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Universit

`
a degli Studi di Lecce
Facolt
`
a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso di Laurea specialistica in Matematica
Dispense del corso di
Teoria dei gra
Prof. Cosimo Guido
Appunti redatti da M. Emilia Della Stella
A.A. 2006-2007
Indice
1 Analisi Combinatoria 4
1.1 La tavola pitagorica dellAnalisi Combinatoria . . . . . . 4
1.2 Formule di ricorrenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
1.3 Costanti di connessione tra polinomi . . . . . . . . . . . 22
2 Permutazioni 27
2.1 Il Gruppo Simmetrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.2 Gruppi di permutazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.3 Orbite di un gruppo di permutazioni . . . . . . . . . . . 40
2.4 Congurazioni e teorema di Polya . . . . . . . . . . . . . 44
3 Gra 48
3.1 Nozioni generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
3.2 Omomorsmi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
3.3 Cammini e connessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
3.4 Alberi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
3.5 Matrici associate ad un grafo . . . . . . . . . . . . . . . 73
3.6 Colorazione dei gra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
3.7 Polinomio cromatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
4 Digra 97
4.1 Nozioni generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
4.2 Cammini e connessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
4.3 Tornei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104
4.4 Matrici associate ad un digrafo . . . . . . . . . . . . . . 112
1
5 Alcuni problemi 116
5.1 Contare i gra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
5.2 Ricostruire i gra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
5.3 Ricostruire i digra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141
2
Premessa
Queste dispense raccolgono gli argomenti trattati nel corso di Teoria
di gra (gi`a Istituzioni di Geometria Superiore, II modulo, nel vecchio
Ordinamento) per il Corso di Laurea Specialistica in Matematica.
Non si tratta di un manuale di teoria dei gra con una panoram-
ica completa dei principali concetti di tale teoria; `e semplicemente un
percorso che attraversa la teoria dei gra avendo come lo conduttore
lanalisi combinatoria e, come tappa nale, uno tra i pi` u vecchi e pi` u noti
problemi aperti, che `e quello della ricostruzione dei gra.
Tra le caratteristiche principali del corso, quindi di queste dispense, vi
`e lo sforzo di far scaturire formule e tecniche tipiche del calcolo combina-
torio dallo studio di situazioni concrete o di specici oggetti matematici;
in particolare si analizzano vari tipi di congurazioni descrivibili attraver-
so insiemi, funzioni, partizioni e, in situazioni di maggiore complessit`a,
gruppi di permutazioni per arontare alcuni problemi computazionali
nellambito della teoria dei gra. In direzione per certi versi contraria vi
`e il tentativo di formalizzare per quanto `e possibile i concetti di base e
la denizione stessa di grafo, che assai spesso vengono trattati in modo
eccessivamente empirico. La scelta dellargomento conclusivo del corso
(la ricostruzione dei gra) `e legata ai miei interessi di ricerca di qualche
anno fa.
Gli argomenti del corso sono rimasti sostanzialmente gli stessi nellar-
co degli anni, pur arricchendosi man mano di nuovi dettagli; la presente
stesura, curata e redatta da M. Emilia Della Stella che ha seguito il corso
nellanno accademico 2006-2007, `e una rielaborazione ed un completa-
mento di alcune versioni parziali e provvisorie scritte da altri studenti
negli anni scorsi. A tutti questi studenti va il mio ringraziamento, an-
che a nome di coloro che troveranno utili queste dispense. In anticipo
ringrazio anche coloro che mi segnaleranno possibili sviste ed errori che,
inevitabilmente si potranno trovare nonostante i controlli eettuati.
3
Capitolo 1
Analisi Combinatoria
1.1 La tavola pitagorica dellAnalisi Com-
binatoria
La tavola pitagorica dellAnalisi Combinatoria, i cui termini coinvol-
gono la maggior parte delle espressioni utilizzate nel calcolo combinatorio,
viene costruita mediante la descrizione di una situazione semplice ed in-
tuitiva: la disposizione di un certo numero di palline in un certo numero
di scatole.
In tale presentazione, dovuta a Giancarlo Rota, vengono analizzati
vari casi che fanno riferimento a criteri di distinguibilit`a delle palline e/o
delle scatole e a vincoli sulle modalit`a di collocamento delle palline nelle
scatole.
Si osservi che la distinguibilit`a caratterizza gli elementi di un insieme,
tutti distinti tra loro; lindistinguibilit`a degli elementi, invece, non perme-
tte di determinare un insieme, bens` un numero intero positivo, uguale,
al numero degli elementi indistinguibili.
Quindi nel caso di distinguibilit`a, le palline e le scatole costituiscono
due insiemi, rispettivamente N e X tali che [N[ = n e [X[ = x, mentre
nel caso di indistinguibilit`a determinano due interi positivi, rispettiva-
mente n e x.
4
Si supponga di voler contare il numero di disposizioni di n palline in x
scatole, che diano congurazioni distinte.
In base al criterio di distinguibilit`a si avranno le seguenti situazioni:
(N, X): palline e scatole distinguibili;
(n, X): palline indistinguibili e scatole distinguibili;
(N, x): palline distinguibili e scatole indistinguibili;
(n, x): palline e scatole indistinguibili.
In base ai vincoli sulle modalit`a di disposizione delle palline nelle scatole,
si avranno i seguenti collocamenti:
collocamenti iniettivi : essi si realizzano imponendo il vincolo sec-
ondo cui in ogni scatola sia disposta al pi` u una pallina. La congu-
razione nale mostrer`a solo scatole contenenti una pallina e scatole
vuote. Chiaramente ci`o pu`o vericarsi solo nellipotesi in cui il
numero delle palline non superi quello delle scatole (n x).
collocamenti suriettivi : essi si realizzano imponendo il vincolo per
cui in ogni scatola ci sia almeno una pallina. Nella congurazione
nale non ci saranno scatole vuote. Per fare ci`o sar`a necessario
che il numero delle palline non sia inferiore a quello delle scatole
(n x).
collocamenti arbitrari : essi si realizzano senza imporre nessuno dei
precedenti vincoli. La congurazione nale pu`o presentare scatole
vuote ma anche, contemporaneamente, scatole contenenti pi` u di
una pallina.
In prima analisi si supponga di avere a disposizione almeno una pallina
e almeno una scatola e cio`e n 1 e x 1. In seguito si estenderanno
i risultati ottenuti ai casi in cui n o x siano nulli. Inoltre si osservi
che verranno considerati sempre insiemi di palline e insiemi di scatole
di cardinalit`a nita. Ogni insieme nito pu`o essere sempre linearmente
5
ordinato, ma si terr`a conto dellordinamento, quando gli oggetti sono
distinguibili, solo con lo scopo di semplicare alcuni calcoli. I risultati
nali, che costituiranno la tavola pitagorica, saranno sempre relativi a
insiemi di palline e di scatole non ordinati.
La tavola pitagorica dellAnalisi combinatoria pu`o essere schematizza-
ta come una tabella, nel seguente modo, con ovvio signicato dei simboli:
Distinguibilit`a di collocamenti collocamenti collocamenti
palline e scatole arbitrari iniettivi suriettivi
(N,X) a(N,X) i(N,X) s(N,X)
(n,X) a(n,X) i(n,X) s(n,X)
(N,x) a(N,x) i(N,x) s(N,x)
(n,x) a(n,x) i(n,x) s(n,x)
Si tratta infatti di inserire in ciascuna casella il numero delle con-
gurazioni distinte sotto le corrispondenti ipotesi di distinguibilit`a degli
oggetti e i corrispondenti vincoli sul tipo di collocamento. Le diverse
situazioni sono descrivibili in termini che utilizzano vari enti matematici.
Caso (N, X)
Poich`e ogni pallina dellinsieme N = p
1
, p
2
, ..., p
n
dovr`a occupare una
scatola dellinsieme X = b
1
, b
2
, ..., b
x
, `e possibile identicare ciascun
collocamento con una funzione f : N X tale che f (p
i
) = b
j
, quando
la pallina p
i
si pone nella scatola b
j
. E noto che linsieme delle funzioni
da N in X ha cardinalit`a [X[
|N|
e dunque a (N, X) = x
n
.
Analogamente i (N, X) sar`a il numero delle funzioni iniettive da N in
X e s (N, X) sar`a il numero di quelle suriettive.
Caso (n, X)
Poich`e le palline sono indistinguibili e le scatole distinguibili, le congu-
razioni nali si valutano semplicemente controllando quante palline sono
state collocate in ciascuna scatola. Allora, ogni collocamento di questo
6
tipo pu`o essere rappresentato da una funzione f : X N (dove N `e
linsieme dei naturali incluso lo 0), che ad ogni scatola associa il nu-
mero di palline che essa contiene. Naturalmente f verica l uguaglianza

xX
f (x) = n, in quanto in ogni congurazione il numero totale delle
palline deve essere comunque n.
Funzioni di questo tipo prendono il nome di multisottoinsiemi di
ordine n dellinsieme X e sono una generalizzazione del concetto di
sottoinsieme.
Infatti, dato un insieme Z e un suo sottoinsieme Y , questultimo
pu`o sempre essere identicato con la sua funzione caratteristica
Y
:
Z 0, 1 tale che per ogni z Z :
Y
(z) = 1 se e solo se z Y .
Naturalmente

zZ

Y
(z) = m, dove m `e la cardinalit`a di Y .
Si ricordi che, dato un multisottoinsieme f di X, si deniscono ordine di
f il numero

xX
f (x) e cardinalit`a di f il numero [x X[f (x) ,= 0[.
Il supporto di un multisottoinsieme f `e linsieme
supp(f) = x X[f (x) ,= 0;
evidentemente la cardinalit`a di f coincide con quella del suo supporto.
Quindi a (n, X) `e il numero di multisottoinsiemi di X di ordine n. Con la
condizione di iniettivit`a un multisottoinsieme f di X si riduce alla fun-
zione caratteristica, poich`e, dovendo ogni scatola contenere al pi` u una
pallina, f potr`a assumere solo valori in 0, 1. In tal caso il multisot-
toinsieme f diventa semplicemente un sottoinsieme e quindi i (n, X), che
`e il numero di multisottoinsiemi di X di ordine e cardinalit`a uguale a
n, `e il numero di sottoinsiemi di X di cardinalit`a n (perch`e esistano tali
sottoinsiemi deve essere n x). Inne s (n, X) sar`a il numero di multi-
sottoinsiemi di X di ordine n e cardinalit`a x (ovviamente tali sottoinsiemi
esistono se e solo se n x).
Caso (N, x)
Avendo a disposizione un insieme N di palline distinguibili e un numero x
di scatole indistinguibili, la congurazione nale `e una partizione di N in
non pi` u di x classi. Quindi a (N, x) `e proprio il numero di tali partizioni.
In particolare i (N, x) `e il numero di partizioni di N in esattamente n
7
classi, che sono, dunque, dei singoletti (perch`e una, ed una sola, di tali
partizioni esista deve essere n x); s (N, x) `e il numero di partizioni di
N in esattamente x classi, visto che nessuna scatola pu`o rimanere vuo-
ta, nellipotesi di suriettivit`a (esistono partizioni di questo tipo solo se
n x).
Caso (n, x)
Essendo indistinguibili sia le palline che le scatole, per descrivere le varie
congurazioni basta dare il numero di palline contenute in ciascuna scato-
la. Tali congurazioni possono essere descritte come partizioni in addendi
positivi del numero n. Quindi a (n, x) `e il numero di partizioni di n in
non pi` u di x addendi; i (n, x) `e il numero di partizioni di n in esattamente
n addendi (quindi tutti unitari) e s (n, x) `e il numero di partizioni di n
in esattamente x addendi.
Anche in questo caso lesistenza di congurazioni che soddisfano il req-
uisito di suriettivit`a e di iniettivit`a richiede le condizioni n x e n x,
rispettivamente.
Premesso ci`o, `e possibile procedere col conteggio delle congurazioni
ottenute con i vari collocamenti.
i (N, X)
Si consideri una prima pallina; per essa si hanno a disposizione x
scatole diverse in cui collocarla. Per ogni scelta fatta relativamente
alla prima pallina, la seconda potr`a essere collocata nelle x1 sca-
tole rimanenti. Procedendo analogamente per tutte le altre palline,
si otterr`a che le scelte sono in numero
x(x 1)(x 2) ...(x n + 1).
Tale espressione, contenente esattamente n fattori, prende il nome
di fattoriale decrescente di indici x e n e viene indicata con il
simbolo (x)
n
.
Quindi i (N, X) = (x)
n
, con n x.
Se n > x, chiaramente non esistono funzioni iniettive da N in X.
8
Se n = x, i (N, X) `e il numero di funzioni iniettive fra insiemi con la
stessa cardinalit`a, le quali sono necessariamente suriettive. Quindi
i (N, X) `e il numero di permutazioni di n oggetti e cio`e n!. Infatti
(n)
n
= n (n 1) ... (n n + 1) = n!. Per n = 0 e x 0, si
ha che N = e lunica funzione denita su di esso a valori in X `e
linclusione che `e iniettiva.
In denitiva risulta
i (N, X) = (x)
n
=
_

_
x(x 1) ... (x n + 1) se 1 n x
1 se n = 0 e x 0
0 se n > x 0.
Si osservi che per n x valgono le seguenti uguaglianze:
1. (x)
n
=
x!
(xn)!
2.
_
x
n
_
=
x!
n!(xn)!
=
(x)
n
n!
.
i (n, X)
Poich`e le palline sono indistinguibili e le scatole distinguibili, rispet-
to alla situazione precedente, due congurazioni sono equivalenti
se una si pu`o ottenere dallaltra tramite una permutazione delle n
palline. Allora i (n, X) `e il numero delle classi di equivalenza che
si ottiene dividendo il fattoriale decrescente di indici x e n per la
cardinalit`a di ogni classe di equivalenza, cio`e n!. Tale rapporto `e,
per denizione, il coeciente binomiale di indice x e base n. In al-
ternativa si pu`o osservare che, per determinare una congurazione
nale, basta elencare le scatole piene che, nellipotesi di iniettivit`a,
devono necessariamente essere n. In tal senso il coeciente bino-
miale
_
x
n
_
rappresenta il numero di sottoinsiemi di cardinalit`a n
di un insieme di cardinalit`a x. Si osservi che per n = 0 e x 0
si ha
_
x
0
_
= 1 in accordo con il fatto che l unico sottoinsieme di
cardinalit`a 0 `e l insieme vuoto. Con la medesima interpretazione
`e evidente che per x < n si ha
_
x
n
_
= 0, in quanto non `e possibile
9
trovare sottoinsiemi di X che abbiano cardinalit`a superiore a quel-
la di X stesso. Queste due estensioni sono coerenti con l aspetto
puramente aritmetico; infatti per n = 0 risulta
(x)
0
0!
=
1
1
= 1 (es-
sendo, per denizione, 0! = 1) e per x < n si ha
(x)
n
n!
=
0
n!
= 0. In
denitiva risulta
i (n, X) =
_
x
n
_
=
_

_
x!
n!(xn)!
se 1 n x
1 se n = 0 e x 0
0 se n > x 0.
i (N, x)
Occorre contare tutte le possibili partizioni di N in non pi` u di x
blocchi ciascuno dei quali, nellipotesi di iniettivit`a, deve avere car-
dinalit`a 1. La partizione che verica questa condizione `e una ed una
sola ed `e quella che ripartisce N in n singoletti. Si osservi inoltre
che se le palline sono in numero superiore rispetto alle scatole, non
c`e nessuna possibilit`a di ripartire N nel modo richiesto. Quindi
i (N, x) =
_
1 se 0 n x
0 se n > x 0 .
i (n, x)
Si deve calcolare il numero totale di partizioni del numero n in
non pi` u di x addendi positivi che, nellipotesi di iniettivit`a, devono
essere tutti uguali a 1. Vale banalmente che non ci sia una tale
partizione di n in addendi tutti unitari, se n > x. Risulta dunque
i (n, x) =
_
1 se 0 n x
0 se n > x 0 .
Sar`a utile agli sviluppi successivi richiamare alcune propriet`a del coe-
ciente binomiale.
Proposizione 1.1.1. Valgono le seguenti propriet` a:
1.
_
x
n
_
=
_
x
xn
_
(simmetria)
10
2.
_
x
n
_
=
_
x1
n1
_
+
_
x1
n
_
n, x > 0
3.

n
i=0
(1)
i
_
n
i
_
= 0
4.

n1
i=1
(1)
i
_
n
i
_
=
_
0 se n dispari
2 se n pari
n > 0.
DIMOSTRAZIONE.
1.
_
x
xn
_
=
x!
(xn)!(xx+n)!
=
x!
n!(xn)!
=
_
x
n
_
.
2.
_
x1
n1
_
+
_
x1
n
_
=
(x1)!
(n1)!(x1n+1)!
+
(x1)!
n!(x1n)!
=
(x1)!
(n1)!(xn1)!

_
1
xn
+
1
n
_
=
(x1)!
(n1)!(xn1)!

_
x
n(xn)
_
=
x!
n!(xn)!
=
_
x
n
_
.
3. Utilizzando il binomio di Newton (a + b)
n
=

n
i=0
_
n
i
_
a
ni
b
i
e po-
nendo a = 1 e b = 1 si ottiene 0 = (1 +(1))
n
=

n
i=0
(1)
i
_
n
i
_
.
4. Questultima propriet`a `e conseguenza della precedente. Infatti
per i = 0 si ha
_
n
0
_
(1)
0
= 1;
per i = n si ha
_
n
n
_
(1)
n
=
_
1 se n pari
1 se n dispari .
Poich`e

n1
i=1
(1)
i
_
n
i
_
si ottiene da

n
i=0
(1)
i
_
n
i
_
eliminando i
termini relativi a i = 0 e i = n si avr`a che

n1
i=1
(1)
i
_
n
i
_
=
_
0 1 + 1 = 0 se n dispari
0 1 1 = 2 se n pari .
a (N, X)
Si `e gi`a visto che a (N, X) = x
n
, per n, x 1.
Per includere i casi in cui 0 x, n, si osservi che se N = ,
lunica relazione X `e una funzione, per ogni X, ed `e
iniettiva.
In eetti per ogni a risulta vera limplicazione
a esiste un unico b X tale che (a, b)
11
e per ogni a, a

risulta vera limplicazione


(a, b), (a

, b) a = a

.
Se invece N ,= e X = , allora lunica relazione N non
`e una funzione in quanto esiste a N per cui `e falsa limplicazione
a N esiste un unico b tale che (a, b) .
Riassumendo, si ha che
a (N, X) = x
n
=
_

_
x
n
se n 1 e x 1
0 se n > x = 0
1 se x n = 0.
s (N, X)
Per contare il numero di funzioni suriettive, si ricava il numero di
quelle non suriettive, cio`e quelle che lasciano vuota almeno una
scatola, e si sottrae al numero totale di funzioni x
n
. Una scatola
vuota pu`o essere scelta in x modi diversi.
Per ognuna di queste scelte, le n palline possono essere collocate
nelle (x 1) scatole rimanenti in ogni modo possibile e cio`e in
(x 1)
n
modi.
Ma nellespressione x
n
x(x1)
n
, in realt`a vengono sottratti pi` u di
una volta gli assegnamenti con 2, 3, ..., n 1 scatole vuote. In par-
ticolare i collocamenti che lasciano vuote 2 scatole, lasciano vuota
ciascuna delle due, per cui nellespressione precedente, sono stati
sottratti due volte. Quindi occorre aggiungere il numero di tali col-
locamenti che pu`o essere calcolato con un ragionamento analogo a
quello precedente. 2 scatole vuote possono essere scelte in
_
x
2
_
mo-
di diversi. Per ognuna di queste scelte, le n palline possono essere
collocate nelle rimanenti x 2 scatole in (x 2)
n
modi.
Lespressione che ne risulta sar`a x
n
x(x 1)
n
+
_
x
2
_
(x 2)
n
.
12
Si considerino ora i collocamenti che lasciano vuote 3 scatole. Poich`e
essi lasciano vuota ciascuna delle 3, sottraendo da x
n
il valore x(x
1)
n
, sono stati eliminati tre volte. Ma, aggiugendo
_
x
2
_
(x2)
n
sono
stati riconsiderati tre volte, ottenendo cos` una compensazione. Oc-
corre quindi sottrarre ancora il numero dei collocamenti che las-
ciano vuote almeno 3 scatole e cio`e
_
x
3
_
(x 3)
n
.
Si otterr`a dunque x
n
x(x 1)
n
+
_
x
2
_
(x 2)
n

_
x
3
_
(x 3)
n
.
Procedendo analogamente e ricordando che
_
x
0
_
= 1 e
_
x
1
_
= x, per
ogni x 0, si ha la seguente espressione che conta il numero esatto
di collocamenti suriettivi
_
x
0
_
x
n

_
x
1
_
(x 1)
n
+
_
x
2
_
(x 2)
n

_
x
3
_
(x 3)
n
+ ... =
=

x1
i=0
(1)
i
_
x
i
_
(x i)
n
.
Lindice i vale al massimo x 1 perch`e il ragionamento utilizzato
per determinare i vari termini pu`o essere portato avanti nch`e le
scatole vuote diventano x1; non `e possibile, infatti, che un collo-
camento lasci vuote tutte le x scatole. Nonostante ci`o, lindice della
sommatoria pu`o essere esteso no a x, in quanto per i = x si ottiene
un termine ininuente e cio`e (1)
x

_
x
x
_
(xx)
n
= (1)
x
1 0 = 0.
Tutto questo vale per n x 0; infatti, se n < x, chiaramente
non possono esserci funzioni suriettive e quindi s (N, X) = 0. Si `e
gi`a osservato che per x = 0 e n > 0 non vi sono funzioni di alcun
tipo, per n = 0 e x > 0 vi `e linclusione, iniettiva ma non suriettiva.
Inne, per n = x = 0 vi `e ununica funzione : che risulta
essere suriettiva.
Infatti, la seguente implicazione, che caratterizza le funzioni suri-
ettive `e vera per ogni b
b esiste a tale che (a, b) .
In denitiva risulta
13
s (N, X) =
_

x
i=0
(1)
i
_
x
i
_
(x i)
n
se n x 1
0 se n > x = 0
0 se x > n = 0
1 se n = x = 0 .
a (n, X)
Occorre contare in quanti modi diversi si possono collocare le n
palline indistinguibili nelle x scatole distinguibili. Non si pu`o pro-
cedere come per i(n, X), in quanto la condizione di iniettivit`a garan-
tiva che, per palline inizialmente distinguibili, permutazioni diverse
dessero congurazioni diverse e che quindi tutte le classi di equiv-
alenza avessero la stessa cardinalit`a n!; in questo caso, non essendo-
ci il vincolo di iniettivit`a, le classi non hanno la stessa cardinalit`a e
infatti, permutazioni che operano allinterno delle scatole non dan-
no luogo a collocamenti diversi. Per porre rimedio a questo incon-
veniente, si rendono distinguibili le palline, ma si considera anche
lordine con il quale occupano le scatole (in questo modo si `e certi
che permutazioni diverse generano collocamenti diversi). Per es-
eguire un collocamento di questo tipo, si consideri una pallina; la si
pu`o collocare nelle scatole in x modi. Si prenda una seconda pallina;
essa potr`a essere collocata nelle x 1 scatole vuote o nella scatola
gi`a occupata dalla prima. In questo caso la si pu`o posizionare in
modo che preceda o segua la prima pallina gi`a inserita. Cos` relati-
vamente alla seconda pallina si hanno x 1 +2 = x +1 scelte pos-
sibili. Si procede ora considerando la terza pallina e distinguendo
due casi.
1. Se le prime due palline sono state collocate in due scatole
diverse, la terza potr`a essere assegnata ad una delle x2 sca-
tole vuote o ad una delle due occupate, posizionandola prima
o dopo la pallina gi`a inserita. Quindi si avranno x2+2+2 =
x + 2 scelte.
2. Se le prime due palline sono state collocate nella stessa scatola,
14
la terza potr`a essere assegnata ad una delle x1 scatole vuote
o in quella occupata, posizionandola prima, dopo o in mezzo
alle due gi`a presenti. Le scelte saranno dunque x1+3 = x+2.
In ogni caso, per la terza pallina si avranno x + 2 scelte.
Ragionando in modo analogo per tutte le restanti palline, si intuisce
che per ognuna di esse aumentano di 1 le possibilit`a di collocamen-
to. Dovendo essere n i fattori, si avranno in tutto un numero di
scelte
x (x + 1) (x + 2) ... (x + n 1) .
Tale espressione prende il nome di fattoriale crescente di indici x e
n e si indica col simbolo x)
n
.
Si osservi che per n > 0, invertendo lordine dei fattori, si ottiene il
fattoriale decrescente di indici x+n1 e n, cio`e x)
n
= (x+n1)
n
.
A questo punto si rendono le palline nuovamente indistinguibili e
quindi risulter`a che ciascuna congurazione nale `e determinata
da n! diverse congurazioni iniziali. In denitiva, i collocamenti
cercati sono
x
n
n!
.
Si usa indicare questultima quantit`a col simbolo

x
n
_
.
Inoltre si osservi che, in analogia a quanto detto per il fattoriale
crescente, risulta, per n > 0

x
n
_
=
_
x+n1
n
_
.
Le considerazioni fatte in precedenza sui multisottoinsiemi, con-
sentono di estendere le conclusioni anche ai casi in cui n e x siano
nulli alternativamente o contemporaneamente. Si ha quindi
a (n, X) =
_
x
n
_
=
_

_
_
x+n1
n
_
se n, x 1
1 se x n = 0
0 se n > x = 0 .
15
s (n, X)
Poich`e occorre contare i possibili collocamenti suriettivi di n palline
indistinguibili in x scatole distinguibili, conviene preliminarmente
distribuire x palline, una per una, nelle x scatole a disposizione,
anch`e nessuna rimanga vuota. Le rimanenti n x palline si col-
locheranno in modo arbitrario nelle x scatole. Quindi, in base al
precedente risultato si conclude che
s (n, X) =

x
nx
_
.
Si osservi che tale espressione vale, ovviamente, anche se n e x sono
alternativamente o contemporaneamente nulli, secondo le notazioni
ssate per a(n, X) e vale 0 per x > n. Questo procedimento non
funzionerebbe per determinare s (N, X), in quanto, se le palline
sono distinguibili, la scelta preliminare non `e unica. Per n, x 1
pu`o tornare utile esprimere s (n, X) in termini di coeciente bi-
nomiale. Infatti, tenendo conto della propriet`a di simmetria dei
binomiali risulta

x
nx
_
=
_
x+nx1
nx
_
=
_
n1
nx
_
=
_
n1
n1(nx)
_
=
_
n1
x1
_
.
s (N, x)
Assumendo n x, occorre calcolare il numero di partizioni di N
in esattamente x blocchi, vale a dire classi di equivalenza e cio`e in
x sottoinsiemi a due a due disgiunti. Considerando, inizialmente,
le scatole distinguibili `e evidente che ogni funzione suriettiva da N
su X determina univocamente una partizione di N in x blocchi.
Viceversa, le suriezioni che si associano ad una ssata e arbitraria
partizione di N si ottengono collocando bigettivamente gli x blocchi
nelle x scatole, il che si pu`o fare in x! modi che danno x! suriezioni
diverse. Si ha quindi che il rapporto
s(N,X)
s(N,x)
= x! e quindi
s (N, x) =
1
x!

x
i=0
(1)
i
_
x
i
_
(x i)
n
.
16
Questa quantit`a, che si indica col simbolo S(n, x), prende il nome
di numero di Stirling di II specie che rappresenta, appunto, il nu-
mero di partizioni di un insieme di cardinalit`a n in esattamente x
sottoinsiemi non vuoti. Come per tutti i collocamenti suriettivi,
risulta che
S(n, x) =
_

_
1
x!

x
i=0
(1)
i
_
x
i
_
(x i)
n
se n, x 1
0 se x > n = 0 o n > x = 0
1 se n = x = 0 .
Utilizzando queste notazioni, si pu`o scrivere s (N, X) = x!S(n, x).
a (N, x)
Per ottenere il numero di partizioni di N in non pi` u di x blocchi,
baster`a sommare il numero di partizioni di N in esattamente i
blocchi, per ogni i x

0. In questo modo si ricava a (N, x)


come somma di x numeri di Stirling di II specie e cio`e
a (N, x) =

x
i=0
S(n, i).
Tale quantit`a si indica col simbolo B(n, x) e considerando anche i
casi limite `e
B(n, x) =
_

x
i=0
S(n, i) se n, x 1
0 se n > x = 0
1 se x n = 0 .
Si osservi inoltre che per x = n, B
n
:= B(n, n) prende il nome
di numero di Bell, il quale, evidentemente, rappresenta il numero
totale di partizioni di un insieme N di cardinalit`a n.
s (n, x)
Occorre calcolare il numero di partizioni di n in esattamente x ad-
dendi positivi. Il numero n, infatti, pu`o essere scritto in questo
modo n = n
1
+ n
2
+ ... + n
x
, con n
i
1 per ogni i x

. Ad ogni
collocamento suriettivo di n palline indistinguibili in x scatole in-
distinguibili corrisponde una tale partizione, dove n
i
rappresenta il
17
numero di palline contenute nelli-esima scatola. La determinazione
di questo numero richiede calcoli molto complessi e per ora verr`a
indicato col simbolo (n, x). Di esso verr`a data in seguito una for-
mula di ricorrenza che permette di determinarlo agevolmente. E
chiaro intanto che
(n, x) = 0 se e solo se 0 = minn, x < maxn, x
(n, x) = 1 se e solo se x 1, n.
a (n, x)
Tale quantit`a `e il numero totale di partizioni dellintero n in addendi
positivi e quindi
a (n, x) =: P(n, x) =

x
i=0
(n, i).
Si osservi che
P(n, x) = 0 se e solo se 0 = minn, x < maxn, x
P(n, x) = 1 se e solo se 0 x = n 1.
18
Tavola pitagorica dell Analisi combinatoria
Distinguibilit`a collocamenti collocamenti collocamenti
di palline arbitrari iniettivi suriettivi
e scatole n, x 0 0 n x n x 0
(N,X) Funzioni Funzioni iniettive Funzioni suriettive
x
n
(x)
n
x!S(n, x)
(n,X) Multisottoinsiemi di X Sottoinsiemi di X Multisottoinsiemi di X
di ordine n di cardinalit` a n di ordine n, cardinalit` a x

x
n
_ _
x
n
_
x
nx
_
(N,x) Partizioni di N Partizioni di N Partizioni di N
in al pi` u x blocchi in n blocchi in x blocchi
B(n, x) 1 S(n, x)
(n,x) Partizioni di n Partizioni di n Partizioni di n
in al pi` u x addendi in n addendi in x addendi
P(n, x) 1 (n, x)
19
1.2 Formule di ricorrenza
Proposizione 1.2.1. Valgono le seguenti formule di ricorrenza:
1. S(n, x) = S(n 1, x 1) +xS(n 1, x), per ogni n 1, x 1.
2. B
n+1
=

n
i=0
_
n
i
_
B
i
, per ogni n 0.
3. (n, x) = (n 1, x 1) + (n x, x), per ogni n x 1.
DIMOSTRAZIONE.
1. Sia N un insieme tale che [N[ = n 1 e sia a N. La famiglia
di partizioni di N in x blocchi o(N, x) ha cardinalit`a S(n, x) e pu`o
essere suddivisa in due insiemi
/ = o(N, x)[ a
B = o(N, x)[ a /
Quindi /, B costituisce una partizione di o(N, x) e pertanto si
avr`a che o(N, x) = /

B (

unione disgiunta) e dunque [o(N, x)[ =
[/[ +[B[.
/`e in corrispondenza bigettiva con o(Na , x1). Infatti, presa
una partizione / e togliendo a dallinsieme N, si ottiene una
partizione

o(N a , x 1); viceversa, presa una qualsiasi

o(N a , x 1) e aggiungendo il singoletto a si ottiene


una partizione /. Queste corrispondenze sono una linversa
dellaltra e quindi [/[ = S(n 1, x 1).
Per quanto riguarda linsieme B, si pu`o denire una funzione suri-
ettiva : B o(N a , x). Infatti, presa B ed elimi-
nando a dalla classe cui appartiene si ottiene una partizione

o(N a , x). Tale funzione `e suriettiva, in quanto qualunque

o(N a , x) si pu`o ottenere da una B che si costruisce


a partire da

, immaginando di inserire a in uno dei suoi blocchi.


20
Poich`e linserimento di a pu`o essere fatto in uno qualsiasi degli x
blocchi di

, risulta che

1
(

= x per ogni

o(Na , x).
Allora [B[ = x [o(N a , x)[ = x S(n 1, x) e quindi
S(n, x) = S(n 1, x 1) +x S(n 1, x).
2. Per denizione B
n+1
rappresenta il numero di partizioni di un
insieme N

di cardinalit`a n + 1 e cio`e B
n+1
=

o(N

.
Osservato che B
0
= 1, sia n 0, si ssi b N

e si consideri
linsieme N = N

b che ha quindi cardinalit`a n. Le partizioni


di N

possono essere suddivise in base alla cardinalit`a del blocco


[b], contenente b.
Sia dunque /
i
=
_
o(N

)[ [[b][ = i
_
, con i
n + 1
. Tali /
i
formano una partizione di o(N

), cio`e o(N

) =

n+1
i=1
/
i
e quindi
B
n+1
=

o(N

n+1
i=1
[/
i
[. Per conoscere B
n+1
, occorre calco-
lare [/
i
[ per ogni i
n + 1
. Per costruire la generica partizione
di /
i
si mettono nel blocco [b] altri i 1 elementi diversi presi
in N, che possono quindi essere scelti in
_
n
i1
_
modi. Per ognuna
di queste scelte, i rimanenti n + 1 i elementi di N possono es-
sere ripartiti in maniera arbitraria, cio`e in B
n+1i
modi. Quindi
[/
i
[ =
_
n
i1
_
B
n+1i
, per ogni i
n + 1
.
Allora B
n+1
=

n+1
i=1
[/
i
[ =

n+1
i=1
_
n
i1
_
B
n+1i
.
Tenendo conto che, per la propriet`a di simmetria dei binomiali,
_
n
i1
_
=
_
n
ni+1
_
e posto k = n i + 1 si ottiene
B
n+1
=

n
k=0
_
n
k
_
B
k
.
3. (n, x) `e il numero di partizioni di n in x addendi positivi,cio`e `e la
cardinalit`a dellinsieme
T = p partizione di n in x addendi positivi[n = n
1
+ ... + n
x
.
Tale insieme pu`o essere ripartito in base al fatto che le partizioni
p contengano o meno addendi unitari, considerando questi due
insiemi
21
/ =
_
p T[ i x

n
i
= 1
_
B = p T[ i x

: n
i
> 1.
Dunque T = /

B e allora [T[ = [/[ +[B[.


