che quando fol montano,, & quando tira Tramontano, fi fendono piv) facilmente che i Oliro- Na fe ed pacers far Ja pruova del come Hebbing eee I ave {cit le Piette, te n¢ avedrai di quelto: Se quella, che ty acqua, crefcerd di affai pefo ; ella fi rifolver\ per lo huni. ne ul "i occa “dal ftoco, & ‘dalle Aamme f distrh non reggert caldi. N@ penfo’ che in quefto luogo fix, da la(eiare in Sire dows gne di memoria, le quili raccontano gif Antichi di aleune Piee. Che gli Antichi ci anno lafciate alewne cofe delle Vietre degue di memati » CAP. IX. ‘ ‘On fara veramente fuor di ito , intendere habbit foto ai vases, & el macvigia; sedoche cain ek eat nicntemente accommodare all ufo fuo . Intorno a Campi di Be oe toue, dicouo che 2 una Pietra avcommodatifime a tutte le forti de gl an , LIBRO SECONDO. at alla quale né fuoco, né ingiuria alcuna di tempi non nuoce mai, & che que- ft & contro le tempeite al tutto etema, & incorruttibile, & manticne piu che alcuna altra i lincamenti delle ftatue. Scrive Tacito, che quando Ne- sone raffettava Ja Citth guafta dalld arfione , che egli fi fervi delle Pietre da Al- bano & da Gabinio, per travi; percioche quefta Pietra mon cede al fuoco. Nel Genovefey & nel Venetiano, & ncl Ducato di Spuleto, & nella Marca Anconitans , & appreffo la Borgogné fi truoes una Piers Blanct a quale, fi pud facilmente fegare con una fega a denti, & piallare ancora; & fe non che ella per alzro ® di marura debole, & frale, farebbe nelle opere di oguno ulcira fuori; ma dalle brinate, da piuacso dale fpruzzaghie, f rompe , & non @ gagliarda contro i Venti di La Iitria i una Pietra ‘che fi aflomi- glia affti al Marmo, ma toca da vapori, o da fiamme fubito fi fpacca, & fe he vi in peazi; il che dicono che medefimamente aviene a ogni pictra forte, & mualfimo alle Selici bianche, & alle nere: che non pollono fopportare punto il fuoco. In campagna di Roma & una Pietra fimile alla cenere nericcia y nel- Iu quale pare che fieno mefcolati, & pofti carboni ; !2 quale ¢ tanto leggicri , che tu non te lo penferefti mai, & & facile a lavorarla con il ferro, & falda al tutto, & da durare, & contro a fuochi, & contro alle Tempelte non debole; ma ® in modo arida, & fitibonda, che fubico abbrucia , & inghiorti- Je humiditati delle calcine, & lafcia le calcine abbrucciate , & vane, non altrimenti che polveri: Laonde apertefi le congiunture, I’ opera prello pela , & inoltre rovins. Ma le pictre ronde, & maffimo quelle de’ fumi fon di con- aria natura a quella; percioche fon “fempre humidiccie, né s’ accoftano mai alle calcine, che cofi ® quella ch’ eglino han: trovatoy che i Marmi nelle ca- ve di Marmo crefeono. In quefti noitri tempi fi fon trovati in Roma minutami di Pierre trevertine Spugnofe, ellere crefciuti, & diventati un pezzo folo, me- diane if nutrimento per dite co) dato dal tempo » & dal terena Tu vee drat al Iago di pit di Luco da quel lato donde cade I’ acqua dallo fcofcefo preci= pitio nel fume della Nera, che il labbro fopra della rips & crefciuto di gior- ho in gioro, in modo che alcuni hanno ftimato., che mediante quelto ingrof- fare, & crefeere della Pletra, quella valle riferraafigli la bocca, fia divenata ago’. Sotto la Bafilicata non difcolto dal Fiume Silari, da quella parte, dove icano’ dalle alte ripe le Acque inverfo Oriente, fi vede ogni giorno crefcere grandiiml presi i congelate , & pendenti Pietre, in tanta grandezza, che qual %, Vuna pela pa carratre. Quefta Pietra frefea & molle del materno fago, @ molto tencra, ma quando ella fi rafciuga, diventa duriffima, & ac- commodatiffima a tutti i bifogni. Yo ho yeduro accadere il fimile di alcuni A- quidotti, 7 fianchi delle forme de quali havendo contratta una certa gomma , Paiono incrollai di Pietra» In, Romagna fi poffono vedere in quelti rempi due Sole sertsmente molto degne di, memoria: tm quel d' Imola 2 una ripa dun Torrente molto alta, nella quale ogni giorno hor qui, hor 1 in ped hh efeono fuori, molt; & granti {lh tondi, general nelle intime vileere della ‘Terra. Ne Campi di Faenza in fu la ripa della corrente Lamona, vi fono molte lunghe pietre, & ii per lor natura, che ogni giorno gertano fuora non poca quantiti di fale, & fi penfa che con fpanio di tempo diventi Pietra. In quel di Firenze inTofeana apprello al Fiume delle Chiane & una Poffelione nel- Ya quile i dari fall, che in quantita vi fieno fopra {parfi, ogni fette anni fe Hfalvona i salle. ‘Plinio racconta che apprefo « Spiga, & informa 2 Callan Aree fe zolle di terra A converono in fill, In quel di Pozzuolo Gi gene- fauna pe mefcolata. con I’acqua del Mare, indurifce, & diventa Pietra. In tutto il lito dx Oropo infino. in Aulide cid che & bagnaro dat Mare indutifce , & diventa Pietra, Et Diodoro ferive che in Arabia le zolle (cavata Ia terra) hanno odori fuavi & che colate con il fuoco come i Metalli convertono in Pictre. Et aggiugne dipoi che quefte medefime Piewe fon Oe FE che 4 } | a DELLA ARCHITETTURA ee i loro cade acqua piovana, fe gli illiquidifcono te che. sls 08 aici dk Gar bere CAUG fs AMO aT Scope, tur it ngiugne per Je fue ene aite al fenderfi: fe in piers ‘errano corpi molti, fi confumang tutti, eecetto perd che i dent, ime Se aaa Gori & quel che ti fark piu mnaravigline, @che | taleati| nanal a Sime levaltre cole, che con i corpi vi fi mettono, fi converona fiers» Contiaria a quefta & la pictra Chermite, nella quale fu fepolto Dari perche conferva 1 corpi interi gran tempo. Ma di loro fia detto a baftapza. if de Mattoni, & in che re babbive a fare: cbe ee ee een Rene ee ei wa de Gngoli @ Dreeente de lave: terra CAP. X Gli & certamente manifelto che gli Antichi in cambio di Pietre E nokta volentieri i mattoni. Io certo ctedo che da prima gli huomini {ero {pint ad uferpare in cambio di Pietre il fire? maroni per li edificit mediante 1a careltia, & la neceffita delle cofe; ma veduto poi, quanto q forte di muraglia fia facile alle opere, commoda all’ ufo, arta alla bellezza, collante, & ferma alla eternick, {éguitarono di fare fi I’ altre cofe, fi ancora gli. edificit Regit di_mattoni. Ulimamente poi o pure a calo, © per induttria th’ e Gi folle, cona(cenda. quanto jl fuoco vale(fe a ralfodare, & a fare derti matroni; perfeverarono hor qui hor Ta ad-inalzare ogni ti mattoni cot. Et per quanta to ho confiderato ne Meson certo ardird di dire queflo, che ¢” non fi truova cofa alcuna pi comm qual. tui vogli ufo di edificit, che il mattone non crudo, ma cotto: do fia ufata ragione, & modo nel cuocerlo. Ma diremo altra volta le lod Bale opere di terra cotta. Sia a noflro propofito che nel fare 1 mattoni bi di creta, & biancheggia . Lodali ancora la ofliccia, & quella, che fi chiama fabbione mafchio i fchifare 1a teno~ fa, & quella, che al tutto & fabbionola; & piu che I’ altre Ja pietrofas pet= Goche nel cuocerti la coli farta fi torce, & fende; & troppa cota, da per fe i confuma. Non penfano che fia da fare i mattoni fubito cavata la terra ma comandano che la terra fi cavi nello Aurunno, & per tutta lo Inverno lafci macerare infieme, € nella Primavera poi, che fe ne faccia i, mattoni Gioche fe tu gli farai di Inverno, & cofa manifelta che per i diacei fi ranno; & fe tu gli farai nel meza della State, nel feccarhi fi fenderanno, pe in pelle per il gran caldo. Ma fe per neceffitt pure ti bilognatte farli dt inyerno a gran freddi, cuoprili fubico di rena afciutiffima; & fe nella | calda State; cuoprili con paglie humide: Percioche tenuti in quelta niera, non fi fendono, & non fi torcona. Sono alcuni, che liono. i mattoni fi invetrino: fe pure tu gli vorrai cofi, bifogna avertire non ff faccino di terra fabbionola, © troppa ; © troppo arida: P che €' fi fuccerebbono il Verro : ma bifogna farlt di terra che Sancheae che fia morvida;. & bifogna che fi faccino fortili; percioche que’ che forte troppo groffi, G cuocono malagevolmente ; & raro 2 che enon fi no: ma ie q bifognerd pur farli moppo grolli, provedersi a quetta incommo th in gran parte, fe tu farai loro infino a mezza la loro groflezza com un {cello uno © piu buchi, accioche quindi ae meglio rafcivgare & cerfi, andandofene ill vapore & quali che fudore per quelti buchi. mettono, fopra le floviglic i colore di creta bianca, onde aviene che il fatto liquido vi fa fopra una pelle ugualiffima: quefto medefimo giover™ ta al fare de mattoni, To ho confideraro ne gli edificit delli Antichi, = gna lodare quella terra, che LIBRO SECONDO, is mattonj @ mefcolata una certs parte di Rena, & maffimo della rofl; & tos vo che ¢” vi mefcolavano terra rofla, & marmo ancora. Habbiamo provato che @ una medefima terta, faremo mattoni piu faldi, & piu duri fe noi ne porre- mo a lievitare prima una maila, come fe voleilimo far pane, & dipoi la ma- naggeremo» & dimeneremo piu volte, che ella fia quali come cera, & pu tilling da ogni falfoling: Diyentano i matroni nel cuocerli in modo dun, c per Ja molta fiamma fi convertono in durezza di pictra, & fanno uma cor 0 fia per il fuoco, mentre fi cuocono, o venga pure dall’ aria y mentee fi ralciugano: jl che medefimamente aviene al pane. Sari adunque be= né il farli_ fortili, accioche habbino pin di cortecccia, & manco di midolla. in fare efperienza che fe fi faranno lilci, & puliti, dureranno affai contro alle tempeite . I] medefimo adviene ancora a tutte le Pierre pulitey che non fono mangiare dalla rupgine : & penfafi che i mattoni fi debbino tix pulire, & arrotare molto bene, o fubico che fi cavano della fornace, prima the fi bagnino; 0 bagnati innenzi che e' fi rafciughino; percioche ‘bagnato tuna volta, & poi rafciurro , indurifce in modo, che confuma, && guafta il ta- glio al ferro; “ma noi li atrotiamo piu commodamente quando fono muovi , & ‘che ancora cuocono. ‘Tre furono le forti de’ martoni appreffo delli Antichi . I sino es lungo tre quarti di braccio, & Jargo mezo braccio. Il fecondo era ‘cinque ottavi di braccio per ogni verfo, Il terzo era di mezo braccio per ‘ogni yerto . Noi veggiamo ne gli edificii, & maffimo ne gli archi, & nelle commettiture , martoni larghi uno braccio per ogni veri. Raccontano che gli Antichi pon gli wliron d’ una medefima forte ne gli edificii pubblici, & ne ‘privati, ma ul li maggiori ne gli edificii publici, & dei minori ficevano gli edifici privati. To ho avertito & in alte muraglie , & nella via Appia _anco- a, che yj fono yarie forti di mattoni maggiori & minori, & mi penfo che gli ufaero variamente, & che e' faceifero, non folamente quel che fuile ad Ucilith, ma tutto quello che yenife loro in fantafia, o ch: e' penfallero, che facelle’a bellezex, Ma pet non dire cofi ogni cola; Io ho veduti matron, che non fono piu lunghi di fei dita, né pia grolli di uno, né piu larghi di tre; ma con quelli facevino il piu delle volte gli ammattonati per coltello a Sie Jodo pia che gli altri i triangolari , che ¢’ facevano in quelto modo: racevano UNO mattone per ogni verfo di uno mezo braccio , grolfo uno dito && mezo, & mentre che egli era frelco,, lo fendevano con due linee a traver~ fo dall” uno angolo oppotito all’altro, infino al mezo della fua grolfezza: Fe a ag) Mapeye cunt eangot vga Quelli mattoni havevano quelte com- moditadi; ¢ vi andava manco creta, alfetavanfi meglio nelle fornaci , cavavan- fene piu commmodamente , mettevanfi in opera con piu abilit, come che in una mano fe ne tenevano quattro, il Maeftro nél murare con poca percoila. gli ivideva I! uno. dall altro, & con Je tefle di quel » faceva apparite gli ordi~ ‘ni della muraglia di fuori di mezo braccio, ‘mettendo lo angolo allo inden- tro} Onde la fpefa era tminore, I" opera fe’ me rendeva piw gratiofa, & Ix mus aglia piu férma,; pereioche parendo che nel muro non folle mattone fe non intero , collegati gli angoli a guifa di denti, n& ripieni delle mura, rendevano is muraglta feemifima. i, non vogliono fi mettino nelle fornaci, fei che Gena Secchi; && dieana che "non fone feechi , fe non in capo a juoi anni; & affermano che e’ Gi {eccano meglio all’ ombra , & al Sole . Ma di queiti ancora fia detto a baftanza, fe gia tu non ci aggiugni, ch’ ¢ ono, che a fare quette opere , che fi chiamano lavori di rerra , in fra cellente la terra Samia, I? Aretina, & la Modenefe; in Hifpagna lp Sagunreas & la Pergamea in Afia. Ne per effer breve la(cerd quelto. indietro, che tutto quello » ch'io ho detto infin qui de marconi, il medsfiro fi debbe olfervare ne tegoli pet reiti, ne gli embrici, & nelle doccie, & finalmente in ogni opera di terra cotta & di lavori di terra. Habbiamo cravtaro delle Pitre, reitaci a uattare della Cslein 2 “4 DELLA ARCHITETTURA il della Calcina, & det Geffa; de V ufo, & delle Dali waver fila Cling» el CaF Atle Me eat @ d’ aleun’ altre wofe degue di memoria. CAP. XI, ‘Arone Cenforino biafima la calcina, che fi fa di Pietra yatiay & ‘vuole che quella che fi fa di {elice fia buona ad opera alcuna; fare la calcina, @ molto inutile ogni_pietra , che fia efnuila, & arida, & G disfaccia, & che nel cuocerla il fuoco non vi truov) che confumare » fono i Tufl, & le Pietre bigiccie, & pallide, che fono preflo a Roma ne dlenatiy & ne Campi Albani. Bifogna volere che Ja calcina fia Jodata da She fanno, che ella peli il terzo manco, di quel che ella pesd cruda. Olt che la Pietra ancora, che per natura & troppo. fugola, rape humida , faverria di modo al fuoco, che non 2 utile a farne calcina. Plinio dice Pietra verde, ciod il Serpentino refitte al fuoco grandemente; ma noi fa mo certo che il Porfido non folo non fi cuoce per le fame » ma fiando | na fornace non lafcia mai cuocere i faili, che gli fono intorno, & baitanza, Né vogliono ancora le Piette che tenghing di terra, perche 1a calcina poi iefce itiettas Ma gli Archicertori antichi lodano grandemente la calcjna, fi fa di Pietra molto dura, & molto ferram, & maffimo bianca, & che queita non fia fcommoda, & a tutti gh altri uf, & nel fare le volte cora fortifima.. Nel fecondo, Jango lodano quell ealcina che Ae sheen jeri in vero, 0 atta a putretucii, iia fpangofa, & penfano ge i 90, 0 A Oe nice ine, eee eee plu fplendide. Et io ho veduto in Francia che gli Architettori non hanno fa altea calcina, che quella che & fa di frombole & molte dure, che w direiti, che fullero felici to che ella fi nelle opere di Pietra, fi in quelle di matroni, ha mar tempo eccellente fermezza. Io truovo appreffo di Plinios che Ia calcina. ch fi dulle Pietre da far Macine, & molto commoda ad ogni cofa, ma io ho vilta per elperienza, che df quelia Pietra da Macine, che pare che fia macchiata di gocciole di fale, per ellere piu rozea, & im oltre piu arida, non ne e Guelto; ma di quella, che non & macchiara di fale, ch’ & piu ferrata , quand lavora’ con ferro fa la polvere piu fottile, ne beniflimo fa la Pietra come fi voglia, la di cava fara molto piu utile per fare ca ‘che quella, che fi raccoghes & migliore fark quella, che fi cavera di cava brofa, & humida, che quella che fi caverd di una che fig arida 5 piu crates Je di Pietra bianca, che di nericcia. In Francia prelfo alle Regioni mari tall Eaui per carefia di Pleta fanno la ealeina di Oftrighe, & di Coch E’ ancora una forte di calcina di geffo, che fi fq ancor’ ello di Pietre ancora che e' dicono che & in Cipri, & in quel di Tebe, il geffo fi cava. fe cave), cone ail Sole nell perscic delat tera: Ma ogai. Pera che fa gello, & ditferente da quella che fe ne fa calcina; perche ella & ten & atta a disfarli ftropicciandola, eccetto che una che fi cava in Siria, che, duriffima, In quelto ancora & diferente, che 1a Pietra per geffo non vuole pit che venti hore; & quella per fare calcina non vuole manco di felfanta ad ef fere cotta, Io ho confiderato che in Italia fon quattro forti di geflo, due che tralpaiono , & due nd, di quelle che trafpaiono, I" una finale alle Je dell’ Alume, 0 piu roflo dell’ Alubaftro, & lo chiamano cipollato, e re farto di fortil fcogli , congiunti uno fopra Valtro. L? altra cs feagliofa, ma piu prefto fi alfomiglia a fale nericcio, che allo alume- forti, che pon trafpaiono, {i alfomigliano amendue alla creta molto ferratas ma |'una @ alquanto bianchiccia, & pallida, I'altra ha mefcolato con oem LIBRO SECONDO. “a pallidezza , -colore roffigno; quefte ultime fon piu ferrate, che le’ prime. Infia quelte ultine, quella fore ee Pt colficia © piu teonce. fate quslle ps Hey quella che € pia puta, ferve nell opere di fucchi a fare itatuctte, & cor. nici piu bianche. Preflo a Rimini fi truova gelfo fodo, che tu crederelti che folle Marmo, o Alabaltro: di quelto ho io fatto fegare con la fega a denti, ‘Tavole per impiallacciature commodiflime. Accioche 10 non lalci indictro cola alcuna, ogni gello, & di neceffith romperlo, & tritarlo con martelli di legno, tanto ch’e’ fi converta in farina, & ferbarlo amontato in luogo alciuttifimo, Difogna adoperarlo prefto , & datali la acqua, fubito metterlo in opera. M ‘calcina per I’ oppolito non bifogna peftarla, ’ma bagnare le zolle cc! & bifogna certo ch’ ella fi fpenga allai rempo innanz!, & con gran guts pits che cu la meta in opera & malfino per meters ne gl ~accioche fe ¢'vi fulle alcuna zolla, che non fuile dal fuoco cofi cotta 2 baftan- #2, con lo ftare alfai in molle fi rifolva, & fi liguefaccia: Percioche quando ella fi mette di (ibieo it opera, non bagnata, o {penta a bifoyno , ela ha cer. ti falfolini in fe afcofi, crudi, che con il tempo fi corrompono, & gettano per id dipoi certe cocciuole, onde il lavoro non viene pulito. Aggivgni che alla caleina non bifogna dar una grun copia d’ acqua a un tratto, ma bilogna fi feng a poco a poco » bagnandola , & ribagnandola piu & piu volte, infino 2 tanto cl al certo fe ne fia inebriata: di poi in luogo anzi che no humidetto, & all? ombra, fenza mefeolarvi cols aleuna,, fi deBbe ferbare Mictea, coperta fela- ‘mente di fopra, con poca rena, infino a tanto che per lunghezzs ci tempo piu Tiquidamente fi lievitt. Et hanno trovato che ta calcins con quelto fuo lungo evita acsuills grendifima virea+ Yo verumente ne_ho vedats per antchiic mi, & iffimi ftrati di quella, che & flaca lafciata abbandonata (come Per molte conietrure fi vedeva manifeito) per piu che cinquecento anni; Et po ‘co fa ritrovata, la veddi humid, & liquida & (per dire coi) in modo maru- fa, che di gran lunga faperava 1a liquidezea del mele, & del midollo delle of fa. Ec non & certo cofa alcuna, che fi polls trovare piu di quelta commoda a qual wu oe ula: Vuole piu rena il doppio fe m la torrat coli, che fe wu Ja torrai di fubito. In quolte cofe adunque la calgina, & il geflo non conven geno: ma nell alte fi bene. Lievala adunque fubito dalla fornace,. & mettila ombta y .& in luogo afeiutto , & poi ti bifogna {pegnerla, perche fe w la ferbatht, @ nella fornace ftelfa, o altrove al vento, © alla Luna, o al Sole, & maflima di ttate, fi rifolverebbe preitiffimamente in cenere, & diventerebe di- futile. Ma di loro fia derto a baitanza. E ne avertiicono ‘che le Pietre non fi mettino nella fornace, s’elle non fi ipezzano in pezzi non minori che zolle: laiciamo flare, ch’ elleno piu facilmente fi cuocono, e' s'& trovato che nel me- za delle Pigtre, & maffino delle tonde, fona alcuna volta certe concavitati , nelle finchiufa I’aria, arreca danni grandiffimi; Percioche accelo il fuoco \ » egli aviene mediante o il fuoco, o pure il feddo, che ¥3 al- Yo indentro, ‘che eff aria fi riftringa, 0 pure che rifcaldandofi finslmente ella Pietra, la medefima aria fi converta in vapore; Et 2 certo ch’egli rigonfia, & rompendo per ogni verfo la prigione, in cui fi trova , con {coppio, & impeto grandiflimo fe ne efce, & dilturba, & manda fozzopra tutta la maila della for- nace: & fono alcuni che hanno vilto nel mezo di fimili Pietre elfervi animali vivi, fi di alte diverfe forti, fi ancora uno Verme, che ha la ftiena pilofa, & ailai piedi, i quali certo fogliono arrecare alle fornaci molto danno. Et fo; gnerd in quelta luogo alcune cofe degne di memoria, vedutefi a tempi noilri ; Percioche noi non {criviamo queite cole folamente alli artefici, ma alli udiofi ancora di cofe degne, perilche ci giova di mefcolarci alcuna volta cofe , che diletrano, put che le non fieno fuori di propofito, nz difeofto dalla intentione noftra. A Papa Martino fu portaca una certa ferpe, trovata in Latio dalli fearpel- lini nelle cave, che & viveva in uno certo gran {alo voto dentro, & chiufo in rd DELLA ARCHITETTURA alcuno: fonfi fimilmente trovate alcune ranoge thie, & geanchi, ma morti. Et io fo fede, che in quelti tempi fi fono tor See Sco dun bianchiffimo marmo frondi di alberi. Il Monte Vellino,, Ue divide gli Abruzzefi da’ Marfi, altifimo piu di cure gli altei, @ im tur, Ti fon cima calvo per una Pietra bianca, & viva: Quivi dalla parte, che gu da volo T Abruzzi, fi veggono per tutto pictre fpezeate, piene d’ ing | nit alle cocchiglie Marine, non maggiori, che tu non le yori tenere fo Ia palma della mano. Che cola 2 quella, che in quel di Verona fi po ogni giomo Pietre, che fono per tutto in tetra » intagliate con. Ia Gel Cinquefoglie, con’ lince terminate, & uguali, fcompartite arcil & elfartamente finite, & pofte I una fopra J" altra’ con tanta mirabile aft Ja natura , che certamnente non @ alcuno » che poila imitare cof a to la fortigliezza dell” opera: & quel ch'é piu da maravigliari 2, che 4 Teuova filo neifuno di quella forte , che non ftia fozzopra,, & che non quella faa (cultura. Oade penferai facilmente, che la natura non habia fall ulrure,, con tanto fuo artificio, per fare maravigliare gli huomini fuo fpaifo. Hor corniamo a fito. Io non baderd oul a raccontare, ’ bilogni adattare la gola della fornace,, & la volticciuola, & Ja boceas “adentro In fedia del Fuoco, accioche la fiamma rifcaldatafi » refpiti, & che ella fi ttia quafi che in certi fuoi confini, & che ruta la pollanza , gore del fuoco concorra, & afpiti folamente a cuocere I + NB fg Gi dire in che modo @ debba accendere a poco a poco il fi fralifciare mai, infino a-tanco che dalla cima della fornace , efca la fiamma pi fry & fen21 punto di fumo, & che gli ultimi fi fieno diventari qualt di fo". Ee che la Pietra non @ cotta fe non quando la fornaciata per te. fiam gonfita, & aperafi, fori poi calara, & riferratali infieme. Maravigliola Beledere la natura del fuoco , percioche fe tu levaraf il Fuoco, di forco alla tz, diventeti Ia fornace a poco a poco tiepita da ballo, ma fopra da alto ancora di Fuoco. Ma perche nel fire gli edifiii habbiamo bi ‘non jnente della Calcina, ma della Rena ancora, dobbiamo al prefente wattare dele la Rena. t Delle tre forti, @& delle tre differensie delle Reve, & eella direrfa maseria po fae fun fae (Boer nits : CAP, XIL Y tre forti fono le Rene: di Cava, di Fiume, & di My turce quelte @ quella di Cava, & 8 quefta di molte forti: nera, bian incarbonchiata, & ghiaiofa; ‘mas’ aleuno mi dimandera che cofa 2, io forfe gli rifponderd, che ella & quella che fia farta Crome le m etre) di minutifime piettuzze. Ancora che a Vitruvio pare le che Ia maffimo quella, che in Tofcana fi chiama incarbonchiara, fille wna force di terra abbriciata , & fata divenire non piu fora, che la terra & piu tenera, che il Tufo, da i fuochi rinchiufi foro i monti dalla delle cof. Ma lodano fopra ratte quefte Rene il carbonchio . Io ho confi to, che in Roma egli ufarono ne publici edificii, non perd ne minotiy | rola. La piu cattiva di quelle di Cava & la bianca. La ghisiofa nel tie i fondarienti & commoda, ma infra le migliori, nel fecondo luogo tengo ghiaia forile, & maffimo Ia cantoluta, & che non hh in fe punto Come 2 quella, che fi truova appreffo mbri. Dopo quetta na di flume, ch: fi cava, levatane di fopra Ja prima foorza , & infra quelle fami , quella de Torrenti y & infra quelte & migliore quella che & infra mont dove le acque hanno muggior pendio. Nell’ ultimo luogo viene la Renay 4 rotla, ns LIBRO SECONDO. 47 Sic fe, Fr ink ete Rene urine, non bifimano al tutto, ta 4 werriata . i] fo 4 Salernitani , non ono ft Rena che e’ cavano del Mare, pete dalle Cave, ma non cane ata & colga in ogni lito di quella Regione; percioch gli hanno trovatoy ch ella & piu che altrove cattiva in quei lia, che fon yold a ricevere Ollro, ma non & ‘cattiva in que’ litt ,, che guardano verfo Libeccio: Ma delle Rene di Mare, & certo, che la nigor t quella, che & foro le ripe, & di granaglia piu grof- fa. Veramente che le Rene fono infra loro differenti ; percioche quella di Ma- A lait alee ‘& diffolubile Ma humidiccia, & feorre per la fua pereid malvolenticri, n& mai fedelmente foitiene i peli. Quella de fiumi @ ancora un Ee ee hhumidiccia, che quella delle Cave, & per queita abile , & migliore per gli intonachi. Colle di Cava’ per la fun gravezza , De enor faa tale, ‘& per queito fe ne fervono a fare / Te yolte, ma mon a itonacare. Ma di ciafcuna {ua force, fark quella Rena ortima, che fregata con le mani, & Brit ta, firiderk, & raccolta in una velta bianca, non la macchicra, ne vi lalcera punto di terra: Per I’ oppolito , >a gue fe fark morvida, non punto afpra, & con il Fodore, en alla terra rofficcia, & che miftiata, & rimenata con I’ acqua la fark torbida, & fingofi, & che Iafeiata in lo {pazz0, gba; Non Gm ancor bugta quella, che git un peuza cayata, fara flaca affai tempo all’aria, al Sole, al lume della Luna, & alle brinate: cella fi converte quafi in terra, & purrefath. Et di piu quan- do @ atta a generate Arbufcelli, o Fichi falvarichi, allhora & peffima per ce- seaniee pier habbiamo rrattato. de mi, delle Pierre s delle + & delle Rene, che fono lodate dagh Antichi: ma_ non ef fur git concelfo di trovare in tutti i Iuoghi quelte cofe commode, & ap- noi ordisiamo. Cicerone dice, che 1" Ata per I’ abbondanza fe Marinty femprs @ fata florida di edificil, &'di flarues ma non i truovano Maral tn oget logo. Tn aleoniIuoghi ot non vi fon Pietre ci forte alcunay ‘0 fe pur ve ne fond, non {ono buone ad ogni cof. In tutta Italia, dalla parte che a mezo di, dicono che fi truova 1 Rena di Cava. Ma dall’ Appenaing in qui non fe ne truora. Dice Plinio, che i Babin ufsrono iL Bieume, & i srtaginefl il Loro, Altroye per non haver Pietre di force al- no con graticel, con Arzilla. Herodoto raccomta che i Budini, apne eee ale erties te publice maxeah< dtaltro che i legno, tal- mente che appreifo di loro, & le mura delle Cirtadi, & le Statue de gli Di, tutte fano di Tegno. Mela dice che i Neurii_non hanno legne di force alcuna & in cambio di ae fe, fon forzati ad ardere le offa. In Egitto manten- ono. il fusca con fterco delle beitie. Di qui accade che altri hanno altre, & iverfe habitation’, fecondo Ja neceffith, & opportunits delle cofe. In Egitto fono aleuni che fi fanno Palazei regali di Canne, In India con le coftole delle Balene. In Carri Caftello di Arabia, fanno Je mura, & cale di maile di Sa- in’ ogni Iuogo non & fi come habbiae mo deta la medefima abbondanza di Pietre, di Rene, & di fimili cofe, ma in diverfi luoghi fono diverle ragioni, modi, & nature delle cofe , ira bifo- gna ulare le pitt commode che vi fono, & in effe bifogna havere diligenza di far primicramente quelle, che fono piu abili, & che piu commodamente pollin feerre, & appurecchiare da noi; fecondariamente dipoi , che nell’ edifica fe uflamo le piu atte, fomparrendole tutte a lor luoghi diligentiffimamente. i S Se DELLA ARCHITETTURA fercatione Hel tempo givsh wel rincipiare gli edificid: qual eae ccomveniente ; 4 che sis it angers lela ‘é pigliare wm eal principio. 2 CAP. XIIL Eftaci te le cofe, che noi habbiamo dette; cio®, eg Piette » '& Rene, che hora noi paiamo a crarrare della ine, & del modo ‘eificii. Percioche a pr fare gli ame, bo. Retin oe coe it, nos bat biogne “-maggiore induftria comperarli, & di mettergli infieme , infino a tanto, re sonfnino ; ancor che dello fceglierlty & ey didi Bhi, le quali cofe concorrono, dare fine alla opert » rn Zome fe propsio haveffimo « fare, & ad edfieare quella OPE di fpropriay cominceremo Ia cofs da eff fondamenti. Ma qu? bifogna ch Propragi nuovo s che e'ti conviene confiderare, i temps hsvers ml cole publiche , & alle private noftre, & de noftct eno a cofe pubiche » arr a fare sleuna cofa, che pet elle cat temporal ol Om idan addoffopevfeverando. nel murarej oc arrealle fermaffe il murare. Aggiugni che principalmente bifogna flagion de rempi perche €'f vede ‘che quelle muraglie » che fi fanno Aagiog afimo’ ne luoghi feddi, diacciano . Ee quelle, cht & fanne caldi , & maGimo-nella fate, diventano aride.. prima ¢ habbino_ fatre For gualla cagione ne avertiva Frontino Architerore, che fare Bibguava che le Magioni de tempi fullero accommodates he, fon principio di Aprile infino al principio di Novembre ; cealafeiando. ~ Fiore impeto della calda tare. Ma io ftabilifco che ¢’ fi debba al ogtare fecondo la variets de Iuoghi , & fecondo il Cielo: Et & alla vicinanza conferifea, & giovi benignamente. Ma poi_che quefte cole fo- alcuni fi penfino che il Bafllico con quanta iu villanie, & maladidoni femina, tanto faccia frutti piu lieti. Ma lafciamo re queffe cofe. To finalmente mi penfo che e’fia bene che {prezzata ogni du- bie fuperfitione di opinioni , noi ci mettiamo a dare principio a efla cofa con mente fincera, & pul ‘ ‘Diane principio 0 Mufe P alto Giowe Ciafowna coli fia colma di Giewe « Adunque con animo puro, & netto, adorato fantamente, & devoramente il facrificio ; ne piacerd dare principio a fi grande opera, havendo maflimamente farti quelli preghi a Dio, mediante i quali i ricerchi che ne dia foccorfo ,_ & aiuto all? opera, & fayorifca le principiare imprefe, fino a tanto. che elle fuc- cedino felicemente, & profperamente : & fia con falute, & fanith fua, & de fuoi albergatori , con ftabilita delle cofe, con contentezza di animo, accrefci- mento di fortuna, & frutti delle induftrie, & acquiftamento di gloria, & eter~ nith, & fuccelfione di tutti i beni; Et di loro fia detto a baftanza. no cof, io non intendo G DEL+ DELLA ARCHITETTURA LEONBATISTA ALBERTI ‘1 LIBRO TERZO, ; DELLE OPERE, i be confita ta ragione del wmrare, qneli_feno Te parti delle wereglie, @ aA ig itis raat eaten ce 2) | G quale fi il perevae bueno per Hi edifiil | CAP. I, Urea 1a ragione dello edificare fi rivolta intomo a quefta cof fola , ciok che ammulfando con ordine piu cole infieme, & con arte. congiugnen: dole; 0 fiano pure Piette quadrate, o pezzami, o legnami, o qual’ ale tra foda cofa tu ti vogli, efi faccia di effe quanto piu fi pud, unt Gilda, & intera,. S wiita muraglia. Intere & unite fi chiameranno quelle le parti delle quali non faranno dalle altre parti _mé fpiccate, ne dif giunte ; & che potte a luoght loro, @accoflerannb iafieme fs iguinamn Fitto Tontine delle linee, ‘Bifogoa adunque confiderare nella muragl + quali in effa fiano le parti principali , & quali iano le linee, & gli ordint delle pare ti. Né fono nafcowte le parti della muraglia, che fi ha a fare: Imperoche le ti da alto, & quelle da bao, le da defray & quelle da finittra, le vicine, Te lontane, & quelle, che nel’ mezo di quefle efiremitat G ritmuovano., fone da per loro elle manifefte. Ma quel che ciafcuna habbia in fe de natura, & Rerche fieno infra loro differenti, non {4 cofi ogni hoomo: Imperoche i lurte un’ edificio, non ® come penfano gli ignoranti, il porre I’ una Pietra fo pra l'altra; o il murare l'un pezzame fopra altro; ma elfendo le parti mok to diverfe hanno ancors bifogno di molte cofé, & diverfa indulttia. Imperoche alkta cola Gi afpera a fare a fondamenti alta al rico, & alle corniely & ae tea alle cantonate, & a Iabri de vani; & altra alle’ ultime pelli; & ak tra alli ripieni, & alli ingroffamenti di dentro. Ma noi ci ingegneremo dimoltrare quel che a quale fe I uno ff afpetd’. Nel trattare adunque di que ci cominceremo da effi fondamenti imitando come dicemmo coloro , che doveller fare uno edificio di lor mano. Il fondamento, fe io non m’ ingannoy pon & parte della muraglia, ma @ il luogo, & Ia fedia, fopra la quale fi debe be porte & alzare effi muraglia: Percioche fe efi trover’ per aventura uf firo del turto faldo, & fabile, di Pietta, forfe come appreflo de Vei fe nt frovano alcuni; che fondamenti vi harai tu a gittare? non altri di certo, sominciare ad alzarvi fopra la muraglia. A Siena fi veggono machine gram gilfime di torei, potte fopra effo primo, & ignudo terreno; percioche {monte & fono tutto pieno di nifo. Del fondare adunque , cio® dell’ andare a fonda; ¢ i fare ‘Ie folle, ti fark bifogno in quel luogo, dove cu haral a cercare del ts 10 fermo, & ftabile con il cavare, & fare una folla; il che & di ne cefftS che Gi faccia im Ia maggior parte di turti i luoghi, de quali trateremo ipoi. Sarannoci inditii manitelt che il terreno doverselfere commodo, que fte cofe: ciot fe e'non vi fara fopra erba alcuna di quelle che fosliono naleere ne Tuoght humidi ; fe egli non genererd Alberi di forte alcuna, “0 quelli fold amen LIBRO TERZO. st nente che naftono in terreno molto duro, & molto, ferrato ; fe tutte le cole all’ intomo. vi faranno grandemente fecche , & quali del tutto arice; fe ei fark Tuogo falfofo, ei fai non minuti, & tondi’, ma accantonati , & fodi , & maf. fimo di felicd; fe forto di fe non vi nafceranno fontane, ne vi paiferanno rivi @racque; percioche la natura de fiumi & di portar’via continuamente » 0 @ imporvi per quanto dura il moto loro: Et di qui aviene che i luoghi piani » che lono prelf a dove cotrono fiumare, non ne prellano mai faldezza di ter- Tends infino a tanto che e' non fi feende fotto il letto del fume. Innanzi che tu cominel punto a cavare i fondamenti, ° ti bifogna di nuovo, & da capo porate, & conliderare diligentiffimameme le camtonate de firi; & tuted i dintti Ge lati, quali. €' debbino effere; & in. quali luoghi fi habbino a porre.Nel porre di quelle cantonate ci & bifogno di una fquadra non piccola ,, ma molto nde, accioche le lince de diritti ne fuccedino piu certe. Gli Antichi facevano: {yuadra di tre regoli diritti, congiunth infieme in. triangolo, de quali uno e ta dy tre cubiti, I'altro di quattro, & I’ altro dicinque. Certamente gli igno- Fanti now fannd-porre quefte cantonare fe e' non levano_ prima tutte le cofe » the gli occupano il fro, lafeiando il terreno netto, & fpianato del tutto. Ee per quelto, fubito pighiste furiofamente le martelline, vi mettono guaftaori 2 Pevimare, et a fpianare ogni cofa: Il che certamente con piu modeltia fareb- bono ne campi de loro nimici. Lo errore de quali, fi debe correggere; Per- Gocke & la. ingiuria della fortuna, & adver(ith de tempi; & il cafo, & la hrecelfick, poffono arrecare con loro molte cofe, che ti avertifchino, & ti vier tino, che tu non feguiti V opera incominciata, "Et in quelto mentre ei fi dif dice certo, il non perdonare alle fatiche delli Antichi, & non provedere a que’ commodi de Cittadini, che © pigliano di queite loro piterne habitation» $i te quali fi fon alluefarti ; peroche il rovinare , & gittare per terra, & fpiana~ wr jafino a fondamenti tutte quelle cofe dovunche elleno fi fieno, fi puo far fem- ea tua pola. Et pero io vorrei che le cofe vecchie, fi mantenelino interes Pifno a tanto che le nuove non fi potellino piu fare fe quelle non fi rovinano- Ghe i fimdaneti fe detiono principalmente difegnare con lince , & con quali indisit sy eee ehate fa ee aires . CAP. IL N3 Aifegnare 4 fondamenti, bifognr che tw ti ricondi che i print principii delle mura, & i zoccoli, chee’ chiamano fondamenti , debbono eflere dana determinata parte piu larghi che il muro, da facli a imitatione di, coloro » the, vattno pet Je nevi fa per le Alpi di Tofcana i quali portano in piede erti_geaticel fatti di funicelle, & di vinchi, tefluti per quello ufo proprio: Con Is larghezza de quali fi difendono dallo sfondare. Come effe cantonate f difttibuifeono, non farebbe facile il raccontarlo cofi a punto, folamente con par Sole; conciofia che il modo del difegnarle fia tratto da i Matematici; & hab- bia bifogno di effempio di ince. Cofa fuori della intention nofira » della qua- Je teattanmo in altco luogo, ne Comenti delle cofe matematice ._ lo nientedi- meno mi proverd , & mi sforzerd per quanto « quelto luogo i afpetts di pare are in modo, che fe tu farai ingegnofo, intendetai facilmente molre cofe, on- de dipoi da te felfo, poffederai il tutto - Quelle cofe adunque che per aventuc fa a partiano ‘ofeure ; fe tu le vortai pure fapere appunto , le impacerai piglian- dole da effi Comenti: Noi veramente difegnando 1 fondamenti , fiamo folic, + Girizzare aleune linee. Je quali chiamiamo adic in quefto modo (Tav. 4): Dal mezo della facciata dinanzi della opera io tiro una linea infino alla parte di dictro, nel mezo della Iunghezza della quale, io ficco un chiodo in terra» traver(o della qual linea per via di Geometra io tiro una linea dir, & cof Ge tute st DELLA ARCHITETTURA rutto quello, che fi hi a mifirare , io riduco a quette due linee: tutte te cofe ne fuccedono beniffimo . Sonvi pronte le lince equidittanti , colgonfi giuflffime je €antonate , corrifpondono Je parti alle parti, & fi conformano commodamente. Ma fe per aventura. feadelle che per elfevi interpolte mura di edificii vecchiy | tu non poteffi con il riggio della veduta efpeditamente notare il punto, o iy | 1 fedia da porre la cantonata, tu hai a tirare linee equidiftanei dalla pacte, che piu fpedita, & libera ti i moftra. Di qui fegnato il punto della imerfecatione, €on il tirare & del Diametro, & dello Gnomone, & con il tirare ancora ale tre linee equidiftanti , aggiuflarele con Ia fquadra, ‘otterremo beniflimo il defi derio noflro, & {ark cof commodiflima terminare con una linea i ragei della veduta, ne luoghi, che foprivanzano, accioche di qui piombatovi con il lo, (i polfa pigliare la dirieeura , & procedere piu innanzi. Dilegnare le dirittuce, & le cantonate delle foffe, bifognarebbe haver ne gli occhi una forza, 0 ver uta tanto acuta, come favoleggiando dicono, che in quelti tempi ha uno certa Spagnuolo, che’ difcerne le intime vene delle acque che vanno fotto la terra, non altrimenti che fe egli le vedelle correre allo Icoperto. Tante cof non cor nofeiute accaggiono forto Ia terra, alle quali tu non puoi ficuramente dare 4 reggere il pelo, & Ja fpefa delli edificii. Et certamente e’ bifogna fi in tue to lo edificio fi principalmente ancora in effi fondamenti, non fi fare beife oft alcuna, nella quale fi polla defiderare la ragione, & Ia diligenza di uno accuraro , & circunfpetto edificatore: Percioche fe pure nelle altre cofe fi fark fatto alcuno errore, nuoce manco, & piu facilmente vi fi rimedia, & fi pud iu. commodamente comportare, che ne fondamenti, ne quali non fi debbe ame mettere fcufa alcuna de gli etrori. Ma gli antichi ufavano dire: cava con buona ventura i fondamenti infino a tanto che tu truovi il terreno fodo, imperoche la terra hi forto filoni doppi, & di piu forti: alcuni fono fabbionofi, alcuni renofi, & alcuni filfofi, & fimili: fotto i quali con ordine vario, & incerto, f tevova" uno pancone feito, & fpelfo, gaglirdimo a reggere ‘gli cif.’ quale ancora effo & certamente vario , ile punto in alcuna cofa, alle ale tre cofe del fuo genere ; perche altrove @ duriffimo, & quali inefpugnabile dal ferro; altrove @ piu graffo; altrove piu nero, altrove piu bianco ; Il quale da piu @ renuto il piu debole di tutei gli altei: altrove tiene di Creta, altrove di Tue fo, altrove di certa forte di Arzilla, mefcolata con ghiaia: de” quali non fene puo dare aleuno altro piu certo giudicio, che quelto folo, cio’ che fi tene gi per migliore quello, che difficilmente fa offefo dal ferro, & che mellavi dell’ acqua, non fi rifolva; Et per quetta cagione , non penfino che fi havere faldezza aleuna di terreno migliore, n? piu certa, © ftabile che quel- la, che fi truova nelle vilcere della terra, forto al nafeere delle acque. Ma noi penfiamo, che ce’ fia da configliarfi con i doi, & faputi pa circunvicini Architettori. I quali certo & con lo elempio. delli edificii anti= chi, & per effer foliti di collocare ogni giorno bene fimili < edificii han no potuto facilmente comprendere, qual fia il terreno della regione, & quanto baflante a reggere il pelo. A’ tentare, & a cognolcere la fermezza terreno, ci fon quelli indini, cio’ che dove tu voltolerai per il terreno alcuna cof grave, 0 1a lafeerai da alto cadere in terra, & non vi tremes 0 0, o non vi fi dimeneri 1” acqua meffivi in un eatino, non fark maraviglia, {€ in quefto Iuogo ci prometteremo Ia faldezza, & la fermezta del terreno. Nientedimanco’ tm non lo troverai fempre fodo in ogni luogos sma rifcontrerai in una regione, come @ preffo ad Adria, & preffo a Venetiay dove tw non troversi il’ piu delle volte niente altro, ‘che fango fciolto po" fticcio, & ammallatovi foro. LIBRO TERZO. 