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Leonardo Sinisgalli

ERI DRITTA E FELICE Eri dritta e felice sulla porta che il vento apriva alla campagna. Intrisa di luce stavi ferma nel giorno, al tempo delle vespe d'oro quando al sambuco si fanno dolci le midolla. Allora s'andava scalzi per i fossi, si misurava l'ardore del sole dalle impronte lasciate sui sassi. MONETE ROSSE

I fanciulli battono le monete. rosse contro Il muro. (Cadono distanti per terra con dolce rumore.) Gridano a squarciagola in un fuoco di guerra. Si scambiano motti superbi e dolcissime ingiurie. La sera incendia le fronti, infuria i capelli. Sulle selci calda come sangue. Il piazzale torna calmo. Una moneta battuta si posa Vicino all'altra alla misura di un palmo. Il fanciullo preme sulla terra La sua mano vittoriosa. MUORE IL RAGAZZO UN POCO

Muore il ragazzo un poco ogni giorno per giuoco. Per giuoco morde invano il cavo della mano. Trascorre le vacanze ebbro tra i maceri cespi di papaveri steso sul letto per noia e diletto a guardare le travi. Ma lo stornano ombre solitarie nel cielo della stanza, labili ombre passeggere sul soffitto. E lariete che batte ostinato le corna a capofitto nella quiete.

LO STESSO FATUO ALONE DELLA VESTE Lo stesso fatuo alone della veste Rossa nel fumo delle nebbie di un tempo, Lo stesso sgomento se tra gli alberi piovosi Mi riporta dicembre a questa svolta. Tu non vieni. La pena non ritarda Lungo le mura, una voce Mi chiama o il tuo colore che arde Sotto la pioggia fine. (La fioraia Grida le eglantine.) Tu non vieni. La pena non ritarda E fa pi dolce il bene che ti aspetta. (Entro lo scroscio della grondaia

Una voce diletta...) Lucania Al pellegrino che saffaccia ai suoi valichi, a chi scende per la stretta degli Alburni o fa il cammino delle pecore lungo le coste della Serra, al nibbio che rompe il filo dellorizzonte con un rettile negli artigli, allemigrante, al soldato, a chi torna dai santuari o dallesilio, a chi dorme negli ovili, al pastore, al mezzadro, al mercante la Lucania apre le sue lande, le sue valli dove i fiumi scorrono lenti come fiumi di polvere.

Lo spirito del silenzio sta nei luoghi della mia dolorosa provincia. Da Elea a Metaponto, sofistico e doro, problematico e sottile, divora lolio nelle chiese, mette il cappuccio nelle case, fa il monaco nelle grotte, cresce con lerba alle soglie dei vecchi paesi franati. Il sole sbieco sui lauri, il sole buono con le grandi corna, lodorosa palato, il sole avido di bambini, eccolo per le piazze! Ha il passo pigro del bue, e sullerba sulle selci lascia le grandi chiazze zeppe di larve. Terra di mamme grasse, di padri scuri

e lustri come scheletri, piena di galli e di cani, di boschi e di calcare, terra magra dove il grano cresce a stento (carosella, granturco, granofino) e il vino non squillante (menta dellAgri, basilico del Basento) e luliva ha il gusto delloblio, il sapore del pianto. In unaria vulcanica, fortemente accensibile, gli alberi respirano con un palpito inconsueto; le querce ingrossano i ceppi con la sostanza del cielo. Cumuli di macerie restano intatte per secoli: nessuno rivolta una pietra per non inorridire. Sotto ogni pietra, dico, ha linferno il suo ombelico.

Solo un ragazzo pu sporgersi agli orli dellabisso per cogliere il nettare tra i cespi brulicanti di zanzare e di tarantole. Io torner vivo sotto le tue piogge rosse. torner senza colpe a battere il tamburo, a legare il mulo alla porta, a raccogliere lumache negli orti. Udr fumare le stoppie, le sterpaie, le fosse, udr il merlo cantare sotto i letti, udr la gatta cantare sui sepolcri? A mio padre

Luomo rimasto solo a tarda sera nella vigna scuote le rape nella vasca, sbuca dal viottolo con la paglia macchiata di verderame. Luomo che porta cos fresco terriccio sulle scarpe, odore di fresca sera nei vestiti si ferma a una fonte, parla con lortolano che sradica i finocchi. E un uomo, un piccolo uomo che io guardo di lontano: un punto vivo allorizzonte.

