Sei sulla pagina 1di 2

I

i

;upe
menti
iama?
rappor
fico (in
(parere
Il'esilio;
lausibil
radiso, lo
l'impre
3tazione
ere con
:a politi
rgomen
arattere
[proprio
a tempo.
------=-
In tale dibattito si erano frQ.n.ti beo precisi..da.una.p_a.,rtej
Chiesa, fra i quali Bonifacio VIII, che nella boflUnam sal1e
tam (1302) la plel1itudo potestatis del Pontefice, cui sarebbero spettate
entrambe e"'(f1'raSPTrfUat";1tPll'a
lt
ra parte i fautori della
superiorit el otere politico su quello religioso, come ad esempio Marsilio da Padova,
c e ne Defel1sor paeis (1324) una dottrina totalmente laica dello statQ. Pur
senza arrivare ad una posizione radica,lpe-ritegnlbefl1na come di A4.miilio.-ed anzi
crccmdo di de1'inlfe del conJnJ precisi fra---rpor'iT'"deTl'eauegrandi istituzioni, Djlnte si
avvicina molto alle tesi di affermando l'esigen
za in la essere
unificata sotto la guida di'guest'unica [2S2fitj;a( '. .
=:=::::::::=--- . --
Sintesi dei contenuti
Libro I. Dapte. s\iiJu.ppa, una successione di serrate aummentazion logiche, la
necessll ({ella monarchia universale (temporalis MOl1archia) io di lIP WHico Impero al di
sopra di tutti gli altri rinci a . '. Poich infatti il fine terreno della vita corri
asslmo SVI uppo delle potenzialit conoscitive e intellettive dell'uomo, tale
scopo pu essere raggiunto nel migliore dei modi soltanto in una situazione di pace,.Ma
per lo stabile conseguimento di niv r tutti li uomini indis ensabile
: soltanto un imperatore, infatti" che gi governi tutte le cose
del mondo macChiW;a cupjSligi, cbe alimenta mcessantemente glt
scontri fra gli ugmjqi; senza co tare che a monar' '. .Jil
s' . .. QQIi!u:o al1'aut o(it
che governa il Dio unico deve essere il monar
c:.a che dirige ,
Ubro Il. Il problema storo ffrontato neLsecondO,Jjbro del tratt,l!:0
JOmaE,0. la legittimit
l!Dlversale.J2apte SI domanda, CIoe, se ti domInIO di Roma fosse fondato
sulla forza delle armi
era fra l'al
tro, I segm mlfac.?f>sl dellavore della ProVVidenza
fuga dI Enea da Troia, lo.rQ,.li riusQre ikuze Dumero
avevano falli1o,; il..!I1to che Cristo abbia accettato di farsi giudi
c!re da un all'autorit_
deTITrilpero: quell'autoritifCl1e, attraverso i secoli, si trasmessa, secondo Dante, fino agli'
imperatori il' lui contemporanei.
Ubro III. Dante affronta quindi il problema le "due gran
di luci" (duo lumil1ana ma-gna-?ffermando-cfi.ill potere deU'lmperatore non deriva da quel
lo del Papa, che storicamente pi recente, ma direttamente da Dio;,e quindi deve essere
autonomo e indipendente, nell'ambito che gli proprio, rispetto alla Chiesa. Le due grandi
istituzioni simili, come volevano i fautori deTpOteieae1':'
Papa;ar SoTe(T Chiesa) e alla Luna (l'Impero). ma sareooero Soli. <:;li...<imo
menti addotti a sostegno di questa tesi "gltibeHiIla" discendono da
pretazioni delle Sacre Scritture oppure da precise valutazioni di carattere storico: fra queste
ultime, in particolare, spicca quella relativa alla cos detta donazione di Costantino, ,(QDJa.
quale l'imperatore avrebbe donato alla Chiesa una parte del proprio territorio, dando cos
origine al potere temporale del . senz'?ltrQreale-ed
autentico (solo nel YJI secolo l'umanista Lorenzo Valla ne dimostrer,-sulla base di una serie
di prove filologiche, la falsit), ma tuttavia giuridicamente nullo, poich non si pu dona
re ci che non si possiede: in che gover
na, ma, come un vassallo rispetto al sosignore, ne investito soltanto provvisoriamente
il quale resta l'unico "proprietario" legittimo. .
Negando validit giuridica al documento, Dante si oppone cos in modo esplicito al pote
'. re temporale del papato.
Nell'ultima ue e diverse le mete..da
per l'umanit' la felicit neUa vita terrSlliL consisten e ne uon uso el e facolt umane,
e la beatitudine nella vita eterna, consistente nel godimento della visione di Dio in para
diso. Diversi sono ancne l mezzI per raggiungerle: nel primo caso le dottrine filosofiche, la
ragione e la pratica delle virt, nel secondo caso gli insegnamenti divini, che trascendono
la ragione in quanto fondati sulle virt teologali (fede, speranza e carit). Diverse devono
perci essere anche le guide: che sa 'er e, er quanto riguarda l'ambito tem
po . e iLi=> . :T:-4tml1- ei Tiiniti e e loro competenze,""e senza entrare
nello spazio l'une>..d l:altro,.. i saranno complementari eautonomi.
a!ferml.!'lQ9-)a...necessit che l'lml?eratore abbia ve'4
0
il raDa la stessa
cap. 7 - Dante Alighieri 261