3 Che de forti de luoghi fon varie, G& perd non fi debbe prefta tl primo fete niffiuna lunge, f ras oe ol etme ae oeenes © pezzi, ma ne Iworbi paludofi confechinff persiche , 6 pali slronsari capo pict, con macsi legeier ga can cops Well & cone: imfino a tanto che ¢ fens tusti confitti. CAP. IIL DS adunque harai a operare nel fare i fondamenti, fecondo Ia di- verfita de luoghi,, de quali alcuno ne @ rilevato, alcuno baifo, alcuno @ mezzano infra queiti, come fono le {piaggie : Un’ altro ancora fark fecco, & arido, come il piu delle volte fono i gioghi, & le cime de monti: alcun® altro fara tutto humid, & pregno, come i vicini al mare, & a gli fagni, © quelli, che fon polli infra le valli: Un’ altro & pofto in modo, che egli non 2 perd fecco del tutto, né fempre anco ffi bagnato, come di loro natura fono i ii come et che le acque non vi fi fermano, & non vi fi cor- romponoy ma cadendo alquanto fe ne {colano. In neifuno iuogo non & da fi darGi cofi di fubico trovato il pancone, che recufi il ferro: Percioche quello bbe effer in una pianura, & effere infermo, onde ne feguirebbe poi gean danno, & rovina di tutta I” opera. Io ho veduto una Torre preffo a Me- fri Caftello’ de Venetiani, Ia quale dopo qualche anno che ella fu fatta y fo rato pet il fuo pelo il terreno, fopra del quale ella era polla, fottile, & de- Bole (come dimoltrd il fatto) & fotrersS infno quafl alle merlature. Pet il che fi debbono biafimare coloro, che poi che la natura non gli ha dato o porto: forto un fi fatto pancone , faldo, & baitante a reggere maifimamente edifici , i quali havendo trovata alcuna muriccia di antiche rovine, non la ricercano fotto diligentemente, quale & quanta ella fia, ma alzano fopra di ela incon fideratamente altiffime muraglie, & per avidita dello fpendere manco, gettano via, & ono dipoi curta Ja muraglia: bene adunque fieno avvertiti, che la prima cola cavino i pozzi, & quello fi per I'altre cole, fi ancora perche e' fi ‘Vegya manifelto, qual fia ogni filone del terreno atto a reggere gli edificii, © 4 rovinare; Aggiuntoci che & trovata I’ acqua, & quello che di eff fi ca veri, giovert molto. alle commodita di fare molte cofe. Aggiuntoci ancora, ch’ aperta di qui tale rifpiratione arrecherk all’ edificio fermezza ficura, & da non ellere offefa dalle efilationi di forterra. Per tanto o per il fare dun poz 20, 0 di tna citerna, o fogna, o qual’ altra folla tw ti voglia, conofciuti i filoni, che forto terra fi nafcondono , fi debbe eleggere quello che fia commo- dillimo piu che gli altri, al quale tu’debba fidare I opera tua. Et_ne luoghi aperti, & in qualunque altro’ luogo donde I’ acqua fcorrendo pofla fnuove- re, & portar via alcuna cofa, ti giover’ certo molto il furyi una profondiffima fofla. Heche per la continuatione affidua delle pioggie effi mont fi dilavino, & fieno rofi dalle acque, & fi confumino I" uno di piu che I’altro, ne fanno fede le caveme, & li (Cogli, che fi veggono di giorno in giorno piu efpe- ditamente, i quali per eflervi prima interpofto il monte, non fi fcorgevano~ Monte Morello, che & fopsa Firenze, a tempi de noitti Padri cra verde per I'abbondanza di molti Abeti, & hora @ rimalto fpogliato, & alpro, s' io non m’ inganno, per le dilavationi dell’ acque. Ne fiti a pendio. comandava Tunio Columella,, che noi cominciaffimo i fondamenti dalla parte di_ foto, & dal luogo piu baflo, faviamente certo: Percioche oltra che le cofe gittar tevi, & murstevi ftaranno fempre falde, & ftabili ne luoghi loro, refiteranno come un gagliardo pignone contro a quelle cofe, le quali fe dipoi ti piacelle a! accrefeere I' edificio, s' applicheranno alla parte di fopra. Accaderatti_ ane cora che forfe quei diferi, che fogliono alcuna volta feguire in faci cayar 54 DELLA ARCHITETTURA menti, per I'apritfi del rerreno, 0 per lo fmorare, non ti fiano afcoh, | 7 on th noceranso «Ne _luogh Poludel bifogna fare’ e fle aghe, & tig gna affortificare le fponde di qua, & di I delle folle, con pili, con ee on tavole, con alga, & con fingo, accioche non vi feorra acqua. Pa debbe attignere, & cavarne I’ acque, fe infra dette armadure ne fallero. Dy befene cavare ancora la rena, & neteare ben dentro nel fondo il fangoto letto fino 2 tanto, che tw truovi di fermare il piede fopra il fodo. Nel tereno, ch tiene di fabbione, fi debe fire il medefimo, jnfino a tanto che ricerca il} fogno .Oltra quelto ogni piano di qualunque foi , ff debbe {pianare nel doa piano, accio'non penta in Iuogo alcuno, d’ alcuna delle bande, & che cofe, che vi s* hanno por fopra , fieno bilanciate di uguali peti lamno le ravi per loro naturale initinto d’ aggravare fempre, & premere i luoghi Esti: "sonel ancora quelle cole, ehe'd commen’ che ficciano’ circa miuraglie in acqua, ma fi appartengono’ piu al modo del nurare, che a que del fare i fondamenti: ¢’ comandano certamente, ch’ e’ fi ficcla quelto,. ci ch’ abronzate le punte di molti pali, & di molte pertiche, fi ficchino. ea ede, accioche a pianta di quella opera fia il doppio piu larga, che ebbe eilere il muro, & i pall fieno lunghi non punto manco , che I’ ort parte dell’ altezza del futuro muro, & fieno in modo grofli, che corrifpondir alla duodecita parte “& non manco della loro lunghezza. ’ Finalmente confic chinii tanto fpell, ‘ch’ e' non vi relti piu logo alcuno , dove merteme ; initcumenti da‘conficcare i pall, fieno come ft vogtiono, non bifognay ch bino i loro mazzi graviffim, ma che dien fpeffi colpi; Percioche 4 te ¥i elfendo di pelo itraordinarii , & d* impeto intollerabili, inftangono i legnami, ma lo fpelfeggiare continuamente, doma, € vince ogni durcztay, outa di terreno. Tu lo puoi yeder quando tu vuoi conficcare un chiodo fote tile in un Tegno duro, che fe tu adopercrai un martello grave, non ti tiufcitd ma fe tu ne adopererai un piccolo, & accommodato, lo farai penetrare. Balti de cavamenti quel che n' abbiamo detto, fe git non & da aggiugnerci gquelto, ch’ alcuna “volta © per rifpiarmo della {pefi, 0 per (chifare la ruvinola deboleres Gel terreno, ti giovera di fondar non con una fola continuata foil, tirand Ja ‘muraglia continuata per tutto, ma tramezzando, lafeiati intervalli come §* havelli a piantar folamente pilatti, o colonne, onde pilaitro all’ altro, vi fi tizat fopra’il reo della. mary s’ hanno a olfevare le medefime cafe che noi hubba racconte di fopray. He guanto piu vi hai a por fopra: peli maggiori, tanto piu larghi, 8 piu gagliar= i pias 8 zoceoliy He Dliogts fare “Hoc deve ai a canoer Fe Della watwra, forma, & babitudine delle phe dello inevifo della ealeinay al ripiews, de Tegamenti « CAP Ty, ug oo Eflaci a dare: principio. alla mura; lia, ma dependendo tutta I’ arte del R’ Macltro , & i! miodo del murate, putte dalla intone & forma, & habi- tudine delle pietre, parte dallo incolamento della calcina , & del tipieno, & a Tegnamenti, doviamo tartare prima di quefte cof’, & brevemente di quelle che fanno’ a noitro propofito .. Delle Piette, aleune. feno vive, & forti , vie gle, come fono le Selici, i Marmi, & fimili, le quali da natura hanno lo ellere gtavi, & fonote. Alewie {ono 'efaufle, leggiens & forde, come fond — quelle che tengono di tufo, & di fabbione. ‘Delle Pietre ancora, ne fono al polente & cofa chiara, che bifogna jare manco rena; Ma a quefta piu gagliarda ne bilogna dar piu. Catone ordi- nava che a ogni duoi piedi fi delle una mina di calcina, & duoi di rena. Er alcuni alti altrimenti, Vitruvio, & Plinio comandano, che la rena fi me- {coli in quefto modo, cio che per ogni ftaio di calcina, fi dia tre ftaia di rena dicaya, & di quella di Fiume, & di Mare, duoi- Ultimamente dove fecondo la wualith, & natura delle Pietre (come di forto diremo) la materia hara da ef- re pit liquida » © piu trattabile, vaglifi la rena con vagli: madove la materia hard ‘da eflere piu ferrata, allhora fi mefcolino per meti con la rena, & ghiaiay & minuti pezzami. Affermano tutti, che fe tu vi mefcolerai la terza parte di mattone peito, fark molto piu tenace, ma mefcolandola come tu ti voglia, ¢° ti bifogna rimenarla bene di nuovo, & da capo, infino a tanto che i minus tifimi peazolini i mefcoline: & fono alcuni che per fare cid, & mefcolare la bene, la simenano affaiffimo tempo, & la peftano ne mortal. Fr fia della calcina ancora detto a baftanza, fe git a quello, che noi habbiamo detto non vi manca quelto, cio’ che la éalcina fa miglior preft con le fue Pictrey & malfimo con quelle che fono della medelima cava, che con le foreltiere. Del fare i ricinei da baffsy 0 fondemenci , {econdo ghi efempi , & gli aversimenti dell Autichie CAP. Vv. Fl fare i ricinti da baffo, cio8 nel finite i fondamenti infin, fufo. al no del terreno, non truovo cola alcuna che gli Antichi ci infegnino faiva che una, cio’ che quelle Pietre, che faranno ftare come dicemmo all’ aria duo anni, & che haranno {coperto mancamento fi debbon cacciare ne fonda menti. Percioche fi come in I’ arte del foldo, gli infingardi, & i deboli che non poffono fopportare il Sole, & la polvere, ne {ono (non fenza vergogns > Fimandati a cah loro, cofi ancora, quelte Pictre tenere, & fenza nervo, ributtano; accioche ignobili i ripofino nel loro ocio primiero, & nella loro ufata ombra. Ancor che io trovo appreffo gli hittorici, che gli Antichi coftu- miarono nel. piantare i detti fondamenti nel terreno, & fi sforzarono con ognt loro indultria, & > che la muraglia fulle quivi per ogai conto quan= au fi poteva faldilfima, “come in tutto il refto dell alte mura. Afise Re delli Egittit figliuolo di Nicerino, che fece quella legge che chi fulle prefo per debito , deffe in pegno le offa del Pade; Havendo a fare una Piramide di mate 6 DELLA ARCHITETTURA ‘ i fondamenti , ficcd nel Paduile travi, & fopra vi pole Ge re wie ae Te te a i Diana in Efefo, havendofi elewo uno luogo piso & purgito, il quale be velle finalmente eflere ficuro da Tremuoti: accioche 1 fondanent, ‘di Gs china non 6 gitalfino a cafo in quel terreno tenero , & poco flabile, nanzi tratro vi fece nel fondo un fuolo di carboni caleatt. Et truove ol fto che vi fono ftati pient gli intervalli fra Pills Sali, diveli, & i fpeth Boni, & pillatiy & che ultimamente vi fon fate diflele Piette quadrate Jonghiffime congiunture. Truovo ancora appreilo di lero(olima ne fonds delle opere publiche, efler flati alcuni che vi pofono Pietre Junghe Draccia, n& meno alte che ferte & mezo. Ma io ho avertito che ii alte uelli_antiché efperitiffimi nelle opere molto grandi, tennero in. rien fondamenti vario‘ordine di egola. "Al fepelioo degli Antoni uftrono nel fondamenti pezzami di duriffimi fai, non mageiori che quelli, ch ono la mano, & gli feciono nocare nella ealcina: Nel Mereato Argent Ui pertami <¢ Opel fone di Plots Speveata: appreifo al Comitio, di. peze come zolle di Pietra ignobile. Ma a me Pisequono molko coloro i qual im tarono Ja natura, prello_a Tarpeia, & maffimo con lavoro. accommodatiff alle Colline: Percioche fi come ella nel fire de monti me(cola infra, le da Fietre le materie piu tenere, cofi_ coltoro vi polon forto un flare di Petre quadrate , quanto piu potevano falde, di duot pedi. Et fopra quelto feciong ancora quali uno tmaleo di ealcina, & pezzami, & cofi dipoi con un’ altro on dine di Pietre, & con un’ altro ‘di {malto, tiempierono i fondamenti » ho veduto ancora altrove che gli Antichi fecero opere di fondamentt mi con ghiaia di cava, & con faffi tagunaticci, & muraglie ancora faldilime che. durare_gran tempo. Disfaccendofi a Bologna una altilfima » & faldifie ma Torre, fi trovarono i fondamenti ripieni di fai tondi, & di ereta, che infino a quattro braccia, & mezo. Le altre cofe erano murate « caldnae perilche in quette cofe & varia Ia ragione, & quel che io piu lodi di quelley_ non ditb io cof facilmente trovando che I" una , & I'altta forte ® dutats gran tempo, & fermifima, & faldifima. Ma io giudico che fi habbia rifpetto al Teich) we Ge aoe yee, calcinacei , & cofe atte a corromperti. Sore i ancota altre fort di fondamenti: una f aiperta a Portichi, & a quel. Iuogh Gove (i hanno + mettere ordini di colonne: I” alita fi afpetta a quello che noi ullamo ne Iuoghi marictimi, dove non fi hi modo di erovare ¢ feerre cq me tu vorreti In faldezzn del tervengs elle cole maritime ne trarteremo ale. Ihora quando trarteremo del Porto, & del Molo da collocarfi nella profandits el Mare: Percioche quefto veramente fi afpetta non alla opera di Wit gli 2) fifi, della qual. coft noi parliamo in quello luogo, ma a una certa patticon lare parte della Citth, della quale tratteremo. infleme con I'alure cate thal a enere » quando _membro per membro tratteremo di fimill opete publiche, Nel forte foreo gli ordini delle colonne, non fa meftiere tire a dilungo folls tutta continovata ripiena di muraglia, ma & colt conveniente ine prima il luogo ove tu vuoi porre le edie, '& il Ietto di elle colonnes & dull Fone) auto gitare poi archi voltando il dorfo ai qual s'@ I'umo verfo fl pet fondo, ci modo che il ricintoy € 10 fpazzo del primo piano , ferva per conde dl ett archi - (Taw. 5,B ) Percioche ftando cof, faranno taneo. prance fore ly terreno in un luogo folo, poltevi fopra, & di qui, & di ly piu pefi, peri for | fificarmenti de gli Archi che in quetto modo fe. gli conerapottinne Br vuano He colonne fien atte a forare il terreno, & quanto elleng flere pericolofe, & aggravate da i pefi eet fopra, lo dimoftra la cantonata del nobile ae Gt Velpafiano , ‘ch’ & volta verfo'Y Occidente eftivo. Pereloche. honda hee + fo Tafcase lotto vora Ia vin publica, de potervi paflines, che reanea one Fats dalla cantonata, intralafciondo alquanto di fpasio dell pumas addate o LIBRO TERZO. 7 tara alla moraglia una volta y laciarono effa cantonata quaft che in modo d° pilafiro a lito alla via & [Paforsifcarono con fildezen di opera , & con alu: to di un barbacane. Ma quefta finalmente sforzata dalla gravezza di fi grande Giifcio , & mancandoli foro il terreno, & pel. Er a quelli fia detto a ba- 2a Che ef debbono lefciare Sfararoi apersi nelle mura grofft, da baffi, ad altos & Hs Beta bs cereal ca Ol foodieists, rel (ee parti Privcipali delle mura ; de ere modi del murare; & della mate- rity @ della forma del primo ricinto a piano. CAP. VI. Irtati i fondamenti, ne fegue dipoi il muro efpedito. NE qui voglio lafcia- fe in dietro quello che f apparione fi 4 riempire i fondament fia fix nife ancora tutte le mura. Percioche ne gli edificii grandi, dove la mole della muraglia ha da effere molto grofla, f hanno a lafciare nel mezo delle groifez~ ze delle mura, da fondamenti infino al difopea, sfogatoi aperti, & {pira- menti non molto lontani I’ un da !" altro, per i quali polfino liberamente efa- Jare fenza alcun danno della muraglia, i vapori che fi fullero generati, & ras sites Gee il eereso), fe alcuno per forte ve ne fulle. Gli Antichi in certi hi fimili, fi per amor di quefta fella cof, f ancora per la commoditi » ‘aceid (i porelle falire da balfo ad alto dell edificio, & forfe ancora per {pende- ye Manco, vi facevano dentro una {cal a chiocciola. Ma roiamo a propolito : infta il fondamento, & il muro fchietto, vi & quelta differenza, che quello iutato da lati delle foife, pud effere fatto di ripieno folo, & quelto altro i compone di molte parti, come io, dird dipoi. Le parti principali del muro fon quelle da baffo, che fubito fi cominciano ad alzare fopra i ripieno de fonda- gnenti. Quefte fe e’ ci fara lecito, chiameremo il primo ricinto tirato a piano, ‘© vero il ricinto rilevato da terra. Le parti mezane che cingono, & abbracy imo il muro , le chiameremo il {econdo ricinto. Le parti da alto, cict quelle, che tengono 1 uline impalcature, finalmente chiameremo comici. Infra ie ‘ncipali parti delle mura, 0 voglian dire pure le principali, fono le canto- hate, & le adattatevi , 0 poltevi pilaftrare, 0 colonne, qual altra cola fimi- Je fi voglia, che in cambio di colonne fieno poite in luogo da reggere le tra- vature, & “gli archi delle volte; le quali cof vengono wre foto nome di coffami: Sonci ancora gli fipiti di-qua & di Ta de vani, che fon quafi della natura delle cantonate, & infieme delle colonne . Olcra di quelto le coperture de vani, ciot i cardinali, © fiano par diritti, 0 pur traci in arco, fi annove- xano ancora infra le offi. Percioche io dirb che lo arco non @ altro che una trave piegita, & la traye non @ altro che una colonna potta in traverfo. Ma ‘quelle parti che fono interpofte , & fi truovano infra quefte principali, fi chia- meranno ragionevolmente i ripieni. In tutto il muro vi fono ancora alcune co fe che fi convengono a qual s'@ I’ una delle parti, che noi habbiamo raccon- te, cio’ il ripieno di mezo del muro, & le Are horze y 0 vogliamo dire cor- teccie da amendue le parti , delle quali I’ una di fuori ha a ricevere i Soli, & i venti, I’altea di dentro ha a mutrire I’ ombra della pianta. Ma la regola delle corteccie, & de ripieni 2 varix, fecondo Ia varietd delli edificii . Le mae niere delli edificii fon quefe. Lo ordinario, lo amandorlato, & I’ incerto: & = far alquanto a propofito il detto di Varrone, che dice, che i Tufeulani folevano fare le muraglie da Villa di Pietre; ma in Gallia, di matroni cote Snfea i Sabini, di mattoni crudi; in Spagna @ facevano le mura di Terra, & i Pictee. Ma di quefte ne tratreremo altrove. La muraglia ordinaria & quella y nella quale le Pietre riquadrate, o vero le mezane, © piu preito le molto H gran 38 DELLA ARCHITETTURA i, fi murano in modo, ch’ elleno fieno pofte con le loro faccie He isepolo. Reset li asthapentelo fecodo W sttst moraglia @ la piu ferma,, & Ja piu conilance di tutte Paltre. Ta muragl Borlata & quella, nella quale le Pietre riquadrate, o vuoi mezzane, © piu prey, minute, {pongono non a diacere fopra un lato, ma flando fopra un Cantos eh no la fronte, fecondo il regolo, & il piombino. La muraglia incerta & Frclla, nella quale le Pietre roze , fi congiungono in modo, che qual s€ ar. fo det Pee quanto ¢'poll coh Ia fo facia acco i piu che po a delle altre Pietre, che gli fono a canto: quelii fi farti accoftamenti di Piete tufiam noi nel laitricare delle ftrade. Ma quefte maniere {{ debbono in vat Taoghi ufare variatamente: Percioche al primo ricinto tirato a piano fopra il tere reno, non faremo le corteccie, fe non di Piette riquadrate molto grandi, & molto dure ; peroche havendo ad effere la muraglia,, quanto piu & puo intera, | & falda, in tutto effo muro_non & luogo alcuno, dove bilogni n& maggion faldezza’y nt maggiore ftabilita che in queto: anzi fe tu potrai havere una foe Ia Pietra’, lo fermerai con ella, 0 veramente con quel numero di Pietre, che fia piu che fi puo vicino alla integrith , & perpetuith d’ una fola Pietra. fi maneggino , 0 muovino Je Piette grandi, alpettandof cid alle maniere dell fomamenti, ne tratteremo al {uo luogo . Ma tira, dice Catone, Ia muraglia di Pietra dura, & calcina fino a tanto, che I’ edificio efca fuori del. terreno un picde, & I altea parce della muraglia non ti vieta, quando bene fi facelle di Mmattoni crudi, Et @ manifelto che coftui fi metteva a fare quelto, perche le gocciole dell eque plovane che cafang, da feu» radono quell pate del Touraglia. Ma quando noi siefaminiamo gh edificii degli Antichi, & v { aluove in molt Ioght» le pati da Ballo de. eli eit ben fai, ele te ti di duriffime Piewe; fi ancora appreffo dj quelle genti, che non hanno. pau ra delle ingiurie delle ogee eflervi ftati, cio’ in Egitto, chi ufava di fare Te bife forto le Piramidi di Pietre nere duridime, fono forzato a ricercare la ofa piu largamente: Percioche , fi come interviene nel ferro, & nel bronzo y & in altri {imili metalli, che fe f piegano piu, & pis volte in qua, & in | a contrario I'una dell’ altra, affaticandoli, aperti alla fine fi rompono: Coft ancora Je altre maffe offefe, da fi farte ‘{cambievoli offenfioni grandemente fi guaflano, & fi corrompono: la qual cola io ho confiderata ne ponti, & maffe mo di Legnami: Percioche quelle parti, che per la varieth de temporali, fon hhora fecche da raggi del Sole, & da fisti de venti, & hora humide per i not tumi vapori, o per I'acque, ‘noi le veggiamo certo comfumate prellamente, intarlate del tutto. Il medelima fi puo vedere in quelle parti delle muraglie , che fono vicine al terreno, che per le {cambieyoli alterationi delle polveri, & delle humiditati_ s' infracidano , & fi rodono. Perilche io delibero cofi, che tutto il primo ricinto dell’ edificio tirato a piano, fi debba fare di dure, faldile fime, & grandiffime Piette, accioche e’refti ficurifimo contro le {pelle off ni delle cofe contrarie: & quali ficno quelle Pietre che fono duriffime, le tie contamma a balfanza nel fecondo libro + Thal Come fi generino le Vietre, come le ff commertino , & congiangbixa infieme © quali fens de pin gagliarde, & quali le otddals a CAP. VIL porta certo grandemente, con quale commettitura, & con quale cole wento fi mettino elfe Piette in opera, in cotelto, in altro Iogas fi come nel Legno,, cofi nelle Piette ancora fono’ & vene, & ni & altre parti piu deboli: anzi & manifeltiffimo, che i Marmi fi fendono, & é torcono. Sono nelle Pietre pofteme, & faccate di materia putrida, la quale ma 1 LIBRO TERZO, 39 teria col tempo rigonfia (fi' come io penfo) ineupparafi di humidith dell’ oxia, che ella ha fucciata, onde ne feguitano piu gravi polteme, & guaftamenti di colonne. Perilche, ‘oltre a quelle cofe che delle Pictre a lor luogo di fopra tratammo, 2 di neceffita conofcere, che le Pietre fono (fi come noi veguit- mo) create dalla natura, ftando effe bocconi , di materia , come effi aifermano , liguida, & Muibile; la quale elfendo a poco'a poco creftiuta, & induritay ri- ferva fla maffa le prime figure delle fue parti. Di qui & che in effe Pierre le BES; di foro fono i compcelli piu gavi, & maggion, che quelle i foprag t vi intracorrono vene fecondo che la materia polta fopra I’ altra materia, f firinfe infieme. Quelle cofe che dentro a le vene fi truovano, o fieno elle ve- xamente ftiume della prima congelatafi materia mefcolata infieme con le feccie ella fopragiuntavi materia : 0 flano pure quale altra coli. fi voglino, non ha- vendo permeifo 1a natura che cofi diferepanti s*uniffino del tutto infieme, non SX maraviglia che fieno atte al fenderfi nelle Piette. Oltra di quefto, fi come Gl fatto da per fe ftelfo dimoftra, & % manifetto per I’ ingiuria de tempi (per aireah) accioche ‘not non andamo rieereando cole piu reconilite, tute 1 cor Pi compotti, & ammallati fi disfanno, & {i rifolvono: Cofi ancora nelle Pictre Quelle parti che fono efpolte a folferice le tempefte , fono piu atte a macerarfi, & a putrefarfi. Le quali cofe elfendo cofi, vogliono che nel collocare le Pie- tre fi avertifca di porre contro le offenfioni delle cofe contrarie , quelle faccie delle Pietre che fono faldiffime, & che non fono atte ad elfere cofi preito cons fumate, in quelle parti maffimo dello edificio, che debbono effere Je piu ga- gliarde | Non fi porra adunque la vena per ritto, accioche per i cattivi tempo Tali le Pietre non fi feoreccino. Ma meterall a gitcere dilefa, sccoche sg gravata per il pefo delle di fopra, non apra mai in luogo alcuno. Et faccia che Fella cava era piu afcofa, fi debbe collocare in modo che refti allo feoperto= Percioche ella & piu fugolz, & piu forte. Ma in tutta la Pietra di cava non fi trovera faccia alcuna piu atta al fopportare, che quella, che fi ftaccher\ non pet il filone della cava, ma che taglierh a traverfo la lunghezaa della giacente Foalla. Oltra di quelto te cantonate per tutto'lo edificio, percioche elle _deb- Bono effere oltra modo gagliardifime, (i debbono fare di muraglia faldiffima: Goncio fia certamente, che (¢ fo ne giudico bene, ciafeuna cantonata ® la. me- th del tutto dello edificio, Perd che il mancamento di una cantonara non pud fuccedere fenza il danno di amenduoi Ii lai. Et fe tu confideri quetto, ra troverti fenza dubbio, che quali nelfuno edificio & cominciato a rovinare per altco, che per il difetto delle camtonate . Confideratamente adunque ufarono git ‘Antichi di fare fe cantonate pir groife che le mura; & di aggivgnere ad elle y alie piu ferme ne portichi dove {ono le colonne. La faldezza della cantonata adunque non fi defidera perche ella regga la copertura (percioche quelto & Plu tolto ufficio delle colonne, che delle cantonate): Ma principalmente pet~ Che le mura fi mantenghino inlieme. a fare gli officii loro; & non fi_pieghi- ho da aleuna delle bande dal filo del piombo. Sart adunque quella can tonata, di Pietre lunghiffime, & duriflime che fi dilatino per la lunghez~ zi delle mura a. guile div braccia, & div mani; & (iano larghe quette Piee ‘tre fecondo la larghezza delle mura ; accioche nel mezo non vi fa bifogno di ripieno alcuno. Egli & cofa conveniente ancora, che nelle mura, & ne lati de vani, fiero offami fimili alle cantonare, & tanto piu faldi, quanto che haranno’a flare forro a pefi maggiori: Et fopra qutto bifogna lafcia~ re morfe, cio® alcune Pietre di qui, & di Ia, che fportino in fuori da Vuno ordine fi, & dall*alrro no, delle Pietre; quafi che aitamenti, & ap= piccamenti a foltenere il reftante dello altro muro. Ha Dis 6 DELLA ARCHITETTURA Dele porci de frimestiy delle coricsiey de riptaiy delle fori lire CAP, VIIL E parti de finimenti fono quelle che noi dicemmo che communicano a 1 to ill muro, cio’ le corteccie, & i ripieni; Ma le corteccies, alcune & a Jato di fuori, & alcune al contrario da lato di dentro. Se tu farai di fuora di Pietra durifima, ti gioveri molto quanco al darare eteraraente tre a quefto in turci i finimenti fiano di qual opera fi voglino, o aman 1, 0 di Pietre rozze , io non ti riprenderd, pur che tu metta rincontro a idiofifimi, & nociviimi © yuoi Soli, o moleitie di venti, o ver i fuochi, 0 alle brinate quelle Piette, che per Joro natura fono gagliardifi a refitere all’ impeto, al pefo, & alla ingiuria; & in que’ Juoghi mafimo | debbe porre materia al tutto robuitiffima, donde nel cadere da canali de tetti, © dalle grondaie Je pioggie maggiori fieno da venti sbattute nella_muragliay vedendofi per tutto ne gli edificit antichi, per Ja ingiuria di fimili fpruzagliet effo Marmo (per dir cofi) eflerti grandemente rofo, & quali confumato tutto. Ancora che quafi tutti gli Architettori intendenti , lcre a ftx ingiuria, ufarono di raginnare le acque de tctti, & riftringendole in cans Hi, condurle , & levarle via» Et che piu? gli Antichi noftri avertirono, che gni anno nell’ Autunno le foglie de gli alberi cominciano « cadere prima quella parte ch’ & volta ad Oltro, & a mezo di. Noi habbiamo confide tutti gli edificii confamati per Ja vecchiaia effere cominciati a rovinare di ve Oliro. Er la cagione, perche cofi avenga, & forle, perche I' ardore,. Timpero del Sole, mentre che |’ opera era ancora in Piss, confiund.troppa Preto il nervo della calcina. Aggivgnefi, che per i fati d’ Oftro, ‘hee itofi piu, & piu volte il muro, & per gli ardori del Sole sibollivo. mare itofi, alla fine fi corrompe. Contro a quefte adunque , & fimili altre’ ingive Tie, fi debe efporre materia atta, & gagliandiffima. Quelto penlo io, che Principalmente fi debba offeryare, cioe tirare per tutto Jo. andare della mura glia, gli incominciati filari ugualmente, & non con Cifsguaglianza aleuna accioche ella non fia da mano deftca di Pigtre grandi, & da finittta di Bios Te: Percioche e' dicono, che la muraglia per I’ aggiunta di nuovi peli fi fere ya infieme, & Ia calcina nel rafciugarfi, per il troppo. aggravamento non fa Ia. pref; Onde & di neceffirh, che nella opera fi {cuoprino warii difetti. Ma io non ti vieterd git, che tu non facci la corteccia di dentro infieme con tutta facciata del muro, di Pietra piu tenera, ma facendo qual corteccia tu yuoly @ di dentro, o di fuori, ella debbe cirare in moda, che ella fin diflelu, & finita , fecondo Ja fua linea, & il fuo piombo. La fua linea fark quella, ch corrifponderk pari per tutto, al difegno della pianta, talmente che ella in cuna delle fue parti, non sporti in fuora, né in alcuna fi titi in dentro, fia in alcun ‘luogo a onde, nm? in alcuno luogo non diritta, & bene ta & perfettamente finita- Se nel murare, & mentre che la muraglia § frefcay tu I arriccierai, ti avert’ di poi, che quale fi voglia intonico, © imbiancatura , che vi aggiugnerai , fark un lavoro da non fi confumare mai Duoi fono i generi de ripieni: I" uno. & quello, mediante il quale €| fiempiono il vanoy che refta tra le comeccie, di calcina, & pemami alla rinfufa: L' alto @ quello, mediante il quale con Piette ordinavie, Toze , murano pi tofto che ¢' riempino. L’ uno, & I altto f vede che ato trovato per malleritia:: conciofia che | metia ogni minuto, & piccolo fo in quelia parte delle mura, Ma fe egli averra. chee vi fia abbondanza Pierre grandi, & riquadrate, chi fark quello che {pontanamente fi vogli 5 vice di pezzami, & di minutami? Et cerramente in quella fola cofa fono dillee enti glt olfami delle muraglie » da finimenti che infra I" una, 1" alera comeee a LIBRO TERZO, rh cia di que, G riempie di qual fi voglia fpezzato, & guatto fallo., quali com me con opera amaffata a cafo, & tumultuariamente fatta: Ecin quelli ali, non fi melcolano alcuni o pochillimi fati rozi,.ma tutti, & in ogni luogo ine fino dentro, {i murano di opera ordinaria- lo’ vorrei piu tolto che e° ri fino il muro per tutto, con tutti gli ondini di Pietre quadrate , accioch’ egli ddurafe eternal, niente dimeno » ‘fa qual fv voglia vano iia le corteccie delle mutay che tu habbi ordinaro di riempire di Pietre, avvertifei quanto piu puoiy che i filati fi tirino per tutto uguali. Et oltra quello fara bene che dalla f= cluta di fuor 2 quella di dentro mestino non troppo rade» alcune Fiete ordinarie che abbraccino tutta la groffezza del muro infino alle corceccie, & che le leghino eambievolmente infieme, accioche i gittativi ripieni , non Spine ghino Te Jponde delle corecie Olervarono gli Amtichi nel sire i ripen» fi non gli gittare (con una fola continovata gittarura) piv altt che cinque pic= di, & di ragguagliaevi dipoi fopra con un filare Onde la muraglia venitle quah riliretta , & ticinta di nervi, & di legature, accioche fe cofa aicuna © per di- fetto del Macitro, 0 per altro accidente, cominciaife in turta quella guratura ad awvallare, non habia a tirarfi fubito addolfo il pefo deli’ altre cole, che di fopra I" aggravano, ma habbino le cofe di fopra quali una nuova bala, da fermarvili. Ultimamente ne avertifcono, il che apprelflo di tutu. gli Antichi a io molto offervato, che ne ripieni non fi metta Pietre, che paflino di fo la libra; percioche e* penfano che le minute fi unifchino piu facilmente y fi ino meglio alle congiunture, che le grandi. Et faccia a quetio pro- polito quello, che appreifo di Plurarco fi legge del Re Minos; Percioche hax vendo cottui divifa la Plebe in arti, teneva per cola certa, che ogni corpo in uante piu minute parti fule divilo, canto piu facilmence, & piu a {uo piacere potell iare, & trattare. Non penfo gid che fia da fhimare poco, che tutte le concavita fi debbono riempire, & che e’ bifogna per tutto im ogni mi- nimo luogo rinzaflare , fi per altri conti, fi ancora perche gli non vi poflino entrare a farli nidio,, & che ragunatevid ribalderie, & femi, nafchino per le mura fichi falvatichi.’ Egli & cola incredibile a dire quante gran moli di Piewre, & quali mafle io ho viite fmoife da una fola radice d una pianta. Tut- te quelle cole adunque, che tu hai a murare, fi debbon & legare , & riempie- xe diligentiffimamente. , De ricinti di Pictray eet legamento, @& del fortifcamento delle con mode fi ferrino infeme molee Vierre per faldexza del maro.. © in che Ee i ticinti oltea di queto f metrono_ alcuni legamenti di Pietre magaio- i, che legano infieme le corteccie di fuori, con quelle di dentro, & allac ciano gli offami, con gli altri offami, come fon quelli, che noi dicemmo che fi dovevano ‘mettere a ogni cinque piedi. Sono ancora altei ricint) di mu ray & quelli in yero principali, che fi tirano per tutta Ia lunghezza della mus _ raglia per abbracciare le cantonate, & per) aiforzificamento dell’ opera: Ma queiti ultimi fi fanno piu di mado, & in un muro folo, non mi ricordoha- verne mai vifi, in alcuno Iuogo, fe non duoi, o alcuna volta tre~ Er il fito, &la foodie lor fedia, 2 in ultimo ‘della muraglia, come cornice di ella, a rende! oe immune, di quelle piu fpetle congiunture ; eifendo cute i derti ri- cinti uguali, di cingue piedi I'uno, & oon fidifonverrs fe ef faranno le Pietre fottili- Ma in quelti sltei ricinti, che noi chiamiamo comici , quanto elleno fono piu rade, & quanto piu d’importanza; tanto piu groffe , & piu gagliarde Pietre. bifogna mettervi. Defiderafi in amenduoi , fecondo il genere loro, Pie~ ue Tunghifine larghidime, & fadifme. Ma queite minor’ fi collochersnno b2 DELLA ARCHITETTURA in modo, che elle convenghino a piombo, & fecondo il regolo, con I’altfe corteccie del muro: Ma queite altre, imitando le comici, geranno la fronte in fuora. Quette cofi fatte Pietre, molto lunghe, & fo larghe , fi_ pougano con I'archipenzola ; & fi congiungono con # flatt niflimo, quafi che come poftovi fopra un pavimento, fi cuoprino le cole. rate di forto in quetto luogo la commettitura delle Pietre, quando e’ di fopra qual fi voglia ultima Pietra, fi adatta, & commette ralmente inf che if mezo.di ella, venga a. punto a Ia commettituea delle due a foresee a la faa lunghezza da amendue le bande (Tov. 6.). La quale comm titura di Pietre, non effendo da eifere fprezzare per tutta la muraglia; & ve _mafiimamente offervare ne ricinti. 1o ho avertito , che gli Antichi ono neelle opéte amandorlate; tirarvi il ricineo, che fulle di cinque ori i mattoncini; 0 non punto meno di tre, & che tutti, © almanco uno dine, fulle di Pietre , non piu groffe che I? altre, ma bene piu lunghe, & larghe. Ma nelle muaglie ordinarie di mattoni,” io ho veduto a ogni cing Piedi, effere ftati conrenti in luogo di legatura, di uno ordine di mattoni grndezza di duoi piedi. Ho vilto ancora chi hi fpatie per le mura pialtre Piombo, molto lunghe, & molto larghe ; fecondo la groffezza del muro, cid faccino legamento. Ma nel murare Piette molto grandi, io veggo. che & fono contentati di rcint piu tari anzi quali folamente delle corni fare le cornici fe ancora ricingono la muraglia, con fermiffima atta 5 effe d” alcuna di quelle cole, che noi habbiamo. lette infino a qui di effi ricinti; cio’ che in quefte non fi metta Pietra akue na che non fa lunghiffima, larghiflima, & faldiffimas & fi adartino con come mettitura continovara , & bene commelfa ; fpianati i flari {econdo Pee 2olo, & ridottili, & pareggiatili con. i] regolo; ciafeuno. fecondo il {uo bilo gno: Er tanta maggior cura, & diligentia in cid debbi porre ; quanto che Je Ficingono I opera, in eifo luogo, piu atto a rovinare . I tetti ancora hinno ¥ ufficio loro nelle murx; & di qui @ chee’ dicono alle mura di mattoni rue ai, favyi_una comice di i i ‘ grondaie {© acqua alcuna vi cade‘fe, non gli nuoca; ma fieno difele dallo: {por tare in fuora d' effa comice. Et per quella cagione fi debbe in gual fi vo Tuogo di tuto il reflo del muro, avvertire, che la comice gli iia quali ¢ r tetto, ben murata, & ftuccata per tutto; accioche ella {ea ingiurle delle pioggie. Bifogna confiderare ancora, con quale afforzi & con quali (ortegni fopra una faldezza di muro,’ ritenghino, & f mettine infleme molte Pietre. Et certo quando io confidero, ¢ mi pare che a fire queto, la_principal coft habbiamo bifogno della calcina. Ancora che fecondo me, non G debba congiugnere ogni Pietra con la caléina: Percioche i Marmi nell’ elfere tocchi dalla calcina, non folamente perdono la candidezea Io ma fi macchiano di brute, & fanguinofe machi lls bianchezsa nel Marmo, che @ gran fo; che penfi? § fumi Megna; tocco da olio lido 5 bagnato da no rolfo, diventa pagonazzo ; fe & rocco da’ acqua aera legno del callae gro, infin dentro divenra nero., & i guafta talmente, che dette macchie, ROW ne vanno per raderlo che fi fiecia. Per quelo Bi Anh uivano mer tere 1 Marmi nudi in opera quanto piu potevanos fenza punto i quel, ‘ne diremo i poi ht Porevanes deme, punto ll calcion LIBRO TERZO. 6 Del wero modo del murare , & della cowvenientia che banno te Tiere con la rena. GAP. x, He appartenendofi a officio di pratico Maeftro , .non tanto fcegliere le cor fe piu commode, quanto d’ ufare attamente,” & commodamente quelle ‘che gli baftano; Noi feguiteremo difeorrendo in’ quella maniera, Tu hai da fapere, che quella calcina @ cotta a baftanza, la quale bagnata, & poi dopo il caldo fpenta, immitando Ja fchiuma del latte, ingroffando ture le zolle rigonfias Di non effere flata in macero a baltanza, te ne da- ranno inditio i fafolini, che nel mefcolarla con la rena vi ‘troverai. Se tu gli darai piu rena che il bifogno, per la afprezza fua non fard prefa. Et fe w gliene darai manco, che non ricerca la forea, & Ja natura fua reflark come una pania per Ja liquidezza, cattiva; & ti obedira mal v. entieri. Metterai la calcina non bene fpenta del tutto, & per qualche al- tro conto piu debole, con manco danno ne fondamenti, che nelle mura; & ne ripient, che nelle fcorze. Ma dalle cantonate, & dalli olfami, & da i ricinti bifogna levar via ogni calcina che haveife ‘difetto alcuno , benche minimo; & ne gli archi mafimo, fi debbe mettere fidatifima. Le cantonate y & V'olla, & i ticinti, & le cormici_ricercano la rena piu minuta, piu for tle, & piu pura, & maflimo dove fi mettono Pierre pulite. I ripieni_non ricufino la materia piu ghiandofa. La Piewa arida di fua natura, & fie tibonda, non ha mala _convenienza con la rena de flumi. La Pietra humida ¢ natura, & acquidofa, ameri molto la rena di cava. Non vorrei che ja rena tolta del Mare, fi metteile di verlo Oftro: forfe che ella piu com- modamente i clporri a venti tramontani. A qual G voglia Pietra minura , § debbe dace 10 inuifo piu magro s alla "Pietra elu, & anda 5 f debe dare piu geafo: Ancor che gli Antichi peniallino, che per tutta la mux raglia, un fi fatto inteifo alquanto graffetto, fuile piu renace che il ma- ro. Alle Pietre maggiori non fi pon fotto fe non intrifi liquidi, & lulibili, quali per ripieno ; accioche fimil materia vi paia pofla piu per let- to movibile, fopra il quale le s’ hanno a pofare, che per altro: Onde men- tre le fi adattano, fon certo piu facili ad eflere moffe dalle mani de gli Arte- fici, che per congiugnerle infieme le maneggiano. Ma gioveri certo molto il mettervi (eto sicun leno fimile , quafi che tm morvido gua accioche le Piewe, foro il graviffimo pelo, non fi infranghino. Sono alcuni, che dove e* veggono hor qui hor Ia nelli edificii antichi, Pietre grandi commoife infieme che fra le loro congiunture par che habbino terra rofla; {i penfano che gli An~ tichi la ufaffero in cambio di calcina. Quefto non mi pare verifimile , & mafli- mg per quelta digione, che io non veggo amendue le loro fuperticie, ma una fola intrifa di tal materia. Accade ancora circa le mura alcuna altra cola , da non fe ne fare beffe. Imperoche e’ non fi debe fare un muro con furiola preftezza, & ammalfarlo quafi con mano tumultuaria, {enza levame le mani; Ne fi deve ancor , incominciata I' opera, mandarla in lungo con pigra infin gardaggine ; che e” paix quafi che tu muri malvolentieri; ma fi debe fegui- tare il lavoro, con modo, & ragione, che vi fia una certa preflezza, con- junta infieme con maturo configlio, & diligenza. Quei , che finno , vietano jo alzare dello edificio, fino a tanto che quella parte, che era facea prima non habbia fatto bene la prefa: Imperoche il lavoro frefco, & tenero elfendo ancora debole, & refolubile; non potrh mai foportare quello, che tu gli mus rerai addoff. Puolli cerramente vedere che le Rondini ammaetrate da la nav turz, quando fanno i loro nidi ; non pongono mai a cafo le prime loro jaftrature ne palchi; le quali fervano per fondamento , & bafa dell’ opera ro; me pongono ancora ‘a cafo le feconde impiaftracure addoffo a ae 64 DELLA ARCHITETTURA : ma intralafeiando I’ opera, fino a tanto che i loro primi inpiaftramenti fi feng fecchi, maturamente, & fenfatamente dipoi edificano. Dicono che la caleing ha fatto la prefa quando ella ha gittto fuori una certa lamugine » © vero ug flore, condfciuto da Muratori. Di quante in quante braccia i habbia a inte Mieke i lwverre ce ne avverics Ia groffezzn deffo muso, & la temper del luogo, & del Cielo. Quando tw giudicherai da doverfi intralafciare , Prin Is fommith dello edificio con Strami, accioche il vento , 0 il Sole noy Ponfumi il nervo della calcina, & la faecia piu toito diventare vam, che rar faiugarll, © fare prela in debito tempo. Quando tw ricomincerai a mursrvi, ettavi molta & molta acqua chiata; fino a nto, che la fi inzuppi bene: Et che Je polveri ff mandino con I'acqua via} accioche non vi menti da generae fichi falvatichi. Non & cofa alcuna che piu faccia 1’ opera foda , & Mabile, che il bagnare le Pietre con molta acqui. Ee dicono che Ja Pittra non 2’ ben bagnata, fe rompendola non tuovi le faccie fue inn bene adentro humide, & quali diventate nere per tutto. Aggiugni 2 quee fle cole, che nel murare, in tutti i luoghi, ne quali forfe alcuno_potelle deliderare, 0 per varie commoditadi dello edificio, © per fuoi piaceri alta vani, gia per lo andare delle mura; bifogna tirare archi, forto i quali few vato'di poi il muro, habia I’ arco (icura & nata con effo lui fedia da tie i. N8 fi pud dire quanto Ia forza, & i nervi della muraglia fi indebow hind, toltane via alcuna volta una pietruzza ben minima. Ex certo ‘ci verre fatto che noi attacchiamo una muraglia nuova ad una vecchiag talmente che non (i aprino I'una dall’altra. Er per quefla magagna non fi wud dire quanto il muro indebolito, diventi pronto al rovinare. Il muro gtof fo non ha bifogno di armadure, © ponti, conciofia che per la fua za dk occalione a Mac@tri da potervi tare fopra . | i Del fore le mara con saris soft» dhl mode dello inrnicarey delle fpanghe, de rimedii loro, & della antichiffima legge delli Architecsoriy @ de rimedii da febifare i pericali delle Sactte « CAP. XL Oi habbiamo trattaro del legitimo modo del murare; con che Pictee cere to fi innalzi; & con che calcina fi muri; Ma havendofi a maneggiare Aiverfe forti di Pietre, alcume le quali non fi murino con Ja calcina, ma con Jo flucco; & alcune altre, che fi commettino inita loro fenza intrifo di fort alcuna ; Er fieno oltra di queto alcuni altri modi di edificare, che con i th | pieni foli; & alcuni che con le corteccie fole fi finifthino, & fimili; ne tat | teremo breviffimamente. Le Pietre che fi hanno a murare con terra, bifogat che fiano quadre, & molto aride, & a quetto non & cof alcuna piu comino> da che { mantoni, © cotti, © piu prefto crudi ben + TL muro fatto di muttoni crudi, @ molto atto alla famith de gli habitatori; & ellendo conto & fuochi ficuriffimo, non @ anco molto commolfo da Ttemuoti. Ma il medefimoy fe e' non fi fa groffo, non regge alle impalcature. Per quefto comandava Gi tone, ch’ ¢’ vi fi tiraffino alcuni pilaftri di Pietra, che reggeflino le travi- So- no alcuni, che defiderano che il loto con che hanno a murire, fia fimile al bitume; & credono che quello fia ottimo, che meffo nell’ acqua fi rifolve & dagio ; & che malvolentient fi fpicchi dalle mani; & che fi riferri molto, qua do fi fecca. Altri lodano piu il renofo, perche egli & piu trateabile. Qué fto fi fatto lavoro bifogna di fuori veltirlo hoe di calcina ; & di den- Gro, fe ei piace, Af gelfoo di terms bianca. Et perche quella piu, adst mente fi accoiti, fi debbe nel murare, metrere ne feffi delle congiunture ale ‘uni pezsuoll ai matoni tor in queto Iuogo, & hor in queta altos che por LIBRO TERZO. 