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Antropologia filosofica

Anno accademico 2016/17


Prof. Markus Krienke
Professore invitato
krienke@rosmini.de
Ricevimento: giovedì, ore 12.00–13.00
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Indice
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1. Introduzione sistematica all’antropologia


filosofica: oggetto e metodo (6 ottobre)
2. Storia dell’antropologia filosofica I: Socrate,
Platone, Sant’Agostino (7, 13, 14 ottobre)
3. Storia dell’antropologia filosofica II: Aristotele,
San Tommaso (20, 21, 27 ottobre)
4. Storia dell’antropologia filosofica III: Locke,
Kant, Hegel (28 ottobre, 3 novembre)
5. Storia dell’antropologia filosofica IV: Scheler,
Stein (4, 10, 11, novembre)
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6. Storia dell’antropologia filosofica V: Gehlen,


Plessner (17 novembre)
7. Questioni sistematiche I: Morte e immortalità (18, 24
novembre)
8. Questioni sistematiche II: L’uomo e la libertà (25
novembre, 1, 2 dicembre)
9. Questioni sistematiche III: L’uomo e il suo corpo (15,
16 dicembre)
10.Questioni sistematiche IV: L’uomo tra natura, cultura
e tecnica (12, 13 gennaio)
11.Parte monografica: Antonio Rosmini (19, 20
gennaio)
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Introduzione

Oggetto e metodo
dell’Antropologia filosofica
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La domanda dell’uomo
 “Il campo della filosofia si può racchiudere nelle seguenti
questioni:
1. che cosa io posso pensare;
2. che cosa debbo fare;
3. che cosa posso sperare;
4. che cosa è l’uomo.
In fondo tutto questo si potrebbe ridurre all’antropologia” (I.
Kant, Critica della ragion pura).
 “Deum et animam scire cupio. – Nihilne plus? – Nihil omnino”
(Sant’Agostino, Soliloquia, I, 2, 7).
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E’ possibile dare una “definizione”


dell’uomo?
 “l’uomo è un ente così vasto, vario e poliforme che ogni
definizione si dimostra troppo limitata. I suoi aspetti sono
troppo numerosi” (M. Scheler)
 “Difficile è scoprire l’uomo; più difficile che egli si riveli a se
stesso; molte volte lo spirito mente sul conto dell’anima” (F.
Nietzsche)
 “L’uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in
quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono”
(Protagora, 486-411 a.C.)
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Battista Mondin:
 “Credo che non sia errato affermare che la soluzione del
problema antropologico sia ancora più difficile della
soluzione del problema teologico. In entrambi i casi ciò che è
in gioco è la trascendenza. Ma è più facile capire la
trascendenza di Dio rispetto al mondo, che la trascendenza
dell’anima rispetto al corpo; inoltre è più facile chiarire i
rapporti tra Dio e il mondo dei rapporti tra l’anima e il corpo;
infine è più facile stabilire l’eternità di Dio che l’immortalità
dell’anima” (Storia dell’antropologia filosofica, I, 14).
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Le scienze frantumano sempre di


più la prospettiva sull’uomo:
 Specificazione delle ricerche
 Settorializzazione
 Approccio empirico (-empirista)
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Martin Heidegger:
 “Nessun’epoca ha avuto, come l’attuale, nozioni così
numerose e svariate sull’uomo. Nessun’epoca è riuscita
come la nostra a presentare il suo sapere intorno all’uomo in
modo così efficace ed affascinante, e a comunicarlo in modo
tanto rapido e facile. E’ anche vero però che nessun’epoca
ha saputo meno della nostra che cosa sia l’uomo. Mai l’uomo
ha assunto un aspetto così problematico come ai nostri
giorni” (Kant e la metafisica, Genova 1961, 275s.)
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Approccio “integrale”:
 “L’uomo ci interessa nella sua totalità, non per questo o
quello dei suoi aspetti. Le singole scienze specializzate
(antropologia, linguistica, fisiologia, medicina, psicologia,
sociologia, economia, scienze politiche), malgrado i loro
sforzi tendono a limitare la totalità dell’individuo,
considerandolo dal punto di vista di una funzione o di un
impulso particolare. La nostra conoscenza dell’uomo ne
risulta frantumata: troppo spesso scambiamo una parte per il
tutto. E’ questo l’errore che ci proponiamo di evitare” (A.
Heschel, Chi è l’uomo, Milano 1971, 15).
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Porre le domande giuste…


1. Chi siamo?
2. Che cos’è l’uomo?
3. Che cos’è un uomo?
4. Chi è un uomo?
5. E’ questo un uomo?
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Chi siamo?
 Non poniamo la domanda da soli
 Auto-referenzialità della domanda, in un triplice modo:
1. Siamo “noi stessi” che poniamo la domanda (siamo il soggetto
della domanda)
2. “Noi stessi” poniamo la domanda (poniamo la domanda in
modo autonomo)
3. Poniamo la domanda di “noi stessi” (siamo anche l’oggetto
della domanda)
 Compito dell’antropologia filosofica è il chiarimento di ciò che
costituisce l’identità di noi in quanto uomini
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Che cos’è l’uomo?


“O Signore, che cos’è l’uomo perché te ne ricordi? e il figlio
dell’uomo perché ti curi di lui?
Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e d’onore
l’hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi, tutti i greggi e gli armenti, tutte
le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci che
percorrono la via del mare.
O Sigore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la
terra” (Sal 8,5-10)
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Max Scheler:
 “Se c’è un problema filosofico, del quale la nostra epoca
richiede con particolare urgenza la soluzione, è quello
dell’antropologia filosofica. Intendo con ciò una scienza
fondamentale intorno all’essenza e alla struttura eidetica
dell’uomo; al suo rapporto con i regni della natura (minerali,
piante, animali) e con il principio di tutte le cose, alla sua
essenziale origine metafisica e al suo inizio fisico, psichico e
spirituale nel mondo; alle forze e alle potenze che agiscono
su di lui e quelle sulle quali egli agisce; alle direzioni e alle
leggi fondamentali del suo sviluppo biologico, psichico,
spirituale e sociale, considerate nelle loro essenziali …
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… possibilità e realtà. I problemi del rapporto tra anima e


corpo (tra psichico e fisico) e il rapporto tra lo spirito e la vita
sono compresi in una siffatta antropologia, la quale soltanto
potrebbe dare un valido fondamento di natura filosofica e
insieme finalità determinante e sicure alla ricerca di tutte le
scienze, che hanno come oggetto l’uomo: scienze naturali e
mediche, preistoria, etnologia, scienze storiche e sociali,
psicologia normale ed evolutiva, caratteriologia” (Mensch und
Geschichte, in: Philosophische Weltanschauung, Berna 1954,
48)
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Di che tipo sarà il “sapere


sull’uomo”?
 Non sarà quello delle scienze della natura, anche se l’antropologia
si avvale di esse
 Non sarà quello delle scienze sociali, anche se l’antropologia
dialoga con esse
 Non sarà un mero dato “esistenzialistico”, anche se l’antropologia
prende sul serio questa dimensione
 Non sarà un sapere “teologico” anche se proprio nel cristianesimo
l’antropologia è una chiave essenziale per comprendere la
rivelazione e la fede
 Sarà un “sapere orientativo” (un sapere giustificato che indica
delle direzioni, senza essere un sapere deduttivo ed “essenziale”)
con il quale l’uomo può orientarsi in tutte queste discipline
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Che cos’è un uomo?