Ovviamente la generica partizione di / si pu`o scrivere nella forma
n = 1 +n
2
+ n
3
+ ... + n
x
, con n 1 = n
2
+ n
3
+ ... + n
x
.
Allora /`e in corrispondenza bigettiva con linsieme delle partizioni
di n 1 in x 1 addendi e pertanto [/[ = (n 1, x 1). In B ci
sono partizioni di n in x addendi tutti non unitari e cio`e del tipo
n = n
1
+ n
2
+ n
3
+ ... + n
x
, con n
i
> 1 per ogni i x

. Poich`e
ciascun n
i
> 1, pu`o essere scritto in questa forma n
i
= 1 + a
i
, con
a
i
1 per ogni i x

si ha n = (1 + a
1
) + ... + (1 + a
x
), con
n x = a
1
+ ... + a
x
.
Dunque B `e in corrispondenza bigettiva con linsieme di tutte e sole
le partizioni di n x in x addendi, per cui [B[ = (n x, x). In
denitiva risulta
(n, x) = (n 1, x 1) + (n x, x).
1.3 Costanti di connessione tra polinomi
Sia P
n
[x] linsieme dei polinomi di grado minore o uguale a n nella
variabile x su un campo K. E noto che (P
n
[x] , +, ), dove + `e la somma
algebrica tra polinomi e `e il prodotto di uno scalare per un polinomio,
`e uno spazio vettoriale su K, di dimensione n + 1, avente come base
canonica 1, x, x
2
, ..., x
n
. In generale, se q
k
(x) `e un polinomio in x di
grado k, per ogni k n

0, allora q
k
(x)[k n

0 `e una base di
P
n
[x].
Ogni polinomio p
n
(x) si esprime in modo unico come combinazione
lineare di elementi di una base e cio`e
p
n
(x) =

n
k=0
C
n,k
q
k
(x).
22
I coecienti C
n,0
, C
n,1
, ..., C
n,n
si dicono anche costanti di connessione di
p
n
(x) rispetto alla base q
k
(x)[k n

0.
Una base q
k
(x)[k n

0 dello spazio P
n
[x] si dice persistente
se esiste una successione x
1
, . . . , x
n
in K tale che q
0
(x) = 1 e q
k+1
(x) =
q
k
(x)(x x
k+1
) per ogni k
n 1
0. In una tale base, ciascun
polimonio `e monico e possiede tutte le radici di quello precedente. Essa `e
dunque univocamente determinata dalla successione delle radici dei suoi
polinomi x
1
, x
2
, ..., x
n
. Si osservi che tali radici, prese in ordine diverso,
individuerebbero basi dierenti.
Esempio 1.3.1. 1. La base canonica, detta anche base delle potenze
`e una base persistente e la successione delle sue radici `e, ovvia-
mente, 0, 0, ..., 0.
2. La base dei fattoriali decrescenti (x)
k
[k n

0 `e una base
persistente. Infatti (x)
k
ha grado k e
(x)
0
= 1
(x)
1
= x
...
(x)
k
= x(x 1)...(x k + 1)
...
(x)
n
= x(x 1)...(x n + 1).
La successione delle sue radici `e 0, 1, 2, ..., k 1, ..., n 1.
3. La base dei fattoriali crescenti x)
k
[k n

0 `e una base per-


sistente. Infatti x)
k
ha grado k e
x)
0
= 1
x)
1
= x
...
x)
k
= x(x + 1)...(x + k 1)
...
x)
n
= x(x + 1)...(x + n 1).
La successione delle sue radici `e 0, 1, 2, ..., 1 k, ..., 1 n.
23
4. Le costanti di connessione tra il polinomio (x+1)
n
e la base canon-
ica sono i coecienti binomiali. Infatti
(x + 1)
n
=

n
k=0
_
n
k
_
x
k
.
5. Le costanti di connessione tra il polinomio x
n
e la base persistente
(x)
k
[k n

0 sono i numeri di Stirling di II specie. Infatti,


x
n
rappresenta il numero di funzioni arbitrarie da un insieme N
di cardinalit`a n in un insieme X di cardinalit`a x; tali funzioni
possono essere costruite ripartendo N in k blocchi e collocando
iniettivamente questi ultimi nelle x scatole, per ogni k n

. Quindi
x
n
=

n
k=0
S(n, k)(x)
k
.
6. Si proceder` a ora nel calcolare le costanti di connessione fra il poli-
nomio x)
n
e la base persistente (x)
k
[k n

0.
Si `e detto che x)
n
`e il numero di disposizioni di n palline distin-
guibili in x scatole distinguibili, che tengono conto dellordinamento
allinterno di ognuna di esse.
Sia x)
n,i
il numero di quelle disposizioni che utilizzano esattamente
i scatole. Ora, scelte i palline in
_
n
i
_
modi, le si colloca in maniera
iniettiva nelle scatole utilizzando la prima posizione di ciascuna di
esse; quest operazione pu` o, quindi, essere fatta in (n)
i
modi.
Le n i palline restanti saranno collocate subito dopo quelle gi`a
inserite; quindi per la prima delle n i palline si avranno i scelte,
per la seconda i + 1 e cos` via per ognuna di esse. In totale si
hanno i(i +1)(i +2)...(i +n i 1) = (n 1)
ni
modi di collocare
le n i palline restanti. Quindi x)
n,i
=
_
x
i
_
(n)
i
(n 1)
ni
. Allora
x)
n
=

n
i=0
_
x
i
_
(n)
i
(n 1)
ni
=
=

n
i=0
(x)
i
i!
_
n
i
_
i!(n 1)
ni
=
=

n
i=0
(x)
i
_
n
i
_
(n 1)
ni
.
Quindi le costanti di connessione fra x)
n
e (x)
k
[k n

0
sono
24
L
n,i
=
_
n
i
_
(n 1)
ni
.
Tali L
n,i
si dicono numeri di Lah; per essi valgono le seguenti
uguglianze:
L
n,i
=
_
n
i
_
(n1)!
(n1n+i)!
=
_
n
i
_
(n1)!
(i1)!
=
_
n1
i1
_
n!
i!
.
Sia p
n
(x) un polinomio dello spazio C
n
[x] dei polinomi di grado mi-
nore o uguale a n nel campo complesso e sia q
k
(x)[k n

0 una
sua base persistente. Si ha
p
n
(x) =

n
i=0
C
n,i
q
i
(x).
Sia s
n
una radice del polinomio p
n
(x); allora p
n
(x) = (x s
n
)p
n1
(x).
p
n1
(x) `e un polinomio di grado n 1 e pu`o essere scritto come combi-
nazione lineare dei primi n polinomi della base persistente considerata e
cio`e
p
n1
(x) =

n1
j=0
C

n1,j
q
j
(x).
La base q
k
(x)[k n

0 `e persistente e quindi risulta che, per ogni


k
n 1
0, q
k+1
(x) = (x r
k+1
)q
k
(x), da cui si ricava facilmente
che xq
k
(x) = q
k+1
(x) +r
k+1
q
k
(x). Tenendo conto di ci`o, p
n
(x) pu`o essere
cos` scritto: p
n
(x) = (x s
n
)

n1
j=0
C

n1,j
q
j
(x) =
=

n1
j=0
C

n1,j
xq
j
(x) s
n

n1
j=0
C

n1,j
q
j
(x) =
=

n1
j=0
C

n1,j
q
j+1
(x) +

n1
j=0
C

n1,j
(r
j+1
s
n
)q
j
(x).
Posto j + 1 = h nella prima sommatoria, si ottiene
p
n
(x) =

n
h=1
C

n1,h1
q
h
(x) +

n1
j=0
C

n1,j
(r
j+1
s
n
)q
j
(x).
La prima sommatoria contiene termini di grado compreso tra 1 ed
n, mentre la seconda contiene termini di grado variabile da 0 a n 1.
Tenendo conto di ci`o e del fatto che p
n
(x) =

n
i=0
C
n,i
q
i
(x), otteniamo
C

n1,0
(r
1
s
n
)q
0
(x) +

n1
i=1
_
C

n1,i1
+C

n1,i
(r
i+1
s
n
)

q
i
(x) +
+ C

n1,n1
q
n
(x) = p
n
(x) =

n
i=0
C
n,i
q
i
(x).
Da queste uguaglianze si ha quindi che
C
n,0
= C

n1,0
(r
1
s
n
);
per i
n 1
: C
n,i
= C

n1,i1
+ C

n1,i
(r
i+1
s
n
);
25
C
n,n
= C

n1,n1
.
C
n,i
= C

n1,i1
+ C

n1,i
(r
i+1
s
n
) `e dunque lespressione generale
che lega le costanti di connessione dei polinomi p
n
(x) e p
n1
(x), la quale
prende il nome di formula di ricorrenza master.
Esempio 1.3.2. 1. Si consideri (x + 1)
n
=

n
k=0
_
n
k
_
x
k
. Poich`e
r
k+1
= 0, per ogni k
n 1
0 e s
n
= 1 (essendo uguali a
1 tutte le radici di (x + 1)
n
), applicando la formula di ricorrenza
master si ottiene la nota uguaglianza
_
n
k
_
=
_
n1
k1
_
+
_
n1
k
_
.
2. Si consideri x
n
=

n
k=0
S(n, k)(x)
k
. Risulta che r
k+1
= k, per
ogni k
n 1
0 ed s
n
= 0 (sono tutte nulle le radici di x
n
).
Applicando la ricorrenza master si ricava una nota formula
S(n, k) = S(n 1, k 1) +kS(n 1, k).
3. Sia x)
n
=

n
k=0
L
n,k
(x)
k
. Poich`e r
k+1
= k, per ogni k
n 1

0 ed s
n
= 1 n, applicando la formula di ricorrenza master
risulta
L
n,k
= L
n1,k1
+ (k + n 1)L
n1,k
.
26
Capitolo 2
Permutazioni
2.1 Il Gruppo Simmetrico
Se [X[ `e un insieme nito di cardinalit`a n, si denota con S
n
(X) lin-
sieme delle permutazioni di X. Per indicare linsieme delle permutazioni
di n

si usa il simbolo S
n
ed `e noto che [S
n
[ = n!. Si ricordi inoltre che
(S
n
(X), ) `e un gruppo, detto gruppo simmetrico su X, dove `e lusuale
composizione tra funzioni.
Una permutazione di ordine n, intesa come una bigezione : n

pu`o essere rappresentata in vari modi.


1. Con una matrice (2 n)
_
1
(1)
2
(2)
...
...
n
(n)
_
.
2. Identicandola con una disposizione e quindi utilzzando solo una
riga, con riferimento alla disposizione naturale 1, 2, . . . , n
((1)(2)...(n)).
3. Utilizzando una qualsiasi disposizione i
1
, i
2
, ..., i
n
di n

e una ma-
trice (2 n)
_
i
1
(i
1
)
i
2
(i
2
)
...
...
i
n
(i
n
)
_
.
27
4. Elencando i suoi cicli e cio`e le successioni di termini i
1
, i
2
, ..., i
k
in
n

tali che (i
t
) = i
(t+1)
modk
, per ogni t k

; k si dice lunghezza
del ciclo. Si dimostra che i cicli di , intesi come insiemi di vertici,
formano una partizione di n

. Infatti ogni i n

sta in un ciclo e lo
genera e nessun vertice sta in due cicli distinti. Di solito ogni ciclo
viene descritto a partire dal suo termine pi` u piccolo e la successione
dei cicli viene descritta in ordine alfabetico. Il primo termine in
tale descrizione, quindi, `e sempre 1. Talvolta si usa sottintendere,
nellelenco dei cicli, tutti quelli di lunghezza 1. Si ricordi anche che
una permutazione si dice ciclica se ha un unico ciclo, evidentemente
di lunghezza n.
Esempio 2.1.1. 1. La permutazione di 5 elementi
_
1
3
2
4
3
1
4
5
5
2
_
si decompone nei cicli (13)(245).
2. La permutazione di 5 elementi
_
1
1
2
3
3
2
4
5
5
4
_
si decompone nei
cicli (1)(23)(45).
3. La permutazione di 5 elementi
_
1
2
2
3
3
4
4
5
5
1
_
si decompone nel-
lunico ciclo di lunghezza 5 (12345).
Si ricordi che dato un gruppo H, si dice insieme di generatori di H
un suo sottoinsieme K tale che ogni elemento di H possa essere ottenuto
componendo un certo numero di elementi di K.
Un tale K si dice minimale, se non esiste un suo sottoinsieme proprio
che sia un insieme di generatori. E noto che le trasposizioni sono per-
mutazioni che si suddividono in un ciclo di lunghezza 2 e n 2 cicli di
lunghezza 1; `e anche noto che linsieme di tutte le trasposizioni genera
S
n
, ma non `e un insieme di generatori minimale.
A tal proposito si considerino le n 1 trasposizioni adiacenti il cui
ciclo di lunghezza 2 `e del tipo (i (i +1)), per qualche i
n 1
; in realt`a
linsieme delle trasposizioni adiacenti contiene anche quella il cui ciclo di
lunghezza 2 `e (1 n). Si dimostra facilmente che tali trasposizioni adia-
centi costituiscono un insieme di generatori minimale per S
n
, di ordine,
evidentemente, n 1.
28
Tale insieme di generatori `e minimale, ma non di ordine minimo;
infatti il gruppo simmetrico S
n
pu`o essere generato dalle due sole per-
mutazioni:
rotazione =
_
1
2
2
3
...
...
n1
n
n
1
_
= (1 2 ... n 1 n).
Essa rappresenta la rotazione di uno scatto della circonferenza su
cui sono stati riportati in ordine i numeri 1, 2, ..., n.
1

2
. ...

la trasposizione adiacente =
_
1
1
2
2
...
...
n1
n
n
n1
_
= (n 1 n).
La trasposizione , facendo riferimento alla stessa rappresentazione
graca, scambia tra loro n 1 e n, lasciando ssi tutti gli altri.
1

...
.
n 1

Si prova infatti che ogni trasposizione adiacente (i i + 1) si ottiene


componendo la rotazione e la trasposzione adiacente in questo modo
(i i + 1) =
i+1

ni1
.
Si `e osservato che ogni permutazione di ordine n pu`o essere decom-
posta in p cicli, con p n

.
Lunica permutazione di ordine n decomponibile in n cicli di lunghez-
za 1 `e ovviamente lidentit`a.
Al contrario non esiste ununica permutazione decomponibile in un
ciclo di lunghezza n; infatti, ssando un primo elemento i
1
, per il secondo
29
si hanno n 1 scelte; per il terzo n 2, e cos` via per tutti gli elementi
i
k
, con k n

. In totale il numero di permutazioni decomponibili in un


unico ciclo di lunghezza n `e (n 1)!.
Il numero di permutazioni di ordine n decomponibili in k cicli, con
k n, si chiama numero di Stirling di I specie e si indica con s(n, k).
Per quanto appena detto vale che s(n, n) = 1 e s(n, 1) = (n 1)!.
E immediato osservare che la somma degli s(n, k) al variare di k in
n

, dar`a il numero totale di permutazioni e cio`e

n
k=1
s(n, k) = n!.
Anche per i numeri di Stirling di I specie vale una particolare formula
di ricorrenza che permette di calcolarli facilmente.
Sia o
k
n
= S
n
[ decomponibile in k cicli, la cui cardinalit`a `e
appunto s(n, k) .
Tale insieme pu`o essere suddiviso in base al fatto che una permu-
tazione contenga o meno il ciclo (n).
Quindi si considerino i seguenti insiemi
/ =
_
o
k
n
[(n) = n
_
B =
_
o
k
n
[(n) ,= n
_
.
Allora o
k
n
= /

B e quindi

o
k
n

= [/[ +[B[.
/ `e chiaramente in corrispondenza bigettiva con linsieme o
k1
n1
e quindi
[/[ =

o
k1
n1

= s(n 1, k 1).
Sia ora B e sia (n, (n),
1
(n), ...,
r1
(n)) un suo ciclo contenente
n. Sia

la permutazione ottenuta da contraendo tale ciclo e quindi


eliminando n; tale operazione non produce la scomparsa di alcun ciclo e
quindi

o
k
n1
.
In questo modo resta denita una suriezione f : B o
k
n1
tale che
f
1
() = n 1, per ogni o
k
n1
. Infatti, inserendo n immediata-
mente dopo un qualsiasi vertice i
s
di un qualsiasi ciclo (i
1
, i
2
, ..., i
t
) di
una permutazione o
k
n1
e ponendo (i
j
) = (i
j
) per ogni j ,= s,
(i
s
) = n e (n) = i
(s+1)
modt
, si ottengono n1 permutazioni di B, la cui
immagine tramite f `e . Quindi [B[ = (n1)

o
k
n1

= (n1) s(n1, k).


In denitiva si ha la seguente formula di ricorrenza per i numeri di Stirling
di I specie
s(n, k) = s(n 1, k 1) + (n 1) s(n 1, k).
30
2.2 Gruppi di permutazioni
Denizione 2.2.1. Ogni A sottogruppo di S
n
(X), per qualche X, si dice
gruppo di permutazioni.
n = [X[ si dice grado di A e [A[ si dice, ovviamente, ordine di A.
Proposizione 2.2.2. Ogni sottoinsieme non vuoto di S
n
(X) `e un sot-
togruppo se e solo se `e stabile (o chiuso).
DIMOSTRAZIONE

Ovvia.

Sia A S
n
(X) stabile e sia A. Tale si pu`o decomporre in cicli,
non necessariamente distinti, di lunghezze i
1
, . . . , i
p
.
Se (x
k
1
. . . x
k
r
) `e un ciclo di lunghezza r della permutazione , allora,
componendo con se stessa r volte, ossia considerando
r
, tutti gli
elementi del ciclo restano ssi (ci`o avviene per
kr
, per ogni k Z).
In particolare, se j = mcm(i
1
, . . . , i
p
), `e chiaro che
j
= id
X
e, poich`e

j
A, in quanto A `e stabile per ipotesi, si ha che id
X
A. Si osservi,
inoltre, che
j1
= id
X
=
j1
e quindi
1
=
j1
; dalla stabilit`a di
A segue che
1
A.
Dunque A `e un sottogruppo di S
n
(X).
Osservazione 2.2.3. In generale la stabilit` a non `e suciente a garan-
tire che un sottoinsieme di un gruppo sia un sottogruppo; infatti, oltre ad
essa, occorre anche che al sottoinsieme appartengano lelemento neutro
del gruppo e linverso di ogni suo elemento.
Se due gruppi niti (e in particolare due gruppi di permutazioni) sono iso-
mor, allora hanno lo stesso ordine. Invece, due gruppi di permutazioni
isomor, non hanno necessariamente lo stesso grado.
Esempio 2.2.4. 1. Si dice gruppo ciclico di grado n il gruppo C
n
di
permutazioni di n

generato dal ciclo = (1 2 . . . n). Natural-


mente [C
n
[ = n. Infatti gli elementi di C
n
possono essere immagi-
nati come rotazioni, con un certo numero di scatti arbitrario da 1 a
31
n, della circonferenza su cui sono stati riportati in ordine i numeri
1, 2, ..., n. Si osservi che non tutte le permutazioni di questo gruppo
sono cicliche; infatti lo sono solo quelle del tipo
r
, se r `e primo
con n.
1

2
. ...

2. Si dice gruppo diedrale di grado n il sottogruppo D


n
S
n
(n

) gen-
erato dalla rotazione = (1 2 . . . n) e dalla simmetria
n1
=
(1 n)(2 (n 1)).... In termini geometrici, D
n
`e il gruppo delle
trasformazioni di un poligono regolare di n vertici in se stesso.
n1
determina la simmetria rispetto allapotema relativa al lato di verti-
ci 1 ed n. Se n `e dispari,
n1
si decompone in
n1
2
cicli di lunghezza
2 e in un ciclo di lunghezza 1; infatti, ogni apotema prolungata `e
anche il raggio del vertice opposto ad essa.
n
1

}
}
}
}
}
}
}
}

A
A
A
A
A
A
A
A

n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Q
Se n `e pari,
n1
si decompone in esattamente
n
2
cicli di lunghez-
za 2; in questo caso, ogni apotema `e il prolungamento di unaltra
apotema, quella relativa al lato opposto.
n
1


32
Si osservi che valgono le seguenti uguaglianze:
(a)
n1
=
11
.
(b)
n1
=
nn
.
dove
11
e
nn
sono le simmetrie lungo i raggi passanti, rispettiva-
mente, dai vertici 1 e n.
(a)
n1
=
_
1
2
2
3
...
...
n1
n
n
1
_

_
1
n
2
n1
3
n2
...
...
n
1
_
=
_
1
1
2
n
3
n1
4
n2
...
...
n
2
_
=
11
.
Si osservi che
11
ha un solo punto sso (il vertice 1), se n `e dispari;
ha due punti ssi (i vertici 1 e
n
2
+ 1), se n `e pari.
(b)
n1
=
_
1
n
2
n1
3
n2
...
...
n
1
_

_
1
2
2
3
...
...
n1
n
n
1
_
=
_
1
n1
2
n2
3
n3
...
...
n
n
_
=
nn
.
Si noti che anchessa ha un solo punto sso (il vertice n), se n `e
dispari; se n `e pari, ha due punti ssi (i vertici n ed
n
2
).
In riferimento a quanto appena vericato, vale la seguente gener-
alizzazione. Per ogni k 0, 1 e per ogni r n

, risulta:
(a)
r(r+k)
modn
=
(r+k)
modn
(r+1)
modn
.
(b)
r(r+k)
modn
=
(r+k1)
modn
r
.
(a) Per k = 0 si ha

rr
=
_
1
2
...
...
n
1
_

_
1
2r1
2
2r2
...
...
r1
r+1
r
r
r+1
r1
...
...
n
2rn
_
modn
=
_
1
2r
2
2r1
...
...
r
r+1
r+1
r
...
...
n
2rn+1
_
modn
=
r(r+1)
modn
.
Per k = 1 si ha

r(r+1)
modn
=
=
_
1
2
...
...
n
1
_

_
1
2r
2
2r1
...
...
r
r+1
r+1
r
...
...
n
2rn+1
_
modn
=
_
1
2r+1
2
2r
...
...
r
r+2
r+1
r+1
r+2
r
...
...
n
2rn+2
_
modn
=
=
(r+1)
modn
(r+1)
modn
.
33
Analogamente si verica (b).
Poich`e ogni rotazione `e una potenza di , da (a) e (b) si deduce che
componendo una qualsiasi rotazione con una qualsiasi simmetria si
ottiene ancora una simmetria.
Da (a) e (b) si deduce anche che date due simmetrie e

esistono
due interi positivi p e q tali che

=
p
=
q
.
Si ha allora, tenendo anche presente che le simmetrie sono autoin-
verse, che le composizioni

=
q
=
q
e

p
=
p
sono delle rotazioni.
Il gruppo diedrale quindi `e composto da tutte le rotazioni e da tutte
le simmetrie.
Per quanto detto in precedenza, lordine di D
n
si ottiene somman-
do al numero di rotazioni, ovvero lordine di C
n
, il numero delle
simmetrie intorno agli apotemi e intorno ai raggi. Nel caso in cui
n `e dispari, le simmetrie sono tutte, simultaneamente, relative ai
raggi e agli apotemi, essendo gli uni il prolungamento degli altri e
il loro numero `e n; se n `e pari, si hanno due tipi di simmetria. In
questultimo caso, ogni simmetria coinvolge due lati o due vertici
diametralmente opposti; quindi anche il loro numero `e n.
Dunque [D
n
[ = [C
n
[ + n = 2n, indipendentemente dal fatto che n
sia pari o dispari.
3. Si dice gruppo alterno o alternante il gruppo A
n
S
n
(n

) che
contiene tutte e sole le permutazioni pari. A
n
`e eettivamente un
gruppo, in quanto A
n
,= , poich`e lidentit` a `e pari e la composizione
di permutazioni pari `e ancora una permutazione pari. Questo non
vale per linsieme A

n
delle permutazioni dispari che non formano
un gruppo. Inoltre, si noti che [A
n
[ =
n!
2
, se n 2. Infatti, `e pos-
sibile costruire una bigezione tra A
n
e A

n
, usando la trasposizione
adiacente (1 2) e supponendo, quindi, n 2. Si considerino le ap-
plicazioni f : A

n
A
n
, tale che f() = (1 2), per ogni A

n
e g : A
n
A

n
, tale che g() = (1 2), per ogni A
n
.
34
Tali funzioni sono una linversa dellaltra, in quanto la permu-
tazione (1 2), in cui sono sottintesi i cicli di lunghezza 1, `e autoin-
versa. Dunque A

n
e A
n
hanno la stessa cardinalit`a e ripartiscono
S
n
; quindi [A
n
[ =
|S
n
|
2
=
n!
2
.
Denizione 2.2.5. Siano V e W insiemi niti e disgiunti; siano A
S
n
(V ) e B S
m
(W), dove S
n
(V ) e S
m
(W) sono i gruppi delle permu-
tazioni, rispettivamente, di V e W. Si dice gruppo somma di A e di B
il sottogruppo A + B di S
n+m
(V

W) cos` denito
A + B = + [ A, B
dove, per ogni x V

W
( + )(x) =
_
(x) se x V
(x) se x W .
+ `e realmente una permutazione di elementi di V

W.
Infatti, siano x, x

V

W tali che ( + )(x) = ( + )(x

); se x

V
si ha che ( + )(x) = ( + )(x

) = (x

) V . Quindi x V e
(x) = (x

); essendo una permutazione su V , risulta che x = x

; si
procede analogamente per x

W.
Essendo A+B un insieme di permutazioni, la sua chiusura, rispetto alla
composizione di permutazioni, assicura che A + B `e un sottogruppo di
S
n+m
(V

W). Per provarla, si considerino ( + ), (

) A + B e
x V

W; allora
(

) ( + )(x) =
_

((x)) se x V

((x)) se x W
e quindi (

) ( + ) = (

) + (

) A + B.
Osservazione 2.2.6. Si supponga che [A[ = p e [B[ = q; allora [A + B[ =
pq.
Per dimostrare che la cardinalit`a di A + B `e esattamente questa, basta
35
far vedere che la suriezione (, ) + `e una bigezione da A B
in A + B. Siano + =

A + B. Per ogni v V si ha che


(+)(v) = (

)(v) e cio`e (v) =

(v); analogamente, se w W,
risulta che (w) =

(w). Dunque (, ) = (

).
Denizione 2.2.7. Siano V e W insiemi niti; siano A S
n
(V ) e
B S
m
(W). Si dice gruppo prodotto di A per B il sottogruppo A B
di S
nm
(V W) cos` denito
A B = [ A, B
dove, per ogni (v, w) V W ( )(v, w) = [(v), (w)].
( ) `e una permutazione sugli elementi di V W; infatti, presi
(v, w), (v

, w

) V W si ha che, se ( )(v, w) = ( )(v

, w

),
cio`e [(v), (w)] = [(v

), (w

)], allora (v) = (v

) e (w) = (w

)
ed essendo e permutazioni, risulta che v = v

e w = w

, vale a dire
(v, w) = (v

, w

).
Analogamente a quanto fatto per il gruppo somma, si prover`a ora la
chiusura di A B.
Siano, dunque, ( ), (

) A B e (v, w) V W. Allora
() (

)(v, w) = () [

(v),

(w)] = [(

(v)), (

(w))] =
(

) (

)(v, w) A B.
Osservazione 2.2.8. Si supponga che [A[ = p e [B[ = q; allora [A B[ =
pq.
Procedendo come per il gruppo somma, si prover` a che tale cardinalit`a
`e esattamenente pq. Siano ( ) = (

) A B. Per og-
ni (v, w) V W, se ( )(v, w) = (

)(v, w), vale a dire


((v), (w)) = (

(v),

(w)), allora (v) =

(v), per ogni v V , e


(w) =

(w), per ogni w W. Quindi =

e =

.
Denizione 2.2.9. Sia V = v
1
, . . . , v
n
un insieme nito e ordinato e
sia W un insieme nito. Per ogni permutazione S
n
(V ), si indichi
ancora con la permutazione su n

denita dalla relazione (v


i
) = v
(i)
.
Siano A S
n
(V ) e B S
m
(W). Si dice gruppo composizione di A
intorno a B il sottogruppo A[B] di S
nm
(V W) cos` denito
36
A[B] = (;
1
, . . . ,
n
)[ A,
i
B, i n

dove, per ogni v


i
V e per ogni w W: (;
1
, . . . ,
n
)(v
i
, w) =
(v
(i)
,
(i)
(w)).
(;
1
, . . . ,
n
) `e una permutazione sugli elementi di V W.
Infatti, siano v
i
, v
j
V e w, w

W.
Se (;
1
, . . . ,
n
)(v
i
, w) = (;
1
, . . . ,
n
)(v
j
, w

), cio`e (v
(i)
,
(i)
(w)) =
(v
(j)
,
(j)
(w

)), allora v
(i)
= v
(j)
, quindi (i) = (j) ed essendo una
permutazione, i = j. Inoltre,
(i)
(w) =
(j)
(w

), per quanto appena


detto, diventa
(i)
(w) =
(i)
(w

) e dunque w = w

, essendo
(i)
una
permutazione.
Si prover`a ora la chiusura di A[B].
Siano (;
1
, . . . ,
n
), (

1
, . . . ,

n
) A[B] e (v
i
, w) V W. Allora
(;
1
, . . . ,
n
)(

1
, . . . ,

n
)(v
i
, w) = (;
1
, . . . ,
n
)(v

(i)
,

(i)
(w)) =
(v
(

(i))
, (

(i)

(i)
)(w)).
Posto j = (

(i)) e quindi

(i) =
1
(j), la precedente espressione
`e uguale a (

,
1

1
(1)
, . . . ,
j

1
(j)
, . . . ,
n

1
(n)
) A[B].
Osservazione 2.2.10. Si supponga che [A[ = p e [B[ = q; allora
[A[B][ = pq
n
.
In analogia a quanto fatto prima, se (;
1
, . . . ,
n
) = (

1
, . . . ,

n
)
A[B], allora, per ogni (v
i
, w) V W, si ha che (;
1
, . . . ,
n
)(v
i
, w) =
(

1
, . . . ,

n
)(v
i
, w), cio`e (v
(i)
,
(i)
(w)) = (v

(i)
,

(i)
(w)). Da ci`o
si ricava che v
(i)
= v

(i)
e quindi =

; inoltre
(i)
(w) =

(i)
(w),
che , per quanto appena detto, equivale a
(i)
(w) =

(i)
(w), per ogni
i n

. Posto j = (i), si ha anche che


j
=

j
, per ogni j n

.
Denizione 2.2.11. Siano V e W insiemi niti; siano A S
n
(V ) e
B S
m
(W). Si dice gruppo potenza di B ed A il sottogruppo B
A
di
S
m
n(W
V
) cos` denito
B
A
=

[ A, B
dove, per ogni v V e per ogni f W
V
:

(f)(v) = (f((v))).
37

`e una permutazione degli elementi di W


V
. Infatti, per ogni
f, f

W
V
, risulta che, se

(f)(v) =

(f

)(v), cio`e (f((v))) =


(f

((v))),per ogni v V , allora, componendo con


1
a sinistra, si
ha f((v)) = f

((v)) per ogni v V , cio`e, posto v

= (v), si ha che
f(v

) = f

(v

), per ogni v

V , dunque f = f

.
Si vericher`a ora la chiusura dellinsieme B
A
.
Siano

B
A
e siano v V e f W
V
.
(

)(f)(v) =

(f)

(v) =
_

(f)((v))

=
= (

(f(

((v))))) = (

)(f(

(v))) = (

(f)(v) B
A
.
Osservazione 2.2.12. Si supponga che [A[ = p e [B[ = q e sia m > 1;
allora

B
A

= pq.
Siano

B
A
; per ogni f W
V
e per ogni v V , si ha

(f)(v) =

(f)(v) e cio`e (f((v))) =

(f(

(v))). Per ogni w


W ssato, sia f
w
: V W, tale che, per ogni v V , f
w
(v) = w.
Allora, (w) =

(w), per ogni w W e dunque =

. La condizione
precedente diventa quindi (f((v))) = (f(

(v))) e allora f((v)) =


f(

(v)) (), per ogni v V e per ogni f W


V
. Da ci`o segue che
=

; questo `e banale se n = 1, altrimenti si supponga, per assurdo,


che ,=

; allora esiste v V tale che ( v) ,=

( v). Poich`e m > 1 e


cio`e W ,= x, esiste una

f tale che

f(( v)) ,=

f(

( v)). Ci` o contraddice


() e quindi =

.
Proposizione 2.2.13. Valgono le seguenti propriet` a:
1. A + B

= A B.
2. A + B

= B
A
.
DIMOSTRAZIONE.
1. Poich`e A+B e AB hanno la stessa cardinalit`a pq, per provare che
sono isomor basta costruire unapplicazione h : A + B A B
che sia un omomorsmo iniettivo. Si denisca h nel seguente modo:
per ogni + A + B, sia h( + ) = A B.
38
h iniettiva.
Siano ( +), (