6 fportino in fuori, come dentelli; accioche Ia cotteccia. meglio. vi fi attenga . Le Pierre ignude, debbono effere, & quadrare, & maggion che I’ alere, fal- de, & fermillime; nel murare quefle, non aceateono alcuni ripieni : Ricerca ‘no gli ordini giuttiffim’ con commettitura perpema, & vi fi debbono mete re legamenti {pelli di {pranghe, & di pemni- Le fpranghe fon quelle che con- giungono le Pictre a due a due, ugualmente ee & che Je unifcono per ordine. L perni fon quelli, che fitti nelle Pietre, & di foro, & di fopra, procurano che per avventura gli ordini delle Pierre non efchino I uno trop- 30 fuori dell’ altro: Non biafimano le fpranghe, & i perni di ferro; Ma io ho confiderato ne gli edificii de gli Antichi, che il ferro fi guafla, & non dura; ma il rame dura, & quali fempre fi mantiene eterno. Oltre a che io hd avertito che i Marmi per la ruggine del ferro, fi guaflano, & a tomo ad ello fi rompono. Veggonfi ancora {pranghe di legno_ melfe nelle Pictre delle antichitime muraglie; le quali io giudico, che non fi deb- ino. polporre a quelle di ferro; Le di tame, & di ferro fi fermano con iomba ; quelle di legno , fono aflai ferme per la forma Joro, perche e’ le pial Jano, & acconciano in modo, che per Ja fomiglianza fi chiamano a coda di rondine. Debbonfi collocar le fpranghe talmente, che le gocciole delle piog- je non vi poling penetrare. Et penfano che quelle di bronzo fi faccino fermiffime contro alla veechiaia, fe nel gittarle vi fi mefcolerd delle trenta pari una di Magno; & temeranno manco 1a ruggine {@ le ugneranno con bitus me, © con . Affermano che il ferro fi tempera nella biacca, gello, & pect liquida; accid non arrugginifea. Le fpranghe di legno, unte di cera pur ra, & di morchia non fi guaftano. To ho veduto dove egli hanno mello nel capo delle fpranghe troppo piombo , & molto caldo; che le Piewe lotto vi fono feoppiate. Ex eroverai ne gli edificii de gli Anrichi mura tirate molto fermiffime per tutto, folamente di ripieni: quette fi tirano come quel~ Je di terra. Et ufavano in Affrica, & in Spagna, adartando da I’ un lato, & F altro duc tavole, 0 graticei , in cambio di fponde, tenervele per corteccie y tanto che Ia poltavi materia facelle Ia prefa. Ma fono in queito differenti che qui ulano metterci uno intrifo di ealcina , & pezzami liquido , quali che ondeggi ; & quivi calcano con i piedi, & con i pali da fpianare, una terra vifcota fata trattabile con haverla inhumidita, & rimenara ailai, In quelto Juogo ancora per collegamento vi mettono ad ogni tre piedi, quali come pea~ yam certe Pietre maggiori, & maflime ordinarie, o yeramente {pezzate a can~ ti vivi; percioche le Pietre ronde, fe ben fono’ contro le ingiurie robuite ; fe non faranno cinte intorno di molti aiuti, faranno in ciafcuna muraglia molto infedeli. In quello altro luogo, cio’ nelle mura di terra, della Afftica, me- feolano con il Loto la gineltra, 0 il giunco marino , opera da farfi maraviglio- fa. Percioche ella fi mantiene incorrotta da venti, & le pioggie- A Pr di Plinio & vedevano fopra i gioghi de Monti Torricelle di terra, & luog! da (coprite pacte , fatte infino a’ tempi d’ Annibale . Noi facciamo le fopradet- te crolte (per chiamarle piu tofto cof, che corteccie) con graticei & ttuoie farte di canne, non frelche ; opere non magnifiche certo, ma ulate per tut- to dalla antica Plebe Romana. Impiaitranfi i graticci infieme con loto rimena> to tre giomi con le paglic ; dipoi (come poco fa ti diff) fi veltono di calci- nay © di gello: Finalmente fi adornano di Pireura, & di Statue. Se mu mel colerai per mezo con il geffo la terra cotta, & pela; temera manco le fpruz- zaglie. Se tu lo mefcolerai con la calcina, e' diventa piu gagliarda: Ne luo ghi_humidi, alle brinae, & a freddi flo & difutile del tuto. Reltaci ‘quafl_ come Uno epiloga, che io racconti una legge apprelfo de gli Architertori antichilfima; In quale io giudico, che fi debba offervare, non altrimenti che Ie rifpoite delli Oricoli. ‘Et & quelta: Poni foreo le mura fondamenti fecmiff- mi; Fa che Je cole di fopra, flieno a piombo fopra quelle di foro, Sopra il I ame 6 DELLA ARCHITETTURA mezo del centro; Ferma le cantonate , & li offami delle mura da balfo i 44 alt di Plere forifime ,& faldifime Spegni bene le ealcinc Non mua re le Pietre in opeta fe non bagnate perfettamente ; Metti le piu dure di very que’ lati onde polfono venire le offenfioni: Tira la muraglia' a. flo con Wap chipenzolo, & con il piombo: Procura che fopra le commettiture delle Pietre Gi forto, venga il mezo della Pietea di fopra: Merti ne gli ordini le Piewe tee tere, & nel inezo del muro riempi di pezzami: Lega i filari con fpelle com. mertiture di Pierre . Et quetto balti haver derto delle mura. 10. vengo a dite del Tetto; ma non vortei pretermettere quefio, il che da gli Antic i intendo effere ftato grandemente offervato: Intra le cole naturali ne fono alcune, che hhanno cette proprieth da non fe ne far beife, come & che e'dicono, che ix faetta non ferifce main? lo Alloro, ré la Aquila, né il Vecchio Marino, Sono alcuni, i quali forle penfino, che fe quelte cofe fi mettono nelle muragliey Je non faranno percoffe, & non (entinanno faette. A me certo pare, chee i polla {perare queito , ‘al pari che credere quello y che e’dicono della” Ranoe- chiella, che rinchiufa in un vafo di rerra, & forterrata nel mezo d’ un came + feacci dalle femente gli Uccelli; & che e il frutro Oitro { ewe in cx ee rende i parti difficili; & che chi fi mette in cafa le frondi dello Ocmonio Gi Leto, fa vente fuflo di venie & vor tno alu» the ne conde | morte. Hora tomo a propofito: qui bifogna raccontar quelle cofe, che noi raccogliemmo infieme, quando trattammo de lincamenti de gli edificil. De Testi di linee driste, delle Trani, de correnti , & del congingnere infeme gli fami. CAP. XIL E coperture adunque , ne fono alcune allo {coperto, & alcune al coperto; le & alcune di quelte Yon farte di lince dieine, aleune di Hnee torte, ® ae cune mefcolate di amendue. Aggiugnerai a quefto, i] che non fark fuori div propofito, che le coperture fi fanno o di Renae © di Pietre. Comincie= remo a parlarne prefo il principio da quelto, che noi deliberiamo effere un cer to che, che s* appartenga proprio al difcorfo univeriale d’ ogni copertura y & | fia di quefta maniera. A qual tu ti voglia paleo, © tetto noi diremo eflervi & ofa, & nervi, & finimenti, & corteccie, o crofte, non altrimenti, che nel muro; nientedimeno che quelto fia cof, confideriamolo dal fatto telfo « Primieramente per cominciarci da quelli, che e fanno di legname, & di line diritte, veramente nel porte le coperture, bifogna mertere da muro a muro sagliadiffme ravi & non negheremo (come poco fi dicevamo) che le {ena colonne polte per il traverfo. Le travi adunque faranno in cambio di ollie mis che fe e' ne fulle lecito non havere rifpetto alla fpela; chi non defide- rerebbe havere 12 muraglia_(per modo di parlare) nutta di offami, & faldiflie ma; cio’ compolta, & affortificata con continovate colonne, & congiunte travi? Ma noi andiam dietro alla poca {pela penfando che fia fuperfiuo tute to quello, che (riferbata Ja fabilita dello edificio) fi pola levare via; & pet quelto fi Jafciano fra trave, © trave intervalli. Onde poi fi metrono le jane da trave a trave, & vi fi aggiungono i riguadramenti che corron0s alte cofe a quefi fimili, fe alcune ve ne fono; le quali cofe non & vergogna penfare che fieno legamenti. Finalmente fopra quelle adattates & congiunte aff, & tavole region, che maravigliay fe faranno in cali bio di finimenti? & per la medefima ragione diremo, che il pavimentOs & ii tegoli fieno la corteccia di fuori; & il cielo del retto, 0 pals che ci ith fopra il capo, non negheremo che fia la corteccia di dentro. Adunque fe noi fappiamo che la cola & cofi, andiamo invelligando, fe Cs LIBRO TERZO. % egli 2 coft alcuna che 5° appartenga a qual fe I'una di quelle; accioche ri- cognofciurola piu facilmente fapppiamo quali cole fi convenghino alle co- perture di Pietra. Di queite cole adunque difcorreremo brevillimamente. Ma faccia quello a noftto propofito. Io non lodo gli Architettori di_queiti tempi , che per fare i palchi, Jalciano in effi offsmi delle mura, larghiflimi (quarci di buche, ne quali poi habbino finite le mura a metrere le relle delle travi: On- de il muro diventa piu debole, & Jo edificio ne diviene mal ficuro_dal fuo- co, per eller in que’ luoghi aperte le vie al fuoco, da penetrare facilmente nell’ altre itanze. Per la qual cola mi piacciono coloro infra gli Antichi , ch’ ufarono mettere nelle mura, fermiime menfole di Pietra, fopra le quali, co- me ho detto, pofavano le telte delle travi: che fe tu vorrai con le travi ineate nare le muta, non ti mancheranno fpranghe, & catene di bronzo, & tacche , che efchino fopra le menlole, le quali a fimili cofe uferei commodamente. La ies Dhte cla cal tea sitees oe mementos fopea tutto per il mezo della fua lunghez2a, non debbe havere difetto alcuno. Polio l’orecchio a I" una delle telte di ella, fe percolfa piu volte dall’ altra riceverai le percolle forde, & ottufe; fara inditio, che dentro vi fia afcola infermitate. Le avi _nodole fi debbono molto {chifare, & maffimo {e i nodi faranno fpefliy & agruppati in un monte. Quella parte del Iegno che & piu vicina alla midolla, {i pialle~ mA, accioche nell’ opera ella ftia di fopra; ma quella parte, che debbe tare 44 oto pialifene Yolaments per ia fupericie, milla alo che 1x feorea; & i quella, quali niente, 0 vero quanto fe ne puo manco- Ma qualunche de Iti, che per il traverfo vi fia difetto aleuno ; ponlo in modo, che egli tia di fopra: fe per aventura per il lungo della trave fulle alcuno felfo, non lo met tere mai da gli lati; ma ponto o di fopra, o piu rollo di forto. Se tu hai pet fore a. bucarne aleuna,o.farvi imaccaure, non Ja forare mai nel rete non fendere mai la faperficie di foro. Ex {¢ come ufirono nelle Chiele y ft Porranno le travi a due a due, lafcierai infta loro fpatii di alquante dita, mes diante i quali le efalino, accioche non fi gualtino rifcaldindo 1 una I" altra j & fira molto utile, ad ogni copia, porte effe trvi al contratio I" una de F altras accioche le telte di amendue non ftieno fopra un medefimo pofare 5 ma dove I” una ha la tefla, habia I’ altea in quel luogo il picde. Imperoche ia quelto motto, con Ia fortezea della tella, fi foverra {cambievolmente alla de- bolezza cel piede . Ex bifogna che effe travi fieno parenti, ciot d’ una medeli- ma force di legnami, & di una medefima {elva crelciute, & efpoite fe glt & pollibile alla medelima regione del Ciclo: & tagliate in un medefimo giorno; Accioche con uguali foree di natura, faccino uguale officio. Fa che le polte elle travi fieno ben fpianate, talmente che qual fe I" una, fia falda, & fer- miffima; guardati nel porse delle travi, che il legname mon tocchi punto di calcina, & lafeiali intoo intorno fpiragli liberi, & apertiy accioche non fi ‘gualti per ellere tocco da cofa alcuna, o rinchiufo s* infracidi. Per letto. delle teavi, diltendivi foo o Ia felce herba molto alida, o carboni, © morchia piu toto con fanfa. Ma fe gli alberi faranno in modo corti, che tu non polla d'un folo troncone fare una trave d’ un pezzo, commetteranne infieme piu 4’ una, talmente che habbino in loro maggiore forza, cio® che Ia linea di 1o~ pr della annettara trave, non pola per aggravamenro di pelo mai. diventare minore: Et per I’ oppofito la linea di fotto, non poifa diventare piu lunga: ‘Ma itia qual, come una corda, con nervolo legamento a fermat gli adatt tronchi, che & fpingono con le telle I’ uno con I’ altro. Le piane poi, & tut- to il rello del legname, fir lodato, & approvato dalla fincerith, & dalla faldezza delle travi : Percioche e’ fi fa di ravi fegate. Non penfano, che le alli di legnami troppo ferrari fieno commode; percioche quando. le comincie= Tanno a tofcerfi gitteranno via i chiodi, & le affi fortili, & maffimo nelle impalcacure, che hanno a ftare allo fcoperto, vogliono, che fi conficchino. com Ta chioe oC DELLA ARCHITETTURA jodi doppiamente , con i quali fi fermino i canti, i mezi, & i lati lor, Sone gli aguti, che hanno a reggere pefi per il traverlo, f frecing affar groffi; Ma non bialimano gli altri, fe taranno fotrli y ma_gli vogliono pig Tuogif, ‘con fl capo plo Jango. ‘Gli agud ai bromgo illo oper, eas humido, durano grandiflimo tempo; que’ di ferro nelle opere al coperto, & allo afeiutto , truovo io, che hanno piu nervo. Dove fia ii fatto it coltuise, fi fono dilertati di fermare Je impaleature con perni di legno. Et quelle colt che noi habbiamo dette delle impalcature di legname , fi debbono ancora offer. vare'nelle ttavi di Pietra. Imperoche quelle vene , & que’ difetti che fono per jl traverfo,, fi debbono lafciare flare, per Jo ufo delle trvi, per fare le colom ne: O fe ¢'faranno difeti non molto grandi, & Ieggieri, i lati della Pierray ne’ quali appariranno, quando fi metteranno in opera, fi rivolteranno all" ine fulo. Le vene, che vanno per lo lungo, in qual tu ‘ti voglia travi, faranno, piu tollerabili, ‘che quelle che vanno per il traverfo. Le tavole, o alli di Pies tra ancora fi per altri conti, fi per amore della gravezza loro, non fi debbox nO porte troppo groffe. Finalmente le alli, i correnti, o le travi, che fi mete tono nelle impalcature 0 di Legno, o di Pietra, non fi debbono mettere nk in modo fottiliy né in modo rare, ‘che elle non fieno baftanti a_reggere F ltelic, & all als peli: Et pet I oppotito, non anco tanto goofy m8 tate to I'una forto Paltra, che le faccino opera men bella, & distorme. Ma dele Ja forms, & gratia’ della opera ne diremo altrove. Et ‘pertanto delle impale ture di line diritte fia detro a baltanza, Se git non ci manca, che io fi awvertifea: di_quello certo che io penfo fi debba in ogni opera. olfervar Hanne confidento Fc, ‘che Ts natura nel formire ¢ cori de. ge nimali usd talmenre di finite J’ opere fue, che ella non’ yolfe mai che le offa in alcuno luogo fullino lontane, © feparate dalle altre offs; cofi noi an- cora appiccheremo Ie off alle ofa,” & con nervi, & legature le confermere mo beniffimo, accioche J" ordine, & il collegamento delle ofa fia quella folo, mediante il quale, fe bene vi maneiflino le alete cofe, ‘rimanga lt ‘opera quali come finita, con Je fue membra, & fortezze. Delle Impelearare , 0 Tetti di linee torte; de gli Arcbi'y & lore difftrensia , deh mwodo del farli, & del mersere infieme le Titre de gli Archi, CAP XIIL Egnamo a parlare delle impalcature di linee torte, & quelle certamente confidereremo , le quali in tutti i Joro affari, corrifpondono pienamente alle impalcature di linee diritte. Il Palco di linge torte Jo fanno gli archi, & noi dicemmo, che I’ arco era una trave piegata. Intracorronci ancora in que fo Iuogo legamenti, & ci fi aggiungono cofe da riempiere i voti, ma io effereintefo piu apertamente nel die che coft fia eflo arcoy 8 di che par €’ fia compofto. Imperoche io penfo, che gli huomini imparaffino a gittare gli archi da queflo: Ciot che e” vedeffina, che due travi aggiuntatefi intieme om Te telte, & allargatefi di picdi da baifo in diverfe parti, f potevano ‘per la l= $5 anuchanbig,: pes ort peby Serine Peed coats Auk coiemeem te; piacque loro quefta tale inventione, & con quello modo: cominci Too a porte i tetti, che piovellind in diverfe parti. Dopo queilo non po tendo per aventura coprire, come forfe harebbono voluto, uno fparzo mage giore, “per non havere travi tanto. Junghe, pofono infea ‘le refte delle trie Vi_ nel mezo un legno a traverfo di fopra, talmente che elle fullero qu cone apprelfo de Greci @ Ia letrera P, & quello che e’ yi meffono, ¢ nuarono forfe Conio; fuccedendo da quello Ia cola bene, multiplicativi CO nil, fguardando la fata efligie di cof fatto arco, fatisfece loro: Et rene LIBRO TERZO, 69 rendo la medefima regola di fare tali archi, nelle opere di Pictras agyi gnendovi fempre conii, compolono I’ arco. intero; talmente che e' bik. Confellare che eifo arco fia fato del congiugnimento di piu conii infiene ; alcuni de quali ftanno da bailo con Ja teita foro I’ arcoy & fi_chiamano le Pee at al aronianis opel mere ce oe tleecanien al altri da i fianchi, finilcono il relto dell’ arco a guifa di coltole. Né lia fuvri Ai ‘propotto il racconrare di’ muovo quelle cofe, ‘che nel pring libro. dicen mo. Gli archi infra di loro fono ditferenti, imperoche egli & I’ arco intero y iI quale & fatto d’ un mezo cerchioy Ia corda del quale ff dirizea per il cent tro del cerchios enne ancora un’ altro, che tiene piu di tmve, che di arco y & Jo chiamiamo minore di mezo cerchio ; perche egli non ¢ un’ intero mezo cerchio; ma @ una certa determinata parte minore di effo, 1a corda del quale % fopra i centro, & da quello lontana. Ecci ancora I’ arco compolto, da al cuni chiamaro angularey & da alcuni chiamato arco compofto di duci archi minori del mezo cerchio; & ha nella foa corda duoi centri di due picgite wee, che s° interfecano I” una 1” altra {cambievolmente. Che I’ arco intero fia fermifimo piu di tutti gli attri, oltre a che il fatto da per f& itello Jo mamie- fta, fi pruova ancora per regioni, & argomenti. Ft io non veggo in che mo- do spi fi poll fpontmeamenre difolere; fe gis I un, conto, non & fei al Hoe INET Soa aeanis one che iavearabae, i ciuae si Fe 0 10 aiuto I uno all’ altro. Ma che piu? quando ¢' o- mincialfero a yolere cid fare, egli vierato loro dalla natura de peli, a qua li o effi ftanno forto, o de quali c’ fono npicni. Di qui é quel dewo di Var- rone, che dice, che nelle opere fatte in Volta non fi reggono manco le cole da deftra, mediante le da finiitra, che fi faccino le finittre , mediante le dale Ia deitra.’ Er quetto fi puo vedere, imperoche il conio fuperiore del mezo, il quale fervir folo per ferraglio, in che modo potrh egli mai_fcacciare via i conii de gli lati? o quando potra egli premuto da quelli flelli, cilere mai feacciato def fuo git pre luoge> & quct conii, che per fpalle da lati gli for icini, per il giulto contrapefo impoitoli tlarapno facilmente fermi nell’ of Gitimamente i-couil, che Mranno forto. ad amendue le rcite dell arco, come fi potranno effi movere, facendo gli offiti loro quelli che gli fo- no fopra? Adunque non habbiamo bifogno di corde ne gli archi intert, diten- dendoli per Joro medefimi; ma ne gli archi meno che interi, abbiamo bilogno @! una catena di ferro, 0 gli affortifichiamo di mura di ous & di la, che habbino forza di corda, & defideriamo , che ele mura fi tirino tanto lunghe y che in elle fi pofla reintegrare J" arco minore che I’ intero,, iniino alla {ua in= tegrit’a. Il che ufirono fempre fare gli Architettori_antichi ‘& dove ¢” poterono reintegrarono ne fianchi delle mura tutti gli archi fcemi. Olere a che eli of fervarono diligentemente, dove havevano la occafione di tirare gli arch) {cemi fopra di diritte travi;_& fopra de gli archi non interi, ularono di tare ax chi interi che porgelfero aiuto a’ non interi, wre gli havevano di foto, & intraprendeffino Je moleftie de pefi. Appreifo de gli Antichi non fi veggono ar- chi compolli. Sono alcuni che dicono, che egli & ben ufarli ne yani delle Torri, accioche quafi come Prue, fendina i troppo graviffimi peli, poiteli fopra, ancorche firili archi corpefli, feno piu prefto cenfermati, che opprefli da fimili pei pottili adoffo. To vorrei che Je Pietre delle quali io haveili a fare uno arco, fullero d’un larghiffimo, & grandiffimo faffo, quanto piu fi uote maggiore ; Imperoche la parte di qualunche corpo, che @ creata, & infieme unita dalla natura, @ meno refolubile, che quella, che dalle mani de gli huomini @ infieme ammailata, o congiunta. Ex bifogna che le Pietre con Ia taccia, con la geandezza, & con il pelo, & con fimili cofe fiano {cambievolmente uguali, come bilanciate & ae deftra, & da finifra. Se harai a fare una loggia, & tirare fopra i vani infra continovate cole > 7 DELLA ARCHITETTURA ne, da effe, o da capitelli piu archi fa che le moffe de pli srchi, Te quali gli duoi, © pu archi fi debbono pofare, non fieno di duci peazing di quant! faranno gli archi; mad’ un pezzo folo, & fia del tutto intero, tenga infieme le teite di tutti gli archi. Ma le feconde Piette ad arco, a canto a quelte fi innalzano, fe faranno di Pictre grandi, avertifei che mendue accoitino le reni Yuna all’ alta con linea a flo. Le terze Piette arco, che anderanno fopra a quette feconde, adattale come nelle mura ti fegnammo con lo archipenzolo, con pari commentitura, in modo. che fervi ad an mee amenduoi gli archi, & con la prefa loro, ferrino le Piette ad arco amen duoi gli lati. Fa che per tutto lo arco gli accoftamenti, & i ferramenti dele Te congiunture ditizzino al fyo cento. Gli intelligenti ufarono di fempre il {erraglio di una fola Pietra intera, & molto grande; & fe 1a grofler. so ell arg eed lente grectey che milton Sippsta pon ica aa lio’ d’ua perso, quel tl muragla Asslmeste comincions ad elfes’no Bam arco, ma piu tofto una volta, Ia qual noi chiameremo a meza bowe. Che de Volbo fash avis frei, @> ta queh chaste few rest fre: lore sO Finee le fe flabilifebine 5 & qual fia il reoda delle allentarle . i CAP, XIV, i i ‘Ari {ono i modi delle Volte, & & bene andare inveftigando in quel cht Je fieno differenti, & di che linee le fi faccino: ¢* rai bifognerh | formas re nuovi nomi, accioche io fia in quelli mici libri, fi come io deliberai, & facile, & aperto. N@ mi @ nalcofo che Ennio Poeta chiamd il cerchio dd Ciclo, Volta grandifima; & Servio chiamd Caverne le Volte fate a guifa di Carine ; Ma io chieggio quelta licentia, che e” fi tenga in quelli miei libs | per ben dette, tutte quelle cofe che artamente, & apertamente , & a i dette fi faranno. I modi delle Volte fono quelti, a meza borte, a fpigoli, Xa cupola tonde, & fe alcune altre ne fono, che fieno di alcuna deverminata’ pa te di quelte. Quelle a cupola tonde, ‘non fi pongono per loro natura, may fe non fopra mura, che fi alzino fopra della pianta loro in cerchio ; Le a goli fi pongono fopra le piante quadrate; Le a meza botte fi pongono Pra piante di quattro angoli, fieno elle o lunghe, o corte, fi come Veggiamo ne pottici forterta. Quella volta ancorx, che far’ fimile ad un. mone te traforato, fi chiamerd fimilmente a meza borte; fara adunque quello come {¢ tw accoftalli uno, © piu archi infieme, 1" uno a canto all’ altro} © come fe tu dittendeti molto , o allargeffi del tutto, la langhezza d’ una pi ta trove. Perilche avert che fopra fl capo ci fark per coperta un. mura Be gprs Ma fe x queftsrel vols bore orfe trie dk Sexenione’ a. sso fe ne attravereri un'altra tirata da Levante a Ponente, & la interfeghers col i pari linze che a guifa di piegate comma concorreranno ne gli angoli, ts ‘chiameremo noi Crociera. Ma fe piu archi, & uguali fi interfecheranno Bievolmente nel punto del mezo della fommitt , faranno una Volta fimile al ciclo, & perd ci & piaciuto chiamarla a cupola perfetta. Quelle Volre, che fon farte di parti di quelte, fono di quefta maniera: fe In natura con divitea fione, & a piombo divider’ il mezo cerchio del cielo in due parti tiente allo Occidente; ella ti far due Volte le quali certo con i vani a wie di zane ti ferviranno per tetto. Ma fe dallo angolo di Oriente allo angola di mezo di; & da quelto di mezo di a quello di Occidente; & da quello a quello di Sertentrione; & da quello ritornando al primo d’ Oriente; la m+ tura con pari ragioni render’ il cielo interrorto, & mutilato; ella lafcerd allbor ra una voltt nel mezo, 1a qual noi a fimilitudine d'un velo gonfiaro chiame> remo una cupola a vela. Ma quella yolta dove concorrino intieme pit an folte: LIBRO TERZO. ” Volte a_meza botte, come noi veggiamo che fi fa fora le piante di fei, a! otto faccie , la chiameremo Tril ms fpicchi. Nel fare delle Volte fi ores vera la medefima regola, che nel fare delle mura; rileverannofi gli offami inte- ni infino alla fommiri della Volta, di fu le oifa delle mura: Ex fecondo Ta ree gola di quelle, ff tireranno quelte altre offs in auetto Iuoxo, & inffa loro faranno alquanto lontane di certa determinata parte. Ma da olla ad olla {i tires ranno legature & @ riempicrinno i vani del mezo. Sono certo le Volte in quello differenti dalle mura, che nelle mura, tutte le Pistre, & i flari ft compongano,, & ammaifano infieme dirittamente a filo fecondo la fquadra, & I archipenzolo; Ma nelle Volte i filari fi tirano con linea torta, & le commer. titure delle Pietre fi dirizzano tutte al centro del loro arco. Gli Antichi non ufarono quafi mai in luogo alcuno fare gli offami d’ altro che di mattoni cot- ti; & gli facevano il piu delle volte lunghi di duoi piedi: & ci avertifcono che fi finiichino i ripicni delle Volte di Picere leggiecithime ; accioche non fieno Je mura per quelto dal troppo gran pefo affaticate. Io nicntedimeno ho con! derato, che alcuni coftumarono di non tirare fempre offami , faldiffini per tue to; _ma in cambio di olfa, havervi medi hor qui hor Ii mattoni, con le tes fle congiunti I’uno a I’ altrc 4 pettine, come fe alcuno con le dita della ma- no defira ftrignelfe intraprendendo le dita della finitita; & ufarono di riem- ere gli intramezi di pezzami ragunaticei, & maffime di tufi; la qual force li Pietea & fecondo il dire di tutti, eee le Volre, la piu commoda. Ma a volere fare o Archi, 0 Volte, habbiamo bifogno di armarle. Le armadure fono certe centine, farte cofi alla roza di alli, & come per breve tempo, fopra delle quali fi pongono per pelle, 0 (corza graticci, o canne, o fimili altre com fe vili, re I’ ammaffamento della Volta, tanto che la habbia farta Ia pref. Peemeeneee Var nee una, Ja quale fola non ha bilo 0 d’ armadura ; & quefta @ Ja Tribuna tonda; conciofia che ella non fia fatta Laine di archi, ma di andari come cornici, Er chi potrh raccontare, o penfire giammai, ‘quanto I’uno, & I altro di’ elfi (che fono innumersbili ) che fi accoftano I’ uno all’ altro, & fi interfecano ad angoli pari, & non pari; quanto dico, fieno commodi? Di manieta che in qual fi voglia luogo di urea la Volta, che ru metterai una fimil Pictta, 0 mattone, tu conofcerai ha- vervi meifo un ferraglio di piu archi, & di piu cornici infieme , & chi murcr’d Funa cornice fopra I'altra, 0 un arco fopra I" altro, quando bene volelle ro- vinare ;_d’ onde comincera egli? andando tutte le Pietre ad arco maffimamente con le loro linee ad un centro, con uguali forze, & aggravamento. De la fta- Dilita di quefta Volta certi li Antichi fe ne fidarono tanto, che egli mef- fono folamente cornici femplici di mattoni , in alcuni determinati piediy & fi- nirono il reito della Volta di pezzami poitivi fenza ordine. Ma io lodo mol- iu coloro, i quali in fare tli opere , Brocurarono che con quella arte che le Piette fi collegano nelle mura, con quella medefima ancora in quetti_ lavori Ie comielydi foto, & colleghico con le comici di fopea viene! & gl ae chi ancora fi colleghino in moltiffimi luogt &_ maffimo fe non vi fark gen copia di rena di cava, o fe la muraglia f porch efpolta a venti Marini, 0 Aufirali. Potrai ancora volgere fenza alcuna armadura la Tribu na a fpicchi ; purche tu volga dentro nella {ua ftella groffezza una cupo- la a mezo cerchio perfetto. Ma qui hui tu bilogno grandiffimamente di Jegature con le quali tu leghi ffrettiffimamente le parti piu deboli di efla alle parti itabiliffime di queita. Ma ti bifogneri niente dimeno haver meifo fot- to uno, fotto i piu filari di Pietra, che tu harai murati, alcune ipran- ghe, © perni non gravi; a quali, poi che futi filari haranno fatto la prefs, tu accomandi tanto di armadura, che fia baitante a foitener i filari, che vi fi debbano porte fopra,, di altez2a di alquanti piediy infino a tanto che effi facc cing la prea. Et dipoi quando quefti filari haranno fatto la prefa, potrai traf porre 7 DELLA ARCHITETTURA re quelti ordighi’, 0 -aiuti della armadura in tute’ gli ale litt a fom. ieee Tonk» fino a-tanto che twfinifea opera del tutto L’alire Vale | fey duelle’a fpigoli, & fimilmente quelle a bottes ¢ di neceffitd, che eee reo aan e demadura, pollavi foro; ma io_voreei che i primi flatly Ble Ste te loro archi, 4 piantaffino fopra faldiffime fedie . Né mt piacciono co Tere Ene incanh watto cirano in alto ratte Te mura, lafciando folamente mus Jot Galucci de capitelli, fopra de quali dipoi a certo rempo gerne le Vols Hat ikea che & veramente debole, & che non dura. Penlche fe frenno 4. mig modo , gerteranno quelte Volke infieme con i las delle mura’, alle quali Ye fig peegiane ugualmente; accioche tal lavoro com pit ferme legarure che tein edivenci come arto d’un pezzo. Mai fianchi rimalti iofra gli archi Mle Volte, & il diritto delle mura alle quali s' appogsi da. farori le colcie delle Volte, fi hanno a riempicre non Farorrj, ma piu pot di maraglia ordinaria, & Mabile, collegara pur di novos SS clho alle mura. Et mi praceiono coloro , che per non caricare le Ve ace melle nelle cofcie delle Vole, orcia fefley & volte, fozzopssy, sca Hanne sr tenghino le homiditani; fe alcuna vi fe ne adunaffe: & di fopma vi cee otottopezzami di Pietre non molto gravi ma fodi. | Finalmente ta @ ABM aba, Ge ella come f voglia , noi andremo imitanido, Ja faturay It quis) FoiunGaehe Is congiunte I’ ofa al offa, andd con nervi inellendo le cami ceathefandole pet tutto. con legatuce, incrodortevi per fs lunghezzay pét lt 3 firgheaaa, per I’ altezza, & circularmente To giulico, che quetto. 3 ia nate fi debba da noi imitar nel _commetiere delle Pletre, “per seNe Volte. Finite quelle cofo, ci refta il coprirley. cofa in rutta 1a, mu Principlilima , & non manco,dificile, che necellaia; nel context Hale, & in dari perfertione,: fi fono piu & piu volte affticad cuts gli Siti, ponendoci ogni loro cura, & diligentia. Di quelle cofe doviame mitice oma. prima mi piace di infericci quello che principalmente + apes Tene all’ opere in Voltt .. Imperoche nel fare delle Volte diverfe nation. Che 1° buoma per la ragione , & per la cognitione cha delle Arti y & differenre dalle beflie; per it the fi difeerne differentia, @& divenfitd infra gli" bna- mini , G parimence infra gli edipici. CAP L EF: ® cofa manifefta, che gli edificii fono ati fari per cagione de huomini: Percioche fe noi andremo ben confiderando, gli huomini in- cominciarono a fare un’ opera, mediante Ia quale difendelfino loro ftelfi, & le cofe loro da tutte le male qualith de’ tempi. Arcefero dipoi anco- ra, che non folamente quelle cofe, che fullero necelfarie alla falute loro; ma che tutte quelle ancora, che giovallero a qual fi voglino efpedite commoditati , fon fi la(ciaffero in ‘maniera alcuna indietro, Olua quelto avertiti, & aller tati in modo da 1a opportunita de le cofe, vennero a quello, che eglieno andarono efaminando, di fare gli edificii di maniera, che con effi potellino adempier i loro dite & i loro piaceri. Ex quelto coftumarono I’ un a piv che I’ altro, in modo che fe alcuno dicefle cofi, ciok che gli edificit fulle- ro_ftati fai, alcuni per la neceffici de Ja vita, alcuni per la opportunita de bifogni, & alcuni per i dilerci de gli huomini, fecondo i tempi; forfe di- rebbe il yero, & bene. Ma quindo not andismo guitande pec cutto Ie grande abbondinza, & varieta delli edificii , facilmente cognofciamo, che tur- ti gli edificii non folamente fono ftati fatti per quelti bifogni; o preparati piu pet quelta cagione, che pet quefta altra; ma ci aveggiamo, che le va~ Fieti, & le tante forti loro, fono principalmente nate da. Ja variett de gli huomini: Di modo che fe noi yorremo diligentemente efaminare; fi come ordinammo le forti loro, & le parti di effi; doviamo furci, & incominciare ‘ogni noftra inveftigatione da quefto; cio8 che noi doviamo primicramente con- fiderare molto accuratamente Ie nature de gli huomini, & in quello che fieno differenti infra loro; per cagione de quali fi fanno gli edificii, & per Vufo de quali, @ variano ; accioche quindi riconofciure tutte le cole, fi trat- ti di loro piu diftintamente. Raccontiamo adunque per quefta cagione quel che dello {compartire 1a multitudine delli huomim: intendeifero i dottifimi An- tichi Fondarori delle Republiche , & delle Leggi. I quali con ftudio, cura, & diligentiay nel riefaminare , & diftorrere fimili cof, fi affaticarono acqui- ftando grandiffima lode delle cofe da loro trovate. Dice Plutarco che Tefeo di vife la Republica in huomini che creaffero, & efponeffera le leggi humane, & divine; & in altri che attendelfero ad efercitii manuali. Solone dittribul t fuoi Cittadini, fecondo il modo, & la quantita de I'eltimo, & de le riches ze 2 DELLA ARCHITETTURA we loro; in modo che chi non ricoglieva da le fie poffelioni trecento Mai hon era qua da [ui annoverato infra i fuoi Cittadini. Gli, Atenielt ee Primo Iuogo quegli huomini che erano ‘orati, & pieni di dottrina, & dey Pip delle cole; & nel fecondo luogo gli Oratori; & i ni. Romulo fepard da la Plebe, i Cavalieri,” & i Pat Givife la Plebe fecondo Je Arti. In Francia era la Plebe quafi come Minvas Givi, dice Cefare che erano 0 Soldati, o dediti a la Religione, o a gh Gi fepienza, i quali G chiamavano Druidi. Apprelfo a Panteiy i ‘no i Sacerdoti, i fecondi gli Agricultori & i terzi erano i Soldat quali erano i Pallori, & i guardioni de Beftiami. Gli Inghilelt @ divid Quattro ordini: i primi erano quelli, de quali fi facevano i Re, Gerdoti; nel terzo luogo i Soldati, & ne I’ ultimo la Plebe. Gh Egittt dero il’ primo grado a Sacerdoti; i] fecondo a Re, & a Preferti; nel Juogo palero i Soldati, & la moltitudine altrefi divifono diverfamente infta igricultori, & Paltori, & Artefici; & come dice ancora Erodoto infea’ Me nat & Barcaruoli. Raecontano, che 1 lamo divife ancora egli la fua Publica in tte pirti; Arcefici, Agricultori, & Soldati. E? pare che Adi ‘non biafimaile coloro che fepararono da la moltitudine alcum huomini & gai, che con il configlio, con i Magiitrati, & con i giudicii , havel Eller fopra de gli altri, & che divifero il_rellante de 1a Plebe, infra Ay tori, Artigiani, Mercatanti, Mercenari, Cavalieri, Pedoni, & Turba Je. Non troppo quafi diffimile a queita, fecondo che di Diodoro hitor cava, fi la Republica degli Indiani;’ percioche egli hebbono i Sace gli Agriculrori, + Pattori, gli ‘Artefici, i Soldati, i Prefidenti, S& o che Fano lopta i configli pubbliei. Platone diffe, che una Republica era hor p fica, & defiderofa de la quicte, & del ripofo; & hora armigera, & vo rola, fecondo che erano gli animi di chi la governava. Et divife rutta la Titudine de Cittadini, da le parti de Jo animos una parte fece dic che con tagione , & ‘comfiglio moderavano il tutto; & 1" altra di ¢oloro 5 con fe armi rimovevano le ingiuric: Et la terza di coloro, che ne porges no; & minifirayano i nutrimenti, con i quali i Padri, & i Soldati Pen mh tavano. Queite cofe ho io breviflimamente taccolte, cavate da molt ferit gli Anrichi; le quali mi pre che mi avvertifchino, talmente che io habia ‘conofeere che le cole, che io ho raccolte, fon tutte parti di Republic & che io debba anco giudicare che cisfeuna di loro debba havere il fi patticolare modo delli edificii. Ma accioche fecondo il coflume noitro , trattiamo di cid piu diftintamente ; haremo piacere di difcorrere in quelta n ra. Se alcuno haveffe a feparare in alcune parti il_mumero de mortaliy It prima cofa, che cadrebbe in la mente di coflui, farebbe quelta: Principaln fe © conokerebbe che ¢’non @ il metlfimo, confiderare gli habitston di una provincia come tutti infieme ; & il confiderargli come feparati, & di in parti: Secondariamente , contemplando egli Ja naturs loro, non fi avede egii_in qual cofa e’ faranno piu che in altra differenti; onde quindi igliare le oceationi del fepararli in parti? Ma e' nen & cola slcuna, per ‘quale I" huomo fia piu differente da I huomo, che quella fola, mediante Quale cyli & molto lomano dal genere de le bellies ciot la ragione, & Js € gnitione de le buone arti; & aggiugnici fe 1 vuoi, Ja projperith de la Ta. De le quali ture dori, mo infra mortall, che ne fieno int te dorati, & in efle talent apes di qui adungue Ix noftca prima fione, clot che noi ne fceglamo di titta Ix moleitudine alquanti, ait! quali fieno illuttri, mediante la loro fapienza, configlio, & i + Al a lis Ee ie aes & la wont a Te cole: & altri fieno a yrati per la copia de le ricchezze, & per abbondanza de beni di forty Ee chi neghert, ‘che % cofloro mon fi debbino dare & cura le principal om LIBRO QUARTO, » de Ja Republica? A gli huomini egregii adunque, che faranno di gran cong lio, W debe dar la principal curs & poteid df moderate le cole. Colle. ro con religione flatuiranno le cofe facre: Et giuiti, & ragionevoli, conititui- ranno con Je leggi gli ordini, & moitreranno la via di bene, & Telicemente vivere. Veglieranno’ per difendere, & accre(cere, I'un di piu che I altro, V gutorith, & a dignith de loro Citradini . Et dove per aventura. eglino ha- anno proveduto cofs che fia per eflere commoda, utile, o neceflaria, eflendo effi forfe racchi da gli anni, talmente che piu prelto voglino cifere occu pati nel contemplare delle cofe, che in mereerle ad effecutione , le commet- teranno a quelli che in effe Jono pratichi per lungo ulo, & elpediti, & atti a metterle ad effetto ; accioche e” vadino continovando con i portamenti Joro di ben meritare della Patria. Et quelti altri, prefo il negotio fopra di lo- ro, & in cafa con grandiffimo ingegno, & follecirudine; & fuora con la fax tica, & con i difigi, procureranno il facto diligentemente, daranno fententie guideranno elferciti eferciteranno fe tefl, & [a multitudine, & la indu de loro. Conofcendofi finalmente, che fi affaticheriano indamno, a voler fettione a le cofe, fenza le facultadi; quelli, che feguono dopo coftora , bi= Fogna che Toppeihine cone secheaae loo 0 da ls Agricultura, 0 Mer catura’ che fe Je habbino. Tutt I'altra multitudine de gli huomini debbe_ fecondo che ricercheri il bifogno, ubbidire, & porgere aiuto a queiti princi pili. Se quefte cofe fanno affai a propofito, noi certo veggiamo che le qual ta de gli edificii, altre fi alpettano al Publico, altre a Cittadini principali , & altte ala Plebe. Ec a principali ancora, altte fi afpettano a quelli che hanno al yas di penfar a la Citth, & a configli; altre a quelli, che fi efercitano in le faccende, & altre a quelli, che attendono a ragunar le ricchezze . Di rutte le quali cofe certamente , referendofene, come habbiamo derto , una certa parte ala neceffta, & un'altra parte a la commodita ; fiane lecito 'a noi, che trattiamo de gli edifieii, 1" haverne concelli alcuni per diletto de lo animo , mei tre che in cambio di premio, noi ttatuiremo che i principii di fimili. divifioni fi debbino ricercare da. primi documenti de Filofofi. Di quefti adunque dovi mo noi trattare quel che ad uno edificio publico fi afpetti; quel che a gli e~ dificii de Citradini principali , & quel che a gli edifict de la Plebe fi conven ga. Ma donde ‘comincieremo noi a dare principio a fi gran cole? Cominciere- mo. noi fiicome intervenne a gli huomini, nel procacciarfi di giorno in giomo fimili cofe, da le picciole cafuecie de poveri privati? & dipoi palleremo fi co- me noi vepgiamo , a quelti grandiflimi edificli de Teatri, de le Terme, & de ‘Tempi? Egli & certo cofa manifefta, che le genti del Mondo ttettero grandiffi- mo tempo fenaa cinger mai le Gitta di mura Gli Hiitorici ferivono, che an- dando Dionifio per la India, non trovd appreffo di quelle genti alcuna Cite cerchiata di mura. Et Tucidide ferive, che git la Grecia non era cinta di alcuna muraglia. Exper la Francia fino a tempi di Cefare non era popolo ale uno in a a, che ftelfe ne le Cittadi, ma ftavano {parti in Borghi. Che piu? To truovo che la prima Citta fu Biblo, occupara da Fenici, la quale Saturno haveva accecchiata di mura intomo-alle fue cafe . Ancor che Pomponio dica di loppe edificata innanzi al Diluvio. Dice Erodoto che occupando gli E- tiopi lo Fgitto, non punivano alcuno, che erraife, di pena capitale; ma li face- vano alzareé la terra intorno a’ Borghi, ch’ eglino habitavano . Et di qui dicono fi cominciacono a fare Je Citth in Egitto. Ma parleremo di loro altra volra: Pesche hora fe bene io veggo che tutte le cofe che naturalmente fi fanno , nafcone da principii deboli; mi piace nondimeno cominciar dalle cofe piu degne. Dilla Bo DELLA ARCHITETTURA sonn, det tango, 6 del fio comwote, © feommode, por le Crt, feaidy Dike vine ae he RS antes oe ‘ello Ausore« { CAP, IL 4 Cittadind fi appartengono tutte Ie cofe publiches le parti della Citth. Se noi Teromo per cola certa, cbe lt ‘atte al ih caglone i fate una Cited, debba fecondo il parete de Filofof ellere quel” Hoe the gli habitatori vi vivino in pace, & quanto piu @ puo fenza Siedi Se iberi da ogni moleltia: E’ bifogneck certamente confiderare > & nuove, & da capo tiefaminares in che Iuogo, in che fito, & con. qual ciel Te W linea, ells f debba porre.Di quelte cofe ci fono flat vari, & Ave paresi. Celare (crive che i. Tedefchi @ arrecavano, 2 grandiffima lode > ae Fitorno a loro confini, diferi, & folitudink grandiffime: Er queite i rerche e' fi penlvano, mediante effi diferti, ler ficuri dalle, fubite se simici. Cli Hitloried non penfano che Sefoltci Re dellt Ey reftafle Altea eagione di: condurre lo efercito in Eriopiay che per eller shige fa careilia de le vettovaglie, & da la difficulta de hioghi: Gli Affici da diferti, & da luoghi ‘piludoG , non fopportarono mai alcun Re fliero. Dicono che gli Arabi medefimamente per non haver nd acqua feurti, non’ hanno mai provato nd I'impeto né la ingiuria de nimici Ya flave’ che la Italia non ® flata _moleftata per alcuna altra cagione da Ie 4 mi barbare, piu che per il diletto del vino, & de fichi. Aggivgnt Ti grande abbondanza ‘di cotelte cole, che folamente afpertano, al diet puotono come diceva Crate, & a giovani, & a vecchi; percioche quel Giventano crudeli, & quelli effeminati. Appreifo li Amertci, dice, Tito: Livio; 2 una regione fertilifima; la quale, G come il piu de le_volte fuole ines nite a paeli grab, genera huomini non gagliardi, & efeninadl «| Per T polite ne Lignt per habitare in luoghi filo, elfendo, forzati continovamem Kevad efercitari, & a vivere con eftrema malferitia; vi fono gli hi induteiofifimi , & robulliffimi. Il che ftando in quefta ma vert. forfe che alcuni non biaGimeranno i luoghi cofi alpri, & col Ii. per farvi le Citi; & alcuni forfe per ill contrario ..Percioche © fidereranno certamente godere di tutti i beni, & di tutti i fa, talmente che non vi fi poila arrogere piu cof alcuna, & quanto a la n eefith, & quanto a placeri: & che 1 beni ft ufino retramente, (1 puo ordi re pet Teggi, & per flarti de Paci. Ma di quelle cofe, che giovano a la ta, certo che fono molto piu gioconde quelle che fono in cala, che Che @ hanno a procacciare di fuori. Ex defidereranno certsmente. un te quale & appreifo di Memfi, come ferive Varrone, che gode di Ciclo tanto & Higno, che non pure tur gli alberi, ma Je viti ancora, mon vi perdono foslie in tutto I'anno; 0 quale fort il monte Tauro, in que’ luoghi geariano verfo Aquilone: dove Strabone dice, che i grappoli de le u foro di un braccio, & mezo, & che di ciafcuna vite fi ricoglie mezo & di vino, & di un fico folo, libre cento quaranta di fichi. O quale & quello, che habita I India, o I" Hola Hipertiorea nel Mare Oceano, de) quale terreno ee ttodoro che e'ricolgono if frutto ‘due volre I’ anno: © quale & quello Portogallo, che dai femi che calgano fanno pit & piu ricoltes “O piv quale © il Talge, nel Monte Cafpio, il quale campo ancorthe non javorate genera da fe le Blide. Sono queke cofe fare, & piu tollo da effer. Bhe trovate. Et perd quelli eccellentiffimi Antichi , che ferilfono di fimili co prefe dh alto Pa da loro trovate, dicono. che la Citth fi debe tal collocare, che baftandole quello, che ella ricoglie nel fio (per quanto fo} ta Ja gagione, & Ja conditione de le cofe humane) ella non. habbia LIBRO QUARTO. Sr i andare fuori per alcuna cof necelfuria: & fia afforzificato in’ tal_modo circuit de fuoi confini, che dal nimico non vi fi poila entrare cofi facilmen. te, & che cila poll a fua polta mettere fuora eferciti ne le provincie d° tri, & contro a la voglia del nimico. Imperoche egli afermano che una i coli collocata, puo difender fe, & la liberts faa & allargarfi molto d’ im- perio. Ma che dird io qui? Quella lode principalmente & artribuira a lo Egit- to, ciod che egli fia da ogni banda oltre a modo affornificato, & quali del tutto inacceffibile: conciofia che da un lato habbia oppofta la marina, & da YP altro un diferto grandiffimo, da la dettea sipidiffini Monti, & da la Gniftra Paludi larghilfime. Olrre ache la ferrilita del terreno vi 2 tanta, che gli Antichi diffono, che lo Egitto era un publico granaio del Mondo: Fe che gli Dii erano foliti rifuggire in quel luogo, = recreatione, & falute de gli animi lo- ro. Non avenne niente dimeno , fecondo che ferive Giofefo (benche quelta regione fulle tanto forte, & tanto abbondante, che ella fi glorialle di potere dare da mangiare a tutto il Mondo, & ricevere, & albergare, & falvare effi Dii) che ella fuile perd im ogni eth libera . Ben dicono adunque coloro il ve~ ro, che favoleggiando dicono che le cofe de Mortali non fono ficure, fe bene in grembo a ello Giove. Er perd ci parert immitare quella rifpofta di Platone , i] quale effendo dimandato in qual luogo @ potria_trovare quella preclara Cit- 1h, che egli s' era immaginata; Noi, rifpofe, non famo iti dietto a quelto, ma fiamo iti inveftigando, in qual modo fe ne porelle fare una mighore di tutte Valire: tu. anteporeal quella a eutte Malte, che manco fi difcoitera da la fi- miatine di quia. Gofiancor noi, quill che adducendo cfempl deecviame quella Citth, [a quale da gli huomini dottiffimi fia per eer giudicata_per ogni conto da dovere eflere commodiffima: accommodandoci ne le altre cole al. tem- po, & a le neceflith de le cole, terremo quella oppenione di Socrate di giu- Gicare che quella cofa, che da per fe ftia di maniera che ella non § poila mutare fe non in peggio, fia veramente Ia migliore. Et per tanto noi de- liberiamo, che la Citth debba effere talmente fatta, che ¢' non vi fia incom: moditd alcuna, di quelle che noi raccontammo nel primo libro, & che non vi manchi cola alcuna, che alla neceffith de la vita fi defider’. Habbia Ja campat gna faniffima, larghiffima, varia, amena, fertile, forte, ripiena, & ornata G ogni abbondantia di feutti, & abbondantiffima d° acque.. Siunovi. fumare, laghi, aperta Ja via di Mare, donde commodiffimamente ft poffino condur den« tro le cofe, che mancano, & mandar fuori quelle che avanzano. Tutte le cor fe finalmente porgeranno aiuto a lo ftabilire, & a lo acerefcere eccellentemen- te & le cole >» & le armi, con le quali effa Cittd pola porgere aiuto a fuoi, omamenti a fe ftefla, diletto a gli amici, & a nimici {pavento. Et cre- derd che quella Girth la faccia bene, che a difpetto del nimico polla coltivare una gran parte del {uo terreno. Bifogna finalmente che la tua Citta fia colloca~ ta nel mezo de Ia campagna in luogo che 1a poffa fguardare a Io intorno il {uo Bes per tuto, & difcernere le cole opportune , & elfere prelta dove 1a necel lo ricerchi; Donde il Contadino, & lo Aratore poifa continovamente u- a lavorare, & tornare ancora in uno initante dal campo, carico di frutti, & di sicolte. Ma importa geandifiimamente porla o nella pianura {pazzata , © fopra il lito, o ne monti; Conciofia che in qual «' I’ uno di queiti luoghi, vi fono alcune cofe che ti andrebbono a I’ animo, & alcune ancora, che non jacerebbono . Nel condurre Dionifio lo eile! per Ja India, fe gli ame malo per il caldo; onde lo riduile a monti; per il che, prefa in uno initan- quella aria faniffima, ritornd fubito fino, Quegli che primi callocarono TG. faspent Meat pac con Ie Gcelinos tami @ rciamag a vere flare in fimil luoghi, molto piu che altrove ficuri; ma egli vi hanno care ftia de le acque: La pianura ti prefteri commodit\ grandiffima d’ acque, & di fiumare ; ma ella € copera daria piu grollay onde a Stare vi firaumo sli L me 8: DELLA ARCHITETTURA femperati & lo Tnverno freddi grandiffimi; Et & contro a gli impeti mano ge us T liti per condurre mercantie fono molto opporunis ma cone 6 aeogni Citth ‘di Mare & troppo vaga, & eroppo diets di cole mone Fe ectuata, & vellita troppo continovamense da Ia forza, & dal m & Eetendieri, va del continove lurtuando, & 2 efpolla a molti peticolo fe, “we accidenti di Armate foreltiere. La onde io delibero in quello fhe poncndo tu in qual f voglia di quelli Iuoghi una Cited 5 th do Sngegnare, che ella partecipi di tutte quelle commoditari, & ‘che ella }uboa fcommodith nelluna: Et vorrei ne monti fare le fpiamate, & ne fi rilevarmi da terra, in quel Iuogo dove io voleli porre la mix Cin Et fe cio non potremo coli conleguire a punto a voglia noftra, per | vatieta de Iuoghi, argomenteremo. pet havere le cofe necellatie in quel maniera, Non Gi lafer ne le regioni maritime (6 elle faranno pianute, Ta Cit woppo vicina al Mare, & fe faranno Monti, non fi ponga top BG Beek chet lid A mutton, & che in eer, Inoght alamo Gi nne la Italia ancora la Citth di Baia ® fommerfa nel Mare. Il Faro in. Egi Che git cra attomiato dal Mare, fi truova al prefente non altrimenti Cherfonelo: in. tera ferma, Il medefimo ancor ferive Strabone di Tito, & Ghuomnene. Oltta di queito dicono che git il Tempio di Ammone era fu Marina, & che per elferGi difcoflaro il Mare, fi ritruova al prefente molto ite fia terra. Et ne avertifcono pure, che le Citta & ponghino © fopra_effo lita, © lontane alfai dal Mare. Percioche efi vede che i fiaci Marini fono per It filfedine loro gravi, & afpri. Ex perd quando e' giugneranno ne luoghi, no molto fontani dal Mare, & maffimo ne Ie pianure, tw rifeontrersi quivt Fat hhumidiccia, Hiquefacendovifi la humidita che ella ha prefa del Mare: n8 2 max saviglia che I’ aria vi divenci groffa, & quafi mucida di-maniera che in unt luoghi G fart, veggino alcuna volta riggicsrvifi per I’ aria alcune ta gne, come quelle de ragnateli; & dicono che il fimile interviene a le Shea le acque, ioe che mefcolate con I’acque falate fi guaftano talmente , ch on il loro puzzo ti nuocono. Gli Antichi, & maffimo Platone, lodano q Je Citta che fono polle dicci miglia difcofo dal Mare- Ma fe m non porral fporla tanto lontana, pongafi in quel fito, nel quale i detti fiati non. potting Ffrvare, fe non rotti, flracchi, & pucificati, collocandola di maniera , che ins fia ef; & la Marina fieno interpolli Monti , che interrompino ogni nociva influlfo } che veniife dal Mare. La veduta de In Marina di fa ‘I lito & molto di Tectevole, & & cerchiata ancor d’ atia faniffima. Aritotile crede che quelle re gon! fiero finifime, dove rifpirano fempre agirandovifi continovi venti: Mab) guardarfi, che in fimil luogo non fia il Mare erbofo, con lito baila. Heoperto appena da I acque ; ma fia profondo, con ripe fcofcefe, di P vive, ripide, & afpre. Lo havere collocato ancora ella Citta (come (i dice) fopet Ie fperbe (pile del Mome, conferice grandiimamente alla dig thy & alla amenita : fi ancora principalmente ala fanith, & a la falute d ait, Ne luoghi, dove i Monti fopraftanno a la Marina, vi & fempre il rofondo; Oltre a che fe e' vi i leva alcuna groffezza ‘di vapori dal Fel falice a Valto ft confuma; & fe da alcuna moltitudine di tuoi nimi file in un fubito fatto alcun danno , fi prevede piu prefto, & fi riburana on piu alte tur. Gli Anvichi lodano quella Cie frat te Je Colline, fguseli'a Levante; lodano ancora ne pach caldi quella che ® battura da ¥e 8 Grechi, Altri forfe loderanno quella, che penda verlo Occidente, indo ‘quello, che gli haranno. inrelo, ‘che i terteni coltivati forte quella faccia Ciclo foro piu fertili. Er certamente fotto il Monte Tauro, quelle guariano verfo Greco, dicono che fono molto piu falutifere, che V altees Mente pet quelo, che elle fono piu fertili, come dicono gli Hiltorici Tamente fe hart a collocare in alcun luego fopra i Monti alcuna Gk LIBRO QUARTO. By debbe prineipalmente avvertire; che ¢’ non vi inrervenga quel che il piu de le volte fuole intervenire in fimili hioghi, & maffimo havendo a lo intorno Colli- ne piu alte di fe; ciot che una grave, & continova maifa di nebbie non ne faccia continavamente il giorno ofcuro, & foleo, & incrudelifea I’aria. Debbelt avertireoltra di quelto, cheil furiare, & Ia fnifurata moleftia de venti non fice Gis topo, enidelmente danno a quel fro, & maffino, de. venti Gree Con- ciofia che il Greco, come dice Fliodo, ratrappa, & ftorce ognuno, & mafle mo i vecchi. Sark quel fito commodo, dove Ja Cirth hark fopra a ridoffo aleuna ripa, che rimander’ a lo ingiufo i follevativi vapori dal Sole, 0 quel Jo, nel quale alcune profondiffime valliv fvaporeranno a I intorno aria crude- Jilima. Altri ne avertifeono che i fianchi de le Citta fi debbino teeminare con _ luoghi precipitofi. Ma che i precipiii quafi tutti non fieno di lor natura battanti a darare contro a i morivi, & a gli accidenti de tempi, lo dimottrano in af= fai luoghi molce Caftella, & in Tofeana Volterra, Rovinano certo i luoghi_ cof fatti in procelfo di tempo, & fi tirano dictro cid che tu vi pon fopra. Bilo- ‘gna grandemente ancora avertire, che tal fito nom habbia attaccato alcun Mon- te a ridoffo, che preoccupato da gli inimici, ti habia a ellere di continova moletia; che foro la Citta non vi fia tanto’ di pianura ficura, che il nimico vi fi polla nafcondere, pigliandovi con I’ efercito alloggiamenti, & farvidipoi trincee, o ordinare gli {quadroni per venicti ad affrontare. Noi habbiamo ler to, che Dedalo pole la Citth d’ Agrigento, hoggi Gergento, fopta una dif- ficilifima pietra, com una entrata ftrettifima ; di manicra che ella era guardata da tre huomini foli: fortezza certo commodiffima , pur che e’ non ti pofla ef fer rifersata ’ ufcita a le armi con altante perfone, con quante fi ditende 1a centrata I pratichi ne le cofe da guerra lodano grandemente Cingoli, fatto da Labieno ne la Marca, fi per molte altre cofe, fi ancora perche quivi non. ins terviene quello, che ‘I piu de le volte fuole intervenire alle terre di montagnay che poi che a vi fia falito, vi fia il combattere pareggiato: Conciofia che t nimici vi fono riburtati da una alcifima , & precipitofa pa; N@ vi puo lo ini- nico con una fola {correria dare a {uo piacimento il gualto al pacfe, & predar- Jo, né riturare tutte le vie infieme ad un tempo, nt ritrarfi ficuro agli alloggia~ menti, ne mandare mai a fare cornaggio, o per legne, 0 per acque fenza peri colo. Il conrrario intecviene a que’ di dentro; petcioche mediante i Monti che gli hanno forto , tollegati infieme da piu bande, & mediante le interpottevi ‘Valli, hanno da poter ulcire in uno fubito a moleltare gli inimici, da poterli a 'improvifo affrontare, & dar loro la carica, fecondo che fe gli porge qual fi voglia prelta occafione, & {peranza. Né danno minor lode a Bilfeio Cattello de Marit fortifimo, mediante le tre fiumare, che quivi da diverfe bande con corono; & difficilifimo ad andarvi, mediante gli ttrettiimi palli de le Valli alzandoviG all’ intorno afpriffimi , & inacceffibili Monti: Di maniera che gli inte mici non hanno luogo dove porvifi ad alfedio; n& poifono guardare cutte le sboceature de Je Valli, commodiflime certamente a que’ del Caftcllo, da tecvi meter dentro foccorfi, & vettovaglie, & da muocere a nimici« fia de Monti detto a baftanza. Hora fe tu collocherai una terra ne {a pia- nuta, & come il piu de le volte fi fuol fare in fa Ja fiumara, talmente che clla forfe path per il mezo de la terra, avverti(ei che deta fiumara non venga da Aultro, 6 corra vetfo Aultro: Percioche quindi la humididh, & quinci la frigiditi’, multiplicate per i vapori de la fiumara, arriveranno pit moleitey & piu nocive. Ma fe la fiumara pafferh fuoti del circuito. de le mura, bifognerh confiderare la regione a 1 intormo; & donde i venti ha ranno cimpo piu aperro, alzare da quella banda le mura, dietro a le quali habbia a paifare detta fiumara. Ne I'altee cofe fark a propofito quel che cen= Fer) Seagate seen pes lon mania Kiencny feguitare moto il les & lerbrezze Orientali; Ee i Medici: dicono, che quelle de 1a matcina Lea jon 84 DELLA ARCHITETTURA fono piu pure, & quelle de la fera piu humide. Et per It oppofito , 1 Gecteaalt Ty istatae Sole foro pi fpele i al soecate eckson gicri.