 Non è una domanda di antropologia filosofica
 Questa domanda cerca l’esattezza scientifica, la definizione,
la conoscenza di un’essenza
 Conoscere la DNA significa conoscere l’uomo?
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Chi è un uomo?
 Non è una domanda di antropologia filosofica
 E’ la domanda come si delimita l’estensione dell’applicazione
del termine “essere umano”: l’uomo neandertal? L’embrione?
(in tempi antichi: i barbari sono esseri umani nel senso pieno
della parola? Le donne?)
 Questioni bioetiche
 Questa domanda presuppone il chiarimento su che cos’è
l’uomo
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E’ questo un uomo?
 Non è una domanda di antropologia filosofica
 Ad es. la domanda chiede se qualcuno che commette una
bestialità inaudita, è da considerarsi “uomo”? Si chiede
quindi se “umanità” è applicabile a tutti
 La domanda ha un senso descrittivo (“errare è umano”) e
anche normativo (“la tortura è inumana”)
 Questa domanda, quindi, è tema dell’etica e della filosofia e
teologia morale, nonché della bioetica (“si può intervenire
con la tecnica nel processo riproduttivo”)
 L’antropologia filosofica, quindi, non è una disciplina
normativa
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Le critiche all’antropologia filosofica


1. Critica di metafisicità
2. Critica di normativismo
3. Critica di conservatorismo
4. Critica di oggettivismo
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Critica di metafisicità
 Da parte delle scienze
 L’uomo è nient’altro che il suo organismo, un corpo fisico
 Riduzionismo verticale: per sapere qualcosa dell’uomo,
bisogna suddividerlo, sezionarlo nelle sue parti (molecole,
geni, cellule ecc.)
 L’antropologia usa troppi concetti metafisici che impediscono
di conoscere questa unica realtà dell’uomo
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Risposte
 Il riduzionismo verticale ontologicamente è molto dubbio ed
esposto a tante critiche. L’uomo è anche il suo corpo fisico ma lo è
soltanto?
 Ogni accesso alla realtà, anche quello scientifico, è basato su dei
presupposti; ogni osservazione presuppone una teoria
 Ci sono sempre una molteplicità di possibilità di spiegare la realtà:
causale, funzionalistico, intenzionale. Queste tre dimensioni
stanno sempre insieme. Non si possono ridurre queste prospettive
l’una all’altra
 Le stesse scienze non sono più indirizzate a trovare una formula
universale, “globale”
 Anche la scienza non può ignorare il “senso comune” della realtà
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Critica di normativismo
 “nel mondo non esiste l’uomo. Nella mia vita ho visto
francesi, italiani, russi ecc.; so pure, grazie a Montesquieu,
che si può essere persiani; ma, quanto all’uomo, dichiaro di
non averlo mai incontrato in vita mia; se esiste, è a mia
insaputa” (Joseph de Maistre)
 Si rimprovera all’antropologia di propagare, con l’idea di un
tipo normativo universale dell’essere umano, una sorta di
ideologia che delegittima e sopprime il singolo, il particolare
uomo
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Risposte
 Esistono proprietà di vari livelli, quelle più individuali, e quelle
più universali
 Tutta la filosofia, sin da Aristotele, afferma che nelle varie
discipline è possibile un’esattezza solo in quella misura in cui
lo consente l’oggetto di esse
 Non si possono applicare, in questo senso, all’antropologia i
criteri delle “scienze esatte”
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Critica di conservatorismo
 Anche se individuassimo dei criteri universali per l’essere
umano, esse non dicono nulla dell’uomo in quanto tale, ma
soltanto sulle sue condizioni di vita in un mondo in cui
nessuno sa sottrarsi alle pressioni sociali
 Non possiamo conoscere le caratteriscihe universali
dell’essere umano, ma soltanto ruoli sociali, reazioni
nevrotiche, adeguamenti alla società
 Le norme sociali ci determinano in una intensità che non
possiamo parlare di un’“essenza immutabile” dell’essere
umano
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Risposte
 Gli influssi sociali non sono di per sé ostili all’essere umano:
soltanto tramite la socializzazione esso diventa uomo in
senso pieno, quindi anche tramite il suo rapporto ad altri
 Per trovare in questo il giusto equilibrio tra descrizione,
normatività e critica sociale, urge dialogo tra antropologia e
discipline sociali
 Trattare delle possibilità e prospettive dello sviluppo umano,
approccio delle capabilità
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Critica di oggettivismo
 L’antropologia filosofica non registra dimensioni importanti e
fondamentali dell’essere umano quali la sua costituzione
corporea, l’atuocoscienza e il libero arbitrio
 L’antropologia parla dell’uomo solo nella prospettiva della
terza persona, mai della prima
 Le dimensioni davvero umane però non si lasciano scoprire
da una prospettiva esterna: dimensioni si esistenzialità e
libertà
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Risposte
 La filosofia dell’esistenza non può sostituire l’antropologia
perché anche la prospettiva oggettiva porta a tanti risultati
che non sono accessibili da una prospettiva completamente
interna ed esistenziale
 Se si identifica l’uomo solo con la sua dimensione interna,
allora si perdono le dimensioni corporee e sociali dell’essere
umano
 L’antropologia parla del soggetto, soprattutto se si pensa a
Merleau-Ponty, Scheler e Plessner
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Storia dell’Antropologia filosofica I:

Socrate, Platone, Sant’Agostino


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Socrate (469–399 a.C.)


 “Creatore dell’antropologia filosofica” (B. Mondin)
 Dalla cosmologia all’antropologia: “Che cosa fa la filosofia
per l’anima umana?”
 Nel 400 era accusato di empietà e di corruzione della
gioventù, e dopo la condanna a morte beve la cicuta
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Missione di Socrate:
 “Io vado intorno facendo nient’altro se non cercare di
persuadere voi, e più giovani e più anziani, che non dei corpi
dovete prendervi cura, né delle ricchezze né di alcun’altra
cosa prima e con maggior impegno che dell’anima, in modo
che diventi buona il più possibile, sostenendo che la virtù
non nasce dalle ricchezze, ma che dalla virtù stessa
nascono le ricchezze e tutti i beni per gli uomini e in privato e
in pubblico” (Platone, Apologia, 30)
 Liberare i suoi concittadini dall’influsso nefasto dei sofisti
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Il principio razionale
 La conoscenza non è opinione (doxa) ma conoscenza
(episteme) e concetto (logos)
 La virtù (areté) non è abilità ma sapienza (sofia)
 La vita associata non è individualismo egoistico ma struttura
organica di leggi (nomoi)
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Che cos’è l’uomo?


 L’uomo è la sua anima (psyché)
 L’anima è fondamento metafisico per l’etica
 “Labbro greco non aveva prima di lui pronunziato così questa
parola. Si ha il sentore di qualcosa che ci è noto per altra via, e
il vero è che qui per la prima volta nel mondo della civiltà
occidentale ci si presenta quello che ancora oggi talvolta
chiamiamo con la stessa parola… La parola ‘anima’, per noi, in
grazia delle correnti spirituali per cui è passata la storia, suona
sempre con un accento etico o religioso; […] suona cristiana.
Ma questo alto significato, essa lo ha preso nella predicazione
protrettica di Socrate” (W. Jaeger, Paideia, Firenze 1967, II, 63)
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“Gnothi seauton”
 “Conosci te stesso”
 “Oh! pensate piuttosto all’anima; cercate che l’anima possa
diventar buona perfetta” (Platone, Apologia, 30b)
 Il filosofo “si adopera in ogni modo di tenere separata l’anima
e abituarla a raccogliersi e a racchiudersi in se medesima
fuori da ogni elemento corporeo e a restarsene per quanto è
possibile, anche nella vita presente come nella futura, tutta
solitaria in se stessa, intesa questa sua liberazione dal corpo
come da catene” (Platone, Fedone, 67e)
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Esistenza dell’anima spirituale


1. Familiarità dell’anima con le idee (conoscenza intellettiva)
2. Superiorità dell’anima rispetto al corpo
3. Partecipazione essenziale dell’anima alla vita
4. Testimonianza della propria vita: “Coloro che filosofano
rettamente si esercitano a morire, e la morte è per loro cosa
assai meno paurosa che per chiunque altro degli uomini.
Rifletti bene su questo. Se veramente i filosofi sono per ogni
rispetto in discordia col corpo, e hanno desiderio di essere soli
con la propria anima; se costoro, quando questo desiderio si
avvera, fossero presi da paura e da dolore, non sarebbe una
grande contraddizione?” (Platone, Fedone, 67e)
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Antropologia “dall’alto”
 Dall’anima e non dal corpo
 “L’anima è colta immediatamente, intuitivamente, con una
visione eidetica; questa la sottrae all’angoscia del dubbio e
della incertezza. La verità dell’anima è la prima verità, su cui
si innestano tutte le altre: le verità etiche, politiche e
religiose. E’ una verità speculativa ma allo stesso tempo
esistenziale, per la quale vale la pena vivere e morire,
perché l’anima è immortale” (B. Mondin)
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Platone (427–437 a.C.)


