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Introduzione
Oggetto e metodo
dell’Antropologia filosofica
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La domanda dell’uomo
“Il campo della filosofia si può racchiudere nelle seguenti
questioni:
1. che cosa io posso pensare;
2. che cosa debbo fare;
3. che cosa posso sperare;
4. che cosa è l’uomo.
In fondo tutto questo si potrebbe ridurre all’antropologia” (I.
Kant, Critica della ragion pura).
“Deum et animam scire cupio. – Nihilne plus? – Nihil omnino”
(Sant’Agostino, Soliloquia, I, 2, 7).
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Battista Mondin:
“Credo che non sia errato affermare che la soluzione del
problema antropologico sia ancora più difficile della
soluzione del problema teologico. In entrambi i casi ciò che è
in gioco è la trascendenza. Ma è più facile capire la
trascendenza di Dio rispetto al mondo, che la trascendenza
dell’anima rispetto al corpo; inoltre è più facile chiarire i
rapporti tra Dio e il mondo dei rapporti tra l’anima e il corpo;
infine è più facile stabilire l’eternità di Dio che l’immortalità
dell’anima” (Storia dell’antropologia filosofica, I, 14).
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Martin Heidegger:
“Nessun’epoca ha avuto, come l’attuale, nozioni così
numerose e svariate sull’uomo. Nessun’epoca è riuscita
come la nostra a presentare il suo sapere intorno all’uomo in
modo così efficace ed affascinante, e a comunicarlo in modo
tanto rapido e facile. E’ anche vero però che nessun’epoca
ha saputo meno della nostra che cosa sia l’uomo. Mai l’uomo
ha assunto un aspetto così problematico come ai nostri
giorni” (Kant e la metafisica, Genova 1961, 275s.)
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Approccio “integrale”:
“L’uomo ci interessa nella sua totalità, non per questo o
quello dei suoi aspetti. Le singole scienze specializzate
(antropologia, linguistica, fisiologia, medicina, psicologia,
sociologia, economia, scienze politiche), malgrado i loro
sforzi tendono a limitare la totalità dell’individuo,
considerandolo dal punto di vista di una funzione o di un
impulso particolare. La nostra conoscenza dell’uomo ne
risulta frantumata: troppo spesso scambiamo una parte per il
tutto. E’ questo l’errore che ci proponiamo di evitare” (A.
Heschel, Chi è l’uomo, Milano 1971, 15).
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Chi siamo?
Non poniamo la domanda da soli
Auto-referenzialità della domanda, in un triplice modo:
1. Siamo “noi stessi” che poniamo la domanda (siamo il soggetto
della domanda)
2. “Noi stessi” poniamo la domanda (poniamo la domanda in
modo autonomo)
3. Poniamo la domanda di “noi stessi” (siamo anche l’oggetto
della domanda)
Compito dell’antropologia filosofica è il chiarimento di ciò che
costituisce l’identità di noi in quanto uomini
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Max Scheler:
“Se c’è un problema filosofico, del quale la nostra epoca
richiede con particolare urgenza la soluzione, è quello
dell’antropologia filosofica. Intendo con ciò una scienza
fondamentale intorno all’essenza e alla struttura eidetica
dell’uomo; al suo rapporto con i regni della natura (minerali,
piante, animali) e con il principio di tutte le cose, alla sua
essenziale origine metafisica e al suo inizio fisico, psichico e
spirituale nel mondo; alle forze e alle potenze che agiscono
su di lui e quelle sulle quali egli agisce; alle direzioni e alle
leggi fondamentali del suo sviluppo biologico, psichico,
spirituale e sociale, considerate nelle loro essenziali …
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Chi è un uomo?
Non è una domanda di antropologia filosofica
E’ la domanda come si delimita l’estensione dell’applicazione
del termine “essere umano”: l’uomo neandertal? L’embrione?
(in tempi antichi: i barbari sono esseri umani nel senso pieno
della parola? Le donne?)
Questioni bioetiche
Questa domanda presuppone il chiarimento su che cos’è
l’uomo
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E’ questo un uomo?