- La qual cof fe cofi 8, non faranno mai biafimate quelle Quali Ja fiumara entreth di ver(o Levante, & uleirh in verlo Ponente: ‘Petcion che quella breza , 0 venticello che fi licva col Sole, 0 veramente nanderi vig i vapori fuori de Ja Citth, fe alcuni ve ne faranyo cattivi, 0 ella nel fuo are rivare, non gli accre(cera punto. Finalmente io vorrei piu toito che i Fiumi, { Laghi’, & fimili, fi fendellino verio Borea, che verfo Auliro, pur che la tee ra_non fia pofla a bacio, fotto un Monte, che é il peggior fito, che eller polli.. Lafcio le altre cole, che habbiamo difpurate di fopra: E'fi sh che Aue firo certo & molto grave, & di natura tarda; talmente che piene le vele de Navili de Ia fua gravezza, quali come opprefli da un grandilimo pelo fi at duno ma ores per il ontario, par. che faecis & il Mare & i Na eggicti. Pure qual fe Juno di quefti, & bene che che riceverlo dentro tale chee’ batta, o fi appicchi a le facciate de le mura Ec bialimano grandemente quelle flumare, che corrono infra ripe molto {colce- fe, con gran fondo, fifo, & ombrolo;percoche Je acque fie fono nod yea bere, & I’ aria fopra vi & mal fana. Olere a queflo il porfi lontano da ftagni , &’ paludi d’ acque morte, & fangofe, & certo coft da huomini fvi, & confiderati. Non replico le infermita de I' aria, che in quelto Iuogo fi race cozzano. Hanno certo da natura fimili luoghi, oltre a tutti, i faltidii de ta States come fono i ferori, Je pulci, & altri fehif animali, & fim quando tu penfi che I’aria vi fia purgacidima, & nettffima, €*non vi ti mance quel che noi habbiamo detto, che interviene ne Je piamure j che ne lo Invemia vi fono ecceffivi freddi; & ne la Stare ribollimenti ftemperatifimi . Ultimamens tee’ bifogna havere uina effrema cura, & diligenza, che © monte, o fix Pa, 0 lago, o palude, o fiume, o fonte , 0 qual altra di quelte cole tu ti vor ta, non vi itia di maniera, che ella poffy rendere forte il nimico , 0 difen- jerlo , & arecare a {oi Citadini da alcuna de le bande incommodith veror na. Er quelto bafti de la regione, & del fito de le Citth Del circuit, de to fpatio, & de la grandezza de le Citta s de le forme & figare de le Terre, @& te le Mura, & del coftrme; de te ccrimanie y © offtrvation’ de gli Autichi , in difegwar le Citta. CAP. IIL OF deliberiamo che e? bifogni variare il circuito di effa Citta, & il modo di diltribuire le parti, fecondo Ia variert de luoghi , conciofia che aleur ma volta fi vede che ¢ non fi puo ordinire ne Monti uno difegno i muni glia 0 ronda, o quadra, 0 di che alrra forma tu ti penli che fig buonay con quella facilicd che in una pianura aperta. Gli Atchitettori antichi nel eer chiare le tecre di muraglia biafimarono le cantonate che eicono fuori de ditite Hi delle’ mura, credendo che elle giovafero pw + gl nimi nel_dare lo, alfal to, che a Terrazzani nel difenderfi, & che le fulfino deboliffime a reggere contro a le percoffe de le macchine da guerra: Fr certo, per tradimenti, & per tirare Je freccie, Je giovano non poco a gli nimici, havendo. effi commodith di porer {correre la campagna, & div ritimrfi. Niente dimeno: fono alcuna yolta i grandiffimo aiuto ne le Citta di montagna, effendo, po- fte a rifconteo de le ftrade. A Perugia celebrarilfima Cittk, per havere lia t Borghi iparfi fa per i Ce ‘non altrimenti che Je dita de fe mani, che f fporgono in fuort, fe inimici vorranno dar Palfalto a a cantonata, poi che ot franno andati con molta gente, non haranno donde alfyltarla, & quafi_meliit fovto una fortezza , ‘hon faranno battanti a foitenere I’ impcto de le eons oe Aid Jona.» plu toto | le | | | LIBRO QUARTO. 85 gli foranno tratte, & Ja carica che vert loro adolfo. Et perd non fi deve te- nete il medefimo modo di cerchiare le terre di mura in turti i luoghi. Oltea queito dicong gli Antichi, che le Citi, & le Navi non doveriano per al- cun modo elfere tanto grandi, che vote barcoliaffino , pene non baltaffino . Ma altri hanno yoluto Ja loro Citta piena, & pinza, penfindo per queito che ella folle piu ficura. Altei promettendofi una ottima fperanza ne le cole che havellino a venire, fi dilettarono di havervi grandilfimi fpatii. Alu forle eddono con configlio a la fama, & al nome de’ pofteri. Imperoche la Cisth certo del Sole, edificata da Bufiride, la quale chiamano Tebe, fecondo che io truovo ne le Moric de gli Antichi, gird venti miglia: Memfi diciorto. mi- Jia, & fei ontavi: Babilonia quarantsrre miglia, & fei onavi: Ninive miglia fellanta. Et furono alcuni, che rinchiufono tanto di terreno, che dentro al citcuito de la Citth ricoglievano da vivere per tutto I’ anno. Quin loderei io quello antico proverbio che dice, in tutte le cofe fi debbe fervare ordine , & regola, & fe e' mi piacelfe di genarmi da una de le parti, mi getterei piu ito a quelta, che poteli commodamente ricevere la accrelciuta moltivudine de Cittadini, che a quella che non pud ricevere i fuoi commodiffimamente « ‘Aggiugni che la Cire non debe eifer farta folamente per lo uio,, & per Ja necellita de tetti, ma debbe eller fatta di manicra, che oltre a le cure eivili, vi rimanghino grandiffimi Iuoghi, & fpatii per piazze , per corrervi con le car- rette, per orti, & per fpalleggiare , & per notare, & per fimili ornamenti, & dilicatezze . Raccontano gli Antichi, Varrone, Plurarco, & altti, che i pallas ti loro erano foliti di difegnare le Tura de le Cittk con religione, & ondini facri. Percioche, havendo prima prefi lungamente gli Augurii, meffi_ad uno ost ung Buel, & un Waecs, tirana. uoo azole li broneos, fi faceva iI primo folco , con il quale difegnavano il circuito de le mura, ftando la Vac~ ca da fo lato di dentro, & il Bue da lo lato di fuora. 1 vecchi Padri, che dovieno habitare la terra, feguitavano lo aratro, & rimettevano nel fello fol €o le {moile, & {parte zolle, & ralfetandovele dentro, accid non fe ne fpare sgelfe alcuna; ‘quando. arrivavano a luoghi de Je porte, foltenevano lo aratolo €on le mani : “Accioche Ja foglia de le porte rimaneffe falda, & pereid dicevar no. che eccetto le porte, tutto il cerchio, & tutta |’ opsca era cola facray & non ert lecito chiamare le porte ficre. A tempi di Romulo, dice Dionifio Alix tarnaflco, che i Padel antichi nel principiare te Girt ano. folti, fatto il fac crificio di accendere il fuoco innanai a loro alloggiamenti: Et per ello far pa fare il Popolo accioche nel pace per Ie fame, hh huomtat G purifcaf- fino, & 1 purgallino ; Ex penfavano che a coli fatto factamento non dovellino intervenire quelli che non ¢rano puri, & neti. Queite cofe difono coltoro . In altri luoghi io truovo , che feminando una polvere di terra bianca, ch chiamano pura, erano foliti difegnare Ja linea per luoghi de le mura. Et Alet fandeo in cambio di quefta terra bianca, mancandoli ella nel difegnare la Ci ti dsl Faro, tolfe de la farina. La qual cofa diede occafione a gli Indovini ai pote pretire Ie cofe future percioche nowt cert peat Gills. mediante i giorni natali de le Cit, penférona che ¢' fi potelle predite fuccelli certi de le cofe future, Apprelfo i Tofcani ancora da libri de Je loro offervationi erano ammaettrati, quali doveffino flere i fecoli fururi, dal giorno natale de 1a lo ro Citth: Et queflo non da offervatione del Cielo, del che di fopra nel fecon- do libro dicemmo; Ma da i prefi argomenti , & conierure de le cole prefenti« Cenforino racconta che effi fevilfono in tale maniera ; Gli huomini che nalceranno in quello fteffo giomo,, che i conttituifcono le Citeh loro, quelli dico , che haranno vita deh itiaas datanno con il giorno della lor morte, fine al_modello del pri- mo fecolo de Ix Citth loro: Quegli ancora che da quel giomo in 12 pimarranno ne 1x Citth , & che viveranno piu tempo che gli altri, dimoftreranno if termine del feconde feeolo.conil ior de la loc. mocee: 8c: cof feguendo & andra, termin nan 86 DELLA ARCHITETTURA nando il tempo de gli altel {ecoli. Sono da gli Dei mandati portent, Guali Gamo avertiti in che tempo qualunque fecolo finifea . Quete cole {Ero colloro. Et in oltre aggtungono, che i Tofeani {eppono con quelle rp gomentationi molto bene i loro fecoli; conciofia che e” lafciarono fenitro qj queila_manicra , che i loro primi quattro fecoli dovevano durare centocit dani I'uno; it quinro centoventitre ; il fello diciannove; && aleretranto il fee no; lo ottave eller quello, nel quale ff ritruovavano ai tempo de gli { tori; & che il nono, & il decimo gli havevano ad avanzare: & da indi penfavano non effere cofa afcola, il fapere quali doveflino elfere 1 Furi Ee fecono conletura, che Roma dorelle Raver I Imperio del cia guelloy che in quel giomo che ella fa collocata, uno de nati nel iorno 5’ acquilld |" Imperio di Jei. Er quelto trovo che fu Numa. Imy Mutatco racconta che diciannove di dh Aprile fu pofta Roma, & nacque am co Numa. Ma quelli di Lacedemonia fi gloriavano di non havere la Cima cinta di mura. Percioche confidatifi ne le armi, & ne la fortezaa oro Gittadini, fr penfavano effer afi fortifcati-da le leggi. Gli Egitti i Perfiant contrario , penfirono che e’ fulle bene cingere gaglis ts Ie lore Ciel mara. Goncita che & gl als & Nive, Semin ancora, vollono che le mura de le loro Citth fullino talmente groffe, che ia Gina di quelle poteflino paffir duot cari a un eratto, & Ie alzarono tanto th te, che pilfavano briccit fettantacinque. Arciano racconta che le mura di yo" erand alte braccia centododicl, & mezo. Et fon trovati di quegliy che ‘non fi fono contentati di effere cinti di uno folo circuito di muraglia. I tagoefl cinfono in Gch foro al we eeu di mura; Be Reodoro fee f i -ci cinfono la Citth Cebetana , ancor che ella fulle poita in Iuogo silevae to, di {ette circuiti di mura. Ma noi che conofciamo trovarii in effe mura fele gagliandiffime, per difendere la falute, 0 libert, elfendoci fuperiori gli inimict, © per nuthero, o per forcuma; Non approviamo perd il parere: di co- floro, che vollono le loro Girth fpogliare di mura ;né il parere di coloro ane ora; che. pare che ponelive opel low Iperanasvdl dife oe e mura de Ch ta. lo nientedimeno acconfento a Platone; ellendo naturalmente qualunque Gited in ogni momento di tempo, fempre efpofta a pericoli_d’ eller farea fuge gettas poiche da la natura, 0 da coflumi de gli huomini é dato, che nelfuno he in. publico, nin privaro habia mai polto termine a I'ingordo deliderioy, che fivha, de lo havere, & del polfedere piu che quello, che & policy de; da Ia’qual coft principalmente & nata ogni ingiuria d’ armi. (Si che chi heghera chee’ non A debby aggiugnere guardie a Je guacdie, & orafcamens ti? fecondo che altrove habbiamo detro. Quella Citeh fark piu di ratte Valere capice, che fark ronda. Sicurifima quella” che fark cinta di mura interrotte hor in dentro, & hor in fuori, come dice Tacito, ch’ era Hierofolima ; Pet | fioche e' tengono per fermo che non 6 pot fengs pericolo entrare infra due parti che {portino infuora; n& con cerca fperanaa fi poflino accoltar le macchis ne da guerra a Ie telle; avertiremo niente dimeno a pigliar le commodity ch: ci ft offerifeono a beneficio di effo caftello, o tetra: La qual cofa abbiam noi norata, che fecero gli Antichi, fecondo Ia copportunit , & fecondo It mes cell de luoghi. Conciofia che Antio antica Cit de' Latini , per abbriccht Ht feno del lito mediante le’ reliquie de le antiche rovine, fi dimoitrs ellee tata molto hinga. Il Gaito fil Nilo dicono ancora che & molro lunge. Palur™ brota Citta de la India, in Grafii, ferive Meraftene che fa lunga fedici might» larga tre, dittefe a feconda de Ja fiumara. Il circuito de le mura di Babilonit: dicono che fu quadrangolare. Et Memfi dicono che haveva le mura fatte & modo di fio D.. Finalmente qualunque difegno di circuito tu ti approvi, Ver tio G fenfa che e° fia alli a haftanea per neceffith de la cofs, fe tu farai le oa tanto larghe, che duoi Soldati armati Randovi a la difela, a ti LIBRO QUARTO, % trandofi l'un ne altro, paffare facilmente fenza alcuno impedimenta : Er fe Je faranno tanto alte, che accoftatevi le feale, non vi fi poffa falire, & fe le f faranno con la calcina, & con il murare tanto fode, che Je non cedino a gli arieti, & ale macchine. Le macchine certamente fono di due fori; una quellz, con Ia quale percotendo, & battendo fi gettano a terra le muraglie. Daltea & quella, mediante Ia quale accoftandofi a le mura, le fi fealzano fore to, & fi rovinino. ProvederaGia una, & a Jaltra in gran parte, non tan~ fo con un muro, quanto con una foila. Conciofia che in quefto luogo non Jodano a muraglia fe ella non @ fondata infino di fort a I" acqua, © fopra di un-faldo mailo. Ma vogliono che effa fofla fia oltra modo larga, & oltra mo- do profonda : Percioche effendo cofi, impedira a la rcituggine andante, & a la Torre , 0 a fimili altee macchine, il poterfi accoftare a la muraglia, Et titvo- vara Vacquas ‘il fal, fark certo fatica indarno il volervi far forto Mine. Difputafi inffa gli huomini di guerra,,qual fia piu utile cola, o che i foil hie- no pieni di acqua, © vero afciutti; & fi-rifolvono che primicramente fi debba rocurar a Io ftare fano de gli habitanti. Dipoi lodano affai quei folfi, ne qua- i fe per 'impeto del trarre vi fia dentro caduto cofa alcuna; ella i polla levare via in un fubito , poe, deri foll commodifimamente ; accio quindi ripieni, non ne preltino Ja via a Ii inimici Delle Mura, Merlasure, Torri Cornici , & Borte , & lor Legnami . CAP. Iv. ‘A tomiamo alle mura. Gli Antichi ne avertifcono che le mura fi faccino in tal modo. Interpolto uno fpatio di venti piedi, faccinyi duoi muri @a fo lato di dentro, & infra loro vi fi getti Ix terra, che fi cava de fofli , & pillifi con ftanghe. Et di maniera fi tinno queite mura, che dal piano de ia Citeh , come quafi per gradi ff pola montare , con un dolce pendio fino a If melature Alte digong, che fe terra, che & cava de fot, fi debbe met tere fuori de la muraglia, oltre a foll, accioche (erva per argine » & che dal piano de fof s'inalzt un muro tanto groff, che gagliardiffimamente polfa reg- ere il pefo de Ia detta terra, che vi fi aggrava. Lontano da_queito ancora fi fcbbe tirar ne la Cittade un’ altro muro piu alto, che il paffato; & per non poco fhitio fia dal primo lontano; ma tanto difcofto , che I’ armate fquadre vi fino in ordinanza havere {pati efpediti da combattere. Oltra queito fi tint fmilmente a traverfo da le mura principali a quelle di dentro, altre mura, iediante il collegamento , & aiuto de le quali, le mura principali congiunte Teghino con quelle che le hanno dietro ; & piu attamente fopportino il gevibmespord de It interpoftavi terra. Ma noi veramente oltre 2 quelle, Jodiamo quelle mura collocate di maniera, che fe pur ala fine, per forza di barteria fullino gittate a terra, habbino a piedi loro un piano, dove Ie iieno quali come un’ argine , & che con la loro rovina non riempino i folli, Ne I’ al- tre cofe mi piace alfai Vitruvio, che dice, che le mura fi debbino fare in quelto modo, cio’ che per il traverfo de la lor groffezza fi, mettino tavole di ulivo abbronzare molto {pelle , accioche 1° una facciatay & I" altra de le mura, quai collegate con fpranghe’d’ alfe durino eteme. Uno coli fatto muro» racconta Tucidide effer ltato fatto da i Plateenfi in loro defenfione contro a quelli, de la Morea; da quali, come da nimici erano alfediati:_conciolia che mefcolaflino legnamj con mattoni, & gli fermatlino gigliardiffimamente . Et Cefare aiferma che ne la Francia, Ja maggior parte de le mura fono farte in quella maniera: Rizzano travi per il lungo de la muraglia, & Je incatenano infieme, lontane parimente I’ una da V’altra, & con grandilfimi {ath le riem= piono, di maniera che Muna trave non tocchi I’ altca; Et con ammailar ordix ni 88 DELLA ARCHITETTURA. ni coft fatti, fomifcono una ragionevole altezza di mura. Quéfto cof fara yoro. non & brutto a vedere; & per difenfione & molto forte; perciocke | Pietre lo difendono da le arlioni; & il legname da Ii arieti « ‘ mefcolanze non fond molto approvate da alcuni; Percioche e' dicono ealcina, & il legname non convengono infieme lungo tempo; conci iH legname & confumato, & abbruciato, & da la falfedine, & di to de li calcina. Olere a che fe per forte la muraglia rovinerh per banteria; ti avverr’, effendo tutta Ia muraglia, come d'un pezzo, che fa, la fi commoverh, & fark incli penilamo che le mura, contro le a rovinar turea ad un tratto Ma jurie de colpi fi fermino molto bene Petia modo: Fiecolt barbaceel fier’ del diriro Ge le mara, + gull die gol, con uno angolo volto a nimici, difcofto 1” uno da'l’ altro fete bree Ea, & mezo, & poi da I'uno aI’ alero tirinvif archi in volta Et iy che guivi come zane rimangono , fi riempino di firame, & di terra, pillata coq ftagioni . Et di qui ti avverra, che Ja forza de te macchine, & gli impe colpi, faranno da Ja tenerezza del terreno ingannati, & Je mura da la cont novazione de la batteria, non fidebiliteranno, fe non qui, & Ia fp & quelle buche, che vi fi faranno, fi potranno riferrare in un fabito. In Gilia giovert grandemente la abbondantia de le pomici a far quel che not chiamo in quefto luogo. In altri luoghi in cambio di pomice, & di tery ie fenza_commodita fi ferviranno di tmufi. Ne in fi farto lavoro ricuferemo il fo. Finalmente fe di quefte cofe, alcuna ne fark per aventura, che fia pot ‘a rincontro de li humidi venti Auftraliy o de vapori notturni, veltai, * peli d’una forza di Pietra. Et inanzi ad ogni altra cofa, "ti git emente, fe tu farai che la ripa de folhi di fuori, ftia a pendio, & che ne del foif fia alquanto piu alto che il relto del terreno: Percioche i fei inimicd non toecheranno le mura; ma patfersnno di fopra, Ex alcimi’ fono che credon che quel muro fia piu che gli alti gagliardo contro le bite tere, le linge del quale saffomighino a dent de le teghe. Lodo. i Rost elle mura che hanno nel mezo de Ialtezza loro uno andito con certe buco Tine in luoghi commodi, donde gli Arcieri poffino offendere afcofamente il trafeurato, & fcorrente inimico. Et quelle Torti ancora, che ad ogni trent fexe braccia, & mezo fi congiungono ls muragla, quafi come Fifaltando tonde a lo in fuora; & avanzando con I’altezza loro, I’ altra lia, accioche chi fra loro fi voleife accoftare a la muraglia , elpongs.| tte il fianco difarmato , & vi rimanga morto. Percioche in queita gui mora da ilfiancheggiare de le Torri, & [una Torre da I'alera faranno Da quella banda che le Torri fguardano verlo la terre, fa che le fieno fe muta, & aperte , accioche fe pet aventura i nimici v"entraffero dentro vi ttieno ficuri. Le cornici a le Torri, & a le mura oltre a che le ‘ornamento , & fabilith con [2 loro legamura, proibifcono ancora il fait Je poftevi fcale. Sono alcuni che per le mura, & vicino maflimo a le To vogliono che vi f lafei peecipitit interpotti ; 8 gli fortficano con ponti di legae che in un fubito | poffono & alzare , & abbailare fecondo il bilogno, & | utili, & buon’, Gli Antichi ufarono da ciafcun lato de Je porte p due grin Torri gasliardiffime per tutta, le quali come due braccia, fi favore al feno, & a I’ apertura de I” entrata, Ia defendevano. Ne le non debbono elfere alcume'ftanze in volta, ma impaleature a” affe, acto ad un bifogno fien piu facili a levarfi, o ad abbruciali. Et i deci tm de le Torri non vogliono che fieno confit? con chi Itrimenti , be yincendo ill nimico, piu facilmente fi peflino disfare. Coperture & fant fon 1 manchinoy” con le quai eofe fe fentinelle poffino da Te Bina vero, & da finili ingiurie de tempi difenderfi. Ne le merlature, che. {P tano in fiors, fisnovi plombatoi, da quali fi pollino aventare @ LIBRO QUARTO. 9 Picere » & fuochi, & acqua ancora, {© pee aventura havellino attaccato _fuoe co a la Porta: & dicono che le Porte coperte di cuoio, & di ferro, fi die fendono dal fuoco. Er di loro fia detto a battanza . De la grandeszay forma, G regola de le wie masftre, & now macfire. CAP. V. Ebbefi avertire nel fare Je Porte, che le fieno 2 punto tante, quante fon le ftrade maeftre; Conciofia ‘che alcune ftrade fieno macitre, & ale cune nd. To non vo qui dietro a quel che dicono i legifti, che il ballo a’ u- na firada fervendo per le beftic, fi dimandi la battuta: & i rilevato per gli huomini, fi chiami i camming ; Ma io dico, che col nome di ftrada s’ intene de il tutto. Le firade maeftre fon veramente quelle, per le quali noi andiamo nelle Provincie & con gli elerciti, & con le Bagaglic: Adunque le ftrade mace bifogna che iene molto piu lnghe che te aire: & ho, confiderato che gli Antichi coftumarono di farle di maniera, che le non fuffino manco di fei braccia in alcun luogo; Mediante la legge de le dodici tavole, delibera- ron che le ftrade, dove l”andavano diritte , non fuffino manco di fei braccia , & dove I’ andaffino aggirando., cio’ torcendofi, non fullino manco di otto brace cia. Le non maeitre, fon quelle, per le quali noi andiamo , partendoci da le maeltre , © in qualche villa, in qualche Caftello , overo a ritrovare qualch” altra via. maeftra, come fono per le ville i viotoli, & i chia per le terre. Sono ancora altre forti di ftrade, che tengono di Piazza, come fon quelle che fi fanno a fervite a certi bifogni determinati, & maffimamente publici , come verbigratia quelle, che ti guidano al Tempio, 0 al luogo del coria de cava~ iy & a luoghi dove fi rende ragione. Gli andari de le ftrade maeltre, non ifogna che fieno & fuori a la campagna, & dentro ne la Citta, fatti ad tin modo. Debbonft al rurso,procirste che fuoe dete Civade Ie fieno fpatiofe, & aperte da porere ben {quadrare a I intorno per tutto, che le fieno betes '& efpeditifime da agai impedimento, 0 d’scquay © di ovine - Non vi lafeino per niente nafcondigli, 0 ritirate di forre alcuna, dove gli Affalini fofino ftando gli agguati Gr villania: Non vi eno ds qual banda fi voglia jor qui, hor 1k adit aperti, atti a le prede. Finalmente debe effere dirit- ta, & brevilfina; fark piu di tutte I’ alere breviima non quella, come fi ec, che fark la piu diritta, ma quella che fark la piu ficura. Io la voglio pi roto alquanto piu lunga, che men commoda. Sono alcuni che credono, che 4s campigna ci Piperno lia piu di ogni alta Gura, effendo ells Ggara da vie profondes come feavate folle, ambigue nell entrarvi; incerte al camminatle 5 Smal fcure per Je fopraftane’ ripe dal difopra d= Je quali puo facilmene flere il nimico acciaceato.. I piu pratichi penfano che quella fia la piu ficura , che pareggiata, fi tira fu per la ftiena de le collinette. Dopo quella, feguita quella, che fata fopra. uno argine, fi dirizea per la campagna, fecondo il mado antico; Angi gli Antichi, per quella cagione la chiamarono argine . Et Certamente ele la cof fata prefiees di fe molte commodital; conciofa che alleggerira molto Ia farica, & la moleftia de viandanti, mediante il, piacere del guardare 2 lo intorno mentre cammineranno fopra il rilievo de 1’ argine: ‘Oltra che grandemente importa il vedere I’ inimico da lungi, & I’ havere com- moditt, © da potere, con poca moltitudine, fare ritirare indietto il molefto inimico, © da poterli cedere fenza alcun danno de tuoi, fe per forte e' vincefle- Er tornici a propofito quel che io ho notato ne la via, che va Porro. Concio~ fia che concorrendovi d’ Egitto , d’ Affrica, di Libia, di Spagna, dela Magna, & de le Hole una moltitudine infinita di huomini, & una grandif—ima quantics di merci, viv fetiono la firada doppia, Baits pec al steno Yio uk fate di ee 9° DELLA ARCHITETTURA Pietre rilevate a guifa d'un termine, che fopravanzava un picde; secloche Pan lato andaffero, & da laltro rornallero, fehifando il dar nola nel ae trarfi. Tale bifogna’ che fuori de la Cittade fia la flrada mactlea's efpedita, qh ritta, & ficuriffma » Quando ella arrivera ne la Cittade {6 ln Cit fis tobe Je, & potente , & ben giuito che I” habia te vie diritte, & larghithime,, chan rechino a la Citta grandezza, & macftade: Ma fe ella firi una Terrich overo un Caltello, ne preiter’ ficuriffima entrata, {e ella non andr ¢ofi a rictura_a le Porte; ma girando ora da deftra, ora da finiftra preffo a le miu, & maffimo infino fotto a torrioni de le mura. Ma dentro a Ja terra poi noy fia dirita, ma come un. fiume torcendofi piu & piu volte in verfo I’ una & Haltra, fad cofi piu condecente. Percioche oltra che nel parére ella pi Junga, accrefeera in quel Iuogo I'openione de Ja grandezza fua; & ceramente ul cof giova molto a la bellezza, a le commodity de Trulo, & a le 9 nita, -& necefliti de tempi. Ma non fara quelto aflaiy che a viandanti fi feu prino ad ogni pallo nuove foggie di edificii; & che Pwleita, & la facciata dl qualunque cafa fi addirizzi quai che al_mezo de la Jarghezza de Ia ftrada, ag Cioche elfendo ancora in alcun Juogo effa troppa larghezza fgratiata , & mal fe naj ella in queito noltro coli fatto Iuogo pit tolto fia fana, & dilemi. Serve Comelio che la Citta di Roma allargara di flrade da 'Nerone, divenne alli calda, & percio manco fana;. In altri luoghi ove Je vie fon firette, vit Jiaria’ piu cruda, & ne la fate vi fark fempre ombra- Oltra di quello non W fia caf alcuna, ‘che e’ non vi entci dentro il Sole, in qualche hora del giot no; nb fark mai fenza placevole ventolino » che movendofi dove fi vogiy non truovi in gran parte diritto » & efpedito camino, onde paffare. Et la me defima non fentirk mai_venti faltidiofi, conciofia che fubito faranno rorti di He Saclae te Ja tease Aang ch fev conven Trin 50k Son no non manco offefi da lato dinanzi, che da i fianchi, 0 da lato di dietroy Hor fia de le vie macitre derto a baftanza. Le ftrade non maeftre , faranno fix mili a le maeftre, & fe git infta di loro, non fuile quelta differentia, che uelte, fe le faranno diritte a capello, converranno meglio con le canronate je le mura, & con Je parti de li edificii: Ma io tuovo che gli Anrichi vollono che ne Ja terra vi fullino alcune vie ineltricabili, & alcune che now haveilero riufcita : ne Je quali entrato il nimico per nuocerti, ambiguo, & dif fidatoli di fe ttefio , vi habbia a ftare folpelo, o fe pure ¢’ perfeveraife di yor lent far dann, © pols ia un fabio eller rovinata del tutto. Né firk fuori di propolito, che'vi fieno flrade minori, non Junghe, ma che tetminino ne ft Pima strida, che Je attraverfi; chee! non fia come wn camming publica, & efpedivo ; "ma come un’ trageito, che yadia a trovare una calt poll dirimpetto; conciofia che per queflo le cafe haranno piu commodi lumi, & inpediralfi_a nemici il non potere correre la terra cofi a loro voglia. Gur tio ferive, che Babilonia dentro era piena di Bors fi, & non continova® ti. Pltone per |" oppofito non folamente non vol jorghi {parti ; ma vo ancora che Ie mura dele cafe filing attaceate "una con tal & ati pie que che un lavoro di fi farta maniera gli ferville per muraglia della Cittade- De Ponti ai Legno, & di Pietra, & det frnargli: de le Pile, Voltey Archiy [ne Serragli, Spranghe, be rt, & riliewo loro. CAP, VIL L Ponte certamente & parte principaliffima de Ia ftrada, Ne far ogni luogo I ‘commodo a farvi Ponti; Percioche, oltra che ¢’ non & conveniente lalciat® Jo fitto in una eftremich a’ un rinchiulo cantone, per commodita di pochis Difogna che fia nel mezo del pacfe per i bifogni de lo univerfale; egli cere LIBRO QUARTO. ot mente fi debbe fituare in firo facilifimo da finiclo con non grandiffima fpeta , & da fperare, che egli habia quali ad elfervi eterno. Debbefi adunque elege gere un guado, che non fia de piu profondi, né de piu fcofcefi; che non fi Nadia vatiando, nt movendo ; ma iia uguale fempre , feria auel Detboah faggire i ritroft de le acque y gli avolgimenti, le voragini, & cole Gimili, che ne eattivi fiumi fi truovano. Debbonfi ancora principalmente {chifare i gomiti de le ripe, & gli avolgimenti de le acque, fi per molte cagioni (effendo le ri- certamente in quelto luogo molto. fottopoite al rovinare) fi ancora perche Piegnami, i teonconi, & gli alberi, che de la campagna levati fon portati git da lk pien, non polfono'paflare per elli gomiti a airito, per cammino e- fpedito: ma’fi atteaverfano, & fi aviluppano impedendofi I’ uno I’ altro: & ace collanfi a Je Pile, fanno una grandifhima mail, onde riturate Je vie, gli a= chi de Ponti vanno forro; di maniera che tle edificio per il pondo de le fnpetuofifime acque i guatta, & fi rovina, Ma de Ponti ne fono alcuni di Pietra, alcuni di Legname. Diremo prima di quelli, che fi fanno di legno, come piu facili a metterli in opeta; Dipoi lierem a teatare di queplt che fi fanno di Pietra. Bifogna che amenduoi fieno fortifimi. Quello che fia di Jegname adungue fi affortificherd con grande, & gagliarda abbondanza di le~ gaami; & che tal cofa fi confeguifea eccellentemente, ne dark grandiflimo aia fo il Ponte di Cefare. I quale ne infegnd il modo di farlo in quelta maniera. Fgli_ cong infieme duoi legni difeotto I’ uno da I'altro duoi pied Cpifuratia Paltezza del fiume) groffi tre quarti di braccio, & auzzati ale wuanto da balfo; Quefli metteva egli nel flume con certi inilrumenti ficcando~ Tia caftello, non diriti a piombo a guifa di pertiche, ma a_pendio, ritiran- dol alquanto_di_fopea che pendelfino fecondo il corlo del fume. Rincontro a quefii dipoi ne ficcava duoi altri, congiunti infieme nel medelimo modo, con intervallo da bailo di quarana picdi; volti contro Ja forza, & I" im- peto de Ia acqua, firti uno, & I’altro di queti, cofi come not habbiamo Axxo , gli congivgneva infieme, mettendovi fopra travi groffe duoi piedi, lune ghe, ‘quinto ers Ia diftantia di effi confit legni. Queite cof poftevi travi e Fino da Ja parte di fuori foftenure da due legature, le quali aggirate attor= no, & in a consratia parte ipigate, ea tana In fomezza de Ts opera» & fe impeto tale Ja natura di tali cole, che quanto maggiore vi G fulle incitato de le acque, tanto piu ftrettamente’ le travi poitevi fopra fi ferravano infie- me. Sopra queite poltevi altre legne, fi intrecciavano, & vi fi faceva fo- pr_un piano di pertiche, & di graticci. In un, medefimo tempo fi mettevano 44 Is parte di for del fie alcune. travi piu fottli pendio, le quali po- ftevi in cambio di Ariete, & congiunte con tutto I’ edificio, refiftellino 2 Timpeto del fiume. Et fi metrevano altre travi ancora con mediocre, inter vallo da lato di fopra del Ponte, che avanzavano di poco I'altezza del fiu- mes accioche fe da i nimici fullino mandati_o tronconi di arbori, © navi giu per il fume, per rovinare detco Ponte, { fcemalles mediante Ix defen- fione di dette travi, Ia violenza delle dette cole, & non potellino nuocere al Ponte. Queite cofe ne infegnd Cefire. Né fata fuor di propolito, quel- Jo che €°coitumarono preffo a Verona, di laftricare i Ponti di legno, di verghe di ferro, & mailimo da quella parte dove hanno da pallire le car- rete, & catri. Reflaci a traare del Ponte che fi fa di Pietre, le parti del quale (no quelte: 1 fianchi de le ripe, le Pile, le Volte, & Ia laftri- catura. Infra i fianchi_de le ripe, & le Pile vi & quefta differentia, che i fianchi bifogna che fieno oltra modo gagliardiffimi , atti non folamente a foltenere il pefo de gli archi poitivi fopra, come le Pile, ma che fieno molto piu gugliardi a fortenere fe telte del Ponte, & a reggere contro al fee de gli archi; di maniera che non fi aprino in Iuogo alcuno. Deb- fi adunque andate foegliendo Je rive, o piu prelto Je ripe di Pietra, Ma con- 9 DELLA ARCHITETTURA conciofia che Je fono le piu ftabili, a le quali ru debba Adare le refte de tis & le Pile fi fanno piu, o meno, fecondo la Jarghezza del flume. Gij an ei in cafe oli 4 che @° cilerano pee il numero + giovang ancora Ia bilitade; conciofia che quanto il dirito del corfo del fume & piu lontino @ fianchi de le ripe, tanto ® piu fpedito, & quanto & APY epson cama yeloce , & pi prelto corre via; Quelto adunque fi debbe laiviare molto dito, & aperto, accioche con il combatrere , percuorendo ne le Pile non fic Joro nocumento. Ex dette Pile fi debbono porre in. que’ luoghi del fume, dor ye le acque (per dir cofi) corrono piu lente, & piu infingarte. Er gh indi onde tu poila conofcere quelti Iyoghi , te gli moftreranno Je piene. Quando che no, ten avedrai in quell’ altra maniera. Imiteremo veramente coloro, che git arono Je noci per il fiume, de Je quali gli aifediati ragunandole {i cibatono, itteremo nel continovato corfo del fume, di fopra quali mille cingue cemg fi, & maffimo quando il fiume fart geoff, alcune cofe fimili, che vading Pigalla: Et quel luogo dove fimii cole Granno in. gran parte ragunicl take _| me ti fervirs per fegno, che quivi fin il maggiore impeto de le acque.. Nd firuare adunque Je Pile fuggirem quelto luggo, & pigliacem quell” altro , dove Je cofe gittate fi condurranno piu tare, & piu tardi. Il Re Mina, quando’ deliberd di fare il Ponte a Memfi, cavd il Nilo del letto fuo, & lo manda in altri luoghi fra certi Monti; & finita Ja fua muraglia, lo ricondufle poi nel proprio Jetto. Nicore Regina de gli Affirii havendo mello in punto wtte quill Cofe, che gli. fyceyano’ meftier| a fare un Ponte, fece cavare un grins liffimo Iago, & yolfevi il flume, & mentre che il lago fi empieva, Seccandol il letto del fiume, murd le Pile. Quefte fi farte cole feron coftoro. Ma noi feguitcremo il fatto noftro in quefta maniera. Faccinfi i fondamenti de le pe I’ Aurunno, che |’ acque fon piu bafle, fattovi prima attorno alquanto riparo. Et il modo da farlo # quello. Ficchinfi duoi filari di pali folti, & {pele fi, che con le telte avanzin fuorde "aqua quafi che come uno argine, mettinl i. da Jo Jato di dentro yerfo le Pile, nel circuito de filari de puli, gratictly i vani di detti filari fi riempino di alga, & di loto, & con il mazzapicr chiarli fi condenfino; di maniera che I’ acqua non vi polla piu entrare in mos do alcuno . Quelle cofe di poi che dentro a lo argine fi ritruovano , 0 ac- qua, 0 oltre a I acqua fango, ‘0 rena, o qual altra cofa fi voglia, che ti dit pediment » bilogna che Ie ne cavino’ A T'altre cole poi G da perfetone in quel modo che not t’infegnammo nel pallato libro. Cavali infino {ul fodo, a iu prelto vi G fa una palafitea di pali abbronzati, per tutto il rerreno , foltif Bias 1 quefia lute hg to contideraro «ches Buont Architetront-olatobd dl farvi una continovata. bafa, di canta lunghezza appunto, di quanta eller vi deve il Ponte. Et cio feciono non con il ferrare con un folo angine tutto il fume ad un tratto, ma fattone prima una parte, paifirono a far I'altra, & a congivgnerla poi con la git farta. Concioha che egli & impoffibile rimuove- re, & fitencre ad un tratto tutto I’ impeto de I'acq bon adaague mente noi muriamo ne fiumi [afc fe aperte, per le quali pai via I peto de le gonfiate onde. Quelte foci fi lafcertnno aperte, o in effo guaday ‘© quando. piu faccia a propolita , faccinvifi daccie di legname, & canali che fticno follevati in arias per li quali 1’ acqua che foprabbondx , fcorrendovi foe 5 pall via, Ma fe la (pefa ti parelle tropa, farai a ciafcuna Pila una bila ane folamente, fata & finita 2 guifa di una Nave con uno angolo in Ik pope, & uno né Is pruy dirizzandole a filo fecondo il corfo de le aauty accioche I impeto de le acque nel divideri, fi feemi. Er bifogna ric che I" onde nuocono molto piu a le popes ch’ a le prue de le Pile Il che da quello ci fi manifefta, .che da le poppe de le Pile yi fi aggita molto pit copia di acque, che da Je prue; oltra che in quel luogo fi veqgono age: i d'acque y che le (cavano infino nel fondo, & Je prue dtanno faldilime el LIBRO QUARTO, 93 fendo_rincalzate dal fetto del fiume, 10 dj rena. I-che effendo cof, & di necelfitt, che quefte parti per tutto I edificio fieno gagliardiffime, & fortilfime a reggere contro gli impeti delle acque. Sari dunque molto a propofito, che ello edificio fia molto a fondo, & con gran fondamenti da ogni banda, & matlimo verfo la poppa, infino'a tanto che per qual fi voglia accidente ’ an- dacafene una lel fondamento, ve ne reltino tante, che ficno baftanti a seggere il pelo de le Pile. Et innanzi tratto gioverd grandemente, ancora che di principio tu habbi cominciato a fituare le bafe sie Ja piu alta parte del let- to del fiume, che le acque, che vi pillano fopra, non vi cafchino roramenté come in-un precipitio; ma [drucciolino facilmente, come per un dolce pendio + Percioche | acqua, che cade precipitofamente, commove il fondo, & qui fatta piu corbida, porta via le cofe fmofle, & continovamente cava forro tali luo ghi. Faremo fe Pile di Pietre Junghiffime, & Jarghitfime » che di loro natura Fellltono a diacei , & che non infracidino ‘per |'acque; né per altro accidente facilmente & rifolvino, né fotto il pefo fi fiacchino: Et fi mureranno con ogni diligentia fecondo il regolo, il piombino, & I’ archipenzolo, non pretermet- tendo per lo lungo alcuna collegatura, & per il traverfo con commetriure che feambievolmente leghino I una T altea, lafciando da parte ogni ripieno di fall minut]. Aggiugnerannovifi ancora. molto {peli & perni, & fpranghe di bron- 205 appiattate, & acconce di maniera ne luoghi loro, che fe Piette per eile buche non diventino deboli; ma con fi fatte iprangature flieno ferme. Et tirif tale opera in alto con amendue le telte elevare angularmente & da pra, & da poppa; di maniera che Je fronti de le Pile fopravancino fempre le pie~ ne maggiori. Sia la groffezza de Je Pile, per la quarta parte de I altezza del Ponte.” Et fono fati alcuni che non hanno terminate le poppe, & le pruc di cofi fate Pile con angoli; ma con un mezo cerchio, credo io, per conto de Ja venufla di tale lineamento. Et ancorche io habia detto che il cerchio habe bia forza di angolo, io appruovo piu tolto in quello uogo gli angoli, pur- che ¢’ non fieno tanto appuntati, che fpunrati da ogni piccola molettia fie~ no guafti. Piacerannomi ancora quelli, che faranno. fatti in cerchio, fe e* fa ranno talmente {punrati, & biftondari, che e” non fieno lafciati ottufi, di ma- nicra che fi contraponghino a Ja moleita preftezza, & impero de le onde. Haranno le Pile ragionevole cantonata fe ella fh fn tre quart d’ uno angola retto; & fe quefta non ti piaceffe , fa ch’ ella n’ habbia duo terai. Fr quelto balti quanto a le Pile. Se per natura del Iuoge, noi non harem i fianchi de Ie ripe cofi fatti, come delidereremmo ; faremoli nel medelimo modo de le Pi- Je; & a ultimo de le ripe faremo altre Pile, & tireremovi aleuni archi ne Jo effo sfeiutro terreno , accioche fe per aventura per la continovatione de le onde, & de le piene, in fucceffo di tempo, fi levaile via parte de la ripa; con I"havere allungato il Ponte nel terreno, ti rimanga pur libera la flrada. Le volte, & gli archi, fi per conto de le altre cofe, fi per i cendeli, & con- tinovi intronamenti de carti, bilogna che fieno fortiflime, & gagliardiffime. Aggiugai che alcuna volta havendoli » trar fopra deci Ponti pelt mitra di Colofh, 0 di AAguelics o fii non ti infervenga come interyenne a Scauro nel far tirare quella foglia di Pietra, che i Miniltri pubblici habbino ad haver paura de danni farti. Er per quefto conto il Ponte & di difegno, & di o- gai forte di lavoro fi debbe accommodare in modo contro le ipelfe, & con- tinove feolle de carri, che e’ duri etemalmente. Che i Ponti vorrebbono ef fer fatti di Pietre molto grandi, & faldiffime , ce lo dimoftra facilmente la ragione con lo efempio dela ancudine , 1a quale fe in vero & molto grande, Bi grave, folline Ricilmente i colpi de marteglis ma fe ella & leggiere tic falta per i corpi, & fi commuove. Noi dicemmo che Ja volta era fats di archi, & di ripieni ; & quello arco effer il piu forte, che era d'un mezo cerchio, fe per la difpofitione de le Pile il mezo cerchio fi rileverd Dy ¢ 4 DELLA ARCHITETTURA che tale rilievo ti offenia , uferemo I'arco feemo, afforzifcati 4 fanehi de Fipe con farli piu grofli. Qualunque arco f voglia finalmentey che hark a tre per tefta di effe volee, bifogna che fia di Pietre durifime , & geandiffime; pop ‘lirimenti che quelle, che tu harai pofte ne le Pile. Et in detto arco non faranno Pierre piu fortili, che almeno non corrifpondino con 1a loro gtofferss, a la decima parte dela fua corda. Ne fari Ia corda piu lunge, che per fei yo te quanto 2 la groffezza de Ja Pila, né piu corta che per quattro. Et com: mettinfi infieme quelte Pietre ad arco con perni, & fpranghe di bronzo gagli diffime . Oltra di quelto 1" ultima Pietra ad arco, che ¢' chiamano il ferraslio, | fark ridorta da lo carpal ala mifura de le altre Pietre ad arco, & ancony da luna de le rete fara lafciata alquanto piu groffa, accio non vi ft poila mete tere, fe non per forza, & ‘con mazzapichiarla leggiermente. Percioche quetto modo le altre Pietre ad arco di fotto, piu rittrettamente ferrate i Bogliardamense , & lungo tempo flaranno ne lo officio Toro. Tutt i tiple dentro fi murino di Pietre; di maniera che non fe ne polla tovare piu falda, & di commettiture di fore, che non fe ne truovialcuna piu fete tamente congiunta. Et fe nel fornire i’ ripieni, ta non havelf: tanta abondan: tia di Piere fori, non ricuferd de le piu deboli in cafo di necelfith , pur che tutta la flienta de 1a volta non fi mefcoli ne ferragli cofa alcuna, fe non Ficere forti. Reftaci a laftricare tal lavoro. Non fi debbe manco affodar il terreno a Ponti, che a le vie da durare eteme, & fi debbe alzare di ghis fino a la altezza di tee quarti, dipoi diftendervi fopra le Pietre com riempitura i rena pura di Fiume, 0 di Mare. Ma il vano fotto il laitrico de Ponti, debbe riempiere, & pareggiare di pezzami, fino a la altezza de fuoi archis, dopo quelto, quel che tw vi laftricherai fopra, affetteralo con la calcina. le altre cofe che reftano, fi deve avere uguale rifpetto a l'una, che a lak twa; conciofia che da gli lati con fortfiing muragli affriicheran ye fi laitricheranno con Pictre, né piccole, né frombole atte a voltarfi, che con ‘ogni poco di fpinta fi fmuovino; né anche con Pietre tanto grandi, che le beitie habbino, come fopra cofa lubrica cominciandovi a fdrucciolare, pte ma che le truovino fellure dove poflino fermare I’ unghia, a cadervi. Er we ramente importa molto di che Piette fi Iaftrichino; hor che penfi ru che avete. gr il lungo, & continovato confumamenro de le ruote, & de le belle; pal che noi veggiamo che le formiche in elle elici, con il pallare de lor vi hanno ancor efle {cavato il loro cammino? ‘Ma io ho confiderato che gh Antichi in molti luoghi , & me la vis ancora che va a Tiboli, lattricaromo il mezo de Ia radu di felici, & i lati da Ie bande coperfono di ghisie me nuta. Ee quelto fecero, accioche le ruote vi facelfero manco danno, & i piedi de le bettie vi fi attaccaffino meglio. In altri luoghi, & matlino fa per i Ponti, accanto a le fponde feciono andari con Piette rilevati , che fe vitlino per i is & Ia parte del mezo lafeiarono a carri, & a le bellic» Finalmente gh Antichi in fimili opere lodarono molto la felice , & infra le felici, quelle, che havevano piu buche, o piu fel; non perche le fi piu dure, ma perche manco vi fi fdrucciolava fopra. Uleremo ae qual voglia Pietra, fecondo che ne haremo abbondanza , pur che fi {ceglino le. piu di re con le quali almeno @ laftrichi quella parce de ta via, In quale 2 pit battura da le bettie ; & Ia piu battuea da quelle, & 1a plu pari, concioli che fempee fugghino quelle parti che pendono . Et pongafi, o vuot felite, ® qual ala Pietra fi voglia grolls tre quart’ di braccioy larga al manco ede con Ja faccia dt fopra plana, congiunca Tuna con I'alta, che nom fia felfura alcuna, colmandovi la fkrada; acciocche raccoltevi le pioggie Fino via. Il_modo di colmare Je flrade & di tre forti; conciofia che + pen! faranno fatti 0 inverfo il mezo de la rada; il che s° afpetca a le 1nis piu larghe, 0 vero da gli lati, che impedifcono mance Je vie piu fst) LIBRO QUARTO. os veramente per il diritto de Ja lunghezza de 1a ftrada dal principio a 1h fine.