 L’uomo è il centro della filosofia: “Che cosa sia un uomo e che
cosa convenga alla natura umana fare o subire in modo diverso
dalle altre nature, di questo va in cerca e si impegna a fondo
nell’indagine il filosofo” (Teeteto, 174B).
 Il filosofo si occupa dell’anima: “annuncia il suo destino e […]
nello stesso tempo agisce su di essa e la conduce
all’immortalità. La filosofia appare come un intervento nella vita a
cui impone un fine che la oltrepassa e che si comprende
mediante il mito. L’attività di colui che insegna la filosofia prende
un carattere mitico. Vista in questa prospettiva, essa sembra
compiere la guarigione dell’anima, rendendola immortale” (B.
Groethuysen, Antropologia filosofica, Napoli 1969, 27)
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L’anima è divina e immortale


 “A ciò che è divino, immortale, direttamente intuibile, a ciò la
cui forma è una sola, a ciò che è indissolubile e sempre allo
stesso modo mantiene la propria identità, la cosa più
somigliante è l’anima” (Fedone, 80a-b)
 “L’anima che ha perduto le ali viene portata giù, finché si
attacca a qualcosa di solido. Quivi prende dimora; quivi un
terreno involucro corporeo assume e questo par che muova
sé per se stesso, mentre è la potenza di lei che lo muove. Il
tutto fu chiamato vivente animale (zoon), e questo tutto,
anima e corpo (psyché kai soma) insieme compaginati, ebbe
nome appunto di mortale” (Fedro 246e)
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Il corpo
 L’anima è preesistente al corpo
 Il corpo è la prigione dell’anima, ma allo stesso momento
anche il suo strumento di purificazione e di liberazione
 Incatena l’anima alle passioni, la seduce con i suoi piaceri, la
sporca e la avvilisce con i suoi vizi
 Ma l’anima può addomesticarlo e servirsene per purificare se
stessa e liberarsi dalla sua prigione
 Tra i due elementi non esiste nessuna affinità, l’uomo non è
composto da entrambi e due
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Dimostrazione dell’immortalità
dell’anima
 Ne tratta in sei dialoghi: Gorgia, Fedro, Simposio, Fedone,
Repubblica e Leggi
 “Caro amico, direi che quasi tutti gli uomini non conoscano la
vera natura dell’anima e le caratteristiche di cui l’anima gode;
assai grossolana è l’ignoranza su tali aspetti del problema
ma soprattutto sull’origine. Ignorano che l’anima è da
principio; che è esistita prima di tutti i corpi. Essa che ne
governa in particolar modo ogni singola trasformazione e
ogni combinazione” (Timeo, 892a)
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Gorgia:
 Perché Socrate il giusto, è stato ucciso, e l’ingiusto trionfa?
 L’uomo non è il suo corpo ma la sua anima. Se il giusto
soffre in questa vita, vittima della prepotenza e dei soprusi
degli ingiusti e dei violenti, soffre nel corpo e può, al limite,
perdere il corpo, ma salva l’anima e la salva per l’eternità
 “[B]isogna guardarsi attentamente dal commettere
ingiustizia, assai più che dal riceverla, questa ingiustizia.
L’uomo, inoltre, abbiamo ormai concluso, deve rivolgere ogni
cura e ogni studio, non a sembrar d’essere buono ma a
esserlo veramente” (Gorgia 492)
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Fedro:
 L’anima è immortale perché caratterizzata
dall’automovimento
 “Abbiamo dimostrato immortale ciò che è causa del proprio
movimento. E non v’è più ragione d’esitare: ciò appunto è,
espressa in termini di definizione, l’essenza dell’anima. In
realtà qualsiasi corpo, cui dal di fuori proviene il movimento, è
privo di anima. Ciò che per interiore energia, da se stesso ha
movimento, è invece animato. E’ tale appunto la natura
dell’anima. E se soltanto anima è ciò che da se stesso è
mosso, ne viene, conseguenza ineluttabile, che senza
rapporto d’origine dovuto a generazione e immortale è
l’anima” (Fedro 245e)
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Il mito del Fedro:


 Viaggio dell’anima che ascende vero l’Iperuranio sotto la
spinta dell’eros
 Carro alato: trainato da due cavalli (quello mansueto, la
facoltà irascibile, e quello bizzoso, la facoltà concupiscibile),
e guidato da un’auriga (la ragione)
 Reale sostiene che non si tratta delle due facoltà (che sono
legate al corpo) ma delle due pulsioni fondamentali che
accompagnano sempre l’anima
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Simposio:
 Argomento a partire dall’amore (eros)
 “Ma puoi pensare che brutta sia la vita d’un uomo che riesce
a volgere lo sguardo lassù? D’un uomo che contemplando,
valendosi di facoltà conveniente, lassù, con quella Bellezza
insieme dimora? Non t’accorgi che mentre ha lo sguardo
lassù rivolto, mentre con quella facoltà con cui sola deve
essere contemplata, contempla Bellezza, a quest’uomo unico
sarà concesso di dare alla luce, non fantasmi di virtù ma cose
vere? Oh! non a fantasmi, ma alla verità stessa egli è
congiunto. E a quest’uomo, generatore di virtù vera; a questo
uomo, capace di sostenere virtù e di sostenerla, a lui solo è
concesso di godere dell’amicizia di Dio. A lui, più che ad ogni
altro, diventare immortale” (Simposio 212a)
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Fedone:
 Luogo principale per la dimostrazione dell’esistenza e
immortalità dell’anima
 Prova basata sulla reminiscenza
 Affinità dell’anima con le idee
 Basata sui contrari
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Repubblica:
 Prova basata sul male
 Il male è ciò che corrompe e distrugge, mentre il bene è ciò che
giova e avvantaggia
 Ogni cosa ha un male peculiare e un bene peculiare
 Può essere distrutta solo dal male proprio non da quello di altre
cose (ad esempio quello del proprio corpo!)
 Quindi conviene trovare qualcosa che non può essere distrutta
nemmeno dal proprio male
 E questa è l’anima: il suo male è il vizio
 “Quando pertanto una cosa non perisce di alcun male né proprio
né estraneo, è evidente essere necessario che quella cosa sia
sempre; e se è sempre, è immortale” (Repubblica 610e – 611a)
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Leggi:
 Critica i naturalisti che fanno derivare l’anima dai quattro elementi:
aria, terra, fuoco, acqua
 Rispetto a loro conviene rovesciare il rapporto tra anima e corpo
 “L’anima è esistita prima di tutti i corpi […] l’anima è più antica del
corpo” (Leggi 892a-b)
 Ingenerato e immortale è ciò che è causa del proprio movimento
(solo il vivente si automuove, la materia riceve il movimento da altro)
 “Ormai è dimostrato che l’anima è fontale origine e moto primevo di
quanto esiste, di quanto fu, di quanto sarà […]. Allora, esattamente e
opportunamente, con piena verità e con ragione consumante,
abbiamo detto che l’anima è sorta prima del corpo; invece il corpo in
momento successivo. Diremo pure che l’anima è signora; l’altro,
invece, è sottoposto per naturale ragione” (Leggi, 896)
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Tre anime?
 Anima razionale
 Anima irascibile
 Anima concupiscibile
 Oppure una sola anima con tre facoltà? Tre tipi di anima?
Due anime (una mortale con due istinti, concupiscibile e
irascibile, e una immortale)?
 “con l’anima nella sua totalità compiamo ciascuno di questi
atti (intellettivi, irascibili, concupiscibili) ogniqualvolta l’uomo
si accinge a compierli” (Repubblica 436b)
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 “Chiameremo la potenza con cui l’anima ragiona facoltà


