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COLLANA

Il Cammino del Viandante

Libro I

EDIZIONE SPECIALE
FEDERICO BELLINI

L’UNIVERSO
ESOTERICO
Volume I
Centro Studi Federico Bellini
www.centrostudifedericobellini.wordpress.com

Titolo originale: L’Universo Esoterico - Volume I


Collana: Il Cammino del Viandante - Libro I
Autore: Federico Bellini
Copyright 2019: Federico Bellini, Calcinaia (Pisa)
Prima edizione: maggio 2019
Edizione Speciale

Revisione, Editing e Impaginazione: Federico Bellini


Riquadro di Copertina: Opera di Lorella Leonetti
Design e Grafica di Copertina: Riproduzione Grafica d’Au-
tore (Opera Derivata) di un’immagine di dominio pubblico
tratta da internet
Note Legali: Tutti i diritti sono riservati. A norma di legge è
vietato copiare, tradurre, pubblicare e riprodurre tutti i con-
tenuti di questo Libro con qualsiasi mezzo (elettronico,
meccanico, manuale), salvo l'autorizzazione dell'editore o
dell'autore

Printed in Italy
Stampato in Italia
Presso Press Up s.r.l. di Roma
su carta da fonti gestite in maniera responsabile
Note173
«La Conoscenza è nel Mondo,
la Verità è nell'Uomo.»
(Federico Bellini)
1

Premessa

«Papà, lo sai? Nel cuore si trova l'Amore...»


(Shanti Sofia Bellini)

Nessuna forma, sostanza ed essenza. Osservo


così l'incedere del Tempo, tra le silenziose nebbie
mattutine e le notti tenebrose illuminate dalle mute
Stelle siderali. Una sola domanda echeggia nel nul-
la: "Io chi sono?" Dietro ognuno di noi c’è una storia.
Non siamo fatti di soli organi genitali. E che ci piac-
cia o no, tutti quanti abbiamo incarnato, di vita in
vita, il ruolo della Vittima o del Carnefice, così come
ognuno di noi è sia un Arconte che un Demiurgo, e
ovviamente il loro Schiavo, perché è nella nostra
stessa Natura esserlo…
Le persone sono profondamente sole e spesso
disorientate, non per niente viviamo in una Società
che potremmo definire “Alienante”, stracolma di
pazzi da dover gestire quotidianamente, nel mentre
siamo circondati da altri individui che fanno finta di
essere “Normali”, quando in realtà nascondono il
peggio di sé. Perché siamo piccoli, tronfi del proprio
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Ego, stupidi, ma è anche tutto questo che ci rende


straordinariamente imperfetti.
Vedete, le persone vivono la loro vita inseguen-
do degli assolutismi. Non solo lo fanno nella quoti-
dianità (basta osservare la politica), ma soprattutto
nelle relazioni, sia di amicizia come soprattutto in
quelle amorose. "Tu sei mio/a", "Desidero solo te
(o il suo corpo)”, "Sono geloso/a", "Ci siamo solo
noi due", etc. In realtà non è mai così, e vi spiego
anche il perché. Gli assolutismi sono un ulteriore li-
vello dell'illusione interno del “Sistema” in cui vivia-
mo, fatto di dinamiche e meccanismi.
Durante la prima fase dell'innamoramento si in-
staurano quei processi, che se non maturati, porte-
ranno la coppia a cristallizzarsi su alcune dinami-
che che si perpetueranno per il resto della loro re-
lazione, sino a quando quella stessa fase non verrà
trascesa da entrambi, o decanterà a seguito del
passare degli anni, o a causa dell'invecchiamento.
Un assolutismo, in realtà, non esiste in esclusiva
per una specifica coppia che va a formarsi, ma per
assurdo è esattamente uguale a ciò che si ripropo-
ne all'interno della maggior parte delle coppie di fat-
to che vanno a costituirsi.
Il partner, perciò, non è la persona più giusta o
idonea a noi in assoluto, ma semplicemente va in
quel momento a riempire un mancamento, un biso-
gno o un vuoto che altri potenziali partner non sono
in grado di aiutarci a risolvere, sia perché inade-
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guati (se presenti), sia perché inesistenti (in quanto


non ancora conosciuti). Idealmente ognuno potreb-
be colmare quella necessità di assolutismo, sem-
plicemente è il contesto conoscitivo che ci permette
di scegliere la persona più idonea, in quel preciso
momento, per adempiere a tale compito.
L'Amore, invece, è un'altra cosa, perché in que-
sto caso, passato il periodo dell'innamoramento e
dell'infatuazione, degli assolutismi, dei meccanismi,
il rapporto si trasforma in qualcosa di stabile, dura-
turo, maturo, che va ad abbracciare ogni ambito del
proprio quotidiano, sia singolo che di coppia, ap-
portando quell'armonia necessaria in grado di dare
inizio ai più importanti progetti di vita insieme.
Per questo motivo, cerchiamo la bellezza ovun-
que, persino nei luoghi più lontani e/o sperduti al
Mondo, non comprendendo che è già dentro ognu-
no di noi…

Un giorno, verso l'ora di pranzo un piccolo merlo


si posò sul tavolo di pietra, nascondendosi tra i miei
bonsai, in giardino. Arrivato chissà da quale nido,
forse al suo primo tentativo di volo, si era nascosto
restando in attesa. Un poco intimorito si era persino
lasciato avvicinare, ma seppure avessi potuto pren-
derlo e spostarlo, dargli da mangiare qualcosa, alla
fine decisi di non fare niente e aspettare.
Poco dopo, arrivò la mamma, volando sopra il
giardino e cinguettando stridula, a cui lui risponde-
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va galvanizzato. Nel giro di pochi minuti si presentò


anche un piccolo gruppo di altri merli, probabilmen-
te il resto della famiglia, a volteggiare sopra il giar-
dino e sui tetti limitrofi, cinguettando tutti a squar-
ciagola.
La mamma, dopo vari tentativi si posò finalmen-
te sul tavolo, beccandosi con il figlio ripetutamente,
poi si guardarono per alcuni istanti e alla fine spic-
carono il volo. Il piccolo, inizialmente poco prati-
co, fece un balzo verso il tetto della casa di fronte,
mentre i suoi continuarono a volare attorno a lui e
poi se ne andarono; lui rimase lì ancora a guardarsi
attorno, e alla fine volò via con loro. Cosa ci inse-
gna la storia di questo piccolo merlo? Che nono-
stante avessi potuto aiutarlo, è stato meglio non fa-
re niente, perché il migliore supporto che posso a-
vergli dato, quel giorno, fu solo quello di osservarlo
mentre, da solo, spiccava il volo…
Gli Uomini sono deboli, e sovente la loro Mente
scava profondi solchi in quelle sue debolezze. Sia-
mo come quei tanti insetti che sbattono sui vetri
delle auto, o quelle formichine che ogni giorno ven-
gono schiacciate durante il nostro incessante cam-
mino in questo meraviglioso Mondo. Le persone,
più cercano di liberarsi dai propri parassiti, e più
non sanno come liberarsi dal potere inconscio con
cui agiscono, sempre schematico, meccanico, pro-
grammatico.
5

E la missione di questo mio sterminato lavoro,


non è quella di darvi delle risposte, ma nel porvi del-
le continue domande, per scuotervi dal torpore. Io
non porto la quiete, ma l'inquietudine, io non fermo
il movimento, ma metto in cammino, non blocco,
ma lascio fluire ogni cosa. A voi tocca orientarvi con
il vostro vissuto, la vostra esperienza, il vostro sen-
tire, a voi il compito di trovare tutte le risposte di cui
necessitate per proseguire questo grandioso pere-
grinare.
Alla fine, deve essere la tua persona, la tua stes-
sa Essenza ad agire e muoversi, non io, come non
dovrai mai cercare in me e in nessun Maestro di
questo pianeta ciò che è già dentro di te. Hai paura
di sbagliare? Di fallire? Hai bisogno di appoggiarti?
Di una figura paterna o materna che ti protegga?
Ciò che accade qui è un riflesso di quanto accade
lassù. Ciò che stai vivendo adesso nel quotidiano è
ciò che stai vivendo dentro di te; cerca la radice e
capirai dove andare.
Non trovi in te ciò che sai già? Qualcosa ti ferma?
Ti fa titubare delle tue possibilità? Non sai cosa cer-
care veramente? È bene che tu sappia che l'Uni-
verso si regge attraverso l’Equilibrio, l’Armonia, nel-
l'incessante desiderio di muoversi con un preciso
movimento. Se porti disordine, ci saranno caos ed
alterazione, se porti ordine, ci saranno leggi e con-
trollo. Eccessivo caos distrugge, eccessivo ordine
annichilisce, perché in entrambe le polarità ti annul-
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li. È attraverso l'Equilibrio che sperimenti l’estremo


di ogni cosa, e in quel Centro arrivi a imparare a co-
noscere persino l’Infinito.
Si nasce, si vive, infine si muore. Nel mezzo si
ama e si odia, si ride e si piange, facendo esperien-
za della vita stessa. Tutto questo è semplicemente
l'incessante cammino della Coscienza Universale.
Prendiamo ad esempio la mia Vita. Una storia co-
me tante, e in teoria chiunque potrebbe aver fatto
o fare un percorso simile al mio, anche migliore,
solo che i più decidono di non farlo per comodità ed
asservimento nei confronti di questo “Sistema”.
Nell’attuale dimensione fisica e materiale sono
un “Terrestre” anche io, ma dentro e fuori di qui non
lo sono, seppure resti comunque “Umano” come
tanti di noi (anche se molti altri sono qualcosa di
diverso), ma nonostante le apparenti diversità, alla
fine, siamo tutti quanti la stessa “Cosa”. Provengo
da molto lontano, e sono molto, molto vecchio. So-
no venuto qui per espiare degli antichi errori, cri-
stallizzatisi nel Tempo, ma all’epoca eravamo inco-
scienti, alle prime armi, ed era facile fare degli sba-
gli.
Venni incaricato di occuparmi di un’ampia regio-
ne della nostra Galassia, ad oggi chiamato il Brac-
cio di Orione, una zona dove si trovano tutte le Co-
stellazioni e Stelle a noi note, compreso il Sole. La
mia Stella, la mia casa, si trovava vicina a questo
Sole, a soli 16 anni luce di distanza, essendo quasi
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compagne. E da allora ho ricoperto il ruolo di con-


trollore su ciò che qui accade, e registrare ogni e-
vento di questo Quadrante cosmico, perché qui ci
sono molti Soli Abitabili, la Vita, e tante, tantissime
Civiltà Umane ed Aliene, e con esse un’immensa
energia creativa.
Ero in questo Sistema Solare già dai tempi della
Civiltà Venusiana, ad osservare, ed ho visto tutto
quello che accadde allora, la sua nascita, lo svi-
luppo e la morte. Vidi l’arrivo degli “Altri”, del sor-
gere del “Nuovo Ordine”, dei primordiali Demiurghi,
i loro Arconti che adesso qui dominano. Come po-
tete intuire non ne parlo o scrivo mai pubblicamente,
perché in molti, troppi, non capirebbero, essendo
così presto ancora per l’attuale Umanità, compren-
dere queste esperienze e le conoscenze che vi si
celano.
E per non dare nell’occhio, quale incarnazione
più idonea, scelsi un corpo piccolo, gracilino, bar-
buto, da mezzasega cazzuta, come si dice qui in
Toscana, la terra dove sono nato ed abito in questa
mia ultima esistenza. Come Gandalf, faccio il Gri-
gio Viandante, passo inosservato, ma continuo ad
operare nel silenzio, continuando a portare avanti
pazientemente il mio lavoro di osservatore.
Sono al tempo stesso un’emanazione, come lo
siete anche voi, un’emanazione di quella forza che
qui ha il compito di osservare, appunto, incarnata
però in Federico. Come c’è chi incarna l’emanazio-
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ne della Madre, del Padre, del Politico, del Profeta,


del Docente, del Medico, del Guardiano, etc. Tutte
Forze a-temporali e a-spaziali, imperiture, cristalliz-
zate all’Origine del Tempo, sempre pronte a fare la
loro parte, l’esperienza nella Materia per compren-
dersi, perpetuandosi in infinite possibilità.
Per alcuni di voi la mia storia potrebbe sembrare
folle, e forse lo è anche davvero, per altri potrei pas-
sare per quello che invece vuole sentirsi importante.
Per questo motivo, sino ad oggi non l’ho mai rac-
contata, per il fraintendimento o le maldicenze che
avrebbe potuto scatenare, - come in buona parte
non è poi nemmeno interessante che si sappia “chi
e cosa io sia” -, non sono qui per dirvi, “guardatemi,
sono il vostro controllore, con il compito di archivia-
re cosa combinate in questo folle Mondo!” Sempli-
cemente sono qui perché devo esserci, perché tutti
siamo unici, speciali, perché tutti quanti noi prove-
niamo dalle Stelle. Il problema degli Uomini è che
vivono dentro dei limiti, dei confini, per questo moti-
vo hanno creduto nella Divinità, nelle Religioni, le I-
stituzioni. In un Dio, si, ma finito, chiuso, egoista,
specchio di quella stessa Umanità che non sa ve-
dere oltre, in quell’oltre dove c’è il Tutto e ci siamo
anche tutti noi.
Noi non siamo Niente, e siamo Tutto nel mede-
simo istante; in quel Mezzo si trova l'Equilibrio. Ov-
vio, ognuno si incammina verso il luogo che si è
creato: se nasci e cresci in una cultura religiosa che
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ti insegna che esiste l'Inferno, all'Inferno ci andrai


davvero, perché è la proiezione mentale di tutti co-
loro che ci hanno creduto e continuano a crederci.
Perciò, la nostra vera schiavitù è credere in qual-
cosa di esterno, mentre la libertà è semplicemente
imparare ad ascoltare sé stessi.

«L’Uomo è la specie più folle: venera un Dio in-


visibile e distrugge una Natura visibile. Senza ren-
dersi conto che la Natura che sta distruggendo è
quel Dio che sta venerando.»" (Hubert Reeves)

Ci reincarniamo così tante volte per provare o-


gni tipo di esperienza possibile, e l'unico filo con-
duttore di tutte, non è l'Amore che hai provato, la
gioia per un evento, ma il grado di sofferenza su-
bito... raggiunto il punto di sofferenza più indicibile,
fai il passo successivo, prendi coscienza e consa-
pevolezza di tutto, e l'Amore, la gioia, la felicità, l'e-
stasi, quella vera e reale, arrivano solo dopo che
hai superato la sofferenza e non prima, perché ciò
che pensi di vivere, o aver vissuto nel frattempo,
sono solo mere illusioni materiali.
Spesso mentiamo a noi stessi credendo di aver
trovato una perfezione che non c'è. Ma quanto sia-
mo sinceri nell'ammettere i nostri limiti, e quanto
siamo coraggiosi da oltrepassarli? Il bisogno di A-
more non è Amore, ma è solo un bisogno. Molti cre-
dendo di amare, in realtà riempiono un vuoto.
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Riflettiamo un attimo su cosa si è da sempre ba-


sata la nostra idea di Amore, perché alla resa dei
conti è un termine a cui abbiamo affibbiato una
forma di energia, e che umanamente abbiamo rico-
nosciuto come tale, dopo averla sperimentata e se-
dimentata nel corso dei millenni.
Infatti, la letteratura, la filosofia, molte storie sen-
timentali, i matrimoni, o la stragrande maggioranza
delle unioni umane, si sono sempre basate sull’i-
dea dell’Amore come bisogno dell’altro, la posses-
sione, la gelosia, la necessità, lo struggimento, la
passione, persino il sesso, ma questi sono solo bi-
sogni per colmare un vuoto o appagare delle ne-
cessità. Contrarre un matrimonio si dice, perché al-
la fine di un accordo, di un contratto, si tratta. Per-
ché i più si uniscono per soddisfare dei bisogni e
colmare delle mancanze, per non sentirsi soli e inu-
tili, e non perché condividono pienamente quel sen-
timento.
Conosco molte persone che più del loro partner
sono innamorate dell'Amore. Inseguono un ideale,
ma così non troveranno mai il compagno giusto per
loro. E in questo continuo contraltare, l'uomo e la
donna sono e si comportano come un ulteriore for-
ma raffinata di Dualità, ma su un diverso piano e-
nergetico, incarnando entrambi i poli ed alternan-
dosi. Ma come la Dualità ci insegna, la stragrande
maggioranza di ciò che produce è illusione, così
anche l'Amore di una coppia. La vera trascendenza
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duale è rara, così come nell'Estasi, nella coppia o


nel Vero Amore, ma non impossibile.
E sono fermamente convinto che esistano ben
tre forme d'Amore: il Vero, l'Autentico e l'Illusorio. Il
Vero Amore è quello che si prova per un figlio, o
una persona molto cara, perché è spontaneo, na-
turale, viscerale e genuino. L'Autentico è l'Amore
che si prova all'inizio di ogni storia, coinvolgente,
passionale, se vogliamo anche ormonale. L'Illuso-
rio, invece, ci fa credere nei sogni, nelle speranze
vane, le aspettative mai ripagate, e che quando
non si realizzano, fanno andare tutto in frantumi.
Ma poi c'è anche l'Amore Eterno, il più difficile, per-
ché possiamo provarlo solo per noi stessi... e se ar-
rivi ad amarti così tanto puoi amare tutti incondizio-
natamente.