* ‘Queili veramente fi vanno accommodando, fecondo che @ piu’ commodo, o che torna meglio a le sboccature de le fogne, & de Rigagnoli ne la Marina, one laghi,-o ne fut. Quella colmatute fart rapionevales eke’ ad” ogui bret: cio & mezo, fark un mezo dito. Io ho confiderato i pendii degli Antichi , con i quali fiiano al monte, che gli ulyano alaare un piede ad ogni trent piedi. Er in alcuni alti Iuoghi, come verbigratia a le tefte de Ponti, fi veg- gono alzati tali pendii ad ogni cubito un palmo; ma quelti fono talmente corti, che una beltia carica, con uno sforzo folo li paila via. De le Fogue, de lo nfo, & forma loro, & de Finmiy & de le Foffe d” acqua, = 4 Eo iroote a Natit i eee CAP. VIL *Si penfa, che le Fogne fi afpertino al lavoro de le ftrade , conciofia che le fi debbino fare forto le ftrade, giv per il mezo, & che le giovino molto al copie, al paeggive, & a rendere piu. nee le radey & per id non ci firemo beffe di quelle, in quefto luogo. Et veramente che altra cola dirty io che fia una Fogna, f€ non un Ponte, © piu tolto un qualche arco molto lirgo?_ NB 2 marviglia» fe per queto nel far fimill Fogne i debbino olfervare tute quelle cafe spuntoy fe quali poco fi dicemmo i efit Ponti. Ee certamente gli Antichi ftimarono tanto I’ ufo de le Fogne, che e’ non fi vede ch’ eglino facellino: mai’ {pele maggiori, in finire qual alten forte di muraglia i voglia, né in alcun luogo ulullino maggiore diligentia: & infra le maravigliofe muraglie de la Citth di Roma, fi tiene che le Fogne fieno le principali. lo non fA quia raccontare quante commoditi artechino con loro le Fogne , quanto Je rendino la Gitth pi dilicara, quanta pulitezza arrechino a p: blici edificii, & quanto le gioving a mantenere I' aria {ana & (i ta di Smirna, ne la quale trovandofi alfediato Trebonio, fu d Jobellx, ferivono che & per la dirittura de le firade, & per gli ornamenti de WF edifictl, era tenoea bellitinas ma. per non havere' alla Fognet che potelino, raccogliendo le brutture, portarle via, offendeva grandemente con il puzzo gli habitatori. Siena Citth ‘in Tofcana, per non havere clla Fogne, non & punto dilicata, onde gli avviene, che non folamente’nel principio, o ne la fine de Se gintteiapl fi'geuano' da fe Hatire 1°4ah dele tascniee bemture, fpussi; ma aleuna vol Gi vede fporcay & facida, per le mole hue ‘ono le Fogne di due fori, de luna de le quali {ono quelle che miditati « portin via le brurture, o ne fiumi, o ne laghi, o nel Mare: De I’ altra fon Quelle, che farto un pozz0. profondo nel terreno, fimaltfeono le brutcure nel Ventre’ de la tecra. Quelle che portano via, bifogna che fieno laftricate di lae firico a pendio, & a farucciolo, laldiffimo; per iI quale pofla la humidith foor- rere liberamenre, & che quelle cofe, che vi fono murite, per la continova humiditt , non fi infracidino. Quefte medefime ancora bifogna che fieno folle- vate dal flume, accioche per le piene non fieno ripiene dal fango, né riturate da la mot. Quelle che haveffino a ftare {coperte , flamo contenci fenza latirie earle de lo ignudo terreno, conciofia che i Poeti chiamano la terra, il cerbe- ro, & i Filofofi, il Lupo de gli Dei; percioche ella confuma ogni cola, & ogni cofe divora. Quelle fporcitie, & brutture adunque vi fi aduneranni mangiandofele il terreno, f confumeranno, & non efaleranno puzzolenti. va ri. Vorrei bene, che le > che hanno a ricevere I’ orine, fi collocalli- no difcofto a le mura: Percioche da gli ardori del Sole, fi marcifcono, & & fino maravigliofamente. I fiumi olta quello, & le folfe da acqua, & quel~ le malima per le quali Lanno a palfae le Navi, io penfo, che {debbouo st- rs DELLA ARCHITETTURA fra le fpetie de le vie: Conciofia che ei pare a moltiy fieno {pecie di ae non elfendo a la fine altro il Xi eee Nee ima lage, & fpatiols mada. Madi quelle cofe non s alpetca parlarme py | Tunga in quelte luogo.. Ex fe per aventura egli averri che quelte cafe poh a flino. a. bhlogai de gli huomini, & doveranno allhora & con Ia mano con Parte nvediare | difetti, fe alcuni per aventura ve ne fullnno, & apgie gnervi quelle commodith che vi mancaflino, il modo de le quali cole tnatteres i jo poi nel luogo loro. . De la convenicute mnraglia de Porti, & de lnoghi commodi per le Piazze ae le Cinta. ‘ CAP. VIIL Or fe egli parte alcuna de la Citth, che fi conficcia com le cofe, che noi doviamo trattare in quello luogo, il Porto veramente fark quel deffo. Elfendo certamente il Porto non altro, che quafi un termine nel corio de Cae vagli, dal quale 0 tu ti muova a corfo, o al quale arrivando , finito il confa | ti fermi, & ti ripof. Altri forle diranno che il Porto fia Ia ftalla delle Navig fia pure egli come:tu ti voglia, o termine, © ftalla, 0 ricettacolo;, certamente fe la proprietk di qualunque Porto @ di ricever dentro a fe le Navi, ficure dy V impero de le tempelte; egli @ di necelfita che e” le difenda. Sianovi anchi aghardifimi, & alti; & oltea quello bifogna che vi fia una larghezza adattna STnaniera che. le Navi polfino, & grandi, & cariche, commodillimamente sacccorvili, & ficuramente ripofarvifi. Le quili cole fe ti & rapprefenteranay da 1a opportunita del luogo, non harai da defiderarvi altro, fe gii non a veniife come ad Arene, la quale haveva fecondo che ferive "Tucidlde tre Post fart da Ja natura; che tu habbia a’ftare in dubbio, quale di tanti tu ti yoga eleggere per il meglio, dove tu voglia andare a render Porto. Ma egli 8 cee famente cofa evidentiffima, mediante quelle cofe, che noi dicemmo nel primo libro, che e* fono alcune regioni , dove non polfono tutti i venti; & alouney | dove ‘alcuni di loro fono molto faltidiofi, & continovi . Anteporremo adunqe | 4 gli altri quel Porto, ne Je bocche del quale fpirino i venti piu benign, & | piu quieti, & nel quale tu pola con buona gratia de venti entrare » & ulime Jenza havergli_molto ad alpettare. Infra tutti 1 venti dicono che Borea & il pid Benigno , & che il Mare commoifo da. Greco cellato il vento fi quieta {ubitos Ma fe bene ceflano i venti Auftrali, il Mare dura nondimeno a Hurtuare grat tempo. Ma fecondo la variets de Inoghi fj debbono elegger quelle cole, che. fono & piu commode, & piu efpedite a bilogni de le Navi. Defideravi ux fondo grandifimo, fi ne ln foce, fi nel mezo, & fia le ripe del Porto; it quale non. rifiuti le Navi da carico, gravi per Je cofe portate: Ex & convenien te che il fondo fia purgato , & che non vi fieno herbe in alcun Iuogo,.. Ancat che talvolta le fpeffe, & intricate radici de le herbe arrechino granditfima tilick a fermar Je Ancore; Io niente dimeno vorrei piu tolto il Portoy hon generaffe cofi alcuna che haveife a contaminate 1s puri de Variay 08 nuocere a le Navi, come fanno le alige, & le herbe, che nalcono ne lea que. Conciofia che Je eccitano a Navilii vermi moleftifimi rigniuole » & Bricuzzi, & per il marciefi di tai litt, vapori pelliferi Faranno ancors 3! Bor to infermo, & mal fano, fe vi fi mefcoleranno acque dolei ; &_mailime Ie, che piovure dal Cielo vi-ealeranno da Monti. Vorrei nondimeno che venti, & Soli convenienti; & fieno accommodate fecondo i bilogni , & lene diinte di maniera, che nel converlare 0. de forettieri, o de gti abit Psi, non diminuifchino a coftoro la dignith, Ia commodita, & i dilenoy non accrefchino anco a coloto il defiderio, ' & Ja fere di cofa nan convener te. Er come jl Mereatoy & Je Pazze ne ta Cit non debbono flere it i tipofti, o nafcofi, o firetti, ma in luoghi aperti, fi nel mezo 2 ica ‘ancora, Ia Sala, & il ricerto, & I'altre cofe fimili, dehbona el xe di manjera in Tuoghi commodi, che tutte le altce membra vi coreifpanling: fopra commodiffimamente: Conciofia che in quefte fi debbono. terminare: le ni'de le feale, & de veroni: In quefte ancota i ricetti dove que’ ae fano, & rifcontrano con allegrezza gli invitati a Conviti. Non debbe 1 ancora havere fe nan. una uleite » accioche fenza fiputa del portinaro nom LIBRO QUINTO. ~ ‘10 tat fuori cofa aleuna. Guarderenci ancora che i vani de Je fineltre, & de gli uci, non fieno efpotti n® a le commoditi de lad, nea vicini ; accioche non interrompino, vegghino , o conofchino quel che fi faccia in cafa, 0 quel che vi fi porti. Edificavano gli Egittii le cafe private di maniera ‘che dal lato di fuori non apparivano alcune fineftre. Defidererebbe forfe alcu- no havere una porta di dietro, per la quale fi conducelfine dentro le ricolte jartate, 0 dal carro, o da le beltie, accioche la porta principale non fi i Tance: & viaggivgnerebbono un altro ufciolino piu fecreto, per il quale. fen- za faputa de la famiglia, il Padron folo poteile ricevere dentro i Cavalieri fecre- ti, & que’ che gli portffino avvifl, & ulcire fuori a fax potta, fecondo che ricercano i tempi, & lo effere de le cofe. Io non biafinio git quefo, ma io defidero ben grandemente, che vi fullino nafcondegli, & ripottigh nafcofifh- mi, & fecretifimni , & Manze da tifuggirvi copertilime, che a pena le fapelle il Padrone , ne quali luoghi per i cali finiltri fi poteffino riporre le velti, argenti, & fe e' bifognalle per mala difavencura, egli vi fi falvaile ancora fe ‘fel- fo. Nel fepolero di David erano ftati farti alcuni nafcondegli, per nafcondervi dentro i telori de la eredith Regia, con uno artificio tanto maravigliolo, che ‘egli_ era impoflibile accorgerfene in modo alcuno; De 1’ uno de’ quali dice lo~ Sto, che Ireano Pontefice dopo le trecento anni ne cavd tre milia Talenti d’ oro, ciot mille ottocento migliaia di {cudi per liberare la Citta dallo affedio di Antioco. lira quello dicono che aflai tempo dopo, Herode ancora ne ca vO di un altro una gran quantith di oro. In quefte cole adunque convengono Je cafe de Principi con quelle de privati: Ma vi @ principalmente quefta dif ferentia, clot che Tuna, & I altra di quefte hanno inanzi tracto un certo che, i lor natura proptia; Conciofia che in quanto a quelle parti che fi hanno ad artribuire a lo ufo di molti, dette parti debbono eller & piu, & miaggioni; & in quanto a quelle che fi hanno ad affegnare a gli ufi de pochi, debbono dette parti effer piu toflo alquanto piu ornate, che tanto grandi. Ev« vi quefta altra differentia ancora, che ne le cafe de Principi bifogna che que” ricetti che fon deftinati a I’ufo di pochi, habbino ancor effi del grande, cofi bene, come quelle parti, che fono detinate a Yufo di molti; conciofia che tutti i luoghi de le cafe de Principi s’ empiono fempre di moltirudine. Ma ne Je altre cale private, quelle parti, ¢hanno a fervire a I’ ufo de piu, gioverk porle di maniera, che le fieno nom altrimenti che quelle de Principi. Et ‘appartamenti fieno al tutto diftinti per la Moglie, & per il Marito, & per i minifiti, di modo che tutti non pure fomminiflrino per turro al bifogno, ma a la maiefth ancora, & non vi refulti aleana confufione da la molritudine di quegli. di cafe. Quelta cofa & veramente molto difficile, & mal _volentieri da poterti far orto un folo tetto; & perd a ciafcuno membro fi debbe dare la foa regione, & il fuo firo, & il fuo intero fpatio del teto, & la fua mura- glia; ma debbonfi congivgnere di maniera & con le coperture, & con veroni, che la moltitudine de fervi, & di que’ di cafa, mentre che s’affretta~ ‘no di fare le facende, non habbino a veni come chiamati di un’ altra cala vicina, ma vi fieno pronti, & prefti. Er i fanciulli, & le ferve, & lo firepi- to del 'retto de la famiglia, che fempre cicala, fiano feparati da i commert de Patroni; & cofi fi lepari ancora ogni men dilicata pulitezza de fervi flanre de Princip', doye anno a flare a mangiare, fi debbono porte in 1uo- go digniffimo. I porfi alto arreca feco grandeaza; il vederfi come foto a gi occhi la marina, le colline, & una regione grandiffima, arreca medeli- mamente (pare Turta la cafa de la Moglie fark feparata al tutto da Ia cala def Principe fuo marito, eccerto perd che I’ ultimo appartamento , & le Manze del letto matrimoniale, debbono effer comuni a l'una, & a I’ altro. Uno folo portinaro ferrerk, & guarderh con una porta fola amendue le lor cafe. Le altre cofe, ne le quali quefte fieno differenti da le altre, fi alpertano pia alcuno enteare, & 98 DELLA ARCHITETTURA, x iu nrefto, come lor proprie » a le cafe de privati, che a quelle de Pri pire ‘adunque di quelle al Juogo Joro. Le cafe de Principi_ conv ae Pee Hore Welle is quefo che oltre 4 quelle cofe-che ft afpernno’a gh a privat loro; Bifogna che elle habbino 1” encrata fopra Ja via macltra, & maff, Fro fopta il fume, o fopra il Mare; Ex in cambio di Antiporto , bifogns che habbino ricetti grandifhimi, che fieno capaci a ricever Je accompagnature de gi, jmbafciadori, 9 de baron} portati da carretre, 0 da barche, © da cavalli, De ba ragionevele mureglia del Portico, Androne, Sale da Stare 6 da Verne, dy Ja Torre, Gf de la Forteszay @& de la propriced se te Cafe Regali , & i quelle de Princip naovi« CAP. IIL © vorrei, che e’ vi fulfe il Portico, & le coperture non folamente per amo te de gli huoming «ma, per rfpeo. ancora de le belie, accioche vi fi felfino difendere dal Sole, & da le pioggie. A canto a lo Antiporto le loggie, i Taogo da palleggiare , & da farfi portare , & fimili hanno molto. del gratiolo dove Ia giovenci ftando ad afpettare i loro vecchi, che tornino da negociare con il Principe, fi pofla elfercitare con falute con fare alla palla, con trar ly Pietra, & con far a le braccia, Pi adentro poi un, grande Androne, o unk guniiions Sila; Dove i Clientoli_ poffino afpettando i lor Padroni, flare a dic jputare ; & dove fia preparato il feggio da il Principea dar le fententicy Piu adentro poi una altra Sala, dove i principali de lo ftato fi ragunino infer Pia ‘flume il Prngpe, & a dive il parce loro di quel che e' fono. doman: dati. Et fark forfe conyeniente farne due. Una per la flate, & una per la ver nata: & fopratutto fi debbe hayere riguardo a I’ antica, & firacca eth de vece chi Padri, che vi fi ragunano: che e non vi, acaggia loro niente di contro la loro finiti, & che €” poffino flaryi a difputare, & a deliberate de le cofe fenza alcuno pur minimo impedimento, fino a tanto che ricerca il bil gro, & la neceifita. To truovo appreilo di Seneca, che Gracco primieramente % poi Drufo ordinarono di non dare audienza a tutei in un medefimo luogos ma di hayere la turba fegregata, & ricevere alcuni in parte piu fegreta: alcunt con molti, & alcuni con la univerfaliti, per dimoftrare in quel modo, quali ferano i loro primi, & quali i loro fecondi amici. Se quefto in una cofi fatta fortuna 0 ti ® lecito, 0 ti place ; Potral fare piu & diverle porte» pet le quali tu gli poila riceyere da l’una, & da I'alera parte, & mandame quegliy che haranno havuta audienza, o tener fuora fenza contumacia quelli, a cus tt non la yoleffi dare, Sia ne Te cafe una torre rilevata, da la quale in un fubi- to fi polfino yedere tutti i motivi. Er cofi in quelte cofe, & in le Gmili + ued convengono jnfieme; Ma in quello che le Geno differenti, fon guste: Percioche le cife de Re ftanno bene nel mezo de la Girth, che fieno facili Vandarvi, omale dilicatamente , & leggiadramiente piu tofto che fuperbamente Ma ad un Principe, che nuovamente fi fia acquiftato. uno flato, ft meglio unt Fortezza, che un Palazzo, la quale fia & dentro, & fuori de la Cita. A Ie fe de Re ta bene che yi a congiunto il luogo da recitarvit gli {pertacolis il Tempio, & alcuni belli edificii ancora di baroni. Un Principe quale deo, & di necelfita che habia Ia fua Fortezza fpiccata per tutto a lo intormo Gi ogni forte di edificio, omatifima, & conveniente ; & gioverd ancots Truno, & a I’ altro. quella muraglia: che effendo un Palazzo Regio, [© & ‘non fara fatto tanta sbandato, che ¢’ non fe ne Ee facilmente [cacciate olf yoleile fare infolentia: Er effenda una Fortezza y fe ella fark farea di manictty che ella non parrk manco una habitatione di uno dilicato Rees che unt prigione. Non yorrei lufciar git in dietro in quelto luogo che a ‘uot LIBRO QUINTO. 103 fono commodiffime ne le groffezze de le mura alcune occulte, & fecrete felhy- re, da le quali pollino di nafcofo intender quel che oj foretieri, 0 que’ di calt infra loro ragionino. Ma elfendo officio proprio de la eafa Regale, I’ effcr quali in cutte le fue cofe, & malfimo ne le principali , diverf da le Fortezze, fara bene congiugnere a la Fortezza il Palazzo Regale. Gli Antichi coltumaro- no di far le Fortezze ne la Citth, per havere & effi, & il Re, dove rifuggi- te ne li accidenti contrarii, & dove la pudicitia de Je Matrone, & de le fan- julle fi difendeile con la fantita de le cole facre. Fefto racconta che appreito de iichi, le Fortezze erano conficrate a la Religione, & che elle fi voleva- jamare Auguriali, & che egli era foliro farvili da fe Vergini un certo fa erificio molto occult, & remoto grandemente da la notitia del volgo. Et per Gguefto tu tion troversi Fortezza alcuna de li Antichi, che non hibbia il fio Tempio. Ma i Tiranni occuparono le Fortezze , &’rivoltarono Ia pista del Juogo, & la Religione, convertendo I’ ulo di efle a le fcelleratezee, & a le erudelia, & quel fanto refugio de le calamitadi adoperarono per uno fomen- to di miferic. Ma_torniamo a propofito. La Fortezza di Ammone era accer- chiata attorno al Tempio con tre circuiti di mura, la prima fortificatione era del Principe, I’altra de la Moglie, & de figliuoli, & I" ulima era la flanzz de {uoi foldati: Accommodato lavoro in vero; fe git e’ non ferve piu a di- fender fe, che ad offendere altri. Et io in vero, cofi come e’non mi piace il valore di quel Soldato che non fia buono ad altro, che a ributare gogliardae mente un fuo nimico, che lo affronti; cofi ancora non lodo quella Forteze za, che oltre a lo effer baltante a difenderfi, non @ tale, che ella polls offendere i nimici: Et niente dimanco qualunche {i @ I una di queite cofe , fi debbe procacciar in fi fatta maniera, che pain che tx habbi cerco. grande mente di quella fola: & che cid ci avenga fatto, né fara cagione il fito del Tuogo, & il modo de le mura. De Is commods muraclia, fire, & forsifiecaments d? una Fortezza 0 in Piano, ein Monse, of del ricinso ; piano, mura, folly ponsi, & sorri di effa. CAP. Iv. Lo che gli efercitati ne le cofe de la militia dubitano in che modo ¢* fi puo fare una Fortezza inefpugnabile pofta in Monte, 0 in Piano. Le colline veramente non fono in ogni luogo di maniera,, che tu non le pola o allediare, minare. N& a piani ancora f farinno ben murati, vi ti Posi accllare fenza pericolo. Yo non dlfpuro di quete cole. Percioche e* ifogna che il tutto fi accommodi fecondo Ix opportunita de luoghi, di ma- niera che tutto quello, che noi dicemmo del collocare una Citth, fi offervi nel collocare le Fortezze. La Fortezza bifogna che habbia fopra ogni altra cofa ftrade diritte, & efpedite, donde fi pola {correre addoifo a nimici, a cittadini, & a fuoi terrazzani, fe per alcuna feditione, o perfidia bifognat- fe: Et che €' fi polla metter dentro aiuti & de faci, & de foretti mente, & per Terra, & per Fiume, Lago, 0 Mare. Sark commodiffimo quel difegno de la Fortezza, che come uno O tondo, fi congivgnerh a tutte Je mura de la Citth, & le ‘mura grandi fi congivnghino con ella, come un € con coma piegate non la accerchiando intorno; o veramente quello dal quale G partino pia raggi, come per andare a Ia ciccunferentia: & in auelta maniera quel che poco fa dicemmo, che bifognava, non faria Is Fortezza_né dentro né fuori de la Citta. Et fe alcuno volefle con bre- vit deferivere la Fortezza, non errer forfe a dire che ella fia la porta di dietro de 1a Citta, affortificata da ogni banda gagliardiffimamente- Ma fi ella come €' f vogliono, 0 il capo principale, © pur la chiave de Js mura lia 104 DELLA ARCHITETTURA | glin, e bifogna che ella. porga fpavento, fia alpra, & rigida,, perfidiola, & inege wugnabile , & quanto fara piu piccola, tanto piu ficura: Perciocho la piccoly | Pr Sitogne della fede di pochi, 8 Ia grande lin bifogno de I’ officio dé mole ~ Er come dice Furipide, ¢” nom fu mai moltitudine che non fulle Piena’ if ‘eattivi ingegni, & perd in fimile luge fari manco dubbioft Ia fede ne pochi, che cattiva ne molt. IL ricinto de la Fortezza fi debbe porre faldo,, di Prene di, con linea dal Tato di fuori a fcarpa , per la quale le fcale, che vi fue ino, potte, diventino deboli per I’ havere ‘a ftar troppo a pendio: Ex accioe che sai inimico, che Accolutavili @ siticchals 6 loom | eon hele fare i fall, che di’ fopra gli fullero aventati. Ex accioche le’ cole, che da macchine de nimici vi fullero gittate, non colpifchino in. pienay ma fmucc per il traverfo. ll piano da lo lato di dentro per tutto fia latricato di dooiy P tre fuoli di larghiflime Piette, accioche chi vi allo affedio , faceendovi fore fe {otto mine, o trincee, non vi poffa entrare di nalcofo. Il retto de Ja mus raglia ft debe alzare altifima, {aldiffima, & groffiffima infino a li ulind comnicioni ; accioche pollino gagliardamente rifutar Ii da le macchine, & per quanto noi poffiamo, non vi fi pola aggiugnere con feale, © equiparate con argini. Le altre cofe fi faccino non in altra guifa, che de le mura de le Cit dicemmo. Potentiflima ragione fart verament difendete le mura od’ una Citth, od’ una Fortezza, fe ta harai curt, nimico fopra ogni altra cof non ti fi polly accollare fenza fuo pericolo quello fark f con fare i fof argh» & profondiy come th dicen: fi ae ora. con lafciare nafcofe fort le baleftriere (per dit cofi) ne Ia_groflezza dl eh fo ricinto, ftabilite fefure, da le quali mentre che il nimico fi cuopre com lo feudo de le offentioni che gli vengono di fopra, pofla effer ferito per Banco Gutlla parce che It rella (opera. Quello modo di difeta ® fopra tutto il | Principaliffimo. Quinci pigliano occafione piu ficura di ferire il nemicoy dans feggiando piu dappreffo , & raro traggéno indarno al nimico, al qual non pub | Gifendere 1a fua corporatura per wrto. Et fe la faetta paifa fenza offendere prima nimico, rifcontrert ne I" altro, & talvolra ne ferirt uno, & duoi, & Tre. Quelle cofe, che di fopra fi avventano, non fi gettano fenza pericolo} perce appena colgono uno., il quale le pu pevedete», & jin poco. di mor Pere (iierle, &eecon ogni piccola rorella'ributsrle. Sela Fortezaa far’ fa Ia Marina, vi fi debbe ficcare attorno. pali, & perche il guado non fia fs euro, & che le macchine da guerra’di fu le Navi non vi fi poffino accoftares Sevella fark fu la pianuta, fl debbe accerchiare d° una foff 4! acquas ma ace coche ella non vi fi marcifea, faccendovi cattiva aria, fi debe cavar fino a tanto che fi truovi I’ acqua viva. Se ella fark in monte, fi cerchier® di a ti, 8& dove ci fark lecito, ci ferviremo di tutte quefte cole inlieme . Ma de | que luoghi, donde le batterie poffino fare danno, vi fi addicizzeranno ' cetchi, 0 piv toto cantonare di mura acute come pruc. Ne mi & + ‘che molti elercitati nelle cofe da guerra dicono che le mura troppo ates fono contro le batterie pericolofe; conciofia che Ia loro rovina riempiendo # fof, ponge a nimici il cammino efpediifim ne gli aft Quelto som 86 | cadet fe Ir offervaranno quelle cofe, che noi habbiamo dette di fopra. To tore no al prima ragionamento. Ne la Fortezza fi debe alzare un Turtione pritd= ie {sldilfimo per tutto, & gagliardif_imo , quanto ad ogni forte di muraglts | RE forifimo per tutto, plu alto che il reflo de I altea muraglia, difficile a le andarvi, & che non hubbia alcuna entrata, falvo che da uno ponte levstoio« rid evatol fon di due forti, I" uno con alzalo ferra 1" vfcita , 1 altro com ih Fiundarlo fuori, & con tirarlo dentro, ce ne ferviatmo. Dove tirano 4 vent cruddli Gi ferviama i geo ultimo piu accommodatamente-_ Quelle ome he potratno trate inverfo quetto Torrione y da quella parte, che elle lo fgvat= Gano bifogna che fieno epee, o murate i fortilifima muro. 1 De LIBRO QUINTO. x05 De Vnoghi de la Fortezxa, dove i Soldati hanno a fol le guardie, & dowe giv inno a fare a combatzere. De stetri di detta Forteszn, @& come fi debe bing afforsificare , 6 de le alere cofe neceffarie a la Fortexza, € di wno Rey 0d’ wno Principe nxove « CAP. Vv. TB eager ane tee ee uni, Bc idee 1 mi raglia, fi debdono diftribuice di maniera, che alcuni habbino a guardare le parti da baffo della Fortezza, & alcuni quelle da alto; & altri fieno detinati P'varie cure, & offic» La entrata finalmente, & P ufcita, & ogni appartamen- tp UOBE CRLS/COR Idina Br atieeNealoss che “non pada cleresoetis m8 da la perfidia de gli amici, né da gli inganni, o fraude de gli inimici. A tet ti de la Fortezza, accioche non fieno rovinati da i pefi de le machine, fe debe dar fine con uno angolo acuto, o con un gagliardo lavoro, & fi fer meranno con fpeflifime travis dipoi metravili la coperta, & in quella le doccie fenza calcina, o terra alcuna, per le quali fe ne vadia I” acqua raccoltavi. Dipoi fi cuoprino di pezzami ‘di terra cotta, o piu toflo di pomici alzandove- Je un braccio, & mezo; & cofi non haranno paura né de pefi, che gli cae Granno fopra,’ né de fuochi. In fomma una Fortezza @ debe’ far non altri- menti, che fe tu havelli a fare una piccola Citth. Aortfichifi adunque com tuguale lavoro, & arte che una Cite, & vi fi accommoderanno I’ altte cofe che faccino a bifogno. Non vi manchi I'acqua. Sienvi luoghi 2 baftanza da ervi tenere, & mantenere i Soldati, le armi, i ate carni falate, 8 Paccto, & imanai ad ogni altra cofa le legne.. Et im detta Fortezza quello Torrione che noi chiamammo principale, fark quafi come una Fortezza minorey nel quale non deve mancar cofi alcuna ‘di quelle che fi defiderano in una Fors tezza. Debbe havere la citerna, & i ripoltigli di tutte le cofe, mediante le quali egli f pofla abbondantemente nutrire, & difendere. Debbe ancora hae Gere ufeite onde efi poila affiltare ancora ‘i fuoi medelimi a lor mal_ grado, & donde f polfa meiter dentro foccorfi.. Non vd lalciare indietro quello , che alouna volta fe Fortezze fi fono difefe mediante le foile coperte da acqua: & che alcuna volta le Citta fi fong prefe per le Fogne. L’una, & Valera ‘di ques Ne cofe giovano a mandar fuori. awii- Ma e' biflogna havere cura che fimilé cole pollino nuocerti poco, & giovare affai. Faccinfi dunque commodilfime, va- dino torte, sbocchino in luoghi profondiffimi, di maniera che uno armato nom vi cappia, & che uno difarmaro_non pofla fe non chiamato, & intromelfo dentro, entrare ne la Fortezza. Termineranno commodamente ne le Fogne, © piu preflo in un Iuogo arenofo abbandonato, & non conoftiuto, o ne le fe- rete tombe, 6 fepoiture de Tempii. Oltra di quefto non fi dovendo mai fac betie de li accidenci, & de cali humani, certamente che ti gioverd grande mente havere una entrata ne la piu intima parte de la Forrezza, che tu folo la fappia, da la quale quando mai accadeffe che tu ne fulli ferrato fuori y to poll in un fubico corervi con i tuoi armati, & entravi, & gioverk forfe a quefto, havere una certa parte di muro’afcofifima, che non fis murata a caleins, ma con terra folamente . Hora habbiamo dato fine a quel- Te cole che fon’ neceffarie a fare per rifperto di uno folo, che comandi a gli alti, © Ga egli Re, o pur Principe nuovo, quale di fopra dicemmo. Di che cofe fa confertara la Repeblica: In che Inogo,, ©. in che mado: delbing Coe ce "Eesti, dbeigvvarnane le Repaid, © Ja cep aie a de Pah De Temps princes de mtd de Tabernacoli . 308 DELLA ARCHITETTURA | i quell } erie De le Coppellesie, | | CAP, VI. Efiaci a trattare di quelle cofe, che fi afpettano 2 coloro , che fono non pir un folo, ms piu infieme, a un governo. Coltoro s o egli haranno come in folo Magiitrato che habbia totalmente Ja cura di tutta la Republica con auton affoluta, o la detta autorita fara diltribuita in piu parti. La Republica @ un con ferto di cofe face, mediante le quali adoriamo Dio, de le quali ne hanno ls cura i Pontefici, & di cofe fecolari, mediante le quali fi mantiene infieme il commercio, & Ia filute de gli huomini, Ja cura de quali hanno ne la Citta j Senatori, & iGiudici, & fuori, i Capitani de gli eferciti, & de le armate, & fimili. A qual #'& I'uno di queti, fv afpettano duot modi di habitationiy Pe no che s' appartenga al Magiftrato, in che e’ fi truova. L’ altro dove gli hib- bia a itare egli ftelfo con la fua famiglia. Debbe ciafcuno veramente havere ly | fua habitatione fimile a quella vita ch’ e’ vuole teneze, 0 da Re, o da Prt nuovo, © pur finalmente da privato. Conciofia che fono alcune cofe, che to fi convengono a quefta forte di huomini, & ben diffe Virgilio, che la di Anchife era in luogo feparato, ¢ coperta da gli alberi, intendendo che cafe de gli huomini prinsipali, per fuo tifperto, & de la fua eed debbo- no eller lontane da la ignobilita del Vulgo, & dal romore de le botteghe, fi per amor de le altre cole, & per Ia dilicatezza, & commoditi, di ellere a largo, de li oti, & de uoght ameni, ff ancora, accloche inia fi gai famiglia, di tance forti, tanto varia, la licentio Gioventa attefo che 18 mag: giore parte de gli huomini fi guaffano piv cofto del Vino di fuori, che Guel di cafa, non vadia eccitando i cordogli de Mariti: Si ancora acc che la maledetta ambitione di chi avenga a viltare, non rolga la quiet 4 Padroni. Et ho vito che i Principi favi non folamente f fon polti fuon del concorfo del vulgo, ma fuori de la Citta ancora, accioche i Plebst con [a loro affiduiti non gli fieno moleti, fe non fpini da una nece: fica grandiffima. Er certo che gioveranno a coftoro le loro tante. ricchez2e, fe e' non potranno alcuna volta flarfi in ozio, & in ripofo? Le sale niente dimeno di coftoro, ficno qualmente elle & voglino, bifogna. che babs bino ftanze capaciffime, dove fi ricevino coloro, che vengono a vifitarliy & la ufcita, ¢ la ftrada che va a Palazzo non vuole effere firetta, a | que’ di cali, i clientoli, & que'di core, & quelli che per fire piu numer Poi vi G incromettono, ne lo afftewarti de lo accompagnare. i] Padrone» nay Peltino "uno I'altro,” nel fare confufione . Ma quali fieno gli edifici dove i Mi fitrati habbino a efercitare i loro offcii, fifanno. I Senatori ne la audienza\ Palazzo, i Giudici a Teibunali » & al Palazzo. Il Capitano degli eferciti in campy overo fu Parmata. Ma che ditem noi del Pontefice? a coltui s’afperra non fol mente il Tempio, ma i Chioftri anchora, che fervono come per. al enti de Soldati; Conciofia che il Pontefice, & quelli che fono forropofti al Pontefces & miniltare Te cofe {ere , efercitano in una acerba» & faticofa militia» ie Te & quella che noi raccontammo in quel libro, che fi chiama ill Pontebcty ciot Ue la viru contro a vitii. De Tempii ne fono alcuni grandi, come quello, nel quale il Sommo Pontefice fuole celebrar. folennemente a 7 terminate cerimonie, & fucrificii folenni. Altri ne fona in cura di fori, come per le ragioni delle Cita fono le Chieficciuole, & a Ja camp nai Tabernacoli. Il Tempio principale fark forte pc molndine, & fre econ 8 de la Cie, che altrove: Ma feparato alquanto da LIBRO QUINTO. 107 frequentia de Civtadini fark piu honorato, hard piu degnitd poo in. collinas ma in piano fark piu labile, & ficuro da’ tremuoti. Finalmente il Tempio debe collocar in quel luogo, che ¢’ vi habia a far con fomma reverertia y & maieiti; Ee quind? f debe al tutto difcoltare ogni forte di {purcitia di brute ture, & di lordezze) Accioche i Padti, le Matrone, & le Vergini, che v'han- nod orare, non fieno da elle offele , 0 s° habbino & tornare a dietro da le or Ginate loro’ incomincitte devozioni. "To trovo appreffo di Nigrigeneo Architet- tore, che {erie de Termini, che gli Architettori antichi penfarono che que’ tet= ti de gli Dit Relfino bene, ‘che voltaffino la fronte a lo Occidente.. Ma a co- Joto che vennono dipoi, piacque di rivoltare quella ufanza, & penfarono che la fronte del Tempio, & i termini di effo, f dovellino volrare verfo Levante, ‘accioche vedellino fubito il Sole quando fi leva: Niente dimeno io ho avertito cche gli Antichi nel collocare le Chiefe minori, o Tabernacoli , offervarono che €' voltafino la fromte, oa la Marina, oa Ix fiumara, o ad alcuna via mac- fira. Finalmente ¢' bifogna che quefto tale edificio fia ‘talmente fatto, che egli alletti que’ che fono lontani ad andarlo a vedere; diletti que’ che gik vi fon0, & gli inteattenga con la maravigliola, & rara arte, con la quale egli 2 fatto. Jn volta fark piu ficuro dal fuoco, con pilchi piu ficuro da tremuoti: ma con~ tro a la vecchiaia fark il primo piu robulto che queito; Pure quelto quanto a Ja gratia fara piu gratiofo, che I sltro. Et fia detto a battanza de Tempi Conciofia che molte cole, che paiono da dirfi, s' appartengono piu a li rently a1 ufo de Tempii de quali ne pasleremo aloe «I Tempit, mix tori, "Sle Cappellette, fecondo la dignith del luogo, & il bifegno, andrane ‘no feguitando I ordine del Tempio principale . Che gli alloggiamenti de Pontefci fono i Chiftri; qual fia V? officio del Tontefice OP Gace femme [uti de Cheat, deve Bees era CAP. VIL Li alloggiamenti de Pontefici fono i Chioltri, ne quali, o per effere Re- G Tigao pec atcendere a le virta G ragunano gli alli? come fon0. quel- Wwehe fi foo dati a le cole facre; & quelli che hanno fatto voto di caffita. Sono i Ghioitti de Pontefici ancora quelli, ne.quali fi efercitano gli ingegni de gli hudiofi, circa la cognitione de le cofe humane, & divine. Perche fe lo Sliicio del Pontefice @ di condurre 1a moltitudine de gli huomini per quanto ¢” pud, ad una vita quanto piu fi pud perfert, quello non fark egli mar per via slcuna meglio, che per quella de la Filolofia. Conciofia che eflendo ne la nav tura de gli huomini due cofe, che ci poffono dar quefto, ciot la virtd , & la verith, quando avert che quella ci infegni quietar , & levare via le perturbax tioni de I animo, & quella ci dimoftri, & ct communichi le ragioni, & i fe ereti de Ix natura, pete quill eofe lo ingegno fi purgherh da ls ignoranzay & la mente da la contagione del corpo; non fari maraviglia che mediante que- fz entriamo in una vita beatifima , & diventiamo fimili a gli Dit. Aggivgnt quel che s'appartiene a gli huomini buoni , fi come debbono effere, & voglio- no eflere tenvti i Pontefici, cioe , che debbono penfar a quelle cofe , ftudia le, & andar loro dictro, che ¢° conofeono effer bene che gli huomini facci- no inverlo gli altri huomini, cioe di giovare, & porger aiuto a. gli infermi y a gli_impotenti, & a gli abbandonati, con fare buoni ufficit verlo di loro » beneficarli, & ufarli mifericordia. Quelle fono quelle cofe, ne le quali il Pontefice debbe efercitarc fe, & i fuoi. Di quelti fi fatti edificii appartenen- tia maggiori , © a minori Pontefici doviamo noi tratcare , & perd cominciete~ moci di Munifteri. I Munitteri fono di piu forti: 0 ¢” fono riferrati di modo the enon fe ne eles mai in pubblico» fe non ne I’ andar forle nel Tempio» Gr 108 DELLA ARCHITETTURA & ale Proceffioni: © altri non flanno per’ cofi riferrati, che €? nonivi fi pot, | er) msi entare pet mefizno. Di que ancora a fevono per le Dontey & Hiei per gli Huomini. I Munifteri de le Donne non gli faecal © fee, no dentro ne la Girth: N& gli lodo ancora grandemente che e’ ne fieno fuori, Conciofia che fuori , la folitudine fark che e' non faranno molto frequentati ; mq. chi vi frequenter’ , hark piu tempo, & piu licentiofamente vi port fare che feelleratezza, ‘effendovi pochi teftimonii. Uche non fi pud fare doe ial chu tetimonil, & aflil che he pollino da cid: ontoraregin' ono, Bea came tro fi debe provedere certamente: che e” non vogliono eller difonefti; ma prine cipalmente che ¢” non poflino. Per il che fi debbe di modo ferrare ute je entrate, che ¢’ non vi polla entrare perfonay & guardarle di maniera non vi fi polls aggirare alcuno attorno per tentare di entrarvi fenza manifei mo fofpetto di fua vergogna. Né debbono effere tanto afforzificati gli alloggi. menti di alcuna legione di fteccati, o di fol, quanto i circuiti di coftoro @ debbono accerchiare di altiffime mura, intere fenza porte, o fineltte 5 10: aperty: ra alcuna, per le quali non pur gli efpugnatori de la caitita, ma ne -pur ine ramenti d’occhi, 0 di parole, polfino penetrare dentro a incitare, Sa macue Jare gli animi di’ quelle. Habbino i lumi da lo lato di dentro, da uns cone feoperta. Intemo a Ia corte fi debbono collocare Je loggie» § uoghi dp feggiare , le Camere, il Refettorio, il Capitolo, & ie ie cofe che vi fanno. ad | ifogno, in luoghi commodi, fecondo la regola de le cafe de privati. vorrei che vi mancallino fpxzii per orti , & per prarelli, i quali giovano pil a yecrexzione de gli animi, che a nutrimento di piaceri- Le quali cofe ellendo ‘cofi fatte, haverra, che non fenza buon configlio faranno remote dala fie- ‘quentia de gli habitatori. 1 Munifteri de I'una, & de V'altra forte, fe € fe ranno fuori de Ia Citth, fark bene; conciofia che quella affiduits loro, dedis cata a Ja fantimonia, & quella ripofata religione de I'animo, a la quale no interamente tutti dati, fark manco moleltaca da Ja frequentia di coloro, che: gli vanno a vilitare. Ma gli edificii di coftoro , o fieno Donne yo pur Huo — mini, vorrei io che fullino pofti in Iuoghi piu che fi pud faniffimi, accioche: | i rifetrati nel Munittero, mentre che folamente attendono a I’ anima, non aby bina com i corpi loro per i gran digiuni, & vile indebolit iver of ceffati da piu infermita che il dovere. A quelli in fine che fono fuori de }e Sith, vorrei io che innanzi tratto fulle confegnato un fito fortilfimo di foa ni } tra, accioche Ja forza de ladri, © lo fcorrente inimico con poca moltitudine: non Jo poteffe ad ogni fua voglia faccheggiare, ¢ per quefto afforzifichiti di ar gine, & di mura, & commodamente d° una torre, che non fi difconvengs & tin luogo religiofo. Ma i luoghi dove hanno a flare rinchiufi coloro, ¢ no congiunti con la religione gli ftudii de le buone arti, accioche fi come sali 2 loro obligo e’ poffino piu commodamente coniigliare Ie cofe de gli huomiiy non debbono effere a punto nel mezo de lo firepito, & del tumulto ‘e a Artigiani, & ne ancora molto lontani dal commertio de Citradini: Si rifpett® ale altre’ cole, fi ancora perche fono affai in famiglia, & fi perche vi com corre molto popolo, a udirli predicare, & difpurare de le cofe facre: Onde — hanno bifogno di rerti non piccoli. Collocherannofi molto bene vicing & edificii de le opere publiche, del teatro, de cerchi, de le piazze, : fnoltitudine voluntariamente per fo piacere andando , poll, piu. faciimente ere con ly pertusfione, & conforti, ke avverimenti di colloro , itt tii, & indiritta a Je vireudi, & da Ja ignorantia a Ja cognitione de le cole oF ‘time. i “i LIBRO QUINTO. 