raziocinante dell’anima (logistikòn); la potenza invece con cui
ama, ha fame e ha sete, ed è trasportata a concepire
sempre nuovi desideri, facoltà irrazionale (alogistikòn) e del
concupiscibile (epithymetikòn) amica della ricchezza e dei
piaceri” (Repubblica 439d)
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Le dimensioni antropologiche e
politiche delle tre parti psicologiche
 Timeo: all’anima razionale assegna la testa, a quella
irascibile il petto, e a quella concupiscibile il ventre
 Repubblica: “A quella guisa che nello Stato tre sono le classi
che lo compongono, le classi del guadagno, delle armi e del
governo, così anche nell’anima l’irascibile non costituisce
forse la terza potenza? Ed è potenza che segue
naturalmente la potenza razionale. Salvo sempre il caso che,
malamente educatolo, se ne alteri la naturale propensione”
(Repubblica, 441a)
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La reminiscenza
 “E poiché dunque l’anima è immortale ed è più volte rinata, e
poiché ha veduto tutte le cose, e quelle di questo mondo e quelle
dell’Ade, non vi è nulla che non abbia imparato, sicché non è cosa
sorprendente che essa sia capace di ricordarsi e intorno alle virtù
e intorno alle altre cose che anche in precedenza sapeva. E
poiché la natura tutta è contingente, e poiché l’anima ha imparato
tutto quanto, nulla vieta che chi si ricordi di una cosa – ciò che gli
uomini denominano apprendimento – costui scopra anche tutte le
altre purché sia forte e non si scoraggi nel ricercare: infatti il
ricercare e l’apprendere sono in generale un ricordare. Non
bisogna dunque prestare fede a quel discorso eristico; esso infatti
ci renderebbe neghittosi, e suona gradito agli orecchi degli uomini
inetti; questo nostro invece rende operosi e stimola alla ricerca”
(Menone 81c-d)
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Sant’Agostino (354–430)
 “Nella concezione agostiniana dell’uomo si ritrovano i
differenti motivi cui si ispirava l’antropologia antica, inseriti in
un insieme religioso, ove acquistano un nuovo significato e si
uniscono per formare un nuovo tipo di uomo. […] In questa
relazione con il Dio personale sta il dato nuovo che permette
all’uomo di conservare la sua personalità emana, foss’anche
davanti alla visione che ha dell’anima. L’uomo [...] non può
rimanere nella visione della sua anima. Tende a superarla.
Ma ciò che trova allora è Dio ed in Dio egli ritrova se stesso,
un essere di lotte e di sofferenze che aspira alla liberazione”
(B. Groethuysen, 146s.).
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Il “dubbio”
 “sono certissimo di essere, di conoscermi, di amarmi, né
temo contro queste verità gli argomenti degli accademici che
dicono: e se ti inganni? Se mi inganno vuol dire che sono,
che esisto (si enim fallor, sum, exsisto). Certo chi non esiste
non può neppure ingannarsi: se mi inganno, perciò stesso io
sono. Perché dunque io esisto dal momento che mi inganno,
come posso ingannarti intorno al mio essere quando è certo
che io sono, per il fatto stesso che io mi inganno? Poiché
dunque esisterei io che mi inganno, anche nell’ipotesi che mi
ingannassi, io indubbiamente non mi inganno nel sapere di
esistere” (De civitate Dei XI, 26)
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Metodo: “introspezione”
 “Noli foras ire, in teipsum redi. […] in interiore homine habitat
veritas” (De vera religione, 37)
 “Nos non possumus capere nos, et certe non sumus extra
nos” (De anima, IV, 6, 8)
 L’anima non è più l’anima di me, ma la mia anima
 Ma Dio ha creato anche il corpo: “l’’uomo è una sostanza
razionale che consiste di anima e corpo” (De Trinitate XV, 7,
11)
 “l’anima come parte superiore, il corpo come parte inferiore”
(De civitate Dei XIII, 24, 2)
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La verità
 “Se la verità fosse eguale alla nostra mente, anch’essa sarebbe nel
divenire. Infatti la nostra mente ora la intuisce di più, ora di meno.
Palesa così di essere nel divenire. Al contrario la verità,
permanendo in sé, non aumenta quando ci si manifesta di più, non
diminuisce quando ci si manifesta di meno, ma integra ed
immateriale, allieta di luce quelli che ad essa si volgono, punisce
con la cecità quelli che si volgono in opposta direzione. E che dire,
dal momento che mediante essa giudichiamo della nostra stessa
mente mentre non possiamo affatto giudicare di essa? Si dice
infatti: ‘Intende di meno di quanto deve’, oppure ‘Intende tanto
quanto deve’. La mente deve appunto tanto più capire quanto più
si avvicina alla immutabile verità. Pertanto se essa non è né
inferiore né eguale, rimane che sia eminentemente superiore” (De
libero arbitrio II, 12, 24).
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Dottrina della illuminazione


 “Bisogna piuttosto ritenere che la natura dell’anima
intellettiva è stata fatta in modo che, unita, secondo l’ordine
naturale disposto dal Creatore, alle cose intelligibili, le
percepisce in una luce incorporea speciale (in quadam luce
sui generis incroporea), allo stesso modo che l’occhio
carnale percepisce ciò che lo circonda, nella luce corporea,
essendo stato creato capace di questa luce e ad essa
ordinato” (De Trinitate XII, 15, 24)
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Una luce immutabile


 “una luce immutabile, non questa luce comune e visibile ad
ogni uomo, né una luce del medesimo genere, ma più
intensa quasi che essa da chiara si facesse smagliante ed
occupasse tutto con la sua immensità. Non una luce come
questa, ma diversa, molto diversa da ogni nostra luce”
(Confessiones VII, 10, 1)
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Il libero arbitrio
 “Infatti compiamo molte azioni che non compiremmo se non
volessimo […]. Affermare che necessariamente, quando si vuole,
si vuole col libero arbitrio è senza dubbio affermare il vero, ma non
per questo il libero arbitrio si considera soggetto alla necessità che
toglie la libertà. C’è dunque una nostra volontà ed essa è causa
efficiente di ogni azione che si compie volendo e che non sarebbe
compiuta se non si volesse” (De civitate Dei V, 10, 1)
 “c’è nell’uomo una determinata facoltà, per cui è superiore agli
animali; si chiama mente o spirito o meglio l’uno e l’altro. Se essa
domina pienamente su tutte le facoltà di cui è costitutito, allora
l’uomo è davvero ordinatissimo [...]. Quando dunque la ragione
oppure mente o spirito, guida i movimenti irrazionali, domina
nell’uomo quel principio al quale il dominio spetta di diritto” (De
libero arbitrio I, 8, 18)
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Dominio sulle passioni


 “Rimane dunque che un essere eguale o superiore alla
mente dotata di imperatività e in possesso della virtù non
può renderla schiava della passione a causa della giustizia e
che un essere inferiore non lo può a causa dell’insufficiente
potere. Dunque, nessun’altra cosa può rendere la mente
compagna del desiderio disordinsto se non la propria volontà
e il libero arbitrio” (De libero arbitrio I, 11, 21)
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Definizione dell’anima
 “substantia quaedam rationis particeps regendo corpori
accomodata” (De quantitate animae XIII, 22)
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Prescienza divina?
 “l’uomo non pecca perché Dio ha conosciuto per prescienza
che avrebbe peccato. Anzi, è innegabile che pecca, quando
pecca, perché Dio, la cui prescienza non può fallire, non ha
conosciuto per prescienza che il destino, il caso o altro di
simile bensì che lui stesso avrebbe peccato. Se non vuole
non pecca, ma se non vorrà peccare, anche questo Dio ha
conosciuto per prescienza” (De civitate Dei V, 10, 2)
 “Male facimus ex libero voluntatis arbitrio” (De libero arbitrio
I, 16, 35)
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Libero arbitrio e male


 “Non il peccato o i peccatori sono necessari alla perfezione,
ma le anime in quanto sono anime, in quanto sono tali che
se vogliono peccano, e se peccano diventano infelici” (De
libero arbitrio I, 3, 13)
 “La natura non avrebbe potuto essere depravata dal vizio se
non fosse stata creata dal nulla. E’ per questo che la natura
umana è, in quanto è stata creata da Dio; e viene meno in
quanto è stata creata dal nulla. Ma l’uomo non mancò così
fino a ritornare nel nulla, ma, ripiegatosi verso se stesso,
diventò meno di quel che era quando si accostava a colui
che sommamente è. E così, dopo aver lasciato Dio, essere
assoluto in se stesso, per piacere a sé, non cessò tuttavia di
essere, ma si accostò al nulla” (De civitate Dei XIV, 13)
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Libero arbitrio e felicità


