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Devo raccontarvi una triste storia, sperando che qualcuno mi spieghi... perch.

Jacopo, mio glio, aveva quattro anni e mezzo. Eravamo nell'estate del 1999. Avevamo ricevuto la diagnosi a Verona dalla dott.ssa Barthlemy, confermata poi a Bologna e a Reggio Emilia (scala Cars 56). Di l a qualche mese, visto il vuoto propositivo e professionale esistente in regione Trentino Alto Adige, fondammo "Genitori in Prima Linea" organizzando una tutela legale dei bimbi con problematiche neurocerebrali. Cominciammo a conoscere le pi diverse situazioni e solo qualche caso di autismo. Capimmo che per essere di aiuto dovevamo specializzarci. Di l a poco conoscemmo Angsa Trentino Alto Adige e aderimmo. Analizzata la situazione generale denunciai pubblicamente e all'Ordine dei Medici di Trento, l'omissione di terapia medica. Ci fu un certo rumore sui media locali e nazionali. Ottenni il primo congresso sull'autismo in Regione, per di pi pagato dall'Ordine dei Medici. Per la prima volta si parl di "abilitazione" (e noi tra i primi in Italia introducemmo l'Aba, l'Analisi Applicata al Comportamento). Di l a qualche mese venni invitato da una mamma a X. Dovevamo sostenerla nel creare nella sua citt una nuova associazione. Ci andammo portando con noi, un neuropsichiatra, assistente universitario esperto di autismo e una pedagogista trentina che si occupava di neuro-riabilitazione. Spiegammo l'autismo ai cittadini chiamati a raccolta da quella speciale mamma. L, durante un rinfresco, conobbi il suo bimbo (K) meraviglioso, di otto anni verbale, con una ricca e decisa personalit, molte competenze relazionali, uno sguardo brillante e poche stereotipie, limitate a precisi momenti della giornata. Mi preoccupai molto per me stesso paragonando quel ragazzino autistico in gambissima a mio glio che, al contrario di K., non parlava pi ed era uno tsunami comportamentale, notte e giorno. La brillante signora fond l'associazione e caparbiamente ottenne il sostegno pubblico e politico voluto; si iscrisse ad Angsa, ne divenne presidente regionale e ader ad Autismo Italia, dove assieme a me entr nel direttivo di allora. La sua associazione fece cose grandi, organizz una marea di congressi; attiv un centro diurno tutt'ora funzionante e si garant il contributo dei migliori specialisti nazionali ed internazionali. Per le sue grandi capacit manageriali ottenne nanziamenti di enorme peso. Garant e tutt'ora garantisce il "servizio" di abilitazione a molti fruitori autistici, di diverse et nella sua regione. I suoi progetti, molto arditi, le hanno procurato l'ammirazione di tutti i titolari delle associazioni nazionali, progetti imitati non solo nella sua regione ma duplicati anche in altre province. Nel frattempo pi interessato ad abilitare che a politicare, ero uscito da Autismo Italia mentre lei consolidava se stessa nel direttivo e di l a qualche tempo uscivo anche dall'esecutivo Angsa, sollevando i leader di allora dall'opportunit di un'autocritica nel titolarsi e collocarsi come "guide esperte" e dall'inutilmente attesa loro rinuncia a conservare i ruoli di padri padrone, mantenuti anche oggi. Devo ammettere che c' una certa incompatibilit tra il praticare abilitazione seriamente e impegnarsi nel volontariato. Convinto di essere utile mossi delle critiche, evidentemente non attese, ad un certo operare del centro. Inoltre devo ammettere che, ad un collega che voleva aprire un Centro con lei in altra provincia, dissi le mie perplessit nella gestione, ottenendo l'inimicizia denitiva di entrambi... Per quest'insieme di ragioni ci si incontr e confront sempre meno (volentieri). I rispettivi approcci al problema autismo prendevano strade divergenti e inconciliabili. Mia moglie, Jacopo ed io, incontrammo sempre pi sporadicamente lei e la sua famiglia nelle estati italiane che trascorrevamo nella regione e vedemmo sempre meno K... i cui progressi immaginavamo comunque irraggiungibili per il nostro Jacopo. Noi a cercare il bandolo della matassa all'interno di un percorso personale, lei dall'altra, gestore e fruitore del sistema abilitativo migliore possibile, perfettamente consono allo stato dell'arte del mondo, quello che ogni genitore sogna per il proprio glio. Mi aspettavo grandi cose, dunque per K. Godeva di un vantaggio impagabile. Un centro di abilitazione aggiornato e a disposizione. La speciale mamma manager non ci frequentava pi, si proclamava impegnata per il sollievo di tutti, facendoci sentire inadeguati in quanto