Non è una domanda di antropologia filosofica
Ad es. la domanda chiede se qualcuno che commette una
bestialità inaudita, è da considerarsi “uomo”? Si chiede
quindi se “umanità” è applicabile a tutti
La domanda ha un senso descrittivo (“errare è umano”) e
anche normativo (“la tortura è inumana”)
Questa domanda, quindi, è tema dell’etica e della filosofia e
teologia morale, nonché della bioetica (“si può intervenire
con la tecnica nel processo riproduttivo”)
L’antropologia filosofica, quindi, non è una disciplina
normativa
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Critica di metafisicità
Da parte delle scienze
L’uomo è nient’altro che il suo organismo, un corpo fisico
Riduzionismo verticale: per sapere qualcosa dell’uomo,
bisogna suddividerlo, sezionarlo nelle sue parti (molecole,
geni, cellule ecc.)
L’antropologia usa troppi concetti metafisici che impediscono
di conoscere questa unica realtà dell’uomo
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Risposte
Il riduzionismo verticale ontologicamente è molto dubbio ed
esposto a tante critiche. L’uomo è anche il suo corpo fisico ma lo è
soltanto?
Ogni accesso alla realtà, anche quello scientifico, è basato su dei
presupposti; ogni osservazione presuppone una teoria
Ci sono sempre una molteplicità di possibilità di spiegare la realtà:
causale, funzionalistico, intenzionale. Queste tre dimensioni
stanno sempre insieme. Non si possono ridurre queste prospettive
l’una all’altra
Le stesse scienze non sono più indirizzate a trovare una formula
universale, “globale”
Anche la scienza non può ignorare il “senso comune” della realtà
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Critica di normativismo
“nel mondo non esiste l’uomo. Nella mia vita ho visto
francesi, italiani, russi ecc.; so pure, grazie a Montesquieu,
che si può essere persiani; ma, quanto all’uomo, dichiaro di
non averlo mai incontrato in vita mia; se esiste, è a mia
insaputa” (Joseph de Maistre)
Si rimprovera all’antropologia di propagare, con l’idea di un
tipo normativo universale dell’essere umano, una sorta di
ideologia che delegittima e sopprime il singolo, il particolare
uomo
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Risposte
Esistono proprietà di vari livelli, quelle più individuali, e quelle
più universali
Tutta la filosofia, sin da Aristotele, afferma che nelle varie
discipline è possibile un’esattezza solo in quella misura in cui
lo consente l’oggetto di esse
Non si possono applicare, in questo senso, all’antropologia i
criteri delle “scienze esatte”
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Critica di conservatorismo
Anche se individuassimo dei criteri universali per l’essere
umano, esse non dicono nulla dell’uomo in quanto tale, ma
soltanto sulle sue condizioni di vita in un mondo in cui
nessuno sa sottrarsi alle pressioni sociali
Non possiamo conoscere le caratteriscihe universali
dell’essere umano, ma soltanto ruoli sociali, reazioni
nevrotiche, adeguamenti alla società
Le norme sociali ci determinano in una intensità che non
possiamo parlare di un’“essenza immutabile” dell’essere
umano
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Risposte
Gli influssi sociali non sono di per sé ostili all’essere umano:
soltanto tramite la socializzazione esso diventa uomo in
senso pieno, quindi anche tramite il suo rapporto ad altri
Per trovare in questo il giusto equilibrio tra descrizione,
normatività e critica sociale, urge dialogo tra antropologia e
discipline sociali
Trattare delle possibilità e prospettive dello sviluppo umano,
approccio delle capabilità
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Critica di oggettivismo
L’antropologia filosofica non registra dimensioni importanti e
fondamentali dell’essere umano quali la sua costituzione
corporea, l’atuocoscienza e il libero arbitrio
L’antropologia parla dell’uomo solo nella prospettiva della
terza persona, mai della prima
Le dimensioni davvero umane però non si lasciano scoprire
da una prospettiva esterna: dimensioni si esistenzialità e
libertà
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Risposte
La filosofia dell’esistenza non può sostituire l’antropologia
perché anche la prospettiva oggettiva porta a tanti risultati
che non sono accessibili da una prospettiva completamente
interna ed esistenziale
Se si identifica l’uomo solo con la sua dimensione interna,
allora si perdono le dimensioni corporee e sociali dell’essere
umano
L’antropologia parla del soggetto, soprattutto se si pensa a
Merleau-Ponty, Scheler e Plessner
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Missione di Socrate:
“Io vado intorno facendo nient’altro se non cercare di
persuadere voi, e più giovani e più anziani, che non dei corpi
dovete prendervi cura, né delle ricchezze né di alcun’altra
cosa prima e con maggior impegno che dell’anima, in modo
che diventi buona il più possibile, sostenendo che la virtù
non nasce dalle ricchezze, ma che dalla virtù stessa
nascono le ricchezze e tutti i beni per gli uomini e in privato e
in pubblico” (Platone, Apologia, 30)
Liberare i suoi concittadini dall’influsso nefasto dei sofisti