Forse la sua pupilla si accende questa sera accanto alla peschiera dove si bagna la fronte. Nessuno pi mi consola Nessuno pi mi consola, madre mia. Il tuo grido non arriva fino a me neppure in sogno. Non arriva una piuma del tuo nido su questa riva. Le sere azzurre sei tu che aspetti i muli sulla porta e avvolgi le mani nei panni, leggi nel fuoco le risse

che disperdono i tuoi figli ai margini delle citt? Un abisso ci separa, una fiumana che scorre tra argini alti di fumo. Sono queste le tue stelle, il vento della terra la nostra speranza questo cielo che accoglie le tue pene, la tua volont, la tua domanda di pace? Tu vivi certa della tua virt: hai vestito i cadaveri variopinti dei padri, hai trovato ogni notte la chiave dei nostri sogni, hai dato il grano per la memoria dei morti.

Noi aspettiamo il tuo segnale sulla torre pi alta. Tu ci chiami. Sei tu la fiamma bianca allorizzonte? Unestate di lutti ha rimosso nel ventre le antiche colpe, ha cacciato i lupi sotto le mura dei paesi. I cani latrano al sole di mezzogiorno, la civetta chiede ostaggi per il lugubro inverno. Tu ascolti, madre mia, il pianto sconsolato delle Ombre che non trovano requie sotto le pietre battute dal tonfo di fradici frutti.

Paese Noi percorremmo tutto il paese nell'ora che tornano gli asini col carico di legna dalla cime profumate della Serra. Raspavano le orecchie pelose contro le grezze muraglie delle case, e tinniva, attaccata al collo, la campanella della capretta che il vecchio trascina al buio come un cane. Qualcuno ci disse buona notte seduto davanti alla porta. Le strade sono cos strette e gli arredi stanno cos addossati alle soglie che noi sentimmo friggere, al nascere della luna, i peperoni calati nellolio.

Tu eri molto colpita dal colore delle montagne. Foreste sono state sotto il mare per millenni. Quaggi anche i sassi sembrano vizzi, anche le foglie hanno qualcosa di frusto. Uscivano dagli usci le donne coi tizzi accesi. Nei nostri paesi il sole cade a precipizio, la notte nei rintocchi della campana di mezzogiorno. I cavalli tossivano di ritorno dallabbeverata, i cani sinfilavano tra le porte: noi eravamo soli a pestare la cenere dellaria. Pare che tutta la gente a questora torni a dormire sottoterra e poi risusciti ogni giorno alla vita. La strada era senza rumori, come di cenci, scolorita.

Da una casa serrata il caprone della trib starnutiva dentro il letto di Margherita. Entriamo in casa dei nonni dove mia zia e mio zio hanno sempre una buona cosa conservata per me. Ci sediamo in cucina e guardiamo lincantevole famiglia delle chiavi appese al muro: la piccola chiave dellorto, la chiave gigantesca della cantina che ha pi di centanni. Mio nonno sapeva col fischio delle chiavi quietare il pianto dei nipoti. Ecco la chiave argentea della conigliera, e le lucerne, i lumi, i lucignoli, ingranditi sui muri guardo i profili dei miei parenti e le immense ombre

delle mosche che strisciano come topi sulle pareti Cosima Diesbach, mia nonna, aveva girato il mondo I miei avi hanno forse conosciuto lAtlantide. Domenico passa di sera a chiudere le chiese, a sprangare il cancello dei morti. Raccontavano a noi ragazzi ch'egli parlava con la civetta, sui tetti, lass. Ha le orecchie mangiate, il campanaro, ha il sonno duro. Per vestire i defunti (non c' nessuno pi abile di lui) bisognava chiamarlo lunghe ore nel cuore della notte e fischiare forte nelle chiavi. Domenico l che strofina uno zolfanello ai pantaloni, fuma la pipa

