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Prima parte La verit una grande bugia Il corpo: la prima grande bugia Prima o poi nella nostra esistenza

a arriva il momento di chiederci: chi sono? Prima o forse dopo, esserci chiesti cosa ci faccio qui, qual lo scopo del mio vivere, sentiamo la necessit di confrontarci con la radice di ogni quesito, il punto di partenza e di arrivo di ogni questione irrisolta, ma anche il segreto fondamentale del nostro percepirci. Il nostro nome che sembra voler racchiudere tutto quello che sappiamo di noi stessi, a quel punto sembra srotolare sul tavolo una serie di cose signicative ma che a ben guardare ci raccontano solo una parte della nostra storia e messi insieme come pezzi di un puzzle non ci mostrano che un quadro informale, di cui non capiamo lorientamento, il senso e forse non ci piace neanche tanto. E un quadro incompleto e a cui manca un verso, una prospettiva esatta. Laspetto pi grossolano e forse pi rassicurante sicuramente il nostro corpo, ma basta una vecchia foto a mostrarci quanto eravamo belli in passato, quanto diverso era il nostro corpo e la risposta che ci mostra, con il racconto della sua storia, non ci piace affatto. Ci dice semplicemente che siamo fragili, che cambiamo e non siamo pi gli stessi, che quello che stato non c pi e non torner ad esserci. Il suo futuro allora triste e destinato nella migliore delle ipotesi ad arricchire la terra ma non di certo a raccontarci una storia a lieto ne. Il nostro corpo, lelemento pi compatto e certo di quello che siamo sembra essere il meno adatto a darci una risposta su quello che siamo. Gli anni passano e noi siamo l a guardarlo invecchiare, come una stanza che, piano, si riempie di polvere coprendo i colori e le cose che erano belle! Eppure il suo funzionamento ci mostra meraviglie in grado di stupirci, se il nostro sguardo si avvicina alla complessit dei suoi meccanismi ci ritroviamo catapultati in un universo che non ci appartiene. Cellule come esseri obbedienti svolgono inniti compiti, vere e proprie sentinelle si muovono lungo le arterie pronte a selvagge battaglie contro intrusi, centrali elettriche e cavi ad alta tensione producono energia sufciente per illuminare un vasto cosmo con regole che tutti sembrano conoscere tranne noi, naturalmente, e la cosa bella e che tutto si svolge a nostra insaputa e lo chiamiamo: nostro corpo. Di quelluniverso che ci portiamo dentro, dopotutto, ci interessa a malapena la supercie esterna, se qualche ruga si mostra inopportuna allo specchio. In effetti ci accorgiamo di lui solo quando qualcosa non va, quando siamo sabotati da qualche agente esterno o crolla un qualche edicio, per cos dire. Solo allora ci rendiamo conto che qualcosa crollato senza la nostra

autorizzazione e inorriditi scopriamo che in fondo quel corpo non siamo noi, non ne abbiamo il controllo, una realt oggettiva in cui ci scopriamo prigionieri e a doverne fare i conti. Forse allora ci accorgiamo che per anni il corpo ci ha serviti ubbidiente e silenzioso, e noi come avidi padroni lo abbiamo sfruttato senza clemenza, ed ora qualcosa ha ribaltato la situazione e da padroni ci ritroviamo ad essere schiavi. Un aspetto di giustizia sociale si mostra anche in quello che ritenevamo una semplice macchina, e siamo costretti a venire a compromessi, ad ascoltarne la voce, a capirne esigenze e comportamenti adeguati, e dobbiamo farlo senza possibilit di revoca. Allora cominciamo a capire che proprio noi che ci ritenevamo superiori ad esso ne siamo parte essenziale, che la nostra una relazione interdipendente. Lui dipende da noi, dalle scelte in cui lo costringiamo a muoversi ma anche lui ci mostra la nostra dipendenza, dal suo funzionamento, in cui ci costringe ad essere e muoverci secondo canoni che non sempre vorremmo rispettare. Insomma scopriamo la democrazia e siamo costretti a dar voce anche a piccole minoranze di cui in fondo non possiamo fare a meno. Nulla superuo in esso, tutto ci appartiene e nulla nostro. Insomma se rispondiamo al quesito chi sono io? con il mio corpo ci siamo dati la zappa sui piedi, perch sappiamo di non esserlo ma allo stesso tempo non possiamo dire di non esserlo del tutto. Il paradosso ci mostra lenigmatica realt in cui siamo immersi. La realt oggettiva di un corpo, che sentiamo fuori dal nostro controllo, ma allo stesso tempo una realt in cui siamo immersi in maniera soggettiva, quello il nostro corpo. Il problema sembra spingerci oltre la realt stessa, oltre comunque il nostro corpo che non esaurisce il nostro esserci e sentirci, cos come la realt non sembra in grado di raccontarci una storia vera e quindi reale. Il nostro corpo la prima grande bugia che ci siamo raccontati. La mente mente Se il corpo ci da una risposta grossolana e inadeguata alla conoscenza di quello che siamo, la mente ci risponde in maniera pi sottile e complessa ma non per questo meno adeguata e in fondo ci inganna ancor pi. Il cervello di per s un insieme di neuroni e sinapsi che costituiscono lintrigato aspetto elettro dinamico del suo funzionamento, da questa massa di energia emerge la mente che rappresenta i suoi contenuti secondo modelli tali da dare una struttura complessa ma signicativa al nostro vivere. Fra questi modelli il pi signicativo e senza il quale sarebbe impossibile pensarci come esseri c quel senso di se stessi che chiamiamo io. Lo possiamo considerare la struttura portante dellintero processo cognitivo ma anche