«Lasciate cadere ciò che vuole cadere; se lo


trattenete, vi trascinerà con sé. Esiste un vero A-
more che non si occupa del prossimo.»
(Carl Gustav Jung)

Tempo fa, dopo la lettura di questo bellissimo


aforisma, mi venne chiesto: "Che tipo di Amore è,
Federico?" Ed io risposi: "Un Amore che non ha no-
me, attaccamenti, gelosie, possessioni. Un Amore
che ti pervade, un'Estasi dell'Anima, che ti mantie-
ne in comunione con il Creato, e l'Universo intero."
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Di nuovo mi fu chiesto: "Ambisci a questo o l'hai


in qualche modo già vissuto? Non è un Amore U-
mano..." Ed io infine risposi: "Sarebbe questo il Ve-
ro Amore Umano."
Si, sarebbe questo quello che viene definito il
"Vero Amore", soltanto che ce lo siamo dimenticati,
per bisogno, comodità e mero interesse, come ci
hanno fatto credere che fosse ben altro, quale il
servizio, il bisogno, l'attaccamento, la possessione,
la gelosia, il desiderio, il sesso. Perché il "Vero A-
more" non chiede niente in cambio, ma dona incon-
dizionatamente, non si aspetta nulla, ma semplice-
mente è pura energia.
Cos’è l’Amore? Nessuno lo sa… Inconoscibile,
misterioso, insondabile, profondamente mistico, u-
niversale, l’Amore avvolge le nostre esistenze, le
nostre vite come un impalpabile nebbia. È sofferen-
za quanto gioia, è tristezza quanto bellezza, è im-
potenza quanto passione, è niente quanto l’immen-
sità più totale. L’Amore ti guida a fare esperienze,
ti costringe a delle scelte, ti obbliga a perseverare,
perché l’Amore sa renderti unico quanto completa-
mente inutile, come infine semplicemente realizza-
to.
L’Amore inizia, così, quando sai riconoscere i
tuoi limiti e nel momento in cui comprendi di non
poterli superare, concedendo all’altro la libertà di
poter scegliere della propria vita, delle proprie ne-
cessità, permettendogli di essere libero, librandosi
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nell’aria come una farfalla, senza legami, imposi-


zioni, restrizioni, catene. Perché l’Amore non si rea-
lizza con un matrimonio, come con delle etichette,
con ciò che la famiglia o la società vuole e ritiene
più giusto per te e che così dovrebbe essere, sem-
plicemente si manifesta quando riconosci nell’altro
ciò che sei veramente, mettendo a nudo te stesso,
spogliandoti di tutte le tue illusorie certezze, e rico-
minciando dal principio, come un bambino appena
nato. Questo per me è l'Amore.
L'Amore lo comprendi quando ne fai esperienza
diretta tu stesso. Non te lo insegna nessuno che
cosa è l'Amore. Può venire qualsiasi Civiltà Evoluta
dell'Universo a dirti "Questo è il mio Amore!", ma
sarà sempre il suo Amore, e non il tuo, o il vostro.
Ed è quando impari ad amare che allora comprendi
che anche l'Universo è Amore Assoluto. Perché se
non comprendi l'Amore che prima nasce dentro te
stesso, non comprenderai mai l'Amore che ti viene
dall'esterno.
L'Amore arriva sempre quando meno te lo a-
spetti, nel momento in cui smetti di cercarlo. E an-
che quando pensi di averlo trovato, non acconten-
tarti, devi continuare ad immaginartelo. Perché ciò
che credevi fosse Amore, ti accorgerai che è sem-
pre stato solo un'ideale che perseguivi. L'Amore,
quello vero, in realtà, inizia laddove la libertà di en-
trambi si sublima in quell'estasi dello stare insieme,
del riconoscersi, nell'essere complici, amici ed a-
14

manti, individui, singoli, ma uniti nel Cammino, e


mai immersi negli schemi rigidi della società, fatta
di falsi moralismi, delle dicerie, delle voci civettuole
o delle gelosie.
Nel momento in cui ti riconosci nell'altro rivedi te
stesso, e se tu sei libero, lo sarete anche entrambi,
come solo da quel momento il vostro Amore non a-
vrà più confini. L'Amore è un gioco di equilibri e il
perdono è parte integrante dell'Amore stesso.
Qualsiasi rapporto di coppia è comunque co-
struito su aspettative, spesso disattese, di segreti,
verità nascoste, sovente persino di tradimenti, ma
questo non ne sminuisce il significato o l'Amore che
due persone provano l'uno per l'altro; a meno che
non ci sia la necessità, in entrambi, di riempire una
mancanza.
Nel Vero Amore si riesce addirittura a perdonare,
per quanto non possa essere facile, come è nella
comprensione, nella complicità con l'altro, nel met-
tersi 'a nudo' (ovviamente non fisicamente), che ci
si riscopre affini e anime gemelle, ma deve essere
un sentimento reciproco, perché in quel caso dovrà
esserci chi perdona e chi sarà perdonato. Se que-
sto Amore è vero, si supereranno tutte le difficoltà,
ma se non lo è, finirà semplicemente.

Si impara a perdonare l’altro se prima si riesce


a perdonare sé stessi.
15

E la verità? La verità è che noi siamo importanti


per gli altri solo ed esclusivamente se c'è un inte-
resse, di qualsiasi tipologia o natura. Poche, anzi
rarissime, sono le amicizie o le relazioni disinteres-
sate, pochi sono i rapporti umani sinceri e genuini,
così come poche sono le vere amicizie, i rapporti
d'amore, persino familiari. La verità è che ci sop-
portiamo per quieto vivere e perché abbiamo biso-
gno degli altri solo per ovviare alle nostre mancan-
ze, deficienze, i bisogni, le necessità.
Ci riempiamo, tutti quanti, la bocca di belle paro-
le, buoni propositi, frasi ad effetto, mirabolanti filo-
sofie di vita, di amicizie e di coppia, ma la verità è
che siamo più aridi dei deserti, e per dissetarci, cer-
chiamo l'acqua in ogni anfratto di quel Nulla che
chiamiamo Vita. La verità è che siamo Niente, e fin-
tanto non saremo capaci di riempire quel Nulla da
soli, con le proprie forze, le nostre vite saranno solo
e sempre dei totali fallimenti.
Per questo motivo, la Spiritualità non esiste, co-
me andrebbe, al tempo stesso, re-inventata. È solo
un concetto astratto, una parola, un termine che noi
umani utilizziamo per differenziarci dagli altri e da
ciò che ci circonda.
La Natura è Spirituale? No, è semplicemente sé
stessa, è soltanto 'Naturale'. Solo gli esseri umani
si definiscono 'Spirituali' nel momento in cui credo-
no di tornare ad essere 'Naturali', differenziandosi
dagli altri, dalla massa che rimane, secondo loro,
16

vittima dei meccanismi 'Artificiali' imposti dall'illu-


sione della Mente. Definirsi 'Spirituali' è un ulteriore
identificazione, un'etichetta che ci affibbiamo per
considerarci, egoicamente, meglio di coloro che re-
putiamo non essere degni di potersi risvegliare.
La Spiritualità non esiste, mentre della Natura
ne siamo parte integrante; e in essa non abbiamo
bisogno di nient'altro. Ognuno dovrebbe scoprire la
sua dimensione ‘Spirituale’, o meglio Naturale, per-
ché quelle già preconfezionate sono solo prodotti
manipolati, del buon marketing! Andare in un Bo-
sco è Spirituale, ascoltare Musica è Meditazione,
fare l'Amore con chi ami è Universale...
Il vero percorso spirituale non è un'immediata ri-
cerca del benessere, ma un'iniziale distruzione di
tutto ciò che sei. Perché vai ad annientare la finzio-
ne di cui sino ad oggi sei stato/a parte integrante e,
una volta dissolta, solo dopo potrai ricostruire il tuo
vero Sé; e li conoscerai finalmente anche la felicità
imperitura. Ma prima è necessario arrivare al fondo,
nell'abisso, addentrarti nella notte buia dell'Anima,
per poi risalire verso l'alto, verso la Luce, verso la
tua rinascita.
Al giorno d’oggi si preferisce il silenzio dell'igno-
ranza, che l'armonia della conoscenza; per questo,
i più non si risveglieranno mai. Il problema è che si
tende a considerare patologica qualsiasi cosa che
non faccia parte della normalità; ma chi ha deciso
quale fosse questa normalità?
17

Abbiamo quattro Menti: nel Cervello, nel Cuore,


nella Pancia, nell'Organo Genitale. Nel Cervello al-
berga il Pensiero, nel Cuore il Sentire, nella Pancia
l'Empatia e nell'Organo Genitale la Percezione. Ma
tutte queste Menti sono coordinate da una vera e
propria Intelligenza che non risiede in alcuna parte
anatomica del Corpo, ma è ovunque, perché lì, in
quel punto, vi si trova la nostra Coscienza.
Riuscire a prendere piena Consapevolezza di
queste quattro Menti, - così come l'unione di esse
contribuisce a rendere forte la nostra Intelligenza
Monadica -, è il fine ultimo di un Cammino interiore
che ognuno dovrebbe fare, per arrivare finalmente
a comprendere Sé stesso. Oggi si tende, invece, a
vedere la Spiritualità come la soluzione ai propri
problemi Psicologici, quando, in realtà, chi inizia un
percorso spirituale non dovrebbe avere problemi di
salute o mentali, ma cercare semplicemente le ri-
sposte alle proprie domande.
L'integrazione è un aspetto della faccenda chia-
mata Vita, la curabilità ne è un altro. Il problema è
che si tende a vedere qualcosa di "patologico" lad-
dove non vi è una "normalità" conclamata. Da qui
nascono tutti i problemi di cui si dibatte, come voler
dimostrare l'esistenza dei vari Chakra, ad esempio,
quando in realtà è un cammino prettamente espe-
rienziale, o voler descrivere le azioni di un'Anima
(termine tanto in voga in certi ambienti), quando sa-
18

rebbe meglio rivedere l'intero impianto che ha por-


tato a tali conclusioni.
Tutto ciò che è materiale o biologico ha una sua
propria soluzione nel visibile (e qui entra in campo
la Scienza), ma tutto ciò che non è materiale e bio-
logico ha una sua propria soluzione nel non-visibile
(e qui dovrebbe entrare in campo la Spiritualità).
Solo che oggi si tende a mischiare tutto, e a fare il
contrario di tutto.

Ed il confine tra Consulenza e Psicologia è così


sottile come, ad una prima occhiata, può sembrare?

In realtà sono due mondi completamente diversi,


così diversi che le persone interessate non lo capi-
ranno mai, sia per chi fa una scelta professionale
in qualità di "Operatore", sia per la stessa "Clien-
tela", sovente in cerca di figure di rimpiazzo o ap-
poggio. I più ignorano persino il significato del ter-
mine Consulenza, al giorno d'oggi associato all'al-
tro termine, Psicologia, quando invece include tutta
una serie di abilità professionali in ogni campo: "Fai
Consulenze? Allora sei uno Psicologo!"
E non sapete quanti mi scrivono desiderosi di i-
niziare un cammino di Conoscenza e poi finiscono
per volere un aiuto psicologico, e quando accade
sono sempre pronto (e preparato ormai), ogni volta,
a dire che il Percorso è finito prima ancora di essere
iniziato, perché nessuno vuole veramente lavorare
19

su di Sé, ma semplicemente sfogarsi con qualcuno


per le solite mancanze, i bisogni, etc., (oltre a con-
sigliarli di rivolgersi altrove e non più al sottoscritto).
Quante volte avrete letto o sentito frasi, come:
"Ero malato, adesso sono guarito", "Soffrivo di at-
tacchi di ansia e ora sono in pace con me stesso",
"Sono stato disoccupato per molto tempo, adesso
ho un lavoro", "Per anni ho vissuto da single, men-
tre adesso ho trovato l'amore della mia vita", etc.
Causa ed effetto, accumulazione ed attrazione,
Yang e Yin, Nero e Bianco, Male e Bene: Dualità!
E quante volte abbiamo letto o sentito frasi di que-
sto tipo, specie a commento o feedback in vari siti
di "Operatori Olistici", maestri, guide o guru "Spiri-
tuali", etc. Seppure in molti di questi casi, interve-
nire sia fisicamente o psicologicamente, è un reato,
in quanto esercizio abusivo di una professione me-
dico-scientifica, in realtà quello che hanno ottenuto
queste persone, è sì, un cambiamento nella loro vi-
ta, ma di stampo alchemico o psicomagico (oggi di-
remmo chimico e/o psicologico).
In un vero Cammino Spirituale (anche se sareb-
be più appropriato il termine "Naturale") non si cer-
ca di "guarire" la persona (perché non c'è niente di
sbagliato, semmai da comprenderlo), quanto piut-
tosto ad insegnargli quegli strumenti necessari, con
i quali potrà essere capace di migliorare la propria
esistenza.
20

La malattia, la solitudine, l'incomprensione, etc.,


non sono "aspetti negativi" della nostra vita, caso-
mai "aspetti esperienziali" e che vanno vissuti sino
in fondo per poter essere compresi. Nessuno è in
grado di fare miracoli (se non a caro prezzo), così
come certe velleità taumaturgiche o psicomagiche
di jodorowskiana, sciamanica o stregonesca (ipno-
tica, naturopatica, etc.), memoria, sono solo classi-
ci specchietti per le allodole.
È completamente inutile che io vada da un "O-
peratore" nella speranza di risolvere un problema,
se prima non l'avrò compreso sino alle sue radici
più profonde, potrà forse aiutarmi ad intuirlo (solo
in parte, dato che lo stesso "Operatore" non potrà
mai conoscerci a fondo; sovente non conosce a do-
vere nemmeno sé stesso!), come non dovrebbe
mai intervenire energeticamente sul mio essere per
forzare ciò che non deve essere forzato, in nessun
caso.
La vera Guida (non certo quelle su di un piedi-
stallo, trono, o ascese, etc.) ti indirizza umilmente
verso un cammino esclusivamente personale, fatto
di esperienze, studio, istruzione, ma non di miracoli,
perché se così è, si distoglie la persona a ricercare
veramente sé stessa, accontentandola, risolvendo
un problema che temporaneamente verrà tenuto in
stand by, sino a quando più avanti non si ripresen-
terà, sovente mutato, e quasi sempre peggiore del
precedente.
21

In questa vita, si dovrebbe insegnare a non fug-


gire dalle avversità o da quegli aspetti mondani che
consideriamo "negativi", ma a viverli nel profondo,
e così trascenderli davvero, perché in caso contra-
rio si sarà venduto solo del fumo e che sarà trasci-
nato via dalla prossima folata di vento.
L'errore, inoltre, nella nostra attuale Società de-
cadente, è stato soprattutto delle istituzioni che mai
hanno voluto regolamentare tali professioni, anche
della stessa Medicina, dove molte figure, poi, si so-
no addentrate anche in ambito Spirituale, formando
sommariamente del personale non idoneo, avvian-
do, così, questa dicotomia con tutta una serie di
"professioni alternative", quali: Counselor, Naturo-
pati, Operatori Olistici, etc., o viceversa persino. Ma
questo è ciò che decenni fa, la "New Age" (e il suo
marketing), esigeva, e ad oggi ne paghiamo tutte le
deliranti conseguenze.
Un tempo quando ti occupavi di certe tematiche
un po' fuori dall'ordinario, facevi parte di una cer-
chia ristretta, iniziatica, di persone che spesso si
riuniva e parlava quasi in "clandestinità"; oggi, in-
vece, non posso fare a meno di notare il seguito e
il successo da vera e propria "star hollywodiana",
raggiunto da qualcuno... E purtroppo, quando ciò
accade, significa che il "Sistema" si è messo all'o-
pera per riportare "Ordine" all'interno della sua fin-
zione, la Matrix.
22

Sapete, che io sia qui a scrivervi i miei improperi


o le mie riflessioni, non cambia poi molto. Potrei an-
che scomparire domani o tra un minuto, e nessuno
si accorgerebbe di niente, il Mondo continuerebbe
ad andare avanti come ha sempre fatto, anche sen-
za di me. Siamo importanti solo nella misura in cui
ci riteniamo tali, per questo le Stelle sono stimate
in numero incalcolabile, perché non si sono mai po-
ste il problema se potessero essere di aiuto, sem-
plicemente si sono realizzate irradiando luce, in-
condizionatamente, per chiunque poi abbia iniziato
a ruotare intorno a loro.
Per questo motivo non mi accontento più di ap-
partenere a qualcosa o di affibbiarmi etichette, o di
appiccicare su di una parete un riconoscimento,
perché anelo a qualcosa di nuovo che forse non ha
un nome, ma che possa condurmi alla perenne ri-
cerca di me stesso. Osservare, questo è il punto, e
si può imparare a diventare l'Osservatore, perché lì
la Mente non ha azione, e perché comprendi di es-
sere una Coscienza che guarda e agisce. Ma chi è
che davvero riesce a fare una cosa simile? Cono-
scete qualcuno che ha raggiunto tale livello?
Una rondine che osserva un gatto non potrà mai
aspirare ad esserlo. Può solo comprendere la sua
natura di rondine e volatile; solo così potrà vivere
consapevole. Perché diventare un gatto, si chiede?

Se sei nata rondine, sii una rondine.


23

Questa è la vera accettazione, il saper lasciar


andare, come la verità è che non c'è nessuna rondi-
ne o gatto, perché alla fine ci sei solo Tu. Dovremo
imparare dai semi che, prima di germogliare, dimo-
strano di avere una pazienza infinita che noi ancora
non conosciamo, perché Risvegliarsi, in realtà, si-
gnifica diventare l'Osservatore che Osserva l'Uni-
verso.
Così, la corrente del fiume scorre sempre verso
il mare, e mai verso la montagna (a meno che non
ridiventi pioggia). E nella Natura si trova la chiave
di tutto. La Natura crea e distrugge, tutto ciò che è
Bianco e Nero è lei insito, e in quanto tale neutro.
In Natura si trovano tutte quelle dinamiche che l'Uo-
mo ha solo tentato di spiegare, e poi emulare, attra-
verso la propria potenza mentale. Non c'è un dare
o togliere, c'è un comprendere, integrare ed equili-
brare.
Nell'economia di questo Universo, ciò che con-
sideriamo Bianco e Nero è un fittizio equilibrio Dua-
le, nulla di più. Se si crede di dare potere ad una
delle due polarità, facciamo il Gioco di quella stes-
sa finzione Duale e che pensiamo in qualche modo
di poter superare. Ogni cosa prende potere solo se
glielo diamo, altrimenti rimangono forze potenziali
ma inermi e neutre; e se vogliamo in qualche modo
contrastarle gli diamo quella forza di cui si nutrono.
Nulla esiste che la Natura non abbia già creato, e
per perpetuarsi “utilizza” semplicemente sé stessa.
24

Rifuggire o cancellare quel potere non significa


trascendere, ma nascondere, ovvero non risolvere
comunque un aspetto che fa parte di noi in quanto
naturale. Accettarne la sua funzione non significa,
inoltre, piegarsi o farsi usare, ma comprendere la
“nostra” più intima Natura. L'Accettazione, alla fine,
significa comprendere anche l'esistenza di nature
diverse e opposte alla nostra, anche solo a livello
conoscitivo, perché è in ciò che non conosciamo o
decidiamo di non affrontare che si annidano tutte le
nostre debolezze.
La verità è che la nostra Umanità è fatta di storpi,
dove tutti quanti camminano portando delle stam-
pelle che nemmeno si accorgono di avere, dove le
persone si procurano del Male solo ed esclusiva-
mente a causa della loro bieca ignoranza.
Un giorno mi venne chiesto: "come mai le per-
sone non chiedono mai se si è felici?" Ed io risposi:
"perché le persone non desiderano essere felici, in
quanto vivere nella sofferenza o sentirsi vittima, le
fa considerare importanti per qualcuno, mentre la
felicità per quanto possa sembrare assurdo ti isola
(ti basti da solo), e ti rende libero anche dal vittimi-
smo..." Se accetti la sofferenza cresci, se soltanto
la subisci, non ti porterà a nulla se non ad altra sof-
ferenza fine a sé stessa.