assorto sulla ripa del valico dove una lontana sera vidi poggiare la bara del Cristo morto, alla ringhiera. Gi nella valle Crescenzio aizza la mula zoppa. Io ho buttato le redini sulla groppa. PASQUA 1952 Le sere d'aprile son fredde e tristi quaggi nei cameroni di casa mia. Mio padre si muove appena tra il focolare e la latrina. Lo portiamo a braccia, lo svestiamo gli sciogliamo le scarpe per farlo dormire. Le pendici del Serino sono ancora bianche di neve. Ci siamo tappati nelle stanze, a stento

ci arrivano dalla piazza i rintocchi dell'orologio Il fumo ci arrossa gli occhi, umida di bosco la legna mortacina. Cristo risorger dal sepolcro di iris. i messaggeri ce l'hanno annunziato bussando alle imposte. I piccoli pastori ci portano i primi asparagi dalle spinete, l'ortolana scalza entrata con un cesto di fiori di rape. Aspettavo da trent'anni una Pasqua tra i fossi, il muschio sopra i sassi, le viole tra le tegole. Ma i morti dormono nelle bare di castagno, sugli archi delle stalle e dei porcili,

sulle crociere delle cantine e dei pollai. Fanno fatica ad abbandonare per sempre le nostre sedie, i nostri letti, dove vissero tanti anni di lenta agonia. Lungo le strade gli stracci neri delle vesti sono pi silenziosi. Un gruppo d'uomini brucia col ferro il grumo di veleno nella bocca dell'asino. M'ero messo in viaggio verso una Pasqua in fiore, incontro al Cristo purpureo che solleva il coperchio di grano bianco cresciuto nelle grotte. Tutto quello che io so non mi giova

a cancellare tutto quello che ho visto. I fanciulli soffiano sul carbone perch dal piombo fiorisca il simulacro della rosa. Vanno e vengono per casa le visitatrici a portarci i sarmenti per il fuoco, le ceste d'uova, le parole di cordoglio. C' sempre nelle stanze il ricordo di un lutto recente o il gemito di un vecchio malato. Mio padre ha il sangue greve. Si duole della sua immobilit. Lo caricheranno sulle spalle i miei nipoti e un giorno, un tiepido giorno di l da venire

lo porteranno alla vigna. Lo porteranno a mezza costa, sulla sedia di braccia intrecciate. Ci toccata questa valle, questa valle abbiamo scelta per tornarci a morire. Dove Ges risorger con molta pena noi speriamo ardentemente di sopravvivere nel cuore dei congiunti e dei compagni, nel ricordo dei vicini di casa e di campo. Come fischiano le rondini intorno alla chiesa di San Domenico semibuia il gioved delle tenebre! LA VIGNA VECCHIA

Mi sono seduto per terra accanto al pagliaio della vigna vecchia. I fanciulli strappano le noci dai rami, le schiacciano tra due pietre. lo mi concio le mani di acido verde, mi godo l'aria dal fondo degli alberi. UN UOMO CANTA SDRAIATO SOTTO UN ALBERO Come amara la campagna sotto l'albero di cotogne! Se mi torni sotto le unghie! Chi ha pi voglia ci guadagna.

L'ANNO NUOVO Non vuol pesarci col suo sovraccarico l'anno nuovo, cammina lesto sulle travi. IL GRIDO ARABO Il grido nel cavedio dove si accumulano polvere e piume tarantole e tedio, il grido arabo delle rondini ... LA PIU' BELL'ARIA

La pi bell'aria dell'anno nel pi bel sito, sull'erba che recinge gli Elisi. Per una visita ai morti e mossa tutta la trib: le sorelle saracine, le rosse nipoti. Trascinammo gatti e cipolle davanti alla cappella dove giace la spoglia di mia madre. Ci sdraiammo come a mensa intorno al suo corpo disseccato. Chi prega e chi mangia e chi ti piange madre. Chi cinge di fiori freschi il tuo letto di cenere. BREVE STORIA

Piovve tutto l'inverno quell'anno di scuola, di chiesa, di cortile. A quell'et bisognava morire. VOCE DEL CACCIATORE Io aspetto che tu passi all'incrocio dei vecchi sentieri. Dormi dietro i sassi e all'alba vieni a bere. L'acqua pura come il cielo che raccoglie. Sopra le foglie tu lasci un segno: su quella striscia devi cadere.

CAMERA DI RAGAZZO Mi ricordo ancora i versi che scrissi alla pigra passiflora quando il cuore tremava al lamento notturno degli infissi. Lungo l'inverno intero coi piedi sulla brace e la testa di ghiaccio. Pi pesante di fuori era la neve io dentro spegnevo le candele e coi tizzi lucenti stavo solo a far niente.

