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Cosa Sar

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Cosa Sar

Scritto da Andrea Gozzi

Luned 15 Novembre 2010 15:25

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Andrea Gozzi

Barbarano Vicentino, 13.08.2010

----------------------------------------------Cosa sar che ti fa comprare tutto anche se di niente che hai bisogno? Cosa sar che ti strappa dal sogno? cantava Lucio Dalla in una sua famosa canzone del 79. La domanda che pone il cantautore emiliano (mi perdoni se la estrapolo dal suo contesto originario) risulta di estrema attualit in un periodo in cui, dinanzi agli spiacevoli effetti della crisi finanziaria in atto dallottobre 2007, la maggioranza degli esponenti politici e rappresentanti istituzionali suggeriscono di esercitarsi generosamente nellarte del consumo al fine di, recitando la tanto cara cantilena, far girar leconomia. Un simile invito a spendere dovrebbe suscitare non poca perplessit in chiunque sia stato educato secondo quei principi di misura e sacrificio comuni alla societ che ha vissuto la povert precedente il boom economico degli anni 50, e tramandati poi alle successive generazioni (chi da bambino non ha ricevuto in regalo un salvadanaio per conservare i propri risparmi?). Perci ecco che, come da copione, a tale invito fanno seguito da parte dei pi, sindacati, federconsumatori e confindustria in testa, le richieste di misure di sostegno al consumo, ricchi incentivi per scongiurare qualsivoglia resistenza alla spesa da parte dei pi fedeli al valore della parsimonia. Di fronte ad una crisi economica mondiale di indiscutibile rilevanza, davvero la soluzione pi opportuna ostacolare la naturale propensione al risparmio della gente puntando invece alla promozione dei consumi? Parliamo di consumismo dunque. E questo il termine sovente utilizzato per porre in risalto, spesso in contrasto con un passato caratterizzato da minor agiatezza economica se non povert diffusa, quei costumi e stili di vita, oggi sempre pi diffusi nel mondo occidentale, caratterizzati da notevole disinvoltura nelle spese se non addirittura spreco di beni materiali, dissipazione di denaro, sfruttamento eccessivo di risorse naturali, o altro ancora. Su tale tema sono stati versati fiumi di inchiostro, un argomento ampiamente dibattuto da tempo, ancor prima che gli odierni movimenti no global ne facessero un cavallo di battaglia imputando allodiato capitalismo e al libero mercato la responsabilit di tale malcostume. Non di rado vengono proposte suggestive ricostruzioni con protagonisti astuti uomini di potere asserviti al Dio Capitalismo in grado di tramare loschi complotti nei confronti della collettivit e riuscendo nel loro intento di spingere capziosamente le persone allacquisto di generi inutili, soprattutto sfruttando larma pubblicitaria a loro disposizione. Analisi, queste, sovente inficiate da unideologia politica che, per lo strenuo sforzo di collegare il libero mercato al consumismo, non consente una lucida analisi del problema conducendo a ricostruzioni a volte superficiali o incomplete, in altri casi inesatte e fuorvianti. Una

