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Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. [...

] Lindifferenza abulia, parassitismo, vigliaccheria, non vita. Antonio Gramsci

il ribelle
reazionarie, semifasciste e fasciste, che oppongono resistenza alla democratizzazione del paese e coscientemente sabotano gli sforzi di guerra dell'Italia. In considerazione di ci [...] rifiutano di partecipare all'attuale governo Badoglio e denunciano nella politica di questo governo un ostacolo a una vera partecipazione del popolo italiano alla guerra contro la Germania." Vediamo ora le correzioni che lo stesso Togliatti apport al documento il 1 marzo 1944, cancellando la frase precedente: "I comunisti sono pronti perfino a partecipare a un governo senza l'abdicazione del re, a condizione che questo governo sia attivo nel condurre la guerra per la cacciata dei tedeschi dal paese." Era ladesione alla politica dei due tempi (democrazia progressiva prima, rivoluzione socialista poi) imposta dallUnione Sovietica a tutte le resistenze antifasciste dei paesi che nella spartizione del mondo del 1944 dovevano rimanere nellarea capitalista. Non vero, ad esempio, che esistesse una differenza tra una linea moderata del Partito Comunista Italiano e una presunta linea avventurista del Partito Comunista Greco. I comunisti greci, che avevano liberato il paese da soli, firmarono gli accordi di Varkiza che imponevano il disarmo dei partigiani e furono convinti dagli uomini di Stalin ad accogliere le prime truppe inglesi, che si adoperarono per ristabilire lordine monarchico e spararono sulla folla disarmata di Atene il 3 dicembre 1944 (per non irritare lalleato Stalin il massacro sar poi raccontato da Churchill come una risposta a un tentativo insurrezionale di anarchici e trotskisti). Se i comunisti greci, che non avevano voluto prendere il potere nel 44 quando avevano le armi e non cerano truppe straniere, cambiarono poi strategia ritornando alla lotta armata nel 46 e 47 fu solo come reazione alla repressione della monarchia greca, che non fece nessuna delle concessioni che fece la borghesia italiana per ottenere la collaborazione di classe del PCI e del PSI. Ma in Italia si tratt solo di un triennio, al termine del quale, ricostruito tutto il suo potere, ruppe gli accordi ed estromi-

Gianpaolo Pansa, la Resistenza, il PCI e la Grecia: spunti di riflessione


Conoscete Gianpaolo Pansa? E diventato famoso al grande pubblico grazie ai suoi libri sulla Resistenza in cui denuncia senza reticenze i crimini commessi dai partigiani durante e dopo la guerra. Da Il sangue dei vinti, presentato come una novit assoluta e sua opera pi famosa, stato perfino tratto un film, con tanto di finanziamenti della Regione Piemonte. Il suo successo non dovuto allimportanza storica dei suoi scritti (non occorre un ipocrita e tardivo Pansa per scoprire che di vendette e giustizie sommarie ce ne furono molte, dopo due decenni di brutale dittatura) ma dal fatto che si inserisce perfettamente in quella campagna di denigrazione della Resistenza, diretta dallalto e coltivata dai cortigiani di cui parlava Giorgio Bocca. Dato che i suoi libri sono gi stati scrupolosamente criticati (penso allo stesso Bocca o alle rigorose risposte dellANPI), vorrei soffermarmi su una questione specifica che Pansa affronta. Nel suo libro I Gendarmi della Memoria scrive: indubbio che senza il PCI non ci sarebbe stata nessuna guerra partigiana. E la Resistenza si sarebbe rivelata un'impresa modesta. Ma con il PCI la guerra di liberazione diventata anche una guerra rivoluzionaria, per la conquista del potere in Italia. Ma di quale PCI sta parlando Pansa? Del PCI il cui leader Palmiro Togliatti promosse per primo la collaborazione col governo Badoglio? Semmai vero il contrario: la dirigenza del PCI fece da freno ad una possibile evoluzione della Resistenza in una rivoluzione operaia e contadina, incanalandola invece dentro gli assetti istituzionali tradizionali che si stavano ricostruendo e che il PCI aiut a ricostruire. Lopportunismo di Togliatti in linea con la volont dellURSS, che fu uno dei primi paesi al mondo a riconoscere il governo Badoglio emerge chiaramente andando a vedere i documenti del tempo. Il 26 febbraio 1944 ne "I compiti all'ordine del giorno dei comunisti in Italia" scriveva: "I comunisti [...] chiedono l'abdicazione del re, in quanto complice della costituzione del regime fascista e di tutti i crimini di Mussolini, e in quanto centro di unificazione nel momento attuale di tutte le forze

