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Han Bennink (Zaandam 1942) con la sua presenza da pi di quaranta anni sulla scena della musica libera europea

sicuramente una delle sue figure pi importanti, le collaborazioni del batterista-polistrumentista con innumerevoli artisti provenienti dai generi pi disparati ne sono testimonianza. Bennink inizia a suonare la batteria fin da bambino quando per un problema di balbuzie trascorre molto tempo in solitudine e suo padre, percussionista di un 'orchestra sinfonica e clarinettista dilettante, lo porta con se' in studio dove lui aspetta che tutti se ne vadano per saltare dietro la batteria e suonare. Il suo primo "Drum Kit" formato da una Thonet della sua cucina usata come rullante e una bottiglia di Jenever come piatto. Successivamente gli viene regalata una vera batteria dal padre che nonostante gli sforzi non riesce a fargli imparare a leggere la musica, cosa di cui ancora Bennink non del tutto capace. Cos passa intere giornate, assordando il vicinato come ogni batterista che si rispetti, suonando sui dischi di Rock'n'roll di Little Richard e Bill Haley ma rimane presto affascinato dal jazz che ascolta nei dischi di Dave Brubek e di Benny Goodman con Gene Krupa alla batteria;lo stile dei batteristi giocolieri di quel periodo rimane radicato nel modo di suonare di Bennink le cui performance sono spesso definite clownerie. In realt la grande ironia ed autoironia, che forse pu sembrare eccessiva o fine a se stessa, una parte fondamentale della sua ricerca artistica e musicale, il gesto che fa quando lascia cadere le bacchette al suolo o quando d fuoco ad una partitura e la d "in pasto" al suo hihat sono suoni che lui produce con consapevolezza e non gag umoristiche, gli piace far sentire come ogni cosa pu produrre suono e la differenza tra queste e gli strumenti convenzionali ma questo spirito dissacrante nei confronti della musica vissuto in maniera diretta e immediata, senza speculazioni intellettuali, ma allo stesso tempo raffinata e volutamente un po' grottesca. Bench inizi come batterista jazz, presto si allontana da questo linguaggio per crearne uno suo molto personale, distante anche da quello di altri batteristi e percussionisti della scena dell'improvvisazione di quegli anni come Tony Oxley e Paul Litton. Suona spesso in duo, formazione che lo stimola pi di altre e inizia la lunghissima collaborazione con il pianista Misha Mengelberg insieme al quale fonda la ICP (Instant Composers Pool) per cui registra molti dischi e ne cura personalmente le copertine. L'improvvisazione per Bennink una pratica che riunisce tutta la sua attivit :"Mi piace tuffarmi nella vita in profondit, e in tutte le direzioni, vorrei essere considerato semplicemente un improvvisatrore, il che vale quando dipingo, quando suono la batteria o il sassofono, o faccio un disegno; per me queste attivit sono tutte sullo stesso piano. Penso che l'improvvisazione dovrebbe essere considerata una disciplina in s"1. Il suo approccio poco convenzionale allo strumento lo ha reso famoso: durante le sue performance si vede spesso Bennink suonare con un piede appoggiato sul rullante, mettersi una bacchetta in bocca, alzarsi dalla batteria, sedersi per terra e suonare sul pavimento del palco o battere su oggetti, che lui stesso recupera nei backstages, tipo sedie, assi di legno, scatole per pizza e ogni sorta di cosa si possa percuotere, certe volte si lamenta della troppa pulizia del posto perch non riesce a trovare cose interessanti da incorporare nel suo kit percussivo! Spesso durante le esibizioni le sue bacchette si rompono e volano dappertutto, una port via una sigaretta dalla bocca di Mengelberg mentre suonava, un' altra fin in un occhio a una spettatrice rompendole gli occhiali, insomma l'energia di Bennink lo rende una macchina ritmica inarrestabile tanto che Keith McMullen racconta2 di esser stato molto in apprensione per l'incolumit di una
1 Filippo Bianchi, Musica Jazz 2004, inserto speciale su Han Bennink 2 Keith McMullen, NewCreativeMusic.com, Ottobre 2000