psichico anche se per numerosi processi, come quello neurovegetativo o il sonno profondo, la mente sembra poterne fare a meno. Di certo ha una funzione signicativa per limmagazzinamento dei ricordi nella memoria anche se ancora non possiamo dire di averne scoperto la sede nel cervello, dove cio vengono immagazzinati i dati esperienziali ma daltronde sappiamo ancora poco di quello che sembra essere lultimo territorio ancora inesplorato. Grazie allio sappiamo comunque di esistere e lo sappiamo semplicemente perch abbiamo un punto di riferimento di ogni esperienza sensoriale che riconosciamo come noi stessi. Lio nasce e si costruisce intorno allesperienza sensoriale ma la sua ombra si allarga sino a coprire ogni genere di esperienza, costruendo sovrastrutture quali lego, lanima e innite fantasmogorie verbali. Ma se cerchiamo dentro di noi questo io e lo facciamo con seriet, servendoci dei mezzi a disposizione quali lintrospezione e la meditazione, ci accorgiamo che la sua presenza ci sfugge. Come lo sbucciare una cipolla, strato dopo strato, non resta nulla che non siano scorze vuote o sovrastrutture apparenti. Lio non ha una sede sica ben identicata, meglio dovremmo dire che ogni parte del nostro corpo fa riferimento ad un io, provate a darvi un pizzicotto sulla gamba e lo troverete l, cos come ogni esperienza psichica, concettuale o emotiva f riferimento ad un io e ci segue anche nei sogni. Ma quando tentiamo di afferrarlo o solo di denirlo come un dato, egli ci sfugge in quanto soggetto della conoscenza di qualsiasi dato. Lio non propriamente un pensiero ma colui che rende possibile il pensare e per questo spesso confuso per ci che siamo tout court, ma se dico io sono un io, sento che non mi basta, perch proprio quellio a chiedersi: chi sono? Sono forse il mio pensare? Sono forse solo un pensiero? I pensieri sono fantasmagorie della mente, appaio e scompaiono di continuo e solo alcuni vengono elaborati come dati, la loro efmera natura ricorda le bollicine di unacqua gasata. Ma che cos un pensiero? Perch appare in quella determinata forma e in che modo relazionato al vivere? Le piante sembrano non pensare eppure vivono e gli animali sembrano pensare solo lo stretto necessario. Noi invece non facciamo altro che pensare e se i nostri neuroni non si mantengono in attivit muoiono in pochi secondi. Il moto convulso dei pensieri ricorda n troppo bene lapparire delle particelle onde dello strato subatomico della realt, secondo la sica quantistica. E come esso, rappresentano una serie di probabilit che si possono trasformare in azioni ma anche semplicemente dati non presi in considerazione dalla mente. In qualche modo sembra che luomo percepisca il bollore subatomico come forme di pensiero.