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tematica cos complessa richiede invece una disamina approfondita che non si limiti ad una critica delle decisioni politico-economiche che hanno contribuito al radicale mutamento dei moderni costumi e stili di vita, ma che possibilmente delle stesse ne indaghi e motivi lorigine. Iniziamo la nostra riflessione prendendo in considerazione due concetti fondamentali: consumo e risparmio. Il primo consiste in un impiego immediato di risorse, atto a soddisfare esigenze pi o meno necessarie ed impellenti. Il secondo guarda al futuro: il soggetto decide di sacrificare parte del suo potenziale consumo ai tempi a venire, per garantirsi maggiori sicurezze di fronte ai possibili imprevisti e per accumulare capitali indispensabili per lacquisto di beni strumentali altrimenti troppo costosi. Dal momento che lallocazione delle risorse determinante per la sopravvivenza stessa delluomo, questo avr tutto linteresse a operare scelte preferenziali ponderate. Concedere allindividuo libert decisionale in tale ambito dunque garanzia di una distribuzione virtuosa di ricchezza tra risparmio e consumo. Viceversa laccelerazione dei consumi cui stiamo assistendo oggi sintomo di una qualche interferenza esterna. Interferenza degli Stati nazionali (ed annesse istituzioni sovranazionali) che, attraverso le iniziative politiche ed economiche dei governi e delle banche centrali, producono una violenta distorsione del contesto in cui opera il cittadino, influenzando negativamente le scelte di questultimo. A questo punto dovrebbero delinearsi in modo pi nitido le conseguenze di quelle misure di sostegno ai consumi citate nellintroduzione, la cui portata generalmente sottovalutata. Incredibile come gli aiuti di Stato siano accolti con entusiasmo da tutte le parti, dal momento che il solo ricordo del panem et circenses, cui ricorrevano gli imperatori romani per distogliere lattenzione del popolo dalla decadenza dellimpero, dovrebbe suscitare non poche perplessit in merito al loro reale effetto. Purtroppo gli incentivi rappresentano solo la punta di quelliceberg che linterventismo dellAutorit politica ed economica nelleconomia privata dei cittadini, poich ingerenze ben maggiori sono prodotte da misure meno evidenti e meno pubblicizzate. Si pensi agli imponenti interventi messi in atto da vari Stati negli ultimi due anni per salvare dal fallimento le numerose banche che si erano cimentate in spericolate operazioni finanziarie innescando la crisi finanziaria stessa. Si osservi come le Banche Centrali riescano a manipolare il tasso di interesse generale delleconomia, che altro non se non il prezzo dei beni futuri in termini di quelli presenti, in altre parole la valutazione della rischiosit del futuro. Cos nellodierna crisi economica, dove il rischio nelle operazioni finanziarie assai elevato, ci si ritrova, contro ogni ragionevolezza, con un tasso di interesse ai minimi che, se da un lato mette una toppa ai bilanci nazionali altrimenti in default a causa degli immani debiti pubblici frutto di una dissennata politica economica, dallaltro funge da inevitabile invito al consumo piuttosto che al risparmio. Si guardi alle eccezionali manovre inflazionistiche di quantitative easing, ossia creazione di moneta e sua iniezione nel circuito economico e finanziario, che negli ultimi due anni, allargando la base monetaria degli Stati e inondando di liquidit il mercato, hanno allentato la stretta creditizia per rilanciare investimenti e consumi. Infine si provi a rivalutare in questottica tutte le pi svariate forme di assistenzialismo statale contenute in quel calderone chiamato welfare di Stato. Appare evidente dunque come lAutorit intervenga nella societ e nel mercato sforzandosi nel sostenere una stabilit e una solidit del sistema del tutto fittizie. Limperativo diffondere sicurezza per non far crollare la fiducia della gente in un benessere economico eterno, che molti indizi rivelano invece essere illusorio. Si viene dunque a creare una situazione nella quale il soggetto che deve decidere tra consumo e risparmio ha una visione completamente distorta del rischio che rappresenta il futuro. Interessante pure esaminare come si finanzino questa serie di interventi. Se diamo per assodato che, come sovente si potuto constatare, attraverso le entrate da tassazione lo Stato non riesce nemmeno a coprire quelle