109, & Seuole puiliche ; Spedalt da alloggione 5 De le Palefire, » «of per i Mochi, come per ‘te Donne. CAP. VIIL Oftumarono gli Antichi, & maffimo i Greci collocare nel mezo de la Cite th quelli edificii, che ¢° chiamavano Paleitre, dove quelli che attendevae no a la filofofia, haveffino a ritrovarfi a le difpure. Erano in quel luogo veras mente luo capaciffimi pieni di finettre , & una, bella vecuta di aperture, & gli ordini da federe , & v'erano loggie ch’ accerchiayano artorno un verde & fiori- to prato. Un cofi fatto Javoro fi conviene alfai a quetta forte di Religiofi: & vorrei che colora che fi dilettano de gli ftudii de le buone lettere , ttellino alli dui a canto a loro precettori con grandiffimo piacere, & fenza falidio alcuno y ‘© fatiert de Je eofe a loro prefenti. Et per queito io ordinerd in cotelto luo go di maniera & jl prato, & le loggic, & fimili cofe, che per tuo diporto non vi defidererai piu alcuna altra cola. Ricevino ne I’ invernata i Soli. benie i, & me la flate ombra, & ventolini, il piu che fi puo piscevoliffimi. Made Je dilicarezze di quelli edificii, ne cratteremo piu diftintamente al fuo luo~ go: & fe e' ti piacerd pore gli fludii, & le {cuole pubbliche, dove fi rigunino 1 Savi, & i Dottori, ponle in quel Iuogo, che le fieno commode ugualmente a tutti gli-habitatori. Non vi fieno flrepiti di Fabbri, non puzzi, 0 fetori cate tivi, non fia luogo che vi habbino ad andare per lor piacere gli otiofi ; fia an= zi che nd folitatio, Iuogo veramente degno di huomini gravi, & occupati in cofe grandi, & rariffime; & habbia in fe piu tolto alquanto di maieit', che di dilicarezza. Ma il luogo per gli Spedali poi dove il loro Spedalingo habbia @ dlemdare I ciioide te fies verio 4 poveri, & gli abbandoma, & debbe fare vario, & collocarlo con grandiffima diligentia: conciofia.che in altro luogo & necelfario alloggiare i poveri abbandonati, & in altro ricreare, & rifanare gli infermi. Et intra gli infermi ancora bifogna havere cura che per volervene tenere aleuni pochi, & difurili tu non muoca a’ pin che fono atti ad ef fere utili Sono ftati alcuni Principi in Italia, che non hanno, voluto che ne Je loro Cirtt vadino a ulcio a ufcio a chiedere la limofina certi poveracci ftrace ciatiy, € ftropiati, »& perd fubito che vi capitavano, era fatto. loro comanda mento che non fullino veduti in detta Citi ftarfi fenza fare qualche arte piu che te giomi, non effendo neffuno tanto ftorpiaro che non potelle in qualche cols giovare a gli altri huomini con la faa fatica. Che piu? 1 Ciechi giovano ancora a girarc il filaroio a funaiuoli, fe non ad altro. Ma coloro ch’ ecano opprsffi_pel curto da alcuna infermith piu grave, erano dal Magiitrato de gli ammalati foreitier!, diftribuiti per ordine, & dati in cura a {pedalinghi di meno aurorita. Et in quello modo i detti non chiedevano indarno aiuto a jetofi vicini, n& Ia Cite reftava offefa da la loro puzzolente malatta. In ‘ofcana per amor di quella antica veneratione de la fantich, & de la veriffie ma regligione, de la quale fempre portd il vanto, fi veggono fpedali mara vigliolt , “& fatti con incredibile {pefa, ne qualia qual fi voglia Cittadino, 0 foreftiero, non mana cofa alcuna, che e' conofca appartenerfi_ a la fua famird . Ma effendo gli infermi di varie forti, come fono rofi, & que’ c’ hanno Ja peite, che con loro fir veleni di tali malattie ammorbino i fani,.& al- tri che per dir coli fieno atti a guarire: Vorrei che gli edificii di coltoro fulli- no dittinti. Gli Antichi dedicavano ad Efculapio, ad Apolline, & a la Salute Joro Dii fimili edificii, com le arti, & fantita de quali penfavano che gli in- fermi recuperalfero, & manteneffero 1a loro fanita, edificandoli in logo del tutto faniffimo, dove fpiraffino venti faluberrimi,, & fufino copie d acque purg: fime, accioche gli infermi condotti in fi fatti Iuoghi, non tanto per lo aiue o 10 DELLA ARCHITETTURA to de gli Dii, quanto ancora per la benignith di tali luoghi, f rifenaffino pi SE Oa rae viele dopaeloga Ai Cte ina! Usidese canara abbino a tenere gli amma, o publicamente, 0 private fullno faniffimi, & a quefto efferto faranno forle a propofito i luoghi afeiutti, Gallo, agiatt continovamiente da venti, & non abbruciati da Soli, ma Huminatd di Soli temperati; conciofia che gli’ humidi Geno fomenti di putredi. ne. Ma ella & cofa manifeta, che la natura in ogni cofa gode del_reiperis memo, anai non alto la finithy che uno temperumento dt complelfone fe Ie cole’ mediocri fempre dilettano. In altre cole gli infermi de le inferm che & apiceano, fi debbono tenere non folamente fuori de la Citeh y ma lone tani ancora da le flrade macitre. Gli altri fi tenghino ne la Citth. Le fame et tutti coftoro , fi debbono fcompartire , & diftribuire in modo y che altos Ye ftieno gli infermi da guatire; & altrove que’ che tw ricevelli piu toito guardargli,, che per guarirgli, fino a tanto che dura il loro deitino 5 come fo Bo i decrepiti, & i pazz'. Aggiugni che in altri Tuoghi debbono fare le Donne, & in altro gli Huomini, & coli 9 vuoi gli infermi , © pure color, the gli goveriano vogliono haver itanze feparare + Aggiugnt ancora, che come a fervitori , Cofi ancora a coftoro bifogna che fiano adattate ad altti alte flanze, alcune piu fecrete, & alcune piu communi, fecondo che ti molt i] bifogne, & il modo ai governare, & de I hubitare infieme. De le quill eo. fe eller dif. juoghi dove s" B fe non’ & noflra intentione tratrar al prefente piu Iungamente.. Quelto cis a propofio sche ture quete cofe, in tutte le loro parti del finite Qa bifogn’ de. privati. Ex di loro fia detto a baftanza. Seguiteremo al pee fente quel che ci refta con quello ordine, che noi havevamo incominciato Je Sententie » del Tempiny ‘Del Palazzo principale , de Senarori, del Tribanale 1 © che cof ws © del Falazeo , dove fi amcwinifira ly fiitno bene, & commode. CaP. IX. ‘Avendo noj detto che le parti de la Republica fono due, ciot una Ecce fialtica , & I" altra Secolare , & ellendofi trattaro de la Ecclefiattica 2. bie itanza,, & de Ia Secolare ancora in gran parte in quel luogo » dove, noi die tammo che fi haveva a ragunare il Senato, & dove & havevano a dare le tent in le cafe del Principe; Racconteremo al prefete in. quello Inga bre | i fen viflimamente quelle cofe che ci paiono neceflarie di aggiugnere a quelle. Dipl palleremo a trattare de gli alloggiamenti de Capitani per rerra, & de le Armate per acqua; & a la fine poi tratteremo de le cafe de privati. Gli Antichi ull Yano ragunare il Senaro ne Ie Chiefe; Dipoi venne una ufanza, che Gi r fe fuori de la Citth. Ultimamente rifperto a la maiefta, & al giovar a le com fe, che Gi havevano a fare, vollono che fi edificalfero edificii a quelto ¢ folo; Da qu: veechi Padri né per Ja lor lunga eta @ fpaventalfero, né ne petto a Ja incommodits del | f ritenelfero. di non vi andare continow= mente, & di non vi badare allai; & per quefto collocarono in mezo de Cited ii Palazzo. principale, & allatoli il Tribunale de le fencentie, & il T Pio ancora giudicarono che vi Mefle bene vicino, non folamente per lt ciot, perche coloro che vanno dietro a I'ambitione & color che fong occ pti intorno a litgi’, poffino con piu, commodith, fenza perdere tempo» 0 oc eafione alcuna, attendere a |’ una cofa, & a l’altra: Ma per quefto ancody, io’ che elf, Padrt (come famno.fempre coloro che fono piu vecchi, elena, molto tri dediti a la Religione) entrati prima in Chie a Acvorioni, fi polling. tmsferire. fenza intermifione di tempo. commodamente le ficcende. Aggiugni che fe alcuni Imbafciadori , o Principi foreitiert ricer LIBRO QUINTO, ut fino di voler audienza nel Senato, egli 2 utile de 1a Republica I" haver uno Iuogo dove con degnith & de foreitieri, & de la Cite, ru gli polfa ricevere mentre che eglino afpettano ’ effere chiamati, o intromelli, Uleimamente in goll uti public edi» fi debbe non fi far punto bee di alcuna coli, che fi appartenga a poter commodamente ricevere la moltitudine de Cittadini, ter nernela honoratamente » & opportunamente rimandarnela. Et fopra tutto fi’ deb- be havere avertenza che e” nion vi manchino per conto alcuno tutte le come modita poffibili de gli andari, & de lumi, & de luoghi larghi, & di altre fi- mil Ma al Palazzo dove fi miniftri juilizia, dove molti contendono in- fieme, bifogna che vi fieno aperture piu & maggiori, & piu pronte che nel Tempio, o nel Palazzo principale. La entrata nel Palazzo principale, detto Senato, ® di necellicd che fia affortificara non meno che honeilamente. Et que- fto fi per rifpetto de le altee cole, fi ancora accioche un tumulto temeratio di pazzi della {Ciocea plebe, concitato da qualche feditiolo , non polfa a fua polta alfalire i Senatori, & fat loro danno. Anzi pet queito ‘piu che per altro vi fi debbono far loggie , Iuoghi da palfeggiare, & fimili dove i fervidori, i cliene toll & la Bmnglia, che ftnno ad afperare i Jor Padroni, ne fbi accidendd eller lofo ih aiuto. Non vd lafeiare quello in dietro , che tutti quet luoghi ne quali fi ha ad afcoltare Ia voce 0 di chi recita Odi chi canta, o di chi difputa, non f& bene che fieno in volta, perche le voci rimbom- bono, ms 4 pachi di legname fanno meglio, peithe rendono Ia voce piv jetta. Che gli Alloggiamenti de Soldati per terra fono di tre fortiy & come & fr debbove eT Girvifeate, & coe. ale rien fi afortificans. CAP, x. faminare tutte quelle cofe, che ne paffati libri difcorremmo nel collo- Gare le Cittadi. Concioia che tali alloggiamenti fono come femenze de le Ci tadi, & troverai che e' fono ftate collocare non poche Citth in que’ luog! dove gl eccellenti Capitani da guerra havevano pref con i,loro eferc loggiamenti. Nel porre gli alloggiamenti Ia principal cola @ fapere a ¢ eh pitino. “Non fi pglerebhono gt llogyitment fe nog lize 4 fy cidenti de le armi, & fe non fi havelle paura de la forza de nimici piu gagliar~ 2, & crederebbono che tal lavoro fulle al tutto fuor di propolito, & per queito bifogna havere conlideratione a nimici 1 nimici alcuni fono che di are mi, & di mumero ti fono uguali; Alcuni altri fono piu prefti, & piu ga- giatdi: & per quello noi diremo che il modo de I'acamparti & di we forts uno & quello che f fa per a tempo , & che ad ogni momento ® mutable, Al quale s' ula ne I’ haverft a mancggiare, & ne I' havere a combattere contro a nimicl a te ugualis pare per tenere i ruoi Soldati al euro, pare per ad datarti, & procacciarti 1’ occafione , mediante la quale tu rechi eccellente- mente a fine la tua incominciata imprefa.. L’ alt jo & quello, dove mt alletti a iar fermo, per premere , & offendere il nimico, che ditkdatoli del fuo efercito 6.8 ifuggito in alcun lnogo forte. Il tert modo rt fore quello dove tu ti farai fermo ad afpettare il nimico, che ti viene adoffo , fino « ta to che fatiatofi di offendersi, & ftracco dal provocarti, fi vadia con Dio. Nel procurare bene a tutte quelte cofe innanzi tratto, bifogna avertire » che f 2c> commodino per ogni conto, talmente che di tutte quelle cole, che fono necel farie per falute, per fofferire, per difenderfi, & per rompere il nimico, non ye ne manchi pur una: Et per il contrario che il tuo nimico, per quanto tw portal non habbia alvuna ofa commoda , mediante la quale o eglt' ct polla El ee gli alloggiamenti de li eferciti fi_debbe certamente riandare, & rel ir DELLA ARCHITETTURA s far dan ftarvi effo fenza fuo danno, 0 pericolo. Et perd inanzi debbe fa opportunita del luogo , ‘nel Fale oi Elin cone Hondanza le vewwovaglie, & i foccorit, & ellervi condotti efpeditamente, & rie cevuti a tua volonta. Non vi manchi per conto alcuno I’ acqua; Paflure, & Jegne non fieno molto lontane. Fa di poter tornare liberamente verlo i tuoi Bedi porere ulcire a tua pofa contro i nimici. Al nimico per il comratio Infei ogni cola difficile & piena di impedimento. Vorrei che ali alloggi fulfino collocati di maniera alti, che ¢’ vedelfino tutto il paefe all’ intorno del nimico, accioche e’ non tenti, o non dia principio a far cola aleuna che tw non la ‘prevegga, & conofca in uno fubito. AMfortfichifi a tomo, largemente il luogo con pendii , con ripe feofcefe, dificil, & con precipitii, accioche il nimico non polla con gran moltitudine accerchiarti, 0 darti lo allalto da alcuna, fenza fuo gran pericolo: Et accioche fe por e’vi fi accoitailé mente, non polla nuocerti con le machine da guerra liberamente, 0 fre marvifi fenza tuo graviffino danno. Se quefte cofe fzdranno, vedi d’ ele primo a piglar le opporcunit de luoghi; altrimenti ti bilogna confiderares & quali alloggiamenti , quali luoghi ea glt_debbi piglare pet fare il fito AiG. Coneiofia che gli alloggiamentt da volervi tr by. bifagna che. feno alquanto piu fortificati che quegli, che Gi pigliano per a tempos & ne la pe nura, hanno bifogno di piu larghe imprefe, & di maggior lavoro, che ne le colline . Noi cominciezemo da quelli per 2 tempo. perce ell & ‘ufano pia fre fquentemente che gli altri. Oltre a che il murare gli alloggiamenti ha giovste MMaiime volte a Ja fant de. gli elfercii- Ma. nel por git al ymenti ci Love verti forle, che noi ftiamo in dubbio, fe gli & porgli fopra il fio, 0 ur fopra quel de nemici. Diceva Senofonte, che nel murar gli all FMoffendevano gli inimici, & fi giovava a foi: fenza dubbio fara cola honos jata, & da huomini forti , polar fopra quel de nimici , & fark molto commor do, & ficuro il pofarfi_ nel fuo. Ma ordiniamo in quelta maniera:_prefupponghians che tali ficno gli alloggiamenti a tureo il pacle che @ lor forto, & che git Gbbedifee, quale & ad una Citta la Forcezza, li quale & necelfario che haba Je ritirate vicine verlo i fuoi, & le ufcite pronte, & parate verlo i nimici Ultimamente ne lo affortificare gli alloggiamenti, fi tengono variati modi. Gli Inghilefi con pali di dieci piedi, abbronzati, & appuntati fi fanno a tomo uno: fleccato, con una dele telte fitta, & rincalzata nel terreno; & V altea terra, & rilevaro di modo, che (guardino verfo i nimici. 1 Francefi, Celire, che erano foliti di porre verlo i nimici per argine, i carci; liche dice che ufirono ancora i Traci contro di Aleffandto. Que’ di Tornai , pet am dir mafino i Cavalli, tagliati teneri arbufcelli. & ripiegatili , & intrecciati- f infeme I'm con I'altro, & con {pei rami rilegati ft facevano una fiepe + torn. Arriano racconta, che quando Neareo Capitano de I armata di dro navigd per il Mare de I" Tndis, che ¢” cinfe gli alloggiamenti ci mura pet eflere piu ficuro da Barbari. T Romani havevano per coftume di havere pre veduto fempre in qualunche cafo o di fortuna, o di tempo, che mai in g0 aleuno ( haveffino a dolere di loro ite; & efercitavano i loro Soldat! net Brno nel fortificare gli alloggiamenti, che in ogni altra forte di cofa appa tenente alls, gucrea. (N2 flimavano tanro il nuocere a loro mimici, quanto, dt ¢'cercavano che i loro fi potelfino difendere egregiamente; & penfavano final mente che fuile non cau parte de a vittoria, il potere refitere al mime £0, & refitendoli far cadere 1a fperanza del vincere, & mandarnelo pet MAE Ir 'via. Er per quello fi ufurparono di abbracciare rutte quelle cofe , che St qual 3" I'uno 0 raccontarfi, 0 penfare fi potevano, & efleguirle feconde, # commodi, & la falute loro. Fr fe ¢’ vi mancavano luoghi feofeeliy gli immitvano con profondiffime folle , & argini rilevati, & gli accerchiavase 4i teccato, & di gratieed - me LIBRO QUINTOs arg DEL COMMODO SITO. De git aleggiement! per serra, & da fer & de la grantessa, dela forma, @ de te parti di effi. CAP. XL Stee gli ordini di coft futti alloggiamenti in quea maniera. Noi cf tmeremo in luogo, non folamente commodo; ma in tle che per quelle cofe, che noi vi haremo a trarar allhora, non vi fe ne polla trovare alcuno piu accommodato. Er oltre a quelle cole, che noi habbiamo racconre , fia que- tto luogo aleiutto di natura, non fangofo, nd moleftato in parte alcuna da le piene; ma talmente collocato, che e' fia da ogni parte a tuoi efpedito, & a himiei non porga di fe alcuna ficurezza. Non habia appreffo acque putrid: 2 le buowe ancora troppo lontane. Facciadi havere dertto a git slloggisme Burilime foorane, 0 rivi di scque, 0 i havere una fumara per argi Et fe cid non fi porra fare, procurifi d’ havere vicina qualunche G v Moodie ai acqua~ Oles dl quello on bbopo eee gi alloggiamen fecon- do 1a moltitudine de Soldati, fi grandi, che e* non fi polfino re da fe die, fecondo gli ordini de contrafegni; & che e’ non Gi polfino difendere con Jo fcambiarfi de Soldati, da una fola parte di loro, fenza loro Mracchezza. Et cofi per il contrario non debbono-elfer tanto miferi, 0 ftrerti, che e” non vi fi huogo mecefario per gli affiri de Soldati. Licunfo_penfiva che le cantonate fulfino” difutilinel firuare gli alloggiamenti, & gli ftuava in cerchio, fe git ¢' non havelle havuto dietro a fe un monte, o un fume, © mutaglie: Altei Jodarono porre gli alloggiamenti in forma quadrangolare: ‘ma nel porre, © fis tuare gli alloggiamenti,, ci andremo accommodando a la conditione de tempiy & a 1a natura de luoghi , fecondo che ricerchera il bifogno de le cofe da farii © de lo firignere il nimico, o de lo afperrarlo. Tireremo una folla tanto gra de, che ella non fi pofla riempiere, fe non con un grande sforzo, & in mé to ‘tempo, o piu coflo faccini due folle, lafciando uno fpatio nel mezo fra Yuna, & I'alta. Credettero gli Antichi, che in quefte cofe ancora fi havelle ad havere rifpetto alla Religione , con ufat il numero caffo; & ufarono di far detta foils larga quindici piedi, ciod braccia fete, & mezo, & fonda nove, cio’ braccia quattro, & mezo. Faccifi Ia folla con le fponde {cofcele a piom- bo, che ella ba tama larga nel fondo, quanto ella ® nella bocca; ma dove il terreno {motaffe, faccifi un poco a fearpa, riftringendofi alquanto nel fondo Ne le pianure, & ne luoght baffi riempinii detti foi di acqua condoravi « pota, cavata dal fume, dal lago, o dal Mare. Ee fe ta non potrai far que- to, feminerai di punte di ferro, & di triboli il fondo, & ficcheravi in divert luoghi pali, & tronconi mondi, & appuntad, accioche nuochino a gli nimici- Farte , & affettare le foile, facciafi lo argine tanto groffo, che ¢” non ellere disfatto dx ogni minima machina da guerra, & tanto alto che non pus re le fale. vi poffino arrivare a levar via i Soldati, ma non ch’ altro. non vi pollino ellere tratte freccie , 0 altro manualmente , con facilitk , per fpaventar i Sol- dati. Et cofs molto opportuna , che quel che fi cava de le foile, {i ammonti {ue fo, perche e'ferva per argine. Al’ fare quelto lavoro lodarono gli Antichi grande- mente le piote de le praterie con I' erba difopray congslate fotto con infinite Darboline. Altri mefcolano infra effi ramufcelli di Salci’verdi, che affortifichi« no con il loro germogliare, & con il loro abbracciare de rami , il fatto. argin Per i labri de le foie di dentro, & ne I’ ultimo de lo argine vi & mettono fpi- ne, punte dirite, & punte a oncini, & @ fatte cole, acid non vi poflino faline i nimici cof prefio. La parte de’lo argine di fopra fia cinta da paloni gliardifions, formant fa gli aft anraverfo 2 guile di ‘cornicione con ily P DELLA ARCHITETTURA. & pigiatavis accommodinvifi le merlature, & & ripley + Set = Ultimamente adcatenn tage * ediante le quali egli_ fia manco atto. a cflere mi mato » 0 2 cifer tagliato, 0 @ porerviti falire; & fia il Soldato, mediante tale Ma Oa cope, & piu ficaro, Faccinvili a ogni ear piel alerts, & mama di verlo i luoghi, ove fi hs combate pi 3 oe > pi fo fa marin Sees accigche elle pofino nuocere giglandifimamente al nimio, Peefale entrato dentro a gli alloggiamenti- Faccialt che i padiglione del Gee nel, & Ih por che guar sro i nimici, & quella dal lato di die meal he gia i chimavano porta Quintana , & porta Decumana {leno in los ER Torin’, & efpeditifime a metere fuori in un fubico Telfercito «mete Some wercovagli¢,, & a ricevere , & a tecuperare i Soldari. Bt quelte cole centto, Nconvengono piu a gli alloggiamenti da ftarvi aflai, che @ quelli; che €"fano ‘momentanei”, Ma elfendo bene haver_paura di ogni evento, che t Fa ceare ola, fortuna, oi tempi, in effi alloggiamenti momentanei ane Foray non fi debbe far beffe di quelle cole. che noi hibbiamo dette, pec quine (oezctes il bifogno. Ma quelle cofe che fi appartengono a gli alloggiamend {flare ala tempo, pref malfimo per afpettarvi lo, alfedio » Eno molto Gi S quelle cofe, che nol dicemmo de la Forrexza del nuovo Principe «La Fore testa ® una certa fpetie div muraglia da effere affediata , conciofia che i Citadi 1 hanno contro di lei uno odio eterno, & immortale » & 2 uno crudeilline modo di alfedio, vegliarls fempre, & havere un defiderio continovamente ine Tenlo di pigliare’in ogni momento” la oceafione, mediante x quale tu pola fe Seale, Rigas in ope root a rovinania. Et perci® Ch come nol de car) debe sve che lf polfente»gaglaria, ftabile, pronta a 6, & ad indebolire & a feaceiare il ni ad ogni fllinatione ai affedio ficura 8 illefa, ie Beal sieges: ad quali ta hai a flare a tenere rinchivfo, & a molettare il nimicoe non Giervare con minore diligentia alcuna dif fatte cole. Et dicono bene alcuni che dicono, che il fatto de Ia guerra #2 cofi, che chi alfedia & a core jn gcan parce allediato . Perilche non folamente fi debbe_procura ih ose! Hae Paicns chet cachin wa gumich ears at eon Heeopel See ie intuit de miele de Ik taacsaggine de tuo « e ortenere quel che tu cerchi , ti gioverk il combatcergli lead a non, elfre opprefo ti gioveanno medeimamente Tee diendersy See f Mi tO sforzo de k * i coven una tee 9 in une Preyer eal yy per Te qual eu Iubbia Glee «i Lge d Ue ales Spe De cel) hin © es Sees a ee utagle, non di qual fi voglia dle pecan ate a uke, ‘i Gantry © con foslos @ con actos; 6 ens geal ela ehbondanea at tural: "non 2, deo, huogo cueto “i oaths Sill cafe che al i ae lintamente patleremo di fimili Dirge auanaste oF Peer Gee betta ae eer ee faccia guello. a pore ies 6 reese ay momen ene Cae iene di luna, a align. & di fiend, & ff debbaso pore in te fafcine » facea Ue pensolont>, & ete le cates Fen vecooer Ricki bias me Silas, Seon one Gian See ee amie, de T scque, accion Be eT eee eee = ee rpms eed yom is use ni San ben Fell non‘ ono gusting int pet pu cagion! ) dcbbono fa loo vieiniy non fens c bai percoche con W'edere piu cons di ciruiloy, cow mace Goce ae fom mance mateda, & mance ijeG A fuiinsey Boni hens ean 1805 & finiti huranno bifogno mauco m4 & terra meffavi dentro, zinvi fopra tronconi 1 gull Te cofe in @ fatto lavoro, LIBRO QUINTO,. uy manco guardie; ma non fi debbon anco ficcarli tanto fotto le mura, che i Ter- gazani con’ le macchine da. guerea di fir poflino fir danno a woi dentro ale trincee + che fe ft fanno. gli argini hee’ fi vieti a gli aile~ diati il potere havere di fuori & foccori & vettovaglic , certamente che queio ti verth commodiflimamente fatto, fe yolendo che queto ci riefca fecondo iL tuo difegno, tu preoccuperi & ferrerai loro tutte le vie, 0 yuoi con sbarrare i Ponti, o levando altrove i guadi, 0 con fare attraverfo a le tirade una ficpe di reaviy & Lalli, 0 vero fe tu attraverferai con opera continovata gli ftagni y ilaghi, le paludi, i fiumi, & le collinette, o vero fe tu ti ingegnerai, che vi multiplicht, & crefca abbondanza d' acqua, in modo che lla allaghi, & Fiempia 4 luoghi voui-Debbent aggivgncre a quelle cofe quelle che fon, bao ne a bifogni del difenderfi, & del fortificarfi gagliardamente ; Conciofia che €' bifogna fortificare eli ifimamente le foile, gli a & le ori, & fe snill, & di verlo quitde Ia-cerra, & di verfo quelle proviacie, che con mol tcudie gl, potefino foccorrere : accioche quelli non ti poffino nuocere con Vu feie fuori , & quelli con il correrti addoffo, & allalirti.. Et oltre a quelte cofe aghinfi in luoghi convenienti Velette, &’ Torri, mediante le quali i Soldati , i Cavalli polfino andare piu ficuri , gE liberi, & con piu commodita , per acque, per legne, & per vetcovaglie: Ma non fi feminino le bande tanto lon- tane I’ una _da I"altra in varie parti, che elle non polfino ubbidire a un fol cenno del Generale, combattere con forze unite tutte infieme, & unitamente jn uno fubito porgere foccorfo I’ una a 1’ altra. Piacemi in quelto luogo rac contare quel che dice Appiano, cola certo degna di memoria; Conciotia che affediando Ottaviano Lucio in Perugia, fece una fala lunga fette muglia fino al Tevere, larga quindicl braccia, & altretanto fonda; oltra di quelto vi ag- iunfe un"alto muro, & mille cinquecento torri di legno , che fopravanzavano raccia trenta; & di maniera affornificd tal lavoro, che gli allediati non erano da ello tanto rinchiufi, quanto che efelufi del tutto di non porere offendere V efercito da luogo alcuno. Et fia deco a baitanza de gli all enti per. terra; fe e' non ci manca git, che e’ bifogna cleggere un luogo digniffhmo, & approvatilfimo, dove fi habbino a collocare con grandiffima maiciti gli tlen- dardi de la Republica, & dove le cole divine fi celebrino con. grandiffima reve- tentia: Ex dove i Capitani, & gli altri Soldati conditionati fi ragunino chia- mati al Tribunale, & a Configlio . Dele Navi, & parti lore; Ee de gli Alloggiamenti Meritimi , & loro fortifications. CAP. XII. Aranno forfe alcuni, che negheranno che Je Navi fieno alloggiamenti_ Mari- timi & diranno che utino le Navi, quali come Liofanti aquatici , reggen- oli con i loro freni, & che i Porti fono piu rofto alloggiamenti Marivmi , che le Navi. Altri per il contrario diranno che Ia Nave non_@ altro, che una certa fortezza che camina- Noi Jaleeremo.in dietro quelle cofe, & diremo co- fi, che due fon quelle cole, con le quali quelto noitro difcorfo, & arte de Vedificare, partorifee la filute, & Ja vittoriay a Cy Yi qua, & a la loro moltitudine. La primaconfilte ne Ia Ja feconda nel fortificare bene i Porti, o vadi tu ad affrontare i nimici, 0 fia jure l'aflrontato.. Hanno principalmente per ufinza i Navilii di portare te, & je cole tue. Secondariamente che ¢' polfino guerreggiare fenza pericolo. Et i pericoli , © e’'nafceranno da eff Navilti, come che leno yrati, & innati in effi, 0 vero ti averranno di fuori. Quelli di fuori fono gli impeti de venti, il rompere de I’ onde, gli feogli, & lo incotrere ne Ie fecches le quali cofe tutte con I eperienae de le cole, Maritime & con 1s cogoitione de luoghi Pa 16 DELLA ARCHITETTURA Se de venti, & con fa feienta fi (chiferanno asi per tempo. Mai peticol Ticorponity’& inmat in efi Navili, nafeeranno o da “igus 0 ds lege Fee uifeld ci bifogea provedere. Biafimano tutto il legname arto a fenderf fragile, graviffimo , & atto a putrefarli . Antepongono ichiovi, & le fpranghe. ar Bion e 'o di fame, a quelle di ferro. 10 ho confideraro mediante Ja se di Taigng, la quale a giorni paifari, mentre che io diftendeva le cofe che 15 havea compotle sft cav® del Tago de’In Riccia, dove ella era fata lafcata (anmer forto Vacque piu che mille erecento anni, che il Iegno del Pinoy & de I’ ArciprefO, era durato in effa egregiamente 5 Ella era ioe da lato dé faor! di tavele doppic, 8 impicciate di pece Greca, con pezzami di panni Ting, & fopra vi havevano fatta una {cores di piaftre di plombo fermandale ton’ chiodi’ di bronzo. Prefono gli antichi Architettori il difegno da fie fe 4 Navilii da pelei, & di quella parte che ne pelci & Ja Mien, ne Navie Iii fe ne fervirono per carina, & quel che ne pelci era il capo, ne Navilt fu la prot, & per la coda fervi il timones & in cambio di branche, o di Sette? wtatono f'remi. T Navili foo di-due forti: © ¢' fono da catico © pure da orrere: | Navi lunghi gioveranno molto a lo feorsere ta Marina, S fino per disito; i cori ubbidirinno piu al timone - Non vorrei che le Navi da catico fulfino manco lunghe , che per le tre volte de la loro larghexe za, nd quelle da {correre fulfino piu lunghe, che per le nove. Noi habbiamo trattaro.lungamente in altro luogo de modi de le Navi in quel libro che & intix tolato i libro de le Navi: ma in_ quello luogo ne habbiamo deteo quel tanto che ci bifogna. Le parti de Navilii fono quefte, la carina, la poppa, & la Ki fanchi da amendue le bande; aggivgnici fe ti piace fi vehi coyote & Waltee cofe, che appartengono al corfo: it vano de la Nave folterra al tne to pefo dele poftevi robe, quanto fara il pelo de Iacqua di che ella fi potelle tenpiere fino in fammo. ta ‘carina bifogna’ che fa plana, tutre Male cole Siittenana a guia Wi gents con lee torte. Gummo danas eek pla ta a ae i oe re maggior’ , ma fart a lo fcorrere piu tard hee sae or & dca, Tiki, veloee ra fem meee Ge al vor ait ma_ fetta in alto Mare fk pis feta? t Samehly tele mmciod a, fpoiti_ al franger de 1” 1 in : ; a ogee po es fang rg ay me pl Ca avilio.atto y 4 ., : et Daher cee at ar meee ey Eel ON ee ee feudi’ de la Ses & [at ene split a alquane pie. pats iecioche per 10 Se ee pignere , & per I’ impero de remi, fendino l'on Gaeny ee fia la Nave piu fottile, accioche quali fpontanes- eee ae SNe he ae cach ts Nemes tees eg + & quel i ; 3 iets els dele Nei Lain sie I've one maa: ce Say tas lrancane, le Rats T beet We Nevill: le cords f pombe Be ale Gall Binuties Be Bee queen ede mote’ tos cha ie tT alee imi che pendono da le fponde, & da i'fanchi, "8 che (port Sha ce heal de le Navi, fervond per fortifi 5 Se RG) {Porn unEL cova rive tn'lugght eee hota, Bea Seine See -fenne, fon0 molto a propofito in ‘cambio di_ponti. Gli Atricht uf or tere (i le prue quelle macchine da gucera che ed acts ee ne lt pray & at ls ‘t tre +8 ppaa lato a gli Alberi ha Hi, A's por pannaseh grows & tuahe Be aceRt, alec ve htt oe vino pet if i 2 vs fe eee & difenfione , & impararono diligentemente a vietare Ix falita jontavano a la volta loro fu per le fun, con mettervi fopra Una re LIBRO QUINTO. ny rete. Et noi altove penfimmo, & deferivemmo in che modo i tavolati de fe Navi, fi per i quali fcammina, fi porelfino in um momento nel meza del combacters empicre per tutto di pungentiime punte,,Ipelle, & rite; ol tmanicea che il mimieo non vi pola muovsre fopra punto il pice fenes ritae neme ferito; & peril comarig quando. tfognate jm mance fio di tempos come & potelle evar vis qual & voglia f fre offione: Ma non & oul Iuogd dk volede riandare, bata’ che io ne ho voluto avertire 1 buoni ingegni..Oltta gueito trova uno modo con il quale porevo con uno leagiercolpo di age fello, mandar fozzopra tutti i tavolatiy A tut la moltitudine, che vi full fc Tie pea. Fe ci pot in un fabito con poca fatica imertee in afeto il tutto) fecondo il bfogno. Ne & da riccontare quelle cofe, che io andai iavetizand pet alfondare, & abbrucciare le Navi de nimiciy & per mandare male ame fnaazare con’ morte miferbile, Ia ciurma Navsle. Di elle fe ne parlets forte altrove, Ma non fi laei in dietro quella, che enon fi alpetta Ta, medefima Iunghezza, altezza, & grandeaza di Navilii in tunti i lwoght. Nel Mare mag- giore infra gli ftretti de le Mole, i Navilii che hanno le carine larghe, de qua- [non puoi fire a tuo modo f@ non con grin numero a huemini» Ia faono male, quando i venti fono punto gagliardi piu che il dovere : Per il contrario ale colonne d’ Hereole dove il Mare Gi allarga, i Navli che hunno le casine firette, vi fi fommergono. Appartienfi ancora a le cofe Navali difendere il Por- 0, 0 impedirlo. Queflo'ci veers fatto commodifimamente, con havere aon data qualche grandithma machina, & con havere fatto attraverlo 0 argini, evr eateney © altre fi de Te quali trattammo nel libro di fopra ‘cchinvif pall, getGnvit impediment di fafi, alter di quello vi afondi~ no calle diltavoliy,& celle > & cofe vote fill, piene di cofe grax vi. Ma fe la natura del Iuogo, o Ia grandezza de la {pefa non comportalle quefto, come verbi gratia, fe vi fulle, una fanghiglia che fi movelle fempre y © una altezza troppo profonda, farai in queto modo: melh dogli per ordine, © congiunti infieme, adattavi travi, & piane per il diritto, & per il traverfo, foliocandole I’ una a traverfo de I'altray aggingnivi che da foderi de le cravse te fportino verlo i nimick punroni , & beecht grandifimamente apuntatiy 8 pali-con le punte di ferro, quali chiamano palont ferrati» accioche slcuna Na- Ye de nimict fpalmata, non ardifea venire ad affrontare i Iuogo a piene vele, © a teapllatlo + Copri's foderi da Ia violenza de fuochi con teria, & ponvi toro per feccato, graticcl, & paraperti di legname groffo, favvi in lu Commodi di tore’ dr legname , 8 Rermale con alli Ancore in luoghi fa contro I'impeto de le ondey & nalcoh a nimici. Giovera condurte tal Lavoro Sone, voltando I’ arco verfo I"onde, aécioche egli piu failmente le foppor- ti, & habbina le Ancore manco bifogno de lo aiuto di fuori. Et di lore fa deco a batanza, De Commefferit, Camerlinghi , & Riftotitori publici ; & di fi faeti Magiftrasi; a ral bifogna fare if Gransio, ts Camel eer A ee ee Arey ol Merete gt Areaagli», & le Stalls de le are forte de le Prigioni , & del moda, Iue- gh, & forma lore. CAP. XIII. Ora aceadendo che nell" haver a fare tante cofe, tu habbi bifogno di vetto- vaglie, & di {pee allai, bifogna trattare de Magiftrai, che fubbino cura fas come fono, Commeffarii , Camerlingh, & Ri(coritori publici, iis per i quali G debbono fare edi ramaio, Ia Camera tenecvi i denari, quella da tenervi le Armi, il luogo per il Mercato, lo Ate = a8 DELLA ARCHITETTURA walli, Poche fon quelle cole, che in quetto 1 fanale, & de Je allo oe tare invero bee. Concofia he ego Paone de ie ir Grintio, Ia Camera del Comune, & la Camera de te an manifeh©juono collocare nel mezo de ia Cie, & in logo celebrating, Oe ae teno pia feure, & piu commode. Oli Area i Sane oe cafe de Cittadini, per amore de gli in e Yona eae bilogna mefcolarei in varii Iuoghi muri inten, che eal ping. far bet ano avanaino. inGin fopra i tetti, i quali difendino I" uma fanaa da Sia da le ardenti flame, & vietino a fuochi il potere attaccarfi da Iq tra da Te ate eoght per i. Mercati, fi debboao tabilie fu 1a Mating tect Fpccehe de fui, & ne rifcontri di piu wie maefire. Gli Arzanalt bi the ‘habbino gomiti, & ricetti, © golfi di acque, accioche i Navilit vi che fer trate dentro, & raflerea; & che quindi ancora {i polfino arate nel Mare. Ma bifogna avertire , che in queito luogo I" acqua vi fi agiti fetnpee del continuo Fr ‘Navilii fi inftacidano per i venti auftrali; apronf pe i OF Gi di mezo giomo; & fi confervano per il Tevare del Sole. Olea di quello qual i voglia Granaio, che fi faccia per mantenete le cofe, egli & colt chine th, che e gode di luogo , & d' aria afciutta. Ma parleremo di quelte cofe furgamentes quando noi tratteremo de le cofe de privati, al’ ordine de le iG afpea tle rigionamenro, ecceto perd che de uoghi per tee Wile: Percioche le flanze per tenervi il file, le farai in quefta manierss Metterai fopra il terreno un fuolo di carboni alto. un cubito, ciok ere quart @ brecio® & pilllo’ bene pr tutto: dipoi {pargivi fopra fabbione dibattur fon creta pura, alto tre palmi, & fpianalo bene, dipoi lo ammattoina mezzane cotte fino a tanto che ficno diventate nere. Farai i lati de le mura dal lato di dentro, non havendo abbondantia di fi fatto Javoro, di Picere rie ite, Ton di tufo, né di Pietta viva, ma d’ una Pietra che fia init quefte di natura mezana, pur che ella fia molto dura, & tal lavoro riftrignis Jo da le mura a lo indentco per {patio di un cubito; & favvi attorno Un tavolaro di pane con chiodi di bronzo, 0 piu tolto con ipranghe, & il vano che relta fra il tavolato, ¢ ‘I muro, di canne, & gioverh grandemem te I" haver unto ill legname con’ ereta macerata y con morchia, & melfovi dene fro nee com giunchi fpezzat.. Finalmente gli edi publi cof ttt Bi fogna che fieno fortificati gogliardiffimamente di mura, dt torri, & di munke oni, contro a quilunque infidia, malignith o impeto di ladri, di nimici, & i Citadini editiol. Parmi havere trartato afl abbondantements:de git edie Prlict» f6 gid non i rfla quel che fi afpetta, & mon per ultima colt, & agiftrati, cio® che noi non ci facciamo belfe, ‘che egli habbino luoghi, do Ye & con dilicarura. Quali fieno tutte quette cofe di lor natura, & quali habbino a eflere, & come fatte, mi pare in gran parte haverne tratrato ne pala libri. Ma in quelto lu pre i princie re dar ones couriaserera, a cota an queddlmiertery Sait com aarotieae cher la cafa privata fi debbe fare per amore de la famiglia , accioche ella vi poila re dentro commodiffimamente. Non fark commoda a’ battanza quell in quella fteffa non vi faranno tutte quelle cof, che coftore hanno di Grande @ il numero delle cole, & ji huomini in una famiglia, il rai a tua voglia diftribuire ugualmente ne Ja Citta, & ne la che ne le muraglie de la Citth, ti accade che un muro d’ un vi no, una grondaia, una piazza publica, una ftrada, & fimili cofe, quafi tut te ci impedifcono che tu ti polla fitisfare a tuo modo, ilche a la Villa non ti aviene, percioche tu haivin Villa ogni cofa piu libera, & me la Cirth im: pedita. Adungue fi per altre ragioni, fi ancora per quefta, mi piace di r10 fe queta maniera: Cie, che aleimenti hs Beh col Heide quelle de ia Vila per # privat; in amendue que Gir Bainter quelle che (i afpettano & Cittadini minal, & aleinead nents dcbbon erp a Citadini piu rich eonciolia che i minvali mage auelle che vse nectic, 81 pau rich murano per diletto 8 fin folamente et Mipgon Ma nei racconteremo quelle cole, che la model de: gh ne de defile proverh. in qualunche forte di edict & perd mi pare dx es vot ae piu facilis Le habitation’ ne, le Ville fono piv elpedite, & incite ono. piu inchinati a la fpefa, 2 Te Ville che dentro., Ma raccontie 5 cima breviflmamente alcune poche cole, che giovano) molto. pein Tibgurde le Vile, & fon quelle. Bicgna pgs Vari eaia te cilificare nel mezo ¢ una campagna a 1é radici del Mone, Bifogna edificare pags 16 alice Ee ‘1 ‘Bo ative -.2 vi'eno acque » luoghi ameni, & pa : ¢ vi fiend acque » ‘ i jo Mee fo na. Lara trl, & mal fina dicono che cagiona, Gi cute tre incommoditadi, (de le quali ‘trattammo nel primo libro) fi ancora, piu folte, & maffime piene di arbori , che hanno Je foglie amare, HIE Paria in quel luogo non agitata né- da Sole, n2ida venti, vi di ge Ui itcora’vi cagiona il terreno Rerile, & mal fano, dal qudle a a fine fe ot» fgent eavarne cofs alcuna faranno’felve. To giudico che eG debbe : bel fica molto lontana da la Citth, & la ftrada non fara n@ difictle né impotit ma atta, & accommodata a lo andarvi, & al farvii portare, 0 di fate, 0 ti vero, © voglia cid fare per via di carrera, da toi piedi» o forle pet Nie ve, & futh molto a propofito, fe ella non fark fuori di una porta de Ix Cit a te difcolto,, ma de la piu vicina, accioche tu polfa piu commodamente, piu cipeditamente, fenza troppo grande apparato di veltimenti , & fenza tei monianza di tutto il popolo, & con la moglie, & con i figliuoli andare, & tornare {pelo da Ia Villa a Ia Citta, . & da la Gith a Ja Villa a mo piaceres Egli & cola conveniente havere la Villa in que’ luoghi, che andandovifi da mit= tina i maggi di levante non ti dieno molefia a gli occhi, & i raggi di ponente da fera non dieno ne gli occhi a chi fe ne torna a Ia Citta. ‘Olt di quello debbe effere 1a Villa in quel luogo, che non fia abbandonaro del tutto, nom abietto, non ignobile, ma tale che vi fi habiti con fperanza di ricorvi de 1a i» ba: Et alletati da ls amenita de Iaria, & da Ia abbondantia de le cole da la piacevolezza de Ia vita, & fenza’ alcun pericolo. Né deve ancot et polta ia Villa in luogo troppo celebrato, congiunto o 2 la Citth, o a Ja vit macilray 0 al porto, dove concorrino una infinith di Navilii; ma. fa pol commodamente, che non vi manchino di fimili piaceri; ma che non ve ne fe } no ancor tant, che la tua famiglia fia troppo moleltata da lx frequentia de 1 reitieri, che pafflino. Dicono gli Antichi che ne luoghi ventofi non fi an : Fe Bonchiano mai le cofe, ma ne luoghi humidi, & ne le Vallate, che nod efalano i venti, vi accaggiono {pelo fimili difeti- Non mi pace gi che ¢’ dicono in tutti i i, che Ja Villa fi debbe edificare in modo: 1s fia volta verlo il levare del Sole mentre che @ 1° equinottio. Conciofa quelle cofe, che fi dicona de Soli, & de venti, & cola manifelta che (mit no fecondo le regioni; di maniera che non avviene, che fempre Greco (i I Biri ne i venti Auftrali_ mal fani in ogni Iuogo.. Rt diceva bene Celfo B iesina ‘Ut teat che vengono dal Mate, fono. pia ferat, ma vano di terra, fon fempre piu leggieri. Et giudico che fi a Pecamor de’ venti, le. prime foci de le Valli; ‘percioche in can luoghi + 29 i venti troppo freddi, fee’ vengono di notte, 0 e' fono woppo. ealdis vengono di giome , rilgldati da fe trope repercuffioni de taggr Sola LIBRO QUINTO. re Che le Cafe di Villa four di dae farsi: det collocare tutte le loro parti common devone syprteent pee x gi boom» pete 4 gt dial, pare Mt infeamestly & pare « logos dale cop neesfaries CAP. XV. ‘A elfendo I’ habitationi de le Ville, alcune che fervono per i Padroni , & alcune per i lavoratori, & alcune di queite fatte primicramente per utilit, altre forfe per diletto de I’ animo: Parleremo prima di quelle, che & fpettano a lavoratort. Non bifogna che le cafe di coftoro fieno molto difcotto Gi le cile de Padroni, accioche hora per hora f vegga quel che ciafcun di Joro ficeia, & chee’ fippino quello, che fix bifogno di tari. Appartients a cat ate ie pee loro propriety che Je obe, che dal campo i potfono cone dlree» fi aetna » fi rccolghinos & fi ferbino in effa: Se git quetto ultimo of ficio, ciod di lerbare le ricolte, tu non. penfi che fi alpetts piu tole a le cale de Padroni, & a quelle ancora che fono ne Je Citta, che a quelle de la Villa- ‘A quelis cole darat tu perfetione con la moltinudine de gli huomini, & con Ja abbondantia de gli flrumenti, & pia che con altro con la induitria , & con Ja diligentia del lavoratore. Gli Anuchi volevano che Ia famigtia del lavorato~ te fulle di quindiei perfone: per amor di coltoro adunque bifogna havere dove rifcaldarghi , quando, fa loro freddo, o dove riceverli partitifi dal lavoro pet i mali temporal, accioche e' vi poffino ftare a mangiare , a ipalarhi, & Z ondinare le eofe, che egli haranno di bifogno. Ex perd ficciavili una gran cus cina, non buia, & ficura da pericoli de I’ abbruciare, col forno, col Tey col pozzo, & con I’acquaio. Di 1X da la cucina vi fia una camera, dove ftieno Te perfone’ piu qualifcate , la caffa del pane, la came fata, & i lardi da fer- barli per i bifogni di giorno in giorno. Gli altri fi diftribuifchino di modo, che cafeuno Girlopra fe cole fue & pronto ad elfegurle. Il fatore di Villa fiia a canto a la porta principale, accioche non pola alcuno fenza fua fapura ufcie fuori la notre, © portar via cofa alcuna- Que’ c’ hanno ad havere cura de Je beltie, ftieno’ prelfo a le italle, accioche per la diligentia loro » non refti 4 fai cola alcuna, che leaggia. Et quello batt quanto al numero de gli huo- fini. Gli inflramenté aleuni {ono animati, come i beltiami , & alcuni fouza a- hima come fono i carri, & i ferramentiy & fimili: pec amor di fi futti itru- fuceifi a canto a ia cucina una gran capanna forto la quale fi riponga il 1 la ereggia, Io atarolo,, il giogo , le cette da fieno, ¢ Gimili alte cofe , & desta capanna volta a mezo di, accioche Ja famiglia ne 1° inverno vi fi polla ttare a paifarii al Sole i giorni di fella. Al frattoio, & a lo ftrettoio. bi- fogna dare un fpatio grandiffimo & nettiffimo. Siavi ancora un magazino , dove fi riponghino, & fi ferbino lo ftaio, le paniete grandi di vinchi, 1 panieri pic coli, le funi, i farchiegli, i beccaftrint, & altre fi fatte cofe. Sopra i leg the attraveriino le trivi, ne le capanne diftendinvidi graticci, & fopra vi fi n= orghino pllspeiche, ae, vgn’ ferment, fale, Gana pe bunt canape , & lini non conci, & fimili alere cofe . I Beftiami fono di due forti : tuna forte ferve a livorare, come i buoi, & i cavagli; & I’ altra forte ferve a fare frusto, come {ono le troie, le pecore, le capre, & ogni armento . De Be- fami da Tavorare diremo prima concio(ia che e’fervino , come per inftru- menti; poi tratteremo di quelli, che fervono a far frutto , che s* afpettano a ta indulttia del futtore. Fa che le @alle per le beitie vaccine, & per i cavalli, non fino V invero frees. fa le mangiaoe gagliade, accid noo getino vit opel che ty gli dai da mangiare. Fa che i cavallihabbino gli rami fopra da zo accioche non ne polfino havere fenza fatica, ftando con In tella alta per- ciothe e’ ne diverranno con le tele piu afciutte, & piu agili di ftiena. Per il contrario, dagli orzo, & I’ alize biade , che ¢’ I'habbino a cavare , come Q DELLA ARCHITETTURA ae ih inco occafione di inghiorticlo . + percioche egli haranno ma : ball dt uns fea: Petco oe gia le gramell incre, & ola quello. diem aun ratio, & 1x di petto, piu gagliardi, & piu robulti. Sopra tutto Bilpe teranno di muleaty muro de” In mangiatoia dove ha 2 flare volta Ix fone oe gaat Mf humido il cavalo ha dl cranio del cervello forte, ce caval yerre nel’ umido y né il freddo, & perd guardati che per Ie fing. pon puo forrnino i raggi lunar. La Luma fa diventare gli occhi bianchi, & fire non \Vifima tolfi: a 1¢ pecore inferme i raggi de 1a Luma fono come pee He ii port fe mangttole piu bale che polino dando 4. dace) mg mare. Se i cavalli guarderam cammino, diventeranno horridi. Il bue mate XT disimperto gli huomini,, f rallegen. La mula che fi in Tuogo eal SSicure, impacza. Sono alcuni che peniano che la mula fia alfai copra dal Cuno te ella hard coperto il capo; & T'altre