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Il principio razionale
La conoscenza non è opinione (doxa) ma conoscenza
(episteme) e concetto (logos)
La virtù (areté) non è abilità ma sapienza (sofia)
La vita associata non è individualismo egoistico ma struttura
organica di leggi (nomoi)
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“Gnothi seauton”
“Conosci te stesso”
“Oh! pensate piuttosto all’anima; cercate che l’anima possa
diventar buona perfetta” (Platone, Apologia, 30b)
Il filosofo “si adopera in ogni modo di tenere separata l’anima
e abituarla a raccogliersi e a racchiudersi in se medesima
fuori da ogni elemento corporeo e a restarsene per quanto è
possibile, anche nella vita presente come nella futura, tutta
solitaria in se stessa, intesa questa sua liberazione dal corpo
come da catene” (Platone, Fedone, 67e)
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Antropologia “dall’alto”
Dall’anima e non dal corpo
“L’anima è colta immediatamente, intuitivamente, con una
visione eidetica; questa la sottrae all’angoscia del dubbio e
della incertezza. La verità dell’anima è la prima verità, su cui
si innestano tutte le altre: le verità etiche, politiche e
religiose. E’ una verità speculativa ma allo stesso tempo
esistenziale, per la quale vale la pena vivere e morire,
perché l’anima è immortale” (B. Mondin)
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Il corpo
L’anima è preesistente al corpo
Il corpo è la prigione dell’anima, ma allo stesso momento
anche il suo strumento di purificazione e di liberazione
Incatena l’anima alle passioni, la seduce con i suoi piaceri, la
sporca e la avvilisce con i suoi vizi
Ma l’anima può addomesticarlo e servirsene per purificare se
stessa e liberarsi dalla sua prigione
Tra i due elementi non esiste nessuna affinità, l’uomo non è
composto da entrambi e due
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Dimostrazione dell’immortalità
dell’anima
Ne tratta in sei dialoghi: Gorgia, Fedro, Simposio, Fedone,
Repubblica e Leggi
“Caro amico, direi che quasi tutti gli uomini non conoscano la
vera natura dell’anima e le caratteristiche di cui l’anima gode;
assai grossolana è l’ignoranza su tali aspetti del problema
ma soprattutto sull’origine. Ignorano che l’anima è da
principio; che è esistita prima di tutti i corpi. Essa che ne
governa in particolar modo ogni singola trasformazione e
ogni combinazione” (Timeo, 892a)
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Gorgia:
Perché Socrate il giusto, è stato ucciso, e l’ingiusto trionfa?
L’uomo non è il suo corpo ma la sua anima. Se il giusto
soffre in questa vita, vittima della prepotenza e dei soprusi
degli ingiusti e dei violenti, soffre nel corpo e può, al limite,
perdere il corpo, ma salva l’anima e la salva per l’eternità
“[B]isogna guardarsi attentamente dal commettere
ingiustizia, assai più che dal riceverla, questa ingiustizia.
L’uomo, inoltre, abbiamo ormai concluso, deve rivolgere ogni
cura e ogni studio, non a sembrar d’essere buono ma a
esserlo veramente” (Gorgia 492)
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Fedro:
L’anima è immortale perché caratterizzata
dall’automovimento
“Abbiamo dimostrato immortale ciò che è causa del proprio
movimento. E non v’è più ragione d’esitare: ciò appunto è,
espressa in termini di definizione, l’essenza dell’anima. In
realtà qualsiasi corpo, cui dal di fuori proviene il movimento, è
privo di anima. Ciò che per interiore energia, da se stesso ha
movimento, è invece animato. E’ tale appunto la natura
dell’anima. E se soltanto anima è ciò che da se stesso è
mosso, ne viene, conseguenza ineluttabile, che senza
rapporto d’origine dovuto a generazione e immortale è
l’anima” (Fedro 245e)
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Simposio:
Argomento a partire dall’amore (eros)
“Ma puoi pensare che brutta sia la vita d’un uomo che riesce
a volgere lo sguardo lassù? D’un uomo che contemplando,
valendosi di facoltà conveniente, lassù, con quella Bellezza
insieme dimora? Non t’accorgi che mentre ha lo sguardo
lassù rivolto, mentre con quella facoltà con cui sola deve
essere contemplata, contempla Bellezza, a quest’uomo unico
sarà concesso di dare alla luce, non fantasmi di virtù ma cose
vere? Oh! non a fantasmi, ma alla verità stessa egli è
congiunto. E a quest’uomo, generatore di virtù vera; a questo
uomo, capace di sostenere virtù e di sostenerla, a lui solo è
concesso di godere dell’amicizia di Dio. A lui, più che ad ogni
altro, diventare immortale” (Simposio 212a)
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Fedone:
Luogo principale per la dimostrazione dell’esistenza e
immortalità dell’anima
Prova basata sulla reminiscenza
Affinità dell’anima con le idee
Basata sui contrari
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Repubblica:
Prova basata sul male
Il male è ciò che corrompe e distrugge, mentre il bene è ciò che
giova e avvantaggia
Ogni cosa ha un male peculiare e un bene peculiare
Può essere distrutta solo dal male proprio non da quello di altre
cose (ad esempio quello del proprio corpo!)