Scegli se conosci, subisci se ignori.


25

Nell'Universo esistono quattro forme di vita prin-


cipali: il Vegetale, l'Animale, l'Alieno, l'Umano. Tut-
te queste forme sono dotate di un'Anima e di una
propria Coscienza, ovviamente a diversi livelli. La
forma Vegetale è quella che, pur restando ferma,
affonda le proprie radici centrandosi all'interno del
proprio cosmo naturale; la forma Animale è quella
che, seppur avendo maggiore libertà di azione, agi-
sce secondo istinto, e in quanto tale rimane pura a
sé stessa; la forma Aliena è una forma Ibrida, deri-
vata dalla forma Animale, ma dotata di intelligenza,
e che agisce secondo un istinto controllato e la ren-
de schiava della Materia; la forma Umana è quella
connessa intimamente all'Universo, in quanto suo
specchio perfetto, e come tale, ne è la sua quintes-
senza.
Noi terrestri siamo un'ulteriore forma, la quinta,
la già citata forma Ibrida, e che contiene in sé tutte
le quattro forme sopra descritte: il Vegetale, l'Ani-
male, l'Alieno e l'Umano. Come forma ibrida, però
completa, siamo eternamente assorti in un limbo
diviso a metà (la Dualità), e che perennemente ci
strattona da una parte all'altra, tra la Materia e lo
Spirito, alla disperata ricerca di un Equilibrio. Per
questo motivo noi siamo tanto Alieni quanto Umani
(oltre ad essere Vegetali quanto Animali), perché
siamo la totalità di tutte le forme esistenti nell'intero
Cosmo.
26

Ogni volta che ci incarniamo si cade nella Mate-


ria, ed essa è l’ultimo gradino della decadenza e-
nergetica nell’Universo, e più si cade, più andiamo
incontro ad esperienze sempre più complesse, dif-
ficili, dolorose, tristi, a volte aberranti. Entrando in
questo meccanismo facciamo esperienza a deter-
minati livelli, dove si può sperimentare anche la vio-
lenza stessa, specie se tale dinamica può aiutarci
a comprendere la natura delle cose.
Ma assimilato questo processo, e una volta che
si inizia a trascendere questo tipo di esperienze, si
risale, e nel mentre ritorniamo ad elevarci, aiutiamo
anche gli altri a trascenderle come facciamo noi, to-
gliendosi, così, da questa illusione, dal cieco mec-
canismo, incamminandoci nuovamente verso uno
stato perenne di beatitudine ed Estasi. E seppure
ciò che consideriamo reale in verità è fittizio, un'il-
lusione, la nostra esperienza non lo è, come il no-
stro aiutare il prossimo a prendere Coscienza, per-
mette alla stessa Energia Universale di evolversi.
In questa illusione, inoltre, certe "Forze Estra-
nee" (Arcontiche, Aliene, etc.) riescono a nutrirsi in-
distintamente di tutte le nostre emozioni, sia posi-
tive che negative (e alcune prediligono quest'ultime
alle prime). La soluzione non è nel non provare più
lo spettro intero delle nostre emozioni (dalla felicità
alla rabbia, dal piacere alla sofferenza), ma portarvi
Consapevolezza. Non è polarizzando un aspetto
della Dualità in assoluto (verso il positivo o il negati-
27

vo) che raggiungeremo una soluzione, ma trascen-


dendo questa illusione fittizia.
È bene che sappiate che la stragrande maggio-
ranza dei nostri conflitti, nasce per un disequilibrio
della propria energia sessuale. Le donne un tempo
la reprimevano, sottomettendosi al maschio di casa,
oggi invece ne fanno una conquista e ne rivendica-
no una legittima libertà, anche di espressione. L'U-
omo, seppur un tempo padrone, doveva comunque
gareggiare con i propri simili ad essere più forte,
prestante, perché inconsciamente doveva far pre-
valere la sua supremazia, un tempo animale, capa-
ce di saper rigenerare la propria stirpe con fiumi di
sperma, sperperato in ogni angolo del Mondo; e
dove non vi arrivava con il suo membro, lo faceva
ovviamente con le armi: clave, spade, lance, missili,
persino testate atomiche e tutte, ovviamente, dalla
forma fallica.
Se non c'è Equilibrio c'è disarmonia, e proprio lì
dove si accumula nascono tensioni, malumori, ma-
lattie, sia psichiche, fisiche e astrali. Quella sessua-
le è una tra le energie più potenti perché è il punto
di congiunzione tra il materiale e il divino, per que-
sto motivo è tanto criticata, soggiogata, moralizzata,
legalizzata, osteggiata e repressa. E fintanto non
impareremo a saper gestire al meglio tale energia,
qualsiasi tentativo per una propria crescita interiore
sarà del tutto vana. Perciò, imparate ad amarvi, ri-
scoprite la vostra nudità, il piacere che vi procura,
28

e che vi nutre, sia che siate da soli o in compagnia,


perché se per Spiritualità s’intende raggiungere l'in-
conoscibile, sappiate che più inconoscibile del Ses-
so, nell'intero Universo, non vi è altro.
Il Sesso, alla fine, è solo un'idea mentale, è car-
ne che si sfrega in un momentaneo ed effimero or-
gasmo della durata di una manciata di secondi. Il
Sesso è nella Mente, non nel fisico, per questo gli
animali lo fanno in un periodo preciso dell'anno, e
con il solo scopo di continuare la specie. Anche nel-
l'Uomo scatta l'istinto animale, ma nel suo caso,
spesso non è procreativo, ma solo stimolatore. Ed
è sempre grazie a questo istinto inverso che ci sia-
mo ingannati, perché siamo avidi di piacere, pura-
mente mentale e che deve sempre dare seguito ad
un'azione fisica per sentirsi pienamente soddisfatto.
Nel Tantra, ad esempio, non c'è sfregamento, il
Sesso è statico, propriamente meditativo, a volte
non è nemmeno contemplata la penetrazione, ep-
pure è mille volte più intenso. La verità è che, la
stragrande maggioranza delle persone, fa del Ses-
so per scaricare le proprie frustrazioni ed un'innata
rabbia repressa. Partendo solo da questo mecca-
nismo, immaginate quante problematiche solo una
scopata si porta dietro, specie se poi ne nasce un
figlio. Esserne presenti, osservarvi mentre lo fate e
capire dove cade la vostra attenzione, conscia ed
inconscia, ne cambia totalmente gli effetti e i risul-
tati.
29

Il/la vostro/a Pene/Vagina ha un proprio Cervel-


lo, così come il vostro Cuore ne ha un altro ancora,
tutto suo. Nel momento in cui li allontanate, osser-
vando da fuori il vostro Essere, lì si compie una sin-
tesi, la fusione delle quattro Menti: Cervello, Cuore,
Pancia e Pene/Vagina (il Sesso), e solo in quel pre-
ciso istante raggiungete il vero Orgasmo, o l'Estasi.
E se il Corpo reclama una cura, non è il fattore e-
sterno la causa, ma il suo interno che va in conflitto
con il fattore esterno stesso. Perché è inutile e fuor-
viante vedere sempre all'esterno la cura o il rimedio,
o la peggiore causa scatenante, quando il proble-
ma ha la sua origine sempre al nostro interno. Ri-
cordate: la Bellezza e l'Amore non hanno Sesso!

«Dalla pancia delle mamme nascono


le femmine, e dalla pancia dei
papà nascono i maschi.»
(Shanti Sofia Bellini)

Conosco persone, troppe, che credono che la


cosa più importante nella loro vita sia fare tanti soldi,
oppure trovare l'Amore, fare Sesso, comprarsi e
collezionare oggetti, coltivare un hobby, accudire
un animale, etc. Personalmente penso che la cosa
più importante nella vita sia "vivere", perché viven-
do pienamente puoi fare tutto, comprese quelle at-
tività sopra menzionate.
30

Sapete perché il Mondo non è mai cambiato?


Perché le persone hanno 'fede' che lo faranno gli
altri al loro posto. Come puoi cambiare il Mondo se
non cambi prima te stesso? Ognuno, alla fine, so-
pravvive come può, e non potrebbe essere diver-
samente. Ed è nella triste realtà della vita moderna,
che insondabile si manifesta il ministero della soli-
tudine, in special modo quando raggiungi una co-
noscenza superiore alla media, perché essa non ti
conduce ad una maggiore condivisione o a nuove
ed interessanti amicizie, tutt'altro, ma verso un tale
isolamento ritenuto dai più incomprensibile.

«Se accetti la sofferenza cresci, se soltanto la


subisci, non ti porterà a nulla se non ad altra soffe-
renza fine a sé stessa.»

Ogni volta che ho dei problemi di salute, strane


cose accadono. Le percezioni si espandono e la
sensibilità aumenta, la propria dimensione quoti-
diana si amplifica, come se diventasse più densa.
Se nel frattempo il Mondo circostante si fa sempre
più ovattato, al contrario aumentano, notevolmente,
le proprie capacità di attenzioni. Inoltre, nel mentre
osservi il tuo Corpo che imperterrito decide di stare
male, di provare qualsiasi sintomo e di non rispon-
dere, spesso, a cure, medicine, trattamenti, etc., -
come se stoicamente avesse deciso di immolarsi -,
spiritualmente ti osservi da fuori, e ti accorgi quanto
31

il tuo piccolo, gracile e magro fisico sia stato conce-


pito (e poi manipolato), così minuscolo per non po-
ter contenere e gestire una 'grandezza'.
Qui, nascono gli squilibri, gli scompensi energe-
tici, ovvero tutte quelle perdite funzionali che deter-
minano un senso compiuto in quella che dovrebbe
essere una sintesi perfetta, la propria Monade: se
il proprio 'Io' tenderà verso lidi spirituali, il Corpo ne
risentirà, come similmente, se il proprio 'Io' scivole-
rà verso lidi materiali, lo Spirito si assopirà.
La perfezione in questa umanità è cosa rara, ma
non impossibile, e questo dimostra quanto il Cam-
mino sia lungo e difficile, oltreché personale. A di-
mostrazione che i veri cammini coscienziali sono
del tutto individuali, e per quanto difficili non condi-
visibili se non per brevi tratti, alla fine arrivi a com-
prendere persino che tutta la Conoscenza di que-
sto Mondo non ti donerà mai un briciolo di umanità,
ripagato con un po' di affetto, amicizia o amore, ma
al contrario, ti condurrà sempre più lontano dagli
affetti e i piaceri, in quanto esternazioni meramente
materiali. Il vero e autentico “Cammino di un Vian-
dante” è quanto di più solitario, e profondamente a-
bissale, possa esserci.
Le persone vedono nel disastro l’effimera morte,
quando in realtà i cambiamenti, e ogni rivoluzione,
sono una fase di passaggio necessaria per rinno-
vare i grandi Cicli del Mondo e dell'Universo, dove
la distruzione ne è una parte integrante per il con-
32

seguente rinnovamento. Ma per coloro che sono


così attaccati alla Materia, il perdere tutto, o anche
la Vita stessa, viene vissuto come la fine ineluttabi-
le di ogni cosa. "Nascentes morimur, finisque ab o-
rigine pendet”, scriveva il latino Marco Manilio (14-
29 d.C.), ovvero, "Nascendo moriamo, e la fine di-
pende dal principio."
È sempre e soltanto una questione di Equilibrio.
Lavorando di più su noi stessi, si riuscirà ad equili-
brare anche il nostro “Sistema” (pensiamo ad un Si-
stema Solare), e così facendo, riporteremo l'Armo-
nia anche nella nostra Vita, e in tutti quei pianeti
che ci orbitano intorno. Siamo la Stella del nostro
“Sistema”, dove ognuno di noi incarna Luce e l’O-
scurità, ma dobbiamo anche comprendere che se
proveremo paura, vincerà l’Oscurità, mentre se non
l’avremo, non vincerà l’Oscurità ma neanche la Lu-
ce. Perché alla fine resta sempre una nostra scelta.
Ed è in questo frangente, che a volte mi guardo
attorno e mi chiedo dove sono finiti i tempi di Gu-
stav Mahler, di Alban Berg o di Igor Stravinsky, di
Lev Tolstoj, di Pavel Aleksandrovič Florenskij o di
Rudolf Steiner, di Vincent Van Gogh, di Egon Schi-
ele o di Gustav Klimt, di Max Planck, di Albert Ein-
stein o di Srinivasa Ramanujan... cosa c'è in questa
nostra epoca attuale che non va?
All'inizio si prova tanta frustrazione, perché non
trovi risposta, che lascia spazio all'amarezza, che
lascia spazio alla tristezza, che lascia spazio alla
33

rassegnazione, che lascia spazio alla tranquillità,


che lascia spazio alla pace, che lascia spazio alla
serenità... e alla fine di questo infinito Spazio che si
è creato tutto intorno, rimani solo tu. Ma attenzione,
la Meditazione ha soltanto lo stesso effetto di un a-
nestetico, niente di più, perché allevia un sintomo
ma non risolve il problema. Siddharta per compren-
dere l'illusione in cui era vissuto da giovane, scese
nei bassifondi della sua città tra i poveri e lo squal-
lore, non andò certo a rinchiudersi in un Resort 5
Stelle di un Guru della domenica, a fare lo Yoga-
Wine, o ad immergersi nelle ‘calde acque sonore’
di un Bagno di Gong!
Nei momenti più bui del vostro Cammino, do-
vrete pensare a cosa fa la Natura: osservatela, e
rapportate il vostro problema nel modo in cui lei lo
affronta e lo supera, e li troverete la risposta. Le
persone seguono degli schemi. Le persone vivono
e lavorano dentro degli edifici, in stanze chiuse. E
così, come vivono fisicamente buona parte della lo-
ro vita, estraniati dalla Natura che li circonda, an-
che la loro Mente si adegua a tale condizione.
Delle volte, credendo di fare del Bene, facciamo
invece del Male, mentre altre volte, pensando che
il Male non esista, contribuiamo a creare altro Male;
le persone si fanno del Male continuamente tra loro,
e il più delle volte nemmeno se ne accorgono. Tutto
si ripete ciclicamente, e ciò che definiamo essere
un nostro specchio, è la stessa realtà che si perpe-
34

tua regolarmente ad ogni Ciclo. Quindi non ci sono


specchi, ma percorsi sempre nuovi, variati, e che si
perpetuano secondo un modello circolare prestabi-
lito.
A chi mi chiede: "Federico, per uscire da questa
illusione cosa devo fare?" Posso solo rispondere
che: "devi studiare, non c’è altra soluzione. Devi
rimboccarti le maniche, studiare e farti una tua co-
scienza critica e conoscenza. Con il solo 'sentire' o
il 'sentito dire' non si arriva da nessuna parte, se
non ad alimentare, come in un circolo vizioso, la
propria ignoranza e quella di coloro che ti vendono
solo fumo."
Ci sono persone che non si accorgono di posse-
dere immense fortune, cercandole ovunque e inu-
tilmente, e la verità è che gli Esseri Umani sono an-
cora dei Bambini, che sbraitano tra di loro pensan-
do di fare gli Adulti. Viviamo circondati da persone
che desiderano credere in qualcuno o in qualcosa,
continuando, al contempo, ad aver paura di crede-
re semplicemente in sé stesse; ed è quando le per-
sone vogliono aiutare gli altri e il Mondo, ma non a-
iutano prima se stesse, che iniziano sempre i pro-
blemi.
Poiché ricordate: qualsiasi cambiamento collet-
tivo, diventerà sempre una Dittatura, mentre qual-
siasi cambiamento interiore ed individuale, si tra-
smuterà inevitabilmente in una Rivoluzione.
35

Alla fine di questo lungo viaggio di presentazio-


ne, concludo con l’unico insegnamento che ho da
darvi: per quanto ci sforziamo con le nostre opere
di emularla, sappiate che non c'è cosa più grandio-
sa della Natura e del movimento degli Astri nel Cie-
lo. Ci raccontano più gli Astri nel Cielo che qualsiasi
libro scritto al Mondo: un Archivio Celeste che i più
non sanno decifrare. Ciò che chiamiamo schemi
sono in realtà delle dinamiche, dei meccanismi, so-
vente cristallizzati nei primi momenti della nascita
del nostro Universo, qualche attimo dopo il Big
Bang, gli stessi che hanno forgiato quel misero 5/
7% di Materia visibile di tutto il Cosmo ad oggi co-
nosciuto.
Ed è in questo incedere meraviglioso, che ognu-
no di noi incarna ed è la manifestazione terrena di
un Archetipo Planetario e Celeste. Il movimento dei
pianeti, che compongono il Sistema Solare, segna
la vita di ognuno di noi, e lo fa a tal punto da condi-
zionare le nostre esistenze, fatte di idee e scelte,
progetti ed azioni, che pensiamo essere nostri, ma
che in realtà si perpetuano ciclicamente, così come
ogni singolo pianeta scorre in modo preciso, egua-
gliando un orologio svizzero, attorno al Sole.
Ognuno di noi subisce passivamente, dal mo-
mento della nascita (e sicuramente ancor prima dal
concepimento), un imprinting totalizzante dal pro-
prio pianeta natale (Mercurio, Venere, Terra, Marte,
Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone) che ne
36

forgia il carattere e la vita, ricalcandone, così, an-


che il Mito associato e corrispondente ad ogni sin-
golo pianeta, ravvisabile in tutte le antiche culture
della Terra. Perché in questo modo, la storia, cicli-
camente si ripete inesorabile, e con al suo interno
anche le nostre vite.
Questa è la mia ultima verità, e che vi dono in-
condizionatamente in questi Scritti, la verità di un
Uomo venuto da molto lontano, da un tempo dove
le persone parlavano se avevano qualcosa di sen-
sato da dire, mentre oggi parlano e basta, sprolo-
quiando nel vuoto. Imparate a camminare, ed è con
questo consiglio che vi auguro un buon Cammino,
qualunque esso sia, e ovunque vi porterà.
37

Il Nulla

Nessuna forma, sostanza, emanazione, essen-


za, Luce. Il Vuoto Assoluto, così come l’Assoluto
ha utilizzato quel Vuoto per comprendersi. L’Asso-
luto è al di là di ogni nostra comprensione umana,
e nessuna espressione, similitudine o descrizione
che noi possiamo concepire, sarà mai in grado di
darcene un’adeguata idea. Laddove la Manifesta-
zione comporta il formarsi dei Limiti, possiamo sol-
tanto caratterizzare l’Assoluto come l’Illimitato, così
come lo è stato il Vuoto prima della Creazione.
Nessuno Spazio, Tempo o Punto, come in una
Cartella Vuota non-creata su di un Computer, ma
già pensata dal suo Creatore e in attesa di essere
concepita e riempita di future Idee. Immoto, silen-
zioso più del silenzio: muto, cieco, informe, non-
grezzo, indefinibile, inconcepibile. Nulla di attual-
mente conoscibile nell’intelletto umano, può dare u-
na chiara descrizione di questo stato originario, pri-
ma della nascita dell’Universo a noi oggi conosciu-
to.
38

Così come l’attuale Universo è per noi in buonis-


sima parte ancora sconosciuto, dato che abbiamo
calcolato che siamo in grado di vedere e/o perce-
pire solo un misero e scarso 5% della sua Materia
visibile, disconoscendo il restante 95% composto
di Energia e Materia definita, erroneamente, Oscu-
ra. E da questo assurdo concetto, come possiamo
immaginarci tale Nulla? Semplice, mediante il con-
cetto di Astrazione?
Il termine deriva dal latino abstractio e che a sua
volta riprende quello greco, aphàiresis, che in sen-
so generico cerca di disvelare quel procedimento
del pensiero per il quale si isola un elemento da tutti
gli altri, ai quali è comunque connesso, consideran-
dolo come un unico (e Assoluto) oggetto di ricerca.
Secondo la logica classica, è insieme alla gene-
ralizzazione, un metodo per ottenere concetti uni-
versali, appunto, ricavandoli dalla Conoscenza So-
vrasensibile. Procedendo con questo metodo, mi
avvarrò adesso del contributo di vari passaggi, tratti
tra i più antichi testi mitologico/religiosi del nostro
pianeta.