 “Il libero arbitrio è congenito all’uomo, il quale pertanto non
può mai perderlo: questa è la ragione per cui tutti cercano di
essere felici, anche se poi scelgono cose che non li portano
alla felicità” (Opus imperfectum contra Julianum 6, 11)
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Amore
 “L’amore è un dovere che si soddisfa quando si adempie, ma
vi si è obbligati anche quando sia stato soddisfatto, poiché
non vi è istante in cui non si debba adempiere; e non è
nemmeno un bene che si perda quando si dà ad altri, che
anzi si moltiplica col darlo, poiché si dà solo con l’averlo e
non già col mancarne. E poiché non si può dare se non si
ha, non può nemmeno aversi se non si dà; al contrario anzi
anche quando uno lo dà, cresce in lui e tanto più uno ne
acquista quanto più numerosi sono coloro ai quali lo dà.
Orbene, come potrebbe essere negato agli amici l’amore
ch’è dovuto persino ai nemici? Ma ai nemici l’amore è …
66
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… mostrato con qualche riservsa, mentre agli amici è dimsotrato in


contraccambio senza alcuna riserva. Esso tuttavia fa di tutto per
ricevere ciò che dà, anche da oloro ai quali rende bene per male. Se
infatti amiamo sinceramente un nemico, desideriamo che diventi
nostro amico, poiché non lo amiamo se non desideriamo che sia
buono; ma ciò non avvererà mai se non abbandonerà il peccato
dell’inimicizia. L’amore dunque non si dona come il danaro. Anche
prescindendo dal fatto che il danaro, dandolo agli altri, diminuisce
mentre l’amore s’accresce, essi differiscono anche per il fatto che se
daremo ad uno del denaro, a quel tale vorremo più bene se non
cercheremo di riaverlo, mentre uno non può essere veramente
prodigo d’amore se non esige il ricambio dell’amore ch’egli dona.
Quando infatti si riceve del danaro, se ne appropria chi lo riceve,
mentre chi lo dona se ne espropria; l’amore invece non solo cresce
nel cuore di chi lo esige da parte di colui ch’egli ama, anche se non lo
riceve in cambio, ma anche colui dal quale lo riceve, comincia ad
averlo quando lo ricambia” (Epistole 192, 1s.)
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Amare chi?
 Dio e il prossimo: “Questa è la vera, perfetta e sola religione”
(De quant. Animae 34, 78)
 Frui – Uti
 “Qual è l’oggetto che dobbiamo scegliere per il nostro amore
più grande se non quello che troviamo essere il migliore di
ogni altro? Quest’oggetto è Dio e porre qualcosa al di sopra
di lui o al suo stesso livello è mostrare che non sappiamo
amare noi stessi. Infatti il nostro bene cresce man mano che
ci accostiamo a lui, di cui niente è migliore” (Epistole 155, 4,
13)
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“Persona”
 Persona divina: con persona qui si intende “non una specie,
ma qualcosa di singolare e di individuale” (De Trinitate VII, 6,
11)
 “Persona” qui la traduione del termine greco “hypòstasis”
(sostanza, “quello che sta stotto”, “sostrato”
 Ma applicato anche all’individuo umano: “singulus quisque
homo […] una persona est” (De Trinitate XV, 7, 11)
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Antropologia “tripartita”
 Anima ha due parti: razionale ed irrazionale
 Quella irrazionale, comune agli animali: memoria, sensibilità,
tendenze
 Quella razionale: mens, intelligentia, voluntas
 Il creatore “diede a buoni e cattivi l’essere, condiviso anche
con le pietre, la vita vegetativa condivisa con le piante, la vita
sensitiva con gli animali, e la vita intellettiva solo con gli angeli
[…]. Egli ha dato al corpo nascita, bellezza, vigore, fecondità
[...]; all’anima irrazionale ha dato memoria, sensi e appetiti;
mentre a quella razionale ha aggiunto anche la mente,
l’intelligenza e la volontà” (De civitate Dei, 5, 11)
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Storia dell’antropologia filosofica II:

Aristotele, San Tommaso


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Aristotele (384–322 a.C.)


 “Ontologia della vita”
 Modello biomorfico: la natura come capacità di crescere e
riprodursi da sé
 La perfezione non è il grado più alto dell’essere perché è il
più universale, ma sta nell’attività: la vita, il pensiero
 “per i viventi l’essere è il vivere” (De anima II 4, 415 b 13)
 E’ causa formale nel senso che “determina, compenetra e
addirittura risolve in sé l’essere stesso, moltiplicandolo
irriducibilmente” (Berti)
 La determinazione non come impoverimento ma come
arricchimento
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“Perì psychés”
 Può essere considerato il primo trattato di antropologia
filosofica
 “Poiché consideriamo il sapere tra le cose belle e degne
d’onore, e una forma di sapere più di un’altra o in rapporto al
rigore o perché riguarda oggetti migliori o più mirabili, per
entrambi i motivi possiamo mettere ai primi posti la ricerca
sull’anima. Sembra inoltre che la conoscenza dell’anima
contribuisca grandemente alla verità in tutti i campi, e
specialmente alla ricerca sulla natura, giacché l’anima è
comune a tutti gli animali” (De anima I, 402a 1ss.)
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Dall’essere alla vita:


 De anima II, 1: essere – sostanza – corpi (sostanze
composte) – corpi naturali (contenente il principio del moto e
della quiete) – corpi viventi (dotati di vita)
 La vita: “il nutrirsi, il crescere, il deperire da sé”
 L’anima: “la forma di un corpo naturale che ha la vita in
potenza”
 La forma: è atto, ma ci sono due significati di atto (possesso
di una capacità ed esercizio di essa)
 L’anima è “atto primo”, possesso effettivo della capacità di
vivere
 La vita: atto secondo, attività (energheia)
 Antropologia “dal basso” (Mondin)
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L’anima
 Una cosa è se stessa quando ha la capacità di svolgere la
sua funzione
 Un uomo morto è uomo solo per omonimia
 Se manca la funzione più propria di qualcosa, gli viene a
mancare la sua essenza
 “per i viventi l’essere è il vivere”
 L’anima è causa e principio del corpo vivente
 “per tutte le cose la causa dell’essere è l’essenza, e poiché
per i viventi l’essere è il vivere, la causa e il principio di
questo [cioè dell’essere] sarà l’anima”
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L’anima è causa dell’essere


 Senza l’anima i viventi non sarebbero viventi, cioè in quanto
viventi non sarebbero più
 L’anima, in quanto essenza, è causa dell’essere
 La vita è uno dei significati dell’essere
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Il vivere si dice in molti sensi


 Il vivere delle piante (nutrirsi, crescere, deperire): anima
vegetativa
 Il vivere degli animali (sentire, provare piacere e dolore,
desiderare, muoversi): anima sensitiva
 Il vivere degli uomini (pensare): anima intellettiva
 L’anima vegetativa è contenuta in potenza nell’anima
sensitiva, e l’anima sensitiva è contenuta in potenza
nell’anima intellettiva
 Infatti, ogni essere vivente ha solo una anima
 Quindi il pensare è la forma di vita più completa
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L’anima intellettiva esiste sin


dall’inizio?
 C’è la tesi secondo cui si sviluppa prima l’anima vegetativa,
poi quella sensitiva, e infine anche quella intellettiva
 Ciò significherebbe che l’uomo non esistesse sin dall’inizio
(cioè dall’esistenza dell’embrione, sin dalla fecondazione)
 Ma invece, esiste sin dall’inizio l’anima intellettiva che ha
però come facoltà attivata soltanto quella nutritiva, e le altre
ancora in potenza
 Esiste in atto primo: come capacità, o potenza: potenza
significa nel caso di esseri viventi che possono attuarsi per
virtù propria senza impedimenti esterni
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Il pensare è il tipo di vita migliore