Quindi conviene trovare qualcosa che non può essere distrutta
nemmeno dal proprio male
E questa è l’anima: il suo male è il vizio
“Quando pertanto una cosa non perisce di alcun male né proprio
né estraneo, è evidente essere necessario che quella cosa sia
sempre; e se è sempre, è immortale” (Repubblica 610e – 611a)
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Leggi:
Critica i naturalisti che fanno derivare l’anima dai quattro elementi:
aria, terra, fuoco, acqua
Rispetto a loro conviene rovesciare il rapporto tra anima e corpo
“L’anima è esistita prima di tutti i corpi […] l’anima è più antica del
corpo” (Leggi 892a-b)
Ingenerato e immortale è ciò che è causa del proprio movimento
(solo il vivente si automuove, la materia riceve il movimento da altro)
“Ormai è dimostrato che l’anima è fontale origine e moto primevo di
quanto esiste, di quanto fu, di quanto sarà […]. Allora, esattamente e
opportunamente, con piena verità e con ragione consumante,
abbiamo detto che l’anima è sorta prima del corpo; invece il corpo in
momento successivo. Diremo pure che l’anima è signora; l’altro,
invece, è sottoposto per naturale ragione” (Leggi, 896)
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Tre anime?
Anima razionale
Anima irascibile
Anima concupiscibile
Oppure una sola anima con tre facoltà? Tre tipi di anima?
Due anime (una mortale con due istinti, concupiscibile e
irascibile, e una immortale)?
“con l’anima nella sua totalità compiamo ciascuno di questi
atti (intellettivi, irascibili, concupiscibili) ogniqualvolta l’uomo
si accinge a compierli” (Repubblica 436b)
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Le dimensioni antropologiche e
politiche delle tre parti psicologiche
Timeo: all’anima razionale assegna la testa, a quella
irascibile il petto, e a quella concupiscibile il ventre
Repubblica: “A quella guisa che nello Stato tre sono le classi
che lo compongono, le classi del guadagno, delle armi e del
governo, così anche nell’anima l’irascibile non costituisce
forse la terza potenza? Ed è potenza che segue
naturalmente la potenza razionale. Salvo sempre il caso che,
malamente educatolo, se ne alteri la naturale propensione”
(Repubblica, 441a)
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La reminiscenza
“E poiché dunque l’anima è immortale ed è più volte rinata, e
poiché ha veduto tutte le cose, e quelle di questo mondo e quelle
dell’Ade, non vi è nulla che non abbia imparato, sicché non è cosa
sorprendente che essa sia capace di ricordarsi e intorno alle virtù
e intorno alle altre cose che anche in precedenza sapeva. E
poiché la natura tutta è contingente, e poiché l’anima ha imparato
tutto quanto, nulla vieta che chi si ricordi di una cosa – ciò che gli
uomini denominano apprendimento – costui scopra anche tutte le
altre purché sia forte e non si scoraggi nel ricercare: infatti il
ricercare e l’apprendere sono in generale un ricordare. Non
bisogna dunque prestare fede a quel discorso eristico; esso infatti
ci renderebbe neghittosi, e suona gradito agli orecchi degli uomini
inetti; questo nostro invece rende operosi e stimola alla ricerca”
(Menone 81c-d)
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Sant’Agostino (354–430)
“Nella concezione agostiniana dell’uomo si ritrovano i
differenti motivi cui si ispirava l’antropologia antica, inseriti in
un insieme religioso, ove acquistano un nuovo significato e si
uniscono per formare un nuovo tipo di uomo. […] In questa
relazione con il Dio personale sta il dato nuovo che permette
all’uomo di conservare la sua personalità emana, foss’anche
davanti alla visione che ha dell’anima. L’uomo [...] non può
rimanere nella visione della sua anima. Tende a superarla.