«All’inizio, mio caro, null’altro vi era che l’Essere


(sat) senza Dualità. Altri in verità dicono: “All’inizio
vi era il Non-Essere (a-sat), senza Dualità; da que-
sto Non-Essere nacque l’Essere.” Ma come potreb-
be essere possibile? Come può l’Essere nascere
39

dal Non-Essere? In verità al principio delle cose,


c’era l’Essere Puro, unico e senza secondo.»
(Chāndogya Upanishad VI, 2,1-2)

In questo modo il saggio Aruni1 pose il problema


dell’origine degli Déi, del Cosmo e degli Uomini.
Con i metodi dello Yoga, - che avevano quasi sicu-
ramente imparato dagli abitanti più antichi dell’India
(i Dravidi-Mediterranei), gli Ariani erano arrivati ad
essere consapevoli, attraverso l’introspezione, di

1
Aruni (VIII secolo a.C.), indicato anche come Udda-
laka o Uddalaka Aruni, è un venerato saggio vedico del-
l'Induismo. Menzionato in molti testi sanscriti di epoca
vedica, i suoi insegnamenti filosofici sono tra i pezzi cen-
trali del Brihadaranyaka Upanishad e del Chandogya U-
panishad, due delle più antiche scritture Upanishadiche.
Un famoso insegnante vedico, Aruni visse alcuni secoli
prima del Buddha, attrasse studenti provenienti da regio-
ni lontane del subcontinente indiano, alcuni dei suoi stu-
denti come Yajnavalkya sono ancora oggi venerati per
le loro idee nelle tradizioni indù; sia Aruni che Yajnaval-
kya sono tra gli insegnanti di Upanishad più frequente-
mente menzionati nell’Induismo. Egli si pose domande
metafisiche, sulla natura della realtà e della verità attra-
verso l’osservazione costante del cambiamento. Da que-
ste domande, inserite in un dialogo con suo figlio, pre-
senta il concetto di Ātman (Anima, Sé) e Sé Universale,
immutabile ed eterno.
40

un Vuoto profondamente nascosto nel cuore del-


l’Essere Umano, di uno stato di assoluta immobilità,
impossibile da descrivere, oltre il pensiero ed il so-
gno, della stessa percezione e della Conoscenza,
oltre lo Spazio e il Tempo. Si erano persino chiesti
a cosa potesse corrispondere tale stato misterioso
e fondamentale, questo nucleo così Vuoto dell’Es-
sere Vivente. Perché ogni volta che tentiamo di ar-
rivare alla sorgente di un qualsiasi aspetto del Ma-
nifesto, tendenzialmente siamo portati a pensare
che esista, al di là delle forme o delle apparenze, e
dove il modo più evidente per definirlo è il concetto
di continuum. I filosofi indiani concepirono, così, il
Vuoto Assoluto come un continuum senza limiti, in-
differenziato e indivisibile che chiamarono Etere (Ā-
kāśa o Akasha) in cui poi furono costruite tutte le
suddivisioni successive dello Spazio Relativo.
La percezione visibile che abbiamo dei Corpi
Celesti nell’Universo visibile, e dei loro movimenti,
crea un’illusione in cui la ripartizione appare fittizia-
mente reale soltanto per le nostre limitate capacità
di comprensione, perché in realtà, secondo la filo-
sofia indiana, “lo spazio interno della giara non è
veramente separato dallo spazio esterno.” Non vi
era alcuna distinzione quando la giara non era an-
cora stata fabbricata, non ve ne sarà quando sarà
riempita, come nemmeno ve ne sarà quando si
frantumerà. Questo continuum, pertanto, non potrà
essere distinto nemmeno durante l’esistenza della
41

giara stessa, perché essa è solo un’apparenza. Lo


Spazio, le sue divisioni, classificazioni, forme, etc.,
sono soltanto illusioni e le loro dimensioni esistono
solo nell’ottica della percezione.
Il Nulla è quindi potenziale principio della futura
esperienza e corrisponde perfettamente alla beati-
tudine, la gioia pura, assoluta, che non è altri la na-
tura ultima dell’esistenza stessa, o Estasi.

«Egli (L’Essere Assoluto), in verità [non] è [che]


sensazione.» (Taittirīya Upaniṣhad 2,7)

Per questo motivo i meditatori ricercavano l’e-


sperienza della beatitudine, senza limiti, perché im-
plicava per loro raggiungere la realizzazione di un
Tempo Assoluto, l’attimo presente delle cose, l’e-
ternità, liberandosi così da qualsiasi legame. E lì si
trova l’abisso primordiale, la bocca spalancata, la
giara, la caverna che canterà, il singing o superna-
tural ground degli Eschimesi, la fessura nella roccia
delle Upanishad o il Tao degli antichi cinesi, da cui
il Mondo sarà emanato “Come un Albero”, tutte im-
magini del primigenio Nulla o Vuoto o del Non-Es-
sere, da cui spirerà il soffio appena percepibile del
Creatore, perché quando questo soffio o suono,
nato dal Vuoto, frutto di un pensiero farà vibrare il
Nulla, esso si propagherà creando lo Spazio.
L’abisso primordiale è, per i miti antichi, un “fon-
do di risonanza” e il suono che ne scaturisce deve
42

essere considerato come la prima forza creatrice,


che nella maggior parte delle mitologie è personifi-
cata nei successivi Dèi Cantori (sub-creatori).

«Quando in alto non aveva nome il Cielo, quan-


do in basso non aveva nome la Terra [...] Quando i
giuncheti non erano ancora fitti né i canneti visibili;
quando nessun Dio era ancora apparso né aveva
ricevuto alcun nome, né subito alcun destino...»

Così è narrato nella cosmologia assiro-babilo-


nese, all’interno di un poema appartenente alla Bi-
blioteca del re Assurbanipal (VII secolo a.C.), in
sette tavolette d’argilla e che furono rinvenute negli
scavi di Ninive, in Mesopotamia.

«Dunque, per primo fu il Chaos, e poi Gaia dal-


l'ampio petto, sede sicura per sempre di tutti gli im-
mortali che tengono le vette dell'Olimpo nevoso, e
Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie
strade, e poi Eros, il più bello fra gli Dèi Immortali,
che rompe le membra, e di tutti gli Dèi e di tutti gli
uomini doma nel petto il cuore e il saggio consiglio.
Da Chaos nacquero Erebo e nera Nyx. Da Nyx pro-
vennero Etere e Hemere, che lei partorì concepiti
con Erebo unita in amore.» (Esiodo, Teogonia, 116
-125. Traduzione di Graziano Arrighetti, in Esiodo
Opere: 1998 Einaudi-Gallimard; 2007 Mondadori)
43

Originariamente la parola Chaos, per i greci an-


tichi, non aveva l’attuale connotazione di “disordi-
ne”, e che sovente ritroviamo nell’uso della parola
comune “Caos”, perché all’epoca veniva inteso co-
me “Spazio Beante”, “Spazio Aperto”, “Voragine”,
da qui anche “fesso, fenditura, burrone", simbolica-
mente "Abisso" e dove vi sono anche "tenebrosità
e oscurità". Esiodo lo descrive come eghèneto, non
il principio quindi, ma ciò che da questo per primo
appare, che non esisteva dall’Eternità, che si mani-
festa d’improvviso perdurando persino anche dopo
che si saranno sviluppati gli Dèi, in quanto Spazio
di Fondo, o un Buco Nero dell’Universo.
In esso si ravvisa, quindi, la personificazione a-
stratta dello stato primordiale di “Vuoto”, il gorgo
buio che risucchia ogni cosa in un abisso senza fi-
ne, la gola spalancata, anteriore alla generazione
del Cosmo e dalla quale emersero i successivi Dèi
e gli Uomini. La cosa più interessante di Esiodo,
che ricordiamoci è stato un poeta greco antico del
VIII-VII secolo a.C., è che questo Chaos non coinci-
de con quello che i posteri filosofi, a partire da Ta-
lete2, identificarono come il principio di tutte le cose,

2
Talete di Milèto (Mileto, 640 a.C./625 a.C. - 547 a.C.
circa) è stato un filosofo greco antico, comunemente è
considerato, da Aristotele in poi, il primo filosofo della
storia del pensiero occidentale.
44

o in Anassimandro3 che lo concepì nel termine Ar-


chè4, ma l’origine di cose che prima non vi erano,
l’Entità Eterna ma che non esiste dall’Eternità stes-
sa.
Ma la Teogonia di Esiodo cela ben altre verità,
perché è qualcosa di molto più profondo ed inizia-
tico, si tratta del secondo poema epico della Grecia
antica giuntoci interamente, dopo i due poemi ome-
rici, dove il poeta qui tenta di dare ordine all'inestri-
cabile sistema di racconti e dei personaggi divini
della mitologia greca, partendo da un preciso punto
storico sull’origine del Cosmo, proseguendo fino al-
la vittoria dei 12 Olimpi contro i Titani nella Titano-
machia.
Il poema cosmogonico inizia con un inno alle
Muse che si avviano all'Olimpo, dove Esiodo fa un
breve excursus della sua iniziazione come poeta,
voluta per desiderio divino sul Monte Elicona, se-
gue poi il racconto delle origini degli Dèi, dove all'i-
nizio non esisteva altro che il Caos, abisso senza
fondo, da cui nacquero, come abbiamo letto, Gea
(la Terra), il Tartaro e poi Eros.

3
Anassimandro (Mileto, 610 a.C. circa - 546 a.C. cir-
ca) è stato un filosofo greco antico presocratico e il pri-
mo cartografo.
4
L'Archè (in greco ἀρχή, «principio», «origine») rap-
presenta per gli antichi greci la forza primigenia che do-
mina il Mondo, da cui tutto proviene e a cui tutto tornerà.
45

«Principio degli esseri è l'infinito ... da dove in-


fatti gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la di-
struzione secondo necessità: poiché essi pagano
l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia
secondo l'ordine del tempo.» (Anassimandro, in
Simplicio, De Physica, 24, 13)

Dopo queste bellissime riflessioni dei nostri più


grandi pensatori del passato, non possiamo però
tenere almeno in considerazione le ultime scoperte
scientifiche nel campo della Cosmologia, ovvero, di
quella scienza che ha come oggetto lo studio del-
l’Universo nel suo insieme e che cerca di spiegarne
origine ed evoluzione.
Legata strettamente alle radici storiche mitologi-
che, filosofiche e religiose del pensiero umano sul-
l’origine di tutte le cose (Cosmogonie), così come
nei grandi sistemi filosofico-scientifici pre-moderni,
quali il sistema Tolemaico, l’attuale Cosmologia è
una scienza fisica nella quale convergono diverse
discipline, come l’Astronomia, l’Astrofisica, la Fisi-
ca delle Particelle, la Relatività Generale, etc.
Tra le più interessanti teorie in circolazione vi è
quella del Modello Ciclico dell’Universo, dopo che,
secondo una ricerca, furono scoperte delle onde
concentriche nella radiazione cosmica di fondo.
Anni fa, analizzando questa radiazione cosmica di
fondo, o CMB (Cosmic Microwave Background, la
46

radiazione elettromagnetica residua del Big Bang


che permea tutto l'Universo nello spettro delle mi-
croonde), alcuni ricercatori notarono degli “anelli”,
simili ai cerchi concentrici generati da un sasso lan-
ciato in uno stagno, all’interno dei quali la tempera-
tura è più uniforme che nel resto della CMB, ed ini-
zialmente ipotizzarono che fossero tracce di colli-
sioni tra Buchi Neri avvenute in un Universo prece-
dente.
Quando due Buchi Neri si scontrano emettono
onde di energia dette onde gravitazionali, e quanto
più massicci sono i Buchi Neri, più numerose e po-
tenti saranno queste onde. A loro volta, queste on-
de, distorcono letteralmente la trama dello Spazio-
Tempo, lasciando traccia del loro passaggio in for-
ma di anelli concentrici; lo stesso processo, quindi,
sarebbe avvenuto tra il passaggio o il riciclaggio tra
un Universo pre-esistente al nostro attuale, tanto
da ipotizzare che potrebbero essere esistiti, o esi-
steranno in futuro, persino innumerevoli altri univer-
si.
Ogni Ciclo dell’Universo ha una durata dalla lun-
ghezza inimmaginabile, molto più dei 13,7 miliardi
di anni, di cui si calcola essere la sua età corrente.
All’inizio di un nuovo Ciclo avviene quindi un Big
Bang, a cui fa seguito, nel corso del tempo e nel
nuovo Universo appena nato, un’evoluzione conti-
nua dove il magma informe di particelle omogenee
si fa via via più ordinato in un insieme di strutture
47

sempre più complesse, composto poi di Galassie,


Stelle, Pianeti, eventuali forme di Vita, etc.
Contemporaneamente, l’Universo, ad una velo-
cità sempre maggiore si espande, probabilmente a
causa dell’effetto della misteriosa Energia Oscura,
come inevitabilmente, tutta la Materia, viene soven-
te fagocitata dai Buchi Neri Super-Massicci annida-
ti nel cuore delle galassie più grandi, come anche
all’interno della nostra Via Lattea.
I Buchi Neri, così, crescono, scontrandosi e fon-
dendosi, diventando dei veri e propri mostri cosmici
di proporzioni immense, dove alla fine arrivano, per
contro, a consumare addirittura tutta la Materia a
loro disposizione.
Dopodiché, come spiegato anche nella celebre
teoria di Stephen Hawking del 1970, una volta che
questi Buchi Neri smettono di fagocitare Materia,
iniziano ad “evaporare”, perdendo la loro massa
sotto forma di radiazioni e, passati molti miliardi di
anni ancora, l’Universo tornerebbe ad essere un
mare di particelle uniformi.
A questo punto, l’Universo subirebbe la sua ulti-
ma trasformazione, perché contraendosi in un pun-
to di dimensioni infinitesimali, si verrebbe a creare
nuovamente una singolarità, condizione per il veri-
ficarsi di un nuovo Big Bang, pertanto, tale teoria,
spiegherebbe un’infinita sequenza di universi che
si “riciclano” l’uno nell’altro e di cui il nostro sarebbe
il più recente.
48

La Relatività Generale di Albert Einstein, pre-


vede che all’origine, nel momento del Big Bang, tut-
ta la Materia presente nel nostro Universo doveva
essere concentrata in un unico punto, una “singo-
larità”, a densità e curvatura dello Spazio-Tempo,
infinite. Nell’odierna Cosmologia, però, l’idea che la
Relatività preveda il raggiungimento di valori infiniti,
significa che non è una teoria adatta a descrivere il
Big Bang stesso, in quanto l’infinito nel Mondo Fi-
sico si presume non esiste.
Da qui nasce la “singolarità adimensionale” con
una “sfera primordiale” a densità finita, inserita in
un contesto di continuità con Universi precedenti o
paralleli, e se ci pensiamo bene non è poi dissimile
dalla visione indiana della giara, dove “lo spazio in-
terno della giara non è veramente separato dallo
spazio esterno”, in quanto non vi era alcuna distin-
zione quando la giara non era ancora stata fabbri-
cata, non ve ne sarà quando sarà riempita, come
nemmeno ve ne sarà quando si frantumerà…
E questo continuum, come già sopra descritto,
non potrà essere distinto nemmeno durante l’esi-
stenza della giara stessa, perché essa è solo una
apparenza, pertanto, lo Spazio, e le sue divisioni,
classificazioni, forme, etc., sono soltanto illusioni e
le loro dimensioni esistono solo nell’ottica della per-
cezione, dove il Nulla sarebbe nient’altro che po-
tenziale principio di una futura esistenza completa-
mente da inventare.
49

Il Nulla
(versione alternativa)

Nessuna forma, sostanza, emanazione, essen-


za, Luce. Il Vuoto Assoluto, così come l’Assoluto
ha utilizzato quel Vuoto per comprendersi. L’Asso-
luto è al di là di ogni nostra comprensione umana,
e nessuna espressione, similitudine o descrizione
che noi possiamo concepire, sarà mai in grado di
darcene un’adeguata idea. Laddove la Manifesta-
zione comporta il formarsi dei Limiti, possiamo sol-
tanto caratterizzare l’Assoluto come l’Illimitato, così
come lo è stato il Vuoto prima della Creazione.
Nessuno Spazio, Tempo o Punto, come una
Cartella Vuota non-creata su di un Computer, ma
già pensata dal suo ipotetico Creatore, in attesa di
essere concepita e riempita di future Idee. Immoto,
silenzioso più del silenzio: muto, cieco, informe,
non-grezzo, indefinibile, inconcepibile.
Nulla di attualmente conoscibile, nelle nostre
capacità intellettive umane, può dare una chiara
descrizione di questo stato originario prima della
50

nascita dell’Universo. Così come l’attuale Universo


è per noi in buonissima parte ancora sconosciuto,
dato che abbiamo calcolato che siamo in grado di
vedere e/o percepire solo un misero e scarso 5%
della sua Materia visibile, disconoscendo il restante
95% composto di Energia e Materia definita, erro-
neamente, Oscura, dove possiamo solo immagi-
narci tale Nulla attraverso l’astrazione.