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che sono le ordinarie voci di spesa che compongono il bilancio nazionale, va da se che le risorse per le suddette misure di interventismo economico possano recuperasi o attraverso il debito oppure rubando. E, ahinoi, ad entrambe queste soluzioni che ricorre lo Stato. La gravit del debito pubblico e il continuo ricorrervi non certo sconosciuta alla cittadinanza, tuttavia triste riscontrare come sembri esserci una rassegnazione a riguardo, con i governanti volti a convincere il pubblico che lindebitamento una consuetudine normale nella gestione della contabilit nazionale. E quando gli speculatori, scopritori avveduti, svelano una gestione dissennata dellapparato statale scommettendo sul fallimento dello stesso - vedi il caso Grecia -, contro di essi che si scaglia laccanimento mediatico anzich ricercare il vero responsabile, il mal governo del bene pubblico. La realt che il debito resta un modo per rinviare al futuro le difficolt attuali, e in questo procrastinare la resa dei conti accollare il peso di tali debiti alle generazioni future, pregiudicandone le possibilit previsionali e di pianificazione. Veniamo alla seconda strada a disposizione degli Stati, quella del furto. Questa pratica ricorre ad un meccanismo pi subdolo, che fa capo al fenomeno dellinflazione. Gli interventi sopra descritti fanno parte di quella politica economica intrapresa nel mondo occidentale basata su una crescita inflazionistica, dove gli investimenti spesso non sono pagati dai risparmi bens dal credito prodotto dalla Banca Centrale. Credito divenuto fisiologico per il sostentamento del sistema dal momento che ad un eventuale calo del tasso di crescita dellofferta di moneta corrisponderebbe un rallentamento delleconomia. Purtroppo il rovescio della medaglia il carovita che inevitabilmente consegue ad una stampa artificiosa di moneta che non rispecchi una reale ricchezza (beni, capitali, risparmi) presente nel sistema. Infatti se dalloggi al domani raddoppia la quantit di moneta in circolazione, logica vuole che si dimezzi il valore del denaro. Ecco come i risparmi delle famiglie vengono lentamente quanto inesorabilmente erosi, e drenati silenziosamente dal cittadino risparmiatore al sistema bancario che lo ridistribuisce nel sistema del consumismo. Per questo motivo numerosi commentatori economici hanno definito il salvataggio delle banche operato negli ultimi anni dagli Stati come una delle pi colossali operazioni di socializzazione delle perdite, gli utili essendo stati precedentemente privatizzati. Pertanto lattuale assetto socio-economico, di cui il consumismo un pilastro portante, pu considerarsi il risultato del moderno orientamento politico-economico basato sui concetti di interventismo statale e sistema monetario fiduciario. Orientamento che trova il suo scudo scientifico-ideologico nelle teorie economiche elaborate agli inizi del secolo scorso da J. M. Keynes le quali, diventando la principale scuola di pensiero economico del XX secolo, tuttoggi ispirano gli indirizzi economici degli Stati occidentali. Una dottrina che professa la necessit di un attivo intervento pubblico diretto a espandere la spesa globale mediante consistenti investimenti pubblici, nonch stimolare leconomia attraverso l'emissione di carta moneta del tutto disancorata dal sistema aureo. Indicando nel binomio investimenti-consumo il presupposto per un benessere economico diffuso, il keynesianesimo ha posto le basi del moderno sistema consumistico. Di Keynes bene ricordare lo sciagurato consiglio eat, drink and be merry, for in the long-run we are all dead (bere, mangiare e divertirsi, perch nel lungo periodo siamo tutti morti). Taluni saranno sorpresi, ma lorigine del consumismo risiede nellassenza di libero mercato, nelleccesivo interventismo dello Stato, checch si cerchi di spacciare quello attuale come un sistema laissez-faire. Le conseguenze di siffatta concezione politico-economica sono visibili a qualunque osservatore attento. H. H. Hoppe in Democrazia: il dio che ha fallito avverte su come linterventismo di Stato, soprattutto nei suoi aspetti assistenzialistici, contribuisca fortemente a quellorientamento al presente tipico della nostra societ: Sollevando progressivamente gli individui dalla responsabilit di dover provvedere alla propria salute, sicurezza e vecchiaia, la sfera e lorizzonte temporale dellazione di previdenza privata si sono ridotti. In particolare il valore del matrimonio, della famiglia e dei figli diminuito, perch di tutto questo si ha meno bisogno quando si pu fare 1 affidamento sulla pubblica assistenza . Un orientamento al presente che pu togliere ai giovani quellingrediente fondamentale che il sogno, cosicch anzich vedere giovani lungimiranti fonte di speranza e rinnovamento del futuro, osserviamo ragazzi sempre pi apatici e rinunciatari. Cos le famiglie si allarmano, la scuola non sa pi