egoisticamente concentrati sull'autismo di uno, Jacopo, nella impopolare convinzione che: "salvane uno e li salvi tutti". Dopo anni di silenzio, ricevo notizie dettagliate di K. Resto basito. Adulto troppo difcile, istituzionalizzato. Quella mamma di successo, manager di un centro dedicato, decine di operatori, esperti esperti, donna capace di ottenere e muovere risorse economiche e umane sempre pi considerevoli, non era riuscita a costruire un percorso abilitativo decente per suo glio. Che fosse un bluff, per ottenere ancora di pi? Per ottenere un centro residenziale per il "dopo di noi"? Che puntasse a quanto ottenuto da altri presidenti impegnati nell'edicare veri e propri castelli della futura scienza abilitativa... per adulti? K mi veniva riferito evidenziava signicative difcolt comportamentali, non proprio sporadiche, impossibile l'auspicata integrazione.

Per anni mi sono chiesto come recuperare la stima di quella madre. Come farle capire quali grandi cose le riconoscevo aver fatto, quali parole avrei dovuto e potuto meglio utilizzare per farle comprendere gradevolmente il mio punto di vista sul Teacch, sull'Aba somministrato a ore, sugli esperti a cui si afdava, su come aggiustare le proposte del Centro o su come risolvere i Comportamenti Problema di K. Per anni mi sono colpevolizzato per aver perduto, in base alle mie modeste certezze abilitative, un'amicizia a cui tenevo. Per anni mi sono chiesto, guardano i sorprendenti miglioramenti di Jacopo, "chiss come diventato K.?". Ho ipotizzato quali importanti cose avrebbe potuto fare K. sulla scorta di quanto ricordavo di lui. Lo immaginavo ancora una volta accoglierci sorridendo e correndo sulle scale incontro a noi e a Jacopo. Ho fantasticato tanto sui progressi che a K, un Centro e una moltitudine di operatori agguerriti, avrebbero garantito, assieme ai beneci per tutti gli altri suoi amici. Ora mi rimbomba nel cervello la telefonata di una diversa mamma di l. Ci chiede aiuto per suo glio adulto. Le dico di rivolgersi alla mamma di K., che gestisce i centri in regione. Mi dice che lo ha fatto ma che la direttrice appunto non aveva soluzioni disponibili e che anche lei aveva dovuto istituzionalizzare il glio addirittura in Toscana, in un centro residenziale a 500km da casa. Anche la mamma al telefono cercava un centro, persino in trentino. Invidiava la mamma di K.

Guardo mio glio e penso a K. Provo un'innita tristezza. Quanto denaro ha fatto muovere inutilmente, quanto vuota di contenuti e di valori stata la risposta ricevuta e che mille altri K... riceveranno. Penso alla difcolt di smuovere il Mondo che ruota intorno all'Autismo verso un diverso impegno; penso a quanti inutili Golem costruiremo ancora prima di riettere sul questo ennesimo inconcepibile (dal mio personalissimo punto si vista) sacricio. Penso all'ingiusto rinnovarsi di insostenibili scontte.

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