) A+B tali che ( +) ,= (

);
allora (, ) ,= (

) e quindi ( ) ,= (

).
h omomorsmo.
Siano (+), (

) A+B; allora h[( + ) (

)] =
h[(

) + (

)] = (

)(

) = ()(

) =
h( + ) h(

).
2. Poich`e A+B e B
A
hanno la stessa cardinalit`a pq, per provare che
sono isomor basta costruire unapplicazione k : A + B B
A
che
sia un omomorsmo iniettivo.
Si denisca k nel seguente modo: per ogni + A + B, sia
k( + ) =

1
B
A
.
k iniettiva.
Siano ( +), (

) A+B tali che ( +) ,= (

);
allora (, ) ,= (

) e quindi

1
,=

1
.
k omomorsmo.
Siano (+), (

) A+B; allora k [( + ) (

)] =
k [(

) + (

)] = (

)
(

)
1
= (

1
=

1
= k( + ) k(

).
Proposizione 2.2.14. Valgono le seguenti propriet` a:
1. A + B B + A.
2. A B B A.
3. B
A

= A
B
.
DIMOSTRAZIONE.
1. Sia f : A + B B + A, tale che, per ogni + A + B:
f(+) = +. Questa applicazione `e banalmente iniettiva ed `e
un omomorsmo. Infatti, prese (+), (

) A+B, risulta che


f [( + ) (

)] = f [(

) + (

)] = (

)+(

) =
( + ) (

) = f( + ) f(

).
39
2. Sia g : A B B A, tale che, per ogni A B:
g( ) = . Questa applicazione `e banalmente iniettiva e,
analogamente a f, si prova che `e un omomorsmo.
3. Per la proposizione precedente e per quanto appena visto, si ha che
B
A

= A + B B + A

= A
B
e quindi B
A

= A
B
. Un isomorsmo
tra questi due gruppi `e, dunque, h : B
A
A
B
, tale che, per ogni

B
A
: h(

) = (
1
)

1
= (

)
1
A
B
.
Si osservi che, avendo B
A
grado m
n
e A
B
n
m
, essi non sono identici,
eccetto che nel caso in cui n = m.
2.3 Orbite di un gruppo di permutazioni
Denizione 2.3.1. Sia A S
n
(X) un gruppo di permutazioni e sia
x X. Linsieme (x) = y X[ A

(x) = y X si dice
orbita di x rispetto ad A.
Esempio 2.3.2. 1. Se A = id
X
, allora (x) = x, per ogni x
X.
2. Se A = S
n
(X), allora (x) = X, per ogni x X.
3. Se A =< >, con ciclica, allora (x) = X, per ogni x X.
4. Se A =< > e (x
i
1
. . . x
i
r
) `e un ciclo di , allora (x
i
j
) =
x
i
1
, . . . , x
i
r
, per ogni j r

.
Osservazione 2.3.3. Si consideri la seguente relazione su X, relativa-
mente al gruppo di permutazioni A, cos` denita: per ogni a, b X,
a b se e solo se esiste A tale che (a) = b. Tale relazione `e di
equivalenza, in quanto A `e un gruppo. Infatti, lesistenza dellelemento
neutro in A garantisce la riessivit`a di , lesistenza dellinverso in A
assicura la simmetria e la chiusura di A la transitivit` a. Le orbite di X
rispetto ad A sono proprio le classi di equivalenza di X rispetto a e
quindi costituiscono una sua partizione.
40
Denizione 2.3.4. Sia A S
n
(X) un gruppo di permutazioni e sia x
X. Il sottogruppo A(x) = A[(x) = x A si dice stabilizzatore
di x rispetto ad A.
Proposizione 2.3.5. Sia A
xy
= A[(x) = y A, per x, y X.
Allora, se x (y) risulta che [A(x)[ = [A
xy
[ = [A
yx
[.
DIMOSTRAZIONE.
Occorre trovare una corrispondenza bigettiva tra A(x) e A
xy
. Si consideri
A tale che (x) = y e sia f

: A(x) A
xy
cos` denita: per ogni
A(x), f

() = A
xy
(infatti, ()(x) = ((x)) = (x) = y).
f

`e iniettiva. Siano ,

A(x) tali che f

()(z) = f

)(z), per
ogni z X; allora ( )(z) = (

)(z) e cio`e ((z)) = (

(z)), per
ogni z X. Poich`e `e una bigezione, si ha che (z) =

(z), per ogni


z X, cio`e =

.
f

`e suriettiva. Sia A
xy
; posto =
1
A(x), si ha
f

() = = (
1
) = .
La corrispondenza bigettiva tra A
xy
e A
yx
, si realizza semplicemente
associando ad ogni A
xy
la permutazione
1
A
yx
.
Corollario 2.3.6. Se x y, allora [A(x)[ = [A(y)[.
DIMOSTRAZIONE.
Per la proposizione precedente, si ha [A(x)[ = [A
xy
[ = [A(y)[.
Osservazione 2.3.7. 1. Se `e un orbita relativa ad A e se x, y ,
allora [A(x)[ = [A(y)[. Tale cardinalit`a si indica con [A()[.
2. [A[ = [(x)[ [A(x)[, per ogni x X. Per provare ci`o si consideri
/
x
= A
xy
[y (x), con x ssato in X. /
x
`e una partizione
di A. Infatti, sia A e sia t X tale che (x) = t e cio`e
t (x); allora A
xt
. Inoltre, per ogni y ,= y

(x), risulta
A
xy
A
xy
= . Infatti, si supponga per assurdo che A
xy
A
xy
,= ;
allora, esiste A
xy
A
xy
. Quindi (x) = y e (x) = y

. Ci` o `e
assurdo, in quanto `e una bigezione e y ,= y

.
Dunque A =

y(x)
A
xy
e [A[ =

y(x)
[A
xy
[ =

y(x)
[A(x)[ =
[(x)[ [A(x)[.
41
Denizione 2.3.8. Sia X un insieme. Si chiama funzione peso di
molteplicit`a r 1 su X unapplicazione w : X N
r
. Per ogni x X,
w(x) = (w
1
(x), . . . , w
r
(x)) si dice peso di x.
Ovviamente un multisottoinsieme di X `e una funzione peso di molteplic-
it`a 1 su X.
Denizione 2.3.9. Sia A un gruppo di permutazioni su X e sia w : X
N
r
una funzione peso su X tale che, per ogni x, y X, se y (x), allora
w(x) = w(y). Una tale funzione peso si dice compatibile con A.
Si consideri linsieme =
i
[
i
orbita di X rispetto ad A.
w induce una funzione peso su , W : N
r
, denita da: W() =
w(x) se e solo se x . Viceversa, ogni funzione peso W : N
r
induce una funzione peso su X, w : X N
r
, compatibile con A, cio`e
tale che, per ogni x X, w(x) = W((x)).
Denizione 2.3.10. Sia S
n
(X); con il simbolo j
k
() si indica il
numero di cicli di lunghezza k di , per ogni k n

.
Osservazione 2.3.11. Per tali j
k
() esiste la seguente relazione

n
k=1
kj
k
() = n.
Ad esempio, si consideri la permutazione identica id; essa `e formata da
n cicli di lunghezza 1 e si ha infatti che 1 j
1
(id) = 1 n = n. La
permutazione ciclica ha, invece, un solo ciclo di lunghezza n, per cui
n j
n
() = n 1 = n.
Proposizione 2.3.12. Siano
1
, . . . ,
p
le orbite di A S
n
(X) e sia w
una funzione peso compatibile con A. Allora

p
i=1
W(
i
) =
1
|A|

(x)=x
w(x).
DIMOSTRAZIONE.
Per ogni i
p

, si ha che [
i
[ W(
i
) =

x
i
w(x). Inoltre, per una pro-
priet`a precedente, risulta che [
i
[ =
|A|
|A(
i
)|
.
Allora
|A|
|A(
i
)|
W(
i
) =

x
i
w(x), da cui [A[ W(
i
) = [A(
i
)[

x
i
w(x).
Sommando per i
p

, si ha [A[

p
i=1
W(
i
) =

p
i=1
[A(
i
)[

x
i
w(x).
42
Tenendo conto del fatto che le
i
formano una partizione di X e ricor-
dando che [A(
i
)[ = [A(x)[, per ogni x
i
, lespressione precedente di-
venta [A[

p
i=1
W(
i
) =

p
i=1

x
i
[A(
i
)[ w(x) =

xX
[A(x)[ w(x) =

xX

(x)=x
w(x) =

(x)=x
w(x), da cui

p
i=1
W(
i
) =
1
|A|

(x)=x
w(x).
Corollario 2.3.13. Sia A un gruppo di permutazioni su X. Il numero
delle sue orbite `e N(A) =
1
|A|

A
j
1
().
DIMOSTRAZIONE.
Sia w la funzione peso che assegna peso 1 ad ogni elemento x X. Allora
si ha che

p
i=1
W(
i
) = p = N(A) e

(x)=x
w(x) = j
1
(). Applicando
il teorema precedente, segue subito la tesi.
Denizione 2.3.14. Sia A S
n
(X) un gruppo di permutazioni; si dice
polinomio dei cicli di A il seguente polinomio in n variabili a
1
, . . . , a
n
Z(A; a
1
, . . . , a
n
) =
1
|A|

n
i=1
a
j
i
()
i
dove, per ogni A, j
i
() `e il numero di cicli di di lunghezza i, per
ogni i n

.
Tale polinomio permette di capire come sono distribuiti i cicli delle
permutazioni di A, nel senso che il coeciente del termine in a
j
1
1
a
j
n
n
,
moltiplicato per [A[ da il numero totale di permutazioni con j
i
cicli di
lunghezza i, per ogni i n

. E chiaro che , se tale coeciente `e non


nullo, deve essere

n
i=1
ij
i
= n, per quanto osservato in precedenza.
Esempio 2.3.15. 1. Sia E
n
il gruppo identico. Z(E
n
) = a
n
1
, poich`e
la permutazione identica ha solo n cicli di lunghezza 1.
2. Sia C
4
il gruppo ciclico di ordine 4. In esso vi `e la rotazione iden-
tica, che ha quattro cicli di lunghezza 1; la rotazione di uno scatto,
che ha un ciclo di lunghezza 4; la rotazione con due scatti, che ha
2 cicli di lunghezza 2 e inne la rotazione con tre scatti, che ha 1
ciclo di lunghezza 4. Quindi Z(C
4
) =
1
4
(a
4
1
+ 2a
4
+ a
2
2
).
43
3. Sia C
n
il gruppo ciclico di grado n; in esso tutti i cicli hanno
la stessa lunghezza k, che deve essere un divisore di n. Quin-
di, ogni sua permutazione ha
n
k
cicli di lunghezza k, con k/n,
alla quale corrisponde un termine in a
n
k
k
. Si pu` o vericare che
Z(C
n
) =
1
n

k/n
(k)a
n
k
k
, dove (k) `e il numero di Eulero e cio`e il
numero di interi minori di k e relativamente primi con k.
4. Sia D
n
il gruppo diedrale di grado n e si ricordi che C
n
D
n
. Dal-
la denizione data in precedenza di D
n
, si ricava facimente che:
se n `e dispari, Z(D
n
) =
1
2n
(

k/n
(k)a
n
k
k
+ na
1
a
n1
2
2
);
se n `e pari, Z(D
n
) =
1
2n
(

k/n
(k)a
n
k
k
+
n
2
a
2
1
a
n2
2
2
+
n
2
a
n
2
2
).
2.4 Congurazioni e teorema di Polya
Siano S un insieme di n posti distinguibili e T un insieme di p (tipi
di) gure. In analogia a quanto fatto nel primo capitolo con palline e
scatole, si considerino le congurazioni ottenute collocando in ogni posto
un tipo di gura di T. Queste possono essere descritte come funzioni del
tipo f : S T.
Sia A S
n
(S) un gruppo di permutazioni sullinsieme dei posti;
tale A opera su S e determina la seguente relazione sullinsieme delle
congurazioni T
S
: per ogni f, g T
S
, f g rispetto ad A se e solo se
esiste A tale che g = f .
Il fatto che A `e un gruppo assicura che `e una relazione di equiv-
alenza. A `e detto gruppo delle congurazioni. Il problema che ci si pone `e
quello di considerare il quoziente
T
S

e contarne gli elementi. Si osservi che


le classi di equivalenza di congurazioni sono le orbite di E
A
p
S
p
n(T
S
),
dove E
p
= id
T
e E
A
p
`e il gruppo potenza. Infatti, vale che f g se
e solo se esiste E
A
p
tale che (g) = f. Sia quindi E
A
p
tale che
(g) = f; allora esiste A tale che = id

T
e dunque id

T
(g) = f e
cio`e id
T
(g((s))) = f(s), per ogni s S. Allora g((s)) = f(s), per ogni
s S e quindi g = f, vale a dire f g.
44
Si consideri ora una funzione peso di molteplicit`a r 1 sullinsieme
delle gure w : T N
r
, tale che w(t) = (w
1
(t), . . . , w
r
(t)), per ogni
t T. A partire da tale w si pu`o considerare la funzione peso sulle
congurazioni denita da W(f) =

sS
(w
i
(f(s)), , w
r
(f(s))). Risul-
ta tuttavia conveniente identicare tale funzione peso con la funzione
W : T
S
P [x
1
. . . x
r
], dove P [x
1
. . . x
r
] `e linsieme dei polinomi nelle
variabili x
1
, . . . , x
r
, tale che
W(f) =

sS
x
w
1
(f(s))
1
. . . x
w
r
(f(s))
r
.
Rispetto a tale rappresentazione, il peso di una congurazione `e la r-pla
degli esponenti del polinomio W(f)
Si osservi che, prese f, g T
S
, se f g, allora W(f) = W(g).
Infatti, f g vuol dire che esiste A tale che g = f .
Allora W(g) =

sS
x
w
1
(g(s))
1
. . . x
w
r
(g(s))
r
=

sS
x
w
1
(f((s)))
1
. . .
x
w
r
(f((s)))
r
.
Posto s

= (s) S, si ha che W(g) =

S
x
w
1
(f(s

))
1
. . . x
w
r
(f(s

))
r
=
W(f).
Per questo motivo, W pu`o essere pensata come funzione peso sulle
classi di congurazioni o, equivalentemente, sulle orbite del gruppo E
A
p
.
Si osservi che, invece, due congurazioni di uguale peso non necessaria-
mente sono equivalenti.
Il problema consister`a ora nel trovare il numero di classi di congu-
razioni aventi un determinato peso, esprimendolo, anche, in funzione del
peso delle gure. E utile, per fare ci`o, partire da una descrizione che fa
uso dei seguenti enti.
Denizione 2.4.1. Sia w : T N
r
una funzione peso di molteplic-
it` a r 1 sullinsieme delle gure. Si chiama polinomio delle gure il
seguente polinomio in r variabili x
1
, . . . , x
r
c(x
1
, . . . , x
r
) =

(i
1
,...,i
r
)N
r c
i
1
...i
r
x
i
1
1
. . . x
i
r
r
dove c
i
1
...i
r
`e il numero di gure di peso (i
1
, . . . , i
r
).
45
Denizione 2.4.2. Sia w : T N
r
una funzione peso di molteplic-
it` a r 1 sullinsieme delle gure. Si chiama polinomio delle classi di
congurazioni il seguente polinomio in x
1
, . . . , x
r
variabili
C(x
1
, . . . , x
r
) =

(i
1
,...,i
r
)N
r C
i
1
...i
r
x
i
1
1
. . . x
i
r
r
dove C
i
1
...i
r
`e il numero di classi di congurazioni di peso (i
1
, . . . , i
r
).
Il seguente teorema permette di calcolare C(x
1
. . . x
r
) in funzione
anche di c(x
1
, , x
r
), nel caso particolare in cui r = 2.
Teorema 2.4.3. (Polya.) C(x, y) = Z(A; c(x, y), c(x
2
, y
2
), . . . , c(x
n
, y
n
)).
Esempio 2.4.4. Sia [S[ = 4 e sia [T[ = 2; si pu` o pensare ad S come
allinsieme dei vertici di un quadrato e a T come linsieme di due colori
a, b. Come gruppo di permutazioni si consideri D
4
e come funzione peso
su T, di moltreplicit`a 2, si prenda lapplicazione cos` denita: w(a) =
(1, 0) e w(b) = (0, 1). Il peso delle congurazion sar`a:
(4, 0), se a tutti e 4 i vertici si associa il colore a. Ovviamente, tale
congurazione `e unica.
a a
a a
(0, 4), se a tutti e 4 i vertici si associa il colore b. Anchessa `e
unica.
b b
b b
(3, 1), se a 3 vertici si associa il colore a e ad un vertice il colore b.
Questa operazione genera 4 congurazioni tutte equivalenti e quindi
determina una sola classe di congurazioni.
46
b
a
a a
a
b
a a
a a
a
b
a a
b
a
(1, 3), se a 3 vertici si associa il colore b e ad un vertice il colore a.
Anche in questo caso si determinano 4 congurazioni equivalenti e
quindi una sola classe.
a
b
b b
b
a
b b
b b
b
a
b b
a
b
(2, 2), se a 2 vertici si associa il colore a e agli altri 2 il colore b. In
questo modo si determinano le seguenti 4 congurazioni equivalenti
che formano una classe
a a
b b
a
b
a
b
b
a
b
a
b b
a a
e le seguenti 2 congurazioni equivalenti che formano unaltra classe
b
a
a
b
a
b
b
a
Infatti

T
S

= 2
4
= 16, che `e la somma del numero delle congurazioni
appena descritte.
A queste stesse conclusioni possiamo arrivare attraverso il teorema di
Polya, tenendo presente che Z(D
4
) =
1
8
(a
4
1
+3a
2
2
+2a
4
+2a
2
1
a
2
) e c(x, y) =
x + y.
Infatti, applicando il teorema di Polya e considerando a
i
= c(x
i
, y
i
) =
x
i
+y
i
, si ha che C(x, y) =
1
8
((x +y)
4
+3(x
2
+y
2
)
2
+2(x
4
+y
4
) +2(x +
y)
2
(x
2
+ y
2
)) = . . . = x
4
+ x
3
y + 2x
2
y
2
+xy
3
+ y
4
.
47
Capitolo 3
Gra
3.1 Nozioni generali
Denizione 3.1.1. Sia X un insieme, i cui elementi di dicono vertici.
Si consideri
L(X) =
_
: X N[ord() =

xX
(x) = 2
_
L(X) `e linsieme di tutti i multisottoinsiemi di X di ordine 2.
Un elemento L(X) si dice lato.
Sia L(X) e sia x X. Se (x) ,= 0, x si dice estremo di . Se
ord() = 2 e [[ = 1, si dice cappio in x.
Si osservi che un lato pu`o essere indicato specicando i suoi estre-
mi; se x, y sono gli estremi di un lato, esso verr`a indicato con xy o
equivalentemente con yx.
Denizione 3.1.2. Si dice grafo non orientato, o pi` u semplicemente
grafo, una coppia ordinata G = (V (G), L(G)), dove V (G) `e un in-
sieme i cui elementi si dicono vertici e L(G) : L(V (G)) N `e un
multisottoinsieme di L(V (G)) = : V (G) N[ord() = 2.
Gli elementi del supporto di L(G) si dicono lati.
Se L(G) assume valore k 1 su un lato ab, si dice che ab ha
molteplicit`a k nel grafo considerato, o anche che nel grafo vi sono k
lati tra a e b.
48
Denizione 3.1.3. Un grafo si dice semplice se non ha cappi n`e lati
multipli.
Quindi un grafo G `e semplice se tutti i suoi lati hanno i due estremi
distinti ed L(G) `e un insieme (infatti lassenza di lati multipli si traduce
nel fatto che L(G) assume solo valori 0, 1 ).
Denizione 3.1.4. Dato un grafo semplice G si dice complemento di G
un grafo avente come vertici quelli di G e come lati tutti quelli che non
appartengono a G.
Si osservi che un grafo semplice pu`o essere visto come un insieme ( di
vertici) munito di una relazione simmetrica , detta di adiacenza, tale
che dati due vertici a, b risulta che a b se e solo se esiste un lato tra a
e b. Tale relazione `e simmetrica.
Denizione 3.1.5. Sia G = (V (G), L(G)) un grafo e sia v V (G).
Si dice grado di v il numero di lati aventi v come estremo e cio`e
deg(v) =

(v)>0
L(G)()
G si dice regolare se deg(v) = deg(w) per ogni v, w V (G).
Ovviamente se G `e semplice e v V (G), deg(v) `e il numero di vertici
adiacenti a v.
Esempio 3.1.6. 1. Il grafo completo K
n
ha n vertici ed `e tale che
per ogni coppia di suoi vertici, esiste uno e un solo lato che li
congiunge. Esempi di tali gra sono i poligoni, considerati con
tutte le loro diagonali.
K
3
@
@
@
@
@
@
@
~
~
~
~
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~

K
4
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~
~
~
~
~

2. Il grafo bicompleto K
n,m
`e tale che linsieme dei suoi vertici pu` o
essere ripartito in due sottoinsiemi di cardinalit`a n e m, in modo
49
che ogni vertice delluno sia collegato ad ogni vertice dellaltro e
viceversa, senza che i vertici di uno stesso insieme sia collegati fra
loro.
Tale grafo pu` o essere descritto tramite la relazione di adiacenza
riferita ai due sottoinsiemi in cui si ripartisce linsieme dei vertici:
x y se e solo se x e y non appartengono allo stesso sottoinsieme.
K
3,4
~
~
~
~
~
~
~
O
O
O
O
O
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O
O
O
O
O
3. Un grafo si dice bipartito, tripartito,..., n-partito, se linsieme dei
suoi vertici si pu` o ripartire in due, tre,..., n sottoinsiemi tali che,
presi due vertici x, y: se x y, allora x e y non appartengono allo
stesso sottoinsieme. Il grafo bicompleto `e , ovviamente, bipartito.
Denizione 3.1.7. Dato un grafo G = (V (G), L(G)), un grafo H =
(V (H), L(H)) si dice sottografo di G e si scrive H G se V (H) V (G)
e L(H) L(G) J, dove J `e la funzione J : L(V (H)) L(V (G)) che
a m L(V (H)) associa J(m) = l L(V (G)) tale che
l(x) =
_
m(x) se x V (H)
0 se x / V (H) .
Si noti che l = J(m) `e lunico lato su V (G) la cui restrizione a V (H)
`e m, cio`e tale che m = l
|V (H)
.
Tenendo conto di ci`o la condizione L(H) L(G) J pu`o essere
espressa anche in questo modo: L(H) L(G)
|L(V (H))
.
Denizione 3.1.8. Un sottografo H di G si dice ricoprente se V (H) =
V (G).
Si dice pieno se L(H) = L(G) J.
Questultima propriet`a riferita ai gra semplici si esprime in questo
modo: se x, y V (H) e xy L(G), allora xy L(H).
50
Si osservi che un sottografo H di G pieno e ricoprente coincide con
G.
Si noti inoltre che H `e ricoprente se e solo se `e massimale rispetto ai
vertici e che H `e pieno se e solo se `e massimale rispetto ai lati.
Denizione 3.1.9. Sia G = (V (G), L(G)) un grafo e sia A V (G).
Si chiama sottografo generato da A e si indica < A >, il sottografo
pieno di G tale che V (< A >) = A.
Denizione 3.1.10. Sia G un grafo e siano H
1
, H
2
, ..., H
p
sottogra
di G. H
1
H
2
... H
p
`e il sottografo di G tale che V (H
1
H
2

... H
p
) = V (H
1
) V (H
2
) ... V (H
p
). Inoltre sia l L(V (G)),
L(H
1
H
2
... H
p
)(l) =
_
supp(l)V (H
i
)
L(H
i
)(l
|V (H
i
)
) (
_
= sup) dove si
pone supp(l) = x[l(x) > 0.
Lunione di gra, che non siano sottogra di un grafo G, si considera
come unione disgiunta; pi` u precisamente si da la seguente denizione.
Denizione 3.1.11. Siano H
1
, H
2
, ..., H
p
gra; la loro unione `e il grafo
H = H
1
H
2
... H
p
tale che V (H) = V (H
1
)

V (H
2
)

...

V (H
p
) e
per ogni l L(V (H)) si ha L(H)(l) = L(H
i
)(l
|V (H
i
)
) se esiste i
l
tale che
l
|V (H
i
l
)
L(V (H
i
l
)) (in tal caso i
l
`e unico).
Si pu`o anche considerare lunione connessa di gra che abbiamo un
sottografo in comune, come si vedr`a alla ne del prossimo paragrafo.
3.2 Omomorsmi
Denizione 3.2.1. Dati due gra semplici G = (V (G), L(G)) e H =
(V (H), L(H)) si dice omomorsmo da G in H e si indica con f : G H,
ogni funzione f : V (G) V (H) tale che per ogni a, b V (G): se
ab L(G) e f(a) ,= f(b), allora f(a)f(b) L(H).
Il concetto di omomorsmo tra gra che non siano necessariamente
semplici si formula in modo sostanzialmente diverso, nel senso che, come
si vedr`a in seguito, tale formulazione applicata al caso di gra semplici
51
pone delle condizioni pi` u forti di quelle richieste nella denizione appena
data.
Si premette intanto che ogni funzione f : X Y induce una funzione

f : L(X) L(Y ) tra gli insiemi dei lati su X e su Y denita, per ogni
l L(X) da

f(l)(b) =

f(a)=b
l(a), per ogni b Y .
Denizione 3.2.2. Dati due gra G e H, un omomorsmo da G ad H
`e una funzione f : V (G) V (H) che verichi la condizione
L(H)

f L(G).
Come si `e gi`a detto, tale denizione `e troppo restrittiva nel caso di
gra semplici G e H per i quali si richiederebbe che se ab L(G) allora
f(a)f(b) L(H) anche nel caso che fosse f(a) = f(b), il che sarebbe
impossibile, essendo H privo di cappi.
Esempio 3.2.3. 1. Se V (H) V (G), allora la funzione inclusione
j : V (H) V (G) `e un omomorsmo, se e solo se H `e un sottografo
di G.
2. Una qualsiasi funzione costante tra due gra semplici `e sempre un
omomorsmo (secondo la prima denizione data).
Invece una funzione costante tra due gra arbitrari (nel senso del-
la seconda denizione) `e un omomorsmo se e solo se nel valore
costante di tale funzione (che `e un vertice di H) vi `e un cappio di
molteplicit`a non inferiore a quella di ciascun lato di G. Nel caso
in cui H fosse semplice, le funzioni costanti sarebbero omomorsmi
se e solo se G fosse privo di lati.
Denizione 3.2.4. Siano G e H due gra e sia f : V (G) V (H). f `e
un isomorsmo se `e un omomorsmo bigettivo e f
1
`e un omomorsmo.
Osservazione 3.2.5. 1. La relazione :
G

= H se e solo se esiste f : G H isomorsmo
52
`e una relazione di equivalenza nella classe di tutti i gra.
2. Si osservi che se una funzione `e un omomorsmo bigettivo, non
necessariamente la sua inversa sar`a un omomorsmo.
Esempio 3.2.6. Si considerino i due seguenti gra di ordine 3.
a
2

F
F
F
F
F
F
F
F
a
1
a
3
b
2

{
{
{
{
{
{
{
{
C
C
C
C
C
C
C
C
b
1
b
3
Sia f : a
1
, a
2
, a
3
b
1
, b
2
, b
3
la funzione tale che f(a
i
) = b
i
per
ogni i 3

. f `e un omomorsmo, in quanto conserva ladiacenza dei


vertici ed `e invertibile. Invece f
1
non `e un omomorsmo; infatti b
1
e b
2
sono adiacenti, ma f
1
(b
1
) = a
1
e f
1
(b
2
) = a
2
non sono adiacenti.
Si noti che gli isomorsmi di un grafo in se stesso (automorsmi)
formano un gruppo. Se G = (V (G), L(G)) `e un grafo di ordine n, si
indicher` a con (G) S
n
(V (G)) il gruppo degli automorsmi di G di
grado n, detto anche gruppo sui vertici di G.
Esempio 3.2.7. 1. (K
n
) = S
n
(V (G)), dove K
n
`e il grafo completo
con n vertici.
2. (I
n
) = S
n
(V (G)), dove I
n
`e il grafo di ordine n senza lati.
3. Il grafo con un solo vertice e zero lati G
1
ha come unico automor-
smo quello identico, per cui (G
1
) = E
1
.
4. (C
n
) = D
n
, dove C
n
`e un circuito con n vertici.
5. Si consideri il seguente grafo G
53
a
1
}
}
}
}
}
}
}
}
A
A
A
A
A
A
A
A
c
b 2 3 d
e f
Si provi che (G) = E, dove E =
_
id
V (G)
_
`e il gruppo identi-
co. Si consideri una permutazione; anch`e sia un automor-
smo su V (G), deve conservare ladiacenza e il grado dei ver-
tici. Si prover` a che = id
V (G)
. Si considerino ora i vertici di
grado 1 a, c, f. Tale insieme di vertici pu` o andare solo in se
stesso tramite , poich`e deve conservare il grado dei vertici. Se
(a) = c, il grado dei vertici `e conservato, ma, poich`e va conservata
ladiacenza, occorre che (1) = b, dove 1 `e lunico vertice adiacente
ad a e b `e lunico vertice adiacente a c. Ma questo non `e possibile,
poiche deg(1) = 3 e deg(b) = 2; quindi (a) ,= c. Analogamente si
vede che (a) ,= b. Quindi (a) = a. Si consideri ora il vertice c;
se (c) = f, allora (b) = e e quindi (2) = d. Ci` o non `e possibile,
poich`e deg(2) = 3 e deg(d) = 2. Dunque (c) = c e, ovviamente
(f) = f. In questo modo si ricostruisce tutta la permutazione
e si prova che = id
V (G)
, cio`e (G) = E.
Il gruppo (G) determina univocamente un ulteriore gruppo di trasfor-
mazioni che opera sui lati di G ed ha quindi grado m. Tale gruppo si
dice gruppo sui lati di G e viene generalmente indicato con
1
(G). Es-
so `e ottenuto associando ad ogni automorsmo (G), la funzione

: L(G) L(G), tale che

(v
i
v
j
) = (v
i
)(v
j
) L(G), per ogni
v
i
v
j
L(G). Si noti che, in corrispondenza del lato v
i
v
j
, esiste neces-
sariamente il lato (v
i
)(v
j
), poich`e `e una bigezione che conserva le
adiacenze. Da ci`o segue che

`e una bigezione e cio`e una permutazione


sullinsieme dei lati di G. In denitiva

1
(G
n
) =

S
m
(L(G
n
))[ (G
n
) :

(v
i
v
j
) = (v
i
)(v
j
).
Lemma 3.2.8.
1
(G) `e un sottogruppo di S
m
(L(G)).
54
DIMOSTRAZIONE.
Siano


1
(G); allora esistono , (G) tale che (

)(v
i
v
j
) =

((v
i
), (v
j
)) = (((v
i
)), ((v
j
))) = (( )(v
i
), ( )(v
j
)), cio`e

= ( )

. Dunque


1
(G).
Lemma 3.2.9. Lapplicazione h : (G)
1
(G) tale che h() =

,
con la propriet` a per cui

(v
i
v
j
) = (v
i
)(v
j
), per ogni v
i
v
j
L(G), `e
un epimorsmo.
DIMOSTRAZIONE.
Per come `e stato costruito
1
(G), h `e suriettiva. Inoltre h `e un omomor-
smo tra gruppi, in quanto `e compatibile con la composizione. Infatti,
h( ) = ( )

= h() h().
Osservazione 3.2.10. Poich`e, generalmente, non `e iniettiva, h non `e
un isomorsmo. Infatti, pu` o accadere che automorsmi diversi diano
luogo alla stessa trasformazione sui lati. Naturalmente, questo `e banale
nel caso limite in cui il grafo sia privo di lati e nel caso in cui si consideri
un grafo con due vertici e un lato. Per tale grafo si possono considerare
due diversi automorsmi, quello identico e quello che scambia i vertici;
entrambi, per`o, determinano la stessa trasformazione sui lati, in quanto
vi `e un lato solo. ci`o vale per qualsiasi grafo che abbia il precedente come
componente connessa.
Teorema 3.2.11. Siano H e K gruppi niti. Allora le seguenti aer-
mazioni sono equivalenti:
1. H

= K.
2. Esistono epimorsmi da H in K e per ogni epimorsmo f : H K
risulta ker(f) = 0.
3. Esiste f : H K epimorsmo tale che ker(f) = 0.
DIMOSTRAZIONE.
Si ricordi che la condizione ker(f) = 0 equivale alliniettivt`a di f.
Vale, ovviamente, che (2) (3) (1).
55
Resta da provare che (1) (2). Essendo isomor, H e K hanno la
stessa cardinalit`a; per cui una qualsiasi funzione suriettiva da H in K `e
necessariamente iniettiva. Quindi, ker(f) = 0.
Osservazione 3.2.12. Da questo teorema segue che (G
n
)

=
1
(G
n
) se
e solo se ker(h) = 0.
Teorema 3.2.13. Sia n 3. (G
n
)

=
1
(G
n
) se e solo se G
n
ha al pi` u
un punto isolato e non ha lati isolati.
DIMOSTRAZIONE.

Si supponga per assurdo che G


n
abbia due punti isolati v
1
e v
2
oppure
un lato v
1
v
2
isolato. La permutazione sullinsieme dei vertici tale che
(v
1
) = v
2
, (v
2
) = v
1
e (v) = v, per ogni v ,= v
1
, v
2
, non `e lidentit`a, ma
la permutazione sui lati

che essa individua `e lidentit`a. Ci`o comporta


che ker(h) non sia il sottogruppo banale e quindi, per la precedente
osservazione, (G
n
) e
1
(G
n
) non sono isomor. Ci`o contraddice lipotesi
e allora ne segue, necessariamente, che G
n
non pu`o avere pi` u di un punto
isolato e non pu`o avere lati isolati.

