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Incontri

Come ovvio, l'aereo tardava a giungere, e così, il volo di andata per le vacanze si faceva sempre di
più una vera e propria odissea.
Juan, rinchiuso in uno scatolone grigio chiamato aereoporto attendeva, spazientito, che il tabellone
annunciasse qualcosa.
Fuori il nero di una notte fredda di neve: dentro l'impazienza dei passeggeri.
Una ragazza, un giaccone nero lungo come i capelli, gli occhi incastonati dal trucco scuro e forte; lo
sguardo vinto dal sonno e dalla noia. Era come lui, ma forse no.
Chi era come lui al mondo? Chi si sentiva davvero come lui?
La ragazza piaceva a Juan: ancora era giovane anche lui, forse lei l'avrebbe potuto trovare persino
attraente, chissà. Nella sua mente si alternavano la voglia di avvicinarla e il solito odio per il
corteggiamento.
Carpe diem, quam minimum credulo postero
Si diceva, se lo ripeteva in testa
Carpe diem, quam minimum credulo homini
Si rispondeva.
Il volo arrivò, finalmente, e il gate finalmente si dischiuse ai viaggiatori: tutti presero le loro strade,
puntando decisi verso il bus che avrebbe condotto all'aereo.

Vedeva la neve fuori fioccare leggera smorta nella notte senza luna ricoperta da nubi chiare ed
indistinte mentre le luci degli aerei si alternavano fra i diversi blocchi del complesso di edifici ed i
rombi i rombi assordavano le tempie già vinte dalla stanchezza e il sudore degli uomini pigiati e i
lamenti dei bambini che agognavano il sonno ristoratore vedeva tutto vedeva e sentiva avvertiva
indistintamente lo scorrere del tempo intorno a sé il passare dei suoni la musica del riproduttore del
ragazzino accanto il rintoccare del piede che scandiva il ritmo del moto di un bus uno dei tanti
all'interno del complesso di edifici vedeva e sognava al contempo altri cieli altre nubi altri soli altre
stelle altri aerei altre donne tutte le donne che aveva avuto tutte le donne che avrebbe incontrato nel
futuro tutte le donne che non avrebbe mai conosciuto tutte le donne che non sono mai esistite tutte
le donne in una sola avvolta in un cappotto scuro e nero come la notte come i suoi capelli con gli
occhi cerchiati dal forte trucco scuro come la luna in una notte in cui la luna scompare avvolta dalle
nubi colme di sogni spenti e di notti che non esisteranno mai.

Dormì per tutto il viaggio, si sforzò di farlo.


Lei dormì per tutto il viaggio, si sforzò di farlo.

Il dedalo di bagagli li accolse caldo e accogliente afoso dell'isola che sempre accoglie come una
mandre fin troppo benevola i propri figli quando tornano per nascondere che ormai non ha più nulla
da offrire loro. I passeggeri di numerosi voli si affollavano addossandosi l'uno sull'altro alla ricerca
del proprio bagaglio inconsapevoli di come la maggior parte dei loro bagagli era già stata smarrita
dal tempo dai sogni mai espressi dalle notti mai trascorse dai viaggi mai compiuti dalle donne mai
conosciute dal tempo sprecato.
Lei attendeva in silenzio, con gli occhi cerchiati dal sonno e dal trucco.
Il riproduttore continuava a ripetere vecchie canzoni degli anni della sua infanzia di gruppi ormai
sciolti di cantanti ormai dimenticati e morti di voci ormai perse fra i suoi ricordi il cui suono non
faceva altro che rincorrere le cose che non aveva mai fatto.
Perché era lì?
Sì era lì, lì per lei

Tacque, prese la sua valigia, dopo un'attesa lunga, interminabile, e sparì fra gli abbracci dei parenti.

Le vacanze trascorsero inerti fuggitive fra cori di voci di famiglie neonati appena giunti nell'isola
che sempre li accoglierà come una madre fin troppo affettuosa nascondendo il vuoto del suo
grembo e dei suoi doni fra dedali di vie e di locali in una notte in cui l'alcool era tutto e niente e le
voci di donne di uomini di stranieri di sconosciuti di amici di musiche assordanti non erano altro
che la vita stessa che si rincorreva nei suoi non sensi e le donne potevano essere madri ed amiche
amanti e puttane mogli nulla e tutto l'umanità stessa e la divinità stessa che tutto nega per dare tutto.

Il mattino vinceva la sua ritrosia alla partenza, coronando i suoi occhi con il sonno.
Lei sembrava possedere un tocco invisibile sulla sua anima. Lei, sconosciuta, donna fra le donne,
con i suoi occhi coronati dal trucco ed il suo giaccone lungo nero come i suoi capelli.
La intravide mentre pesava i bagagli: distrattamente raccolse il suo biglietto e si diresse verso i
controlli.

Attendeva assorto l'apertura del gate la vide sedersi con il suo cappotto scuro e nero come i suoi
capelli gli occhi coronati dal trucco e dal sonno le mani che leggere frugavano nella borsa la bocca
che si chiudeva ed apriva ad intervalli regolari su di un telefono e la notte la notte la notte la notte si
allontanava lasciando spazio al giorno e la notte la notte che era stata la madre di tutte le notti
lasciava spazio a uomini come animali ammaestrati che attendevano il richiamo del padrone per
muoversi tutte in un corteo indomito di pecore verso la porta che li avrebbe allontanati dalla madre
affettuosa e ormai priva di doni madre senza più il suo figlio che la odiava e amava e odiava e
amava tutti i figli di quella madre che sempre aveva incontrato che avrebbe incontrato in futuro e
che mai avrebbe incontrato e le donne che aveva vissuto le donne che l'avevano infranto le donne
che non avrebbe sfiorato e le donne che non avrebbe mai consciuto
Carpe diem quam minimum credulo postero
Carpe diem quam minimum cedulo homini

Le si avvicinò
Lei alzò gli occhi e liberò rapida il posto accanto

“Ti ricordi di me? Ci siamo visti nell'altro aereo”

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