se i partiti operai dal governo. Il PCI, di nuovo allopposizione, cercher poi di riprendere una linea pi radicale (ad esempio appoggiando loccupazione delle terre al Sud) ma sar troppo tardi. La mobilitazione popolare non era pi la stessa di qualche anno prima. La nuova Italia era stata creata, il mondo diviso in blocchi era ormai realt.
Jacopo Custodi

Darsi alla macchia: scelta automatica?


Un analisi dei giorni convulsi che seguirono l'8 settembre 1943
La Resistenza armata in Italia mosse i suoi primi passi con la resa dellotto settembre. Non fu, per, un passaggio n semplice n immediato a differenza di quanto da sempre raccontatoci nella retorica ufficiale che parla di una Resistenza nata e cresciuta come i funghi di notte. Il processo fu pi complesso e variegato ma la tradizione ufficiale non ne tenne eccessivamente conto, impegnata a fare dei venti mesi della Resitrapasso doloroso ma comunque quasi automatico? Davvero fu semplice darsi alla macchia e combattere? Davvero film come Actung Banditen o La lunga notte del 43 raccontano la storia? Alla notizia dell'arrivo dei tedeschi, all'indomani dell'armistizio, la situazione si fece difficoltosa, spingendo tanti a scegliere la via della montagna o della collina. Alcuni per ri sbandati e tanti in attesa del da farsi. Sempre pi uomini affluirono sulle montagne italiane, abbandonando le aree urbane dove i primi nuclei gappisti dovevano ancora arrivare e dove, invece, il controllo dei nazifascisti si faceva sempre pi stretto. Che fare? era la domanda che, probabilmente, pi assillava quei giovani allo sbando, senza un piano preciso e con esperienza bellica e organizzativa limitata. Anche all'interno di questi neonati nuclei erano diverse le strategie che si confrontavano e restava da parte degli ex militari la diffidenza verso i civili. Dopo i primi giorni di caos e di tentativi organizzativi falliti, le prime solide proposte provennero dai militanti del PCI, che diedero prova di intraprendenza e determinazione, preparando le prime bande armate nell'Italia di quei giorni convulsi. Si cerc di tradurre in pratica la scelta della lotta armata in un ambiente difficile come la montagna: la strategia adottata, uguale a quella dei nuclei armati cittadini che avranno vita ancora pi difficile, era colpire e scomparire. Gli obiettivi erano molteplici: ostacolare i fascisti non ancora organizzati, colpire i militari affinch non si schierassero con il nuovo potere, attaccare i tedeschi mostrando che la resistenza era viva, colpire e sabotare le industrie che lavoravano per la guerra. Sulle montagne si vennero a costituire cos le prime bande che, ancora prive di piattaforme politiche unitarie, trovarono nelle azioni militari un elemento unificante. Colpi di mano, uccisioni e attentati segnarono le fasi iniziali dell'occupazione tedesca. In quei giorni le bande cercarono di trovare un rapporto tra la vita in montagna o sulle colline, dai ritmi e dalle caratteristiche ben diverse rispetto alla citt, e la lotta armata. La montagna assumer non solo il ruolo di rifugio, dove nascondersi e occultare le armi, ma anche quello di base operativa da dove far partire i colpi di mano e i sabotaggi per rendere meno tranquilla e meno sicura possibile la vita dell'occupante. La Resistenza, quindi, non nacque, dall'oggi al domani, come un moto spontaneo di rifiuto del Ventennio fascista ma come lo sforzo volontaristico di alcuni che seppero rischiare e giocarsi il tutto per tutto in una situazione di massima incertezza. La maggior parte di coloro che raggiunsero le montagne o le colline nei primi giorni dopo l'Armistizio lo fece pi per motivazioni molto concrete -il rifiuto della guerra o della deportazione in Germania- che per una solida impalcatura ideologica antifascista. Fornire uno sbocco politico a questa opposizione naturale al nazifascismo fu il compito a cui si dedicarono gli elementi pi politicizzati: i pochi che avevano gi combattuto in Spagna o che avevano perseverato nell'impegno antifascista negli anni del fascismo a costo di esilio, clandestinit, confino e prigione. A sessantotto anni dal 25 aprile 1945, quando fu diramato l'ordine di insurrezione generale nell'Italia del Nord, ancora sotto occupazione nazifascista, necessario ricordare i caduti partigiani e la vicenda resistenziale. Affrontare il discorso dell'otto settembre attraverso una prospettiva iconoclasta della Resistenza, ben diversa dal mito e dall'epopea che ha sempre parlato di un popolo in armi, trova un proprio senso, oggi, nel ritrovare l'anima autentica della Resistenza e nel parlare anche degli errori e delle ingenuit di quei ragazzi in montagna, n santi n superuomini. Ma che, in quei giorni drammatici post otto settembre e nei mesi successivi, scelsero di non restare indifferenti, di stare dalla parte giusta e di lottare di conseguenza.
Gabriele Fontana, appassionato di storia della Resistenza e autore dei volumi La banda Carlo Pisacane e Il percorso delle Brigate Garibaldine da Lecco a Introbio. Sui sentieri della guerra partigiana in Valsassina.