Per provare ci`o, basta far vedere che ker(h) = 0 e cio`e che ,= id
V (G
n
)
implica h() ,= id
L(G
n
)
.
Sia ,= id
V (G
n
)
; allora esistono x, y V (G
n
), x ,= y, tali che (x) =
y. Occorre provare che vi `e un lato che h() non trasforma in se stesso.
Per ipotesi G
n
non ha pi` u di un vertice isolato e non ha lati isolati;
questo signica che esiste un lato di G
n
che incide su x o su y. Si
supponga che esiste a V (G
n
) tale che a ,= y e xa L(G
n
). Allora
h()(xa) = (x)(a) = y(a) ,= xa. Analogamente, se esiste b V (G
n
)
tale che b ,= x e by L(G
n
), allora h()(yb) = (y)(b) ,= yb (poich`e:
(y) ,= y, essendo (x) = y e iniettiva; (b) ,= y, essendo b ,= x).
Dunque h() ,= id
L(G
n
)
e pertanto ker(h) = 0. Da ci`o segue che (G
n
)

=

1
(G
n
).
Proposizione 3.2.14. Dati un grafo G e considerato il suo complemento
G

si ha che:
56
(G) = (G

).
DIMOSTRAZIONE.
Sia f : V (G) V (G

) una bigezione. Se f `e un automorsmo di G si ha


che, per ogni x, y V (G), x ,= y:
xy / L(G

) xy L(G) f(x)f(y) L(G) f(x)f(y) / L(G

).
Pertanto xy / L(G

) se e solo se f(x)f(y) / L(G

), che equivale a xy
L(G

) se e solo se f(x)f(y) L(G

). Ne segue che f `e un automorsmo


anche per G

.
Limplicazione nel verso opposto segue con analoghe considerazioni.
Proposizione 3.2.15. (G) = S
n
se e solo se G = K
n
o G = I
n
.
DIMOSTRAZIONE.

Ovvia.

Si supponga che (G) = S


n
e si provi che, se in G c`e almeno un lato,
allora ci sono tutti i possibili lati. Sia allora xy L(G); si ha che, per ogni
v, w V (G), v ,= w, esiste (G) = S
n
tale che (x) = v, (y) = w
e (x)(y) L(G). Allora dallesistenza di xy segue lesistenza di un
altro lato (x)(y) = vw.
Denizione 3.2.16. Una propriet` a o un oggetto riferibile a gra si dice
invariante graco o combinatorio se `e invariante per isomorsmi.
Lordine e il numero di lati di un grafo sono invarianti combinatori
(nel senso che coincidono per gra isomor).
Il grado dei vertici `e un invariante combinatorio (nel senso che l immagine
di ciascun vertice tramite un isomorsmo ha lo stesso grado del vertice
da cui proviene).
Denizione 3.2.17. Un grafo i cui vertici costituiscono un insieme e
cio`e sono distinguibili si dice etichettato.
Dalla denizione data di grafo, risulta evidente che il termine etichet-
tato `e pleonastico; ma esso serve in realt`a ad escludere qualcosa di
diverso.
57
Denizione 3.2.18. Un grafo non etichettato `e una classe di equivalen-
za rispetto alla relazione di isomorsmo tra gra.
Di solito, un grafo non etichettato si rappresenta considerando un in-
sieme di vertici indistinguibili (come, ad esempio, dei punti) e un insieme
di lati che li collegano. In realt`a un tale oggetto non `e propriamente
un grafo; diventa tale se si rendono distinguibili i vertici, etichettandoli.
Una diversa etichettatura, ottenuta con una qualsiasi permutazione non
banale dei nomi dei vertici, determina un diverso rappresentante dello
stesso grafo non etichettato. In eetti, tale classe `e ben determinata,
visto che etichettature diverse danno luogo a gra (etichettati) isomor
(non necessariamente diversi), in quanto, passando da unetichettatura
ad unaltra, si ottiene una bigezione, ottenuta associando al nome che
ogni ssato vertice ha in partenza il nuovo nome che si da a quel vertice,
rispetto alla quale vi `e un lato tra due vertici del primo grafo se e solo se
vi `e un lato tra i corrispondenti vertici del secondo grafo.
Osserviamo che, teoricamente, una classe di gra, cio`e un grafo non
etichettato, `e rappresentato da inniti gra (basta dare nomi diversi ai
vertici). Tuttavia, se si vuole descrivere completamente tale classe, basta
considerare tutti i gra (distinti) che si ottengono assegnando in ogni
modo possibile agli n vertici n nomi ssati; ciascuno di tali gra si ottiene
da uno di questi ssato, tramite una generica permutazione.
Esempio 3.2.19. Si pu` o vedere che con tre ssati vertici a, b, c si possono
ottenere 8 gra distinti (etichettati e semplici), mentre ci sono 4 classi
di equivalenza, quindi 4 gra non etichettati, con 3 vertici: due di tali
classi hanno 3 rappresentanti, le altre due hanno solo un rappresentante.
a
c
b
a
C
C
C
C
C
C
C
C
c
b
a
c
b
a
{
{
{
{
{
{
{
{
c
b
a
C
C
C
C
C
C
C
C
c
b
a
C
C
C
C
C
C
C
C
{
{
{
{
{
{
{
{
c
b
58
a
{
{
{
{
{
{
{
{
c
b
a
{
{
{
{
{
{
{
{
C
C
C
C
C
C
C
C
c
b
Riprendiamo il concetto di unione di sottogra per aggiungere una
denizione gi`a annunciata alla ne del paragrafo precedente.
Denizione 3.2.20. Siano dati i gra semplici H
1
, H
2
, ..., H
p
, K e siano
K
1
, K
2
, ..., K
p
sottogra di H
1
, H
2
, ..., H
p
, rispettivamente, e per ogni 1
i p sia
i
: K
i
K un isomorsmo.
Sia H = H
1

H
2

...

H
p
e sia
K
la relazione di equivalenza in H
denita da
x
K
y x K
i
y K
j
y =
1
j

i
(x).
Sia inne H
K
= H/
K
e : H H
K
la suriezione canonica. Si
chiama unione connessa di H
1
, H
2
, ..., H
p
lungo K relativa a
1
, ,
p
il grafo semplice H
1

K
. . .
K
H
p
avente come insieme di vertici H
K
e
tale che per ogni l = xy L(H
K
) si ha l L(H
1

K
. . .
K
H
p
) se e solo
se
i, x
i
, y
i
V (H
i
) con (x
i
) = x, (y
i
) = y e x
i
y
i
L(H
i
).
Osservazione 3.2.21. Lunione connessa su denita dipende eettiva-
mente dalla famiglia di isomorsmi considerata.
Infatti si considerino i gra H
1
, H
2
c
z
z
z
z
z
z
z
z
a
b
C
C
C
C
C
C
C
C
d
x
H
1
y
c
z
z
z
z
z
z
z
z
a
b
C
C
C
C
C
C
C
C
d
H
2
i rispettivi sottogra pieni K
1
, K
2
con vertici a, b, c, d ed il grafo K
59
c
{
{
{
{
{
{
{
{
a
b
A
A
A
A
A
A
A
A
d
K
Si considerino prima gli isomorsmi
1
,
2
dati dalle permutazioni
_
a
a
b
b
c
c
d
d
_ _
a
a
b
b
c
c
d
d
_
poi gli isomorsmi
1
,
2
dati da
_
a
a
b
b
c
c
d
d
_ _
a
a
b
b
c
d
d
c
_
Nel primo caso lunione connessa `e

~
~
~
~
~
~
~

@
@
@
@
@
@
@

Nel secondo caso `e

@
@
@
@
@
@
@

~
~
~
~
~
~
~

~
~
~
~
~
~
~

@
@
@
@
@
@
@

60
3.3 Cammini e connessione
Dora in poi si prenderanno in considerazione sempre gra semplici.
Denizione 3.3.1. Sia G un grafo e siano x, y V (G). Un cammino
generalizzato da x a y `e una successione di vertici x = x
1
. . . x
n
= y tale
che per ogni 1 i n 1: se x
i
,= x
i+1
, allora x
i
x
i+1
L(G). I vertici
x e y si dicono estremi del cammino.
Da questultima denizione si ha che la successione aba, con a, b
V (G), `e un cammino generalizzato, se nel grafo G c`e il lato ab. Per essa
anche aaa lo `e.
Denizione 3.3.2. Sia G un grafo e siano x, y V (G). Un cammino
ordinario da x a y `e una successione di vertici x = x
1
. . . x
n
= y tale che
per ogni 1 i ,= j n 1 esistono x
i
x
i+1
,= x
j
x
j+1
.
Denizione 3.3.3. Sia G un grafo e siano x, y V (G). Un cammino
semplice da x a y `e una successione di vertici x = x
1
. . . x
n
= y tale che
per ogni 1 i n 1 x
i
x
i+1
L(G) e tale che se x
i
= x
j
con i ,= j,
allora [i j[ = n 1 3.
Se si parla semplicemente di cammino ci si riferisce ad una successione
di vertici che pu`o essere di uno dei tre tipi descritti. E evidente che in un
cammino semplice nessun vertice pu`o essere ripetuto nella successione,
esclusi al pi` u il primo e lultimo; in questo caso i vertici sono almeno
quattro. In un cammino ordinario, invece, non c`e ripetizione di lati.
Denizione 3.3.4. Se in un cammino gli estremi coincidono , esso si
dice chiuso.
Denizione 3.3.5. Si dice lunghezza di un cammino il numero di lati
del cammino e quindi il numero di coppie di vertici consecutivi distinti del
cammino stesso. Nel caso di cammini semplici e ordinari, la lunghezza
sar`a il numero di vertici di tale successione diminuito di uno.
61
Esempio 3.3.6.
z

1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
t
B
B
B
B
B
B
B
B
{
{
{
{
{
{
{
{
x
y
{
{
{
{
{
{
{
{
s
Si considerino i vertici x e y. Esempi di cammini semplici da x a y
sono i seguenti:
xy;
xzy;
xzty.
Un esempio di cammino ordinario ma non semplice `e xztxy, in quanto,
pur ripetendendosi un vertice, non si ripete alcun lato. Il cammino xzxty
presenta una ripetizione di vertici e di lati e quindi `e solo un cammino
generalizzato.
Proposizione 3.3.7. Data una successione C di vertici di G :
(a) C camino semplice (b) C cammino ordinario (c) C cammino
generalizzato.
DIMOSTRAZIONE.
`
Eovvio che (b) (c); proviamo quindi che (a) (b)
Si supponga per assurdo che x
i
x
i+1
= x
j
x
j+1
e sia i < j n 1, quindi
2 j i n 2.
Queste ultime disuguaglianze contraddicono (a). Infatti da (a) segue che:
se x
i
= x
j
, allora j i = n 1;
se x
i
= x
j+1
, allora x
j
= x
i+1
; in tal caso da (a) segue che ji1 = n1,
cio`e j i = n, il che `e assurdo.
Riassumendo le tre denizioni si ha che:
in un cammino generalizzato vertici consecutivi distinti determi-
nano un lato e non c`e alcuna restrizione alla ripetizione di vertici
e lati;
62
in un cammino ordinario vertici consecutivi determinano un lato e
possono ripetersi i vertici ma non i lati;
in un cammino semplice vertici consecutivi determinano un lato e
non vi `e ripetizione n`e di lati n`e di vertici, eccetto che per i due
estremi, che possono coincidere.
Si vedr`a ora come `e possibile passare da un cammino generalizzato ad
uno ordinario e da un cammino ordinario ad uno semplice.
Si noti che per sottocammino di un cammino si intende una sottosuc-
cessione di quella che rappresenta il cammino, la quale sia ancora un
cammino.
1. Dato un cammino generalizzato di estremi distinti `e possibile ri-
cavare da esso un sottocammino ordinario tra gli stessi estremi.
Sia x = x
1
. . . x
n
= y un cammino generalizzato. Un cammino or-
dinario si ottiene eliminando i lati ripetuti nel modo seguente. Se
x
i
x
i+1
= x
j
x
j+1
, con i < j n 1, si distinguono due casi:
se x
i
= x
j
e quindi x
i+1
= x
j+1
, dal cammino iniziale
x = x
1
. . . x
i
[x
i+1
. . . x
j
] x
j+1
. . . x
n
= y
si elimina la parte di successione tra parentesi e si ottiene il
cammino
x = x
1
. . . x
i
x
j+1
x
j+2
. . . x
n
= y.
se x
i
= x
j+1
e quindi x
i+1
= x
j
, dal cammino iniziale
x = x
1
. . . x
i
[x
i+1
. . . x
j
x
j+1
] . . . x
n
= y
si elimina la parte di successione tra parentesi e si ottiene il
cammino ordinario
x = x
1
. . . x
i
x
j+2
. . . x
n
= y.
Se ci`o che si ottiene non `e propriamente un cammino ordinario, si
procede allo stesso modo con gli altri eventuali lati ripetuti, nch`e
non saranno state eliminate tutte le ripetizioni.
63
2. Dato un cammino ordinario di estremi distinti `e possibile ricavare
da questo un sottocammino semplice tra gli stessi estremi.
Si supponga di avere un cammino con almeno un vertice ripetuto.
Pu`o accadere che un vertice si ripeta esattamente agli estremi del
cammino; ci`o non `e impedito dalla denizione di cammino semplice.
Se invece x
i
= x
j
, con i < j e [j i[ n 2, allora dal cammino
x = x
1
. . . x
i
[. . . x
j
] x
j+1
. . . x
n
= y
si elimina la parte di successione tra parentesi e si ottiene il cam-
mino
x = x
1
. . . x
i
x
j+1
. . . x
n
= y.
Qualora vi siano ancora vertici ripetuti, che non siano i due es-
tremi, tale procedimento pu`o essere iterato nch`e non si otterr`a
eettivamente un cammino semplice.
Denizione 3.3.8. Sia G un grafo semplice. G si dice connesso se e
solo se per ogni x, y V (G) esiste un cammino (generalizzato) x =
x
1
. . . x
r
= y che li congiunge.
Tale denizione pu`o essere riformulata con una condizione restrittiva
che richiede luso di cammini ordinari o semplici.
Denizione 3.3.9. Sia G un grafo semplice. G si dice connesso se
e solo se per ogni x, y V (G), x ,= y, esiste un cammino ordinario
x = x
1
. . . x
r
= y che li congiunge.
Denizione 3.3.10. Sia G un grafo semplice. G si dice connesso se
e solo se per ogni x, y V (G), x ,= y, esiste un cammino semplice
x = x
1
. . . x
r
= y che li congiunge.
Le precedenti denizioni sono equivalenti per quanto detto riguar-
do alla possibilit`a di costruire cammini ordinari a partire da cammini
generalizzati e cammini semplici a partire da cammini ordinari.
64
Denizione 3.3.11. Sullinsieme dei vertici di un grafo G si pu` o denire
la seguente relazione di collegamento:
per ogni x, y V (G) x `e collegato a y (x y) se solo se esiste un
cammino x = x
1
. . . x
r
= y da x a y.
Proposizione 3.3.12. La relazione di collegamento `e una relazione di
equivalenza nellinsieme dei vertici di un grafo G.
DIMOSTRAZIONE.
riessivit`a: ogni vertice x V (G) `e collegato a se stesso; basta
considerare il cammino xx.
simmetria: se x e y sono vertici tali che x `e collegato a y, allora y `e
collegato a x mediante il cammino ottenuto invertendo lordine dei
vertici della successione che rappresenta il cammino da x a y.
transitivit` a: se x `e collegato a y e y a z, allora x `e collegato a z me-
diante il cammino ottenuto considerando di seguito i due cammini
che congiungono x a y e y a z.
Osservazione 3.3.13. Si noti che per dimostrare la transitivit` a della re-
lazione di collegamento `e utile tener presente che questa `e indipendente
dalla particolare denizione di cammino.
Quozientando linsieme dei vertici V (G) rispetto alla relazione di col-
legamento, si ottiene una partizione di tale insieme, le cui classi sono
completamente scollegate tra loro, nel senso che non ci sono cammini,
quindi neanche lati, che colleghino due vertici appartenenti a classi di-
verse. Quindi G =

xV (G)
[x], dove la classe [x], detta componente
connessa, `e il sottografo pieno di G contenente tutti e soli i vertici colle-
gati a x.
Si ricordi che per unione di due o pi` u sottogra si intende il grafo che
ha per insieme di vertici lunione degli insiemi di vertici e per insieme
di lati lunione degli insiemi di lati. In particolare due vertici del grafo
unione sono adiacenti se e solo se lo sono in uno dei gra dellunione.
Quindi non necessariamente dallunione di sottogra di un grafo G si
65
ottiene ancora lintero G, neanche nel caso in cui lunione dellinsieme
dei vertici sia proprio V (G).
Denizione 3.3.14. Si dice decomposizione di un grafo G una qualsiasi
famiglia H
1
, . . . , H
p
di sottogra di G la cui unione disgiunta `e proprio
G, vale a dire
G =

p
i=1
H
i
.
Tali sottogra H
1
, . . . , H
p
si dicono componenti della decomposizione di
G.
Osservazione 3.3.15. 1. Tale decomposizione non `e unica. Infat-
ti se A, B, C `e una decomposizione del grafo G, allora anche
(A B), C `e una decomposizione di G. A tal proposito si intro-
ducono queste denizioni.
Date U e V decomposizioni di un grafo G, si dice che U `e pi` u ne
di V se e solo se per ogni A U esiste B V tale che A B.
In tal caso si dice che U `e un ranamento di V.
2. Dato un grafo G, le sue componenti connesse sono sottogra con-
nessi massimali poich`e aggiungendo loro un vertice si perde la pro-
priet`a di connessione. Inoltre le componenti di una qualsiasi decom-
posizione sono unione disgiunta di componemti connesse. Quindi
la decomposizione ottenuta con le singole componenti connesse `e la
pi` u ne decomposizione del grafo. Ovviamente un grafo `e connesso
se e solo se ha una ed una sola componente connessa e quindi un
grafo connesso `e decomponibile solo nel modo banale G = G.
Denizione 3.3.16. Si dice circuito un cammino semplice e chiuso.
Osservazione 3.3.17. Dalla denizione segue che un circuito deve avere
almeno lunghezza 3. Infatti se x e y sono vertici di un grafo si osserva
che:
la successione xx (o analogamente yy) `e un cammino generaliz-
zato di lunghezza 0 (cio`e non ci sono lati) e non `e un cammino
ordinario.
66
la successione xyx `e un cammino generalizzato in cui, anche se
x ,= y, si ripete un lato, per cui non `e un cammino ordinario.
Dunque un circuito dovr`a necessariamente essere almeno del tipo xyzx,
con x, y, z distinti. In generale un circuito di lunghezza n `e rappresentato
da una successione del tipo x
1
. . . x
n+1
= x
1
.
Una notazione molto usata simile a quella dei cicli di una permutazione
si ha scrivendo in parentesi la successione dei vertici distinti del circuito,
nel modo (x
1
. . . x
n
).
In generale si conviene di identicare tra loro circuiti rappresentati
da successioni (disposizioni) che si ottengono luna dallaltra mendiante
una rotazione o una simmetria di x
1
, . . . , x
n
, pensati come vertici di un
poligono regolare, cio`e mediante una permutazione del gruppo diedrale
D
n
.
Esempio 3.3.18. Siano a, b, c i tre vertici di un circuito di ordine 3.
Valgono le seguenti identicazioni:
(abc) (bca) (cab) (acb) (cba) (bac).
In generale vi sono 2n descrizioni dierenti per un circuito di lunghezza
n.
3.4 Alberi
Denizione 3.4.1. Si dice albero un grafo semplice, connesso e privo
di circuiti.
Si chiama nodo ogni vertice di un albero di grado non inferiore a 3.
Una foglia `e un vertice di un albero di grado 1.
Si dice ramo un cammino di un albero avente per estremi un nodo ed una
foglia e tale che non contenga altri nodi.
Un grafo semplice e privo di circuiti si dice foresta (cio`e un grafo semplice
le cui componenti connesse sono alberi).
67
Esempio 3.4.2.
a
b
|
|
|
|
|
|
|
|
B
B
B
B
B
B
B
B
c
~
~
~
~
~
~
~
~
~
d
}
}
}
}
}
}
}
}
A
A
A
A
A
A
A
A
e f
g
I vertici a, e, f, g sono le foglie.
I vertici b, d sono i nodi.
I cammini ab, bce, df, dg sono i rami.
c non `e un nodo poich`e ha grado 2.
bd non `e ramo perch`e ha per estremi due nodi.
Osservazione 3.4.3. Per individuare i rami di un albero, si pu` o sempre
partire da una foglia, procedere attraverso i vertici di grado 2 e fermarsi
appena si incontra un nodo.
Il numero dei rami, quindi, `e uguale a quello delle foglie.
Lemma 3.4.4. In un albero T ogni cammino ordinario `e semplice.
DIMOSTRAZIONE.
Se il cammino ordinario x = x
1
. . . x
r
= y non fosse semplice e si avesse
x
i
= x
j
, per opportuni 1 i < j r, con x
i
,= x
k
, per ogni i <
k < j, allora si avrebbe x
i+1
,= x
j1
e in particolare j i 1 2 e
pertanto (x
i
x
i+1
. . . x
j1
) sarebbe un circuito, contro lipotesi che T `e un
albero.
Proposizione 3.4.5. (Caratterizzazione degli alberi.) Sia T un grafo
semplice. Le seguenti aermazioni sono equivalenti:
1. T `e un albero;
2. per ogni x, y V (T), x ,= y esiste un unico cammino semplice da
x a y;
3. T `e connesso e T l `e sconnesso, per ogni l L(T).
68
DIMOSTRAZIONE.

1) 2)

Sia T un albero e siano x ,= y V (T). Lesistenza di un cammino da


x a y segue immediatamente dallipotesi che T `e un albero. Per provare
lunicit`a, si supponga per assurdo che esistono due cammini semplici
distinti congiungenti x a y:
x = x
1
. . . x
s
= y
x = x

1
. . . x

r
= y
Sia i il minimo indice tale che x
i
,= x

i
(un siatto i esiste necessariamente,
perch`e se fosse x
i
= x

i
, per ogni i, i due cammini sarebbero coincidenti).
Si osservi che deve essere i > 1, in quanto x
1
= x

1
= x. La situazione
pu`o essere cos` ragurata
x
i

















A
A
A
A
A
A
A
A
A
x x
i1
= x

i1
y
x

~
~
~
~
~
~
~
~
~
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
Si consideri il cammino generalizzato x
i
x
i+1
. . . x
s
= y = x

r
x

r1
. . . x

i
di
estremi distinti x
i
e x

i
; da esso si pu`o estrarre un sottocammino semplice
x
i
= z
1
. . . z
p
= x

i
. Quindi x
i1
x
i
= z
1
. . . z
p
= x

i
x

i1
`e semplice, chiuso
e ha almeno 4 termini; `e dunque un circuito. Ma ci`o `e assurdo, in quanto
T `e un albero.

2) 3)

Il fatto che T sia connesso segue immediatamente dallesistenza di un


cammino che congiunge due vertici qualunque. Si supponga per assurdo
che T l sia connesso e sia l = ab; allora esiste in T l un cammino
semplice, evidentemente diverso da ab, congiungente a a b. In questo
modo si hanno due cammini semplici congiungenti a a b in T e ci`o `e
69
assurdo per lipotesi.

3) 1)

T `e connesso per ipotesi, quindi, per concludere che `e un albero basta


provare che `e privo di circuiti. Si supponga per assurdo che T abbia
un circuito a = x
1
. . . x
r
= a, con r 4. Rimuovendo il lato x
1
x
2
,
il grafo resta connesso; infatti in ogni cammino in cui x
1
e x
2
siano
vertici consecutivi, si pu`o sostituire alla successione x
1
x
2
la successione
x
r
x
r1
. . . x
2
ed alla successione x
2
x
1
la successione x
2
. . . x
r
. Allora se in
un cammino di T x = v
1
. . . v
p
= y, che congiunge due qualsiasi vertici x
e y `e presente il lato x
1
x
2
, cio`e se esiste un indice i tale che v
i
, v
i+1
=
x
1
, x
2
, al posto dei termini v
i
v
i+1
si pu`o inserire una delle successioni
descritte prima, ottenendo cos` un cammino da x a y in T x
1
x
2
.
Tale conclusione contraddice lipotesi per cui T l `e sconnesso per ogni
l L(T). Dunque T `e un albero.
Proposizione 3.4.6. Se T `e un albero tale che [V (T)[ 2, allora T ha
almeno due foglie.
DIMOSTRAZIONE.
Se tutti i vertici di T hanno grado 1 e cio`e sono foglie, la tesi `e ovvia.
Altrimenti, sia x un vertice tale che deg(x) 2. Siano x
2
e y
2
due
vertici distinti adiacenti a x e siano x = x
1
x
2
. . . x
r
e x = y
1
y
2
. . . y
s
due
cammini semplici massimali con primo estremo x. Si ha allora che x
r
non `e adiacente a x
i
, per 1 i r 2, altrimenti ci sarebbe il circuito
(x
i
. . . x
r1
x
r
), e non `e adiacente a vertici diversi da x
i
, per 1 i
r 1, perch`e il cammino `e massimale; ci`o vuol dire che x
r
`e una foglia.
Analogamente si verica che y
s
`e una foglia. Inoltre si ha che x
r
,= y
j
,
per 2 j s, altrimenti ci sarebbe il circuito (x
1
x
2
. . . x
r
y
j1
. . . y
2
),
quindi in particolare x
r
,= y
s
, cio`e T ha almeno due foglie distinte.
Osservazione 3.4.7. Lenunciato della proposizione precedente prevede
che lalbero T abbia almeno due vertici. Nel caso n = 1, lunico vertice
`e anche lunica foglia di T.
Esempio 3.4.8. Un cammino semplice `e un albero ed ha evidentemente
70
solo due foglie. In realt` a un albero con due sole foglie `e necessariamente
un cammino.
Proposizione 3.4.9. Sia T un albero di ordine n 2. Le seguenti
propriet` a sono equivalenti:
1. T ha esattamente due foglie;
2. T non ha nodi;
3. T `e un cammino.
DIMOSTRAZIONE.

1) 2)

Si supponga per assurdo che T abbia un nodo x, cio`e un vertice di grado


m 3. Allora ci sono almeno tre vertici x
2
, y
2
, z
2
adiacenti a x, per i
quali `e possibile, ripetendo la costruzione della proposizione precedente,
determinare tre foglie tutte distinte tra loro. Ci`o `e assurdo per lipotesi.

2) 3)

Per la proposizione precedente T ha almeno due foglie distinte; siano a


e b, a ,= b due foglie di T e sia C = (a = x
1
x
2
. . . x
p
= b) il cammino che
congiunge a a b. Occorre provare che T = C.
Si ponga per assurdo che T ,= C. Poich`e T `e connesso esistono x
i
C
e v T C tra loro adiacenti. Il vertice x
i
, diverso dalle foglie a, b, `e
adiacente ai tre vertici distinti x
i1
, x
i+1
, v e cio`e deg(x
i
) 3. Quindi x
i
`e un nodo e ci`o `e assurdo per lipotesi.

3) 1)

Gli estremi di un cammino sono foglie; gli altri eventuali vertici di esso
hanno grado 2 e quindi non sono foglie.
Lemma 3.4.10. Se G
n
`e un grafo connesso di ordine n 2, allora esiste
almeno un vertice che non lo sconnette.
DIMOSTRAZIONE.
Sia v
1
un qualsiasi vertice di G e sia v
1
v
2
. . . v
p
un cammino semplice
massimale in G. Allora Gv
p
`e connesso.
71
Infatti, osserviamo che i soli vertici di G collegati a v
p
sono nellin-
sieme v
1
, . . . , v
p1
; ora, considerati due qualsiasi vertici x, y V (G)
v
p
esiste un cammino xx
2
. . . x
k1
y in G.
Se esiste 2 i k1 tale che x
i
= v
p
, allora x
i1
, x
i+1
v
1
, . . . , v
p1

e quindi esiste un sottocammino x


i1
. . . x
i+1
di v
1
. . . v
p1
. Chiaramente
x. . . x
i1
. . . x
i+1
. . . y `e un cammino da x a y in Gv
p
.
Osservazione 3.4.11. Pi` u avanti si dimostrer`a un risultato pi` u forte di
quello appena visto: infatti si prover` a che un grafo semplice `e connesso se
e solo se esistono almeno due vertici tali che la rimozione di uno qualsiasi
di essi non sconnette il grafo.
Proposizione 3.4.12. Se G
n
`e un grafo connesso di ordine n, allora
[L(G
n
)[ n 1.
DIMOSTRAZIONE.
Tale proposizione si prova per induzione su n.
Per n = 1, limplicazione `e banalmente vera.
Si supponga ora che sia vera per n = k 1 e si provi per n = k + 1.
Sia G
k+1
un grafo connesso. Sia v G
k+1
tale che G
k
= G
k+1
v
sia connesso; essendo G
k+1
connesso esiste almeno un lato che colleghi
G
k
e v. Allora, applicando lipotesi induttiva si ha che [L(G
k+1
)[
[L(G
k
)[ + 1 k.
Proposizione 3.4.13. G
n
`e un albero se e solo se G
n
`e connesso e
[L(G
n
)[ = n 1.
DIMOSTRAZIONE.

Si procede per induzione su n.


Per n = 1 limplicazione `e banalmente vera.
Si supponga vera per n = p 1 e la si provi per n = p + 1. Sia G
p+1
un
albero e sia x una sua foglia (della cui esistenza si `e certi). G
p+1
`e quindi
connesso e rimuovendo x e lunico lato avente x come estremo si ottiene
il grafo G
p
= G
p+1
x che `e ancora un albero ( infatti non ha cicli e
rimane connesso in quanto, presi due qualunque vertici diversi da x, il
72
cammino che li congiunge non passa per x, essendo x una foglia, e quindi
non contiene il lato rimosso). Allora, applicando lipotesi induttiva si ha
che [L(G
p+1
)[ = [L(G
p
)[ + 1 = p.