Queste forme diventano esperienze riconosciute solo attraverso il linguaggio, quando cio un impulso, sia esperienziale o emotivo o di altro genere viene nominato e la mente lo riconosce inserendolo nella struttura logica che essa conosce. Il pensiero quindi fondamentalmente un impulso elettrico, che la mente codica attribuendogli una forma propria, inserendolo in un contesto logico che propriamente il nostro pensare. In questo modo potr essere memorizzato e usato dallio per essere verbalizzato (questa sar poi la funzione dellio narrante). In tutto questo non abbiamo di certo trovato la radice dellio. Una delle classiche funzioni dell'io la voce narrante. Una voce fuori campo che descrive ogni evento a cui siamo sottoposti attraverso i sensi, La voce narrante ha la capacit di costruire una narrazione e ci racconta sempre una storia. Riesce a costruire una telecronaca perfetta degli eventi, ma anche una adeguata previsione futura o semplicemente immaginata, dando cos ordine all'apparente fantasmagoria del usso dei singoli pensieri. La sua presenza pu essere individuata in maniera chiara in una seduta meditativa, semplicemente osservando il usso dei pensieri che compaiono nel silenzio meditativo. In qualsiasi circostanza la voce narrante ci parla costruendo secondo logica una storia adeguata e quando entriamo in una relazione dialogica con un altro soggetto, allora propriamente la medesima voce ad articolare un discorso, talvolta sorprendendoci per la sua arguta o prolissa capacit di tener banco. Pochi elementi estratti dalla memoria o da un dato esperienziale e un intero discorso articolato prende forma sotto i nostri occhi. Questa facolt viene quasi sempre scambiata per un io consistente, cos che noi stessi diventiamo una storia, il suo rapporto continuato con la memoria ne cristallizza i contenuti, con i quali niamo poi con identicarci del tutto. Il siamo ci che pensiamo diventa in breve penso quindi sono. Lio si costruisce intorno al linguaggio e il linguaggio costruisce lidea di un io soggetto sostanziale. Ma svelare larcano poi cosa semplice e ci accorgiamo che colui che percepisce la realt in quanto tale pi propriamente la coscienza, mentre lio, di fatto, la seconda grande bugia che la mente ci racconta. Ma per mantenere in piedi una bugia abbiamo bisogno sempre di altre e innite bugie. Le pi grandi che lio racconta sono: lego e lanima. Lego la capacit dellio di appropriarsi di ogni singolo evento, questa funzione mi ricorda un amico, ma anche un atteggiamento comune di molti, quando parlando del pi e del meno inserisco un argomento del tutto personale, come ad esempio: ieri sono stato al cinema, ecco che lui comincia a raccontare quando lui stato al cinema, se parlo delle zebre anche lui avr sicuramente qualcosa da raccontare sulle zebre e va avanti appropriandosi di

qualsiasi argomentazione. Lego si comporta allo stesso modo, qualsiasi esperienza emerge sar di sua esclusiva propriet, il vedere qualcosa diventa il suo vedere, cos come la sua vita e le sue interminabili preoccupazioni. In effetti ha la capacit di costruire sovrastrutture psichiche e trasformare emozioni in drammi, dolori in sofferenze e gioie in eterne felicit. Lego si appropria di ogni cosa, sica o psichica, il corpo diventa il mio corpo, la mente la mia mente e lio il mio io. La sua semplice funzione autoconservatrice (servir pur a qualcosa!), si trasforma in un assolutismo interno che cristallizza ancor pi la funzione dellio. Ecco come lo racconto in un post del mio blog di qualche tempo fa: Il valore dell'essere cretini

Pi che di valori perduti dovremmo forse parlare di valori sbagliati, premesso che il valore fondamentale di ogni nostra scelta sia l'ego e il suo gemello egoismo . Credere che oggi ci sia una perdita di valori piuttosto semplicista, in verit, credo che ci sia il rafforzamento del valore fondamentale umano, l'egoica ricerca del piacere a buon mercato. Nel tentativo di raggiungere in maniera rapida il proprio benessere siamo disposti pi o meno consapevolmente a fregarcene altamente di chi ci sta vicino, siano essi amici, parenti, sconosciuti, concittadini o semplicemente esseri umani. Naturalmente questo avviene ad ogni livello di relazione sia essa sociale, politica o individuale. Cos ci ritroviamo in questa giungla sociale laccata di nti valori e insulsi diritti, benedetta da istituzioni democratiche che altro non sono che l'esplicita dimostrazione dello stato tribale in cui viviamo. Insomma anche se apparentemente l'uomo abbia fatto enormi progressi nello standard di vita in ultima analisi ha solo trasformato il suo abitat in un artecio in cui vige la legge della giungla. Il livello di supercialit con cui gestiamo le nostre vite e lo svuotamento apparente dei valori sociali sono solo l'indice di una cristallizzata identit egoistica di cui stranamente andiamo anche eri. Il grado di inconsapevolezza stranamente maggiore a livello culturale evoluto, pi siamo acculturati, intellettualmente preparati e pi grande si fanno: supercialit ed egoismo. D'altronde l'ego si ciba di conoscenza, quella nozionistica che oggi chiamiamo informazione, vero e unico paradigma di questa nuova era. Il viaggio telematico nell'informazione digitale, in cui tutti oggi ci accingiamo ad entrare l'ennesima trasformazione di quell'abitat che nasconde sempre meglio le sue uniche leggi. Quello che avviene sul piano individuale, nelle nostre piccole e meschine esistenze, si riverbera senza esitazioni sui diversi piani di esistenza, sociali,