Ma ciò che trova allora è Dio ed in Dio egli ritrova se stesso,
un essere di lotte e di sofferenze che aspira alla liberazione”
(B. Groethuysen, 146s.).
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Il “dubbio”
“sono certissimo di essere, di conoscermi, di amarmi, né
temo contro queste verità gli argomenti degli accademici che
dicono: e se ti inganni? Se mi inganno vuol dire che sono,
che esisto (si enim fallor, sum, exsisto). Certo chi non esiste
non può neppure ingannarsi: se mi inganno, perciò stesso io
sono. Perché dunque io esisto dal momento che mi inganno,
come posso ingannarti intorno al mio essere quando è certo
che io sono, per il fatto stesso che io mi inganno? Poiché
dunque esisterei io che mi inganno, anche nell’ipotesi che mi
ingannassi, io indubbiamente non mi inganno nel sapere di
esistere” (De civitate Dei XI, 26)
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Metodo: “introspezione”
“Noli foras ire, in teipsum redi. […] in interiore homine habitat
veritas” (De vera religione, 37)
“Nos non possumus capere nos, et certe non sumus extra
nos” (De anima, IV, 6, 8)
L’anima non è più l’anima di me, ma la mia anima
Ma Dio ha creato anche il corpo: “l’’uomo è una sostanza
razionale che consiste di anima e corpo” (De Trinitate XV, 7,
11)
“l’anima come parte superiore, il corpo come parte inferiore”
(De civitate Dei XIII, 24, 2)
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La verità
“Se la verità fosse eguale alla nostra mente, anch’essa sarebbe nel
divenire. Infatti la nostra mente ora la intuisce di più, ora di meno.
Palesa così di essere nel divenire. Al contrario la verità,
permanendo in sé, non aumenta quando ci si manifesta di più, non
diminuisce quando ci si manifesta di meno, ma integra ed
immateriale, allieta di luce quelli che ad essa si volgono, punisce
con la cecità quelli che si volgono in opposta direzione. E che dire,
dal momento che mediante essa giudichiamo della nostra stessa
mente mentre non possiamo affatto giudicare di essa? Si dice
infatti: ‘Intende di meno di quanto deve’, oppure ‘Intende tanto
quanto deve’. La mente deve appunto tanto più capire quanto più
si avvicina alla immutabile verità. Pertanto se essa non è né
inferiore né eguale, rimane che sia eminentemente superiore” (De
libero arbitrio II, 12, 24).
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Il libero arbitrio
“Infatti compiamo molte azioni che non compiremmo se non
volessimo […]. Affermare che necessariamente, quando si vuole,
si vuole col libero arbitrio è senza dubbio affermare il vero, ma non
per questo il libero arbitrio si considera soggetto alla necessità che
toglie la libertà. C’è dunque una nostra volontà ed essa è causa
efficiente di ogni azione che si compie volendo e che non sarebbe
compiuta se non si volesse” (De civitate Dei V, 10, 1)
“c’è nell’uomo una determinata facoltà, per cui è superiore agli
animali; si chiama mente o spirito o meglio l’uno e l’altro. Se essa
domina pienamente su tutte le facoltà di cui è costitutito, allora
l’uomo è davvero ordinatissimo [...]. Quando dunque la ragione
oppure mente o spirito, guida i movimenti irrazionali, domina
nell’uomo quel principio al quale il dominio spetta di diritto” (De
libero arbitrio I, 8, 18)
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Definizione dell’anima
“substantia quaedam rationis particeps regendo corpori
accomodata” (De quantitate animae XIII, 22)
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Prescienza divina?