Poich`e G
n
`e connesso, per concludere che `e un albero basta provare che la
rimozione di un lato qualsiasi sconnette il grafo. Sia dunque xy L(G
n
)
e sia G

= G
n
xy. Si osservi subito che [V (G
n
)[ = [V (G

)[ = n
mentre [L(G

)[ = [L(G
n
)[ 1. Se per assurdo, G

fosse connesso, allora si


avrebbe [L(G

)[ n1 cio`e [L(G
n
)[ n, in contraddizione con lipotesi.
Quindi G
n
`e un albero.
Denizione 3.4.14. Un grafo si dice planare se pu` o essere disegnato
su un piano (rappresentando con dei punti i suoi vertici e con delle linee
continue i suoi lati), in modo tale che i lati si intersechino solo nei vertici.
Osservazione 3.4.15. Se in una rappresentazione di un grafo ci sono
lati che si intersecano fuori dai vertici, non vuol dire necessariamente
che il grafo non `e planare. Ad esempio, il seguente grafo con 4 vertici
a
B
B
B
B
B
B
B
B
b
|
|
|
|
|
|
|
|
d
c
pur sembrando non planare, pu` o essere rappresentato in modo tale che i
lati abbiano in comune al pi` u i vertici, ad esempio, nei seguenti modi
a

1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
d
B
B
B
B
B
B
B
B
|
|
|
|
|
|
|
|
c
b
a

b
|
|
|
|
|
|
|
|
d
c
3.5 Matrici associate ad un grafo
Le matrici che saranno ora denite servono a rappresentare i gra.
73
Denizione 3.5.1. Sia G un grafo semplice con n vertici etichettati
e ordinati, cio`e V (G) = v
1
, . . . , v
n
. Si chiama matrice di adiacenza
(vertici-vertici) di G la matrice M(G) := (a
ij
)
i,j=1,...,n
dove
a
ij
=
_
1 se v
i
v
j
L(G)
0 se v
i
v
j
/ L(G)
M(G) =
_
_
_
_
_
_
0 a
12
. . . a
1n
a
21
0 . . . a
2n
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
a
n1
. . . . . . 0
_
_
_
_
_
_
M(G) `e una matrice quadrata, simmetrica, reale e la sua diagonale `e
nulla (non essendoci cappi). Infatti la matrice `e simmetrica perch`e se v
i
e v
j
(non) sono adiacenti, allora anche v
j
e v
i
(non) sono adiacenti. Per
come `e denita la matrice di adiacenza, la somma degli elementi di ogni
riga e di ogni colonna `e uguale al grado del vertice corrispondente e cio`e,
per ogni i, j n

si ha che

n
k=1
a
ik
= deg(v
i
) e

n
k=1
a
kj
= deg(v
j
).
Denizione 3.5.2. Sia G un grafo semplice con n vertici etichettati e
ordinati, cio`e V (G) = v
1
, . . . , v
n
e m lati etichettati e ordinati, cio`e
L(G) = l
1
, . . . , l
m
. Si chiama matrice di incidenza (vertici-lati) di G
la matrice B(G) := (b
ij
) i=1,...,n
j=1,...,m
dove
b
ij
=
_
1 se v
i
`e estremo di l
j
0 se v
i
non `e estremo di l
j
B(G) =
_
_
_
_
_
_
b
11
b
12
. . . b
1m
b
21
b
22
. . . b
2m
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
b
n1
b
2n
. . . b
nm
_
_
_
_
_
_
B(G) `e una matrice di ordine (n m); la somma della i-esima riga
rappresenta il numero dei lati uscenti da v
i
ed `e quindi uguale a deg(v
i
).
La somma della j-esima colonna `e uguale a 2, perch`e ci sono solo due
termini uguali a 1, in quanto due vertici sono estremi di un lato.
74
Denizione 3.5.3. Sia G un grafo semplice con n vertici etichettati e m
lati etichettati e ordinati, cio`e L(G) = l
1
, . . . , l
m
. Si chiama matrice
di incidenza (lati-lati) di G la matrice C(G) := (c
ij
)
i,j=1,...,m
dove
c
ij
=
_
1 se l
i
, l
j
hanno un solo vertice comune
0 in caso contrario
C(G) =
_
_
_
_
_
_
0 c
12
. . . c
1m
c
21
0 . . . c
2m
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
c
m1
. . . . . . 0
_
_
_
_
_
_
C(G) `e una matrice quadrata, simmetrica e con diagonale nulla.
Proposizione 3.5.4. Il polinomio caratteristico p
A
() = det(A I)
di una matrice reale e simmetrica A, `e interamente decomponibile nel
campo reale.
Ci`o vuol dire che, per una siatta matrice, si possono sempre de-
terminare nel campo reale gli autovalori, ovvero le radici del polinomio
di grado n, dove n `e lordine della matrice quadrata A, ottenuto dallo
sviluppo del determinante di A I. Se
1
, . . . ,
p
, con p n, sono
le soluzioni dellequazione caratteristica det(A I) = 0 e se k
1
, . . . , k
p
sono le rispettive molteplicit`a, si ha ovviamente che k
1
+ . . . + k
p
= n.
La successione [t
1
. . . t
n
] degli autovalori scritti in ordine non decrescente,
ciascuno ripetuto tante volte quant`e la sua molteplicit`a si dice spettro
di A. Se, in particolare, A `e la matrice di adiacenza di un grafo, tale
successione di autovalori si dice spettro del grafo.
In eetti, il polinomio caratteristico e lo spettro non dipendono dal-
letichettatura del grafo, perch`e matrici relative a diversi ordinamenti
dei vertici sono simili. Infatti, si consideri un grafo G tale che V (G) =
v
1
, . . . , v
n
; sia M(G) la relativa matrice di adiacenza. Se si considera la
j-esima colonna, in essa ci sar`a 1 in corrispondenza dei vertici adiacenti a
v
j
. I vertici del grafo possono essere visti come vettori, v
1
, v
2
, . . . , v
n
della
base di uno spazio vettoriale reale di dimensione n (lo spazio vettoriale
reale libero, generato da v
1
, . . . , v
n
). Sia poi f lendomorsmo di questo
75
spazio tale che f(v
j
) `e il vettore che si ottiene dalla combinazione lineare
di v
1
, . . . , v
n
con coecienti che sono i termini della j-esima colonna (cio`e
la funzione f associa a v
j
il vettore f(v
j
) che si ottiene sommando tutti
i vertici adiacenti ad esso). Dunque, rispetto alla base

B = (v
1
, . . . , v
n
),
risulta
M(G) =

B
(f)
Se si cambia lordinamento dei vertici mediante una permutazione (si
considera, cio`e, una nuova etichettatura dei vertici di G), si ottiene un
altro ordinamento della base dello spazio vettoriale, cio`e una nuova base

= (v
(1)
, . . . , v
(n)
). I vettori f(v
(1)
), . . . , f(v
(n)
) sono gli stessi di
prima , disposti diversamente secondo la stessa permutazione con cui `e
stata permutata la base. Permutando con sia le righe che le colonne di
M(G), si ottiene la matrice M

(G) che `e proprio la matrice di f rispetto


alla base

B

, cio`e
M

(G) =

(f)
in cui, per come `e denita f, la j-esima colonna ha termini uguali a 1 in
corrispondenza dei vertici adiacenti a v
(j)
e termini uguali a 0 altrove.
E noto che matrici associate ad uno stesso endomorsmo, rispetto a
basi diverse, sono simili, quindi M(G) e M

(G) sono simili. In denitiva,


la matrice di adiacenza dipende dallordinamento dei vertici, mentre il
polinomio caratteristico e lo spettro non dipendono da esso.
In questo modo `e possibile parlare sia di polinomio caratteristico che di
spettro di un grafo.
Proposizione 3.5.5. Sia G un grafo semplice con m lati e siano B(G)
e C(G) rispettivamente la matrice di incidenza vertici-lati e la matrice
di incidenza lati-lati. Sia I
m
la matrice identica di ordine m. Allora
C(G) = B(G)
t
B(G) 2I
m
.
DIMOSTRAZIONE.
Si consideri nella matrice B(G) lelemento che occupa il posto ij; si
distinguono due casi:
76
i ,= j
Gli elementi di B(G)
t
B(G) sono combinazioni lineari di righe di
B(G)
t
con colonne di B(G), ossia di colonne di B(G) con colonne
di B(G). Quindi al posto ij si avr`a la combinazione lineare delli-
esima colonna di B(G) con la j-esima colonna di B(G). Nella
i-esima colonna di B(G), ci sono due termini uguali a 1, in cor-
rispondenza degli estremi del lato x
i
; analogamente, nella j-esima
colonna di B(G) ci sono due termini uguali ad 1 in corrispondenza
degli estremi del lato x
j
. Se x
i
e x
j
non sono incidenti, non hanno
vertici in comune, per cui la combinazione delle due colonne `e 0 e
si ha che c
ij
= 0. Inoltre, per i ,= j, il termine di posto ij nella
matrice I
m
`e 0. Pertanto `e vericata luguaglianza 0 = 0 0.
Se invece x
i
e x
j
sono incidenti, essi hanno un solo vertice in co-
mune, per cui la combinazione delle due colonne `e 1 e il termine
c
ij
= 1. Inoltre, come prima, si ha che il termine di posto ij nella
matrice I
m
`e 0; quindi `e vericata lidentit`a 1 = 1 0.
i = j
Come gi`a osservato, ogni colonna di B(G) ha due termini uguali a
1 e gli altri nulli, allora la combinazione delli-esima colonna con
se stessa `e 2; inoltre il termine di posto ii nella matrice I
m
`e 1 e
c
ii
= 0. pertanto `e vericata luguaglianza 0 = 2 2.
3.6 Colorazione dei gra
Un problema della cartograa `e quello di rappresentare, in una car-
ta geograca, regioni connanti con diversi colori, dove per connanti si
intendono due stati che hanno in comune un tratto di frontiera non pun-
tiforme. Sin dal 500 i cartogra sapevano che per colorare una mappa
in modo da distinguere le varie regioni bastavano quattro colori. Questo
dato, gi`a noto empiricamente, or` a numerosi matematici un notevole
spunto di discussione e ricerca, cosicch`e la matematica si impadron` del
77
problema di determinare il minimo numero di colori necessari per una
buona colorazione di una carta geograca. Tale problema venne rifor-
mulato in termini di gra planari i cui vertici rappresentano le nazioni;
nei numerosi tentativi di darne una soluzione, vennero ottenuti alcuni
importanti risultati parziali, tra cui la dimostrazione del fatto che con
5 colori si pu`o colorare qualsiasi carta geograca. Finalmente nel 1976,
due matematici, Haken e Appel, realizzarono un programma di calcolo
per eseguire la colorazione di tutte le possibili congurazioni di una carta
geograca. In tal modo, dopo circa 1200 ore di elaborazione, il calcola-
tore elettronico dimostr`o il teorema dei quattro colori : quattro colori
sono sucienti per una buona colorazione di qualunque grafo planare.
In questo paragrafo si considerano solo gra semplici.
Denizione 3.6.1. Sia G = (V (G), L(G)) un grafo e sia T un insieme
di elementi, detti colori, tale che [T[ = t. Si chiama colorazione di G
con al pi` u t colori una funzione c : V (G) T tale che se xy L(G),
allora c(x) ,= c(y), per ogni x, y V (G).
Quindi colorare G signica assegnare dei colori ai vertici, in modo
tale che vertici adiacenti abbiano colori dierenti.
Denizione 3.6.2. Si dice che la colorazione `e fatta con esattamente t
colori, se lapplicazione c `e suriettiva.
In tal caso , i colori vengono utilizzati tutti. Si osservi che non `e
sempre possibile eettuare una colorazione suriettiva; un grafo con due
vertici, ad esempio, non pu`o essere colorato suriettivamente con t colori,
se t > 2.
Denizione 3.6.3. Si dice numero cromatico di un grafo il numero
minimo di colori necessari per colorare i suoi vertici.
Assegnato un grafo G di ordine n e un insieme di t colori, `e lecito
chiedersi in quanti modi sia possibile colorarlo. E naturale aspettarsi che,
per un ssato grafo G, il numero possibile di colorazioni di tale grafo sia
funzione del numero t di colori disponibili. Si indichi con p
G
(t) il numero
78
di colorazioni di G con al pi` u t colori. Uno dei risultati fondamentali
della teoria cromatica dei gra `e che p
G
(t), per un ssato grafo G, `e un
polinomio nella variabile t di grado n, detto polinomio cromatico di G; `e
questo il risultato principale che sar`a descritto in questo paragrafo.
Esempio 3.6.4. 1. Sia G
0
il grafo privo di vertici e sia T linsieme
dei colori disponibili, tale che [T[ = t 0. La funzione f : T
`e lunica colorazione di G
0
in quanto per ogni x, y si verica l
implicazione
x, y e xy c(x) ,= c(y).
Quindi p
G
0
(t) = 1, per ogni t 0.
2. Sia G
n
un grafo di ordine n, con n 1 e sia T = , cio`e t = 0.
Non vi `e alcuna funzione sullinsieme vuoto e dunque p
G
n
(0) = 0.
3. Sia I
n
il grafo con n vertici e senza lati, dove n 0. Sia [T[ =
t 0. La propriet` a che deve vericare una colorazione c `e, per
denizione:
x, y V (G) e xy c(x) ,= c(y).
Essendo falsa lipotesi, la precedente implicazione risulta vera per
ogni funzione. Pertanto p
I
n
(t) `e il numero di funzioni da n

in t

.
Risulta che
p
I
n
(t) =
_

_
t
n
se t, n > 0
1 se t n = 0
0 se n > t = 0 .
4. Un grafo G che abbia almeno un lato ( e quindi almeno due vertici)
ha bisogno di almeno due colori per essere colorato. Per un tale
grafo quindi p
G
(t) = 0 se t < 2.
5. Sia K
n
il grafo completo con n vertici e sia t n il numero di
colori disponibili. Tutti i vertici sono tra loro adiacenti e, quindi,
per ognuno di essi va usato un colore diverso. Allora p
K
n
(t) `e il
79
numero di funzioni iniettive dallinsieme dei vertici in quello dei
colori che, come risulta dalla Tavola Pitagorica, `e il fattoriale de-
crescente. Se t < n, ovviamente non sono possibili colorazioni per
K
n
. In denitiva
p
K
n
(t) =
_
(t)
n
se t n
0 se t < n.
6. Sia P
n
un cammino di ordine n. Si possono assegnare t colori ad
una foglia, t1 colori al vertice ad essa adiacente, t1 al successivo
e cos` via no allultima foglia. Servono quindi almeno due colori,
come gi`a osservato. Quindi
p
P
n
(t) =
_
t(t 1)
n1
se t 2
0 se t < 2.
7. Sia T
n
un albero di ordine n e sia t 2. Un albero pu` o essere rapp-
resentato partendo da un qualsiasi vertice x e tracciando al di sotto
una riga immaginaria su cui collocare tutti i vertici adiacenti ad x,
poi unaltra su cui collocare i vertici adiacenti a quelli sovrastanti,
e cos` via, no ad esaurire tutti i vertici del grafo (naturalmente
si potranno trovare delle foglie a diversi livelli, compreso quello in-
iziale). Ovviamente non ci saranno vertici che siano allo stesso
livello e siano adiacenti, quindi un albero `e un grafo multipartito.
x
|
|
|
|
|
|
|
|
B
B
B
B
B
B
B
B

~
~
~
~
~
~
~
B
B
B
B
B
B
B
B

B
B
B
B
B
B
B
B

@
@
@
@
@
@
@

B
B
B
B
B
B
B
B
|
|
|
|
|
|
|
|


|
|
|
|
|
|
|
|
@
@
@
@
@
@
@

80
Iniziando la colorazione dallalto, per il vertice x si possono usare
t colori, mentre, per tutti gli altri si hanno a disposizione t 1
scelte (per evitare il colore del vertice adiacente, immediatamente
sovrastante). Allora `e chiaro che p
T
n
(t) = t(t 1)
n1
.
8. Sia C
n
un circuito con n vertici.
x
1

x
n

x
2
. ...

Si colorino ora i primi n 1 vertici a partire da x


1
, tralasciando
x
n
. La colorazione di x
1
`e completamente libera, quindi x
1
pu` o es-
sere colorato con uno qualunque dei t colori disponibili; per ognuna
di tali scelte, x
2
pu` o essere colorato con uno dei rimanenti t 1
colori. Per colorare in successione tutti gli altri vertici no a x
n1
,
bisogna solo evitare il colore del vertice immediatamente precedente
e, quindi, per ciascuno di essi, le scelte saranno ancora t 1. In
denitiva, le colorazioni della parte di C
n
che esclude lultimo ver-
tice sono t(t 1)
n2
. Si noti che questo `e proprio il numero di
colorazioni con t colori di un cammino avente n 1 vertici. Ora
occorre colorare il vertice x
n
; per la scelta del colore bisogna tener
conto dei colori gi`a assegnati a x
1
e x
n1
. Linsieme T di tutte le
possibili colorazioni di P
n1
, cammino congiungente x
1
a x
n1
, pu` o
essere ripartito in base al fatto che x
1
e x
n1
abbiano o meno lo
stesso colore. Siano quindi
/ = c : V (P
n1
) T[c(x
1
) = c(x
n1
)
B = c : V (P
n1
) T[c(x
1
) ,= c(x
n1
)
e siano [/[ = a e [B[ = b.
Quindi, poich`e T = /

B, sar`a [T[ = [/[ + [B[ = a + b = t(t


1)
n2
. Ogni colorazione di C
n
pu` o essere costruita a partire da una
81
colorazione appartenente ad / o a B. Dunque linsieme ( di tutte
le colorazioni di C
n
pu` o essere ripartito in questo modo
/

= c : V (C
n
) T[c costruita da c

/
B

= c : v(C
n
) T[c costruita da c

B.
Quindi ( = /

e p
C
n
(t) = [([ = [/

[ + [B

[. Si procede ora
al calcolo di [/

[ e di [B

[. Una qualsiasi colorazione c di / pu` o


essere fatta in a modi. A questo punto occorre colorare il vertice
x
n
; poich`e c(x
1
) = c(x
n1
), x
n
pu` o essere colorato in t 1 modi.
Allora [/

[ = a(t 1). Analogamente si ottiene che [B

[ = b(t 2).
Allora
p
C
n
(t) = [/

[ +[B

[ = a(t 1) +b(t 2).


Per trovare la formula di ricorrenza di passo 1 per p
C
n
(t) si procede
in questo modo, tenendo conto del fatto che b rappresenta il numero
di colorazioni di C
n1
in t colori
p
C
n
(t) = a(t1)+b(t2)b+b = a(t1)+b(t1)b = (a+b)(t
1) p
C
n1
(t) = t(t 1)
n2
(t 1) p
C
n1
(t) = t(t 1)
n1
p
C
n1
(t).
Poich`e un circuito deve avere almeno tre vertici, tale formula vale
per n 4 e ovviamente per t 3.
In modo analogo si dimostra che a `e il numero di colorazioni di un
circuito C
n2
di lunghezza n 2 con t colori e quindi
p
C
n
(t) = a(t 1) + b(t 2) a + a = a(t 2) + b(t 2) + a =
(a + b)(t 2) +a = t(t 1)
n2
(t 2) +p
C
n2
(t).
Analogamente, tale formula vale per n 5 e t 3.
Tale espressione si dice formula di ricorrenza di passo 2 per p
C
n
(t)
(il nome `e dovuto al fatto che per determinare p
C
n
(t) si deve usare
p
C
n2
(t)).
Applicando alla formula di passo 2 quella di passo 1 (o viceversa),
si ottiene la formula di ricorrenza di passo 3
p
C
n
(t) = t(t 1)
n2
(t 2) + p
C
n2
(t) = t(t 1)
n2
(t 2) +
t(t 1)
n3
p
C
n3
(t) = t(t 1)
n3
[(t 1)(t 2) + 1] p
C
n3
(t) =
82
t(t 1)
n3
(t
2
3t + 3) p
C
n3
(t).
Tale formula vale per n 6 e t 3.
Riassumendo si ha
(passo 1) p
C
n
(t) = t(t 1)
n1
p
C
n1
(t);
(passo 2) p
C
n
(t) = t(t 1)
n2
(t 2) +p
C
n2
(t);
(passo 3) p
C
n
(t) = t(t 1)
n3
(t
2
3t + 3) p
C
n3
(t).
3.7 Polinomio cromatico
Denizione 3.7.1. Siano G un grafo e v un vertice non appartenente
a G; si chiama cono completo di base G e vertice v e si indica v G, il
grafo ottenuto congiungendo con v ogni vertice di G.
v

d
d
d
d
d
d
d
d
d

r
r
r
r
r
r
r
r
r
r
'
&
$
%
G
Tra il numero di colorazioni di G con t colori ed il numero di colorazioni
di v G esiste un legame che `e espresso dalla seguente relazione
p
vG
(t) = t p
G
(t 1)
Infatti, ssato un insieme di t colori, il cono completo vG si pu`o colorare
assegnando al vertice v uno dei t colori disponibili e considerando per i
rimanenti vertici una qualunque colorazione del grafo G, con i rimanenti
83
t 1 colori.
Siano A e B due gra non vuoti contenenti entrambi una cricca, cio`e
un sottografo completo, K
r
di ordine r. Si consideri il grafo G ottenuto
come unione connessa di A e B lungo K
r
. Equivalentemente si pu`o
partire da G supponendo che abbia una cricca separatrice K
r
, cio`e un
sottografo completo la cui rimozione sconnette il grafo G. Considerando
una decomposizione G K
r
= A

e ponendo A = K
r
A

e B =
K
r
B

, si ottiene in eetti G come unione connessa di A e B lungo K


r
.
In questa situazione `e possibile determinare p
G
(t) a partire da p
A
(t) e da
p
B
(t). Si osservi che dando due arbitrarie colorazioni ad A e B, queste
determinano una colorazione di G se e solo se sono compatibili, nel senso
che la cricca comune deve risultare colorata allo stesso modo; quindi le
colorazioni di A e di B da considerare non sono tra loro indipendenti. Si
consideri una colorazione di A con t colori (che si pu`o scegliere in p
A
(t)
modi). In questo modo si considera implicitamente una colorazione di
K
r
. Occorre determinare quanti sono i modi in cui `e possibile estendere
tale colorazione della cricca al grafo B.
Sia p
B
(t) il numero di possibili estensioni della colorazione di K
r
a B,
cio`e il numero di colorazioni di B compatibili con una ssata colorazione
di A. Per trovare tale numero si proceda come segue. Si supponga di
contare il numero di colorazioni di B scegliendo gli r colori necessari (in
_
t
r
_
modi), da assegnare ai vertici di K
r
(in r! modi) e quindi completando
la colorazione di B (in p
B
(t) modi). Si ha dunque che p
B
(t) = r!
_
t
r
_
p
B
(t)
da cui p
B
(t) =
p
B
(t)
(t)
r
. Allora risulta che
p
G
(t) = p
A
(t) p
B
(t) =
p
A
(t)p
B
(t)
(t)
r
.
Esempio 3.7.2. 1. Sia G un grafo che abbia una cricca di ordine 1
(cio`e un vertice v) che lo separa in due sottogra A e B ; la situ-
azione `e rappresentata in gura
84
G
&%
'$
A .v
&%
'$
B
Per quanto provato si ha che
p
G
(t) =
p
A
(t)p
B
(t)
(t)
1
=
p
A
(t)p
B
(t)
t
.
2. Sia Sia G un grafo che abbia una cricca di ordine 0 che lo separa
in due sottogra A e B disguinti; la situazione `e rappresentata in
gura
G
&%
'$
A
&%
'$
B
Si ha quindi che
p
G
(t) =
p
A
(t)p
B
(t)
(t)
0
= p
A
(t)p
B
(t).
Questo spiega che le colorazioni delle componenti connesse di un
grafo sono indipendenti tra loro. Pi` u in generale, per un grafo G
con s componenti connesse A
1
, A
2
, . . . , A
s
vale che
p
G
(t) = p
A
1
(t)p
A
2
(t) . . . p
A
s
(t).
3. Sia G un grafo che abbia una cricca di ordine r che lo separa in
due sottogra A e B, dove B `e completo, ad esempio B = K
s
, con
r < s. Allora
p
G
(t) =
p
A
(t)p
K
s
(t)
(t)
r
= p
A
(t)(t r)
sr
.
In particolare, se s = r + 1 si ha p
G
(t) = p
A
(t)(t r).
85
Denizione 3.7.3. Un grafo si dice primitivo se non possiede una cricca
separatrice.
Esempio 3.7.4. Un grafo completo `e primitivo.
Dato un grafo G
n
con n vertici e un insieme T di t colori, una delle pi` u
importanti tecniche usate per il calcolo di p
G
(t) si basa sul procedimento
di delezione-contrazione di un lato di G. Qui si da, per`o, una descrizione
leggermente diversa di tale procedimento che prevede, da una parte lag-
giunta di un lato e dallaltra lidenticazione dei corrispondenti vertici
non adiacenti.
Siano x, y V (G) tale che xy / L(G) (cio`e x e y non sono adiacenti);
a partire da G si possono costruire due nuovi gra
G
xy
che si ottiene da G identicando x con y;
G
xy
che si ottiene da G aggiungendo il lato mancante xy.
Le due costruzioni possono essere cos` ragurate
G
'
&
$
%
x. y.
d
d
d
d
d

G
xy
'
&
$
%
. x y
G
xy
'
&
$
%
x. .y
I termini delezione e contrazione si spiegano pensando al grafo G
xy
; dal-
leliminazione (delezione) del lato xy si ottiene G, mentre dallidenti-
cazione dei due estremi x e y si ottiene G
xy
. Si vedr`a ora la relazione
86
che sussiste tra i numeri di colorazioni dei tre gra.
Sia c(G, t) linsieme delle colorazioni di G con t colori e si supponga
di ripartirlo in due classi tenendo conto dei colori assegnati a x e a y.
Precisamente si considerino
/ = c : V (G) T[c(x) = c(y)
B = c : V (G) T[c(x) ,= c(y)
Ovviamente c(G, t) = /

B e quindi p
G
(t) = [c(G, t)[ = [/[ +[B[.
Si osservi che / `e in corrispondenza biunivoca con c(G
xy
, t), insieme
delle colorazioni di G
xy
con t colori e B `e in corrispondenza biunivoca
con c(G
xy
, t), insieme delle colorazioni di G
xy
con t colori.
Quindi p
G
(t) = p
G
xy
(t) +p
G
xy
(t).
Tale espressione `e nota con il nome di formula di delezione-contrazione.
Questo risultato, insieme al fatto che p
K
n
(t) = (t)
n
, permette di con-
cludere che la funzione che esprime il numero di colorazioni in funzione
del numero t di colori di un qualsiasi grafo con n vertici, `e un polinomio
monico, di grado n, nella variabile t. Nel caso particolare in cui G = K
n
,
la funzione che esprime il numero di colorazioni di G in relazione a t `e
eettivamente un polinomio del tipo appena descritto. Si noti, inoltre,
che non vi `e termine noto. Se invece G `e un grafo con n vertici tale che
G ,= K
n
, in G manca almeno un lato. Allora, a partire da due suoi
vertici x e y non adiacenti si possono costruire il grafo G
xy
, che ha n1
vertici e lo stesso numero di lati di G e G
xy
, che ha n vertici, ma un lato
in pi` u rispetto a G. A partire da ciascuno di questi due gra che non
sia completo, si pu`o iterare la costruzione appena vista, che consiste, da
una parte, nellidenticare due vertici non adiacenti, dallaltra, nellag-
giungere il lato mancante, no ad ottenere tutti gra completi di ordine
inferiore ad n ed un solo grafo completo di ordine esattamente pari ad n.
87
K
<n
G
xy

?
?
?
?
?
?
?
?
?










.
.
.
K
<n
G x
/ y

1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
K
<n
G
xy

?
?
?
?
?
?
?
?
?










.
.
.
K
n
E chiaro che il numero di gra completi che ne risultano dipende da
quanto mancava a G per essere completo e per ottenere tutti questi gra
completi si dovranno fare tanti passi quanti sono i lati mancanti in G.
Iterando la formula di delezione-contrazione si ottiene
p
G
(t) = p
K
n
(t) +
n1
p
K
n1
(t) +. . . +
1
p
K
1
(t)
dove
i
sono coecienti interi, per ogni i
n 1
.
Osservazione 3.7.5. 1. Gra isomor hanno lo stesso polinomio cro-
matico.
2. p
K
i
(t),per ogni i n

, `e un polinomio di grado i. Quindi p


G
(t) `e
un polinomio di grado minore o uguale a n.
3. Il polinomio p
G
(t) ha grado n ed `e monico, in quanto K
n
compare
una volta sola. Inoltre, essendo i coecienti
i
interi, i coecienti
di p
G(t)
sono interi.
4. p
K
i
(t),per ogni i n

, `e privo di termine noto e quindi lo `e anche


p
G
(t). Daltronde, il termine noto si ottiene ponendo uguale a 0
88
la variabile che, nel nostro caso, `e il numero di colori t e si `e gi`a
visto che se un grafo possiede almeno un vertice, non esiste alcuna
colorazione con 0 colori.
Uno dei problemi aperti della teoria cromatica dei gra `e la caratteriz-
zazione dei polinomi cromatici. Si `e osservato che il polinomio cromatico
di un grafo `e sicuramente monico, a coecienti interi e senza termine
noto; `e lecito chiedersi se, viceversa, dato un polinomio monico, a coe-
cienti interi e senza termine noto, questo necessariamente `e il polinomio
cromatico di qualche grafo. Si dimostra che questo non `e vero. Dunque
le condizioni che abbiamo descritto sono solo necessarie. In eetti non `e
facile stabilire condizioni abbastanza generali, sucienti a garantire che
un certo polinomio sia un polinomio cromatico.
Si vedr`a ora quale `e la procedura pi` u conveniente per determinare il
polinomio cromatico di un grafo assegnato, che non rientri nei casi gi`a
esaminati. Conviene attenersi ai seguenti criteri:
1. Se il grafo `e sconnesso, basta trovare i polinomi cromatici di og-
ni componente connessa, in quanto il polinomio cromatico dellin-
tero grafo `e dato dal prodotto dei polinomi cromatici delle singole
componenti connesse, cio`e
p
G
(t) =

r
i=1
p
G
i (t)
dove G
1
, . . . , G
r
sono le componenti connesse di G.
2. Se il grafo ha un cosiddetto lato pendente, cio`e un lato che ha per
estremo un vertice di grado uno, conviene eliminarlo sfruttando il
procedimento di delezione-contrazione
89
G
'
&
$
%
x y
d
d
d
d
d

'
&
$
%
. x y
G

'
&
$
%
x .y
G

`e ottenuto identicando x e y e G

`e ottenuto eliminando il lato


xy. Si osservi che il grafo G

`e formato dalle componenti connesse


G

e y e quindi il suo polinomio cromatico `e tp


G
(t). Inne,
applicando la formula di delezione contrazione si ha che
p
G
(t) = tp
G
(t) p
G
(t) = (t 1)p
G
(t).
3. Si individuano i vertici di grado n 1 (cio`e adiacenti ad ogni altro
lato), rispetto ai quali il grafo pu`o essere riguardato come cono
completo.
Precisamente, se v `e un vertice di G tale che deg(v) = n 1, si `e
gia provato che p
G
(t) = tp
Gv
(t 1).
4. Si cercano le cricche separatrici K
r
e si usa la formula
p
G
(t) =
p
A
(t)p
B
(t)
(t)
r
.
dove A e B sono i gra separati dalla cricca K
r
.
Si ricordi che una cricca di ordine 2 si dice istmo e si pu`o rappre-
sentare in questo modo
90

B
5. Ci si riporta progressivamente a gra completi, mediante inseri-
mento di lati mancanti e simultanea identicazione dei vertici non
adiacenti e si usa la formula di delezione-contrazione.
Esempio 3.7.6. Si consideri C
n
, il circuito con n vertici.
x
1

x
n

x
2
. ...

Eliminando il lato x
1
x
n
si ottiene un cammino P
n
di lunghezza n:
x
1
x
2
x
n1
x
n

Identicando i vertici x
1
x
n
si ottiene un circuito C
n1
con n1 vertici:
x
1
x
n

x
n1

x
2
...

Dalla formula di delezione-contrazione si ottiene


p
C
n
(t) = p
P
n
(t) p
C
n1
(t)
Si ricordi che sono state trovate le seguenti tre formule per il calcolo del
polinomio cromatico di C
n
:
91
passo 1) p
C
n
(t) = t(t 1)
n1
p
C
n1
(t);
passo 2) p
C
n
(t) = t(t 1)
n2
(t 2) +p
C
n2
(t);
passo 3) p
C
n
(t) = t(t 1)
n3
(t
2
3t + 3) p
C
n3
(t).
Si osservi che la formula di delezione-contrazione permette di ottenere
a partire dalla formula di passo 3 quella di passo 2 e quella di passo 1,
mediante semplici passaggi algebrici:
p
C
n
(t) = t(t 1)
n3
(t
2
3t + 3) p
C
n3
(t) =
t(t 1)
n3
(t
2
3t + 2 + 1) p
C
n3
(t) =
t(t 1)
n3
(t
2
3t + 2) +t(t 1)
n3
p
C
n3
(t) =
t(t 1)
n3
(t 1)(t 2) +t(t 1)
n3
p
C
n3
(t) =
t(t 1)
n2
(t 2) +p
P
n2
(t) p
C
n3
(t) = (per delezione-contrazione)
t(t 1)
n2
(t 2) +p
C
n2
(t) = (passo 2)
t(t 1)
n2
(t 1 1) +p
C
n2
(t) =
t(t 1)
n2
(t 1) t(t 1)
n2
+ p
C
n2
(t) =
t(t 1)
n1

_
p
P
n1
(t) p
C
n2
(t)

= (per delezione-contrazione)
p
P
n
(t) p
C
n1
(t) (passo 1)
Proposizione 3.7.7. Se un grafo G ha r componenti connesse, allora
nel polinomio cromatico di G i coecienti dei termini di grado s, con
s < r, sono tutti nulli.
DIMOSTRAZIONE.
Se G ha r componenti connesse, il suo polinomio cromatico `e il prodotto
degli r polinomi cromatici delle singole componenti connesse; poich`e tali
polinomi non hanno termine noto, il risultato del loro prodotto ha solo
termini di grado maggiore o uguale a r.
Da questa proposizione segue subito che, se nel polinomio cromatico
di G compare il termine in t, cio`e quello di grado 1, allora G `e necessari-
amente connesso.
Un noto teorema, dovuto a Whitney, permette di calcolare i coe-
cienti del polinomio cromatico di un grafo G in funzione di particolari
92
sottogra. Inoltre stabilisce che i segni dei coecienti del polinomio cro-
matico di un grafo sono alternati.
Naturalmente, poich`e il polinomio cromatico `e monico, il primo coe-
ciente `e 1, per cui in base al teorema precedente, il secondo `e negativo,
il terzo `e positivo e cos` via.
Proposizione 3.7.8. Il coeciente di t
n1
`e uguale allopposto del nu-
mero dei lati di G, cio`e [L(G)[.
DIMOSTRAZIONE.
Questo risultato si pu`o ottenere come facile conseguenza del teorema di
Whitney, ma pu`o essere provato direttamente facendo riferimento alla
formula di delezione-contrazione. Infatti sia [V (G)[ = n. Si `e gia osser-
vato che p
G
(t) = p
K
n
(t) + p
K
n1
(t) + . . . ed `e chiaro che i termini di
grado n 1 in tale espressione sono
_
n
2
_
t
n1
+t
n1
.
E facile vedere che nel procedimento di applicazione della formula di
delezione-contrazione si produce ad ogni passo (mediante la contrazione
di due vertici in un grafo non completo di ordine n) un grafo di ordine
n 1 che successivamente viene completato con aggiunta di lati, no a
K
n1
.
Poich`e i passi da percorrere sono tanti quanti i lati mancanti in G si ha
= [L(K
n
)[ [L(G)[ ed essendo [L(K
n
)[ =
_
n
2
_
si ottiene il coeciente
di t
n1
che `e a
n1
= [L(G)[.
Esempio 3.7.9. Sia I
n
il grafo con n vertici e 0 lati. In base a questa
propriet` a il coeciente di t
n1
deve essere 0. Infatti `e stato gi`a provato
che p
I
n
(t) = t
n
.
Un altro problema della teoria cromatica `e la caratterizzazione dei
gra aventi lo stesso polinomio cromatico. Ad esempio, si consideri P
n
un cammino di lunghezza n; si `e visto che p
P
n
(t) = t(t1)
n1
. Ma P
n
non
`e lunico grafo con questo polinomio cromatico; infatti anche gli alberi di
ordine n hanno lo stesso polinomio cromatico. La seguente proposizione
caratterizza la classe degli alberi in relazione al polinomio cromatico.
Teorema 3.7.10. G
n
`e un albero se e solo se p
G
n
(t) = t(t 1)
n1
.
93
DIMOSTRAZIONE.