enorme statua di legno di Fra Junipero Serra, patrono del luogo, che si trovava vicino al palco praticamente vuoto dove si sarebbe esibito Bennink, la paura era che iniziasse a percuotere la statua facendola diventare il primo protettore dei batteristi e perci lui e l'altro organizzatore del concerto misero in conto un risarcimento per i possibili danni, sempre che non ci fossero stati assalti al pubblico. Nella pratica dell'improvvisazione c' anche la ricerca di qualcosa di sempre fresco, immediato, autentico e forse difficile, dopo pi di quaranta anni di musica, non ripetere delle cose ma il bello che Bennink, per quanto utilizzi certe volte del materiale che rievoca uno stile quasi arcaico, tipo gli assolo dei batteristi della vecchia scuola, riesce ad entrare in uno stato di creativit ed espressivit dove sembra che tutto accada in modo spontaneo, senza premeditazione, senza il ripetersi di formule che funzionano, evocando una tale vitalit e un senso di instabilit da non dare il tempo a chi lo ascolta di annoiarsi pensando a ci che sta succedendo. Cos il batterista diventa uno dei pi richiesti nell'ambiente della musica improvvisata europea e ha modo di suonare con i personaggi pi importanti del momento, Eric Dolphy, Sonny Rollins (che lui ricorda come il musicista e la persona che stima di pi in assoluto), Gary Peacock, Willem Breuker, Don Cherry, Derek Bailey e molti altri con i quali partecipa come protagonista alla nascita e la crescita di quella che viene definita "free improvisation" europea. Chiamato da Peter Brotzmann, nel 1968, registra "Machine Gun"3 (nomignolo usato da Don Cherry per Brotzmann) al quale partecipano Evan Parker, Sve Johansson, Willem Breuker, Fred Van Hove, Peter Kowald e Buschi Niebergall. Il disco ha le note di copertina pi brevi ma anche pi esaurienti di sempre, "Machine Gun: automatic gun for fast continuous firing" ed proprio quello che si sente ascoltandolo. Cos Bennink racconta come and la sessione di registrazione : "Lo registrammo in condizioni ridicole. Avevamo suonato a Brema fino a notte inoltrata e poi tutti avevamo cominciato a bere barili di birra, e voglio dire proprio barili. E alle tre e mezzo del mattino cominciammo a registrare. Suonavamo cos forte che era impossibile registrare: andava tutto in saturazione ed era impossibile distinguere i singoli musicisti; sembrava di stare sotto un bombardamento."4 Il disco nasce in un momento di forte protesta politica in tutta Europa e negli Stati Uniti, unisce musicisti da tutto il vecchio continente e inizia come un grido violento che afferma la ribellione ad una tradizione di musica colta occidentale e alla sempre maggiore importanza del mercato nella produzione musicale , completamente disinteressato a questo tipo di avanguardie, mettendo in chiaro definitivamente un processo, gi iniziato, di svolta della musica europea che oramai non vuole pi somigliare al jazz americano e cerca la sua identit con energia dirompente. Bennink un personaggio molto particolare, la cui attivit artistica appare contraddistinta da disciplina e artigianalit piuttosto che da genio e sregolatezza, in lui si vede un bravissimo artigiano con una fantasia e un' originalit fuori dal comune pi che un intellettuale e avanguardista che si esprime in modo concettuale; anche se la sua creativit comunque complessa e ricercata, trasmette una leggerezza incredibile, attraverso l'ironia e la cura del gesto improntato sull'immediatezza e sull'autenticit.
3 FMP CD24 (ma originalmente stampato in sole 300 copie per la piccola etichetta Bro) 4 Filippo Bianchi, Musica Jazz 2004, inserto speciale su Han Bennink

In sintesi le interviste che ho letto, la musica ascoltata, le esibizioni, i disegni e le sculture viste mi hanno fatto ricordare i sei punti che Italo Calvino descrive come proposte per il nuovo millennio in "Lezioni Americane" .Sono Leggerezza, Rapidit, Esattezza, Visibilit, Molteplicit, Coerenza e credo riassumano bene la figura e l'opera di Han Bennink, o almeno io ce le ho trovate tutte. Per finire vorrei riportare un buffo episodio che credo calzi a pennello con lo spirito del personaggio. Ho notato che spesso Bennink durante i concerti suona la batteria seduto su normali sedie invece di utilizzare gli sgabelli appositi e mi sono chiesto il perch, poi ho scoperto il motivo da una sua intervista con Fred Jung per il sito Jazz Weekly dove il giornalista gli fa una domanda sul suo rapporto con le sedie, visto che ha iniziato a suonare proprio su una di esse e continua tuttora a farlo volentieri, e Bennink alla fine dice: "Non mi siedo quasi mai su un vero sgabello per batteria perch una volta ho dimenticato di avvitarci sopra la seduta e mi sono fatto molto male alle parti basse".

Fonti: Filippo Bianchi, "Han Bennink", Musica Jazz 2004, Inserto speciale su Han Bennink Francesco Martinelli, "La scena Olandese", Musica Jazz (2004), Inserto speciale sull'Olanda Giuseppe Vigna, "Lo Swing? Non solo quello degli americani", Musica Jazz, (Novembre 1993) 32-33 Luigi Villa Freddi, "A proposito di avanguardia", Musica Jazz, (Maggio 1980) 46-47 Riccardo Bertoncelli, "L'importanza della verdura", Gong, (Febbraio 1977) 43-44 Roberto Masotti, "La parola al rumorista", Gong, (Febbraio 1977) 45-46 Richard Cook, "Turning a lot of Buttons", Wire n.29 (Luglio 1986) 31 e 48 Andrey Henkin, Drummer Han Bennink, All about Jazz 13 Marzo 2003 <http://www.allaboutjazz.com/php/article.php?id=208 > Efi group, Han Bennink, <http://www.efi.group.shef.ac.uk/mbennink.html > Kevin Whitehead, Han Bennink Biography, <http://www.hanbennink.com/music/biography/biography.php > Keith McMullen, Han Bennink, NewCreativeMusic.com (10 Ottobre 2000) <http://pfmentum.com/ncm/contents/interviews/hb_10_00.html > Fred Jung, A fireside chat with Han Bennink, Jazzweekly.com <www.jazzweekly.com/interviews/bennink.htm>

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