“l’uomo non pecca perché Dio ha conosciuto per prescienza
che avrebbe peccato. Anzi, è innegabile che pecca, quando
pecca, perché Dio, la cui prescienza non può fallire, non ha
conosciuto per prescienza che il destino, il caso o altro di
simile bensì che lui stesso avrebbe peccato. Se non vuole
non pecca, ma se non vorrà peccare, anche questo Dio ha
conosciuto per prescienza” (De civitate Dei V, 10, 2)
“Male facimus ex libero voluntatis arbitrio” (De libero arbitrio
I, 16, 35)
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Amore
“L’amore è un dovere che si soddisfa quando si adempie, ma
vi si è obbligati anche quando sia stato soddisfatto, poiché
non vi è istante in cui non si debba adempiere; e non è
nemmeno un bene che si perda quando si dà ad altri, che
anzi si moltiplica col darlo, poiché si dà solo con l’averlo e
non già col mancarne. E poiché non si può dare se non si
ha, non può nemmeno aversi se non si dà; al contrario anzi
anche quando uno lo dà, cresce in lui e tanto più uno ne
acquista quanto più numerosi sono coloro ai quali lo dà.
Orbene, come potrebbe essere negato agli amici l’amore
ch’è dovuto persino ai nemici? Ma ai nemici l’amore è …
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Amare chi?
Dio e il prossimo: “Questa è la vera, perfetta e sola religione”
(De quant. Animae 34, 78)
Frui – Uti
“Qual è l’oggetto che dobbiamo scegliere per il nostro amore
più grande se non quello che troviamo essere il migliore di
ogni altro? Quest’oggetto è Dio e porre qualcosa al di sopra
di lui o al suo stesso livello è mostrare che non sappiamo
amare noi stessi. Infatti il nostro bene cresce man mano che
ci accostiamo a lui, di cui niente è migliore” (Epistole 155, 4,
13)
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“Persona”
Persona divina: con persona qui si intende “non una specie,
ma qualcosa di singolare e di individuale” (De Trinitate VII, 6,
11)
“Persona” qui la traduione del termine greco “hypòstasis”
(sostanza, “quello che sta stotto”, “sostrato”
Ma applicato anche all’individuo umano: “singulus quisque
homo […] una persona est” (De Trinitate XV, 7, 11)
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Antropologia “tripartita”
Anima ha due parti: razionale ed irrazionale
Quella irrazionale, comune agli animali: memoria, sensibilità,
tendenze
Quella razionale: mens, intelligentia, voluntas
Il creatore “diede a buoni e cattivi l’essere, condiviso anche
con le pietre, la vita vegetativa condivisa con le piante, la vita
sensitiva con gli animali, e la vita intellettiva solo con gli angeli
[…]. Egli ha dato al corpo nascita, bellezza, vigore, fecondità
[...]; all’anima irrazionale ha dato memoria, sensi e appetiti;
mentre a quella razionale ha aggiunto anche la mente,
l’intelligenza e la volontà” (De civitate Dei, 5, 11)
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“Perì psychés”
Può essere considerato il primo trattato di antropologia
filosofica
“Poiché consideriamo il sapere tra le cose belle e degne
d’onore, e una forma di sapere più di un’altra o in rapporto al
rigore o perché riguarda oggetti migliori o più mirabili, per
entrambi i motivi possiamo mettere ai primi posti la ricerca
sull’anima. Sembra inoltre che la conoscenza dell’anima
contribuisca grandemente alla verità in tutti i campi, e
specialmente alla ricerca sulla natura, giacché l’anima è
comune a tutti gli animali” (De anima I, 402a 1ss.)
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L’anima
Una cosa è se stessa quando ha la capacità di svolgere la
sua funzione
Un uomo morto è uomo solo per omonimia
Se manca la funzione più propria di qualcosa, gli viene a
mancare la sua essenza
“per i viventi l’essere è il vivere”
L’anima è causa e principio del corpo vivente
“per tutte le cose la causa dell’essere è l’essenza, e poiché
per i viventi l’essere è il vivere, la causa e il principio di
questo [cioè dell’essere] sarà l’anima”
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Dottrina “ilemorfica”
Tutte le sostanze sono composte di materia e forma
Nel caso dell’uomo il corpo è la materia e l’anima è la forma
L’anima è atto (entelecheia), il corpo è potenza (dynamis)
“E’ quindi manifesto che l’anima (od alcune sue parti se per
sua natura divisibile in parti) non è separabile dal corpo.
Ciononostante nulla impedisce che almeno alcune parti siano
separabili, in quanto non sono atto di nessun corpo” (De anima
II, 413a 5-10)
“L’anima è la causa primaria in virtù della quale noi viviamo,
pensiamo e percepiamo (con i sensi)” (De anima II, 414° 13-
14).
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Immortalità dell’anima?