«All’inizio, mio caro, null’altro vi era che l’Essere


(sat) senza Dualità. Altri in verità dicono: “All’inizio
vi era il Non-Essere (a-sat), senza Dualità; da que-
sto Non-Essere nacque l’Essere.” Ma come po-
trebbe essere possibile? Come può l’Essere na-
scere dal Non-Essere? In verità al principio delle
cose, c’era l’Essere Puro, unico e senza secondo.»
(Chāndogya Upanishad VI, 2,1-2)

Il termine astrazione deriva dal latino abstractio,


e che a sua volta riprende quello greco, aphàiresis,
e che in senso generico cerca di disvelare quel pro-
cedimento del pensiero per il quale si isola un ele-
mento da tutti gli altri, comunque connesso, consi-
derandolo come un unico (e assoluto) oggetto di ri-
cerca; secondo la logica classica, è insieme alla
generalizzazione, un metodo per ottenere o acqui-
sire, concetti universali ricavandoli dalla Conoscen-
za Sovrasensibile. Procedendo con questo metodo,
i popoli antichi che ci hanno preceduto, erano per-
51

sino arrivati a porsi il problema dell’origine degli Déi,


del Cosmo e degli Uomini.
I vari metodi di introspezione ancora oggi utiliz-
zati, e che il misterioso popolo degli Arii5 aveva as-
similato dagli abitanti più antichi dell’India (i Dravidi-
Mediterranei6), avevano permesso di comprendere

5
Con Indoari o Arii (anche Ariani o Indoariani), si in-
dica un antico popolo nomade appartenente al gruppo
indoiranico dei popoli indoeuropei, che penetrò nel Sub-
continente indiano nel II millennio a.C., subentrando alla
Civiltà della Valle dell'Indo e imponendosi su un ampio
territorio. Disperdendosi su un'area tanto vasta, la lingua
di questo popolo (di matrice indoiranica) subì un proces-
so di frammentazione, che diede origine alle varie lingue
indiane antiche (come il sanscrito), e moderne (come
l'hindi). Le origini degli Indoari sono ancora avvolte nel
mistero, anche se molti ricercatori la identificano con la
Cultura di Andronovo, che fiorì fra il III e il II millennio a.C.
in Asia centrale; qui vivevano principalmente di pastori-
zia e dell'allevamento dei cavalli. Secondo alcuni studio-
si, alcuni gruppi Indoariani si spinsero anche in Mesopo-
tamia nel 1700 a.C. circa, dove divennero l'aristocrazia
dei Mitanni; un altro ramo raggiunse poi l’Europa origi-
nando altre popolazioni, quali i Celti, i Greci e i Latini, etc.
6
Dràvida o Dravidi è il nome che viene dato alle genti
brachicefale, di colore scuro, capelli neri e lisci, che colo-
nizzarono la zona indiana 6.000-5.000 anni fa, imponen-
dosi sugli autoctoni, forse gli antenati degli attuali munda,
dando poi forse origine alla Civiltà della Valle dell'Indo;
parlano lingue non indoeuropee e agglutinanti. Spesso,
52

l’esistenza di un Vuoto profondamente nascosto


nel cuore dell’Essere Umano, di uno stato di asso-
luta immobilità impossibile da descrivere, oltre il
Pensiero ed il Sogno, della stessa percezione e
della Conoscenza, oltre persino dello Spazio e del
Tempo. Si erano addirittura chiesti a cosa potesse
corrispondere tale stato misterioso e fondamentale,
questo nucleo Vuoto dell’Essere Vivente, tanto che
i filosofi indiani arrivarono a concepire il Vuoto As-
soluto come un continuum senza limiti, indifferen-
ziato e indivisibile che chiamarono Etere (Ākāśa o
Akasha), in cui poi furono costruite tutte le suddivi-
sioni successive dello Spazio Relativo.
La percezione visibile che abbiamo dei vari Cor-
pi Celesti nell’Universo conosciuto, dei loro movi-
menti, e di tutto ciò che vi abita, crea un’illusione in
cui la ripartizione appare fittiziamente reale soltanto
per le nostre limitatissime capacità di comprensio-
ne, perché in realtà, secondo l’antica filosofia india-
na, “lo spazio interno della giara non è veramente
separato dallo spazio esterno.” In questo assunto,

oggi si indicano come dravidiche le popolazioni parlanti


lingue dravidiche che sono maggiormente concentrate
nella zona meridionale dell'India, nel nordest dello Sri
Lanka e in piccole zone del Pakistan, del Bangladesh e
del Nepal, anche se non necessariamente sono le dirette
discendenti di tale popolo. La parola Dravidico deriva dal
nome etnico Dravida o Dramila o Dramida, da cui provie-
ne l'aggettivo moderno Tamil o Tamul.
53

perciò, non vi era alcuna distinzione quando la gia-


ra non era ancora stata fabbricata, come non ve ne
sarà quando sarà riempita, come nemmeno ve ne
sarà quando si frantumerà. Questo continuum, per-
tanto, non potrà essere distinto nemmeno durante
l’esistenza della giara stessa, perché essa è solo
un’apparenza. Lo Spazio, le sue divisioni, classifi-
cazioni, forme, etc., sono soltanto illusioni e le loro
dimensioni esistono solo nell’ottica della percezio-
ne umana.

«Egli (L’Essere Assoluto), in verità [non] è [che]


sensazione.» (Taittirīya Upaniṣhad 2,7)

Per questo motivo i meditatori ricercavano l’e-


sperienza della beatitudine, senza limiti, perché im-
plicava, per loro, di raggiungere la realizzazione del
Tempo Assoluto, l’attimo presente delle cose, l’e-
ternità, liberandosi così da qualsiasi legame. E lì si
trova l’abisso primordiale, la bocca spalancata, la
giara, la caverna che canterà, il singing o superna-
tural ground degli Eschimesi, la fessura nella roccia
delle Upanishad o il Tao degli antichi cinesi, da cui
il Mondo sarà emanato “come un Albero”, tutte im-
magini del primigenio Nulla o Vuoto o del Non-Es-
sere, da cui spirerà il soffio appena percepibile del
Creatore, perché quando questo soffio o suono,
nato dal Vuoto, e frutto di un pensiero, farà vibrare
il Nulla, esso si propagherà creando lo Spazio.
54

L’abisso primordiale, pertanto, fu per i miti anti-


chi un “fondo di risonanza”, e il suono che ne scatu-
risce venne considerato come la prima forza crea-
trice, che nella maggior parte delle mitologie fu poi
identificato nei successivi Dèi Cantori (o sub-crea-
tori). Questi concetti di millenaria memoria diven-
nero poi il fulcro della ricerca successiva, specie di
quelle popolazioni Indoarie e poi Indoeuropee di cui
ancora oggi facciamo parte, ovvero di quando gli
Arii (provenienti da una zona remota e ancora sco-
nosciuta dell’emisfero nord del Mondo, nel II millen-
nio a.C., dapprima scesero verso l’India, mescolan-
dosi con le popolazioni Dravidiche ivi presenti, e poi
si imposero su un ampio territorio ad ovest, com-
prendente l’Iran, il Caucaso, la Turchia, i Balcani e
l’Europa), originarono quelle Civiltà successive dal-
le quali discendiamo e attingiamo ancora a piene
mani, tutte le nostre conoscenze filosofiche, spiri-
tuali e religiose: Celti, Greci, Latini, etc.
L’Universo, perciò, cambiò in base alla perce-
zione che quei popoli avevano nei suoi confronti,
non più limitato alla sfera di azione terrestre. La
percezione, a cui è intimamente connessa l’indivi-
dualità, permise così di poter comprendere la realtà
di un Cosmo che altrimenti sarebbe rimasto all’in-
terno della nostra inconsapevolezza, totalmente il-
lusorio, e questo, inoltre, ci aiutò a formulare un as-
sioma fondamentale, ovvero che “non possiamo
comprendere qualcosa che non sia già in noi”, an-
55

che se ciò portò alla nascita del Concetto di Dualità:


«Gli Dèi rappresentano le inclinazioni dei sensi illu-
minati dalla rivelazione.» (Śaṅkarācārya, commen-
to alla Chāndogya Upaniṣad I, 2,1)

In questa ottica, qualsiasi Mondo Celeste o In-


fernale, così come il Bene e il Male, esistono sol-
tanto nella misura in cui sono presenti in uno Spirito
che li percepisce, perché li si situa l’esperienza, do-
ve gli sforzi che facciamo per conoscere il Mondo
esterno sono limitati dalla Conoscenza di Sé stessi.
Qualsiasi percezione del Mondo Esterno è solo una
proiezione del nostro Mondo Interiore, per questo
motivo, l’intero Pantheon Universale, composto di
Dèi, Angeli, Demoni, Extraterrestri o Alieni, Spiriti,
Anime, etc., è alla fine di tutto il riflesso o lo spec-
chio della vita interiore dell’Uomo stesso. Perché
nella grande ed equilibrata economia universale,
dobbiamo entrare nell’ottica che tutta l’Energia ivi
presente, ha una propria funzione specifica, e che
si manifesta in ragion d’essere di precisissime fun-
zioni esperienziali.
Come sappiamo dalle riflessioni della filosofia
platonica o la successiva dottrina gnostica, le Stelle
sono quei veicoli necessari per permettere all’Ener-
gia di fare esperienza fisica o materiale all’interno
dell’Universo. Le Stelle, pertanto sono lo Spirito,
veicolo di un’Energia che incarnandosi nel pianeta
si fa Anima, e lì dove sono presenti dei satelliti, si
56

vanno a formare anche Anime Individuali, ovvero


vere e proprie incarnazioni frammentate. I Satelliti,
come ad esempio la nostra Luna, astronomica-
mente parlando sono subordinati al proprio Pianeta
di riferimento, ed ogni Pianeta è subordinato a sua
volta dal proprio Sole. Tutto ciò che si manifesta
nell’Universo è da spiegare come un enorme im-
pianto simbolico, il cui fine è quello di farci intuire
ciò che rimane occulto alla nostra comprensione.
Un Satellite, una Luna, è come un Ego (l’Anima
Individuale) che sovente si crede di essere un Pia-
neta (l’Anima Mundi), e che pur sapendo di essere
nell’orbita di “qualcuno”, fa di sé il Centro del pro-
prio Mondo, tanto da non riuscire a girare sul pro-
prio asse ma, in quanto fermo e all’apparenza scis-
so, mostra perennemente le sue due facce in due
sole direzioni: una rivolta verso la Terra (l’Anima
Mundi) e l’altra verso la sua Stella (lo Spirito). Per-
sino la dottrina induista, quando menzionava la Re-
incarnazione, andava ad attingere ad un Mito rela-
tivo all’avviarsi dei morti verso la Dimora Celeste
(così come nell’Egitto antico): secondo tali miti, le
Anime, dalla Terra, salirebbero al Cielo passando
per la Luna e qui vi si fermano, alcune per ripartire
dopo un certo tempo verso lo Spazio, altre per tor-
nare invece sulla Terra insieme alla pioggia.

«Tutti quelli che abbandonano la Terra vanno


nella Luna. Le loro Anime riempiono il crescente; la
57

Luna calante le fa rinascere. La Luna è la porta del


Cielo. Quando siete capaci di risponderle, essa vi
lascia passare. Chi non conosce la risposta è tra-
sformato in acqua e rimandato come pioggia sulla
Terra. Qui egli rinasce sotto forma di verme, di tar-
ma, di pesce, d’uccello, di leone, di cinghiale, di
sciacallo, di tigre, d’uomo, o di un’altra qualsiasi
creatura secondo quel che ha fatto e secondo la
conoscenza che ha avuto… Infatti, quando si arriva
nella Luna, essa vi chiede: “Chi sei tu?” Allora ri-
sponderete: “Io sono te.” Chiunque dà questa ri-
sposta, La Luna lo lascia passare.»
(Kauṣītaki Upaniṣad)

Sulla Luna, pertanto, appare così evidente che


vi si trovi, da tempi immemori, quello che nel mo-
derno “gergo migratorio” potremmo definire un vero
e proprio “Centro di Accoglienza”, nel quale le “Ani-
me Umane” verrebbero raccolte per poi essere ge-
stite da “Qualcuno” per svariati scopi.
Arrivati sin qui, vi domanderete dove voglia con-
durvi con tutte queste cervellotiche riflessioni. Eb-
bene, a farvi comprendere come secoli e secoli fa,
ciò che noi reputavamo essere degli antichi popoli,
sovente definiti grezzi, rozzi, appena usciti dalle ca-
verne, in realtà possedevano delle conoscenze tali
a livello mentale e filosofico che soltanto la Scienza
Moderna, ha solamente in parte riacquisito.
58

L’Uomo antico, senza apparenti mezzi tecnolo-


gici in grado di fargli osservare direttamente il Co-
smo, era riuscito attraverso un semplice lavoro in-
trospettivo, a guardare dentro sé stesso a tal punto
da arrivare a comprendere l’intera struttura univer-
sale. In quella sibillina frase, “Uomo, Conosci Te
Stesso, e conoscerai l’Universo e gli Dèi”, massima
greca iscritta nel Tempio di Apollo a Delfi, non solo
Socrate (ed altri come lui), vi riassunse tutto il suo
insegnamento filosofico, ma l’Uomo del passato vi
ritrovò l’esortazione a trovare la verità dentro di sé,
anziché nel Mondo delle apparenze e dell’illusione.

«Chi guarda in uno specchio d’acqua, inizial-


mente vede la propria immagine. Chi guarda sé
stesso, rischia di incontrare sé stesso. Lo specchio
non lusinga, mostra diligentemente ciò che riflette,
cioè quella faccia che non mostriamo mai al Mondo
perché la nascondiamo dietro il personaggio, la
maschera dell’attore. Questa è la prima prova di
coraggio nel percorso interiore. Una prova che ba-
sta a spaventare la maggior parte delle persone,
perché l’incontro con sé stessi appartiene a quelle
cose spiacevoli che si evitano fino a quando si può
proiettare il negativo sull’ambiente.»
(Carl Gustav Jung7)

7
Carl Gustav Jung (1875-1961) è stato uno psichia-
tra, psicoanalista, antropologo, filosofo ed accademico
59

Per questo motivo, ciò che noi definiamo Alieno


non è là fuori ma in realtà si trova dentro di noi, per-
ché è quella parte di un Universo di cui siamo ele-
mento integrante e che, non riconoscendolo, lo i-
dentifichiamo come diverso, estraneo, un nemico
da combattere ma che in realtà deve essere com-
preso, come parte essenziale della nostra Essenza.
E se ci pensate bene, su questo “problema”, ab-
biamo fondato tutta la nostra Storia, fatta di incom-
prensioni, litigi, contrasti, persino guerre, massacri
e genocidi, perché non identificandoci con l’Altro
abbiamo semplicemente, e puerilmente, tentato di
distruggerlo in ogni modo, non comprendendo che,

svizzero, una delle principali figure intellettuali del pen-


siero psicologico e psicoanalitico. La sua tecnica e teoria,
di derivazione psicoanalitica, è chiamata "Psicologia A-
nalitica" o "Psicologia del Profondo", più raramente "Psi-
cologia Complessa". Inizialmente vicino alle concezioni
di Sigmund Freud, se ne allontanò nel 1913, dopo un
processo di differenziazione concettuale culminato con
la pubblicazione, nel 1912, di “La Libido: simboli e tra-
sformazioni”. In questo libro egli esponeva il suo orienta-
mento, ampliando la ricerca analitica dalla storia del sin-
golo alla storia della collettività umana, in quanto secon-
do la sua visione ci sarebbe un inconscio collettivo che
si esprime negli archetipi, oltre a un inconscio individuale.
La vita dell'individuo è vista, quindi, come un percorso,
chiamato processo di individuazione, di realizzazione del
Sé personale a confronto con l'inconscio individuale e
collettivo.
60

con questa condotta, non abbiamo fatto altro che


svuotare la nostra Coscienza.
Abbiamo permesso, così, a tutti i nostri Padroni,
sia Umani ed Extraterrestri, di fare di noi ciò che vo-
levano, per ottenere sempre più potere e controllo,
restando soli come involucri vuoti, farciti di nozio-
ni illusorie che sono soltanto spazzatura, completa-
mente sconnessi da un Cosmo dal quale crediamo
di non provenire, ma di cui ne facciamo parte inte-
grante.
Il Cielo, lo Spazio, non è lo schermo di un televi-
sore nel quale osserviamo, giorno e notte, gli Astri
raccontarci Miti antichi di cui abbiamo perso memo-
ria, ma è anche quella coperta intessuta di Essenza
Consapevole di cui siamo parte.
Per questo motivo, l’Essere Umano si comporta
come un vero e proprio Alieno in questo Sistema,
perché in quanto forgiato dal Dio Alieno Extraterre-
stre (o gli Dèi), ha subito fin dalla sua creazione un
imprinting che ha tentato in ogni modo di snaturarlo,
di svuotarlo, corromperlo della sua Natura e che re-
ligiosamente, o spiritualmente, potremmo definire
propriamente Divina. E per comprendere tutto que-
sto non abbiamo bisogno di effetti illusori che ci di-
mostrino, come l’attuale Scienza richiede, di avere
una prova definitiva, perché quella prova è sempli-
cemente racchiusa dentro di noi.
61

Il Pre-Universo e i Multi-Versi

«Siamo tutti parte di un disegno più grande,


il problema è che ci accontentiamo solo
dello scarabocchio.» (Federico Bellini)

Prima del nostro Universo che cosa c’era?