Gi`a provata.

p
G
n
(t) = t(t 1)
n1
= t

n1
k=0
_
n1
k
_
(1)
k
t
n1k
=
t [t
n1
(n 1)t
n2
+ . . . + (1)
n1
] =
t
n
(n 1)t
n1
+ . . . + (1)
n1
t.
Poich`e compare il termine di grado 1, G
n
`e connesso; inoltre, per il
corollario precedente, si ha che [L(G)[ = n1 e quindi G
n
`e un albero.
Osservazione 3.7.11. 1. E stato gi`a denito il numero cromatico di
un grafo G come il minimo numero di colori con cui G pu` o essere
colorato. In genere, tale numero si indica con (G).
2. Le radici reali del polinomio cromatico sono tutte minori di (G).
Infatti, le radici, in quanto tali, annullano il polinomio e ci`o sig-
nica che per quei valori di t non vi `e alcuna colorazione possibile.
3. Le radici razionali di un polinomio cromatico sono tutte intere. Ci` o,
infatti, si verica per ogni polinomio monico a coecienti interi.
Si `e accennato alle colorazioni suriettive di un grafo G, dette anche
con esattamente t colori. Il numero di tali colorazioni si indica con p
G
[t].
Si ricava facilmente una relazione tra p
G
(t), p
G
[t], p
G
[t 1], . . . , p
G
[1].
Si osservi che le colorazioni che utilizzano al pi` u t colori, ne possono
utilizzare esattamente t, t 1, t 2, . . . , 1; inoltre, se una colorazione `e
fatta con esattamente k colori, con 1 k t, questi possono essere scelti
in
_
t
k
_
modi. Perci`o si avr`a
p
G
(t) =
_
t
t
_
p
G
[t] +
_
t
t1
_
p
G
[t 1] +. . . +
_
t
1
_
p
G
[1] =

t
k=1
_
t
k
_
p
G
[k].
Ogni colorazione del grafo G in esattamente k colori determina in modo
ovvio una partizione dei vertici del grafo in k blocchi tali che i vertici di
uno stesso blocco non siano tra loro adiacenti. Blocchi di questo tipo si
dicono indipendenti. Viceversa, ogni partizione dei vertici di G in k bloc-
chi indipendenti consente di colorare il grafo dando a piacere un colore ad
94
ogni blocco. Si ottengono cos` k! colorazioni di G con esattamente k colori
ssati, per ogni ssata partizione di G in k blocchi indipendenti. Indicato
con E
n,k
(G) il numero di partizioni di G in k blocchi indipendenti, si ha
allora
p
G
[k] = k!E
n,k
(G).
Quindi la relazione precedente diventa
p
G
(t) =

t
k=1
_
t
k
_
k!E
n,k
(G) =

t
k=1
E
n,k
(G)(t)
k
.
Osservazione 3.7.12. 1. Per n, k e G ssati, E
n,k
(G) `e una costante;
essa esprime il numero di k-partizioni (in blocchi indipendenti) ed
`e diversa da zero se e solo se il grafo G `e k-partito: in particolare
E
n,n
(G) = 1, E
n,k
(G) = 0 per k > n ed E
n,0
(G) = 0. Inoltre, se
E
n,k
(G) ,= 0 e k h n allora E
n,h
(G) ,= 0.
2. Si pu` o considerare lindice k variabile tra 0 ed n senza alterare la
somma, tenendo presente che
per k = 0, E
n,0
(G) = 0; in eetti non vi pu` o essere alcuna
partizione senza blocchi;
se n > t, allora per k > t, (t)
k
= 0;
se n < t, allora per k > n, E
n,k
(G) = 0; in eetti non possono
esserci blocchi vuoti.
Osservato ci`o, il polinomio cromatico di G pu`o essere espresso nella
seguente forma
p
G
(t) =

n
k=0
E
n,k
(G)(t)
k
.
Si pu`o quindi dire che E
n,k
(G) sono le costanti di connessione tra p
G
(t) e
la base persistente dei fattoriali decrescenti. Secondo la notazione della
ricorrenza master, si ha che r
k+1
= k. Se p
G
(t) ha una radice s
n
e
se si considerano le costanti di connessione di
p
G
(t)
ts
n
rispetto ai fattoriali
decrescenti
p
G
(t)
ts
n
=

n1
k=0
C
n1,k
(t)
k
.
95
allora, per la ricorrenza master, si ha
E
n,k
(G) = C
n1,k1
+ (k s
n
)C
n1,k
.
Non `e detto, per`o, che il polinomio
p
G
(t)
ts
n
sia eettivamente dello stesso
tipo di p
G
(t), cio`e sia il polinomio cromatico di un grafo, evidentemente
con n 1 vertici; quindi non `e detto che le costanti C
n1,k
indichino il
numero di k-partizioni di un grafo G

n1
, possibilmente determinabile a
partire da G
n
.
Ci`o, invece, si verica nel seguente caso particolare. Sia G un grafo avente
un vertice v
n
tale che tutti gli s
n
= deg(v
n
) vertici ad esso adiacenti
formino la cricca K
s
n
in G. In tal caso si ha che
p
G
(t) = (t s
n
)p
Gv
n
(t),
in quanto ogni colorazione di G con t colori pu`o essere ottenuta da una
qualsiasi colorazione di Gv
n
, dando a v
n
uno qualsiasi dei t s
n
colori
diversi da quelli dati agli s
n
vertici adiacenti a v
n
. Ne segue che
p
G
(t)
ts
n
= p
Gv
n
(t) =

n1
k=0
E
n1,k
(Gv
n
)(t)
k
e quindi
E
n,k
(G) = E
n1,k1
(Gv
n
) + (k s
n
)E
n1,k
(Gv
n
).
Le E
n,i
(Gv
n
) rappresentano, cio`e, il numero di partizioni di Gv
n
in
i blocchi indipendenti.
Si osservi che la situazione appena descritta non `e particolarmente
restrittiva: basta pensare che `e applicabile al caso in cui ci sia un vertice
di grado 1.
Nel caso di un albero T
n
con n vertici il processo `e iterabile n 1 volte;
ci`o non `e sorprendente se si pensa che il polinomio cromatico di T
i
, t(t
1)
i1
, per 0 i n, forma una base persistente dello spazio P
n
[t] con
successione delle radici [0, 1, , 1]. Le costanti di connessione tra tale
base persistente e la base persistente dei fattoriali decrescenti sono date,
appunto, dal numero, E
n,k
(T
n
), 0 k n, di partizioni in blocchi
indipendenti di un (qualsiasi) albero T
n
con n vertici. Possiamo allora
calcolare facilmente tali costanti di connessione, sia con la formula di
ricorrenza che utilizzando linterpretazione graca.
96
Capitolo 4
Digra
4.1 Nozioni generali
Denizione 4.1.1. Si dice grafo orientato o digrafo una coppia D =
(V (D), A(D)), dove V (D) `e un insieme nito di elementi detti vertici e
A(D) `e un multisottoinsieme del prodotto cartesiano V (D) V (D). Gli
elementi di V (D) V (D) si dicono archi e le coppie del tipo (x, x) si
dicono cappi. Siano u, v V (D), se A(D)(u, v) = k ,= 0, si dice che
(u, v) `e un arco di D di molteplicit`a k. In tal caso si dice anche che u
precede v oppure che v segue u. Larco (u, v) si indica anche con

uv. Il
numero dei vertici di D, cio`e [V (D)[, si dice ordine di D.
Denizione 4.1.2. Sia D = (V (D), A(D)) un grafo orientato.
1. D si dice quasi semplice se A(D) `e sottoinsieme di V (D) V (D).
2. D si dice semplice se A(D) `e sottoinsieme di (V (D) V (D)),
dove con si indica la diagonale del prodotto cartesiano V (D)
V (D), ovvero linsieme di tutte le coppie di vertici uguali.
3. D si dice completo se A(D) = (V (D) V (D)).
4. D si dice semicompleto se per ogni a, b V (D), a ,= b, esiste
almeno uno degli archi

ab e

ba, cio`e se D `e semplice e se (a, b) /


A(D) implica (b, a) A(D).
97
5. D si dice univoco se per ogni a, b V (D), a ,= b, esiste al pi` u
uno degli archi

ab e

ba, cio`e D `e semplice e (a, b) A(D) implica


(b, a) / A(D).
6. D si dice torneo se per ogni a, b V (D), a ,= b vale che es-
iste (a, b) A(D) se e solo se non esiste (b, a) A(D), cio`e
D `e un grafo semicompleto, semplice ed univoco (vale a dire con
esattamente un arco per ogni coppia di vertici).
E evidente che ogni arco (x, y) determina univocamente un lato su
V (D), quindi si ha una funzione : V (D) V (D) L(V (D)) tale che
(x, y) `e il lato di supporto x y.
Osservazione 4.1.3. Sia D = (V (D), A(D)) un digrafo; se si considera
A(D) come multisottoinsieme di lati, piuttosto che di archi, sostituendo
cio`e A(D) con L(D) : L(V (D)) N tale che
L(D)(l) =

(x,y)=l
A(D)(x, y),
si ottiene un grafo non orientato G = (V (D), L(D)). Tale G si dice
grafo non orientato associato a D. Viceversa, dato un grafo non orien-
tato G = (V (G), L(G)), si consideri A(G) multisottoinsieme di coppie
ordinate di vertici in modo che il grafo (V (G), L(G)) sia associato al di-
grafo (V (G), A(G)). In questo modo si ottiene un digrafo D detto grafo
orientato associato a G. Si noti che mentre un digrafo determina uni-
vocamente un grafo, ad un grafo non `e possibile associare univocamente
un digrafo. Questo accade perch`e possono essere molteplici ed arbitrari i
modi di orientare i lati del grafo di partenza.
Se D = (V (D), A(D)) e G = (V (G), L(G)), con V (D) = V (G), sono
associati, allora D `e un digrafo univoco se e solo se G `e un grafo semplice.
Dora in poi verranno considerati solo gra orientati semplici, cio`e
privi di cappi, di archi multipli e di archi congiungenti due vertici in
entrambi i versi. In particolare, ci riferiremo spesso a gra univoci.
Denizione 4.1.4. Dati due gra orientati D ed H, si chiama omo-
morsmo da D ad H ogni funzione f : V (D) V (H) tale che per ogni
98
x, y V (D): se

xy A(D), allora

f(x)f(y) A(H) oppure f(x) = f(y).


Si dice isomorsmo da D su H ogni bigezione f : V (D) V (H) che
sia omomorsmo da D ad H, insieme alla sua inversa, tale cio`e che per
ogni x, y V (D) si abbia:

xy A(D) se e solo se

f(x)f(y) A(H).
Ovviamente, la funzione inversa di un isomorsmo `e un isomorsmo.
Si osservi che se D ed H sono due tornei, allora ogni omomorsmo
bigettivo da D su H `e un isomorsmo. Infatti vale il seguente risultato.
Proposizione 4.1.5. Siano T
n
e T

n
due tornei e sia f : V (T
n
) V (T

n
)
un omomorsmo bigettivo. Allora f `e un isomorsmo da T
n
a T

n
.
DIMOSTRAZIONE.
Sia f : V (T
n
) V (T

n
) un omomorsmo bigettivo. Quindi, per ogni
a, b V (T
n
) risulta che se (a b), con a ,= b, allora (f(a) f(b)).
Inoltre se (a b), (b a) e quindi (f(b) f(a)) e (f(a) f(b)). In
denitiva (a b) se e solo se (f(a) f(b)).
I digra D ed H si dicono isomor e si scrive D

= H, se e solo se
esiste un isomorsmo tra di essi. Un automorsmo di un digrafo D `e
ovviamente un isomorsmo di D in se stesso.
Come per i gra (non orientati), gli automorsmi di D formano un gruppo
di permutazioni sullinsieme dei vertici. Considerazioni analoghe al caso
non orientato si possono fare per introdurre il concetto di digrafo non
etichettato, precisando che un digrafo, cos` come `e stato denito, va
inteso come digrafo etichettato.
Denizione 4.1.6. Sia D = (V (D), A(D)) un grafo orientato e sia
v V (D). Si dice grado di entrata di v il numero di vertici che precedono
v e si scrive
indeg(v) =

_
x V (D)[

xv A(D)
_

.
Si dice grado di uscita di v il numero di vertici che seguono v e si scrive
outdeg(v) =

_
x V (D)[

vx A(D)
_

.
Il grado di uscita di v si dice anche punteggio.
Si chiama, inoltre, classica la successione i cui termini sono costituiti
dai punteggi di ciascun vertice, elencati in ordine non decrescente.
99
Osservazione 4.1.7. 1. Il grado di entrata e il grado di uscita sono
invarianti graci, nel senso che se f : D E `e un isomorsmo tra
digra, allora per ogni v V (D) si ha outdeg(v) = outdeg(f(v)) e
indeg(v) = indeg(f(v)).
2. La classica di un digrafo `e un invariante graco, nel senso che
digra isomor hanno la stessa classica.
3. La somma dei termini della classica relativa ad un digrafo D `e
uguale al numero di archi di D.
Denizione 4.1.8. Sia D un qualsiasi grafo orientato. Il converso o
duale di D `e il grafo orientato che si ottiene da D, considerando gli
stessi vertici e invertendo il verso degli archi di D.
Il complemento di un digrafo semplice D `e il digrafo semplice che si
ottiene con gli stessi vertici di D, considerando tutti gli archi che ci
possono stare e che non siano gi`a archi di D.
Si osservi che, per un torneo, i due concetti della precedente denizione
coincidono.
4.2 Cammini e connessione
Ricordiamo che ci riferiremo, dora in avanti, a gra orientati semplici.
Denizione 4.2.1. Sia D = (V (D), A(D)) un grafo orientato.
1. Si chiama semicammino orientato una successione di vertici v
1
. . . v
n
tale che
_

v
i
v
i+1
,

v
i+1
v
i
_
A(D) ,= , per ogni i
n 1
tale che
v
i
,= v
i+1
, cio`e una successione che sia un cammino nel grafo non
orientato associato a D.
2. Si dice cammino orientato una successione di vertici v
1
. . . v
n
tale
che

v
i
v
i+1
A(D), per ogni i
n 1
tale che v
i
,= v
i+1
e (v
i
, v
i+1
) ,=
(v
j
, v
j+1
), per ogni 0 i ,= j n.
100
3. Si dice cammino orientato semplice un cammino orientato v
1
. . . v
n
,
tale che v
i
= v
j
[i j[ = n 1 3.
4. Si dice lunghezza di un cammino orientato il numero di archi del
cammino. Se questo `e semplice, la sua lunghezza `e il numero di
vertici di tale successione, diminuito di 1.
5. Si chiama circuito orientato o ciclo un cammino orientato semplice
chiuso. Ovviamante, la sua lunghezza non `e inferiore a 3.
Osservazione 4.2.2. 1. Se v
1
, . . . , v
n
`e un cammino orientato, allora
v
1
. . . v
n
`e, ovviamente, un semicammino orientato. Si osservi che
non vale il viceversa. Infatti, si consideri, ad esempio il cammino
orientato v
1
v
2
v
3
cos` rappresentato
v
2

y
y
y
y
y
y
y
y

E
E
E
E
E
E
E
E
v
1
v
3
Esso `e anche un semicammino orientato. Si consideri invece il
semicammino orientato v

1
v

2
v

3
, cos` ragurato
v

|
|
|
|
|
|
|
|

B
B
B
B
B
B
B
B
v

1
v

3
Questultimo non `e, evidentemente, un cammino orientato.
2. Linverso di un semicammino orientato `e ancora un semicammino
orientato; linverso di un cammino orientato non `e necessariamente
un cammino orientato.
Strettamente collegato al concetto di cammino `e, come per i gra
non orientati, quello di connessione; in quel contesto la connessione `e
indipendente dal particolare tipo di cammino (generalizzato, ordinario o
semplice), mentre, per i gra orientati si fa distinzione tra lesistenza di
cammini o di semicammini.
101
Denizione 4.2.3. Sia D = (V (D), A(D)) un grafo orientato.
1. D si dice fortemente connesso o forte se per ogni x, y V (D)
esiste x = v
1
. . . v
n
= y cammino orientato da x a y ed esiste
y = w
1
. . . w
m
= x cammino orientato da y a x.
2. D si dice unilateralmente connesso se per ogni x, y V (D) risulta
che se non esiste x = v
1
. . . v
n
= y cammino orientato da x a y,
allora esiste y = w
1
. . . w
m
= x cammino orientato da y a x.
3. D si dice debolmente connesso o debole se per ogni x, y V (D)
esiste un semicammino orientato da x a y.
Osservazione 4.2.4. 1. Un grafo orientato `e debolmente connesso se
e solo se il grafo non orientato associato `e connesso.
2. D fortemente connesso D unilateralmente connesso D debol-
mente connesso.
3. D debolmente connesso D unilateralmente connesso.
Ad esempio, il grafo in gura `e debolmente connesso, ma non uni-
lateralmente connesso.
v
1


v
2

v
3

4. D unilateralmente connesso D fortemente connesso.


Ad esempio, il seguente grafo `e unilateralmente connesso, ma non
fortemente connesso.
v
1


v
2

5. La connessione unilaterale non determina una relazione di equiv-


alenza nellinsieme dei vertici di un digrafo; quindi non ha senso
parlare di componenti connesse unilaterali. La debole e la forte
connessione, invece, determinano due relazioni di equivalenza nel-
linsieme dei vertici di un digrafo e quindi, in questi casi, `e possibile
parlare di componenti connesse deboli e forti.
102
Denizione 4.2.5. Sia D = (V (D), A(D)) un grafo orientato.
1. Un cammino orientato di D si dice ricoprente se linsieme dei suoi
vertici coincide con V (D).
2. Un cammino orientato di D si dice hamiltoniano se `e semplice e
ricoprente.
Denizione 4.2.6. Un grafo orientato D si dice hamiltoniano se con-
tiene almeno un ciclo hamiltoniano.
Denizione 4.2.7. Un digrafo D = (V (D), A(D)) si dice riducibile se
esiste A, B partizione di V (D) tale che per ogni a A e per ogni b B:

ab / A(D).
In caso contrario D si dice irriducibile.
Proposizione 4.2.8. (a) D hamiltoniano (b) D fortemente connesso
(c) D irriducibile.
DIMOSTRAZIONE.

(a) (b)

Se D `e un grafo orientato hamiltoniano, allora, per denzione, ha almeno


un ciclo hamiltoniano. Pertanto, due qualsiasi vertici x e y di D sono
termini della successione che rappresenta tale ciclo che, in quanto tale,
pu`o essere descritto a partire da uno qualsiasi dei suoi vertici. Quindi
esiste un cammino orientato da x a y ed esiste un cammino orientato da
y a x.

(b) (c)

Si supponga che D sia fortemente connesso e sia A, B una qualunque


partizione di V (D). Presi a A e

b B, esistono un cammino orientato
da a a

b ed uno da

b ad a. Se a = x
1
. . . x
r
=

b `e un cammino orientato e
se x
i
`e il primo vertice della successione appartenente a B (ovviamente
i > 1), si ha x
i1
A, x
i
B e (x
i1
x
i
). Analogamente, si verica
che esistono a A e b B tali che (a b). Dallarbitrariet`a della
partizione A, B, segue che D `e necessariamente irriducibile.

(c) (b)

103
Si ssi arbitrariamente v V (D); occorre e basta provare che tutti i
vertici del grafo sono raggiungibili a partire da v. Si considerino i due
seguenti insiemi
A = x V (D)[ r 2 e vx
2
. . . x
r1
x cammino orientato v
B = x V (D)[ s 2 : vy
2
. . . y
s1
x cammino orientato.
Praticamente, A contiene v e tutti i vertici di D raggiungibili a partire
da v e B tutti i vertici di D non raggiungibili a partire da v. Ovviamente
A B = . Si osservi che non esistono archi congiungenti i vertici di A
con i vertici di B; infatti, se esistessero a A e b B tali che

ab A(D),
allora ci sarebbe un cammino orientato vx
2
. . . x
r1
ab da v a b, cio`e b A.
Ci`o `e assurdo, in quanto b B e A B = . Allora B = , altrimenti
D risulterebbe riducibile, con partizione A, B. Dallarbitrariet`a di v
segue che D `e fortemente connesso.
Osservazione 4.2.9. D fortemente connesso D hamiltoniano.
Infatti, si consideri il seguente grafo orientato

B
B
B
B
B
B
B
B

|
|
|
|
|
|
|
|

|
|
|
|
|
|
|
|

B
B
B
B
B
B
B
B
Si tratta, evidentemente, di un grafo fortemente connesso, ma non hamil-
toniano, perch`e un cammino orientato chiuso che tocchi tutti i vertici del
grafo, deve passare necessariamente due volte da v.
4.3 Tornei
I digra pi` u studiati sono certamente i tornei che possono essere deni-
ti anche come gra orientati associati ad un grafo non orientato comple-
to. Per essi valgono tutte le propriet`a generali dei gra orientati n qui
elencate oltre a quelle che saranno descritte in seguito.
104
Proposizione 4.3.1. Sia T un torneo. T fortemente connesso T
hamiltoniano.
La dimostrazione di tale propriet`a scaturisce da un altro risultato pi` u
generale, che verr`a provato pi` u avanti.
Teorema 4.3.2. Ogni torneo T
n
, con n 2 vertici, ha un cammino
hamiltoniano.
DIMOSTRAZIONE.
Si procede per induzione sul numero n di vertici di T
n
.
Per n = 2, T
2
`e un torneo con due vertici ed `e esso stesso un cammino
hamiltoniano.
v
1


v
2

Si supponga la tesi vera per n = p e la si provi per n = p + 1.


Sia dunque T
p+1
un torneo con p +1 vertici; sia y un suo vertice. Il grafo
T
p
= T
p+1
y `e un torneo con p vertici che, per lipotesi induttiva, ha
un cammino hamiltoniano v
1
. . . v
p
. Se

yv
1
A(T
p+1
), allora yv
1
. . . v
p
`e
un cammino hamiltoniano di T
p+1
.
v
1


v
2
v
p1


v
p

y
E
E
E
E
E
E
E
E
Se

yv
1
/ A(T
p+1
), allora

v
1
y A(T
p+1
). Sia v
i
il primo vertice del cammino
v
1
. . . v
p
tale che

yv
i
A(T
p+1
). Allora il cammino v
1
. . . v
i1
yv
i
. . . v
p
`e
un cammino hamiltoniano di T
p+1
.
v
1


v
2
v
i1


v
i
v
p1


v
p

E
E
E
E
E
E
E
E
.
w
w
w
w
w
w
w
w
w

k
k
k
k
k
k
k
k
k
k
k
k
k
k
k
k
k
k
Se un tale v
i
non esiste, allora, come cammino hamiltoniano di T
p+1
, si
prender`a v
1
. . . v
p
y.
In ogni caso T
p+1
ha un cammino hamiltoniano.
105
Lemma 4.3.3. Sia T
n
un torneo con n vertici e sia C
r
= (x
1
. . . x
r
) un
ciclo di lunghezza r < n contenuto in T
n
. Sia y un vertice di T
n
tale che
y / C
r
. Allora
C
r
si estende a y se e solo se y non proietta C
r
dove lespressione y non proietta C
r
signica che non tutti i vertici di
C
r
precedono y, n`e tutti i vertici di C
r
seguono y, cio`e y C
r
non `e
riducibile.
DIMOSTRAZIONE.

Ovvia.

Sia (x
1
. . . x
r
) una descrizione del ciclo C
r
, tale che x
1
precede y e cio`e
che esiste

x
1
y A(T
n
); ci`o `e possibile poich`e y non proietta C
r
e per lo
stesso motivo, esiste almeno un vertice x
i
di C
r
che segue y, cio`e tale
che

yx
i
A(T
n
). Sia k 2, 3, . . . , r il primo indice per cui si verica
tale condizione. Allora x
k1
precede y, cio`e

x
k1
y A(T
n
), e y precede
x
k
, cio`e

yx
k
A(T
n
). Pertanto x
1
. . . x
k1
yx
k
x
k+1
. . . x
r
`e un ciclo di
lunghezza r + 1, passante per y.
x
1

x
r

x
k1
.
y

R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R

l
l
l
l
l
l
l
l
l
l
l
l
l
l
l
l
l
x
k

Teorema 4.3.4. Sia T


n
un torneo irriducibile con n 3. Allora, per
ogni v V (T
n
) e per ogni 3 k n, esiste C
k
ciclo tale che v V (C
k
).
DIMOSTRAZIONE.
Si osservi subito che T
2
`e riducibile, da cui lipotesi n 3.
Si procede per induzione su k.
Sia v un ssato vertice di T
n
e sia k = 3. Si ponga
106
A =
_
w V (T
n
)[

vw A(T
n
)
_
B =
_
z V (T
n
)[

zv A(T
n
)
_
.
Poich`e T
n
`e irriducibile, sia A che B sono non vuoti; inoltre non `e possibile
che tutti i vertici di B precedano tutti i vertici di A, altrimenti T
n
sarebbe
riducibile. Per questo motivo, esistono a A e b B tali che

ab A(T
n
).
Quindi vab `e un ciclo di lunghezza 3 contenuto in T
n
.
A a

b B Ed
d
ds
v

Si supponga vera la tesi per k = r e la si provi per k = r + 1. Per


lipotesi induttiva, esiste C
r
= (x
1
. . . x
r
) ciclo contenuto in T
n
tale che
v V (C
r
). Si ponga
A =
_
w V (T
n
)[

wu A(T
n
)u V (C
r
)
_
B =
_
z V (T
n
)[

uz A(T
n
)u V (C
r
)
_
W = [V (T
n
) V (C
r
)] (A B),
dove, praticamente, A `e linsieme di tutti i vertici che precedono C
r
, B `e
linsieme di tutti i vertici che seguono C
r
e W `e linsieme di tutti i vertici
che non proiettano C
r
. Si possono distinguere due casi:
1. W ,=
La tesi segue dal lemma precedente. Infatti basta prendere w W
e, poich`e w non proietta C
r
, si ha che C
r
si estende a w.

C
r

c
d
d
d
d
d
d
'
&
$
%
W
T

B
107
2. W =
In tal caso A e B non possono essere vuoti ed esistono a A e
b B tali che

ba A(T
n
), altrimenti T
n
sarebbe riducibile. Quindi
vx
2
. . . x
r1
ba `e un ciclo di lunghezza r +1 contenuto in T
n
(per ot-
tenerlo si `e dovuto togliere un vertice di C
r
, anch`e, con laggiunta
di b ed a, la lunghezza fosse proprio r + 1).
A

a.
C
r

v.

d
d
d
d
d
d B

b. '
Corollario 4.3.5. Sia T un torneo. Le seguenti propriet` a sono equiv-
alenti:
1. T `e hamiltoniano;
2. T `e fortemente connesso;
3. T `e irriducibile.
DIMOSTRAZIONE.
1) 2)
Gi`a provata per un grafo qualsiasi.
2) 3)
Gi`a provata per un grafo qualsiasi.
3) 1)
Segue dallultimo teorema dimostrato.
108
Denizione 4.3.6. Sia T un torneo. Si pu` o denire sullinsieme dei
suoi vertici la relazione di precedenza. Siano a, b V (T):
a precede b, e si scrive (a b) se e solo se esiste

ab A(T) oppure
a = b.
Tale relazione binaria `e antisimmetrica e riessiva.
Denizione 4.3.7. Un torneo si dice transitivo se la relazione di prece-
denza `e transitiva sui suoi vertici.
Osservazione 4.3.8. 1. Se T `e transitivo, di fatto, la relazione di
precedenza `e una relazione dordine totale; quindi un torneo tran-
sitivo `e totalmente ordinato dalla relazione .
2. Fissato un numero n di vertici, esiste, a meno di isomorsmi, un
unico torneo transitivo con n vertici, cio`e esiste un unico torneo
transitivo non etichettato di ordine n.
Proposizione 4.3.9. Sia T
n
un torneo transitivo. Allora esiste un unico
ordinamento x
1
. . . x
n
dei suoi vertici (con nomi assegnati) tale che x
i

x
j
se e solo se i < j, per ogni i, j n

.
DIMOSTRAZIONE.
Lenunciato `e banale per n = 1.
Per n 2, da un precedente teorema risulta che T
n
ha un cammino
hamiltoniano; si etichettino i vertici di T
n
in modo che tale cammino sia
x
1
x
2
. . . x
n
. Siano ora i, j n

. Se i < j, allora, ovviamente, x


i
x
j
, se
j = i + 1, altrimenti x
i
x
i+1
x
j
e, per la transitivit`a, x
i
x
j
, in
ogni caso.
Daltra parte, se i ,< j, allora j i e quindi x
i
= x
j
oppure x
j
x
i
; in
ogni caso x
i
x
j
. Quindi si ha lequivalenza richiesta nellenunciato.
Se x
i
1
, . . . , x
i
n
`e unaltra etichettatura che verichi la stessa condizione,
allora la corrispondenza x
j
x
i
j
`e chiaramente un isomorsmo, quindi
conversa il punteggio dei vertici; poich`e x
j
`e lunico vertice avente pun-
teggio n j e poich`e x
i
j
ha chiaramente punteggio n j, deve essere
i
j
= j, per ogni j n

.
109
Proposizione 4.3.10. Il numero di archi di un torneo T
n
, con n 1
vertici, `e
_
n
2
_
.
DIMOSTRAZIONE.
Poich`e tra due qualsiasi vertici distinti di T
n
vi `e sempre un unico arco,
il numero totale di archi `e
1
2
[(x, y)[x ,= y[, cio`e
1
2
[(n 1) +. . . + (n 1)] =
_
n
2
_
.
Osservazione 4.3.11. Ricordando anche una propriet` a della classica
dei digra, si osservi che la classica a
1
. . . a
n
di un torneo T
n
verica le
seguenti condizioni:

n
i=1
a
i
=
_
n
2
_
.
a
1

n1
2
.
a
n

n1
2
.
a
i
> 0, per ogni i > 1.
a
i
< n 1, per ogni i < n.
Esempio 4.3.12. 1. Si consideri un torneo di ordine 3. Le sue pos-
sibili classiche sono:
012, cui corrisponde il seguente torneo transitivo

~
~
~
~
~
~
~

@
@
@
@
@
@
@

111, cui corrisponde il seguente torneo hamiltoniano

~
~
~
~
~
~
~

@
@
@
@
@
@
@


110
Quindi ci sono solo due tornei di ordine 3, evidentemente non
isomor.
2. Si consideri un torneo di ordine 4. Le sue possibili classiche sono:
0123, cui corrisponde il torneo transitivo

@
@
@
@
@
@
@

~
~
~
~
~
~
~

0222, cui corrisponde il seguente torneo

@
@
@
@
@
@
@

~
~
~
~
~
~
~

Tale torneo pu` o anche essere rappresentato in questo modo,


tenendo conto del fatto che vi `e un vertice preceduto dagli altri
tre
'
&
$
%

/
/
/
/
/
/
/
/
/
/
/
/
/
/


1113, cui corrisponde il duale del torneo precedente.
1122, cui corrisponde lunico torneo hamiltoniano di ordine 4


@
@
@
@
@
@
@

~
~
~
~
~
~
~

Osservazione 4.3.13. 1. Il numero di tornei etichettati di ordine n


con un ssato insieme di vertici `e 2
(
n
2
)
.
111
2. E stato dimostrato che il rapporto tra il numero di tornei hamil-
toniani (non isomor) di ordine n ed il numero di tornei riducibili
(non isomor) di ordine n tende a 1, per n . Per questo
motivo, si dice che quasi tutti i tornei sono hamiltoniani.
4.4 Matrici associate ad un digrafo
Denizione 4.4.1. Sia D un grafo orientato semplice con n vertici
v
1
, . . . , v
n
etichettati e ordinati secondo lordinamento naturale degli in-
dici. Si chiama matrice di adiacenza di D la matrice M(D) = (m)
ij=1,...,n
dove
m
ij
=
_
1 se

v
i
v
j
A(D)
0 altrimenti
Denizione 4.4.2. Sia D un grafo orientato semplice con n vertici
v
1
, . . . , v
n
ed m archi x
1
, . . . , x
m
etichettati e ordinati. Si chia-
ma matrice di incidenza vertici-lati associata a D la matrice B(D) =
(b) i=1,...,n
j=1,...,m
dove
b
ij
=
_

_
1 se esiste v V (D) tale che x
j
=

vv
i
1 se esiste v V (D) tale che x
j
=

v
i
v
0 altrimenti
Osservazione 4.4.3. 1. Nella matrice B(D), la somma dei termini
di ogni colonna `e 0 (1+(-1)). Sulla i-esima riga c`e una sorta di
bilancio tra archi uscenti da v
i
ed archi entranti in v
i
.
2. Se G `e il grafo non orientato associato ad un grafo orientato uni-
voco D, si ha che
M(G) = M(D)+M(D)
t
, dove M(G) `e la matrice di adiacenza
associata a G;
B(G) = [B(D)[, dove B(G) `e la matricie di incidenza vertici-
lati associata a G e [B(D)[ rappresenta la matrice i cui termini
sono i valori assoluti dei termini di B(D).
112
Denizione 4.4.4. Si chiama matrice albero di un grafo non orientato
G, con insieme di vertici v
1
, . . . , v
n
, la seguente matrice
A(G) = D[deg(v
1
) . . . deg(v
n
)] M(G).
dove D[deg(v
1
) . . . deg(v
n
)] `e la matrice diagonale dei gradi dei vertici di
G.
Quindi, la matrice albero di un grafo non orientato G si ottiene cam-
biando di segno tutti i termini di M(G) e sostituendo ai termini, tutti
nulli, della diagonale i gradi dei vertici di G. Naturalmente, per come `e
costruita, la matrice albero `e simmetrica.
Proposizione 4.4.5. Siano G un grafo non orientato e D un qualsiasi
grafo orientato univoco associato a G. Allora A(G) = B(D)B(D)
t
.
DIMOSTRAZIONE.
Si osservi che le colonne di B(D)
t
sono le righe di B(D). Combinando
con se stessa li-esima riga di B(D) si ottiene 1 + 1 + . . . + 1, tante
volte quanti sono gli archi di D che hanno v
i
come estremo, cio`e deg(v
i
).
Combinando, invece, due righe distinte, relative agli estremi v
i
e v
j
di
un arco, il risultato `e -1, in quanto solo sulla colonna relativa allarco di
estremi v
i
e v
j
entrambe le righe hanno i termini non nulli (precisamente
1 e -1).
Proposizione 4.4.6. Sia D un grafo orientato. Allora si ha che:
1. Le righe di B(D) sono linearmente dipendenti e in particolare la
somma delle righe `e nulla.
2. Le righe di B(D) relative ai vertici di una componente (debol-
mente) connessa di D sono linearmente dipendenti. In particolare,
la somma di tali righe `e nulla.
DIMOSTRAZIONE.
1. Si osservi che nella j-esima colonna, i due soli termini non nulli sono
1 e -1 (i quali si trovano sulle righe corrispondenti ai due estremi
dellarco x
j
). Pertanto, la somma delle righe di B(D) `e nulla.
113
2. Si consideri una qualsiasi componente connessa di D e si supponga
che sia individuata da un certo insieme di vertici v
1
, . . . , v
p
(ci
si pu`o sempre ricondurre a questa situazione mediante una permu-
tazione dei vertici e quindi con un cambiamento dellordine delle
righe che non ne altera la dipendenza). Si ssi la colonna j-esima
della matrice B(D). Se larco x
j
non appartiene alla componente
connessa ssata, allora nella j-esima colonna vi sono tutti 0 in cor-
rispondenza dei vertici v
1
, . . . , v
p
. Se, invece, larco x
j
appartiene
alla componente connessa ssata, allora nella j-esima colonna vi
sono due termini non nulli, 1 e -1, in corrispondenza di due vertici
tra v
1
, . . . , v
p
(gli estremi dellarco x
j
). Il risultato della somma
delle righe relative ai vertici v
1
, . . . , v
p
`e comunque 0.
Proposizione 4.4.7. Sia D un grafo orientato associato ad un
albero T di ordine n. Allora B(D) `e una matrice di ordine (n(n
1)) e i suoi minori di ordine massimo, n 1, hanno determinante
uguale a 1.
DIMOSTRAZIONE.
Essendo T un albero con n vertici, esso avr`a n1 lati e quindi B(D)
`e una matrice di ordine (n (n 1)). Si ricordi che un albero ha
almeno due foglie. Si indichi con K la matrice quadrata di ordine
n 1, ottenuta eliminando da B(D) la k-esima riga, quella, cio`e,
relativa al vertice v
k
. I vertici e gli archi di D si possono riordinare
secondo il seguente criterio: sia w
1
,= v
k
una foglia di T e sia x
1
larco di D con estremo in w
1
. Se n = 2, si pone w
2
= v
k
e si ha
subito la tesi.
Se, invece n > 2, si consideri lalbero T
1
= T w
1
, che si ottiene
eliminando da T la foglia w
1
e, naturalmente, il lato x
1
. Sia allora
w
2
,= v
k
una foglia di T
1
e sia x
2
larco di T
1
con estremo in w
2
.
Si procede in questo modo, no a porre w
n
= v
k
. Indicato con
D

il grafo orientato ottenuto da D mediante la nuova etichettatu-


ra dei vertici e degli archi, `e evidente che B(D

) `e ottenibile da
B(D) con una permutazione delle righe ed una permutazione delle
114
colonne. In particolare, il minore N ottenuto da B(D