“Riguardo all’intelletto e alla facoltà teoretica nulla è ancora
chiaro, ma sembra che sia un genere diverso di anima, e che
esso solo possa essere separato, come l’eterno dal corruttibile”
(De anima II, 413b 25-28)
Argomenta piuttosto “ex negativo” ossia confutando coloro che
negano l’immortalità dell’anima (naturalisti, atomisti)
Nell’anima c’è una facoltà, l’intelletto agente, che è irriducibile
alla materia e indeducibile da essa, e la trascende
“Non c’è dubbio dunque che l’anima non è separabile dal corpo,
o almeno non lo sono alcune sue parti, se essa è per sua natura
divisibile: infatti l’entelechia di alcune parti di essa sono
l’entelechia delle parti del corpo corrispondenti. Ma nulla vieta
che almeno alcune altre parti siano separabili, per il motivo
che non sono entelechie di alcun corpo” (De anima, 413a 4-7)
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“Ma l’intelletto sembra che sia in noi come una realtà sostanziale e
che non si corrompa. In effetti potrebbe corrompersi specialmente
per l’indebolimento che consegue alla vecchiaia. Ora invece
accade in questo caso qualcosa di simile a ciò che avviene negli
organi sensori. Se infatti il vecchio recuperasse un occhio adatto,
vedrebbe allo stesso modo del giovane. Di conseguenza si giunge
alla vecchiaia non perché abbia subito un’affezione l’anima, ma il
corpo in cui esso si trova; e la stessa cosa succede negli stati di
ubriachezza e di malattia. Il pensiero quindi e l’attività intellettiva
viene meno qualora un organo interno si corrompa, ma in se
stesso è impassibile. Pensare, amare ed odiare non sono proprietà
dell’intelletto, ma di questo determinato soggetto che lo possiede,
in quanto lo possiede. Perciò quando questo soggetto si corrompe,
l’intelletto non ricorda né ama, perché queste funzioni non sono
sue ma del composto che è perito. L’intelletto invece è forse
qualcosa di più divino e di impassibile” (De anima I, 408b 18-29)
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L’intelletto agente
“L’intelletto è in certo modo potenzialmente gli intelligibili, ma
in atto non è nessuno di essi prima di pensarli. Diciamo
potenzialmente allo stesso modo di una tavoletta per
scrivere, sulla quale non ci sia attualmente nulla di scritto. E’
precisamente questo il caso dell’intelletto […]. Poiché
nell’intera natura c’è qualcosa che costituisce la materia per
ciascun genere di cose (e ciò è quanto è potenzialmente
tutte le cose), e qualcos’altro che è la causa e il principio
produttivo in quanto tutte le produce, allo stesso modo che la
tecnica si rapporta alla sua materia, necessariamente queste
differenze si trovano anche nell’anima. E c’è un intelletto ...
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Differenza a Platone
“Il pensiero non è una specie né un grado, sia pure il più
intenso, del genere ‘essere’, perché l’essere non è un
genere, ma una pluralità di generi” (Berti)
“Esso è il primo termine di una pluralità di generi, disposti
secondo un ordine di anteriorità e posteriorità, cioè quello dal
quale dipendono tutti gli altri” (Berti)
“Per Aristotele, insomma, a differenza che per Platone, la
realtà più perfetta non è il predicato più universale, cioè
l’uno, o l’essere, o il bene, bensì è l’ente, anzi l’individuo, più
determinato, più singolare, uno sia dal punto di vista del
numero che dal punto di vista dell’essenza, cioè appunto il
pensiero del pensiero, la vita ottima ed eterna” (Berti)
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Etica Nicomachea
In che cosa consiste il vivere bene, la felicità?