politici, religiosi o esistenziali che siano. Sia che decida di invitare qualcuno a cena solo per sviscerare verbalmente qualcosa che satura la mia mente di inutili informazioni, o che decida di inoltrarmi in un carnaio estivo all'ombra di un ombrellone, o che cerchi disperatamente un last minut per capire dove andare in vacanza, il gioco riverbera sempre lo stesso noioso copione: non so cosa voglio e quel che voglio non so perch mai l ho desiderato. Se passo da un amico ad un altro, da una situazione ad un altra perch in fondo non ho un amico n' una situazione che mi soddisfa, e se invece mi ritrovo a fare sempre le stesse cose noiose, con sempre gli stessi amici e situazioni perch in fondo non riesco a decidere e rischiare. Sono tutte forme di avido egoismo e mi consolo leggendo un libro sull'amore di Osho, identicandomi per qualche istante con l'efmero valore universale solo per dimenticare che sono chiuso in trappola e nessuno ha voglia di annoiarsi con me. Per controbilanciare il suo potere assoluto la mente costruisce la propria autoredenzione attraverso lidea di un anima e inne quella di dio. Vi sono alcune esperienze che hanno la capacit di allentare la morsa dellego e talvolta mettono addirittura a rischio la costruzione dellio. Un certo sentimentalismo o un bonismo altruistico ci spingono lontano dalla tirannia egoica ma ancor pi efcace il sentimento dellamore che ci costringe a scendere dal nostro egoismo per riversarci talvolta, aim! in quello degli altri. Nel tempo luomo ha formulato il concetto di anima, come sede dei buoni sentimenti e per salvaguardarsi dal giudizio dispotismo dellego. Lerrore fondamentale stato poi quello di sostantivare tale sede, creando unanima sostanza contenuta in un corpo. Tale dispositivo invece contenuto nella psiche e altro non che un modello strutturale della mente stessa. Lanima in fondo, un invenzione puerile di un tiranno che abita in noi per nascondere le paure di un potere temporale. Ed proprio la conoscenza inconscia della temporalit dellego che generano limmortalit di un anima e peggio ancora di un dio onnipotente. Attraverso l anima l ego pone se stesso nel campo del trascendente, non potendosi accontentare di una versione transitoria del proprio essere, crea quell invenzione che solo pu renderlo immortale. L anima una invenzione dell ego. La psiche nel corso della storia stata di volta in volta scambiata per una sostanza e solo di recente, dopo Freud, stata collocata come struttura portante della mente. Lanima un residuato bellico di una guerra senza pari perpetuata nel cammino della conoscenza delluomo. La psiche ci parla della struttura comportamentale delluomo, e questo riferito allintera persona fatta di corpo e mente, ununit inscindibile che

interagisce al reale secondo modelli propri che ne caratterizzano la forma e i contenuti. La mente una bugia non meno del corpo, daltronde essendo creata da questultimo non poteva essere altrimenti. La realt un soggetto La terza e forse la pi consolidata bugia lidea di una realt esterna, oggettiva, nella quale ci muoviamo e che in qualche modo subiamo, essendo scaraventati in essa n dalla nascita. Il concetto che vi sia una realt conoscibile e che possa essere conosciuta al di la di chi la conosce qualcosa che ormai neanche pi la scienza sembra ammettere. Qualsiasi processo di conoscenza passa attraverso il soggetto che conosce, e oggi sappiamo che chi conosce inuenza il dato conosciuto. Daltronde una stessa realt assume aspetti, forme e colori diversi a secondo del mezzo di conoscenza che usiamo, basta avere un microscopio o un cannocchiale per vedere la realt come la conosciamo normalmente, sparire e divenire qualcosa daltro; scoprire nel sangue umano un gran trafco di cellule diverse che fanno cose diverse o nello spazio inniti pianeti e stelle nascoste nel buio. Ma anche il tempo sembra sparire quando guardiamo lontano, tanto lontano da ricevere solo limmagine di un passato che attraverso la velocit della luce ci arriva sempre in ritardo. O quando guardiamo vicino, molto vicino e la materia sembra sparire e lasciare solo il riverbero di una particella divenuta onda. Che poi il nostro corpo possa vedere i colori solo secondo speciche frequenze, cos come i nostri sensi possano percepire la realt solo attraverso modelli che la mente ci consente, dovrebbe bastare a farci capire che quello che sappiamo come quello che percepiamo, solo una parte della storia che chiamiamo realt. Qualcuno potrebbe allora fare appello a presunte scienze esatte, come la matematica, che altro non sono che ennesimi modelli che la mente dispone per creare idee complesse. La capacit tutta umana di astrarre, da luogo alla pi astratta delle scienze: la matematica. Al di l dei suoi presupposti losoci di tipo pitagorici e platonici, sicuramente riconosciamo il buon uso che luomo sa fare delle sue idee, ma questo non cambia i parametri ne ci aiuta a uscire da quella matassa di lana imbrigliata che sembra essere la nostra esistenza. Luomo da sempre si interpellato sulla natura del reale e dopo aver costruito strane civilt, con templi e tombe che soravano le nuvole, dopo aver dato vita a culture, miti, religioni e rivoluzioni ancora l a chiedersi se il reale esiste e perch. Forse oggi comincia a capire che la vera natura del reale nascosta dentro se stesso mentre la cerca nella profondit della materia che aim! scompare