 Chi pensa nel modo più retto “vive” più di tutti, vive
perfettamente
 Vivere in atto è più di vivere in potenza
 Bios: indica la vita vissuta, che è quella sempre specifica per
ogni essere vivente (il loro specifico genere, ma anche
“generi” diversi di uomini: nomadi, agricoltori, soldati)
 E’ “praxis” (avente il proprio fine in se stessa), non “poiesis”
(produzione, che ha il fine in altro)
 Non perché il pensiero (che è l’essenza stessa di Dio) non è
solo la forma di vita migliore, ma è tale “più” che lo sia il
pensiero umano, non il grado “più intenso” di essere, ma un
essere anteriore a tutti gli altri, come l’atto è anteriore alla
potenza
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Dottrina “ilemorfica”
 Tutte le sostanze sono composte di materia e forma
 Nel caso dell’uomo il corpo è la materia e l’anima è la forma
 L’anima è atto (entelecheia), il corpo è potenza (dynamis)
 “E’ quindi manifesto che l’anima (od alcune sue parti se per
sua natura divisibile in parti) non è separabile dal corpo.
Ciononostante nulla impedisce che almeno alcune parti siano
separabili, in quanto non sono atto di nessun corpo” (De anima
II, 413a 5-10)
 “L’anima è la causa primaria in virtù della quale noi viviamo,
pensiamo e percepiamo (con i sensi)” (De anima II, 414° 13-
14).
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Immortalità dell’anima?
 “Riguardo all’intelletto e alla facoltà teoretica nulla è ancora
chiaro, ma sembra che sia un genere diverso di anima, e che
esso solo possa essere separato, come l’eterno dal corruttibile”
(De anima II, 413b 25-28)
 Argomenta piuttosto “ex negativo” ossia confutando coloro che
negano l’immortalità dell’anima (naturalisti, atomisti)
 Nell’anima c’è una facoltà, l’intelletto agente, che è irriducibile
alla materia e indeducibile da essa, e la trascende
 “Non c’è dubbio dunque che l’anima non è separabile dal corpo,
o almeno non lo sono alcune sue parti, se essa è per sua natura
divisibile: infatti l’entelechia di alcune parti di essa sono
l’entelechia delle parti del corpo corrispondenti. Ma nulla vieta
che almeno alcune altre parti siano separabili, per il motivo
che non sono entelechie di alcun corpo” (De anima, 413a 4-7)
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 “Ma l’intelletto sembra che sia in noi come una realtà sostanziale e
che non si corrompa. In effetti potrebbe corrompersi specialmente
per l’indebolimento che consegue alla vecchiaia. Ora invece
accade in questo caso qualcosa di simile a ciò che avviene negli
organi sensori. Se infatti il vecchio recuperasse un occhio adatto,
vedrebbe allo stesso modo del giovane. Di conseguenza si giunge
alla vecchiaia non perché abbia subito un’affezione l’anima, ma il
corpo in cui esso si trova; e la stessa cosa succede negli stati di
ubriachezza e di malattia. Il pensiero quindi e l’attività intellettiva
viene meno qualora un organo interno si corrompa, ma in se
stesso è impassibile. Pensare, amare ed odiare non sono proprietà
dell’intelletto, ma di questo determinato soggetto che lo possiede,
in quanto lo possiede. Perciò quando questo soggetto si corrompe,
l’intelletto non ricorda né ama, perché queste funzioni non sono
sue ma del composto che è perito. L’intelletto invece è forse
qualcosa di più divino e di impassibile” (De anima I, 408b 18-29)
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L’intelletto agente
 “L’intelletto è in certo modo potenzialmente gli intelligibili, ma
in atto non è nessuno di essi prima di pensarli. Diciamo
potenzialmente allo stesso modo di una tavoletta per
scrivere, sulla quale non ci sia attualmente nulla di scritto. E’
precisamente questo il caso dell’intelletto […]. Poiché
nell’intera natura c’è qualcosa che costituisce la materia per
ciascun genere di cose (e ciò è quanto è potenzialmente
tutte le cose), e qualcos’altro che è la causa e il principio
produttivo in quanto tutte le produce, allo stesso modo che la
tecnica si rapporta alla sua materia, necessariamente queste
differenze si trovano anche nell’anima. E c’è un intelletto ...
83
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… analogo alla materia perché diviene tutte le cose, ed un


altro che corrisponde alla causa efficiente perché le produce
tutte e che è una disposizione simile alla luce, poiché in un
certo modo anche la luce rende i colori, che sono in potenza,
colori in atto. E questo intelletto è separabile, impassibile e
non mescolato, essendo atto per essenza, poiché ciò che
agisce sempre è superiore a ciò che subisce, ed il princiupio è
superiore alla materia. Ora la conoscenza in atto è identica
all’oggetto, mentre quella in potenza è anteriore per il tempo
nell’individuo ma, da un punto di vista generale, non è
anteriore neppure per il tempo, e non è che questo intelletto
ora pensi ora non pemnsi. Separato (dalla materia) esso è
soltanto ciò che è veramente, e questo solo è immortale ed
eterno, perché questo intelletto è impassibile, mentre
l’intelletto passivo è corruttibile, e senza questo non c’è nulla
che si pensi” (De anima, III, 429b 31 – 430a 25)
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Differenza a Platone
 “Il pensiero non è una specie né un grado, sia pure il più
intenso, del genere ‘essere’, perché l’essere non è un
genere, ma una pluralità di generi” (Berti)
 “Esso è il primo termine di una pluralità di generi, disposti
secondo un ordine di anteriorità e posteriorità, cioè quello dal
quale dipendono tutti gli altri” (Berti)
 “Per Aristotele, insomma, a differenza che per Platone, la
realtà più perfetta non è il predicato più universale, cioè
l’uno, o l’essere, o il bene, bensì è l’ente, anzi l’individuo, più
determinato, più singolare, uno sia dal punto di vista del
numero che dal punto di vista dell’essenza, cioè appunto il
pensiero del pensiero, la vita ottima ed eterna” (Berti)
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Etica Nicomachea
 In che cosa consiste il vivere bene, la felicità?
 Vita dedita al piacere
 Vita dedita alla politica
 Vita dedita alla conoscenza
 La felicità può essere data solo da un’attività fine a se stessa
 La funzione dell’uomo è l’esercizio dell’intelletto, vita divina,
perché è proprio quella degli dèi
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La soggettività dell’uomo
 L’uomo è soggetto ossia “sostrato” di ogni movimento, sia
fisico che psichico
 Ciò in virtù di cui è soggetto di movimento è l’anima
 L’anima è “la forma di un corpo naturale che ha la vita in
potenza” (De anima II, 1, 412a 20-21)
 L’anima è “sostanza” nel senso delle sostanze prime cioè
delle forme
 “per esempio la tua natura e la tua forma e la tua causa
motrice sono diverse dalle mie, ma in universale e nella
nozione sono identiche” (Metafisica A 5, 1071a 28-29)
 La sostanza individua è soggetto nel senso del “sostrato” del
divenire
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“Persona”
 C’è persona “dovunque vi sia un soggetto dotato per natura,
cioè per nascita, anzi per generazione, della capacità di
svolgere tutte le funzioni proprie dell’anima razionale” (Berti)
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San Tommaso riscopre Aristotele


 “Certo la conoscenza del De anima di Aristotele poneva ai
cristiani del secolo XIII questo problema: è possibile pensare
aristotelicamente, cioè come forma sostanziale del corpo,
l’anima di cui parla il Vangelo, l’anima che si salverà o si
perderà in eterno, l’anima che Agostino ha insegnato a
concepire come una sostanza spirituale?” (Vanni Rovighi)
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San Tommaso:
 L’anima si definisce generalmente come: “l’atto primo di un
corpo organizzato e capace di organizzare le funzioni della vita”
(Gilson)
 Come ogni forma, l’anima è un atto
 Gli atti non si conoscono direttamente ma tramite i loro effetti,
ossia l’esistenza di centri di movimenti spontanei (vegetali,
animali, uomo)
 L’anima non semplicemente “muove” un corpo, ma fa sì che ce
ne sia uno
 L’anima è l’atto primo: fa essere il corpo vivente
 “Si può quindi affermare che l’anima intende, come l’occhio
vede; ma in senso rigoroso è meglio dire che è l’uomo a
intendere, mediante l’anima” (STh I 75, 2 ad 2)
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Forma immateriale e incorporea