LA CAPRA La capra inquieta al mattino, la capra bizantina singhiozza prigioniera nella grotta, rimpiange i bei dirupi. All'alba l'hanno segnata per essere sacrificata. VOI MI CHIAMATE Voi mi chiamate verso la luna dagli abbaini di Bra. Siedi anche tu, bevi e ridi tra pipe e tarocchi e le scure bottiglie di barbera. Dietro le spalle

i sonagli delle corti, il gluglu dei tacchini, la dolce tromba distrettuale. Allungo il braccio a te Cordero tra i fantasmi in subbuglio nella notte cisalpina. L'avete vista anche voi la grande luna del 16 luglio? LA CIVETTA DELLA NEVE Vengono anch'essi a scaldarsi accanto al camino i vecchi Dei. Viene intirizzita a chiederci asilo la civetta della neve.

LA COLOMBAIA (Nella nostra mitologia Eva non vive nell'Eden, vive in una colombaia.) Salir sulla torre per trovare il tuo nido. Scoster il sasso che ti nasconde. Aprir le tue ali. E sulle piume virginali cadr col peso di una tomba. IL CRATERE Vieni uccello leggero sopra il cratere spento,

torna felice al vento. DISPETTO (Si cantano in giugno, di notte, quando nel pieno la stagione dell'amore.) Vieni alla finestra serpapinta, figlia nera del carbone veramente. Vieni cenciosa, scarmigliata, forforosa che hai pidocchi grandi una cerasa. ALTRO DISPETTO Oh i tuoi vezzi son quelli d'allora!

Giri il capo da valle a monte. lo ti cercavo quando mi eri amante, ora che mi sei niente non ti trovo. UNA RAGAZZA SI DUOLE PERCHE' HA PERDUTO IL DONO DEL FIDANZATO Ieri sera tagliai una pera all'aceto con il coltello dell'innamorato. Coltello non t'avessi mai perduto mi metti in guerra col Culopizzuto.(*) (*) E' vezzeggiativo. NELLE TORRIDE ETA'

Gi nelle grotte fino a ieri gli avi hanno sepolto le nevi. Nelle torride et partivano i bianchi vascelli per le plaghe felici. VISITA AGLI ETRUSCHI Non vollero rose sulle mense ma pasti sanguigni e intorno giuochi per adulti. Ripararono il loro inferno dal sole e dal vento salato, vi si tapparono come dentro un pollaio. Nella fossa di tufo, stretta camera d'amore,

scintillano gli occhi furbi, lo scettro vermiglio e i glutei del manfiorita. FEBBRAIO Prima che spunti il verde dai rami ogni anno risorge a mattutino il fischio del muratore. FIERA DI SAN GIORGIO Si spegnevano al sole le piccole fiamme degli zingari maniscalchi, le incudini abbandonate sui prati e i suntuosi scacciamosche

per le groppe degli asini decrepiti. FIUME STORPIO Appena si fa pi ampio il cerchio dei monti e la luce dilaga oltre i fervidi orti di Pontecagnano il tuo richiamo roco il tuo abbraccio in tanto lutto fiume storpio affettuoso Tanagro... ANTICHI GIUOCHI Quando la chiesa vuota,

chiusa a chiave, i cani e i bambini si rincorrono davanti al Convento. I bambini dei nostri paesi giuocano sul sagrato con l'osso secco del castrato. GIUSEPPE BRUCIA I ROVETI Giuseppe brucia i roveti, scioglie i cappi delle pietre. Spezza la terra e la ricuce. Cerca gli umidi segni sotto i massi di macigno. INVITO

(L'innamorato suggerisce alla ragazza un pretesto per uscire di casa senza destare sospetti. Bisogna sape tra un uscio e l'altro, nelle nostre trib, si operano scambi eciproci di cortesie. Si presta il lievito, si presta il fuoco, si presta l'acqua.) Esci con la paletta ora che scuro il giorno, chiedi cenere e brace alla porta del forno. Se il fuoco ti si spegne di la colpa alla legna, se la gonna ti brucia di la colpa alla lucciola. SIAMO LEGATI