parti non d3 noia che fleno ef pote al fereno & al Heddo.. Lo fpazzo fowto + buoj laftealo) di Vietey ae Meche per lo ferco, & per la ribalderia , non fe gli infracidi le unghie. ‘Se see caval farai una folla ne lo ammartonato, & cuoprila di alle di leecin, & di vovere, accioche e’ non vi fi generi per I*orine una fanghiglia, né per HT oppo zappare de picdi & gualting I' unghie & il pavimento. Che Ia induftria del fasrore di Villa fi debbe efercieare santo circa i Beftiani, es pis circa le Kicolte , @ circa il far V’ dias 4 CAP XVI remo brevemente che la indutria del fattore non fi efferciter’ folamem we in raconr le cole, che fono ne capi, ma innani ad ogni alia Ge fa fi ingegnerh che i bettiami, gli uccelli, & i pefci gli fruttino. Poni le Rak Je per gli Armenti in luogo a(ciutto, & non humido, lievane ogni minima fal at foro, & fa che fe pendino accioche te fi polino vorare, & neta ficilmente: cuoprine una parte di loro, ¢ una parte ne lafcia a lo feopertay. & ondina che i venti Aultrali, © qual altro vento humido fi voglia, non pete cota la notte le pecore, & che non vi tirino ancora altri venti troppo fii. I luoghi, dove hanno a ftare rinchiufi i conigli, favvi un muro di Petre Tiquadrate infino al fondo de I’ acqua : in lo fpazzo favvi un {uolo di fabbione maitio , lafciando in piu, € piu Iuoghi alcuni monticelli con cerra da fapone: Er che le galline habbing nd corte loro un portico volto a mezo giana fpartovi forto di molta cenere, & fopra detto portico il luago per i miily & Je Mtanghe da dormirvi fopra la notre. Sono alcuni che yorrcbbono che le gik Tine fi teneffino rinchiufe in un gran circuito che fufle volro a_levantes quelle, che fi rengono per haver de I'uova, & de pulcini, fi come le ‘no piu allegre per Ja liberth, cofi ancora fono piu feconde. L*uova nate a 10 {euro , & in luogo rinchiufo fono piu {ciocche. Portai la colombaia, che vewga acaua, ‘& non la porre troppo alta, ma. cofi a modo, accioche E colombi ftracchi dal volare , quafi con I’ alic {cheraando liete , s° allegrino, fue: Siolarvi ad alie chiufe. Sono alcuni che dicono, che le colombe preft i de la campagna, quanto piu fatica & viaggio haranno a fare a portarli a [OF Hglivoli taro piu gli feranno groffi: Et quelto perche i femi poreati mel go 2 per nutrire i fighuoli, con 1o Mtatvi affai, diventeranno mezi cotti, & gutito pongona le colombaie buone in luoghi alifimi. Et forfe penfano Prowl allay che le colombaie fieno lontane da le acque accioche giugnendov 4 colombi non raffreddino 1" uova con i pit molli. Se a [a camonata oh far tu vi tinchiuderai un gheppio, diventers tal colombaia ficura da gli Fel caapins. Se ta nafconderat in fu Venteata un capo dj lupo , gitratovi 1Ope ‘imino rinchiufo in uno orcio fello, che getti fuori puzzo; per abe B LIBRO QUINTO. a vi concorretanno una infinitd di colombi. Se tm farai lo fpazzo de 1a tua cor lombaia di ereta, & lo bagnerai, & ribagnerai fpelfo con Ia-orina de gli huo- mini, lafeiando gli altei colombi.le fedie de loro Antichi, ti & multiplicheranno grandiffimamente . Fuori de le fineflre fa che vi fieno comici di pietra, o ta- vole di ulivo, che fportino fuori uno cubito, fu per le quali i colombi hab- bino da fermarfi ne lo arrivare, & da le quali habbino a pigliare il volo nel partirli. Gli uccelletti minori rinchivd per il vedere de li alben, & del cielo marciftono . I nidii, & le flanzette per li uccelli, bifogna farle in huoghi cal di. Ma a quelli, che piu tolto camminano che e’ volino, bifogna collacarli balli, & in elfo rerreno; a fi altri bifogna porli in luoghi piu alti. Tutti habbi- no Ie fponde di qui, & di Ih per amor di ritenere I'uova, & i figliolini, che non calching . Per fat i nidii & piu commodo il loto che la calcina, & Ja calci- na piu che il gelfo. Tutte le forti di Pietra viva fono cattive, i mattoni fon piu utilé che il tufo., purche non fieno troppo cotti. I legnami o di oppio, 0 di abeto , fono utilifni. Tutte Je fanze per gli uccelli vogliono eflere pulite, pure, nette, & mallimo per i colombi. Anzi fe il beltiame ancora di quattro Piedi fart in luoghi brutti , diventer’ {cabbiofo.. Ec perd faccinfi in volta artic ciate, intonicate, © imbiancate per tutto, & turifi- ogni minimo bucolino, aceioche le Faine, le Donnole, & le Lucertole, 0 fimili beltiuole non pofli- no far danno a Puova, a Pippioncini, o a le mura. Aggiunghinvii le tram« gic da beccare, & gli abbeveratoi. Et perd faccifi intorno a la Villa un follo- ne, dove |’ Anitte, i Porci, ¢ le Beftie vaccine vi fi pollino & lavare, & gittarvifi dentro, & quando tu dai loro da mangiare, 0 fia buono, 0 fia cate tivo tempo, fa che le fj farcollino. I beceatoi, & gli abbeveratoi per gli uc celletti minori_ne le loro flanze, fi mettino i canali lungo il muro, accioche €’ non gli poflino fpandere con i piedi, ne imbrarrare le cofe che ta vi dai lo- yo. Fa che quelti habbino alcune cannelle da lato di fuori, da le quali ww poll porgervi dentro il vitro loro. Nel mezo fi che vi fia un lavatoio, do~ ve poifa are alli acqua chiara. Farai il vivaio in terreno cretofo, & tanto fondo, che ei non habia a sibollire per i raggi del Sole, ne addiacciarli per il foverchio freddo. Oltra quetto da ghi lati, faravi alcune caverne, accioche il peice habia dove riffuggire fe fubitamente fenriife intorbidarfi le acque, & non 4i marcifea sbigortico de lo animo. Il pefee fi nutrifce del fugo de Ja terra, atifce de gran caldi, & per i diac? & muore: A Soli di mezo giomo fi ral jogea , _& fcherza. Credono che alcuna volta fia bene che e' vi entri dentro le lene fangole che vengono da Te pioggie» ma non fi devono ricevere Je prime dopo i giorni caniculari, perche fanno’ come di calcina, & ammazzano i Aci & dipoi non fi debbe mettervene dentro, fe non di rado: percioche el- je nuocono con il mulchio puzzolemte & a I’ acqua & al pefce. Ma bifogna avertice che 1” acqua continovamente vi entri, & continovamente fe ne vadi venga ella 0 da fonte, o da fume, o da lago, o da Mare. Ma de viva che fi fama d’ acque Marine, ne infegnano commodamente piu a la larga in quetto modo’. Ne le regioni_fangole fi nutrifcono i pefci Miacctati, come fono We Sopliole:| Ne pacii arenof te. Cocchiglc gli ale nusrfeono meglio nel Mare, come le Orate, cd i Dentali: fra ‘ath & nutrifcono meglio-i Tordi , & le Merle, & gli altri, che infra {aff fon nati. Ultimamente dicono, che quel- Jo flagno & onime per conferve «i pelci, che farh collocato in modo, che Vonda del Mare, che di nuovo vi viene , ripercuota in quella che vi era innan- zi, & che non lafei impigrirvifi dentro I’acqua, che vi era primaz & dicono che quelle acque diventano manco fare, che fi sinnovano pur troppo adagio « Hor fia detto.a baftinza de In indultria, & de ln diligentia del Fattore circa molte cofe. Ma molto fj loda quel che giova grandemente al raifertare, & al pore le ticolte per amor de le quali bilogae ondinare I'aia, efpota 2 Soll, & a venti, non lontana da la capanna, che noi ti dicemmo poco avanti, accio~ Q: che DELLA ARCHITETTURA Pr vogaie fubitane tu porta in un momento riporre & i Tavorind, che ne le plone ve uu puoi fare Tait (pana il terreno non a pin, tlle robe colt leggiermente, dipo; vangalo, dipoi getavi di’ molta morchigg feianela bene inzuppare ;_ dipoi bene le zolles dipoi pat 7 & luciana bene eon T expice, & batilo con le mazzstanghe See oe eareatde ln morchia; & quando ella fark rafciutra né Topi Bie at sehen vi faranno nidio, ne diventerk fangofa, né vi nalcerd erba.. re ich Moro Ta creta arrecherd gran faldezza. Et fia derto a baftanza de le habj- : tationi de layoratori - De ta Villa de Padroni, & de le Perfowe mobili & di susre le parti fue, & del lnago lore commodo. CAP. XVIL E cafe di Villa per i Padroni, fono alcuni, che credana che ¢” ne bifogns unt per ls tare, & alta per I" inverno ;_& Je diffniteono in ques may aictay che le eamere per la fate vogliono che fieno volte a Levante d'invera, Ble fale volte a Occdente equinortiale; & le camere per 10 inverno vogliona Wolte a mezo gioma , & le fale a Levante a inverno: 1 luoghi da, palleygire, volti a mezo di ne 10 Equinottio. Ma noi penfiamo, che fecondo \c eect de Paria, & del paele, cof s habbino ancora a variare fimili cole di maniea che le cole ealde con Ie fredde, & le fecche con le humide fi temperino. me. Vorrei che le cale de le polfelfioni de Nobili, non fullino potte ne In graifa parte de Ja campagna; ma bene ne_la piu degna, donde fi polla Qari commodi & ogni piacere liberfimamente Gi ualunche vena © veduta;feendufi quindi facilifimamente ne le polfelioni ; riceva i abe vi eaptand in Thoph convnintement fats fen vdute ja Citth, le Terre, il Mare, & una diftefi pianuray & i Je Callite, & de Monti: Habbia poft quafi foto gi A oe dini, & allettamenti di pelcagioni, & di cacciagiont. Er conciofia che fi come noi ti dicemmo, Je parti de le cafe, altre fi appartenghino a tutto lo. univer fale, & alice a pe perfone infieme, & altre a una, o pi fone ne mente: In quelle, quanto a le parti, che s' appartenghino a Jo uni imiteremo Ie cafe de Principi. Inmanzi a la porta fianvi pratelli grandifimi, de poterif comere con le eavrette, 8 da maneggiar’ Cavalli, che feb Fak to piu lunghi, che i tiro de giovani de dari, o de le atte. In cala pol pet te pari che Yervono a piu non vi mancherinno Iuoghi da paler a fart porate, da notre, "8 rate, & cowl & logsic, ¢ olcune Mf OR chio , dove | vecchi T'internd a benign Soll polio Ite 's rmgionsre, & It famiglia vi habbia a are a feteggiare, & a foderf la fate de I! ombes = 2 cols manifelia, che ne le cafes alcune cofe # afpettano a la famiglia, & ale ne a quell cole che fon grate la famiglia. La eatglls ek quel, RG La Moglic, i figluoli, 8 i parenti, & quet che 3c bifoeno dl colloro vi Gaia 5 que’ che haranno cura de le cofe, i minife, i fmigh ;oltee a chei si ancora fono nel numero de la famigiia - Bifogea per amore de ta famiglia veri le coe per vivere, come fono le cofe da mangiore, & le coe che ee bifogni, le Velli, Je Armi, i Libri, & 7 Cavallé an ty Fue i tute & quell, It quale @ "Cavedio © Atrio che Ta diel il ‘ile con le i il "x deem ea, os eo sole 6) conoftono Ex per il cori fr la parte incipale: fopes il quale Rpondesnno eure alte mentna minor y come fe fille ee # del qual cortile non folamente (i eaverh commodith de It an LIBRO QUINTO,. my ma de lami ancora commodiffimamente. Er di qui fi vede che ciafcuno vorreb- be havere uno cortile fpatiofo , grande, aperto; bello , & accomodato. Ma al- coni fi contentano di un fol cortile: Alcuni ne hanno voluti piu; & quefti o egli li hanno cinti tutti a tomo di altiffime mura, o ne hanno cinto. una parte ci alte, & una parte di piu baile. Fr vollono che in alcun luogo fullino coper- ti, & in alcun Iuogo {copes in alcun luogo una parte feoperta y & alcra coperta, & in alcun luogo vi feciono loggie da un lato folo, in alcun altro a piu Tati, in alcun altro dx per tutto, & in alcun luogo le feciono con pil- chi, & in alcuno con volte. Circa a guefte cofe non hd piu che dire, che e's’ habbia rifpeto a paeli, & a tempi, & a bifogni, & ad ogni com- moditi, di maniera che ne paefi freddi fi rimuova la crudexza del vento Gree co, & I hiorridezza de la at del terreno, & ne luoghi caldi fi difeacci- no i molettiflini, & ardentiffimi Soli. Ricevafi lo fpirito del Ciclo. gratiffimo dx ogni parte, & quella abbondantia de la gratiffima luce che fi ricerca: & avvertiralli, che non vi arrivino vapori, fvaporati da terreni humidi, che vi habbino ad arrecare nocumento, & che i nugoli venutivi da luoght piu al- #1 non vi fi fermino fopra. Et fark in mezo del cortile I’ entrara, & lo an- tiporto honorato, non ftretto, non malagevole, non feuro. Et_ nel primo rie {contro fiavi_un luogo dedicaro a Dio con I" altare, accioche i forelticri che vertanno, incomincino I" amicitia con Ja religione: Ex il Padre de la famiglia chiegga a Dio la pace de la cafi, & Ia tranquillita de fui. In quefto luogo abbracciera egli chi verri a yifitarlos Et fe egli hark caufa alcuna rimefla in Jui da gli amici, le efaminerd diligentemente in quelto luogo, & altre cole fi- mili a queite. Con queite cofe fi confaranno molto le fineltre di vetro, le Joggie, & i terrazzi, da le quali polfino infieme ricevere con dileto & i So- li, & i-venti, fecondo Je ftagioni de tempi. Dice Martiale, che le fineitre volte a mezo gioto ricevono i Soli puri, & il giomo chiaro, & gli Antichi credettero che fulle bene por le loggie volte a mezo di: Percioche andando Ja flate il Sole piu alto, non vi entrano i raggi fuci, dove I’ inverno v" emtras no. Le veduce de Monti, che fono.s mezo giorno , ellendo i Monti da quel Parte , che c'fi veggono coperti d’ombra, & caliginofi per il biancheggiante vapore de Tati, non fono molto gloconde; {¢ ¢ foso lontial.. Ee lei medel mui ti fono piu appreffo, & che quafi ticafchino in capo, ti daranno le notti piene di brine, & freddiffime: ma fe ti fono coli commodamente vicini, fono ‘gratifimi, & commodiffimi , perche e' ti difendono da venti Auftrali. Il Monte verlo Settentrione , perche rinverbera i'del Sole, accrefee il caldo; al- quanto pia lontano & diliatifino onciola che per’lt ehiarerta de T aria, che foto tal regione di Cielo continovamente vi fta ferena, & per lo fplendo- re del Sole, da cui fempre & illuitrata , @ molto bello a vedere. I Monti a Levante, & cofi quelli a Ponente ti daranno le hore innanzi giomo fredde , % Baieoastaatolis G8 Brann vicisty ma’ asiencho fj faunas alge to lontani, faranno lietifimi. Similmente & i fiumi, & i laghi non fon com- modi quando ti fono troppo apprelfo, ne piacevoli fe troppo lontani. Et per | contratio fe la Marina ti @ lontana mediocremente , vi fono Soli & venti cat~ tivithimi: Ma quando ti & viciniffima, ¢ offende manco, conciolia che e’ vi per~ feveri aria pim lita. Da lonrano ci 2 ancor quefto che @ cola gratiofa , che ella accende il defidetio di fe feta. mpora niente aii meno da qual parte del Cielo tit dimoftri, conciofia che fe tu hai la Marina aperta da mezo di, 1 abbrucia; fe da Levante ti inumidifce; fe da Ponente, ti fa I'aer fsliginols fe da Serrentrione , ti da freddi grandiflimi . Del cortile fi entreri ne le fale, che faranno féconcdlo il bifogno de tempi aleune buone per la flate, & alcune je Jo inverno, & altre per dir cofi per mezi tempi. Le fale per la flare vorrebl no acque, & verzure di giardini . Quelle per lo inverno vorrcbbono effere cal+ de, & havere il cammino. L’ una & I’ altea vogliono effer grandi , allege 36 DELLA ARCHITETTURA isgenonel ali facilmente ci perfuaderemo,, che i = St hes lit) Per deta non come i nol, percioche a me de li Antico, ce dice » che fummicavand, le fonmitt de tetti. Qu Sesto sme ene in Errutia, & in Lombardia» vegsion ot che ft & offs i itr per tutta Italia, che €” ion ere nellum camino coy h che ufcille fopra i ‘erti. Dice Vitravio che ne le fale lo bg oe ale i Mipignere legaiadramente le volte, perche Gi ame re gon & cl a amt gto Andi singevano Ta vols foe fxm faoco,, & hibter, accio che quello, fro fattovs di la piturs pares ag Tare con imcteove erovo che gli ubvano legne purgatey & che ‘i | da fame TE hamavanacarbooi » & pet quello conto i legidi aaq fentona chee catboni eno pede di legnes accicche fy poll pede che eglino ufavano i caldani di ferro, & di rame dove e’ facevano, ch ean othe il cafo & a dignits rieeeava. Et forfe che chi and foldo, & che era avezzo fa la guerra, f come tutth erano infierne ad unig) i Medici che noi fiamo hon afwano. cammini. Ne ci eoncedono i mee a gap och Die Arion che gi animal anno le cage fode me mente Srido. Et. avvertifono coloro che fanno profelione di fimill ale, diame fivounti, che artendono a le fornaci, diventano quali tucti in vila & ne la pelle creipi, & grinzofi, & dicono che cio avviene da quota, Le vem Tate & uillele per il freddo, perdono quel fugo del quale fi genera Gah ME ek dikily mediame if fuoco, & fe ne vi ip vapor ie Guo Rifta Colchi, & in altri luoghi, dove 2 i neceffit valet del fin Fes fener de fea "ane a de Te gual fi craters a | Fomiamo a cimimini che bifogna fieno fatti a quelto modo. per tue 2 i neceia, che il cammino fia pronto, che vi capino intorna alla frinolos now si ti ventas habbit mite dimeno onde lca il fimo Aitamenti non falitebbe fufo ad alto, & perd non & facia un cantone, froppo fico dentro. nel muro, mon occupi ancora lo appareechio. prin fon fia moleflato da venti di fineltre , 0 di porte, non efea in bocca fuori del diritto del muro, habbia la gola grande, & larga da, deftra in fi & dinta a piombo, alzi' la tella fopes qualunche altezza dellx mutig Gueto ht perhe f figga & pevioll dello. abbruccisres. ancora actiole Fandovi tl vento peril percuotere in qualche parte del retto, non tit Sea ow pon amboedhi in gifo, Ik fmm i fat mars i » ma poi per il cal mi aa 20 Sen pia veloc tent sung ela gol det nee anale , 1! im i Gans ae ue es eae ain te ocaee ‘womb fe ela tropps aga on rede dl fooee chiara per it rivolal ag cof imcrsen ancors de famine. Guopra le el camming e pioggie, & faccinviti all” i t farting in fudlt Sf at Aeceoeal roel cs (ae Pa att cree imac nok ae cern iyreree ae Bnied pune ances ae Gn Lene ae uns cata i mes lage i wanes che ebbnel itched ume cats i came» eps mane che aBirical Je Ducts ie che guia come on tmone walt fy eohe a ent che foftane, Ge Commodi d anecheramne fe We'cims d¢ cami meters Io ommoti fi techno. in cima de cammini mera ao in ne a gola del camino s To sn'eke, per a quale | rcevad foot de Fea eae eae 48 ei pet nde esa fon Togna necommodan le cache, Rls defen dare sions 1s cae foams sccommodav Te cucine, & le dipenfe dove fi riponghino le ol > &ival, & le wovaglie, La cucina non vuol LIBRO QUINTO. fu gli occhi de convitati, n® anco troppo lontana, accio che i convitati pote no haver le vivande che gli fon portate né troppo calde, né troppo fiedde, & Gk & ballanen che non fentino lo Soapico de guatteri de le padelle» & ae catini, né la loro fpurcitia. Dove s'ha a pallare con le vivande, bilogna che vi fia T'andare accommodato, non vi piova, non vi fia cofa fporca, & che vi fi prove che le vivande non fieno diloneftate da fimili cole. Di fi le file G vane le ¢amere appartienfi a gli huomini dilicati & geandi, che non fieno le medefime Te fale per lo inverno, & quelle per la ttate. Sovyiemmi il detto di Lucullo, chee’ non bifogna che un huomo nobile fia peggio affortito che le grue, o Ie rondini. Ma noi racconteremo quello, che appruova in qualunche cof it di corlo de le perfone moderate. Apprelfo di Emilio Probo Hittorico io mi cordo haver letto , che appreifo de Greci le Moglie non compurivano a tavola y fe non ne conviti de parenti. Er che le ftanze dove ftavano le Donne, erano certi luoghi, dove non andava mai nelfuno , falvo i parenti piu fMretti. Et cer tamente dove hanno a flare le Donne, io penfo che bifogni che fieno luoghi non altrimenti che fe e' fullino dedicati a la Religione, & a la Caltith. Oltee a che io vorrei che fimili flanze dedicate a le Fanciulle, & a le Vergini, fulli- no dilicatiffime , accioche i tenerelli animi loro in fi fatce ftanze con manco tedio di loro Relfe vi fi tratrenelfero. La madre de la famiglia fark meglio in quella ftanza, onde clla poffa facilmente intendere quel che ciafcuno facia cali. Ma noi andremo dietro a le ufanze fecondo i coltumi de luoghi. Tl arito, & la Moglie debbono havere una camera per uno, non folemente per- che la Moglie nel partorire, o alquanto indifpotta, non dis moleitia al Marito: Ma accioche ancora la ftate pofla dormire qual fi fia di loro, fenza effere offe- fo da V’altro, ciafcuna camera hari la fua porta principale ; & oltea quella. vi fark un ufcio,, che andrh da I'una camera a l'altra, accid fi poflino andare a trovare I’un Valtro, fenza tellimonii: de la camera de la Moglie vadiafi ne Ja ftanza dove G ripongono Ie velti; & di quella del Marito in una ftanaa do- ve fieno i libel. I! Padre di famiglia elfenda motte vecchio, per havere bi- fogno di ripofo, & di quiere, habbia una camera calda , falciata intorno , rimo- ta da romori di que'di cafa, & di que’ di fuori. Et principalmente habbia la allegrezza di un camminetto, & I’altre cole di che hanno bifogno gli infermice fi pet amore de I’ animo, fi ancora per amore del corpo: de la camera di coitui G entri ne Ia ftanza dove fi ripongono gli argenti. In quefta ftieno i fix gliuoli: Ex in la Manza de Je vefti le figliuole, & le funciulle; & vicine a lo- ro ftieno a dormire le balie. I foreltieri metteremo in quelle camere, che faran- no vicine a lo antiporto, accioche ¢’ vi poffino fare, & ricevere chi gli vie~ ne a viftare, piu liberamente, & dieno manco noja al refto de la famiglia. 1 figliuoli di fedici, o diciafette anni, debbono ftare al ditimpetto , o non trop- fe lowani de, foretin Paes eli dimeftichezza, & trattenerli . la camera de foreitieri fi vadia in una flanza dove e° poffin riporre , & fer~ sare le cofe loro piu fecrere, & piu care, & cavamele 2 loro piacere. Di ca mera de figliuoli di fedici, o diciafette anni G entri in una ftanza , dove ftieno Je armis F macltri di i miniftri i famigli fieno in modo’ apparrati_ da Nobili, che ciafcuno habia un luogo conveniente, fecondo I’ effercitio fuo- Le ferve, &i camerieri ciafcuno ne le fue ftanze, non debbono effere tan- to lontani , che ¢’ non poffino fentire a un tratto, & eflere pronti a far quan- to gli @ comandato. I credenziere vorrebbe ftare preflo a la volta, & a la difpenfa « Quelli che hanno cura de cavalli, vorrebbono dormire a canto a le fialle: i cavalli, che fervono per i Padroni, non é bene che ftieno con que” che portano la foma; & fi tetranno in luogo , che non offendino col puzzo Ja eafa; & non fi faccino danno con lo azzutiarfi, 0 non gli poffa nuocere il fuoco per accidence alcuno. Il grano, & tutte Te biade fi guaitano per la humiditt, diventano lividi per ii caldo, allottigliani per i venti, & togshi m8 DELLA ARCHITETTURA i mpano. Dove tu gli vortai riporre adunque 0 in ee ee ake 0 29 amon pct zed SEG de Thuoge fa akutiffime, & quali nuove., Tofefy alferma che eh caving it luoge My buoni di fol apprelfo a Sibali, ftacivi piu di-cento anni . Song i inter icono che gli arat tenoti in Iuoght caldi, non fi gaattina 5 + qual i cneigo anno fi guaftano. prefta.. Dicono i Medici che 1 comp per la hive in aP0 4 une top a comomperti;& mediante 11 caldo poi, & cosrom pono. Se my aay in (uolo nel tuo granaio di loco fatto di morchia, & di arailla con ginetee ficdace, & paglia trita, battuto di gran vantaggio, vi fi menteranno le grae ina fodiffime & intere, & durerannoti piu tempo, n& ti noceranno i gorgoliy wy ti ruberanno le formiche. Que’ granai che fi finno per i femi, faranno fniglioti di mattoni crudi: a ripolligh di turti i femiy & di tutti i fruttiy & pis amico il vento Boreale, che lo Aultrale, & per i venti, che vi arriving, Fhe venghino di luoghi humnidi di donde voglia, fi gualtano per i gorgoll, & s'empiono di bacolini. Inoltre i legumi, che da qual fi vogha gean venta continovo fon tocchi, invietano. Fa a tuoi granai una crofta di cenere & di jnorchia , & malfimo dove tw hai a riporre le fave. Tieni le mele, ¢ fill in tavolati Fipollifimi & freddi. Ariftotile penfava che Je fi mantenelfino un ane ho in ot gonfiati. Turte fe cole fi guattano pet a mutatione de Varia, & id rimuovafene ogni lato. Anzi penfino che le diventino grinze pet il Vento Greco. La volta per il vino, lodano quella, che & forrerra y & ripollt, ancor che fieno aleuni vini che al Buio fvanifcono. Il vino, che fente i venti, che tirino da Levante, 0 da mezo di, & da ponente, maffimo nel vernoy0 ne la primavera i gualta. Se nz giorni caniculati & tocco ancora da venti Gres chi, f mutatione ; fe da raggi del Sole, diventa forte; fe da maggi de la La na, diventa graff; fe fi move punto, indebolifce, & fanifce; riceve il vino ogni odore, gualtadi per il puzz0, & fnervali: flando in Iuogo afciutto y & freddo, che itia fempre a un modo, dura molti anni. Il vino dice Cohumel= la, quamo pia fark freddo, tanto pin ftart meglio. Porrai adunque la Volks Per i'vind,"in Miogo Aabite, & che non fenta tomoei diveura: i fuot ile chi, & i lumi volralt da Levante inverfo Greco. Brutrure, & t mali odor ri, humidita, vapori groffi, fumi, fpiramenti d’ orti, © odor di cipolle li diieno lontani? eavoli, fichi domeltici, ¢ falvatichi, fieno al tutto lontani, & efclufi per of conto. Smaltavi lo fpazzo de la voli, & nel mezo_ la(ciatt ung catino dove ‘coma rurto qutllo, che pet mancanento ds Te bowi f ves fille, & quindi f ricolga. Sono alcuni, che fanno le botti di flucchi, & a materia murate con calcine. Ma le borti quanto faranno pia grandi, tanto tere ranno ill vino piu vivo, piu potente. Le celle per I olio amano I’ ombie calde, & hanno in odio i venti freddi, & fi guaftano per il fumo, & per filiggine. Lafcindt in dictro le cofe fporche chee’ dicono, ciot che ¢’ fi debe tenere il letame in duoi lvoghi, uno dove fi mette il nuovo, & I'altro ove tenga il veechio, & che e* gode del Sole, & de I’ humido, & che div arido, & vano per i venti. Faccia quefto a noftro propofito : quelle cae temono del fuoco , come i luoghi per gli firami , & quelle cofe che fone {por che a vederle, & ad odorarle, fi debbono feparare, & mettere difcoito I’ uot da I’ altra. De to fterco de buoi non nafcono le ferpi. Quefto non penld id che fia da lafciare in dietro ; Percioche, che poltroneria @ queita? Noi voglisy mo che a la Villa fi ponghino gli flerchi in luoghi i, & ripotti, acciom che nion offendino con il loro puzzo punto la famighia del lavoratorey & me le noitre eafe, & quafia canto al capezzale, ne le camere principali, (dose defi plivatty noi itiamo a pigliare ogni noftra quiete) noi vogliamo havere i cio’ i ripottigli di moleitifimi ferori. Se I” noma far malate ‘pin, « mente fi fervirs de la prccella, & d’ una catinella: Ma da. fant non perche caula tu non grudichi che e’ Ga bene timuovere tale nanfer. Ee LIBRO QUINTO. guardire fi gli altri uccelli, fi ancora principalmente le rondini, con’ q thidio, cerchino d’ havere lor figliuoli in un nido pulito. E' cola cetto mara igliofa di quel che ne avvertifia la natura. Conciofia che i rondinini {ubito c* han- no alfodate per Ia et le membra loro, non efcono del corpo fe non fuori del nulios fone i padei, & le matei che per dieotare piu dena Brus, portano viv con il becco le cacature de figliuoli. Io penfo adunque che ¢° fia bene ob- bedire a la natura, che ne avertifce bene. Che differentia joa infra le cafe de la Villay & quelle de le Cittd, de viecbi. Ex che Le cafe de mance ricchi fi delisuo affimigliare a quelle de pin vieebi , fecondo perd le ricebeaze loro. Ee che ff debe senrare per la flase pin che per U' inverna. CAP. XVIIL A le cafe per la Villa, & quelle per la Citta, de ricchi, fon differenti in quelto, che In Villa per ticchi ferve per una cafa per Ia flare, & u- fano te cale de la Citt, per difenderi piu commodamente da lo invernos EC reid pigliano di Villa ogni dilicatura , & piacevolezza di lumi, di venti, di i fpatiofi, & di vedute. Ma ne la Citth vanno dietro a le piu piaceyo- catezze de le ombse. Et per queito & a baitanza, che ne le cafe dentro a Ja Cited vi fieno tune le cofe necelfarie a la civilth, con dignita, & fanith & per quanto Ia itrettezza de luoghi, & Wabbondanza de lumi ce “Io compor- ta, 6 ufvrpino tutti i pizceri, & tutte le dilicatezze da Villa. Haranno certa- mente oltre a la larghez2a del cortile, ancora le I Tuoghi da farfi_porta- re, da palleggiare | & dilicatezze di orti, & fimili. Et {e quello non fi potea fare in un ptano {olo, facciati di fopra, adartando flanze fopra ftanze, fecondo i membri loro. Et fe la natura del luogo te lo conceder’ , cavinfi luoghi {otto terra, dove flieno i vini, gli olii, le legne, & la famiglia’ parimente, lopra de Je quali fi edificher’ con piu maiefta. Er fopra quette ancora fi aggiugneranno altre flanze, fe ve ne far di bifogno, fino a tanto che fi fla proveduto al bi- fogno de la famiglia abbondantemente. Le principali parti fi dillribuiranno a icipali bifogni, & le pia degne a piu degni. Finalmente G proveder\ che i luoght fieno ordinati, & feompurtiti, ne quali & le ricolte, & i frutti, & alitnteamens &c ulimamente tata ta malfeiia fi poll rporre. Non vi mane cheri dove fi habbino a riporte le cofe che fervino a facrifcii, ne dove quel Je che fervino ale donne. Sienvi ancora flanze che fecvino a riporre le velli per tdi de le felte, & al veltice de gli huomini ne giomni folenni, & per le armi da diendere ,'& da offendere, °& pet quelle cole che s afpetino al fare de le tele di lana, & per quelle che fervono al pateggiare, & a la venuta de foreltieri, & per quelle ancora , che fervono, & fono dedicate a rari uli, & bi- fogni de tempi. In altri luoghi debbono effere quelle cole, che fe n’ ha bilogno tuna volts il mefe, in altri quelle che fe n'ha bifogno una volta I'anno, & in altsi quelle cofe, che fe n’ ha di bifogno ogni giorno. Ciafeuna de le quali fe bene non pettanno effere tutte in loro flange appartate, bifogna avverize_ ale no, che elle fieno in luoghi accommodati, che tu le polfa vedere in uno fubito, & quelle maggiormente che fi adoprano piu di rado. Conciofia che quella co- fa, che fi vede ogni giorno , teme manco le infidie de ladri. Le muraglie de Je perfone manco riche per quanto comportano le loro facultadi, debbono af- foxighit a le ilesexie de Ia sala de sicchi, de {mitarle now dimeno con queita moderatione » che e* non voglino re per loro dileto, piu che ¢ fon poffono.. La Villa di colloro adunqueeiguatlera a bucis & belt Poco manco, che ala Moglic. Et vorri la colombaia, la pefchiera, & fimili cote non per dilicatezze, ma per cayame frutto. Adatteraffi niente dimeno la vila R © e DELLA ARCHITETTURA accioche Ja madee de Ja famiglia vi vadia piu volenter Soi avverzi a governare 11 cafa diligentiffimamente: ne ft detbe havere tan. B fifewors is uit, & a! cavarne, quanto che procurare a la (nit snnane to miper i tre cole. Quindo tu harai bilogno di mutare aria, dice Celio 31 a une yd invernd, Percioche noi ci alluefacciamo con manco. peti ice veesn de Varia ne I inverno, che ne la fate. Ma not andiamp di ftare in villa, piu che d’ altri tempi: & perd fi debbe avvertire che ella fig finifira, Ne Ie Cafe dentro a la Cit, bifogna havervi forro 1a bortegay pi Sein A (y fecsodo, Gnalimente che Tbucmo ft peniecs che conte « Be fue fperanze, & a fuoi defiderii ; & in un cancone di tre vie pigliers i fantonata: nel” Mercato, pigliera 1a refla; ne 1a via macltra pighera parte, che & piu vedutay né-f hark altro penfiero maggiore [alvo che ae Rilmente efpolla, ‘che ella aller i comperatori. Ne le muraglie da lo lato di Gentro non fark fconveniente I ufare mattoni_crudi , graticciy legnami, & cre bartuta, & rimenata con paglia. Ma le parti di fi che fempre Korey ce ea oe Ea net ote oe & che rel conro 3 le pice de tempi, & de gli huomini: & Phin Ha tuna cafa, & FP alera ti feral Fred ho oie ee rine grondiie h accotranno to. una feta deca, & per ofa fi manderanno fora t Bigs. Quel all chiafolin, che ricevone I aeque da duc bande, & led = St Eee nits tie ane’ ccace Pee fet on ets ee he ae ba lnpieceoca ee oe Ulamimence taro quello the di quete haar Se oemanane ed jebba riandare inf i ino Soto! Gunle furl de ot SaRGh cite rorioes cha toe pact ee gil ecdldcanl Ge faochi-" Cuelle che fano, per efiete pote an eee re de tempor: Quele, che dcbbono fe pin (ere Quelle oe aoa uelle : on Bono fens omer» bibgra che (faci in volta «Trt le habitation & me. Quelle faoae «hanno di Bivogno Fee ea a ora, o la fe i ic i e oe ye bre inane che guarding veo Levan equtotale. Quelle fa Bele GL Ih oars t Ga ee ee eee Ee dich can tee Ge oe the non vataino come tatsviene a Pitees a oli Seta, & sun Salat Hx tall, aulimcd vee sei reece ee eee per It Rate che ccevino,y veo Grechis quelle per T saver. vols ‘net beth fate he siccrno | ven Grechls quelle per I" invemo vole «ei giorno sauce pet Ia primavera & per lo autunno voltale a Levante. Fa che ets fle per a ‘primavera wong vero Ponente. Et fe Gaase’,_principainente per la Mates 8 heeds or el ae es a fanze, Princpalmente per Te fate, & ferondo me oh mura, muni pet Bes gall & fg. Percochs alo invero @ provede ‘aciimenty fay Betina i Trare, & accendese il fico Cont al clo bifognano mole ee Fiat tle nom govano gi empre a baltanza, & percid fa the le dance Pet ter tie dealer daetecae ened, kite te cell fe eno larghe » aperte, fpatiofe, & fa che ricevino i. vent ma on v' entrino nt 1 Soli, ne le vampe loro. Gran quit daria ri wufa i a abe Gute pons ngs ta fanaa grande a fimilitudine d°una gran quancien d! 3 x0 alquanto_ meglio, DEL DELLA ARCHITETTURA DiI LEONBATISTA ALBERTI LIBRO SESTO. De ba difiented, & de lis ragione de fa de I Autore: donde & raccoglie . ‘quo fudio, farica, & ‘nds ali baie pote a ferivere quejte cof. CAP. 1 N: cinque pati libri habbiamo trattato de difegni, & de la materia de le opere, & des molcutine de Maci» & Gi quelle cofe, che eva fi apparteneifero a bene fabilie gli edifcii pablici, & privati » i faerd avelfino 2 ellere i facti ancora, & i fecolari; di mamiera che eg! atti da porer contro le ingiurie de tempi, & accommodati ciafeun di loro. loro ofc fecondo che ricecano i temporaliy i luoghiy gt huomie ni, & le facende, & ne parlammo con quella diligentia, quale ta puoi vede~ re in detti libri, talmente che nel trattare di fimili cofe non la defidererai mol- to maggiore . Con fatica, 0 Dio , piu grande, che io certo alcuna volta, pot che havevo prefo tale affunto, non harei forle voluto. Occortevanmi certo con- tinove difficultadi, & dello efplicare le cole, & del ritrovare i nomi, & del rrattare de la materia, che mi sbigottivano, & mi facevano ritirare in dietro da I’ imprefa. Da I*altro canto quella ragione che mi haveva inclinsro_ a dare Principio =, Fopers, la medefima mi richiamava, & mi confortaa a, foquitar- = Percioche ¢* mi fapeva male, che tante gran’ cofe, & tanto eccellenti av- vertimenti de gli Scrittori, i perdeffino per Ia ingiuria'de tempi; di maniera , che a pena un folo di fi gran naulragio, cio® Virruvio ci fulle rimafto; Scrittore veramente , che fipeva ogni cof, ma per la lunghezza del tempo in modo gua- flo, che in molt Iuoghi vi mancano molte cofe, & in molti ancora molte pin cofe vi fi defiderano. Oltra di quefto ci era ancora, che egli non haveva feritto molto cmatamente. Conciofia che egli parlava di maniera, che a Lati- ni pareva che e* parlaife Greco, & a Greci pateva che egli parlaife’ Latino; Ma Ja cofi fella nel dimoftrarcifi fa teftimonianza, che egli non parld né Latino, nd Greco; di modo che egli ® ragionevole, che egli non ferivelle a noi, poiche gli ferife di maniera, che noi non lo intendiamo. Reftavanci ghi efempii de Je cofe antiche ancora ne Tempiiy & ne teatri, da le quali come da perfett ‘Macltti fi porevano imparare molte cofe; ma io le vedevo non fenza mic lacti me confumarfi di giorno in giorno. Et vedevo coloro, che per aventura edifi- cavano in quetti tempi, andare piu prefto dietro a le pazzie de moderni, che diletarfi de la verith de le opere lodatifime. Per le quali cofe, non era neflu- no che negalife che quelta parte de la vita, per dire cofi, & de la cognitione non fuile per fpegnerfi del tutto in breve tempo. Er perd effendo le cole cofiy io non potevo fate che io non andaffi penfindo fpello, & piu & piv volte meco efaminando di delerivere dee cole. Et ne'lo andre’ efiminendo. cole tanto_grandi, tanto degne, tanto utili, & tanto neceffarie a la vita de gt huomim , non giudicavo che e* fuile da farli beife de le cofe, che a me, ¢ volevo fcrivere, mi fi faceffino fpontanamente incontro. Ex penfave che — of Ri icio a2 DELLA ARCHITETTURA seal & fiudio%, Jo sforzarfi di liberare quefta fientia Bio a huome ds Peet Antichi fimarano alfa, da la fur anoicblioney & ta Et. whit favo in dubio, & non mi fapevo rifolvere, fe io tirallt dietta a imprefa, o pur me ne toglicf giufo. Vincevami molto al fine 'amore dt ee ers, & fa cart di tat thudity a quel che mon fulle taro a balun Jo ingegno’ mio, fopperiva uno ardente ftudio, & una incredibile diligentia, Non err cofa aleuna in alcun luogo. de le opere antiche che vi ritplendelfe a. fcuna lode, che io fubito non andatli inveltigando fe jo da ella potell imparate Goh alcuns. Andava adunque inveltigando, confiderando , mifurando , & dife. gnanlo con pittura ogni cof, non ne lafeiando aleuna indietso in alcun huss 10, fino a tanto, che 30 have conofciuto interamente, & po'leduro tutto que Fe the da qualunque ingegno o are in fi fart edificit falle Mato mello in ra. Et in quel modo alleggerivo Ia fatica de lo fcrivere con il. detiderio y & ‘con il piacere de lo imparare. Et yeramente che il raccorre infieme, & ractone tare con dignith, & collocare con ordini ragionevoli, & ferivere con accurata file, & moitrare con vere ragioni tante varie cofe, tanto difuguali, tanto dif perle, & tanto sliene da !’ufo, & cognitione de gli huomini, era al tuna Offtio di huomo di piu qualiee, & di maggior dorrina, che io in me non em ok, Non rl peo, 6 non mi dogo pant dime et Soho peti feguito quel che io haveva ordinatoy che coloro cio’ y che leggerann hab no piu caro, che nel mio dire io riefca loro piu rolto facile che troppo elo: quente. La qual cofa quanto fia difficile nel tratrare fimili cofe, lo conofona iu facilnente coloro, che ne hanno fatta efpetienza, che non lo credono ¢oe fbro.che non baono Clpeceeta sieune Et fete;vom mai wgtea, Je cole gi noi habbiamo feritte, le habbiamo feritte di maniera, che non fi negherh che Je nbn fieno fcritre fecondo le regole di quea lingua, & intenderannofi ancora aii bene. Quito medefimo in quelle cole, che teguitano, ci ingegneteno, di fare pee quanto porranno le forze noltre. De le tre parti, ‘che fi afpertavano a tutte le forti de gli edifici, accioche quelle cofe, che noi muralimo, fuffina accommodate fecondo i bifognt, fildiffime per durir gean tempo, & gratiolilie me, & piacevoliffime , efpedite le. prime due, ci rea a efpedir Ia teres di ; fiw piu che tutte I’ altre, & molto necelfiria . Dilla Uellezza, & de to ornaments, 6 de te cofts ebe da offe procedons, & dele toro differentic, & che egli fi debbe ed:ficare con rigvont were © che fea il padre, & To alumna delle Arti. CAP, 1h P Enns veramente, che Ia gratia 8& In piacevolseza non divi daltronde che da la bellezea, & da Jo ormamento y indorti da quello, che & nom fenrono che fi truovi alcuno tanto maninconico , tanto groffo, tanto toz0, & tanto villano , che non gli piaccino grandemente le cofe belle, & che nom vir di disteo, lafciate turte le altrey ale piu adome, & che non fia offclo. dil Je Beane. & che non feacci vin le non omate, & ‘abiette, & che non fi a ‘Yeuga del mancamento di qualunche cofa ,. & che non confeihi, che gli manchi: uno certo che, che fe quella tale opera I" havelle, farebbe piu gratiols, & pill dogma. Bifogna adunque (cerre , & andar principilmente dietro's una digeilima bellezza, & Coloro, maffimo , che vogliono , che le loro cofe fieno grate Quia™ 10 1 nollsi maggiori, huomini prudentifimi, ftimarono che fi davelle haver c= FE fguela cola, Jo dimottrana Gi I altce'cofe, fi ancora Te loggis la rilitt» Je cofe ficre, & tutte le cofe publiche. Veramente egli & cofa incredibile 2 dir Fe quanto c's’ aifaticarono di farle ornarifime , come fe gli avellino volutay he eff flle creduto,, che levasi ai fi fte cole (lenas fe qual sopens Po teeb: LIBRO SESTO, a3 trebbe flare la vita de gli huomini ) gli apparati, & la'pompa, elle farebbotia fee coe um temo che at Goes ac i eae ea ale bale al ciclo, & nel rifguardare le maravigliofe opere di Dio, ci maravighamo piy di lui, ‘mediante Ie cofe belle, che noi vepziamo, che’ mediinte la utilita , che ne fentiamo. Ma perche vd io dicendo fimili cofe? La natura fteila de le cole, il che fi puo vedere per tutto, non refta mai I' un di piu che "altro di feherzare con Infcivia, dieiro al troppo piacere de le bellezze . Lafcio I’ altre cole indietro, & quel che ella fa_nel dipingere j fiori. Che fe fimili Bellezze defiderano in cofa alcunz, 1” edificio veramente ¢ una certa cof, che non pud flare fenza effe in modo aleuno, talmenre che & coloro, che fanno, & gh i gnoranti ancora non ne rellino offeli. Che cola & quella, che ne faccia muove- Fe per una gran maffa di Pietre mal formata, & male acconcia, fe non, che ‘Tanto quanto ella @ maggiore, tanto piu biatimiamo la fpefs gittata via? & vie tuperiamo I’ inconfiderata libidine de le ammontate Piette? L” haver fatisfitto a da neceffita & coli leggicre, & di poco momento; I" havér havuto rifpetto a la commodita, non é cola Nf dove la brurtezza de I’ opera ti offenda. Aggiu- gnefi che quefta fola, de la quale parliamo, arreca non piccolo aiuto & a la commodith, & a la’ eternith . Percioche chi fark quello, che nieghi, che non fia molto piu commodo I habitare in un edificio ben farto, & adorno, che raccorfi dentro a muraglie brutte, & abbiette? O qual cola f pud fare da nelfuna arte de gli huomini tanto ftabile, che fia affortificata a baltanza con~ tro all" ingiuria de gli huomini? Et la bellezza fola imperrott gratia da gli “huomini ingturiofi, che e' modereranno le flizze loro, & folferiranno che non Je fia fatto villania. Ma io voglio ardire di dire queito: Nefluno lavoro per neilun’ altra cofa pud giammat eller piu fictiro da le ingiurie de gli huomiini , & parimente illefo, quanto che per la dignith, & venuith de la fua bellezza, In queto fi debbe porre ogni cura, & ogni diligentia, & a queiio referici ‘ogni fpendio ; di maniera.che quelle cofe, che tu farai, feng & wii, & commode, & ancora principalinente omatiffime, & percid gratiofiime , tal- mente che chi le rifguarda habia ad haver caro, che non fi fia fata in alcuna cofa maggiore fpefn, che in quella. Ma che cofa fia bellezza, & oma- mento da per fe, & che differentia fia infra di loro, forle lo intendere- mo piu aperramente con lo animo, che a me non fara facile di efplicarlo con le parole. ‘Ma noi per efler brevi la diffiniemo in queito modo, & diremo, che 1a bellczza & un concerto di tutte le parti aceammodate infieme con propor tione, & difcorlo, in quella cofa, in che le firitruovano; di maniera, che e° non vi fi poll aggiugnere, © diminuire, o mutare coli alcuna, che non vi fille peagio.. Ec € quelta certo cofa grande, & divina: Nel dar’ perfeione a la quale fi confimano turte le forze de le arti, & de fo ingegno, & di raro & conceifo ad alcuno, ne ad efla marura ancora, che clla metta inanzi cola aleuna, che fia finita del tutto, & per ogni conto perfetta. Quanto & rato (dice colui -appretfo di Cicerone) un bello Giovinetto in Atcue. Intendeva quello ferutatore de le bellezze, che 2 coloro, ch’e’ non lodava, mancaffino , © avanzallino “alcune cole, le quali non fi affsccendo ala fomma, & inteta bellezza , 4 potevano (s'io nan _m' inganno) acquiltarfi per via de gli ornament con lifciarfi, “& con il coprire fe eglino havevano cofa alcuna bitta, 0 con ttinarli, & pulirfi le cole piu belle, accioche le cofe meno gratiole offendef- lero manco, & le gratiofe porgellero. piu dileto. Se quello fi credera coli, fari certo Jo ornamento una certa lice adjutrice de Ia Bellezza, & quaft und {uo adempimento.. Mediante quefte cofe penfo io che fia manifeto, che la bel- leeaa @ un certo che di bello, quali come di fe itelfo proprio, & naturale Gulfulo per rurto il corpo bello, dove lo ornamento pare che fia tin certo che Gi appiccaticcio, & di attaccaticcio, piu toto che naturale, 0 {v0 propio. Di nuovo i retis a dir queito: Coloro che murano di maniera che roma cae le DELLA ARCHITETTURA , He Geno todate, il che debbono voler tutti i Gvii, coftoro lor amumagie Gen vos’ Appattienfi a Tarte adunque il fare le cole qng Pilane vert. La buon, & vers muraglia adunque chi neghers. che 6 pote pisione ver sadianee Tarte? Et veramente quella ftella parte che fi Be a helleesa, & circa Fomamento , elfendo la principale di tute, Gia gran Gano fe ella hark in fe aleuna potente ragioney & arte che chi Fe Ee belies fats Ieloechiffmo.. Ma'e™ ci fono alcuni che non apprvovana Teale, & che dicono che lia 2 una certa varia openionc, con Ia ho! facciamo. giudicl de Ia bellezza, & di tutte le muraglic, & che la form dg edifis 'muta fecondo il dileto, & il piacere di ciafcuno, non fi ile gnendo dentro ad alcuni comandamenti de la atte. Comune difeto de gli gna: Find @ il dice che quelle cofe, ehe non finno loro, non Geno . To giudica the ‘e’ fia da levare via quello errore: non piglio gia affunto, che io giudichi che €°fi vadia dietro ad ‘efiminare lungamente, da-quali_princpii_venilero le ag fi, dh quall ragioni filler ordinate, & pee quali cole erelclfero . Non fae re di propofito, che if padre de Je arti fu il cafo, & il conofcimemo; falunno di-effe fa I'ulo, ‘& Mefperimento, & che crebbono mediante Ix tione & il difcorfo. ‘Colt dicon che Ia Medicina fu trovata in mille am Ga-mille militia d’ huomini, e cof Tarte del navigare e quali tutte I'alte fare ellere crelciure da piccolifim! princi. i m4 Che I Architeterra comincid im Aft fori in Grecia, © in Teale ¢ emma @ erfstione ‘approvatifona . GAP. IIL * Arte edificatoria per quanto io ho potuto comprendere da Ie cofe de gli L AAnsichi fparte (yer dive coli) la lofivia de faa prima adolefcentia in Afia. Dipot fiori appreifo de Greci. Ultimimente acquilld la approvatifam fua maturiti in Italia, Conciofix che 2 me pare coli verifimile: Poi che Re di quel tempo per la gran copia de le cofe, & per Ja abbondanza de lo gtia, pol che ’ confiderarono fe, & le cofe loro; le ricchezze, la maielt de Jo Imperio, & la grandezza, & che ¢' fi accorfero che egli havevano bilo: , | gro di cafamenti maggiori, & di piu adome mura; Cominciarono ad Gietro, & a raccorre tutte quelle cofe, che a cid facellino a propolito; & at Gioche (poten haver maggiori, & piu honorati edificil, fi prefono. pert inza di por le coperture con legni grandiffimi, & di fare le mura di nobili. Un cofi fatto lavoro dimoftrd grandezza & maraviglia, & ea i fo aratiolo. Et dipoi havendo fentito che forte le murag preciine lodate, Et penfando che 'l principale officio di un Re fulle if fare quelle cole, che non potellino eller fitte da privati; Dilertatifi de la grandezza de le oper cominciarono eff Re a contendere infia di loro. con ir flutioy tare pilcorione infino a Ia pazzia di inalzare Je Piramidi. Credo veramente ufo del murate habia porto occafione, per la quale efi fieno accorti in gt pate» che differentia fia tra I"haver ordinato che le cofe fi mutino com Rane Pils che con un’ altro y & fimilmente del numero, fo, & i elles impararono da quelte pislaea piacere de Je cote piu geatiole, Jafciare flare le eno gratiate.. Succeffe di poi la Grecia, la quale fiorendo di buoni f ECihuomin’ eruditi, & ardendo di defidesio di farfi_addorna , pes ei le altee cofe., fi principalmente il tempio. Ex di qui ‘comincid a guardare 1 Shere de gli Alii, & degli Egittii con piu diligentia, fina a tanto che @ iccanobbe che in Galili cole G lodava pis E'nine de gli eds che lee ais + Conciafia che le cofe grandi pollono effere fatte da Ricchi: Ma ‘Tele cole , che non fieno biatimate, fon veramente fatte da gli ingegnoliy & - i LIBRO SESTO. 