che il figlio primogenito ha verso il padre, in modo tale che,
ell'autorltaspiTfuaTe:possa megliolTIuminare IaTeml, al cui governo,
posto da Dio stesso. che signore di tutte le e temporali (qui est omnium spi
ritualium et temporalium qubernator)
L'importanza dell'opera
Le tesi contenute nel trattato costituiscono il fondamento del pensiero politico di
Dante, come verr espresso in numerosi passi della Commedia e, con particolare ampiez
za, nel canto VI del Paradiso; e gi in questa funzione di preparazione al capolavoro del
poeta risiede un elemento di importanza del Monarchia.
Ci che pi notevole, per, la radicalit delle tesi di fondo qui sostenute, vale a dire la
necessit di un ordinamento politico universale e la distinzione tra potere spirituale
e temporale, che esprimono con forza la nuova concezione politica maturata dall'esule
Dante: un uomo solo, che non pi n Guelfo n Ghibellino ma che, essendosi posto al
di sopra delle parti. pu guardare alla crisi del proprio tempo secondo un'ottica pi ampia
e meno limitata di prima.
Pur conoscendo bene il dibattito fra chi favorevole e chi contrario al potere tempora
le del Papa, Dante se ne distacca energicamente, spostando la discussione dall'ambito
giuridico a quello filosofico, per sviluppare, sulla base di apporti di Aristotele, Boezio,
Agostino, Tommaso d'Aquino ed altri. un'organica e originale teoria politica
Dante, infatti, nel Monarchia, giudica il proprio tempo secondo una visuale etica e religio
sa, che tutto riconduce sotto il segno della fede, ma al tempo stesso (come dimostra il
procedimento rigorosamente deduttivo delle argomentazioni) attribuisce grande impor
tanza alle funzioni della ragione. Il disegno politico di Dante saldo e rigoroso come la
sua visione dell'universo e giunge ad elaborare una grandiosa architettura che non pu
mancare di affascinare anche il lettore moderno.
Quanto allo stile, bisogna mettere in rilievo la grande perizia retorica che sostiene nel
Monarcliia le argomentazioni dantesche, sempre fondate sopra una robustissima impalca
tura concettuale ed un saldo impianto razionalistico.
donazione di Costantino
\ da Monarchia, III, lO Coslmtinus impefiltor Imperii sedem. doniluit fcc/esie
La donazione di Costantino
Nel terzo libro del Monarcliia Dante affronta il problema del rapporto fra Impero e Papato, affermando che il
potere dell'imperatore non deriva dal papa, ma direttamente da Dio. Gli argomenti addotti a sostegno di tale
tesi si ricollegano sia ad interpretazioni delle Sacre Scritture sia ad elementi di carattere storico: fra questi ulti
mi, particolarmente importante quello che nega validit, ma non autenticit, al documento detto Donazione
di Costantino, a cui veniva a quel tempo fatta risalire l'origine del potere temporale del Pontefice. Sar solo
Lorenzo Valla, nel 1440, a dimostrare, con il suo opuscolo De falso credita et ementita Constantini donatione, che il
documento un falso.
Con il nome di Donazione di Costantino si indica un documento che l'imperatore Costantino avrebbe inviato a papa
Silvestro nel 313, allo scopo di definire le dignit ecclesiastiche e i beni temporali della Chiesa. Il testo, pervenuto
a noi in due redazioni (l'una latina e l'altrp greca) diviso in due parti: la confessio, in cui contenuto il racconto della
guarigion dalla lebbra di Costantino e la sua successiva conversione alla religione cristiana, e la donatio vera e pro
pria, in cui viene riconosciuta al Vescovo di Roma la supremazia su tutte le Chiese e sui quattro patriarchi orientali,
nonch la sovranit civile su Roma, la penisola italica e l'intero Occidente. Il primo a sollevare dubbi s\ll1'autenticit
di tale documento fu l'imperatore Ottone III nel Xsecolo. Il primo papa che se ne awalse fu Leone X.
X X
Dicunt adhuc quidam quod Constantinus imperator, Alcuni inoltre sostengono che l'imperatore
mundatus a lepra intercessione Silvestri tunc summi Costantino, mondato dalla lebbra per intercessione
Pontificis, Imperli sedem, scilicet Romam, donavit di Silvestro, allora Sommo Pontefice, don alla Chiesa
Ecclesie cum multis allis Imperli dignitatibus
1
. Ex quo la capitale dell'Impero, cio Roma, con molti altri
arguunt dignitates illas deinde neminem assumere dominii imperiali
l
. Sulla base di questo fatto, argo
posse nisi ab Ecclesia recipiat, cuius eas esse dicunt; mentano che da allora nessuno pu possedere quei
et ex hoc bene sequeretur auctoritatem unam ab alia dominii se non li riceve dalla Chiesa alla quale,
dependere, ut ipsi volunt. secondo essi, appartengono; e da ci conseguirebbe
logicamente che l'una autorit dipende dall'altra,
come essi pretendono.
l. Dicunt... diqnitatibus: cfr box di approfondimento, sopra.
262 Cap. 7 - Dante Alighieri

Potrebbero piacerti anche