) eliminan-
do ln-esima riga `e ottenibile da K, permutando opportunamente
righe e colonne. Pertanto [det(K)[ = [det(N)[. Daltra parte, `e ev-
idente che N `e una matrice triangolare inferiore con i termini della
diagonale uguali a 1
N =
_
_
_
_
_
_
1 0 . . . 0
. . . 1 0 . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
. . . . . . . . . 1
_
_
_
_
_
_
Quindi [det(N)[ = 1 e dallarbitrariet`a di k n

segue la tesi.
115
Capitolo 5
Alcuni problemi
5.1 Contare i gra
In questo capitolo si far`a riferimento esclusivamente a gra e digra
semplici.
Teorema 5.1.1. Il numero totale di gra semplici (non orientati) etichet-
tati con n vertici `e 2
(
n
2
)
.
DIMOSTRAZIONE.
Fissati n vertici v
1
, . . . , v
n
, il numero dei lati che si possono considerare `e
uguale al numero di sottoinsiemi di ordine 2 di v
1
, . . . , v
n
, cio`e
_
n
2
_
. Per
ciascuno di essi, nel costruire il generico grafo di ordine n, si possono fare
due scelte libere: inserirlo o meno nel grafo. Quindi complessivamente,
le scelte possibili sono 2
(
n
2
)
.
Proposizione 5.1.2. Il numero di gra etichettati con n vertici ed m
lati `e
_
(
n
2
)
m
_
.
DIMOSTRAZIONE.
Il generico grafo con n vertici ed m lati si costruisce scegliendo m dei
possibili
_
n
2
_
lati. Questa operazione si pu`o fare in
_
(
n
2
)
m
_
modi distinti.
Le considerazioni appena fatte si estendono ai digra, per i quali si
hanno i seguenti risultati.
116
Proposizione 5.1.3. 1. Il numero di digra semplici con n vertici `e
2
(n)
2
= 4
(
n
2
)
.
2. Il numero di digra univoci con n vertici `e 3
(
n
2
)
.
3. Il numero di digra semicompleti con n vertici `e 3
(
n
2
)
.
4. Il numero di tornei con n vertici `e 2
(
n
2
)
.
DIMOSTRAZIONE.
1. Il generico digrafo semplice su n vertici ssati si pu`o costruire
scegliendo, per ognuna delle coppie ordinate (u, v) di vertici dis-
tinti, se inserire o meno il corrispondente arco: si hanno quindi due
scelte per ognuno degli (n)
2
possibili archi, da cui il numero dei
digra `e 2
(n)
2
= 4
(
n
2
)
.
Alternativamente, per ogni insieme di cardinalit`a due di vertici
u, v, ci sarebbero quattro scelte: nessun arco, solo

uv, solo

vu o
entrambi. Cos` si ottiene 4
(
n
2
)
.
2. Per costruire il generico digrafo univoco su n vertici, si considerano
tutti i possibili sottoinsiemi di cardinalit`a due u, v e per ciascuno
si opera una scelta tra le tre possibili: non inserire alcun arco,
inserire

uv o inserire

vu. Si ottengono cos` 3
(
n
2
)
gra univoci.
3. A partire dal grafo completo K
n
, si sceglie una delle due possibili
orientazioni per ciascuno dei suoi
_
n
2
_
lati. Si ottengono cos` 2
(
n
2
)
tornei.
Proposizione 5.1.4. 1. Il numero di digra semplici con n vertici ed
m archi `e
_
(n)
2
m
_
.
2. Il numero di digra univoci con n vertici ed m archi `e 2
m
_
(
n
2
)
m
_
.
DIMOSTRAZIONE.
117
1. Il generico digrafo semplice cercato `e univocamente determinato
dalla scelta di m archi tra gli (n)
2
possibili, da cui si ha la tesi.
2. Il generico digrafo univoco richiesto si pu`o costruire considerando
uno degli
_
(
n
2
)
m
_
gra semplici con m lati e scegliendo per ognuno
dei suoi m lati una delle due possibili orientazioni. La tesi segue,
quindi, banalmente.
Osservazione 5.1.5. I precedenti risultati forniscono le seguenti iden-
tit`a:

(
n
2
)
m=0
_
(
n
2
)
m
_
= 2
(
n
2
)
;

(n)
2
m=0
_
(n)
2
m
_
= 2
(n)
2
;

(
n
2
)
m=0
2
n
_
(
n
2
)
m
_
= 3
(
n
2
)
.
Tali identit` a sono, peraltro, facilmente deducibili tramite lo sviluppo
delle seguenti potenze, nellordine:
(1 + 1)
(
n
2
)
, (1 + 1)
(n)
2
, (1 + 2)
(
n
2
)
.
Teorema 5.1.6. (Binet.) Siano A M((n, m), K) e B M((m, n), K),
con K campo e n m. Siano P
i
e Q
i
, con 1 i
_
m
n
_
, i minori di
ordine massimo, n, di A e B rispettivamente, in modo tale che Q
i
sia il
minore corrispondente a P
i
(cio`e Q
i
`e il minore di B formato dalle righe
corrispondenti alle colonne di A che formano P
i
).
Allora det(AB) =

(
m
n
)
i=1
P
i
Q
i
.
Teorema 5.1.7. Sia A una matrice quadrata tale che la somma delle
righe sia nulla e la somma delle colonne sia nulla. Allora tutti i cofattori
di A sono uguali.
Si ricordi che il cofattore della coppia (i, j) `e denito nel modo sguente

ij
= (1)
i+j
det(A
ij
), dove A
ij
`e la matrice quadrata ottenuta da A
sopprimendo la i-esima riga e la j-esima colonna.
Sfruttando i due teoremi di algebra lineare appena richiamati, si pu`o
calcolare il valore dei cofattori della matrice albero di un grafo.
118
Denizione 5.1.8. Sia G un grafo non orientato di ordine n. Si dice
albero ricoprente contenuto in G un qualsiasi albero che sia sottografo
ricoprente di G.
Naturalmente, se un grafo non `e connesso, non pu`o avere un albero
ricoprente.
Teorema 5.1.9. Sia G un grafo connesso di ordine n. Sia A = A(G)
la matrice albero di G. Allora i cofattori di A sono tutti uguali ed il loro
valore coincide con il numero di alberi ricoprenti contenuti in G.
DIMOSTRAZIONE.
Si ricordi che A = D[deg(v
1
) . . . deg(v
n
)] M(G). Li-esima riga di A ha
deg(v
i
) in corrispondenza delli-esima colonna, poi tanti termini uguali
a -1, quanti sono i vertici di G adiacenti a v
i
e i restanti termini nulli.
Quindi, poich`e questo vale per ogni riga, cio`e per ogni i n

, si ha che la
somma delle righe di A `e uguale a 0. Inoltre, essendo A simmetrica, `e 0
anche la somma delle colonne. Per il teorema precedente si ha che tutti
i cofattori sono uguali tra loro. Si calcoli, allora,
11
= det(A
11
). Sia
D un grafo orientato associato a G; si `e provato che A = B(D)B(D)
t
.
Indicata con B
1
(D) la matrice ottenuta da B(D) eliminando la prima
riga, quella, cio`e, relativa a v
1
, si ha che A
11
= B
1
(D)B
1
(D)
t
. Si osservi
che B
1
(D) `e una matrice reale ((n 1) m), dove m `e il numero di lati
di G (m n1, in quanto G `e connesso). Quindi applicando il teorema
di Binet si ha che

11
= det(A
11
) = det(B
1
(D)B
1
(D)
t
) =

(
m
n1
)
i=1
P
2
i
()
dove P
i
, per ogni 1 i
_
m
n1
_
, `e un minore di ordine n 1 di B
1
(D).
Sia ora F la matrice relativa al generico P
i
; le colonne di F corrispondono
ad n 1 archi di D i quali determinano, insieme agli n vertici di D, un
sottografo ricoprente di D, che sar`a indicato con H. Naturalmente F
`e formata dalle righe di B(H) relative ai vertici di D diversi da v
1
. Se
H `e debolmente connesso, allora il grafo associato `e un albero e, per un
teorema gi`a visto, si ha che P
i
= det(F) = 1. Se H, invece,`e debolmente
sconnesso (quindi non `e associato ad un albero), esiste una componente
119
connessa di H che non contiene v
1
. I vertici di una siatta componente
determinano righe dipendenti di B(H), che sono anche righe di F. Allora
le righe di tutto F sono dipendenti e quindi P
i
= det(F) = 0. Allora,
i minori P
i
non nulli che compaiono nella formula () sono tanti quanti
gli alberi ricoprenti contenuti in G e sono tutti uguali a 1. Quindi

11
= 1 +. . . + 1
. .
rvolte
, dove r `e il numero di alberi ricoprenti contenuti in
G.
Esempio 5.1.10. Si consideri il seguente grafo connesso G.
1 2
5
B
B
B
B
B
B
B
B
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
4 3
La matrice albero di G `e:
A(G) =
_
_
_
_
_
_
_
_
3 1 0 1 1
1 2 0 0 1
0 0 1 1 0
1 0 1 3 1
1 1 0 1 3
_
_
_
_
_
_
_
_
Si calcoli ora il determinante di un qualsiasi minore, ad esempio
det(A
11
) =
_
_
_
_
_
2 0 0 1
0 1 1 0
0 1 3 1
1 0 1 3
_
_
_
_
_
= 8
In base al teorema precedente, gli alberi ricoprenti contenuti in G sono
8. In eetti, si tratta degli alberi sotto elencati.
120
1 2
5
B
B
B
B
B
B
B
B
4 3
1 2
5
B
B
B
B
B
B
B
B
|
|
|
|
|
|
|
|
4 3
1 2
5
|
|
|
|
|
|
|
|
4 3
1 2
5
B
B
B
B
B
B
B
B
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
4 3
1 2
5
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
4 3
1 2
5
B
B
B
B
B
B
B
B
|
|
|
|
|
|
|
|
4 3
1 2
5
|
|
|
|
|
|
|
|
4 3
1 2
5
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
4 3
Teorema 5.1.11. (Cayley,1889.) Il numero di alberi etichettati con n
vertici `e n
n2
.
DIMOSTRAZIONE.
Per 1 n 2, la verica `e banale. Si supponga, allora, n 3.
Si osservi che il numero di alberi etichettati con n vertici `e uguale al
numero degli alberi ricoprenti contenuti nel grafo completo K
n
, avente
gli stessi vertici etichettati. Per un teorema gi`a visto, tale numero `e
uguale ad uno qualsiasi dei cofattori della matrice albero di K
n
. Indicata
con A tale matrice, la quale ha ordine n, si calcoli det(A
11
), ossia il
determinante della matrice quadrata A
11
, ottenuta eliminando la prima
riga e la prima colonna da A.
A =
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
n 1 1 . . . . . . 1
1 n 1 1 . . . . . .
.
.
. 1
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
. . . . . . . . . . . . 1
1 . . . . . . 1 n 1
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
121
A
11
`e dello stesso tipo di A, ma di ordine n 1
A
11
=
_
_
_
_
_
_
_
_
n 1 1 . . . 1
1 n 1 . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
. . . . . . . . . 1
1 . . . 1 n 1
_
_
_
_
_
_
_
_
Per calcolarne il determinante, si pu`o procedere, ad esempio, sottraendo
la prima riga a tutte le altre righe, ottenendo in tal modo:
det(A
11
) =

n 1 1 . . . . . . 1
n n 0 . . . 0
n 0 . . . . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
. . . . . . . . . . . . 0
n 0 . . . 0 n

Aggiungendo, inne, alla prima colonna la somma delle restanti n 2 si


ha
det(A
11
) =

1 1 . . . . . . 1
0 n 0 . . . 0
. . . 0 n . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
. . . . . . . . . . . . 0
0 0 . . . . . . n

= n
n2
Corollario 5.1.12. n
n2

_
(
n
2
)
n1
_
, per ogni n N.
Inoltre, luguaglianza si verica se e solo se 1 n 3.
DIMOSTRAZIONE.
Si `e appena provato che n
n2
`e il numero di alberi etichettati con n
vertici e, di conseguenza, con n 1 lati. Daltra parte, `e stato anche
dimostrato che
_
(
n
2
)
n1
_
rappresenta il numero di gra etichettati con n
vertici ed n1 lati. Quindi questultimo numero non pu`o essere inferiore
122
ad n
n2
, poich`e comprende anche i gra di ordine n che non sono alberi.
Ne segue la prima parte della tesi.
Inoltre, per n 4, esistono gra non connessi con n 1 lati; ad
esempio, basta considerare un vertice isolato con un circuito formato
dagli altri n 1 vertici.
Unapplicazione dei risultati ottenuti nel capitolo 3, relativamente alle
congurazioni, `e proprio quella di contare classi di gra invarianti per un
gruppo di permutazioni sui vertici, pensando ai gra come congurazioni
in cui i posti sono i possibili lati ( i lati sullinsieme dei vertici) e come
tipi di gure loperazione di mettere (1) o non mettere (0) un certo lato
nel grafo.
Sia V = v
1
, . . . , v
n
. Si consideri S = V
(2)
come insieme dei posti e
T = 0, 1 come insieme di tipi di gure. Ogni congurazione f : S T
rappresenta un grafo i cui n vertici sono gli elementi di V e tale che, per
ogni v
i
, v
j
V , v
i
`e adiacente a v
j
se e solo se f v
i
, v
j
= 1.
Sia A S
n
(V ); si consideri il gruppo di trasformazioni A
(2)
S
(
n
2
)
(S)
che A induce su S mediante la corrispondenza che ad A associa

(2)
A
(2)
denita da
(2)
(v
i
, v
j
) = (v
i
), (v
j
), per ogni v
i
, v
j
V .
Si prova agevolmente, infatti, che
(2)
`e una permutazione di S.
Infatti, siano x, x

, y, y

V tali che
(2)
(x, y) =
(2)
(x

, y

), cio`e
(x), (y) = (x

), (y

). Allora (x) (x

), (y

); quindi (x) =
(x

) oppure (x) = (y

), per cui x = x

o x = y

.
Analogamente (y) (x

), (y

) e dunque y = x

oppure y = y

.
Si ha dunque che x, y = x

, y

, per cui
(2)
A
(2)
S
(
n
2
)
(S).
Si pu`o provare altrettanto facilmente che A
(2)
=
_

(2)
[ A
_
`e un
sottogruppo di S
(
n
2
)
(S). Infatti, siano , A; allora, per ogni x, y V ,
(
(2)

(2)
)(x, y) = ((x)), ((y)) = ( )
(2)
(x, y). Quindi

(2)

(2)
A
(2)
e cio`e A
(2)
`e stabile.
Una classe di congurazioni relativa ad A
(2)
`e costituita dai gra isomor
ad un ssato grafo, rispetto ad una delle permutazioni di A, cio`e da una
classe di gra invariante per A.
Esempio 5.1.13. 1. Se A = S
n
(V ), una classe di congurazioni rel-
ativa a S
(2)
n
`e costituita dai gra isomor ad un grafo, attraverso
123
una pemutazione qualsiasi di S
n
(V ). Come si `e gi`a osservato, tale
classe di gra `e detta grafo non etichettato.
Si noti che S
(2)
n
non coincide in generale con S(V
(2)
).
2. Se A = E
n
, il gruppo indotto su S `e E
(
n
2
)
(infatti [S[ =
_
n
2
_
).
Allora, per eetto di E
(
n
2
)
, ogni congurazione `e equivalente solo
a se stessa, per cui ogni classe di congurazioni `e costituita da un
solo grafo. Tali classi deniscono formalmente quelli che si sono
gi`a chiamati gra etichettati.
In generale,calcolare il gruppo A
(2)
indotto da A `e unoperazione com-
plicata, per cui si esaminer`a solo il caso pi` u semplice, in cui A = E
n
. In
realt`a, per esemplicare lapplicazione della teoria di Polya al calcolo del
numero di classi di gra, si riotterr`a, per altra via, alcuni risultati gi`a
visti allinizio del paragrafo. Tornando ad esaminare le congurazioni,
con cui si `e visto che si possono rappresentare i gra, si consideri su T la
funzione peso w tale che w(1) = (1, 0) e w(0) = (0, 1). Allora, il peso di
una congurazione f `e dato da
W(f) =

{v
i
,v
j
}S
x
w
1
(f{v
i
,v
j
})
y
w
2
(f{v
i
,v
j
})
dove, per come `e denita w, la coppia ordinata degli esponenti sar`a (1, 0)
se v
i
e v
j
sono adiacenti, (0, 1) altrimenti. Allora, complessivamente,
nel monomio W(f), lesponente di x `e uguale al numero dei lati del
grafo corrispondenti alla congurazione f e lesponente di y `e uguale
alla dierenza tra il numero di tutti i lati possibili e il numero di quelli
eettivamente presenti.
Il monomio x
m
y
(
n
2
)
m
corrisponde alla situazione in cui, su n vertici
etichettati siano stati costruiti esattamente m lati. Volendo, ora, contare
gra etichettati con n vertici, cio`e classi di congurazioni invarianti per
E
(
n
2
)
, tramite il teorema di Polya. basta osservare che il polinomio dei
cicli di E
(
n
2
)
`e Z(E
(
n
2
)
) = a
(
n
2
)
1
ed il polinomio delle gure `e c(x, y) =
x+y. Applicando il teorema di Polya e il binomio di Newton, si ha che il
polinomio delle congurazioni `e C(x, y) = Z(E
(
n
2
)
; x+y, x
2
+y
2
, . . . , x
6
+
y
6
) = (x +y)
(
n
2
)
=

(
n
2
)
m=0
_
(
n
2
)
m
_
x
m
y
(
n
2
)
m
.
124
Da ci`o si ricava che il numero di gra etichettati con n vertici ed m
lati `e dato dal coeciente binomiale
_
(
n
2
)
m
_
.
Per n = 4, il polinomio che conta i gra etichettati con 4 vertici `e
g
4
(x, y) = y
6
+ 6xy
5
+ 15x
2
y
4
+ 20x
3
y
3
+ 15x
4
y
2
+ 6x
5
y + x
6
. Quindi ci
sono:
1 grafo senza lati;
6 gra con un lato;
15 gra con due lati;
20 gra con tre lati;
15 gra con quattro lati;
6 gra con cinque lati;
1 grafo con sei lati.
Per contare i gra non etichettati con 4 vertici utilizzando il teorema
di Polya, `e necessario determinare il gruppo S
(2)
4
di permutazioni sul-
linsieme dei 6 possibili lati e, pi` u precisamente, il suo gruppo dei cicli.
Un paziente , ma elementare conteggio consente di vericare che le 24
permutazione di S
(2)
4
si suddividono nel seguente modo:
1 permutazione con sei 1-cicli;
9 permutazioni con due 1-cicli e due 2-cicli;
6 permutazioni con un 2-ciclo ed un 4-ciclo;
8 permutazioni con due 3-cicli.
Quindi Z(S
(2)
4
) =
1
24
(a
6
1
+ 9a
2
1
a
2
2
+ 6a
2
a
4
+ 8a
2
3
). Il polinomio delle con-
gurazioni `e in tal caso C(x, y) = Z(S
(2)
4
; x + y, x
2
+ y
2
, . . . , x
6
+ y
6
) =
1
24
((x + y)
6
+ 9(x + y)
2
(x
2
+ y
2
)
2
+ 6(x
2
+ y
2
)(x
4
+ y
4
) + 8(x
3
+ y
3
)
2
) =
y
6
+ xy
5
+ 2x
2
y
4
+ 3x
3
y
3
+ 2x
4
y
2
+ x
5
y +x
6
.
125
Se ne deduce in modo ovvio la lista dei gra non etichettati con 4
vertici che viene qui riportata; si pu`o anche notare, facendo un confronto
con la lista dei gra etichettati, quanti di questi ultimi rappresentano
ciascuno dei gra non etichettati.
1 grafo senza lati (ha un solo rappresentante etichettato).


1 grafo con un solo lato (ha sei rappresentanti etichettati).


2 gra con due lati (il primo ha tre rappresentanti: infatti ci sono
sei scelte per un lato e la scelta del secondo `e unica, ma in questo
modo ogni grafo si ottiene con due diverse scelte iniziali; il secondo
ha dodici rappresentanti: infatti si pu`o pensare di scegliere in 4
modi il vertice di grado 2 e, successivamente, nei tre modi possibili,
quello di grado 0).




3 gra con tre lati (il primo ha quattro rappresentanti: ciascuno
corrisponde alla scelta del vertice isolato; il secondo ne ha dodici:
126
ciascuno `e un cammino che si pu`o determinare scegliendo i due
estremi, nei sei modi possibili, per poi scegliere labbinamento con
gli altri due, nei due modi possibili; il terzo ne ha quattro: ciascuno
corrisponde alla scelta del vertice di grado tre).

?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?






















2 gra con quattro lati (il primo ha tre rappresentanti; il secondo
ne ha dodici).

?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?


1 grafo con cinque lati (ha sei rappresentanti).

?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?


1 grafo con sei lati (ha un solo rappresentante).

?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?


















127
5.2 Ricostruire i gra
In questa paragrafo considereremo gra semplici non etichettati, an-
che se spesso elencheremo i loro vertici, in quanto esprimeremo i concetti
che ci interessano utilizzando gra (etichettati) che rappresentano quelli
non etichettati i quali, ricordiamo, sono classi di isomorsmo di gra.
Per motivi che tra poco vedremo, considereremo sempre, anche quando
non lo diciamo esplicitamente, gra con almeno tre vertici.
Denizione 5.2.1. Sia G un grafo semplice di vertici v
1
, . . . , v
n
. Si
chiama carta di G ogni grafo di ordine n 1 che sia isomorfo a Gv
i
,
per qualche vertice v
i
V (G). In particolare, si chiama carta di G
relativa al vertice v il sottografo Gv.
Osservazione 5.2.2. 1. Se G ha n vertici, allora ha n carte; queste
costituiscono una famiglia e non un insieme, in quanto alcune di
esse possono coincidere.
2. Sia G
n
un grafo e sia
_
G
(1)
, . . . , G
(n)
_
la famiglia delle sue carte.
E possibile etichettare G
n
in modo che G
(i)

= G
n
v
i
, per ogni
i n

.
Denizione 5.2.3. Dati due gra G ed H, si dice ipomorsmo da G in
H ogni funzione bigettiva f : V (G) V (H) tale che Gv

= H f(v),
per ogni v V (G).
Denizione 5.2.4. Due gra G ed H si dicono ipomor, e si indica
G H, se esiste un ipomorsmo tra di essi.
Osservazione 5.2.5. 1. Due gra ipomor hanno carte isomorfe.
2. `e una relazione di equivalenza.
Vale, ovviamente, che gra isomor sono anche ipomor.
Limplicazione inversa `e un problema della teoria dei gra che rimane
tuttora aperto ed `e oggetto della ben nota congettura della ricostruzione,
dovuta a P.S. Kelly e S.M. Ulam (1942), secondo la quale, dati due
qualsiasi gra semplici G ed H di ordine n 3:
128
G ipomorfo ad H se e solo se G isomorfo ad H.
Per n = 1, 2, la congettura non si pone. Infatti, per n = 1, c`e un
solo vertice e quindi un solo grafo; lequivalenza precedente `e vericata
banalmente. Per n = 2, i possibili gra sono i seguenti

Tale gra sono ipomor, ma non isomor; quindi la congettura `e falsa.
Per n = 3, i possibili gra etichettati sono i seguenti
(1)

(2)
~
~
~
~
~
~
~
~

(3)
~
~
~
~
~
~
~
~
=
=
=
=
=
=
=
=

(4)
~
~
~
~
~
~
~
~
=
=
=
=
=
=
=
=

Si considerino ora le loro carte:
Grafo (1):

Grafo (2):

Grafo (3):

Grafo (4):

Due qualsiasi di questi gra non sono ipomor e quindi non sono isomor;
la congettura `e dunque vericata, per n = 3.
Denizione 5.2.6. Sia ( la classe di tutti i gra e sia T ( una
qualsiasi classe di gra. T si dice ricostruibile se si verica limplicazione
129
G T, H ( e H G H T.
Denizione 5.2.7. Un propriet` a graca p si dice ricostruibile se si
verica limplicazione
G ha la propriet` a p e G H H ha la propriet` a p;
ci`o si esprime anche dicendo che p `e un invariante ipomorfo.
Denizione 5.2.8. Un grafo G `e ricostruibile nella classe T ( se
G T e si verica limplicazione: H T e H G H

= G.
Un grafo ricostruibile nella classe ( di tutti i gra si dice ricostruibile.
Osservazione 5.2.9. Se la classe T `e ricostruibile e G T, allora: G
`e ricostruibile se e solo se G `e ricostruibile in T.
Denizione 5.2.10. Sia T (; Si dice che T `e una classe di gra
ricostruibili se ogni suo grafo `e ricostruibile.
Osservazione 5.2.11. Ogni classe di gra ricostruibili `e ricostruibile.
Infatti, si ricordi che si tratta di gra non etichettati e quindi di classi di
gra chiuse per isomorsmi.
Con le nuove denizioni, la congettura della ricostruzione pu`o essere
riformulata in questo modo:
ogni grafo semplice con almeno tre vertici `e ricostruibile.
Il problema che essa pone `e quello di vericare se la conoscenza delle carte
di un grafo G sia suciente per individuare il grafo G. La congettura
della ricostruzione non `e stata ancora risolta. Pi` u avanti si vedr`a che
lanaloga congettura per gra orientati `e stata smentita.
Sono stati provati, per`o, alcuni risultati parziali che appartengono ad
una di queste due categorie:
(1) risultati riguardanti lesistenza di classi ricostruibili di gra, ovvero
di propriet`a o caratteristiche ricostruibili;
(2) risultati che mostrano lesistenza di classi (ovviamente ricostru-
ibili) di gra ricostruibili.
130
Proposizione 5.2.12. Un grafo semplice con almeno tre vertici `e ri-
costruibile se e solo se il suo complemento `e ricostruibile.
DIMOSTRAZIONE.
Siano G un grafo semplice, G

il suo complemento e G
(1)
, . . . , G
(n)
le
sue carte. Sia

H un grafo ipomorfo a G

. Osserviamo che le carte del


complemento di un grafo sono i complementi delle carte di tale grafo.
Allora, indicando con G
(i)
il complemento di G
(i)
, si ha che G
(1)
, . . . , G
(n)
sono le carte sia di G che di

H

, complemento di

H. Quindi

H

`e ipomorfo
a G e, dunque, per lipotesi,

H


= G; allora anche i complementi sono
isomor, cio`e

H

= G

. Ci`o prova che G

`e ricostruibile.
Teorema 5.2.13. 1. Se G ed H sono gra ipomor, allora [V (G)[ =
[V (H)[.
2. Se G ed H sono gra ipomor, allora [L(G)[ = [L(H)[.
DIMOSTRAZIONE.
1. Poich`e esiste un ipomorsmo da G in H e poich`e questo `e una
bigezione da V (G) in V (H), si ottiene banalmente che [V (G)[ =
[V (H)[. Dunque, il numero di vertici di un qualsiasi grafo `e ri-
costruibile.
Da un diverso punto di vista si osservi che, dato G, tutte le sue carte
G
(i)
, con i n

, dove n = [V (G)[, hanno n 1 vertici e si ha che


[V (G)[ = (

V (G
(i)
)

+ 1)
_
[
V (G
(i)
)
[
[
V (G
(i)
)
[
_
=
1
[
V (G
(i)
)
[

n
i=1

V (G
(i)
)

=
1
n1

n
i=1

V (G
(i)
)

. Quindi [V (G)[ `e deducibile dalle carte.


2. Sia f un ipomorsmo da G in H. Ogni lato di G appartiene a
tutte le carte, escluse quelle relative ai suoi estremi e quindi si
trova in [V (G)[ 2 carte. Analogamente, ogni lato di H appartiene
a [V (H)[ 2 carte. Quindi, poich`e G v

= H f(v), per ogni
v V (G), risulta che
[L(G)[ ([V (G)[ 2) =

vV (G)
[L(Gv)[ =

vV (G)
[L(H f(v))[ =

wV (H)
[L(H w)[ =
[L(H)[ ([V (H)[ 2),
131
da cui [L(G)[ = [L(H)[, essendo 2 ,= [V (G)[ = [V (H)[. Dunque, il
numero dei lati di un grafo `e ricostruibile.
Procedendo diversamente, si consideri L(G
(i)
), linsieme dei lati
della carta i-esima, per ogni i n

. Sommando il numero di lati di


ciascuna carta, ogni lato `e contato n 2 volte. Pertanto [L(G)[ =
1
n2

n
i=1

L(G
(i)
)

. Quindi [L(G)[ `e deducibile dalle carte.