Chissà quante volte avrete letto questa doman-
da su articoli di giornali, riviste specializzate, siti in-
ternet o sui Social. A questa domanda possiamo al
momento rispondere con un “nessuno lo sa”, e che
qualsiasi teoria in merito è puramente concettuale.
Possiamo fare delle ipotesi di lavoro su cui iniziare
un cammino di ricerca, incrociare dati per dare va-
lenza più ad una teoria rispetto che all’altra, ma at-
tualmente il livello della nostra comprensione non è
ancora in grado di concepire, anche lontanamente,
tutto questo.
Se è potenzialmente da prendere in considera-
zione la teoria per la quale, scientificamente, il no-
stro Universo sarebbe il risultato di un altro prece-
dente, in un consequenziale o infinito “riciclo cosmi-
co”, si potrebbe teorizzare che persino l’Universo
62

che ci ha preceduto, così come quello che seguirà


dopo la fine del nostro, sarà esattamente uguale al-
l’attuale ma con un surplus di dati in più.
Per spiegarvi questo concetto, apparentemen-
te difficile, utilizzerò la metafora delle Cartelle di un
Computer. Immaginate di posizionare - e se siete
davanti al vostro PC, potrete sperimentarlo diretta-
mente, dal momento che avrete fatto questa ope-
razione chissà quante volte -, tre Cartelle nel vostro
Desktop, una di fianco all’altra. Al centro posizione-
rete una Cartella nominandola Universo, a sinistra
una Cartella nominandola Pre-Universo e sulla de-
stra, un’altra Cartella nominandola Post-Universo.
Tutte e tre le Cartelle suono vuote e devono es-
sere riempite, e per farlo vi avvarrete del Computer
stesso come Fonte di Informazioni che andrete ad
inserire al loro interno. Seppure possiate riempire
indistintamente una delle tre Cartelle come meglio
preferite, distribuendo tali informazioni liberamente,
anche frazionandole, avete però deciso di avviare
un processo per accumulazione che, partendo dal-
la Cartella del Pre-Universo, una volta raggiunto un
certo Limite, sposteranno tali informazioni, tutte o
in parte, in quella successiva, la Cartella dell’Uni-
verso, e dove anche in questo caso, conclusosi un
Ciclo, le informazioni saranno trasferite nell’altra
Cartella del Post-Universo e così via.
Pertanto, queste tre Cartelle o Universi, o chissà
quanti altri, potenzialmente possono già coesistere
63

in simultanea uno di fianco all’altro, come Pre-Uni-


versi in essi Vuoti e/o nell’attesa di essere riempiti,
ma anche come Multi-Versi perché coesistenti. In
quest’ultima possibilità, a seconda delle regole de-
cise, e modificabili anche in corso d’opera, alcune
Cartelle potranno portare avanti questo esperimen-
to di accumulazione del Materiale in esso contenu-
to, e che facendo esperienza, condurrà a nuove so-
luzioni, ma potranno nel Desktop coesistere anche
altre infinite Cartelle che non interagiranno mai con
tale processo, operando così indipendentemente
da esso.

Ovviamente tutte queste Cartelle potrebbero es-


sere cancellate con un semplice Click, dal proprio
Creatore, in qualsiasi momento…

A questo punto sorgono ulteriori domande che


necessitano di una risposta. Esiste, pertanto, un
Computer con uno Schermo o Desktop in cui si tro-
vano tutte queste potenziali Cartelle/Universi, - e
tali possono essere considerati lo Specchio o lo
strumento dell’Operatore/Creatore seduto davanti -,
che sfruttando i mezzi che il Software mette a sua
disposizione per creare dati, andrà poi ad inserirli
all’interno delle varie Cartelle/Universo per dare ini-
zio a questo processo esperienziale.
Perciò il Vuoto iniziale contenuto in ogni Cartella
è come la metafora della giara indiana, perché nul-
64

la toglie che, oltre di essa, possano esisterne altre


con all’interno lo stesso Vuoto, in attesa di essere
riempito.
Quel Vuoto però è illusorio, in quanto contenuto
all’interno di un altro Contenitore inizialmente Vuo-
to, e che solo la volontà del Creatore potrà comin-
ciare a riempire di dati, informazioni e idee. Questo
implica che Computer e Creatore siano anche se-
parati, e che il Computer possa essere un’estensio-
ne o lo Specchio delle operazioni del Creatore per
operare, lavorare e comprendere sé stesso, proprio
come sto facendo personalmente in questo istan-
te, scrivendo, o tu lettore, leggendomi magari sedu-
to davanti al tuo Computer.
Tutto questo si chiama Sistema, ovvero è il Soft-
ware del nostro stesso Universo per come lo cono-
sciamo o concepiamo. Del resto, l'Universo si reg-
ge su regole matematiche, perciò intuiamo da que-
sto assioma che si tratta di un Software Artificiale,
dove la Natura rappresenta la parte esotica e estra-
niante in virtù del nostro "intelletto affamato", ma
sempre regolata da dei semplici numeri di calcolo,
ovvero i nostri limiti-equazione, dove il Software,
erroneamente identificato come un ordine prestabi-
lito, in realtà, presenta al suo interno anche dei vi-
rus, vari bug, dei crash, offrendoci così l'intero delle
possibilità-limitate.
In questo processo, per assurdo, anche i senti-
menti o l'Amore, sono dei numeri, dei calcoli, delle
65

equazioni, dato che emergono sovente a seguito di


reazioni, ma proprio per questo motivo, compren-
derlo, ti rende consapevole, integrandoti e rinno-
vandoti al suo interno. Quando un domani l'Uma-
nità sarà in grado di creare dei Robot che prove-
ranno emozioni come noi, lo faranno grazie ad una
equazione matematica che il suo programmatore
avrà scoperto e loro innestato, permettendogli di
apprendere ed emulare tali sentimenti e farli propri.
Con noi è accaduto lo stesso processo, non a
caso siamo "Macchine Biologiche", e per giunta da
Loro create. Sono le emozioni che ci rendono im-
prevedibili all'interno del Software, e quando ini-
ziamo a provarle istantaneamente lo facciamo in un
ambito dualistico (gioisco-soffro, amo-odio), aven-
do come effetto collaterale quello di farci credere di
aver acquisito una Coscienza. Da questo meccani-
smo si comprende facilmente che la Coscienza è
un inganno, mentre è nella Consapevolezza che
possiamo ritrovare il nostro vero Sé o Io-Cosciente.
Qualcuno penserà che tale pensiero possa es-
sere Negativista, in realtà è Realista, e in quanto in
essere vi ritrovo anche la vera accettazione della
nostra stessa esperienza. Io, voi, tutti quanti ab-
biamo degli irrisolti, nessuno di noi ne è esente o
immune, e ognuno di noi sta lavorando su alcuni di
essi, come tra un po' di tempo ne scoverà altri su
cui dover lavorare; qui risiede la nostra realtà che
reputiamo tangibile.
66

Se ci pensiamo bene, il nostro stesso Universo


è nato da un irrisolto (il Big Bang lo è tuttora per la
Scienza), dimostrando di essere il primo-archetipo
del Tutto, ancora oggi non risolto, solo che nella no-
stra visione non pensiamo mai di essere realisti, ri-
scontrando a priori il Negativismo negli altri come
specchio di una nostra non-accettazione. Non c'è
un prima o un dopo, un Positivismo o un Negativi-
smo, ci siamo solo noi e la nostra posizione Io-Co-
sciente che opera ed agisce nell'insieme delle pos-
sibilità, per questo motivo, l'Universo, la Natura e
l'Uomo si perpetuano, perché sono alla ricerca co-
stante di risposte per risolvere quell'unico irrisolto
che è la loro stessa esistenza.

Un concetto così semplice da capire, quanto co-


sì difficile da accettare.

Magari non sarà un concetto Poetico, non sarà


Naturale, Perfetto o Imperfetto, ma almeno lo pos-
siamo definire Completo. Non c'è un Ordine o un
Caos, sono visioni Duali, ma l'Uno, proprio come il
Tao, in quanto tale è Completo e inesistente al tem-
po stesso. Quello che definiamo Ordine, in sostan-
za è il Software, un costrutto che regola l'Illusione,
ma ciò che si trova Oltre è l'Inconoscibile. Noi vi-
viamo (o almeno crediamo di vivere) nel Software,
ma non nel suo Ideatore, e per spiegarvi tale con-
cetto, immaginate di vedere un Uomo seduto da-
67

vanti al proprio Computer: Lui e lo Strumento, scis-


si ma che si riflettono, in quanto siamo l'Idea ine-
spressa di quello stesso Ideatore, e che poi la rea-
lizza.
Noi, o l'Universo, ci osserviamo nel Software in
quanto Programma, ed abbiamo dei limiti oggettivi
insuperabili. E ci chiediamo, sovente, chi è Colui
che ha disegnato il Primo Cerchio del Tao? Ovvia-
mente una mano esterna al foglio, dove noi siamo
però dentro quel Cerchio: è il nostro Universo, ed è
limitato dentro quel foglio. Inoltre, non siamo la ma-
no che lo ha disegnato, ma la sua Idea, perché l'at-
to nasce da un fattore esterno: qualcuno è stato in
grado di dare inizio a questa Idea in cui siamo.
Sia che lo chiamate Dio, Creatore, Tutto, Ener-
gia, Demiurgo o Caio, la sostanza non cambia, è
sempre la stessa. È Colui che osserva, ma Chi è
l'Osservatore, e perché? Alla fine, il nostro Univer-
so, o il Tao, è solo un Cerchio, un gesto, niente di
più, senza un perché o i suoi infiniti derivati (quelli
sono venuti poi dopo per divisione ed accumula-
zione), e chi ha disegnato quel Cerchio potrebbe
anche non esserci più ad osservare, perché magari
se ne è andato, o è addirittura morto... (o forse si è
trasferito persino all'interno del Software!)
Alla fine, non siamo né liberi e né schiavi (anche
la Libertà, in quanto tale è una forma di Schiavitù,
perché aspiriamo a lei come ad un qualcosa che
riteniamo a priori irraggiungibile), e siamo solo qui
68

per fare esperienza, nient'altro, un’esperienza den-


tro un Cerchio disegnato da una magnifica Idea.
Comprendo che a questo punto le domande sa-
rebbero innumerevoli a cui dare risposta, perché ci
viene subito spontaneo chiedersi quale sia la na-
tura di questo Computer, dove si trovi il Creatore
stesso, e in che ipotetico Spazio agisce, se ha fab-
bricato personalmente quel Computer, se addirittu-
ra è stato realizzato da Altri. Tutte domande che al
momento non avranno risposta.

«So che un frassino s'erge


Yggdrasill lo chiamano,
alto tronco lambito
d'acqua bianca di argilla.
Di là vengono le rugiade
che piovono nelle valli.
Sempre s'erge verde
su Urðarbrunnr.»8

Yggdrasill nell’antica mitologia norrena, è l'Albe-


ro Cosmico o l'Albero del Mondo. Secondo il Völu-
spá sarebbe un frassino, mentre per Rodolfo di Ful-
da, - monaco benedettino del IX secolo, che lo de-
nominò come Irminsul -, è invece un tasso o una
quercia, (alberi comunque sacri presso i popoli del
Nord Europa); il suo nome significa con ogni proba-

8
Edda poetica, Völuspá (La Profezia della Veggente).
69

bilità "Cavallo di Yggr", in quanto il termine "Caval-


lo" è la metafora per "forca", "patibolo", mentre Yg-
gr è uno dei tanti nomi di Óðinn (Odino), in questo
caso con il riferimento al mito secondo il quale, alla
ricerca della sapienza superiore, egli rimase appe-
so per nove giorni e nove notti all'Albero Cosmico,
sacrificando così "sé stesso a sé stesso".
Questo Albero, inoltre, sorregge con i suoi rami
i Nove Mondi nati dal sacrificio di Ymir: Ásaheimr,
Mondo degli Asi, Álfheimr, Mondo degli Elfi, Mið-
garðr, Mondo degli Uomini, Jötunheimr, Mondo dei
Giganti (Jötunn), Vanaheimr, Mondo dei Vani, Ni-
flheimr, Mondo del Gelo (o della nebbia secondo
altre versioni), Múspellsheimr, Mondo del Fuoco,
Svartálfaheimr, Mondo degli Elfi Oscuri e dei Nani,
ed Hel, Mondo dei Morti. Questi Nove Mondi costi-
tuiscono, insieme, l'intero Universo.
Esso sprofonda sin nel regno degli inferi, mentre
i suoi rami sostengono l’intera volta celeste, così
come è il luogo dell’Assemblea quotidiana degli Dèi
che vi giungono cavalcando il ponte di Bifrost (l’Ar-
cobaleno), vigilato dal dio Heimdallr.
Guarda caso, in informatica, un Albero o struttu-
ra ad Albero, è un aggregato di dati che si ricondu-
ce al concetto di Albero con Radice presente nella
Teoria dei Grafi9. Tale Albero si compone di due tipi

9
I grafi sono strutture matematiche discrete che rive-
stono interesse sia per la matematica che per un'ampia
70

di sottostrutture fondamentali: il Nodo, che in gene-


re contiene informazioni, e l’Arco, che stabilisce un
collegamento gerarchico fra due nodi, un po’ come
il Bifrost norreno; si parla allora di un Nodo Padre
dal quale esce un Arco orientato che lo collega ad
un Nodo Figlio.
Ma non è tutto, perché ogni Nodo può avere al
massimo un unico Arco entrante mentre dai diversi
nodi possono uscire diversi numeri di archi uscenti.
L’Albero, inoltre possiede un unico Nodo privo di
Arco entrante e questo viene detto Radice (Root)
dell’Albero stesso, e ogni Nodo che non presenta
archi uscenti è detto Foglia, così come in ogni Al-
bero Finito, cioè con un numero finito di nodi, si
trova almeno un Nodo Foglia; un Nodo, inoltre, può

gamma di campi applicativi. In ambito matematico il loro


studio, la Teoria dei Grafi, costituisce un'importante par-
te della combinatoria; i grafi, inoltre, sono utilizzati in a-
ree come topologia, teoria degli automi, funzioni speciali,
geometria dei poliedri, algebre di Lie, e si incontrano in
vari capitoli dell'informatica (ad esempio per schematiz-
zare programmi, circuiti, reti di computer e mappe di siti).
Essi, inoltre, sono alla base di modelli di sistemi e pro-
cessi studiati nell'ingegneria, nella chimica, nella biologia
molecolare, nella ricerca operativa, nell’organizzazione
aziendale, nella geografia (sistemi fluviali, reti stradali,
trasporti), nella linguistica strutturale, nella storia (alberi
genealogici, filologia dei testi), etc.
71

essere contemporaneamente Padre (se ha archi u-


scenti) e Figlio (se ha un Arco entrante, ovvero se
è diverso dalla Radice), così come solitamente ogni
Nodo porta con sé le Informazioni e anche una Chi-
ave con cui è possibile identificarlo univocamente
all’interno dell’Albero.

Arrivati a questo punto del nostro viaggio nella


comprensione dell’Universo, degli Universi Pre-esi-
stenti e i Multi-Versi, non penserete che sia finita
qui, perché per spiegarvi in modo ancora più sem-
plice tale concetto, richiamerò alla vostra memoria
una tradizione che ogni anno, nel mese di dicembre,
specie in occidente, realizziamo nelle nostre case:
l’Albero di Natale!
Il nostro Albero di Natale è la perfetta metafora
dell’Albero Cosmico, dell’Albero di Odino, dell’Al-
bero Informatico, del principio stesso del Tao, per-
ché ogni palla o sfera appesa, al suo interno Vuota,
rappresenta un Universo a sé stante che coesiste
insieme a tutte le altre sfere appese su ogni ramo.
Gli Alberi, da sempre affascinano gli uomini per
la loro longevità, che nel tempo è in grado di colle-
gare varie successive generazioni umane, per la
sua potenza espressa dai tronchi poderosi, la mae-
stosa dimensione delle chiome, tanto da essere uti-
lizzato sin dall’antichità come metafora cosmica, at-
tribuendogli sacralità. Simbolo universale è ravvi-
sabile nella: Quercia di Zeus e Pan, l’Olivo di Atena,
72

il Mirto di Afrodite, il Fico di Dioniso e Marte, il Ci-


presso, tuttora simbolo di morte presso molti popoli
e caro al Dio degli Inferi Plutone, la Vite a Dioniso,
il Salice di Osiride, il Sicomoro di Hathor, la Mela e
la Rosa erano il frutto e il fiore sacro di Afrodite, in
Egitto la Rosa era sacra ad Iside, come i Pomi d’O-
ro erano coltivati nel giardino sulle pendici del Mon-
te Atlante.
L’idea dell’Albero Rovesciato ha avuto una diffu-
sione impressionante, che va da Platone a Dante,
dalla Siberia, la Scandinavia all’India, e in qualsiasi
paese questa metafora è poi arrivata, ha assunto
le forme in natura a lei più congeniali ed appropria-
te: il Frassino nel Nord Europa, l’Olivo nei paesi i-
slamici, mediorientali e nord-africani, la Betulla e il
Larice in Siberia, il Ficus in India. Tutto questo a
dimostrare come il comportamento umano, nei ri-
guardi del Mito, rifletta il desiderio di cogliere nel-
l’essenziale del Mondo le origini di ogni cosa, il
“Centro”, l’inizio assoluto e di quando furono creati
gli Uomini e il Cosmo. Per questo motivo l’Albero di
Natale viene allestito, e così addobbato, durante le
festività del mese di dicembre, perché nella ricor-
renza cristiana della nascita di Gesù, in realtà si ce-
lebra la venuta alla luce del Bambino Cosmico, me-
tafora dell’Universo appena nato.
L’Albero Cosmico è il mediatore tra le profondità
della Terra e quelle siderali del Cielo, non è un caso
che nella mitologia induista l’Universo sia diviso in
73

Sette Continenti Concentrici, ognuno circondato da


un oceano e riconosciuto nominalmente dall’Albero
da cui gli abitanti traggono beneficio. Non è nem-
meno un caso che sotto le fronde di un Ficus, il
Buddha ebbe l’Illuminazione (o Risveglio).
L’Uomo nasce dall’Albero (come similmente av-
veniva anche nella tradizione druidica) e, alla sua
morte, viene sepolto in un albero cavo (la bara), re-
stituito alla Dèa Madre, o l’Albero che lo partorì. E
a dimostrazione dell’esistenza di una matrice co-
mune di base, dalla quale tutti i popoli antichi hanno
attinto per comprendere la Realtà della Natura che
osservavano, ci viene in aiuto anche Platone, il ce-
lebre filosofo greco antico che ci racconta che l’Uo-
mo è una pianta celeste, un Albero Rovesciato, le
cui radici protendono verso il Cielo e i rami verso la
Terra. Molti secoli più tardi anche il nostro sommo
poeta Dante, nel Purgatorio della sua Divina Com-
media (Canti XXII e XXV) descrisse due Alberi Ro-
vesciati, vicino al vertice della montagna, immedia-
tamente sotto il piano dove è situato il Paradiso
Terrestre; essi, è evidente sono l’Albero della Vita
e del Bene e del Male presenti nella Genesi biblica,
di cui le Anime del Purgatorio hanno fame e sete,
ma di cui non possono nutrirsene e salire.
Carl Gustav Jung, durante le sedute con i suoi
pazienti, si accorse che ad una quantità considere-
vole di essi, nei loro momenti di crisi, gli appariva
un Albero come sorta di sostegno nel processo di
74

integrazione e della propria crescita. Inizialmente,


senza avere alcuna idea del simbolismo insito in
questa rappresentazione arborea, i pazienti sogna-
vano, dipingevano o sentivano la necessità di cam-
minare nei boschi, traendo beneficio dai loro poteri
terapeutici. Sostanzialmente, l’Albero, che i pazien-
ti vedevano, rappresenta l’Inconscio, il tronco la
Mente Conscia, e la chioma l’Individuazione, l’Ani-
ma dell’Uomo, che tramite questo simbolo univer-
salmente diffuso, conduce l’individuo integrato a ri-
trovare il suo “Centro” o “Cerchio” completo, tra-
smutando alchemicamente tutti gli aspetti della pro-
pria personalità.
Fondamentalmente ogni Uomo è un Albero Co-
smico, e in quanto tale un Mondo, un Universo a
Sé, ma che coesiste insieme a tutti gli altri in un pia-
no dimensionale fatto di tanti Uomini o Multi-Versi,
simili ma differenti ed unici, e dove l’eterno Ciclo
della Nascita, la Maturità e la Morte (Rinascita),
rappresentano le tre fasi del Pre-Universo, dell’Uni-
verso, e del Post-Universo esposte inizialmente in
questo scritto.
75