Vita dedita al piacere
Vita dedita alla politica
Vita dedita alla conoscenza
La felicità può essere data solo da un’attività fine a se stessa
La funzione dell’uomo è l’esercizio dell’intelletto, vita divina,
perché è proprio quella degli dèi
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La soggettività dell’uomo
L’uomo è soggetto ossia “sostrato” di ogni movimento, sia
fisico che psichico
Ciò in virtù di cui è soggetto di movimento è l’anima
L’anima è “la forma di un corpo naturale che ha la vita in
potenza” (De anima II, 1, 412a 20-21)
L’anima è “sostanza” nel senso delle sostanze prime cioè
delle forme
“per esempio la tua natura e la tua forma e la tua causa
motrice sono diverse dalle mie, ma in universale e nella
nozione sono identiche” (Metafisica A 5, 1071a 28-29)
La sostanza individua è soggetto nel senso del “sostrato” del
divenire
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“Persona”
C’è persona “dovunque vi sia un soggetto dotato per natura,
cioè per nascita, anzi per generazione, della capacità di
svolgere tutte le funzioni proprie dell’anima razionale” (Berti)
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San Tommaso:
L’anima si definisce generalmente come: “l’atto primo di un
corpo organizzato e capace di organizzare le funzioni della vita”
(Gilson)
Come ogni forma, l’anima è un atto
Gli atti non si conoscono direttamente ma tramite i loro effetti,
ossia l’esistenza di centri di movimenti spontanei (vegetali,
animali, uomo)
L’anima non semplicemente “muove” un corpo, ma fa sì che ce
ne sia uno
L’anima è l’atto primo: fa essere il corpo vivente
“Si può quindi affermare che l’anima intende, come l’occhio
vede; ma in senso rigoroso è meglio dire che è l’uomo a
intendere, mediante l’anima” (STh I 75, 2 ad 2)
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La “forma” dell’anima:
E’ come quella angelica nella totalità del suo essere
L’anima a sua volta è composta da potenza e atto, non di
materia e forma (!): l’esistenza è distinta dall’essenza (STh I
75, 5 ad 4). “Dio solo, che è lo stesso suo essere, è un atto
puro e infinito. Invece nelle sostanze intellettuali si ha
composizione di atto e di potenza: non già di materia e di
forma, ma di forma e di essere partecipato”
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Anima e corpo
L’anima è essenzialmente e necessariamente unibile a un corpo
Non è “pura intelligenza” ma “semplice intelletto” (Gilson)
Quindi l’anima ha un grado di intellettualità inferiore all’angelo
(STh I 75, 7 ad 3)
La materia non può essere cattiva per sé (come dicono i
Manichei) perché in questo caso sarebbe nulla
La materia è fonte di bene per le forme
“Il corpo non è la prigione dell’anima, ma un servitore e uno
strumento al suo servizio; l’unione dell’anima e del corpo non è
un castigo dell’anima, ma un vincolo benefico, grazie al quale
l’anima umana raggiungerà la completa perfezione” (Gilson)
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Parti e tutto
Le parti materiali esistono in virtù della perfezione del tutto
Vale per il rapporto materia-forma e anima-corpo
Ma anche per il rapporto delle creature tra di loro: gli individui
esistono per la perfezione dell’universo e questo esiste per
Dio
Quindi se ogni parte materiale è un bene per la forma, quale
bene costituisce il corpo per l’anima?
L’anima, essendo al grado più basso di quella degli angeli,
non riesce a sussistere come forma separata, quindi ha
bisogno del corpo
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Individuazione e immortalità
dell’anima individuale
L’individuazione sta solo nella composizione tra forma e
materia, anima e corpo
Ogni soggetto ha l’individuazione nella misura in cui ha
l’esistenza
Per questo sopravvive alla morte anche l’individuazione
dell’anima: l’anima non cessa di esistere, perché non è il corpo
a darle l’essere, l’anima riceve il suo essere da Dio
“Ma se conserva il suo essere, come potrebbe perdere la sua
individuazione?” (Gilson)
Sebbene l’individuazione ha a che fare con il corpo, il suo
essere l’anima non ce l’ha dal corpo
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De anima, un., 1 ad 2
“unumquodque secundum idem habet esse et
individuationem. […] Sicut igitur esse animae est a Deo sicut
a principio activo, et in corpore sicut in materia, nec tamen
esse animae perit pereunte corpore; ita et individuatio
animae, etsi aliquam relationem habeat ad corpus, non
tamen perit corpore pereunte”
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“Persona”
“L’essere ‘individui’ o ‘casi particolari’ di una specie si realizza
in un modo particolarmente speciale e più perfetto negli esseri
dotati di intelligenza: essi dispongono di ciò che sono e non
solo compiono azioni, come gli altri, ma ciò che fanno
dipende intrinsecamente da loro […]. Perciò, rispetto agli
altri esseri, i singoli individui di natura razionale possiedono
anche un nome speciale. E questo nome è persona. E perciò
nella succitata definizione di persona [Boezio: persona est
rationalis naturae individua substantia] viene posta la sostanza
individuale, in quanto persona significa qualcosa di singolare
nel genere della sostanza. Si specifica però ‘di natura
razionale’, in quanto ‘persona’ si riferisce ad una singola
sostanza tra quelle razionali” (STh I 29, 1)
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