Siamo legati dalla miseria della vita. Ci parliamo piegandoci controvento. LIBRITTI Dietro le case di Libritti nell'afrore delle vecchie vinacce il ragazzo sognava le sue cacce premeva le viscere sui garretti. UNA GIOVANE SPOSA RECITA I VERSETTI CONTRO IL MALOCCHIO CHE L'HA COLPITA ALLE MAMMELLE Dentro il mio latte

il pelo dell'invidia s' cagliato. Madonna sii generosa, il mio uccelletto strilla, fai felice una sposa. Fai felice una sposa che, priva di consiglio, dimentica del giglio ha vantato la rosa. MESSAGGERI Corre oggi la brezza degli Elisi da Largo Chigi a Ripetta, vengono i messaggeri con le pigne odorose di spighetta, gli acini viola dei giardini dell'Ade.

Forse oggi cade l'anniversario della nostra morte. GIUOCO DI MONELLI S'affumica per vanto l'osso della lepre e i maschi ne fanno un bocchino, si spolpa il teschio del lupo per cavarne una lucerna. Nel giuoco dei monelli il destino ancora scritto su una faccia del dado. NINNA NANNA

Vieni sonno e non venire solo, vieni a cavallo su un cavallo moro. NOTTI DI FEBBRAIO E' gi quasi primavera quando l'ebbrezza del Carnevale sta per spegnersi. Le notti sono gi dolci. Le comitive di pastori bussano alle porte dei massari. Il suono del cupo-cupo - la membrana di vescica mossa da una bacchetta strofinata nel pugno - accompagna le sequenze di distici cantati al sereno. Poi la porta si apre.

Carnevale pieno d'olio, oggi maiale e domani foglie.(*)

Vado cantando e piove a goccia a goccia, signor padrone dammi la salsiccia.(**)

(*)Si chiamano foglie tutte le verdure per la minestra. Mia madre era orgogliosa del suo piatto di foglie 'mmesche. Raccoglieva a mucchietti in una cesta fino a dieci specie di verdure, e nella grande caldaia piena d'acqua bollente cominciava a buttarle una dopo l'altra, a intervalli calcolati, le pi tenaci prima, poi le pi tenere. (**)Salsicciari di Montemurro sono ancora famosi a New York in qualche strada vecchia del Greenwich Village.

CANTO DI UNA FANCIULLA IN ATTESA DELLE NOZZE lo sono gi molle e mi voglio sposare. Ho la casa lavata, una treccia d'agli, una, cesta di cipolle. E una zucca piena di sale pestato. UN GIOVANE CANTA NEL MESE DI APRILE LA DOMENICA DELLE PALME Salir sopra l'ulivo, far una palma d'argento, una piccola palma galante perch a tutti i vicini resti in mente.

Ecco la palma, amore, ridammi la pace: non far ridere di me i miei nemici. Ecco la palma, cara, ridammi la pace ora che sui fiori caduta la croce. UN PIPISTRELLO A toccarci coi piedi nudi fratelli e sorelle seduti davanti alla porta con mamma pi alta che mormora le orazioni a occhi chiusi. La strada stretta e il fiume di ginestre sui muli dei fornai le sere che un pipistrello

sbalestrato all'odore di giugno abbandona la grotta. POST SCRIPTUM Qualcuno gode nell'orto la sua ora di delizia, qualcuno forsennato scrive versi tra le ceste di noci, qualcuno raschia il tartaro dalle botti nei sottani. A mezza et il poeta sopravvive. La sua fortuna dur un soffio, un lampo la sua grazia. PRIMAVERA

E' tornata primavera in montagna. Le selve sono fresche fresche. I RAGAZZI GRIDANO TUTTA SERA I ragazzi gridano tutta sera sulle rive del fiume. A ogni scoppio di mina fuggono come uccelli, ma per celia. Poi tornano a sciamare intorno ai martelli. I SAMBUCHI Dell'insetto vibrante d'oro d'indaco

che frullava legato alla refe nella valle dei sorbi, delle gemme voraci dentro il miele dei sambuchi una zampina stretta al cappio inerte nelle stridule dita ... SCONGIURO PER IL MAL DI CAPO Guarda contro Ges e non lo vede. Che hai Santo Simone, una rusca nell'occhi o una spina nel piede? Ho una spina nel capo Ges mio. Giorno e notte non trovo giaciglio.