 Anima umana esercita operazioni fisiologiche e cognitive
 L’anima può conoscere altri corpi, proprio perché si distingue
da loro: se fosse della stessa ‘materia’ allora non potrebbe
conoscerli: in quanto atta alla conoscenza dei corpi, ne è
estranea
 Ma per operare per sé, occorre sussistere per sé: l’anima è
dunque una sostanza immateriale (STh I 74, 4; I 75, 4)
 Quindi è anche immortale, in quanto immateriale: per San
Tommaso questa notizia assume il carattere di essere una
conoscenza per sé nota
 Ciononostante, San Tommaso cerca di “dimostrare” con
ragioni ciò che è già per se noto
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Prove dell’immortalità dell’anima


 STh I 75, 6:
 Essere immortale equivale ad essere incorruttibile
 Le cose perdono l’esistenza nello stesso modo in cui l’acquistano:
per sostanza (esistono per sé) o per accidente (esistono per
accidente)
 L’anima, essendo sostanza, non può corrompersi per accidente
(tipo se la morte del corpo causerebbe la morte dell’anima)
 Se qualcosa dovesse distruggere l’anima, può essere solo una
causa in essa stessa, ma ogni sostanza o forma è indistruttibile per
definizione
 Una forma non può mai essere separata dall’esistere che dà
 “E’ questo l’aspetto platonico dell’antropologia tomistica” (Vanni
Rovighi)
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La “forma” dell’anima:
 E’ come quella angelica nella totalità del suo essere
 L’anima a sua volta è composta da potenza e atto, non di
materia e forma (!): l’esistenza è distinta dall’essenza (STh I
75, 5 ad 4). “Dio solo, che è lo stesso suo essere, è un atto
puro e infinito. Invece nelle sostanze intellettuali si ha
composizione di atto e di potenza: non già di materia e di
forma, ma di forma e di essere partecipato”
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Anima e corpo
 L’anima è essenzialmente e necessariamente unibile a un corpo
 Non è “pura intelligenza” ma “semplice intelletto” (Gilson)
 Quindi l’anima ha un grado di intellettualità inferiore all’angelo
(STh I 75, 7 ad 3)
 La materia non può essere cattiva per sé (come dicono i
Manichei) perché in questo caso sarebbe nulla
 La materia è fonte di bene per le forme
 “Il corpo non è la prigione dell’anima, ma un servitore e uno
strumento al suo servizio; l’unione dell’anima e del corpo non è
un castigo dell’anima, ma un vincolo benefico, grazie al quale
l’anima umana raggiungerà la completa perfezione” (Gilson)
94
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Parti e tutto
 Le parti materiali esistono in virtù della perfezione del tutto
 Vale per il rapporto materia-forma e anima-corpo
 Ma anche per il rapporto delle creature tra di loro: gli individui
esistono per la perfezione dell’universo e questo esiste per
Dio
 Quindi se ogni parte materiale è un bene per la forma, quale
bene costituisce il corpo per l’anima?
 L’anima, essendo al grado più basso di quella degli angeli,
non riesce a sussistere come forma separata, quindi ha
bisogno del corpo
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Anima e perfezione incompleta


 Ogni anima quindi è la realizzazione solo incompleta di un tipo
ideale: essa è dunque sempre in potenza e privazione e sente
che dovrebbe essere ciò che non è
 Ogni anima è una perfezione incompleta, ma atta a
completarsi di cui ne sente il bisogno
 Per questo ogni essere animato agisce: per affermarsi
nell’essere e portarsi verso un’ulteriore perfezione
 Quindi: “la forma, segnata dalla privazione di ciò che le
manca, è il principio dell’operazione delle cose naturali”
(Gilson)
 Quindi: senza il corpo l’anima non potrebbe completarsi e
perfezionarsi
96
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L’unità tra anima e corpo


 STh I 76, 1
 Non è solo dell’anima, ma di entrambi insieme, cioè dell’essere
umano
 C’è innanzitutto l’esperienza di ogni uomo di essere lui nella
sua interezza a conoscere e agire
 L’uomo non compie solo azioni intellettuali ma anche reali,
concrete, cioè modificazioni in un corpo concreto organico
(STh I 75, 3-4)
 L’unità non può essere un “misto”: sia anima che corpo
mantengono le loro proprietà
 Un’azione di una parte è attribuibile al tutto ma non ad un’altra
parte
97
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 Ci sono tante azioni dell’anima intellettiva “pure”, mentre


l’anima esercita un grande numero di azioni solo insieme al
corpo
 Ciò che situa l’uomo nella specie in cui si trova è quel atto
che distingue l’uomo dagli altri esseri e ciò è l’attività
intellettiva: la natura di un essere si conosce dalla sua
operazione
 L’anima è “forma sostanziale”: conferisce l’essere
sostanziale a una materia, non un essere relativo o
accidentale che si aggiungerebbe ad una materia già
esistente in virtù di una forma precedente
 Non ci possono essere forme intermedie tra l’anima come
forma sostanziale e la materia
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Anima unica forma corporis


 Una forma effettua nell’operazione tutto ciò che le forme
inferiori effettuano tramite operazioni singole
 La forma superiore contiene tutto ciò che è della forma
inferiore (STh I 118, 2 ad 2)
 Ci sono gradi di partecipazione
 Il vegetativo è nel sensitivo e il sensitivo nell’intellettivo così
come il triangolo sta nel tetragono e il tetragono sta nel
pentagono
 Unione sostanziale non accidentale tra anima e corpo
 STh I 75, 2 ad 1: l’anima è una parte dell’uomo di cui l’altra
parte è il corpo
99
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Individuazione e immortalità
dell’anima individuale
 L’individuazione sta solo nella composizione tra forma e
materia, anima e corpo
 Ogni soggetto ha l’individuazione nella misura in cui ha
l’esistenza
 Per questo sopravvive alla morte anche l’individuazione
dell’anima: l’anima non cessa di esistere, perché non è il corpo
a darle l’essere, l’anima riceve il suo essere da Dio
 “Ma se conserva il suo essere, come potrebbe perdere la sua
individuazione?” (Gilson)
 Sebbene l’individuazione ha a che fare con il corpo, il suo
essere l’anima non ce l’ha dal corpo
100
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De anima, un., 1 ad 2
 “unumquodque secundum idem habet esse et
individuationem. […] Sicut igitur esse animae est a Deo sicut
a principio activo, et in corpore sicut in materia, nec tamen
esse animae perit pereunte corpore; ita et individuatio
animae, etsi aliquam relationem habeat ad corpus, non
tamen perit corpore pereunte”
101
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L’anima va oltre il corpo


 “Ora l’anima umana, che è forma del corpo, ha molte facoltà
che operano solo nel corpo, mediante organi corporei, ma
poiché non si esaurisce nel suo attuare la materia e
costituire ll corpo (non est forma in materia corporali
immersa vel ab ea totaliter comprehensa, STh I 76, 1 ad 4)
può avere una facoltà, l’intelletto, con la quale opera
indipendentemente dal corpo” (Vanni Rovighi)
102
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La sistematica della Summa


1. Essenza dell’anima (anima in se stessa e in unione al
corpo)
2. Facoltà e potenze dell’anima
3. Quanto ha attinenze con l’operazione dell’anima
103
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q. 75, a. 1: l’anima è un corpo?


 L’anima è il primo principio della vita, ma non corpo non può
mai essere un primo principio
 L’anima non è un corpo ma atto di un corpo
104
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q. 75, a. 2: l’anima è sussistente?