stenza la base su cui costruire la legittimit della Repubblica e dei partiti al governo. Oscurando cos esperienze importanti, come quelle delle donne partigiane o delle azioni dei Gap, ma poco conciliabili con l'immagine mitizzata della Resistenza offerta dalle istituzioni. Ma davvero lotto settembre 1943 fu un momento di

scelta ideologica, altri per convenienza, altri ancora per un moto, quasi naturale, di libert e di indignazione. I primi a giungere in montagna furono spesso i militanti del Partito Comunista (l'unica forza politica che, nonostante la dura repressione, avesse mantenuto una struttura organizzativa nel Ventennio), milita-

k ronstadt
Kronstadt appoggia e sostiene attivamente lappello per un fronte antifascista europeo che arriva dalla Grecia

periodico mensile Speciale 25 Aprile 2013 ISSN 1972-9669

Manifesto Antifascista Europeo


Sessantotto anni dopo la Seconda Guerra Mondiale e la sconfitta del fascismo e del nazismo si assiste in quasi tutta Europa allascesa dellestrema destra. Il fenomeno pi inquietante, per, vedere come a destra di questa estrema destra si sviluppino forze direttamente neonaziste che, in certi casi (Grecia, Ungheria,) si radicano nella societ formando dei veri e propri movimenti popolari di massa, radicali, razzisti, ultraviolenti e tendenti al pogrom, il cui obiettivo dichiarato la distruzione di ogni organizzazione sindacale, politica e culturale dei lavoratori, lappiattimento di qualsiasi resistenza civile, la negazione del diritto alla differenza e lo sterminio anche fisico dei diversi e dei pi deboli. Come negli anni 20 e 30, la causa di questa minaccia neofascista e di estrema destra la profonda crisi economica, sociale, politica e anche etica ed ecologica del capitalismo che, prendendo a pretesto la crisi del debito, sta conducendo unoffensiva senza precedenti contro il livello di vita, le libert e i diritti dei lavoratori, contro tutti e tutte coloro che stanno in basso. Approfittando della paura dei ricchi dovuta al rischio di esplosione sociale, cos come della radicalizzazione delle classi medie raggiunte dalla crisi e dalle draconiane politiche di austerit, e della disperazione dei disoccupati marginalizzati e impoveriti, lestrema destra e le forze neonaziste e neofasciste si sviluppano in tutta Europa; acquisiscono uninfluenza di massa tra gli strati pi poveri che dirigono sistematicamente contro capi espiatori nuovi o tradizionali (migranti, musulmani, ebrei, LGBT, invalidi), cos come contro i movimenti sociali, le organizzazioni di sinistra e i sindacati operai. Linfluenza e la radicalit di questa estrema destra non sono le stesse in tutta Europa. Tuttavia la generalizzazione delle politiche di forte austerit porta come conseguenza che lascesa dellestrema destra sia un fenomeno quasi generale. La conclusione evidente: il fatto che lascesa impetuosa dellestrema destra e lemergenza di un neofascismo ultraviolento di massa non siano pi leccezione alla regola europea obbliga gli antifascisti di questo continente a confrontarsi con il problema nella sua giusta dimensione, cio come problema europeo! Dire questo, per, non basta se