Pigliati il capo mio, lasciami il tuo. Il mio una patata che si ciglia, il Tuo una lucerna. Ma la Trinit Eterna il verme dal tuo vaso toglier. SCONGIURO PER IL MALE ALLA MANO Tu non l'avvilire non l'abbandonare, tu la devi coltivare per non farla morire. La mano tanto dista dal cuore dall'orecchio dalla vista.

SCONGIURO PER IL MAL DI VENTRE Fugge l'acqua sopra la paglia come fugge l'onnipotente. Come s'allenta la tenaglia ti passer il mal di ventre. FILASTROCCHE Nei giuochi dei fanciulli, - per la scelta dei coi e per l'attribuzione di un campo o di un colore, affidare alla sorte la prima mossa del congegno - si ricorre a questi versi che il mio amico Rotella potrebbe inserire tra i suoi testi epistaltici. L'ultima sillaba decisiva come nel meccanismo delle decimazioni. I versi sono inconcludenti. Forse una caricatura

dell'ambiguit degli oracoli e delle sentenze. O ancora una soggezione alla fatalit?

Din don il campanone quattro vecchie stanno al balcone, una fila l'altra impaglia una fa cappelli di paglia l'altra fa coltelli d'argento per tagliare la testa al vento. (*) Anda na grasio anda fesci. (*)L'ho ritrovata nella mia memoria. Penso che sia d'importazione brasiliana. Per qualche tempo nella prima infanzia i nostri giochi sentirono la presenza

e il contributo di due bambini figli di emigranti tornati dall'America. LO SCORPIONE Come certi segni che sbucano dai muri e dai soffitti alla vigilia di gravi fatti, come il lagno premonitore di una tavola o di una trave, la stella forcuta splende a volte sul cammino. SERENATA Vorrei essere un galluccio di gennaio

per cantare tutta la notte dietro la tua porta, bella mia. Non farla dormire, mio Dio, fa che mi ascolti e si affacci. Chi sei tu che canti? - E tu viola che spunti tra i ghiacci? Sono un galluccio forastico: sei la pollastra che dorme sola. L'ARMONIOSO SONATORE Batte i suoi martelletti sulle stecche di legno l'armonioso sonatore. Il breve suono inghiottito dal rumore dell'acqua. Vedo le braccia secche,

il teschio controluce, ma non riesco a sentir nulla. I miei sensi sono ottusi. LO SPAURACCHIO Non pu piegarsi a carezzare le spighe brune, a stringere in pugno i passerotti. Pu solo guardare pi a lungo il tramonto. STELLE VESPERTINE O eternamente avverse e a me sempre dilette

stelle vespertine, vivide luci su opposti poli! Vi guardo dall'alto della vigna nel quieto firmamento splendere sopra le case del mio borgo stelle nemiche, stelle in opposizione. Mi calma il vostro scintillio, stelle della promessa e dell'addio. LA TEGOLA E' TIEPIDA La tegola tiepida, la creta dolce. Per questo va e viene tutti gli anni la rondine chiostraiola.

IL TEVERE Il Tevere scivola pi lento del miele. Maggio va adagio. La luce d'oro trabocca dalle cime. Biondo e morbido l'olio della luce si riversa quaggi. I TIZZI ALLEGRI I tizzi ardono allegri quando la casa resta vuota. IL CERCATORE DI UOVA

Ho dormito per sette settimane, mi sono svegliato ch' Sabato Santo. E' tornato aprile e la tenera frasca, anch'io ritorno per la buona Pasqua. Ho portato due panieri, uno lacero l'altro vacante. Posso raccoglierne trenta e quaranta. Palazzo fabbricato con le penne stato misurato con la canna. Il gallo ha cantato, ha scosso le ali. Andiamocene sfortunato suonatore. Scendi bella, vieni pure in camicia. Allunga il braccio, porgimi le uova. Son qui davanti alla portellina del gatto(*) E' l'ora prima della Pasqua nuova.

(*) La gattara, il buco per i gatti e le galline scavato poco al di sopra della soglia. VA E VIENE Nella creta rosea di quest'inverno sullo schermo della mia cameretta un puntino che va e viene multicolore sulle palpebre e il suono pungente della mosca.

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