 Se fosse qualcosa di sussistente, dovrebbe avere una propria
attività senza il corpo, ma questa non ce l’ha, nemmeno
l’intendere è di questa specie
 L’anima può conoscere la natura di tutti i corpi; ma chi ha la
facoltà di conoscere delle cose, non deve possederle nella
loro natura
 Quindi il principio intellettivo ha un’attività sua propria, ma
niente può operare per se stesso, se non sussiste per se
stesso
 L’essere sussistente ha due significati: (1) “qualunque essere
sussistente”; (2) “essere completo nella natura di una data
specie”; l’anima è sussistente nel primo senso
105
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q. 75, a. 3: l’anima degli animali è


sussistente?
 “E’ perciò evidente che l’anima sensitiva non ha
un’operazione esclusivamente sua, ma ogni attività
dell’anima sensitiva appartiene al composto [di anima e
corpo]. Ne segue perciò che le anime degli animali, non
avendo la capacità di agire indipendentemente [dal corpo],
non sono sussistenti; poiché in ogni ente vi è corrispondenza
tra l’essere e l’operare”
106
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q. 75, a. 4: Se l’anima sia l’uomo


 Due sensi:
1. L’uomo in generale è l’anima, ma non questo dato uomo (es.
Socrate). Ma la materia “è un componente della specie negli
esseri corporei”, non la materia concreta ma quella in generale.
L’essenza della specie abbraccia tutto ciò che è comune a tutti gli
individui della stessa
2. Quest’anima è questo uomo, perché ogni cosa si identifica con il
soggetto che opera. Ma il sentire ad es. non è un’operazione
dell’anima soltanto
 “Platone invece, poiché riteneva che il sentire fosse
un’operazione della sola anima, poteva affermare che l’uomo è
‘un’anima, che si serve del corpo’”
107
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q. 75, a. 5: l’anima non è composta


di materia e forma
 “L’anima non ha materia”. Se l’anima è forma, lo è totalmente
o per una sua parte. Nel primo caso non può essere materia,
perché se è solo atto non può essere parzialmente in
potenza. Nel secondo caso, anima potrebbe essere
chiamata solo una parte di essa
 L’anima intellettiva non è composta di materia e forma,
perché conosce gli oggetti nella loro natura universale, non
nella singolarità sensibile della loro materia
108
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q. 75, a. 6: l’anima è corruttibile?


 Arg. contrario: “Non esiste nessuna cosa senza una propria
attività. Ora l’attività dell’anima che è l’intellezione mediante il
fantasma, non può verificarsi senza il corpo: infatti l’anima non
intende niente senza il fantasma, e questo, d’altra parte,
suppone il corpo, come insegna Aristotele. Dunque, distrutto il
corpo, l’anima non può perdurare”
 Ma: la corruzione di una cosa avviene in due modi: (1)
direttamente (per se), (2) indirettamente (per accidens)
 “[C]hi direttamente possiede l’essere, non può soggiacere alla
generazione e alla corruzione, altro che direttamente”
 Solo l’anima umana è “direttamente sussistente”
 All’anima come forma compete direttamente l’essere
109
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q. 76, a. 1: il principio intellettivo


come forma
 Arg. contrario: “[c]iò che per se stesso ha l’esistenza non si
unisce al corpo come forma; poiché la forma è quel elemento
per il quale una cosa esiste”. Inoltre il principio intellettivo rimane
incorruttibile quando il corpo si corrompe e quindi non può
essere la sua forma
 Ma: Aristotele dice che la differenza specifica (l’essere
ragionevole) deriva dalla forma
 “Il principio in forza del quale un essere immediatamente opera,
è la forma del soggetto cui viene attribuita l’operazione”
 “Nessun essere agisce se non in quanto è in atto”
 Chi ammette che l’anima è composta tra materia e forma, non
potrebbe mai affermarla forma del corpo
110
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q. 76, a. 2: il principio intellettivo si


può moltiplicare?
 “Non è assolutamente possibile che ci sia un intelletto solo
per tutti gli uomini”
111
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q. 76, a. 3: ci sono altre anime oltre


quella intellettiva?
 Platone ammette una pluralità di anime, ma Aristotele rifiuta
questa posizione
 “nessuna entità è dotata di unità in senso stretto se non
perché possiede una forma unica, da cui riceve l’essere”
 “Così Aristotele stesso argomenta contro Platone, dicendo
che se l’idea di animale fosse diversa da quella di bipede,
l’animale bipede non formerebbe una realtà unica in senso
stretto”
 “L’anima sensitiva non ha l’incorruttibilità per il fatto di essere
sensitiva; essa le è dovuta perché è intellettiva”
112
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q. 76, a. 4: nell’uomo c’è un’altra


forma?
 “Se si ammettesse con i Platonici che l’anima intellettiva non
si unisce al corpo come forma, ma solo come motore,
bisognerebbe affermare che nell’uomo vi è un’altra forma
sostanziale, da cui il corpo, soggetto alla mozione dell’anima,
sarebbe costituito nel suo essere. Se invece l’anima
intellettiva, stando a quello che si è detto, si unisce al corpo
come forma sostanziale, è impossibile che nell’uomo si trovi
qualsiasi altra forma sostanziale, fuori di quella”
113
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q. 76, a. 5: l’anima è unita a un


corpo conveniente?
 “l’anima intellettiva nella gerarchia delle cose occupa il grado
più basso tra le sostanze intellettuali; cosicchè non riceve
naturalmente per infusione la conoscenza della verità, come
gli angeli; ma ha bisogno di raccoglierla dalle cose materiali
e concrete, per la via dei sensi […]. Ora la natura non priva
gli esseri delle cose indispensabili; perciò era necessario che
l’anima intellettiva avesse non solo la facoltà di intendere, ma
anche quella di sentire”
114
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q. 76, a. 6: unità mediante


disposizioni accidentali?
 L’anima è connessa al corpo secondo le sue potenze che le
sono accidentali?
 “Se l’anima si unisse al corpo soltanto come suo motore,
niente impedirebbe anzi sarebbe addirittura necessario, che
vi fossero delle disposizioni di collegamento tra l’anima e il
corpo; e cioè, da parte dell’anima, una potenza per muovere
il corpo; da parte del corpo un’attitudine a subire la mozione
dell’anima”
 “Se invece l’anima intellettiva si unisce al corpo come forma
sostanziale […], è impossibile che una disposizione
accidentale serva di collegamento tra il corpo e l’anima”
115
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q. 76, a. 7: se l’anima è unita al


corpo mediante un altro corpo
 “la forma dà per se stessa l’essere alla cosa, essendo atto
per sua natura; non dà quindi l’essere servendosi di
intermediari”
 “Certamente, l’anima è molto distante dal corpo, considerate
separatamente le loro condizioni; se quindi avessero, sia
l’una che l’altro, un essere separato, sarebbe necessario
l’intervento di molti intermediari. Ma l’anima, in quanto forma
del corpo, non ha un essere separato da quello del corpo;
ma col suo essere è ad esso immediatamente unita”
116
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q. 76, a. 8: l’anima è tutta intera in


ogni parte dell’uomo
 L’anima non è una forma accidentale del corpo ma sostanziale
 Al partirsi dell’anima, quando si ritira, nessuna parte del corpo
conserva la sua attività. Quindi l’anima doveva trovarsi in ogni
parte del corpo come atto
 L’anima tutta? Sarebbe pensabile una triplice divisione del
tutto: parti quantitative, parti concettuali o essenziali, parti
potenziali
 Il primo modo spetta solo ad alcune forme (es. bianchezza)
 “L’anima è tutta intera in ciascuna parte del corpo, secondo la
totalità della sua perfezione o essenza, ma non secondo la
totalità della sua potenza o virtù”
117
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“Persona”
 “L’essere ‘individui’ o ‘casi particolari’ di una specie si realizza
in un modo particolarmente speciale e più perfetto negli esseri
dotati di intelligenza: essi dispongono di ciò che sono e non
solo compiono azioni, come gli altri, ma ciò che fanno
dipende intrinsecamente da loro […]. Perciò, rispetto agli
altri esseri, i singoli individui di natura razionale possiedono
anche un nome speciale. E questo nome è persona. E perciò
nella succitata definizione di persona [Boezio: persona est
rationalis naturae individua substantia] viene posta la sostanza
individuale, in quanto persona significa qualcosa di singolare
nel genere della sostanza. Si specifica però ‘di natura
razionale’, in quanto ‘persona’ si riferisce ad una singola
sostanza tra quelle razionali” (STh I 29, 1)
118
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Storia dell’Antropologia filosofica III:

Locke, Kant, Hegel

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