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cosa fare. Solo il mercato si interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove ci che si consuma la loro stessa vita, che non riesce pi a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa . Discutere e ragionare su questo genere di tematiche non certo semplice, e probabilmente i pi la considereranno una inutile perdita di tempo, dal momento che per il singolo individuo la considerazione del proprio ruolo allinterno delle dinamiche socio-economiche nellattuale epoca della globalizzazione risulta generalmente irrisoria. Perch dunque sprecare energie attorno a tali argomenti apparentemente imprescindibili ed inesorabili? Se avere ancora un proprio destino o essere considerato un numero: questa la decisione che oggi sta di fronte a tutti, ma che ciascuno deve prendere da solo , scriveva E. Jnger, filosofo tedesco del 900. Ognuno quindi pu scegliere come affrontare le su citate questioni. Eluderle con disinteresse certo la via pi comoda, ma chiunque non si arrendi ad essere un numero non pu non cercare delle possibili spiegazioni, non gi con la pretesa di autodeterminare il proprio destino, sarebbe a dir poco ambizioso, ma quanto meno per prendere coscienza del funzionamento della societ in cui ciascuno inevitabilmente chiamato ad agire. In tal modo, forte di questa coscienza, chiunque abbia un minimo di dignit pu riuscire ad agire secondo valori e principi che reputa pi giusti di quelli predominanti oggi giorno, riuscendo, se necessario, ad andare contro corrente, dove la corrente lo stile di vita superficiale, incoerente ed illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrit , per dirla con le parole di Benedetto XVI, che in diversi momenti ha manifestato la propria attenzione circa le forti interrelazioni tra la sfera economica e quella socio-religiosa. Tuttavia soprassediamo agli aspetti etici e morali della questione che per la loro importanza richiederebbero una trattazione completamente ad essi dedicata. Se la storia ci insegna che luomo impara dalla scienza e dalla tecnologia, ma riguardo a guerra e finanza spesso ricompie gli stessi errori, auguriamoci sbagli L. von Mises quando ammonisce che non c' alcun modo di evitare il collasso finale di un boom causato dall'espansione creditizia. La scelta soltanto tra una crisi immediata o un ulteriore espansione creditizia, che, porter successivamente ad una catastrofe totale con il coinvolgimento dell'intero sistema valutario . Perch se la conclusione prevista dallo storico economista di scuola Austriaca fosse vera, il futuro prossimo avr notevoli difficolt da sottoporci. Lungi dal considerare alla stregua di un assioma quanto sin qui scritto, la speranza che perlomeno possa suscitare curiosit ed interesse avvicinando il lettore a tematiche che generalmente il pubblico tende a considerare di competenza riservata ai soloni della politica e delleconomia. Perch pur condividendo le parole di K. Gibran, secondo cui preferibile essere un sognatore tra i pi umili, con visioni da realizzare, piuttosto che il principe di un popolo senza sogni n desideri, soddisfazioni maggiori si ottengono realizzando i sogni. E in questo caso per riuscirci bisogna essere in compagnia.
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Andrea Gozzi Note 1. Hans-Hermann Hoppe, Democrazia: il dio che ha fallito, Liberilibri, Macerata 2006 2. Umberto Galimberti, Lospite inquietante Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2007 3. Ernst Jnger, Der Waldgang, 1951 (traduzione italiana, Trattato del ribelle, Adelphi, Milano 1990) 4. Benedetto XVI, Udienza Generale - Mercoledi delle Ceneri (17.02.2010) Ludwig von Mises, Human Action: A Treatise on Economics, 1949 (trad. it. L'azione umana, UTET, Torino 1959) < Prec. Succ. >

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