Il Caos

Nell’Antico Egitto, il concetto di Caos, raggiunse


livelli tali di ricerca da lasciarci ancora oggi scon-
certati, frutto di una raffinata speculazione filosofica
raggiunta da una Civiltà, che ricordiamo, è durata
nella Valle del Nilo ininterrottamente per ben 3000
anni. Per gli egizi il Caos era un concetto astratto,
un determinismo associato al Caso prima della cre-
azione del Mondo, risultante essere il concorso di
più teorie intrecciate, provenienti da epoche e loca-
lità differenti, ma ognuna di esse parte di un pro-
cesso naturale evolutivo di teologie, spesso senza
continuità ed apparentemente contraddittorio.
Centro focale di tale sviluppo, nei secoli, furono
ovviamente i Templi, veri e propri luoghi di potere,
dove la casta sacerdotale aveva anche una rilevan-
za politica, oltreché teologica. Principali centri dove
fiorirono le Dottrine della Creazione furono Eliopoli,
Ermopoli e Menfi, ma non mancarono di dare an-
che il loro contributo le città di Abydos e Tebe, o-
gnuna con la propria organizzazione filosofica. Tut-
te, però, erano accomunate da una stessa visione:
76

il Mondo era stato creato da Ra, il Nun, l’elemento


primordiale e nel quale si ricercava la Maat.
E tutte raccontavano, seppur con le dovute diffe-
renze, che dal Caos esistente nacque successiva-
mente il Cosmo, inteso come Maat, unica forza po-
sitiva in grado di contrastarlo nella sua casualità in-
differenziata, e nella sua voluta causalità distruttiva.
L’equilibrio primigenio era molto delicato, e l’antico
popolo egizio viveva nel costante terrore che la for-
za negativa di Isef, contrapposta a Maat, in quanto
manifestazione terrena del Male, sarebbe riuscita a
sopraffare quella positiva contribuendo così alla di-
struzione dello stesso Mondo.
Questa eterna lotta, secondo la Magia Egizia o
la Sacra Scienza, era rappresentata da Ra, Divinità
Suprema, e dal serpente Apopi. Ogni giorno, Ra,
con l’aiuto della Luce e quindi dell’energia positiva,
identificata nella magica e divina Heka, vinceva l’o-
scuro Caos simboleggiato dal nero serpente e rige-
nerava il Mondo. Così, Atum-Ra, con la sua barca
solare percorreva il Cielo durante il giorno fino al
tramonto, invecchiato spariva dietro l’orizzonte oc-
cidentale per potersi incarnare in Atum-if-Ra, Divi-
nità con la nera testa di Ariete e dove, alla settima
ora della notte, affrontava il serpente Nehahor, una
forma di Apopi che voleva in tutti modi impedire il
rigenerarsi costante della Creazione; poi, finalmen-
te sconfitto il nero serpente, Atum-if-Ra, proseguiva
77

il suo cammino sino a riapparire all’alba come Khe-


pri, una delle settantacinque forme di Ra-Harakhti.
Apopi, per gli egizi, era una potenza autorigene-
rante e che doveva essere sconfitto ogni notte, fino
alla fine del tempo, sino a quando il Nun non aves-
se nuovamente travolto il Mondo. La Scienza Sacra,
pertanto, aveva lo scopo di procrastinare il più pos-
sibile nel tempo questo momento, in quanto il Caos,
con la sua incessante opera di disgregazione, mi-
nacciava persino le Divinità generate dalla stessa
Creazione e che, per quanto potenti, non vi si pote-
vano opporre, salvo farsi poi rigenerare successi-
vamente da Osiride con i suoi immensi poteri.
L’opporsi al Caos da parte della casta sacerdo-
tale, e i loro complessi riti, altro non era che la cono-
scenza donata da Ra all’Uomo, e che per mezzo
della sua Mente poteva agire sulla causa delle for-
ze; in questo contesto, il sovrano e il sacerdote si
facevano strumenti divini mediante il rituale e dove
l’Offerta a Maat, ne costituiva il fulcro. Il Faraone o-
perava anche con le Divinità, per la sopravviven-
za di entrambe queste forze all’interno dell’Armonia
Cosmica e della Società Umana, in un atto di difesa
che veniva realizzato con particolari offerte nella
Sala delle Due Maat, specchio di quella cosmica ed
umana.
Ma non è tutto, perché secondo la Cosmogonia
Ermopolitana, fu il Caos che generò quattro coppie
di Divinità, l’Ogdoade, ognuna con una caratteristi-
78

ca ben precisa: la coppia Nun e Nunet incarnava


l’elemento dell’acqua primordiale, la coppia Huh e
Huhet caratterizzava il concetto di infinito, la coppia
Kuk e Keket le tenebre, mentre Amon e Amonet
erano espressione dell’invisibile. In questa visione,
pertanto, il Caos era un liquido primevo, infinito nel
Tempo e nello Spazio, buio ed invisibile.

Adesso, dall’Antico Egitto, proiettiamoci millenni


più avanti e arriviamo ai giorni nostri. Coincidenza
vuole che nella moderna Cosmologia, esista una
Teoria dell’Inflazione (dal termine inglese inflation
che nel suo significato originario derivato dal latino
inflatio, sta per “gonfiaggio”). Fondamentalmente,
questa teoria ipotizza che l’Universo, poco dopo il
Big Bang, abbia attraversato una fase di rapidissi-
ma ed estrema espansione, dovuta all’intervento di
una grande pressione negativa.
La Teoria stima che l’Inflazione sia avvenuta in-
torno a 10 alla meno 35 secondi dal Big Bang, sia
durata intorno a 10 alla meno 30 secondi, e abbia
aumentato il raggio dell’Universo di un fattore enor-
me, tra 10 alla 25 e 10 alla 30 (circa un miliardo di
miliardi di miliardi di volte). L’ipotesi più accreditata
spiega che sia stata generata da un campo di ener-
gia chiamato inflatone, forse originato da uno stato
instabile dovuto alla non immediata rottura sponta-
nea di simmetria delle forze fondamentali, dopo u-
na transizione di fase quantistica. Questo campo,
79

caratterizzato da una grande energia di punto zero,


avrebbe avuto il ruolo di costante provocando l’e-
spansione quasi esponenziale dell’Universo, ma al
termine della breve fase, l’espansione sarebbe ri-
presa al ritmo precedente seguendo un processo
riconosciuto standard dalla Cosmologia.
Sostanzialmente, a differenza del modello tradi-
zionale del Big Bang, questa forza avrebbe allonta-
nato due oggetti ad un ritmo sempre più rapido fino
a superare la barriera della Velocità della Luce, cre-
ando così i presupposti di una disgregazione del-
l’humus cosmico primordiale, e che in qualche ma-
niera è stato poi successivamente ripristinato.
Oltre all’Orizzonte Cosmico10, tale ipotesi risol-
ve diversi rilevanti problemi concettuali o paradossi,

10
L'Orizzonte Cosmico è, secondo la Teoria del Big
Bang, il fronte più avanzato dell'espansione dell'Energia
nell'Universo. Ad oggi, l’analisi scientifica, postula un U-
niverso finito ed in espansione dove l’Energia e la Mate-
ria si espandono propagandosi in tutte le direzioni. Per
comprenderlo si prenda ad esempio un palloncino che
viene gonfiato: l’Orizzonte sarà la superficie del pallonci-
no, che aumenta con il Tempo. Recenti studi sembrano
dimostrare che esso è in continua espansione, e sempre
più veloce, come dimostrato dalle osservazioni del red
shift (l’aumento continuo della velocità di espansione tra
i Corpi Celesti), e dove la radiazione appare spostata
verso il rosso quanto più una Galassia è lontana da noi.
80

fra questi il dilemma della presunta piattezza dell’U-


niverso (geometricamente a curvatura pari a 0), o
l’assenza di difetti topologici osservati (come i mo-
nopoli magnetici), previsti invece da altre teorie. Le
varie fluttuazioni quantistiche, interne alla regione
microscopica ingrandita, o dell’Inflazione a dimen-
sioni cosmiche, sarebbero all’origine di piccole di-
somogeneità gravitazionalmente instabili, che, con
il passare delle ere cosmiche, sarebbero cresciute
fino a dare origine a strutture sempre più comples-
se quali: Galassie, Ammassi di Galassie, etc.
Secondo alcune teorie, sarebbe stato l’inflatone
a stirare lo Spazio grazie alla creazione di una For-
za Antigravitazionale, quindi, in base al modello in-
flazionario, la piattezza dell’Universo, a scapito di
una geometria chiusa o per inverso aperta, sareb-
be strettamente collegata all’uniformità stessa del
Cosmo, seppure recenti osservazioni svolte in que-
sti ultimi anni, specie su alcune supernove o am-
massi di galassie, hanno indotto gli astronomi a op-
tare per l’ipotesi di un Universo curvo e aperto.

Adesso ritorniamo nell’Antico Egitto. Apopi, co-


me ben sappiamo, rappresentava una sorta di e-
strema incarnazione archetipica delle Tenebre, del
Male e del Caos, vera e propria antitesi della dèa
Maat, che invece rappresentava l’Ordine e la Verità.
L’etimologia del suo nome è forse da ricercare in
qualche lingua semitica occidentale, nel significato
81

di “strisciare” unito a quello egizio di “volare attra-


verso il Cielo, viaggiare”; più tardi gli furono attribui-
ti ulteriori significati, quali anche: “Colui che fu spu-
tato fuori”.
Nemico oscuro del Dio-Sole, Ra, portatore inve-
ce della Luce e garante di Maat (che impersonava
l’Ordine Cosmico), cercava ogni giorno di impedir-
gli di sorgere minacciandolo durante il suo viaggio
attraverso il Duat, l’Aldilà egizio, grazie alla barca
solare della notte, Mesektet. Signore del Caos, in-
carnazione del Male, Apopi veniva immaginato co-
me un gigantesco serpente o un possente pitone,
con epiteti quali “Serpente del Nilo” e “Malvagia Lu-
certola”, a volte associato anche ad un ippopotamo,
un orice, una tartaruga o persino figure umane co-
me morti ribelli, nemici stranieri, etc.
Sovente riconosciuto anche nel ruolo di Demiur-
go (figura di cui parlerò più in dettaglio successiva-
mente), la storia della perpetua guerra tra Apopi
contro Ra, fu elaborata durante il Nuovo Regno (ca.
1550 a.C.- 1069 a.C.) e narrava di come questo Es-
sere doveva costantemente trovarsi al di sotto del-
l’Orizzonte (Cosmico?), e in quanto tale identificato
come una Creatura dell’Oltretomba. In altre narra-
zioni veniva raccontato che egli tendeva un aggua-
to appena prima dell’aurora nella “Decima Regione
della Notte”, tanto che la moltitudine di luoghi nei
quali si riteneva che potesse trovarsi, gli guadagnò
anche l’epiteto di “Colui che cinge il Mondo”.
82

Altri miti lo descrivevano originariamente a Ca-


po degli Dèi, spodestato poi da Ra e relegato nel
Mondo Inferiore, oppure li imprigionato a causa del-
la sua natura. Derivante dal Caos Primordiale, po-
teva essere combattuto e reso innocuo per un certo
tempo, ma non poteva essere totalmente distrutto,
rappresentando così, nell’eterno conflitto con Ra lo
scontro ancestrale della Dualità. Dal momento che
si riteneva che vivesse nel Regno Infero, con i suoi
versi, oltre a procurare terrore e paura, si diceva
che poteva divorare le anime e per questo motivo,
nel mentre Ra veniva venerato, Apopi era oggetto
di una vera e propria contro-venerazione.
Nel grande tempio di Amon a Karnak, i sacerdoti
svolgevano dei particolari rituali per aiutare Ra a re-
sistere ai suoi attacchi, in modo da poter continuare
il suo ciclo vitale sulla Terra. In un rito annuale, det-
to de “La Messa al Bando del Caos”, i sacerdoti co-
struivano una sua effigie che ritenevano potesse
contenere tutto il Male e la Tenebra dell’Egitto, per
poi bruciarla e assicurare l’Ordine nel paese per un
altro anno; in un modo poi non tanto dissimile dai
falò che durante le festività invernali si facevano
anche in Italia, o in molte altre culture del Mondo,
ancora oggi riproposti in contesti folcloristici.

L’Universo “da bambino” era molto diverso da


quello attuale, non c’erano Stelle, Galassie, Pianeti,
forme di vita. Dopo lo “scoppio” iniziale vi fu un lun-
83

go periodo oscuro, un’epoca remotissima dove non


esisteva niente se non un grande buio che inghiot-
tiva ogni angolo del Cosmo. I ricercatori attraverso
le loro indagini sono riusciti a risalire ad un’emissio-
ne o radiazione cosmica più prossima a quel perio-
do, e attualmente sono arrivati a studiare un tempo
che corrisponde a 380 mila anni dopo il Big Bang,
quando avvenne il disaccoppiamento tra Materia e
Luce, ma prima di esso l’Universo era caldo, denso
e dove la Materia e la Luce erano completamente
“mischiate”.
Nel momento in cui avvenne però questo disac-
coppiamento, la Luce poté finalmente sfuggire alla
Materia, iniziando a propagarsi nello Spazio e con-
segnandoci la sua immagine. L’Universo, pertanto,
ha attraversato un’Era di completa oscurità, un’e-
poca che gli astrofisici chiamano “Età Oscura”, do-
ve non si erano formate ancora le prime stelle e tut-
to era completamente al buio. Non è chiaro quando
si sono accese le prime Stelle, concludendo questo
periodo di tenebra, ed iniziando una nuova fase di
re-ionizzazione, facendo così sospettare che que-
sto nuovo passaggio sia stato indotto persino da u-
na qualche sorgente esotica di Energia…
Il nostro attuale Universo, come abbiamo già let-
to, non è che una piccola zona dell’esistente, il co-
siddetto Universo Osservabile, e che corrisponde
ad un misero 5% della Materia visibile. Il suo aspet-
to attuale non è che una lunghissima sequenza di
84

fasi e di processi trasformativi che lo hanno portato


ad essere ciò che è, forgiato da forze che in buona
parte ancora non conosciamo e che cerchiamo in
ogni modo di comprendere attraverso le moderne
speculazioni scientifiche, così come i Miti delle Ci-
viltà del passato, attraverso le loro archetipiche me-
tafore, ci dimostrano ancora una volta l’alto livello
di conoscenze che avevano raggiunto o acquisito.
Perché nell’Apopi egizio è evidente la straordi-
naria somiglianza con quella fase di buio o inflazio-
ne dell’Universo appena nato, dove la voracità di
questa Divinità del Male è ravvisabile in quel “gon-
fiaggio”, in quella “schiuma” originaria di Materia i-
brida, dove poi si è giocato velocemente uno scon-
tro titanico di forze, da condizionare pesantemente
tutte le successive fasi di sviluppo cosmico, e che
hanno poi portato alla condizione attuale in cui an-
cora oggi viviamo e facciamo esperienza, cercando
al tempo stesso di studiarla e comprenderla.
Perché è proprio nel momento in cui si accesero
le prime Stelle che tutto cambiò, e la Luce per con-
tinuare ad essere, iniziò a compiere un proprio ri-
tuale magico, così come Ra (ma anche il successi-
vo Apollo, sino ad arrivare al Cristo), aiutato dalle
sue Divinità, intraprende ogni giorno ed ogni notte,
passando per l’intero arco del Cielo…
85

La Mente e l’Ordine

«Ci sono tante forme di Luce,


ma non tutte illuminano.»
(Federico Bellini)

«Questa è un’esposizione della dottrina religio-


sa, innanzitutto a proposito della creazione primor-
diale di Ohrmazd e della Controcreazione dello Spi-
rito Malvagio; poi sulla modalità della Creazione del
Mondo, dal Principio sino alla Fine, come appare
dalla religione mazdea; poi su ciò che ha il suo prin-
cipio dalla Parola e si riferisce alla Distinzione Su-
prema, che cosa e come è, secondo la buona reli-
gione.
È dottrina rivelata che Ohrmazd, si trovava - cir-
condato di Luce - nell’Altezza Suprema, onniscien-
te e buono, per tutto il Tempo Illimitato: quella Luce
è il luogo il sito di Ohrmazd e alcuni la chiamano la
Luce Increata. Quella onniscienza e quella bontà
sono il suo vestito, che qualcuno chiama “Religio-
ne”. Il tempo di quel vestito è infinito come Ohrma-
86

zd, e Bontà e Religione, per tutto il tempo che egli


dura, furono, sono e saranno.
Ahriman soggiornava nel profondo, circondato
di tenebra e fornito di post-scienza e brama di san-
gue. La brama di sangue è il suo vestito e quelle
tenebre sono il suo luogo: alcuni la chiamano la
“Tenebra Increata.”
Il mezzo ad essi c’è il Vuoto - alcuni lo chiamano
Vento - dove ora si trova la Mescolanza. Ambedue
sono limitati ed illimitati, poiché l’Altissimo, cioè la
Luce Increata si dice non abbia Principio ed il Pro-
fondo, cioè la Tenebra Increata è illimitata; ma, in
direzione del confine che li separa, ambedue sono
finite, ché in mezzo a loro c’è il Vuoto e una con l’al-
tra non sono unite. Dunque, ambedue queste entità
trascendenti sono in sé stesse limitate. Inoltre, per
l’onniscienza di Ohrmazd, tutto è a lui noto ed egli
conosce la misura delle cose limitate e illimitate,
contenute in ambedue le entità trascendenti. Inol-
tre, il dominio completo della creazione di Ohrma-
zd, al tempo del Corpo Futuro, durerà fino all’eterni-
tà, e ciò significa illimitatezza. La creazione di Ahri-
man sarà annientata a quel tempo, prima del sor-
gere del Corpo Futuro, e questa è limitatezza.
Ohrmazd, mediante la sua onniscienza, conob-
be che lo Spirito Malvagio esisteva e che si sareb-
be lanciato verso l’Alto, per invidiosa brama; e sa-
peva come si sarebbe mescolato (con gli elementi
buoni), come avrebbe avuto luogo l’Origine, come
87

la Fine, e con quali mezzi l’Origine sarebbe avve-


nuta, quali e quante forze cosmiche avrebbero ap-
portato la Fine.
Egli attuò allora - in un piano trascendente - la
creazione per la quale quelle forze erano necessa-
rie. Tremila anni la creazione rimase in stato tra-
scendente, stato in cui le creature erano non-pen-
santi, non-moventisi, non-agenti. Lo Spirito Malva-
gio, per la sua post-scienza, era del tutto inconscio
della qualità di Ohrmazd: allora da quella profondità
egli s’innalzò, andò fino al confine della Stella delle
Luci. Allorché vide la Luce di Ohrmazd immobile, si
scagliò fuori per distruggerla, spinto da brama di
sangue e profonda invidia, poi si precipitò oltre, ver-
so l’Alto. Poi vide il valore, la vittrice potenza miglio-
re della sua, e di nuovo corse nelle tenebre e creò
molti Demoni.
Quella creazione distruttrice era bramosa di lot-
tare contro Ohrmazd, e quando quest’ultimo vide la
non-degna creazione dello Spirito Malvagio, la sua
creazione orrenda, puzzolente, abissale, ignara, da
lui quegli esseri non furono lodati.
Poi, lo Spirito Malvagio, vide la molto degna cre-
azione di Ohrmazd, creazione eccelsa, onniscien-
te, e diede lodi alle sue creature. Allora Ohrmazd,
poiché conosceva il modo dell’azione che avrebbe
portato alla fine della creazione, andò incontro allo
Spirito Malvagio e gli offrì la pace, e disse: “O Spi-
rito Malvagio! Porta aiuto alle mie creature! Loda!
88