15 da quelli, che meritano d'elfer lodati. Ee per quefto la Grecia fi pensd che fe le dovelle appartenere, che prefo male alfunto, ella havelle a sforzari, poi che ella non poteva equiparari a le ricchezze di coloro, almanco di fupérargli pee quanto ella poteva di prontezza a’ 10. Et comincid fi come tutte le altre arti, cofi ancora a ricercare quefta de lo edificare, dal grembo de la natura, & a cavarla in luce, & a maneggiarla, & a conofeerla tutta, confiderandola, & contrapefandola con fagace indultria, & diligentia. Ne fafcid coft alcuna in dieteo in rigercare che differentia fille infra pli edificit lodati, & infra i meno lodati. Ella tentd. ogni cola: andando, riveggendo, & repetendo le pe- date de la natura, mefcolando le cole pari a’ le impari, le diritte a le torre, Te aperte a le piu olcure, confiderava innanzi, quali come che e' dovelle de Ja congiuntione infieme del mafchio, & de la femina relultare un certo che di terzo,, che delle di fe fperanza da far bene per il deftinato officio. Ne re= ft ancora ne le cofe minutiflime di confiderare piu, ¢ piu. volte tutte le par- ti, in che modo itelino bene le da dettra con quelle’ da fy fitira, le site com quelle da addiacere, Je vicine con le lontane, aggiunte, levd via, ragguaglid Je maggiori a le minori, le fimili a le diffimili, le prime a le ulime, fino a tanto che ella dimoflr® chiaramente , che altra cofa fi lodava in quelli ‘edificii, che havevano a invecchiare, pofti come per flare fempre eterni, & altra in quelli, che fi fibbricavano come che non havelfino a fervire quafi a cofa al- cuna, ne fatti per alcuna grandezzi,, o maielli. Quefte cofe feciono i Greci « 2a Talia in que! fuoi principit havendo folo rifpero a la parfimonia y deliberava che negli edificii dovelfino effere le membra come ne gli animali: Si come verbi gratia nel Cavallo, ella giudicava che di raro aviene che «ffo animale non fia commodiflimo a quelli fteffi bifogni, per i quali fi loda la forma de faci mem- bri: la onde age che la gratia de 1a bellezza non fi trovaile mai fepax rata, o efclufa da ta giudicata commodita de bifogni. Ma acquiltatofi poi I’im- rio del Mondo, ardendo di defiderio non manco che la Grecia di adornare Je ec laine toestet che pataiize. enta gant la piu bella cafa de 1a "cit di Roma non che oteenelie il primo luogo, ella non ortenne pure il centefimo. Ex abbondando di una incredibile copia di ingegni, che in tal cola fi clercitarono , truovo che in Roma fi trovarono a un tratto infieme fertecento Axchitettori, I" opere de quali per i meriti loro a gran pena lodiamo ranto che bat. Et fopperendo fe force dello Imnpetio a Qulinza.a. qual b voglia maravigia di mutaglie, dicono_ che un certo Tatio (pendendo folamente del fuo, dond a que’ d’ Hofia fufe murate con cento colonne Numidice. Et ef fendo le cofe di quella maniera, piacque loro di congiugnere la gran dezza de potentifini Regi infieme con la utilitt anticay di modo che la poca fpeli non detraeife cola alcuna a Ia utilitl, né la utiliti'non perdonaite a le ric~ cieiae 0G remanels al grpenins 0 quello, che fi porelle invelti- gare in alcun luogo, che arrecalfe {eco dilicatezza, o venuila. Ultimamente non fi elfendo lafciata indietro mai in alcun luogo qualunche cura, & dili- gentia de lo edificare , ne divenne tanto eccellente quefta arte edificatoria , che ella non haveva cofa alcuna tanto fecreta, tanto afcofta, & tanto ripofta del tutto, che non fi invelligaife, non ufcifle fuori, & non venifle a luce, me- diante 1a volunta di Dio, & non repugnante a efla arte. Conciofia c' havendo I’ arte edificatoria il fuo antico feggio in Italia, & mafhimamente appreifo de Tolcani, de quali fuor div que’ miracoli, che fi leggono de i loro Re, & ancora de la- berinti, & de fepoleri, fi truovano_alcuni {critti antichiffimi, & approvatitli- mi» che ne infegnano il modo del fire i Tempii, fecondo che gli ufwvano i Tolcani anticamente : Havendo dico il fuo antico feggio in Italia, & conotcen- dofi 4’ effervi ricerca com grandiffima initantia, & pare che quella arte fi sfor- zalle quanto piu poteva, che quello Imperio del Mondo, che era honorato da turte V'altre virtut, diventaile mediante gli oruamenti di fe itefla, ancora molto piu DELLA ARCHITETTURA ‘Adunque ella diede i fe ogni cognitione , & notitia, teneniy. del Mondo, & lo fplendore de le genti, Fe ae ie “de le opere da coloro. che egli havelle a” ed fupera «Ec a ehe fate racconterd fo piu i Porc» Tene ii, i Porti, i Teatri, & le grandiime opere de le Stufe; nel far de le qua Br cofe fono Mati tanto maravigliofi, che alcuna volta quelle ttelle cofe che § vedevano in elfere, fatre da coftoro. niin’ Architertori foreiticri 3 no che fulle poffbile il farle? Che piu? io non vo dire, che nel far de le fo. ne non fopportarono che vi mancaife la bellezza, & de gli ornament fi de jerarono di manicra, che per quelto conto folo pare che e’ renellino per colt bella fpendere prodigamente le forze de lo Imperio, cio’ ne lo edificare per haver dove commodamente e’ poteffino aegiugnere ‘omamenti. Si che fee efempii de palfati, & per quel che ne infegnano color che {anno a il continovo ufo fi @ acquiftate inter cognitione di far le opere marsvigliole; da la cognitione (i fono cavati_precetti approvatifimi , de quali, non debe ‘ Finalmente per conto alcuno far beife coloro che non vorranno (il che doviae so non volere tut) melo eifcare elf enatipuzzi« Quel come pet nol i prela, habbiamo. noi a raccorre, & e(plicare fecondo le forze de lo ingegro salve De: gl sminaetemnesn chuguete eine densiMand Ses dono I’ univerfale bellezza, & gli omamenti di titi gli edificii, & alcuni comprendono quella de le parti membro per membro. I primi fono cavaci dal meso della Fiolofia,, & adanad a inditiecare, aa leoeformare il modo, & Jn via di quefta arte: Gli altri poi da la cognitione, la quale noi dicemmo (per dir cofi) pulita a regola di Filofofiz, produffono I’ ordine de I’arte. Dinh prima di quelli, ne’ qualt apparifce piu I’ arte: & de gli altri, che abbraccia~ no il tutto in univerfale, mi fervird per epilogo. Che 0 de lo ingeguo, 0 de la mano de la Artefice fr inferife il decoro, oo Iam. memento in tatte le cofe: de la regione, @ del fire, @ di alenne leggi faste dec gli Antichi per eapione de Tempits od” alenne altre eofe degue d” effir norare, ma difftili a crederfi. CAP. 1y. Uel che ne Je belliffime 5 & ornatifime cofe arreca fatisfattione, quel cero nafce 9 da Ia fantalia, & difcorfo de I’ ingegno; d da {a mano de Panefice, 3 vero @ inlerto in efle cofe rare da la natura. A li & apparerra la elettione, la ditributione , & la collocatione y & fimili alte em fe, che arrecheranno digniti a I’ opere: A la mano lo accozzar infieme, il met tere, il Jevate il tor via il tagliare atoeno , il pulimentoy & 1° altre cole fe mili, che rendono I" opers gratiofe. A le cole & inferto da Ja natura la gee veeza, la leggetezza, la fpellezza, la purith , contro I'invecchiare la virtdy & altts cofe fimili, che fanno I’ opere maravigliofe. Debbonfi quefte tre cole condo I! ufo, & I" oficio di ciafeuna accommodate a le parti. Le parti da 10 fall @ confiderano diverfimente. Ma in queflo Iuogo ci pare che'l' edifcio hubbis a dividere in quetto modo: > in quelle para per fe quail tutt; gil el ficii convengono infieme, o in quelle, per Je quali fon I un da I’ altro diffe renti. Nel primo libro vedemmo che qual (i voglia edificio. haveva bife regione, di fito, di {compartimento , a mura, di coperture, & di yani. In qucite cofe adunque convengono infieme ; ma in quette altre {ono difierenlls che, quiuni fono facri, alcuni fecolari alcuni publici, aleuni privay Curt Fatti pee necelfitk , alcuni per piacere, & fimili. Cominciama da quelle soles ne Ie quali e’ convengono infieme. ‘Quel che la mano, oT" ingeago de H" uomo polls arrecare di gratin, © dighita a 1a regione, apena fi die fer 136 piv maravigliofo. LIBRO SESTO. 137 feerne> fe git non giova lo andare imitando coloro, che vanno efiminando que? fupzcititioli miracoli de le fabbriche, che fi leggono. T quali non dimanco non fo= no biafimati da gli huomini favi, fe quetti tali fi faranno mefli a fare cofe commo- de; & nom ne {ono lodati fe elle non fono neceffarie , e bene veramente : Percioe che chi fark mai tanto ardito di promettere , fulle egli chi f voglia , & Staficrate, come dice Plutarco, 0 Dinocrate, come dice Virruvio, di fire del Monte Ato la elfigie di Aleffandro, in la mano de Ia quale fuife potta una Citta capace di dieci mila huomini ? Ne loderd jo certamente la Regina Nitocri per haver’ ella con imi folli sforzato I’ Eufrate a girare attomo a la medefima Citta de ght tre volte con molto viaggio; fe bene per la profondits de le folfe ella rendé la regione fortiflima , & fertilifima per I abbondantia de l'acque. Ma diletini i porentiffimi Re di queite cole, congiunghino i Mari a Mari ta- glino lo fpatio, ch’ & infra I’ uno, & altro: pareggino i Monti a le Vallis faccino ole di nuovo, & congiunghino V’ Hole con la terra feria, non la feino cofa nefluna a gli altri da potere effere imitati, & con (i fatti’ modi la- fcino memoria di loro a pofteri. Veramente che quanto piu fi vedr, che I" opere loro fieno utili, tanto pin faranno lodate. Coftumarono gli Antichi di arroger dignita a’ luoghi, & a le regioni con bofchi {acrati a gli Dii, & con Ja. Religione. fo ho letto, che cutta la Sicilia era confacrata a Cerere: ma la- feiamo andare quelte cofe. A me piaceri grandemente, che 1a regione fia do~ tata d’ alcuna cola maravigliofi, che fia infra le cole rare unica, & di. vired miracolofa, & nel fuo genere eccellente, come per modo di dire, fe ella per aventura fara qd" acre temperatiffimo, piu che tutte I” altre, &’ contino~ vato d’ una ugualith incredibile , come dicono, che @ Meroe, dove gli huo- mini vivono quanto ¢' vogliono; 0 come fe quella regione producer’ alcuna cola non vifta mai altrove, & da efler da gli huomini defiderata, & falutifera, quale & quella, che produce I’ Ambre, 1a Cannella, & il Ballamo ; 0 come Win lei fam Gualche Korea divina, come 2 nel toreno de Tr ale, Euboss, che dicono che non produce coft alcuna nociva . Il firo , elfendo egli una cere ta determinata parte de la regione, fi fara bello di cute quelle cofe, che ador- nano la regione. Ma la natura de le cofe preiteri piu commodith , & faranno piu ate a fire molto piu celebrato il fro, che la regione; Percioche e' fi truovano cole, che in molti modi arrecano maraviglia grandiffima , come fono Promontorii, Pietre, Montagne alttfime fcofcefe , & fpiccate , Caverne d acque, Antri, Fonti, & fimili, vicimo a quali meglio che altrove , i fabrica rifpetto 2 An maraviglia, che di fe rendono. Ne ci mancano alcune veitigic i qualche antica memoria, inverfo le quali la conditione de’ tempi, de le cole, & de gli huomini, ha caulato, che tu non puoi voltare ne gli occhi, ne la mente, za maravigha. To lafcio flare il Iuogo, ove fu gir Troia, & i capi Leute macchiati di fangue, & i campi preifo’ al lago di Perugia, & mille altsi fimili Ma quanto le mani, & de gli huomini giovino a queita cofi, non dird 30 cosi ficilmente . Lafcio I! altce cofe piu facili: T platani portati per Ma~ ze fino ne I’ Mola del Triemito per adormare quello fito, & le pofte colonne da i grandiffimi huomini, gli obelifei, gli albert, accioche da’ potteri _fieno iguardati con veneratione. Come lunghillimo tempo (i mantcnne ne la fortez~ za di Athene quello ulivo piantatovi da Nettunno, & da Minerva. Lafcio le cofe mantenuteli lunghilfimo tempo , & da vecchi date manualmente a” potteri , come apprello di Chebrone, dicono de I’ arbore, che produce la trementina 5 if quale durd dal principio del mondo infino'a tempi di Tolefo. Giovers certo gcandiffimamente ad adornare il fito, quel che e’ dicono (inventione eccellente certo, & molto altura) cio’ che per leggi prohibirno’ che nel tem- pio de laDea Bona non potelfe entrare nelfuno malchio, n@ in quel di Diana nel Popise, Pattitio, et appreiio a Tanagea, che nelfuna donna porele entrare nel co facrato, né manco piu adentro ne penetrali del cempio di Herston s 338 DELLA ARCHITETTURA folamente per facrifcare po ecient: ee ie ate in doe lucie ets Ci ware nel font iy a a fogna maggiore di Roma, dove (ono I" olla di | ol Prigres, Et lopra aktuno tempietro {crillono, che enon pillo, Petia cantoniera.. In Greta nel tempi di Diana ‘nom pote Ae jeinon a pie nudi. Ee nel tempio de la Dsa Marita non ff genare una Stava. A Rodi nel ter one non poreva enreare Grore. A Tenedo nel tempio di Tennio non poteva entrare il fonatore pica. Del tenpio di Giove Alfio non era le-ito ucire (prima non § Kvrifcava. In Atene nel tempio di Pallade, & a Tebe in quel di Venere Wi fi poteva portare Elleras Nel tempio di Fauna non era lecito. (non che tro) hoitinare il ving. Et ordinarono che la porta lanuale in. Rota’ oq feraife mai fe non quando era guerra, né che il tempio di Tao. sap quando eta pace: & vollono che il tempio de la Dea Horta file. fempre = Se noi vorremo imitare alcuna i quelle cote, faria forte bene che Eel uno edito che le donne non potefino entrate ne tempii de Martti, ap gi huomini in-quegli ‘de le fine Vergini. Olrta quelto. quella & cet taf Gigniflroa, pur che ella fia fata da Jo ingeyno de gli liuomini , che quando Jeggiamo tion ci perfuaderemo git mai chr ella poreile elfece coli itt, non vedellimo in'aleuni Iuoght ancor hoggi alcune vofe fete fimili. Sono d uni, che dicono che per arte de gli huomini & ato fatto, che. in Colm, pees Je Se non moon, a pont che ina ie urs non i Je mulachie. ‘Ec in quel di Napoli non @ fentono cicale. In Candia. non Mf no cee Ne LHe Rove alti Ache non ena vc ae no. Ia Roma preifo al Foro Wourio nel’ tempio d’ Hercole non. entra ne fas mt ane 'Ma che cof marvgita& gull, che a tempi nll = | “ che in Venetia nel Palazzo publico de Cenfori non entra forte alcuna di to fhe? Eta Toledo ne ha publica beccheria in tutto I'anno non vi fi mai piu che una mofca, & quella norabile certo, per Ia fua bianchezza. Tall cole mole certo & infinite, che fi leggono, farebbe qui Tungo a Fasconia tutte, & fe elleno fono firte o dx la natura, 0 da la arte, non sb 10 pet ho 4 ridite. Ma che piu? con qual natura, 0 arte fi por dire che fia fat | che in Ponto del Sepolcro dol Re Bebo raccontino, che ellendovi uno 40, dal quale fen’ levato ramoalcuno, & meffo in una nave, non ¥i f oa mano mat le contele, fino a tanto che non fi getta via detto amo: In Pile fa lo Altare del tempio di Venere non piave mai: Ne la Frigia mitore ist no al Gmulicro di Minerva i facrificii, ‘che vi fi lafciano, non fi-cor mai: Se dal Sepolcro di Anteo & portato via cof alcuna’y comings a dal Cielo ne rella mai per fin che non fi riempie il huoge dove era Maier vato. Mae’ ci {ono alcuni finalmente, che aifermano che quette cofe polind | cllere fate da gli huomini attifitiofamente eon immagini, la qual arte & ae perduta, & le quali immagin gi Aftronomi fanno profeffione di fapere . lo mi Ficordo havere fetta anpreifo di colui, che ferille la vite di Apollonioy Ge | Peneibilonia ‘ne le ftanze principal del palazzo Regio, alcunt magia ve = legato al paleo quattro. uccelli d? oro, chiamati da loro le lingue de iy & che egi havevano forza di concilisre gli animi de Ja moleirudine Hate Re. In oltce tofefo autore gravilimo’ dice havere vedexo, un Be gu Waa che in, prefenza di Vetpafiano adattaro uno anello al nafo de” sh liberava fubito dal mal caduco: Ft dice, che Salomone fees cent We per i quali fi mitigano le malattie; Et Eulebio Pamphilo dice, che Serapi Preilo de gli Egitaty che noi chiamiamo Plutone, ordind certi contrafegniiy 2 quali G teacciano i mali fpiriti, 8 infegnd il modo con il quale 1 di vera eame a animali brusi ci fono molett. Et Servio, diee, cht Stine folici @ posture adoifo aleune contecrationi y median’ le ‘| LIBRO SESTO: 739 curi di gl! impeti de la fortuna, & che enon potevano motites fee non G fuile prima distarta tale con{ecratione. Se queite cofe fon vere, io crederd far cilmente quel che legge in, Plutarcho » che eg era apprefo de Pelenci un fi- mulacto che levato dal tempio per il Sacerdote da quella banda che gli fuar- dalfe , empicva ogni: cofa di fpavento , & di grindillina ditturbo & che non 4 teovavano occhiy che guardaffino inverfo lui per la paura» Ma fieno quefte cole dette per diletto de I’ animo. De le altre cole, che giovino a far bello il ito gencralmente, com’? il circuito, il difegno ‘attorno, I efferti. rilevato alquanto, I’ hayere fpianato, & Jo (tabilimento , & I" altte cofe Gmili, non hd io piu che dire, falvo ‘che tw le vadia a pigliare’ di fopra & dal primo, & dal terzo libro... Honorata certamente fark (iuclla pianea la quale (come noi ti die cemmo) fark fecchiflima , gual & allodata, & che fark ancora attiffima, & efpeditifima 2 quello, a che ella. hark da fervire: & gioverk grandemente fe cella fara fimaltata di terra cotta, del qual lavoro parleremo dipo!, quando trat- reremo de le mura. Faccia ancora a noftro propolito que! che diceva Platone , che I" autorith del Iuogo fark piu degna, fe tu gli porrai un nome fplendido; & che_queito grandemente piacelfe ad Adriano Imperatore , lo dimoftrano il Lico, at Canopeio , la Accademia, le Tempe, & altri chiarifimi nomi fimili, che egli pofe alle fue Sale de la Villa di Tiboli. Dei ragionevole feompartimente, @& dell! adoraare le mura, & il terta, G& quale onohe tery © mode fi babbia a senere nel mettere it cofe infieme ‘acenreramente « CAP. V. NS che nel primo libro fi fia trattato de lo {compartimento quafi che @ battanza, nientedimeno lo tiandremo breviffimamente in quelta maniera. UI principale ornamento in qual fi voglia cols. & che non vi fia {convenevolez~ za alcund. Sard adunque ragionevole quello fcompartimento, che non {aca in= errotto , confufo, perturbato, fciolto, compotto di parti {convenevoli, & che non bari troppe membra, non troppo piccole, non troppo grandi, non trop- po difeordanti, & deformi, non quali feparate, & ftaceate dal ‘reflante del Ma vi faranno tutte le cofe , fecondo che ricerca la natura, 1s utilitd 5 & il bilogno de le faccende, che vi fi hanno a trattare, talmente terminate, & talmente condotte a fine, con tale ordine, numero, grandezea, collocatione 5 & forma, che noi dobbiamo conofcere che di turta quelta fabrica mon & pare te aleuna farta fenza qualche neceflita, fenza molra commodith, & fenza una iffima leggiadria di tutte Je parti. Impetoche fe certamente con quelle cofe fi confark ual fi voglia fcomparamento, in elle ancora, oltra che la leggiadria , & lo fplendore de li ornamenti vi tormeranno bene, vi rilplende- anno ancora pla chistitSevegli.non vi @ confark, non vi poral cet. man tenere dignitd alcuna. Et perd e' bifogna che tutto il compotto de le membra fia ben guidato, & perfettamente condotto, di manicra che ¢' paia fatto quali Pe necellita & per commoditi, talmente che non folamente ti diletti che vi ieno quelle, & quefte altre parti, mache quefte ftefle in quefto luogo., con quelto ordine, in quefto fito, con quelta aggiuma, con quelta collocatione , con quella forma, fieno polte egregiamente. Quanto ad_adomare le mura, & i palchi, tu harai certo molti Iuoghi da (piegarvi le rariffime doti de la natu- ra, & Ja feientia de I arte & la diligentia de lo Arefice, & la forza de lo ingegno. Ma fe per aventura tu havedli commodici di potere immitare quello antico Ofiride, il quale dicono che fece duoi tempit d’ oro, uno a Giove Ge- lefte, & I'altto a Giove Regio, 0 che tu potellt alzare in alto qualche’ gran dilfima Pietra, fuori de I’ opinione de gli huomini, come quella, che orale Sa pELLA ARCHITETTURA ia che pet ogni vero. em groffa quind ees to hve eb anda 6 His Oe pPopers d'un. folo pezz0, f come dicen tana atcars Rappelleta al tempio di Laronsy tga in facia a a pant ge cavata in_un {allo di un folo prezzo, © coli coperta 4’ un al Fane coor dun pezzo folo;, quelto, certo atrecherebbe a opera a ae cao pi fei alo foe oreltiero Be condo pet on pico Gullo che deferive, Erodoro eer aro condor day Ci itctfina, largo. in faccia piu di quindici braccia» alto undici € un qua Elcirto ia termine di venti giomi fino a Sui. E* cofa’appartenente ancora donee af genece de gli sdormamenti che qual & voglia Picts deg gecgiamene 7 ao in luogo nobile, & honorato.. A Chemmin Wola in Fg snmictempieto, chic Vif, non & tanto maravigliofo per eller coperto d Greta’ un folo pezzoy quanto per effere decta Pictra di cotant, cubiti fopra mura di coranta altezza. Arrecherh ancora ornamento lo effere Metta foray A ecalete, come vetbi gra fella fulle i quell speed Tr ra pati candidly fe ta(parenti di modo che ferrare tutte Ie p 49 ‘a che dentro vi Ga rinchiufa la luce: de la qual forte dicano che Nero Bee nel {uo aureo Palazzo il tempio de la Fortuna. Torte quelte cole fi frente. faranno bene; ma qualungue elle fieno, faranno cofe inete, fe Comporle infieme non fi uferd ordine, & modo piu che diligentey She Giafcuna di loro fi ha a ridurre a numero, di maniera che le pati fpondino a le pari, le da deftra a quelle da finiftra, le da ballo a quelle: Bo. non vi intraponendo cols al che perturbi 0 le cole o gli o aggiuitando tutte le cofe a dererminati angoli, con linee Gmili, & Puolfi certamente vedere che alcuna volta una materia ignobile per eller neggiata con arte, arreca feco piu gratia, che una nobile in altro I fulamente ammaflata. Chi direbbe mai che quel muro di Atene, che yaceonta che fu fatto. tanto tumultuariamente che vi meifono fino a le tw Jevate da Sepolcri,, falle per tal calo bello? cio’ per effer pieno di Mage Hatue? Col per il’ contrario ne diletta di riguardare le alzate mura de gli Ate tichi edificit contadinefchi, faree di Pietre incerte , diminute, & di dove gli ordini ttanno conguagliati, & dipinti a vicenda di colori bianchi neti, di maniera che e’ pare che fecondo 1a piacevolezza de I’ opera © vi fi poll defiderare piu altro. Ma queito fi appartiene forfe piu & ; de le mura, che fi dice lo intonicare , che a lo alzare la vera . mura. Finalmente tutte quefte cofe, che fono alfai, fi debbono diftribuir di m niera che e’ non vi fia cominciata cofi alcuna, fe non quelle, che fi ‘da prima deftinate da Ja arte, & dal configlio, non vi fia accrelciuto colt cuna oltre a quelle, che ricerca la ragione de le cofe principiate » non. Jafciata cofa alcuna per finita, che non fia con grandiffima cura, & i finita, & perfetta, Ma il principale ornamento de le mura, & de le re, & maflimo de le volte & effo intonico (io ne eecettuo fempre i colo Er pud certamente quelto intonico effer di piu forti: © e' far bianco. ttiett © ¢' fark pieno di flatue, & di ftucchi, 0 di pirture, o di intavolati, 0 sole commeffe a piano, 0 di mufaico, o d'un mefcuglio i tutte: queite Con che wodi le macchine , 6 i pofi de fred fin i mario te age luago, 6 fi follievino am al CAP. VI. i T quefti habbiamo a trattare, quali ¢' fieno, & i: ma ds coe PGs tei nee pen Oo ee 7 LIBRO SESTO, age avvertifee, che noi raccontiamo prima in che modo. tanto gran’macchine muovino, & in che modo elle fi ponghino in luo i Scrive Plus arco, che Archimede in Siracula tirava per mezo la pizza una Nave da-carie €o carica con la mano, quafi come un Cavallo per la briglia, ingegno matema- tico. Ma noi andremo folamente dietro a quelle cofe, che fi accommodino a bifogni. Dipoi ne dichiareremo aleune altre, onde i dotti, 8 acuti ingegni por ttanno da per loro fenza ofeurith conofeere quelta tal coke”. lo truove che Pic io dice che la Aguglia condorta a Tebe da Feni '» fu condorra per una foils meila deta Aguglia fopra Navilii carichi di zavorra, accion che fearicata dipoi detta zavorra, portaffe via il follevato fo. Truovo in Am miano Marcelino una Aguglia effere ftata condorra per il Nilo con una Nave div trecento “remi, & pofta fopra curti preffo a Roma a tre miglia, ellere ite (@ trata in Circo Maflimo per la porta che va ad Hottia + & che nel rizzarla durarono fatica parecchi migliaia di huomini, effendo tutto il Circo’ ripieno di initrumenti di grandiflime travi, & di canapi grofliffimi. Leggiamo in Vitrue vio, che Ctefifone, & Metagene fu figliuolo tondulfon: in’ Efclo. colonne , & architravi.prefo il modo dal ilindro, con il quale gli Antich! inlegnavano reggiare il terreno , conciofia che egli impiombd in ciafcuna de le telte de le ’ietre uno perno di ferro, che ufciva fuori, & ferviva per fufo, & meile ne ett perni di qui, & dif alcune ruote tanto grandi, & tanto langhe, che dee: te Pictre ftavano (ollevate fopra di effi perni? Pipoi tol girare dele ‘ruote fue ono fmofle & portate via. Dicono che Chemminio Egittio nel far la Piramide t effere opera alta piu di fei ottavi di malo, condutle quelle Pietre grandif- fime I una fopra I? altra con havervi fatti di mano in mano monti di terreno. Scrive Erodato , che Cleopa fighiuolo di Rafinire haveva la(ciato dal lato di fuo- niin quella piramide, nel far de la quale affaticd molti anni centomila huomini, certi gradi, fa per i quali con piccoli legni, & inftrumenti accommodati, faz cilmente ff conducevano le grandiffime Piette. "Trovafi feritto ancora oltra di quee fo, che in alcuni luoghi furono fopra grandiffime colonne pofti architravi di Pie~ tre di finifurara grandezza in quelto modo: forto detti architravi, appunto nel me- 20 vi mettevano duoi baggioli a teaverfo, che ff roccavano Tun [altcas Dipoi all'una de le tefte de gli architravi appiccarono una moltitudine di ceite piene i rena, per lo aggravo, & per il pelo de le quali I'altra telta ove nou era no ceite, fi follevaile a Ja aria, & I’ altro baggiolo ne refava fenza pefo alcu- # levate quindi poi le cefte, & meffe al’ alera tefta gid follevata, in gran quan- ith, haver prima perd alzaro il baggiolo, che era fenza pefo, metrendovi fopra da quel lato che fi poteva , altri ju alti, & cof feguendo a vie cenda venne lor fatto che quafi a poco a poco detta Pietra vi falifle da faa po- fia. Quete cole raccolte colt infieme foro la brevis laeiamo noi. che fi poftna imparare piu _adilungo da effi Aurori. Finalmente fecondo I’ ordine de I opera noltra, e'bifogna raccontare fuccintamente alcune poche cofe, che fanno a no- firo propolito. N& vo perder tempo in raccontare che il pelo ha da natura lo Aggravare fempre , & che oftinaamente vadia cercando de luoghi piu bah, & qercn tuto il foo porere contrafti di non fi lafciare alzare, ne fi muti mai A logo fe non ome vinetore, © fuperato da un pefo maggiore,_o di alcue na pollanza contraria che lo vinea. Né flard a raccontare che i movimenti fieno varti, ciot da baifo ad alto, da alto a baffo, & all’ intorno del centro, & altre co- fe effere portate, altee tirate, altre fpinte, & fimili. Di quefti difcorli ne tratte- remo altrove piv a lungo. Teniamo pur noi quelto per fermo, che i pefi non fi muovono mai in alcun Ivogo piu ficilmente, che quando vanno a lo in gid 5 percid che vi vanno fpontaneamente, n& mai piu dificilmente , che quan, do vanno a lo infu: percio che di lor natura a cid repugnano, & che egli @ un certo movimento meazano infra quefti, & forfe che terra dell’ uno, & de Yo alo, il qual cea son @ muove di ea natura; md anca contadie all at TETTURA a DELLA ARCHITETTU li i muovano.a piano, & per vie non it ebbetieanfeomeis, Sr eee ge cin oa quel, 0 gece ie “ ili ifficili, Ma in cl Thy, fo 9 seen ee pare che ti ears sos wee ad grandifimi pel Plhmolio. Per ‘che ei pud vedere che i gtndify ea ice 6 pongona fopra una rita colonna, fono perturbati da prcola p Perse quando cominciano. a muoverfi per caderes, non i potfone folk» Jum riteere Puoli ancor vedere che effe colonne onde » & forza Mie alte cole da gicare fon ficili a muovert , & malvolentied riot ie cominciano a rorolare , & {© fi tirano di maniera che non tere gon eaiminano. coli faciimente. Ora di quetto. fi vede manifeio Sun? scandal pe de le. Navi {i muovono fopra I'acque ferme com poco fie le eta continovi di tirarle; Ma fe ta le percoterai di qual fi voglia gr ri colpos non fi moveranno cof fubito , come vorteli. Ex peril cont aan lita colpo , & con una furiofs fpinta f muovono.aleune cole, fhumai (esha foie fore defi ganifies farano pofute Ber Sopra i diaccio ancora i grandifimi efi non repugnano 2 chi gl ti ‘Vegsiamo’ ancora che quelle coe, che pendono da un lungo canapos per ‘gossto it fpatio fon pronte ac eller mofle. Il confidersre le ragiont di Soe, & fo iimiarle fark ito - noi ne tratteremo fuccintamente» Che ii difoto del pelo fia lildiffimo & uguale, & quanto ’ fark piu fanto manco confumerd ill piano ortinatoli foto > ma quanto ¢' fark tle, fanro rt piu elpedito: vero @ che e'fark folehi nel piano, & affonden Se nel diforto pefo i faranno angoli » fe ne fervirh. come di ognoni i 1 afferarfi nel pianoy & a refillere al viaggio. Se i piani Garanno lilei,. gag! i, uguali, forti, non pendendo da aleun lato, non fi alzando-da alcun ‘non aifondando da alcun lato, che impedifea, quel pefo cerramente non hari Zicuna che li contratti, oper il che recut di obbedire , eccetto Cola, ciot che elfo pelo di fea natura @ grandiffimo amico de la quietey & 3 unio, & lento- Confiderando forfe Archimede a Simili cofe, & ¢ do piu profondamente Ia forza de le cole, che noi abbiamo dette y fu i adire, che fe e’ fi trovaile baia di tanta macchina, che gli darebb cuore di tramuare ill Mondo. Lo ordinare il fondo del pefo, & il piano. prea che fi ha citare, il che noi qui cerchiamo, ei vert’ fatto commo mente. Dittendinfi travi tante, & tanto groffe, & tanto gagliarde, che Bittanti al pelo, falde, uguali, lice, congiume pari infeme, infra’ il fond & il piano: vi 2 di bifogno Wun certo che di mezo, che facia il: cami iu Iubrico, il che G fa con fapone, o con fevo, o con morchia, o elletta. Ecci ancora un'alrro modo di fare il cammino lubrico, cio con i moffc (otto a teaverfo., 4 quali fe in quetto luogo firanno allai, dificilment fi acconcieranno diritti, a linee uguali, & determinate al difegnato viiggiOy | che & di necefhtt che fi faccia, accid non dieno noia, & non conduching— pefoa I'una de le bande: Ma che ad una fola fpinta faccino tutti bene J tio loro. Et fe e’ faranno hi, certo che durando foro il pefo faricay © confumeranno 0 fincciai@ fi fermeranno , overo con quella una fold con Ix quale toccano il fondo del-pefo, fi ficcheranno, & fi fermeranno q come un taglio nel pefo, 0 nel plano. Tl curro.& compolto di. piu cerchl iuntiinfieme, & 1 Mathematici dicono. che il cerchio non puo toccare ines retta piu’ che in um puntos per quefto chiamo io walla del curso. quell Jinea fola del curro che dal pefo 2 aggravata: a quelli curri @ provederd, bent ios eal fodi ferrati, & con il difegnare & dirizzare le lince fecom a De LIBRO SESTO, 14g De de Ruots Perni, Stanghe, 0 Manovelle, Taglie: & dela gréndesza, forme y © figura boro. CAP. VIL ‘A effendoci oltre a quefte molte altre cofe, buone a bifogni noftri, come fono ruote, taglie, viti, & fanghe, doviamo di eife trattare piu accus Fatamente . Sono certamente Je ruote in gran parte molto fimili a curri: pete ¢ioche fempre da un fol punto 2 piombo premono a lo in gid: Ma ecci ques ita differentia che i curti (ono piu e(pediti, & le ruote per T infragnervil dene tro il perno, fainno I officio loro piu tardo. Le parti de le ruote (ono tte, Al circuito maggiore di fuori di efla ructa, il peeno del mezo, & quel bucoy dove entra il pero. Quefto pemo alcuni forle lo chiameranno il polo, ma a oi, percioche eal im acum inftrument ta filo, 8 in aleuni ale gira» fa Hecito il chiamarlo perno. Se la ruota fi girer) fopra uno perno groffo, ff gix rera con faticas fe intomo ad un fottile, non reggerh a pelts, fe il circuito di fuori di effa ruota. fark ftretto, fi come dicemmo de curtt y fi ficchert nel piae no fe fara largo, andra vagellando hor da una parte, & hora da I° altra; & fe peraventura Je ruote fi haranno a {volgere o da deftra, o da finifira, ob- bediranno malagevolmente: fe il cerchio in che fi gira il pemo, fara largo. piu che il bifogno, rodendo egli fe n’ efoe; fe troppo firetto, non gira: infra il mo, & il cerchio in che ei fi volge bilogna che fin unmezzano che 10 lue richi , perche I'uno di quefti ferve pet il piano, & I’ altro per il fondo del pelo. I curi, & le ruote fi fanno d’ olmo, & di leccio. 1 perni d’ agrifoglio , & di comiolo ; o piu prefto di ferro: il 'miglior cerchio di cutti gli altei in cui fi gira il perno, fi fa di rime mefeolarovi un terzo. di ttagno ; le gitelle fono muote piccole: Ie ftanghe, 0 manovelle fono de la fpetie de razi de le ryote. Ma tutte quelte cofe qualunque elle fieno, © fiano ruote grandi volte da gli huomini con lo andarvi dentro , 0 fiano argani, o vitiy ne quali inftrue menti le ftanghe, 0 ruote piccole, © qual fi voglia cofa fimile , fono la impor taaza, la ragione del farle certo tutta nafce da principii de Ja bilancia. Dico- no che Mercurio per quefto piu che per altro fu tenuto divino, che fenza fare gelto alcuno di mani, pronuntiava con le parole fole, quelle cofe, che iceva, di maniera, che egli era intefo larghiffimamente: & fe bene id dus fare quelto,. i¢ me ne sforzerd nondimeno quanto piu po- che io mi fono deliberato di parlare di queite cofe, non co- “me Mathematico, ma_come uno artier, & non dire fe non quello, che a me paid di non potere lafciare indietro. Fa per imparare quelto di havere in ma- no uno dando: To vorrei, che in elf tw vi confiderathi tre luoghi, i quali io chiamo punti, 7 duoi eftremi capi, cio il ferro, & la impennatura; & il terzo il laecio del mezo; & i duoi fpatii, che (ono infta duoi eiltemi capi, & il laccio io gli chiamo raggi- Non voglio difpurare, perche cofi fia ; Pe che il fatto fara chiaro da Ia efperienza. Conciofia che fe il laccio fara collo- cato nel mezo del dardo, & il capo de la impennatura cortifponder’ al pelo del capo del ferro, ftaranno certamente amendue le refte del dardo {cambievol- mente uguali, & bilanciate (Twv. 10. A); Ma fe per avventura la telta del fer- ro fark piu grave, Malta de la impennatura fard fuperata (Tav. 10. B): none dimeno in ello dardo fi troverd uno determinato luogo piu vicino a la tella. pia grave, nel quale ridncendo tu il laccio, i pefi ubito & bilanceranno "uno I'al- tio; & quello firk quello punto dal quale quetto raggio. maggiore fopravanza tanto il minore, quanto quefto pefo minore & avanzato dal maggiore. Percioche color, che vanno dietro a queite cofe, hanno trovato, che 1 raggi difuguali fi aggiuftano con pefi difuguali, purche i numeri de le parti, che (@ mulapli« ano infieme, da il raggio, & ‘da il pefo del lato deftro, corrilpondino ad al- te DELLA ARCHITETTURA 4 i meri del Jato finifiro ;_perche fe il ferro peferd trey Be ere tam conta numer del at, GO PST Ero, biog che ha day a i il io, cl 3 impeamat alacio © Ty impennarura, bifogna che Ga ee. Perilche come dal lacie it cinque a Vrskeo cingue di pari, agaivilate le Fondenle, ied, & 6 pel flaranng bilanciatiy & ps Ee fet eal Biont Be nieanno, non fatnno pari, ma I'uno capo sito» & 1’ alina fo. Non vd lafciare quefto in dierro, che fe dal medefimo laccio a le fe NOT Taggi uguali, mente chee” G gireranno, le telte faranno ne t fran Joule, ma_fe dere raggi non foranno ugualt dilegneranno a cet diluguali. Dicemmo che le muote fi fanno di cetchi. Bt per ta {'eiaimotiro ‘che fe due conrigue uote, mele in un fol perno fi ma Be aeiee lo & medelimo moto, talmente che mofla una, 1 ahew fi tia, & ftandofi Puna, T'alua non fi muova, cognoiceremo, da h eae» ae fT igai in amenduc,, che forza fia in quale & @ luna di elles rtares de 1 ogg, bifogoa che tu I habbia nocita dentro al punto dm dees ge gucke cole rintendono a balanza, Ix rego di cof fate ma ser Peteono! eetehiamoy & alli manifeia, & malfime de le ruotes 8 de | Rerelle. Ne le taglie doviamo noi confiderare uno poco piu cole: perciocks Bil canspo meffo ne le taglie, & effe carrucole ne le taglie fervono per, Panos peril quale fi ha a fare il moro mezano » il quale noi dicemma Era infa il piu icle, & il piu dificley per cifer quello che non flit, i cr Tecade ina ft tia a piano ugualmente difcoflo dal centro. Ma accioche i jntenda come ft Ia cofa, piglia una ftatua di mille libre: fe quefta a imsTroncone duno albero legata con una fune fola , egli & coli certa che ¢ fa fola fame folterch mille intere libre. Lega dipoir una taglia- ap la flatuay & jn effa quella fune per la quale pendeva 1a ftatua, & ritoma detta fune al di modo che detta itatua penda fofpela da due uni: egli & certo che il dd fa fatua 2 retto da due funi, & Ia taglia nel mezo bilanciatamente refta ‘Andiamo piu avanti: aggiugni ancora al teoncone un’ aleea tagliay & metti ‘cora in efla detta fune. fo vd fapere da te quanta fara la ne del pi che quella parte de la fune tirsea in alto, & poi meffa ne Ix taglia, folterth ‘cinquecento iri. Non ti accorgi eu adunque che a quelts feconda taglia fi puo dare maggior pefo da ella fune, che ella fi abbia, & ella ne ha gprcentoy pon. ne patlerema, pi aunque; Infino a qui mi pento havere motto; che il pelo i divide con le taglies & che per quello i peli vengone moffi da minor, & quanto pu f adoppietanno fimill inltrom tamto piu fi dividera il pelo; perilch= avviene che quance piu cat runno, tanto piu commodamente fi maneggera il pefo, gual fpartito,, & jn piu part De te vite, & de fuk phe: in che modo i poi fp tirine, fo portivay, & F fpinghino CAP. VITL Oi habbismo trattato de la ruota, de le taglic, & de le manowellet i qui innanzi voglio che tu fappia che Ja Oe ita quid comeelal ‘me anelli, i quali veramente fon guellt , che pigliano fopra di loro a ee f pre; aueth piani, 0 angi fullso ineitt,> dy soa) testi, ta ‘che le | ine de I’ uno non fulle il principio de lo altro, certamente che il pelo, Sh reggerebbono , fe bene e'fi moveife, non anderebbe maine in fa, né in gis ma andrebbe aromo ugualmente fecondo to andare del pane: & forzato ail que il pefo ad: andar in fu, o in giu da la forza de le manovelle gin per 1 PM ni de Ie viti. Di nupvo fe quelli pani fufino piccoli, & fi ayvicinalling # centro quanto piu potellino, certo che con piu piccola manovella, & con Mm ‘nati LIBRO SESTO, 145 noti forze movers i pei. Non tacerd qui di dire quel che certo non p. di havere a raccontare, cio’ che fe tu ti ordinersi di maniera. che il fondo di qual fi voglia pefo da -moverli, non fia (per quanto perd por la mano, o Varte del maeitro) piu largo che un punto, & che fi muova talmente fu per wun pianoy {labile & fodo, che nel muovert non facia (leo aleuno: in dewo Pino, i0' ti-prometto che tu moversi la Nave d'Archimede, & ti rivfcir’ qual tu ti voglia cofa fimile a queite. Ma di loro ne tratteremo altrove. Qual 3° Puna di perfe di quete cole, che noi habbiandette, & molto gagliands a mover fi, ma fe elles’ sccorzeranno tutte infieme, farauno gagliardifine. Ne la toverai tu in miolsi Iuoghi Ja gioventy) Ycherzare fa per i diaccio. con zoccoli ferrari, che di fotto fono fortlilimmi, i quali poi che fi muovono non altrimenti che un leggiere apolar sdrucciolino fopra il diaccio con tanta velociti, che non fopportano d’effer fuperati dal volo di qual fi yoglia velo- ce uccello. Ma conciofia che i peli o e'fi, tirino, 0 e'fi {pinghino, 0 ei portino, diremo, che e” fi tirano con le funi, fi fpingono con le Hanghe, & fi potana con le ruote, & con fimili inftcumenti; & in qual modo a mo fervire a un tratto di tutte quelle cofe infieme, & manifello. Ma in tutti quelti fi fatti modi, bifogna che ci fia una qualche cola, che itando ferma, & immobile, ferva a far muovere I! altre cole. Se il pefo i hark a Bee eS fia un’ altro pefo maggiore , al quale fi leghino gli ine firamenti, che tu hari ad adoperare, & fe tu non hirai tal pefo, mette un palo di ferro di tre cubiti gagliando, ben adentro nel tereno ben pillar to, 0 fermatolo con tronconi attraverfati: Dipoi lega a la tella del palo, che efce fuori del terreno, le taglie, & gli argani: Fe fe il terreno tart renofo, dittendavifi travi lunghe fopra de le quili fi titi il pefo, e a le tee ite de le travi ad un buon chiodo leghinéi i volts inttrumenti. Yo dird cofa che gli inefperti non I’ acconfentiranno, fino a tanto che non habbino. inte= fo il calo come egli fla, cio’, che per un piano fi tirano piu. commodas mente duoi peli che uno; & quetto fi fark in quefto modo; Mollo il priv mo pefo infino a la fine de la travata che egli hari fotto, lo fermerd con biewe, & conii, in maniera che non fi muova di niente, & vi appic chexd » 0 Ieghied Jo inftumento con il quile har a tire Falto pelos di maniera che lu per un medefimo piano averri che il pelo mobile, da lo al- to a lui uguale, ma che itark fermo, fara vinto, & tirato. Se il pelo fi hark a tirare ad alto, ci ferviremo molro accommodatamente dyna trave fala, 0 ve- ro duno albero di Nave, ma gagliardo: Rizzando quelto albero. lo fermeremo da piede a un palo, 0 con qualche altra cof ttabile ru ti voglia: Da la telta da_capo fi leghino non meno che tre canapi, I" uno che ferva da deltra, & P altro da finitra, per venti, & I'ultimo, che vengz gid per lo albero’ dis ftelo. Dipoi alquinto difcotto dal pit de lo albero fi fermino le taglie, & Vargano in terra, & meifo quefto canapo nc le taglic, cortera per elle, & mente che ci comers, tirera feco la tela de fo albero che & fu al- ta. Ma noi da I’ una parte, & da I altra con que’ duoi venti, quali che come con dua redini lo modereremo , di manicra che egli fia quanto. noi vogliamo titta, & che e' penda da quella parte, che piu bilogna, per cole Jocare il pelo nel deftinato luego. Quelli duot venti da gli lati, fe tu non ha- fai peli maggiori a chi tu gli poffa accommandare, fermerali in quefta manict2= Cavifi. nel terreno una foila quadrata, & mettai nel fondo a giacere uno tro1 sone al quale fi leghino uno, o piu Jaci, che venghino, ad avanzare fopra i terreno; fopra il troncone poi fi-diftendino affi a traverfo, dipoi G riempix la foil di terreno 8 Gi pilli, & mazzapicchi forte, & bagnindola diventera pi rave. L’altre cofe tutte fi faccino in quel modo, che dicemmo del piano ia tirarvi fopra i peli; percioche 2 Ix refta de Ia trave, & al pefo ancora bifo~ gaa legare Ie loro taglic, & apprelfo al pit de la trave bifogna fermare lo ar gino,

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