Denizione 5.2.14. Siano G e Q gra. Con s
Q
(G) indichiamo il nu-
mero di sottogra di G isomor a Q.
Teorema 5.2.15. (P.J. Kelly, A congruence theorem for trees, Pacic
J.Math;7(1957), 961-968 ) Se G ed H sono ipomor e se Q `e un grafo
tale che [V (Q)[ < [V (G)[, allora s
Q
(G) = s
Q
(H).
DIMOSTRAZIONE.
Sia f un ipomorsmo da G in H. Ogni sottografo di G isomorfo a Q
`e contenuto in [V (G)[ [V (Q)[ carte di G e, analogamente, ogni sot-
tografo di H isomorfo a Q `e contenuto in [V (H)[ [V (Q)[ carte di
H. Quindi, essendo G v

= H f(v), per ogni v V (G), si ha
che s
Q
(G)([V (G)[ [V (Q)[) =

vV (G)
s
Q
(G v) =

vV (G)
s
Q
(H
f(v)) =

wV (H)
s
Q
(Hw) = s
Q
(H)([V (H)[[V (Q)[), poich`e [V (Q)[ <
[V (G)[ = [V (H)[. Dunque s
Q
(G) = s
Q
(H).
Vale pertanto che s
Q
(G) =
1
nq

n
i=1
s
Q
(G
(i)
), dove G
(i)
sono le carte
di G.
Si osservi che il sottografo Q non si trova nelle carte di G relative ai
vertici di Q.
Il teorema precedente, che richiede lipotesi [V (Q)[ < [V (G)[, pu`o
essere esteso dal seguente teorema.
Teorema 5.2.16. (W.T. Tutte, All the kings horses. A guide recon-
struction, in Graph Theory and Related Topics, J.A. Bondy and U.S.R.
Murty, Academic Press, New York, 1979. 15-33) Siano G ed H gra
ipomor e sia Q un grafo tale che [V (Q)[ = [V (G)[. Allora:
1. s
Q
(G) = s
Q
(H), se Q `e connesso.
2. s
Q
(G) = s
Q
(H), se Q `e un circuito.
132
3. s
Q
(G) = s
Q
(H), se Q `e un cammino.
Pertanto, si pu`o ricostruire il numero di circuiti e di cammini hamil-
toniani e quindi dalle carte di G si pu`o vedere se G `e hamiltoniano.
Teorema 5.2.17. Se due gra sono ipomor, allora sono entrambi con-
nessi o entrambi sconnessi.
DIMOSTRAZIONE.
Si osservi che valgono le seguenti implicazioni:
(a) se G, con n 2 vertici, `e connesso, allora esistono almeno due carte
connesse;
(b) se G, con n 3 vertici, `e sconnesso, allora esiste al pi` u una carta
connessa.
(a) Si procede per induzione su n.
Sia n = 2; allora V (G) = x, y e le carte Gx e Gy sono sconnesse.
Si supponga la tesi vera per 2 k n e la si provi per n = k + 1.
Sia v V (G). Se G v `e connesso, siano (G v) x e (G v) y
due carte connesse di G v. Allora, se vx L(G), G y `e connesso;
altrimenti G x `e connesso. In ogni caso, G ha almeno unaltra carta
connessa, oltre Gv.
Se G v `e sconnesso, siano A
1
, . . . , A
r
, con r 2, le sue componenti
connesse. Allora, per ogni i r

esiste a
i
A
i
tale che a
i
v L(G).
Se [V (A
i
)[ = 1, allora G a
i
`e connesso. Se 2 [V (A
i
)[ k, esistono
x
i
, y
i
A
i
tali che A
i
x
i
e A
i
y
i
sono connessi. Se x
i
= a
i
, G y
i
`e
connesso; altrimenti Gx
i
`e connesso.
In ogni caso esistono almeno r 2 carte connesse di G.
(b) Si osservi che la condizione n 3 `e necessaria in quanto per n = 2 le
carte sono due punti e quindi sono connesse.
Se G `e sconnesso, allora ha un certo numero t 2 di componenti con-
nesse. Siano A
1
, . . . , A
t
le componenti connesse di G.
Se t 3, allora, ovviamente, ogni carta `e sconnessa. Se t = 2 e se
min[V (A
1
)[ , [V (A
2
)[ 2, di nuovo ogni carta `e sconnessa. Se, invece,
A
1
= v, G v `e connesso; ma, poich`e [V (A
2
)[ 2, ogni altra carta `e
sconnessa.
133
Poich`e due gra ipomor hanno lo stesso numero di carte connesse, allora
o sono entrambi connessi, se tale numero `e almeno due, o sono entrambi
sconnessi, se questo numero `e al pi` u uno.
Teorema 5.2.18. Un grafo G con almeno due vertici e ipomorfo ad un
albero T `e un albero.
DIMOSTRAZIONE.
Poich`e G `e ipomorfo a T, si ha che [V (G)[ = [V (T)[. [L(G)[ = [L(T)[ ed
essendo T connesso, si ha che G `e un grafo connesso tale che [L(G)[ =
[L(T)[ = [V (T)[ 1 = [V (G)[ 1.
Per la caratterizzazione degli alberi, risulta che G `e un albero.
La classe degli alberi `e quindi ricostruibile. Si dimostra anche che gli
alberi sono ricostruibili; la dimostrazione non `e immediata e la ometti-
amo.
Teorema 5.2.19. (P.J. Kelly (1957)) Ogni albero `e ricostruibile.
Teorema 5.2.20. Il numero e lordine delle componenti connesse di un
grafo G
n
, n 3, sono ricostruibili.
DIMOSTRAZIONE.
Escludendo il caso banale in cui G
n
`e connesso, si possono presentare due
situazioni:
Esistono r 1 carte col minimo numero t di componenti connesse
e ciascuna ha r 1 componenti di ordine 1. Allora, esistono r
componenti di ordine 1 e le altre di ordine maggiore di 1 sono le
stesse di ogni carta col minimo numero di componenti. Il numero
totale di componenti `e ovviamente t + 1.
Esistono r 4 carte col minimo numero t di componenti connesse
e ciascuna di esse ha al pi` u una componente connessa di ordine
1. Lordine massimo delle componenti di G
n
`e uguale allordine
massimo m delle componenti delle carte; tra le carte con il minimo
numero k di componenti di ordine m se ne consideri una che abbia
il massimo numero h di componenti di ordine m1. G
n
ha k + 1
134
componenti di ordine m, h 1 componenti di ordine m 1; le
altre componenti sono le stesse in G
n
e in ciascuna delle carte con
t componenti.
Denizione 5.2.21. La successione delle valenze di un grafo G ha per
termini il grado dei vertici, disposti in ordine non decrescente.
Osservazione 5.2.22. Sia G un grafo e sia v
i
G; la sua valenza `e
deg
G
(v
i
) = [L(G)[ [L(Gv
i
)[.
Teorema 5.2.23. Sia f un ipomorsmo da un grafo G in un grafo H.
Allora deg
H
(f(v)) = deg
G
(v), per ogni v V (G).
DIMOSTRAZIONE.
Poich`e G ed H sono ipomor si ha che [L(G)[ = [L(H)[ e G v

=
H f(v), per ogni v V (G). Allora deg
G
(v) = [L(G)[ [L(Gv)[ =
[L(H)[ [L(H f(v))[ = deg
H
(f(v)), per ogni v V (G).
Corollario 5.2.24. Gra ipomor hanno la stessa successione di valen-
ze.
DIMOSTRAZIONE.
Questo risultato discende ovviamente da quello precedente, ripetendo il
calcolo per tutte le carte.
Denizione 5.2.25. La successione delle valenze di un vertice v di un
grafo G `e la sequenza ottenuta elencando, in ordine non decrescente, le
valenze dei vertici adiacenti a v. Tale successione si indica con il simbolo
vs
G
(v).
Osservazione 5.2.26. Questa successione non contiene il termine 0, ma
pu` o essere vuota.
Denizione 5.2.27. La successione delle successioni delle valenze di G
`e la sequenza delle successioni delle valenze dei vertici di G, elencate in
ordine alfabetico. Eventuali successioni vuote si elencano allinizio.
Teorema 5.2.28. Se f `e un ipomorsmo da un grafo G in un grafo H,
allora vs
G
(v) = vs
H
(f(v)), per ogni v V (G).
135
Corollario 5.2.29. La successione delle successioni delle valenze di G `e
ricostruibile.
DIMOSTRAZIONE.
Si consideri una carta G
(1)
e sia L
v
1
linsieme dei vertici che determinano
la successione da associare al vertice v
1
. Si trovi, inoltre, la successione
delle valenze di G ed in particolare la valenza di v
1
. Per ogni k
n 1
,
si contino quanti vertici in G
(1)
hanno valenza minore di k e si sottragga
il numero di vertici diversi da v
1
che in G hanno valenza minore di k. Per
k = 1, 2, ..., n1 si ricostruisce la successione delle successioni di valenze
di v
1
. Loperazione va, poi, ripetuta per ogni carta.
Teorema 5.2.30. Ogni grafo sconnesso con almeno tre vertici `e ricostru-
ibile.
DIMOSTRAZIONE.
E utile, nel corso della dimostrazione, tenere presenti le considerazioni
fatte nella dimostrazione del teorma 5.2.17. Se esiste una carta connessa,
`e chiaro che tale carta `e una componente di G, il quale ha solo unaltra
componente di ordine, ovviamente, uno.
Supponiamo ora che ogni carta sia sconnessa. Dalle carte deter-
miniamo lordine delle componenti di G e, in particolare, sia r lordine
massimo delle componenti di G. Se r = 1, `e chiaro che G `e privo di lati.
Sia allora r 2.
Individuiamo, in una carta che la contenga, una componente M
r
di
ordine r e ssiamo una carta connessa, L
r1
di M
r
. Indichiamo, inne,
con w un vertice tale che L
r1
= M
r
w. Determiniamo il numero
m 1, di componenti di G di ordine r e il numero l 0, di eventuali
componenti isomorfe a L
r1
.
E possibile determinare, a meno di isomorsmi, la carta di w: questa ha
m1 componenti isomorfe a M
r
e l + 1 componenti isomorfe a L
r1
.
Ovviamente, G si ricostruisce togliendo a tale carta, G w, una
componente isomorfa a L
r1
ed aggiungendone una isomorfa a M
r
.
Osservazione 5.2.31. Dal teorema appena provato e dalla proposizione
136
5.2.12 segue che un grafo con almeno tre vertici `e ricostruibile se il suo
complemento `e sconnesso.
Denizione 5.2.32. Sia z un vertice di un grafo G. Una z-ricostruzione
di G `e un grafo H ipomorfo a G tale che V (G) = V (H) e Gz = Hz.
Osservazione 5.2.33. Le condizioni V (G) = V (H) e Gz = Hz della
precedente denizione dicono che G si ottiene da H eliminando l insieme
L (eventualmente vuoto) dei lati di G incidenti in z e aggiungendo un
insieme M (eventualmente vuoto) di lati incidenti in z. Ci` o pu` o essere
espresso simbolicamente in questo modo: H = GL + M.
Ovviamente [M[ = [L[ e si intende che le carte di H sono isomorfe alle
carte di G.
Lemma 5.2.34. Un grafo G `e ricostruibile se e solo se ha un vertice z
tale che ogni z-ricostruzione di G `e isomorfa a G.
Osservazione 5.2.35. Il precedente lemma si prova mostrando che se
un grafo `e ipomorfo a G, allora `e isomorfo a qualche z-ricostruzione di
G.
Denizione 5.2.36. Un vertice v di un grafo G si dice good se nessun
vertice di G ha valenza deg
G
(v)1; si dice bad se G ha almeno un vertice
di valenza deg
G
(v) 1.
Denizione 5.2.37. Dato un grafo G e un suo vertice v si dice in-
sieme di adiacenza di v in G e si indica N
G
(v) linsieme dei vertici di G
adiacenti a v.
Lemma 5.2.38. Sia z un vertice di un grafo G con almeno tre vertici
e sia H una z-ricostruzione di G. Allora, tutti i vertici di N
H
(z)N
G
(z)
sono bad in G.
DIMOSTRAZIONE.
Siano N
G
(z)N
H
(z) = v
1
, . . . , v
r
e N
H
(z)N
G
(z) = w
1
, . . . , w
r
ordi-
nati in modo che, per ogni 1 i j r, si abbia deg
G
(v
i
) deg
G
(v
j
) e
deg
H
(w
i
) deg
H
(w
j
).
137
Per ipotesi H `e ipomorfo a G e poich`e G z = H z esiste un
ipomorsmo da G in H che lascia sso z; allora, come si `e gi`a visto,
vs
G
(z) = vs
H
(z) e pertanto se r 1, per ogni 1 i r si ha che
deg
G
(v
i
) = deg
H
(w
i
) = deg
G
(w
i
) + 1.
Ci`o prova che w
i
`e un vertice bad in G, per ogni 1 i r.
Teorema 5.2.39. Un grafo `e ricostruibile se ha un vertice tale che tutti
i vertici adiacenti ad esso sono good.
DIMOSTRAZIONE.
Supponiamo che un grafo G abbia un vertice v tale che tutti i vertici
ad esso adiacenti siano good. Se H `e una z-ricostruzione di G, allora
N
H
(z) = N
G
(z), per il lemma precedente, e quindi H

= G. Segue dal
lemma 5.2.34 che G `e ricostruibile.
Osservazione 5.2.40. Si osservi che una condizione suciente perch`e
esistano vertici i cui vertci adiacenti siano tutti good e perch`e, quindi, G
sia un grafo ricostruibile `e la seguente

z(bad)
deg
G
(z) < n.
Infatti, se la somma delle valenze dei vertici bad `e minore di n, sicura-
mente esiste almeno un vertice non adiacente ad alcun vertice bad.
Esempio 5.2.41. Si consideri un grafo con la seguente sequenza di
valenze:
2222222222
. .
10
333
..
3
4 66666666
. .
8
7
I vertici di valenza 3, 4, 7 sono bad; i vertici di valenza 2 e 6 sono good.
Inoltre, si osservi che n = 23 e

z(bad)
deg
G
(z) = 3 + 3 + 3 + 4 + 7 =
20 < 23.
Quindi un grafo con tale sequenza di valenze `e necessariamente ricostru-
ibile.
Teorema 5.2.42. (C.St.J.A. Nash-Williams, The reconstruction Prob-
lem, in Selected Topics in Graph Theory, L.W. Beineke and R.J. Wil-
son, Acadenic Press, New York, 1978) Un grafo G `e ricostruibile se ha
138
un vertice z tale che tutti i vertici ad esso collegati con un cammino di
lunghezza 2 sono good (cio`e, tutti i vertici adiacenti ai vertici adiacenti
a z, eccettuato al pi` u z, sono good).
Osservazione 5.2.43. Si osservi che una condizione suciente perch`e
esista v con lipotesi appena data nel teorema precedente e ,quindi, perch`e
G sia ricostruibile `e la seguente

z(bad)
deg
G
(z) < n +
1
2
b,
dove b `e il numero di vertici bad di G.
Esempio 5.2.44. Si consideri un grafo con la seguente sequenza di
valenze:
2222222222
. .
10
333
..
3
44
..
2
66666666
. .
8
7
I vertici di valenza 3, 4, 7 sono bad; i vertici di valenza 2 e 6 sono good.
Quindi, n = 24, b = 6 e

z(bad)
deg
G
(z) = 24 < n +
1
2
b = 24 + 3 = 27.
Quindi un grafo con tale sequenza di valenze `e necessariamente ricostru-
ibile.
Si osservi che la condizione espressa nellosservazione 5.2.40, in questo
caso, non `e soddisfatta.
Osservazione 5.2.45. Si `e stabilito che sono ricostruibili:
1. varie classi di gra 2-connessi, cio`e gra con tutte le carte connesse,
ma tali che esistono due vertici la cui rimozione li sconnette;
2. i cactus, cio`e gra connessi in cui due qualsiasi circuiti sono privi
di lati comuni, aventi almeno tre vertici (D. Geller and B. Manvel,
Reconstruction of cacti, Canadian J. Math 21 (1969), 1354-1360);
3. gra con una carta che sia foresta (B. Manvel and J.M. Weinstein,
Nearly acyclic graphs are reconstructible, J.Graph Theory 2 (1978)
25-39);
4. gra che vericano la condizione [L(G)[ [V (G)[ + 1 (C.St.J.A.
Nash-Williams (1978)).
139
A conclusione di questo paragrafo, diamo un accenno alla teoria della
ricostruzione che prende in considerazione non la rimozione dei vertici di
un grafo, bens` quella dei lati.
Denizione 5.2.46. Dati due gra G ed H, si dice ipomorsmo per lati
da G in H ogni funzione bigettiva f : L(G) L(H) tale che G l

=
H f(l), per ogni l L(G).
Denizione 5.2.47. Due gra G ed H si dicono ipomor per lati se
esiste un ipomorsmo per lati tra di essi.
E evidente che due gra ipomor per lati hanno lo stesso numero di
vertici e lo stesso numero di lati.
Denizione 5.2.48. Un grafo G si dice ricostruibile per lati se ogni
grafo ipomorfo per lati a G `e isomorfo a G.
La congettura della ricostruzione per lati `e cos` formulata:
ogni grafo con almeno quattro lati `e ricostruibile per lati.
Osservazione 5.2.49. La condizione sul numero dei lati `e necessaria;
infatti esistono gra con tre lati che non sono ricostruibili per lati (si veda
la gura che segue) ed `e evidente che due gra qualsiasi con n vertici e
due lati sono tra loro ipomor per lati, ma, se solo in uno di essi i lati
sono incidenti, tali gra non sono isomor.

?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?




















E stato provato che se si verica la congettura della ricostruzione,
risulta vera anche la congettura della ricostruzione per lati. I seguenti
risultati sono fra i pi` u importanti di tale teoria.
Teorema 5.2.50. (Muller.) Un grafo G `e ricostruibile per lati se
2
|L(G)|1
> [V (G)[!.
Corollario 5.2.51. Un grafo con p vertici e q lati `e ricostruibile per lati
se q >
plog(p)
log(2)
.
140
5.3 Ricostruire i digra
La congettura della ricostruzione, vista in relazione ai gra non orien-
tati, `e stata smentita per i gra orientati semplici ma anche, in partico-
lare, per i gra orientati univoci e per i tornei. Precisiamo che prenderemo
in considerazione solo digra semplici.
Per n = 1 e n = 2 si presenta la stessa situazione dei gra non
orientati.
Per n = 3, si consideri la classe dei tornei. Ci sono solo due tornei
non etichettati: uno hamiltoniano e laltro transitivo.
(1)

~
~
~
~
~
~
~
~

=
=
=
=
=
=
=
=


(2)

~
~
~
~
~
~
~
~

=
=
=
=
=
=
=
=

Questi due tornei non sono isomor.


Si considerino ora le loro carte.
Le carte del torneo (1) sono:

Le carte del torneo (2) sono:

Si vede, dunque, che i due tornei sono ipomor; quindi, nel caso orientato,
la congettura non `e vericata per n = 3.
A met`a degli anni sessanta, `e stato scritto un articolo in cui si di-
mostrava che tutti i tornei riducibili con almeno 5 vertici sono ricostruibili
(F. Harary and E. Palmer, On the problem of reconstructing a tournament
from subtournaments, Monatsh. Math. 71 (1967), 14-23). La congettura
della ricostruibilit`a `e stata formulata, limitatamente ai tornei, da Harary
e Palmer.
Questa congettura `e stata risolta dopo dieci anni da Stockmeyer, il quale
ha trovato coppie di tornei, prima, e coppie di gra orientati che non sono
tornei, poi, che sono ipomor ma non sono isomor ed hanno ordine ar-
bitrariamente elevato. Gi`a prima, per valori bassi di n, si conoscevano
dei controesempi di questo tipo.
141
Infatti, per n = 3, i due possibili tornei sono ipomor senza essere
isomor, come appena visto.
Per n = 4, ci sono due tornei, uno hamiltoniano e laltro riducibile,
che non sono ricostruibili.
Per n = 5 ci sono tornei non ricostruibili; in questo caso sono tutti
hamiltoniani.
Per n = 6, sono stati trovati tornei non ricostruibili.
Per n = 7, invece, tutti i tornei sono ricostruibili.
Per n = 8 sono stati trovati nuovamente tornei non ricostruibili.
Il problema in generale viene arontato da Stockmeyer (P.K. Stock-
meyer, The falsity of the reconstruction conjecture for tournaments, J.
Graph Theory 1 (1977), 19-25), il quale ha dimostrato in un primo
momento che:
per ogni k N esiste T
n
, torneo con n > k vertici, non ricostruibile.
Descriviamo ora la Costruzione di Stockmeyer (P. K. Stockmeyer, A
Census of non-reconstructable digraphs, I: six related families, J. combi-
natorial Theory Ser. B, 31 (1981), 232-239), la quale descrive coppie di
digra che costituiscono controesempi della ricostruibilit`a dei digra e,
cio`e, coppie di digra D e D

ipomor ma non isomor.


Si premetta che per ogni k Z esiste un unico odd(k) Z dispari ed
esiste un unico pow(k) N
0
tali che k = odd(k)2
pow(k)
, dove odd(k) `e il
pi` u grande, in modulo, divisore dispari di k.
Sia ora n 0 e sia A
n
il digrafo con insieme di vertici V (A
n
) =
v
1
, . . . , v
2
n in cui (v
i
v
j
) se e solo se odd(j i) 1(mod 4) se e solo
se esistono a Z, r N
0
tali che j i = (4a + 1)2
r
.
Si osservi che odd(i j) = odd(j i) e quindi (v
i
v
j
) se e solo
se odd(j i) 1(mod 4) se e solo se odd(i j) , 1(mod 4) se e solo se
(v
j
v
i
); cio`e, dati due qualsiasi vertici, c`e esattamente un arco o in
una direzione o nellaltra, e quindi A
n
`e un torneo.
Inoltre, A
n
`e hamiltoniano, se n 2. Infatti, `e ovvio che v
1
v
2

v
3
. . . v
2
n; inoltre v
2
n v
1
, in quanto odd(2
n
1) = 2
n
1 =
142
4 2
n2
1 1(mod 4).
A
n
`e un grafo autocomplementato (o autoconverso, in quanto nei tornei il
converso coincide col complementato). Infatti A
n
autoconverso signica
che se considero il suo converso A

n
, esso `e isomorfo ad A
n
. Lisomorsmo
tra A
n
e A

n
`e f : A
n
A

n
tale che f(v
k
) = v
2
n
k+1
.
Si considerino A
n
e A
m
, con 0 m n, due tornei con insiemi di
vertici V (A
n
) = v
1
, . . . , v
2
n e V (A
m
) = v
2
n
+1
, . . . , v
2
n
+2
m.
Si costruiranno, ora, dei digra con insieme di vertici V (A
n
)

V (A
m
),
contenenti A
n
ed A
m
come sottogra pieni e con altri archi che collegano
vertici di A
n
con vertici di A
m
. Le coppie di gra costruite da Stockmeyer
sono:
1. Il digrafo M
n,m
tale che:
(v
i
v
2
n
+j
) se e solo se i + j pari;
per ogni h, k (v
k
v
2
n
+h
).
Il digrafo M

n,m
tale che:
(v
i
v
2
n
+j
) se e solo se i + j dispari;
per ogni h, k (v
k
v
2
n
+h
).
Quindi in M
n,m
non ci sono archi nella direzione che va dal secondo
blocco al primo, ma ci sono solo gli archi che collegano vertici pari
di A
n
con vertici pari di A
m
e gli archi che collegano vertici dispari
di A
n
con vertici dispari di A
m
. In M

n,m
ci sono gli archi che
collegano vertici dispari di A
n
con vertici pari di A
m
e gli archi che
collegano vertici pari di A
n
con vertici dispari di A
m
. Dunque, `e
chiaro che M
n,m
M

n,m
non sono tornei.
2. Questa seconda coppia di digra `e analoga alla prima, solo che gli
archi vengono messi nella direzione contraria, sempre con lo stesso
criterio.
Il digrafo N
n,m
tale che:
per ogni i, j (v
i
v
2
n
+j
);
(v
k
v
2
n
+h
) se e solo se h + k pari.
Il digrafo N

n,m
tale che:
per ogni i, j (v
i
v
2
n
+j
);
143
(v
k
v
2
n
+h
) se e solo se h + k dispari.
N
n,m
e N

n,m
non sono tornei.
3. Il digrafo P
n,m
tale che:
(v
i
v
2
n
+j
) se e solo se i + j pari;
(v
k
v
2
n
+h
) se e solo se h + k pari.
Il digrafo P

n,m
tale che:
(v
i
v
2
n
+j
) se e solo se i + j dispari;
(v
k
v
2
n
+h
) se e solo se h + k dispari.
Si osservi che P
n,m
`e lunione di M
n,m
e N
n,m
e P

n,m
`e lunione di
M

n,m
e N

n,m
. In P
n,m
ci sono entrambi gli archi che collegano due
vertici entrambi pari o entrambi dispari nei due blocchi A
n
e A
m
,
mentre non ci sono archi che collegano vertici dispari di un blocco
con vertici pari dellaltro blocco. In P

n,m
avviene, ovviamente, il
contrario.
P
n,m
e P

n,m
non sono tornei.
4. Il digrafo Q
n,m
tale che:
per ogni i, j (v
i
v
2
n
+j
);
(v
k
v
2
n
+h
) se e solo se h + k pari.
Il digrafo Q

n,m
tale che:
per ogni i, j (v
i
v
2
n
+j
);
(v
k
v
2
n
+h
) se e solo se h + k dispari.
Q
n,m
e Q

n,m
non sono tornei.
Q
n,m
e Q

n,m
sono confrontabili con la coppia N
n,m
e N

n,m
, nel senso
che Q
n,m
ha tutti gli archi che mancano a N

n,m
e Q

n,m
ha tutti gli
archi che mancano e N
n,m
.
Si osservi, inoltre, che Q
n,m
`e il converso di N

n,m
.
5. Il digrafo R
n,m
tale che:
(v
i
v
2
n
+j
) se e solo se i + j pari;
per ogni h, k (v
k
v
2
n
+h
).
Il digrafo R

n,m
tale che:
(v
i
v
2
n
+j
) se e solo se i + j dispari;
per ogni h, k (v
k
v
2
n
+h
).
144
R
n,m
e R

n,m
non sono tornei.
R
n,m
e R

n,m
sono confrontabili con la coppia M
n,m
e M

n,m
.
6. Lultima coppia che si considera `e costituita da tornei.
Il torneo T
n,m
tale che:
(v
i
v
2
n
+j
) se e solo se i + j pari;
(v
k
v
2
n
+h
) se e solo se h + k dispari.
Il torneo T

n,m
tale che:
(v
i
v
2
n
+j
) se e solo se i + j dispari;
(v
k
v
2
n
+h
) se e solo se h + k pari.
T
n,m
`e un torneo, perch`e le due condizioni che lo deniscono sono
alternative tra loro. Quindi, presi due qualsiasi vertici, uno in un
blocco, uno nellaltro, o c`e larco in una direzione oppure c`e larco
nella direzione opposta.
T

n,m
si ottiene invertendo gli archi di T
n,m
, quindi T

n,m
`e il torneo
complementare di T
n,m
.
Occorre supporre che m < n, perch`e altrimenti T
n,m

= T

n,m
.
Inoltre, si osservi che sia T
n,m
che T

n,m
sono hamiltoniani.
Osservazione 5.3.1. 1. Per n 2 e m < n, le 12 famiglie appena
descritte sono disgiunte.
2. Per n = m (cio`e i due blocchi A
n
e A
m
sono identici), le famiglie
M coincidono con le N; le famiglie Q coincidono con le R e T
coincide con T

.
3. Se m = 0 (cio`e il secondo blocco `e costituito da un solo vertice che
ovviamente `e dispari), T
n,m
e T

n,m
sono autocomplementari (basta
considerare ed estendere la bigezione, gi`a descritta, che fornisce un
isomorsmo tra A
n
ed il suo converso).
Ogni digrafo X
n,m
`e ipomorfo al corrispondente X

n,m
. Pi` u precisa-
mente si ha che, per ogni 0 m n, per ogni X M, N, P, Q, R, T,
per ogni 2
n
k 2
m
:
X
n,m
v
2
n
+k


= X

n,m
v
k
, dove k

(2
n
+2
m
+1k)(mod 2
n
+2
m
).
145
si osservi inoltre che, per 0 m n e X ,= T, X
n,m
X

n,m
e per
0 m < n, T
n,m
T

n,m
. Questo signica che i gra indicati con la
stessa lettera sono ipomor, perch`e hanno le stesse carte, ma non sono
isomor. Lipomorsmo tra X
n,m
e X

n,m
si ottiene associando al vertice
v
2
n
+k
, il vertice v
k
, dove k

(2
n
+ 2
m
+ 1 k)(mod 2
n
+ 2
m
).
Per gra orientati questo discorso vale per n ed m qualsiasi; per i
tornei bisogna supporre m < n.
Esempio 5.3.2. 1. Per m = n = 0 si ritrovano i digra di ordine 2
non ricostruibili.
2. Per m = 0 e n = 1, si hanno gra di ordine 3 non ricostruibili, tra
cui i due tornei gi`a considerati.
3. Per n = m = 1, si ottengono gra non ricostruibili di ordine
4, ma tra questi non sono compresi i due tornei di ordine 4 non
ricostruibili che verranno descritti in seguito.
4. Per m = 0 e n = 2, si ottengono gra non ricostruibili di ordine 5,
tra cui due tornei hamiltoniani.
Pi` u in generale, la costruzione di Stockmeyer fornisce:
digra non ricostruibili di ordine 2
n
+ 2
m
, con 0 m n, quindi
di ordine 2,3,4,5,6,8,9,10,12,16,17,18,20,24,32,33,...;
tornei non ricostruibili di ordine 2
n
+ 2
m
, con 0 m < n, quindi
di ordine 3,5,6,9,10,12,17,18,20,24,33,....
Anche per i digra, sono stati provati alcuni risultati parziali che
appartengono ad una di queste due categorie:
(1) risultati riguardanti lesistenza di classi ricostruibili di digra,
ovvero di propriet`a o caratteristiche ricostruibili;
(2) risultati che aermano lesistenza di classi di digra ricostruibili.
Elenchiamo ora alcuni di questi risultati.
1. A partire dalle carte di un digrafo D si possono ricostruire:
146
il numero di vertici n;
il numero di archi;
il numero di sottodigra isomor ad un ssato digrafo di ordine
k < n;
il numero di cicli di lunghezza k e di cammini di lunghezza k
(k < n);
il numero di cicli di lunghezza k, passanti per un ssato vertice
(k < n).
2. Si pu`o riconoscere dalle carte se il digrafo `e debolmente connes-
so. Non si sa se `e possibile riconoscere dalle carte se il digrafo `e
fortemente connesso.
3. Si pu`o ricostruire la successione delle coppie delle valenze, scritta
in ordine alfabetico, di un digrafo con almeno 5 vertici. Si osservi
che per un digrafo ogni vertice ha la sua valenza di entrata e di
uscita.
4. I seguenti risultati, validi per gra non orientati, non valgono per i
digra.
Non `e possibile dire che carte isomorfe di digra ipomor sono
relative a vertici con stessa coppia di valenze. Questo non vale
nemmeno per i tornei.
Non vale che digra ipomor hanno la stessa successione di
successioni di coppie di valenze.
I digra non fortemente connessi non sono tutti ricostruibili.
5. Si pu`o riconoscere dalle carte se un digrafo D
n
, con n 3, `e un
torneo; quindi la classe dei tornei `e ricostruibile. Infatti vale che:
D
n
torneo se e solo se tutte le sue carte sono tornei.
Infatti, `e chiaro che se D
n
`e un torneo tutte le sue carte sono tornei.
Se, invece, D
n
non `e un torneo, allora esistono due vertici x ,= y
tali che (x y) e (y x), oppure (x y) e (y x); in entrambi
147
i casi, la carta relativa ad un terzo vertice z non pu`o essere un
torneo.
Per n = 2, esiste il grafo formato da due punti, senza archi, che
non `e un torneo, mentre le sue carte sono i singoli punti che sono
tornei.
6. Si pu`o riconoscere dalle carte se T
n
`e hamiltoniano (n 4):
T
n
hamiltoniano se e solo se esistono almeno due carte hamiltoni-
ane.
7. Si pu`o riconoscere se T
n
`e riducibile (n 4):
T
n
riducibile (o non hamiltoniano) se e solo se esiste al pi` u una
carta hamiltoniana.
Infatti, siano T
n
hamiltoniano e v un suo qualunque vertice ssato.
Allora, esiste un ciclo C
n1
di lunghezza n 1 passante per v e se
x T
n
C
n1
, la carta relativa a x `e hamiltoniana. Analogamente,
esiste un ciclo C

n1
di lunghezza n 1 passante per x che rappre-
senta unulteriore carta hamiltoniana.
Se, invece, T
n
`e riducibile e A B `e una sua decomposizione, al-
lora pu`o accadere che:
se [A[ = 1, lunica eventuale carta hamiltoniana pu`o essere B;
se [B[ = 1, lunica eventuale carta hamiltoniana pu`o essere A;
se min[A[ , [B[ > 1, non ci sono carte hamiltoniane.
8. Si ricordi che un torneo D si dice k-fortemente connesso, k 1, se
DH `e fortemente connesso, per ogni H D, con [H[ < k. Per
k = 1, si ottiene la forte connessione.
Tale denizione vale anche per gra non orientati con riferimento
alla connessione.
Si pu`o riconoscere se H `e k-fortemente connesso, con k 2:
H k-fortemente connesso se e solo se ogni carta `e (k1)-fortemente
connessa.
148
In particolare, un torneo `e 2-fortemente connesso se e solo se tutte
le sue carte sono hamiltoniane.
9. Si pu`o riconoscere se H `e 1-fortemente connesso e non 2-fortemente
connesso:
H 1-fortemente connesso e non 2-fortemente connesso se e solo
se esiste una carta non hamiltoniana ma almeno due carte sono
hamiltoniane.
10. Si dice che T
n
`e torneo di Moon se e solo se per S T
n
: S hamil-
toniano o S transitivo.
Si pu`o riconoscere se T `e di Moon (n 5):
T di Moon se e solo se tutte le carte sono di Moon.
Unaltra caratterizzazione dei tornei di Moon (n 5) `e la seguente:
H `e di Moon se e solo se non esistono cicli di lunghezza 3 proiettati
in H (dove ciclo proiettato vuol dire che esiste un vertice che lo
precede o un vertice che lo segue).
Si osservi che per n = 3, ogni torneo `e di Moon.
Ogni torneo transitivo `e di Moon; tutti gli altri tornei di Moon sono
hamiltoniani.
Il torneo T
4
= v C
3
( dove C
3
`e un torneo hamiltoniano con 3
vertici) non `e di Moon, anche se le sue carte sono di Moon.
11. I tornei riducibili sono ricostruibili (n 5).
(F. Harary and E. Palmer, On the problem of reconstructing a tour-
nament from subtournaments, Monatsh. Math. 71 (1967), 14-23).
12. I tornei di Moon sono ricostruibili (n 4, con eccezione per n = 6).
(C. Guido, Structure and reconstruction of Moon tournamnets, J.Combin.
Inform. System. 19(1) (1994), 47-61).
Esempio 5.3.3. Diamo ora una descrizione dei tornei non ricostruibili
di ordine non superiore a 8.
149
n = 3

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n = 4
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n = 5
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S
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1
1
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1
1
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1
1
1
1

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k
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k
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150

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n = 6
N
1
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1
1
1
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1
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1
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k
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2
6
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1
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1
1
1
1
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k
k
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M
1
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151
M
2
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P
1
6

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P
2
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152
R
1
6

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R
2
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n = 8
Ci sono due coppie di tornei non ricostruibili con 8 vertici descritti
dalle seguenti coppie di matrici di adiacenza:
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0 1 1 0 1 0 1 0
0 0 1 1 1 1 0 0
0 0 0 1 0 1 1 1
1 0 0 0 1 1 0 1
0 0 1 0 0 1 1 0
1 0 0 0 0 0 1 1
0 1 0 1 0 0 0 1
1 1 0 0 1 0 0 0
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0 1 1 0 1 1 0 0
0 0 1 1 0 1 0 1
0 0 0 1 1 1 1 0
1 0 0 0 1 0 1 1
0 1 0 0 0 1 1 0
0 0 0 1 0 0 1 1
1 1 0 0 0 0 0 1
1 0 1 0 1 0 0 0
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153
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0 1 1 1 1 0 0 0
0 0 1 0 1 1 1 0
0 0 0 1 1 0 1 1
0 1 0 0 1 1 0 1
0 0 0 0 0 1 1 1
1 0 1 0 0 0 1 0
1 0 0 1 0 0 0 1
1 1 0 0 0 1 0 0
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0 1 0 1 1 1 0 0
0 0 1 1 0 1 1 0
1 0 0 1 1 0 1 0
0 0 0 0 1 1 1 1
0 1 0 0 0 1 0 1
0 0 1 0 0 0 1 1
1 0 0 0 1 0 0 1
1 1 1 0 0 0 0 0
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