non si aggiunge che la lotta contro lestrema destra e il neonazismo di unurgenza estrema. In effetti, in vari Paesi europei la minaccia neofascista ora tanto diretta e immediata che trasforma la lotta antifascista in unazione di massima priorit, che mette in gioco la vita o la morte della sinistra, delle organizzazioni operaie, delle libert e dei diritti democratici, dei valori di solidariet e di tolleranza, del diritto alla differenza. Dire che siamo in lotta contro la barbarie razzista e neofascista corrisponde gi a una realt verificata ogni giorno per le strade delle nostre citt europee Vista la profondit della crisi, le dimensioni dei disastri sociali che provoca, lintensit della polarizzazione politica, la determinazione e laggressivit delle classi dirigenti, limportanza degli obiettivi storici dello scontro in corso e

lampiezza dellascesa delle forze dellestrema destra, evidente che la lotta antifascista costituisce una scelta strategica che esige una seria organizzazione e una dedizione politica e militante ad ampio raggio. Di conseguenza, la lotta antifascista deve restare strettamente legata alla lotta quotidiana contro le politiche di austerit e il sistema che le genera. Per essere efficace e rispondere alle aspettative della popolazione, la lotta antifascista deve essere organizzata in forma unitaria e democratica ed essere prodotta dalle stesse masse popolari. Per fare questo, i cittadini devono organizzare la lotta antifascista e la propria autodifesa essi stessi. Allo stesso tempo, per essere efficace questa lotta deve essere globale, opponendosi allestrema destra e al neofascismo in tutti i terreni nei quali si manifesta, al veleno del razzismo e dellomofobia, dello sciovinismo e del militarismo, del culto della violenza cieca e dellapologia delle camere a gas di Auschwitz. Insomma, per essere efficace ad ampio raggio, la battaglia antifascista deve proporre una visione differente della societ, diametralmente opposta alla proposta dellestrema destra: cio una societ fondata sulla solidariet, la tolleranza e la fratellanza, il rifiuto del machismo, il rifiuto delloppressione delle donne e il rispetto del diritto alla differenza, linternazionalismo e la protezione scrupolosa della natura, la difesa dei valori umanistici e democratici. Questo movimento antifascista europeo deve prendere su di s

leredit delle grandi tradizioni antifasciste del continente! Deve piantare le basi di un movimento sociale dotato di strutture, con una attivit quotidiana, che penetri tutta la societ, che organizzi i cittadini antifascisti in forma di reti secondo le professioni, il domicilio e le sensibilit, che porti la battaglia su tutti i fronti delle attivit umane e che assuma pienamente il compito di protezione anche fisica dei pi deboli tra i nostri concittadini, dei migranti, dei gitani, delle minoranze nazionali, dei musulmani, degli ebrei e delle persone LGBT, di tutti coloro che sono sistematicamente vittime del razzismo di stato e della feccia fascista. Poich la necessit della mobilitazione antifascista su scala europea si fa ogni giorno pi urgente firmiamo questo manifesto chiamando la costituzione di un Movimento Antifascista Europeo unitario, democratico e di massa, capace di confrontarsi e vincere la peste bruna che alza di nuovo la testa nel nostro continente. Faremo tutto il possibile perch il congresso costitutivo di questo Movimento Antifascista Europeo si celebri ad Atene nella primavera 2013 e sia accompagnato da una grande manifestazione antifascista europea nelle strade della capitale greca. Questa volta la Storia non deve ripetersi!

http://antifascismeuropa.org/

NO PASARAN!
periodico mensile speciale 25 aprile 2013
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