ai suoi occhi e solo quando capir la natura della propria coscienza potr accedere ad una giusta prospettiva di conoscenza. Forse scoprir che il mistero insondabile ma almeno avr capito che non serve sacricare il suo mondo, mettendo in repentaglio la sua stessa esistenza. Ma allora che cos la realt? Cosa possiamo dire di quello che ci circonda? La realt un epifenomeno della coscienza, questa lidea che mi sono fatto anche se qualche scienziato potrebbe dissentire in particolar modo quelli che credono che la coscienza sia un epifenomeno del cervello. Ma andiamo con ordine e cominciamo con il ricordare lesempio classico che si fa per spiegare un epifenomeno: la locomotiva e il suo schio (in effetti un po datato come esempio ma rende bene lidea). Il schio solo una conseguenza del fenomeno che di fatto la locomotiva. Ora il cervello sta alla locomotiva come la mente sta al schio per alcuni neuroscienziati ma dimenticano che un schio non pu cambiare la locomotiva, cosa che invece la mente f e non solo con il cervello ma con lintero corpo. Che i nostri stati di coscienza interagiscano con le sinapsi e i neuroni celebrali gi risaputo, ma anche nel caso di un effetto placebo ad esempio sappiamo che il corpo reagisce per semplice convinzione a certe cure, o che gli effetti negativi dello stress possano portare a disturbi siologici cosa appurata. Non possiamo comunque negare neanche il contrario, che il cervello possa condizionare la mente, come nel caso dellalzheilermer o di altri disturbi della mente. Ma questo non fa altro che confermare che entrambi, mente e cervello, facciano parte di un tuttuno, di una realt fenomenica che ci appare solo in parte, appunto il schio. Quello che denisco coscienza diverso da uno stato di coscienza che in verit appartiene alla mente. Dobbiamo quindi distinguere mente e coscienza, dove per mente intendiamo una struttura siologica di natura elettrica che costruisce modelli logici secondo un codice genetico e da vita ad una sovrastruttura cosciente (nel caso umano) ma questa sovrastruttura diventa cosciente proprio a causa di qualcosa che chiamiamo coscienza (e qui la differenza almeno di grado con gli animali). E la causa non pu essere oggetto ma soggetto. La coscienza il vero e unico soggetto di una realt inesistente in quanto essa stessa a crearne la possibilit di conoscenza. La coscienza si riversa nella realt come realt e si conosce attraverso se stessa come realt. Il soggetto diventa oggetto. Non essendoci nulla che non rientri nel suo ambito non c altro che questa realt. Per quanto losoco possa sembrare, in fondo mi sembra plausibile a sufcienza per mettere con i piedi sulla terra ci che in alto nei cieli o negli abissi della materia. La realt quindi un epifenomeno della coscienza, e mentre la locomotiva passa (e non si ferme mai) il suo schio si percepisce

anche da molto lontano. La realt un soggetto e come tale andrebbe investigata. Ma prima di inoltrarmi nel signicato di coscienza e del suo intimo rapporto che chiamiamo vita, mi sembra doveroso affrontare lultima e forse la pi grande bugia che ci siamo raccontati: dio. Ma con una doverosa premessa, perch rinunciare a dio solo perch fonte di controverse dottrine religiose, esiste cio una idea di dio plausibile? Non forse questa lunica possibilit di rispondere alla domanda su me stesso?

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