Affinché tu, come ricompensa per questo, divenga


immortale, senza vecchiaia, senza fame, senza se-
te!” Il che significa: “Se tu non cominci la lotta, tu
stesso non sarai reso impotente, e ne verrebbe uti-
lità, in più, a tutti e due.”
Al che rispose lo Spirito Malvagio: “Non porterò
aiuto alle tue creature, né darò lode, ma distrugge-
rò te e la tua creazione fino alla consumazione dei
secoli. Mi leverò e renderò amica a me e nemica a
te tutta la tua creazione!”
Spiegazione di questo è che egli credette che
Ohrmazd, fosse in imbarazzo e che per questo gli
offrisse la pace, e che - non accettando - egli avreb-
be potuto sostenere una lotta con lui. Allora disse
Ohrmazd: “Non hai fatto tutto tu, o Spirito Malvagio!
Perché me tu non potrai giammai annientare, poi-
ché non potrai portare le mie creature a tal punto
che non possano poi ritornare in mio possesso!”
Poi, Ohrmazd con la sua onniscienza conobbe:
“Se non determinerò il tempo della sua lotta, egli
potrà lottare e mescolarsi alla mia creazione eter-
namente, e allora egli potrà stabilirsi nella mesco-
lanza della creazione e appropriarsene.” Ancor og-
gi ci sono infatti fra le creature molti uomini che e-
sercitano più la colpa che la rettitudine, e cioè indul-
gono più di tutto alla volontà dello Spirito Malvagio.
E disse Ohrmazd allo Spirito Malvagio: “Stabili-
sco così un tempo, affinché io, secondo questo pat-
to, possa per novemila anni condurre la lotta contro
89

di te”, poiché sapeva che, prendendosi quel perio-


do di tempo lo avrebbe reso innocuo. Allora, questi,
per impotenza a vedere la fine del tutto, accettò
questo periodo di tempo, così come due uomini
stabiliscono il tempo della tenzone dicendo: “Met-
tiamoci oggi d’accordo per iniziare la lotta la prossi-
ma notte.”
Ohrmazd sapeva anche, con la sua onniscien-
za, che di questi novemila anni, dapprima per tre-
mila anni sarebbe valso in tutto il suo volere, poi
per tremila anni, nel periodo della Mescolanza, sa-
rebbe ugualmente valso il suo volere che quello di
Ahriman, indi, nell’estrema lotta, avrebbe così potu-
to rendere impotente il suo avversario e lo avrebbe
trattenuto dal minacciare le sue creature. Poi Ohr-
mazd creò l’ahuvar, pronunciando la strofa yatha-
huvairyok di ventun parole. Allora mostrò allo Spi-
rito Malvagio la sua vittoria finale e la sua riduzione
all’impotenza, la distruzione dei Demoni, la Resur-
rezione, il Corpo Futuro e la liberazione delle crea-
ture dal Male, in Eterno.
Lo Spirito Malvagio quando vide la riduzione di
sé stesso all’impotenza, e l’annientamento dei De-
moni tutti, crollò privo di conoscenza, e di nuovo
precipitò nelle Tenebre, così come si dice nella re-
ligione rivelata: “Quando ne fu detto un terzo, per il
terrore si dileguò la forza dello Spirito Malvagio;
quando ne furono recitati due terzi, lo Spirito Mal-
vagio cadde in ginocchio; quando fu recitata tutta,
90

egli divenne impotente.” Lo Spirito Malvagio dun-


que, impotente a far del male alle creature di Ohr-
mazd, giacque, abbattuto, tremila anni.»11

Notevole, non è vero? La Manifestazione è ciò


che permette all’Idea o alla Visione di prendere for-
ma e riportare un ordine narrativo a ciò che, presu-
mibilmente, potrebbe essere accaduto all’Origine
del Tempo, nel momento in cui la Creazione diven-
ne in essere. Abbiamo visto con quanta dovizia di
particolari, i Miti, raccontino tutti le prime fasi della
nascita e la formazione del nostro Universo, ovvia-
mente con una metafora fantastica, tipica di quei
racconti che i genitori o i nonni utilizzano per i bam-
bini per raccontare loro il Mondo che lentamente
stanno imparando a conoscere; così il Mito assurge
la stessa funzione di raccontare all’Uomo, ancora
Bambino Cosmico, la centralità della sua posizione
in questo immenso scacchiere universale.
La Natura della Manifestazione, perciò, consiste
proprio in questo, nell’incontro fra ciò che è perce-
pito e chi percepisce, fra potere dell’Illusione e po-
tere dell’Ignoranza, fra Cosmo ed Essere Vivente
(non necessariamente senziente).

“Bundahishn, ovvero della Primordiale Creazione”,


11

testo religioso zoroastriano. Traduzione di Alessandro


Bausani, Edizioni Paoline (1962).
91

La Creazione, pertanto, nasce sempre da un vo-


lere, intimamente legato tra la Conoscenza e l’Azio-
ne (Cre-A-zione), ma pur sempre velato dall’Inco-
scienza. La fonte della Conoscenza è nell’Io so di
non sapere di Socratica memoria, perché questa è
l’unica azione che può essere utilizzata per arrivare
sino all’Inconoscibile, o alla Sophia della successi-
va Gnosi.

«Ella, di cui neppure l’Essere immenso, e gli altri


Dèi, possono comprenderne la forma, è chiamata
l’Inconoscibile. Ella, di cui non può essere trovato il
limite, è chiamata l’Illimitata. Ella, che è presente in
ogni luogo, è chiamata l’Unica. Ella è la coscienza
trascendente in ogni conoscenza. È il vuoto in tutti
i vuoti. Ella, al di là di ciò che non è affatto al di là,
è chiamata l’Inaccessibile (Durga).»
(Devi Upanishad, 26-28)

L’Universo, perciò, muta costantemente in base


alla percezione che gli esseri viventi hanno di lui,
così come noi Umani siamo in grado di studiarne
solo un misero 5% del suo intero (un 95% ricordo è
costituito di Materia ed Energia definita Oscura, al
momento per noi ancora incomprensibile), e dove
anche gli Animali ne percepiscono un livello ancor
più inferiore, limitato alla loro sfera di azione terre-
stre.
92

La percezione, - a cui è intimamente connessa


l’individualità -, ci permette di poter comprendere la
realtà di un Cosmo che altrimenti rimarrebbe all’in-
terno della nostra inconsapevolezza, totalmente il-
lusorio. Questo, inoltre, ci fa comprendere anche
un assioma fondamentale, ovvero che “non possia-
mo qualcosa che non sia già in noi”. Che cosa è la
Natura? Qualcosa di non Artificiale, mi rispondere-
ste. E che cosa è Artificiale? Qualcosa di estraneo
a quello che già esiste, mi direste ancora. Il vostro
rispondermi sarebbe quindi spontaneo, ma illusorio,
in quanto parte di un meccanismo di riconoscimen-
to, perché ognuno di noi vive in una casa fatta di
cemento e non in mezzo ad un bosco, eppure con-
sideriamo la nostra dimora il luogo più naturale do-
ve poter vivere.
Adesso potrei chiedervi di nuovo che cosa è Na-
turale e Artificiale? Il fatto di essere abituati ad un
ambiente artificiale per mera comodità, anche in-
conscia, da considerarlo confortevole, quasi natu-
rale. E qui risiede la nostra discrasia duale, fin tanto
non arriveremo a considerare qualsiasi creazione
una modifica, e in quanto tale un atto Artificiale, e
che solo facendo esperienza di Sé e acquisendo u-
na propria Coscienza, può diventare a sua volta an-
ch’esso naturale; rimanendo ovviamente solo un
artificio vuoto se privo di Coscienza. Essendo co-
munque entrambi parte della stessa energia di tra-
sformazione, Natura e artificio (o Artificiale) sono in
93

realtà la stessa cosa, differendo solo per il grado di


Consapevolezza raggiunto o acquisito.
In questa ottica, qualsiasi Mondo Celeste o In-
fernale, così come il Bene e il Male, esistono sol-
tanto nella misura in cui sono presenti in uno Spirito
che li percepisce, perché lì si situa l’esperienza, do-
ve gli sforzi che facciamo per conoscere il Mondo
esterno sono limitati dalla Conoscenza di Sé stessi.
Qualsiasi percezione del Mondo esterno è solo una
proiezione del nostro Mondo interiore, per questo
motivo, l’intero Pantheon Universale, composto di
Dèi, Angeli, Demoni, Extraterrestri o Alieni, Spiriti,
Anime, etc., è alla fine di tutto il riflesso o lo spec-
chio della vita interiore dell’Uomo.

«Gli Dèi rappresentano le inclinazioni dei sensi


illuminati dalla rivelazione.» (Śaṅkarācārya, com-
mento alla Chāndogya Upaniṣad I, 2,1)

La Coscienza non esiste, la Coscienza è il Nulla.


Potenzialmente è in Essere, ma effettivamente po-
trebbe anche non manifestarsi mai. La Coscienza
è un procedimento di accumulo, e viene a formarsi
per il sommarsi di esperienze e dalla capacità di ri-
cordarsi e saper discernere tale processo. Tutte le
esperienze, in quanto tali, sono illusorie, sono pro-
grammi che ripetendosi all’infinito, permettono al
soggetto di avviare tale processo di trasmutazione,
ma la Coscienza in sé è come il Nulla cosmico delle
94

origini, un Vuoto assoluto, una Giara di fattura in-


diana, in attesa di essere riempita e così compresa,
sia al suo interno che all’esterno di Sé.
La Coscienza Umana è necessariamente legata
ad una nozione di Individualità (o Unicità), così co-
me la Coscienza Universale risiede nel Sé (l’Ātman
induista.12)

12
Ātman (devanāgarī आत) è un termine sanscrito di
genere maschile, che indica l'Essenza o il Soffio Vitale,
sovente tradotto anche col pronome personale riflessivo
di terza persona, Sé. Esso trae il significato da varie radi-
ci an (respirare), at (andare) va (soffiare). Nel Śatapatha
Brāhmaṇa, uno dei commentari in prosa dei Veda proba-
bilmente composti in un periodo compreso tra il X secolo
l'VIII secolo a.C., questa descrizione come "essenza" e
"soffio che dà la vita" propria del Ṛgveda, viene interpre-
tata come una unità, trascendente ed immanente al tem-
po stesso, di tutta la Realtà Cosmica, e in questo senso
un analogo del Brahman. Le successive riflessioni degli
Āraṇyaka, con l'importanza data alla «Coscienza di Sé»
(prajñātman), e poi delle Upaniṣad, intorno al VII-IV se-
colo a.C., iniziarono a delineare l'ātman come Sé Indivi-
duale distinto eppure inscindibile dal Sé Universale (Bra-
hman). Nelle Upaniṣad, il termine "ātman", ricorre innu-
merevoli volte ed è il perno centrale sul quale ruota tutta
la riflessione filosofica, una ricerca sull'essenza ultima
dell'individuo dove il termine indica via via il Corpo, il Sof-
fio Vitale, la Coscienza Spirituale, il vero soggetto del-
l'Uomo, il Sé del Mondo, e come elemento ultimo in que-
sta scala ricostruita, Brahman medesimo.
95

L’Immensità senza Forma, nella Coscienza, vie-


ne sperimentata come un Vuoto, il Silenzio, l’Oscu-
rità Totale nella regione senza limiti che spazia ol-
tre lo Spirito, oltre l’Intelletto. Essa viene percepita
dall’Uomo nel suo Io più profondo che lo accomuna
a tutti gli altri Esseri Viventi, un Oceano senza for-
ma del Sé da dove emerge la natura più essenziale
di ognuno di noi. La nostra Umanità, nei riguardi dei
lunghi tempi della Terra, o nei confronti degli ancor
più mastodontici Eoni Universali, è semplicemente
un Bambino Cosmico che ancora strilla di fronte al-
l'ignoto.

«Questo [Sé] risplende, immenso, luminoso, in-


concepibile, più sottile del sottile, più lontano del
lontano [pur essendo] proprio qui, assolutamente
vicino, celato nel cuore dei veggenti.»
(Mundaka Upanishad III, 1,7)

La Natura dell’Universo è illusoria, e questa Illu-


sione è Energia di cui l’Universo è interamente per-
meato. La sua potenza può essere paragonata ad
una deliberata immaginazione mentale, il “Pensie-
ro dell’Essere Cosmico” di cui l’Universo sarebbe
un apparente materializzazione. L’Energia, veico-
lata attraverso l’immaginazione o l’idea, prende for-
ma, sottile o materiale che sia, perché “l’Entità che
ha la visione dell’Universo” vi si rispecchia al suo
interno infinitamente, e nella quale Dèi e Uomini,
96

Sfere, Pianeti o Atomi, costituiscono la sua manife-


stazione.

«Colui il quale conosce il vasto spazio racchiuso


nella caverna del cuore, realizza tutti i desideri ed
entra in contatto con l’Immensità.»
(Taittirīya Upaniṣad 2,1)

Tutte le esperienze dell’Anima sono il vissuto di


una identità, per questo motivo la Coscienza è an-
che chiamata/o Sé nella filosofia induista, perché
incarnando il Sé di ciascun essere individuale, ma-
nifestandosi nella Dualità, l’uno vede, odora, tocca,
gusta, parla, ascolta, pensa e conosce l’altro; la se-
parazione che è al tempo stesso non-separazione.
La parola, perciò, contiene un’informazione ed es-
sa ha il potere di evocare immagini e/o idee, tramite
un processo in cui il pensiero, dapprima informe e
caotico, diventa gradualmente definito; lì si manife-
sta, formando l’Universo conoscibile.
Il Verbo, incarnandosi, assume in sé l’origine di
tutte le apparenze, nel quale il Cosmo, - e di conse-
guenza la sua espressione -, diventa la formulazio-
ne di un’Idea originaria, imperitura, una parola che
ha preso forma. Il Creatore è il Verbo, ed il Verbo
manifestandosi nella Parola, diventa un Suono: «Il
luogo [dove si forma l’idea], lo strumento [che per-
mette la sua manifestazione], la prima tendenza
[verso l’idea], la Coscienza che si illumina e in cui
97

non esiste ancora la suddivisione in parole, forma-


no il Verbo trascendente (para-vak). Il primo impul-
so mentale, come un germoglio che scaturisce da
un seme invisibile, costituisce il Verbo visualizzato
(pashyanti). Il suono potenziale che diventerà così
veicolo dell’Idea e il Verbo intermedio (madhyama).
[L’Idea che prende una forma verbale silenziosa.] Il
suono esteriorizzato sotto forma di sillabe articolate
è il Verbo manifesto (vaikhari).» (Swami Karapatri,
Shri Bhagavati tattva, Siddhanta, vol. V)
98

L’Universo

Comprendere l’Universo in cui viviamo è un’im-


presa assai ardua, come altrettanto complesso è lo
studio che cerca di capire come si sia formato o è
attualmente costituito. L’Unico modo che abbiamo
per disvelare i suoi misteri, è attraverso uno studio
analitico che comprenda varie discipline tra le quali
si compari il Mito con l’Astronomia, la Filosofia con
l’introspezione personale, seppur rimanga presso-
ché intatta, l’oggettiva difficoltà nel mettere la paro-
la fine a questa incredibile singolarità. Allo stesso
tempo, però, diventa interessante quel viaggio che
porta ognuno di noi, non solo a sperimentare una
serie di fenomeni inspiegabili, ma anche a chieder-
si quale siano le nostre origini, indissolubilmente le-
gate, tra l’altro, a quell’essenza stessa di cui è co-
stituito.
Una famosa canzone degli anni ’70 aveva un ri-
tornello divenuto celebre che recitava, “Noi siamo
Figli delle Stelle”, ma se andiamo a ben vedere e-
ra anche l’epoca in cui, in America, un noto scien-
ziato passato alla storia con il nome di Carl Sagan,
affermava per la prima volta che: “Noi siamo parti
99

di Stelle che raccolgono la Luce delle Stelle”; per-


ché oltre a noi Umani, in quella Materia di cui sono
formate le Stelle, si possono anche includere le for-
me di vita Extraterrestri, e persino gli Dèi.
Questo Cammino, dunque, inizialmente vuole
soltanto essere uno strumento di approfondimento
nei riguardi di un Regno quasi mai esplorato, per-
ché da qualunque parte vi si penetri, ne rimaniamo
prigionieri, in quanto la sua complessa circolarità, è
del tutto simile ad un labirinto di cretese memoria.
Questo labirinto, inoltre, non possiede un percorso
deduttivo come non assomiglia ad un organismo
racchiuso in sé, ma piuttosto, non è poi dissimile
ad una monumentale “Arte della Fuga” di bachiana
memoria, dove Teseo non è altri che la parte che
ognuno di noi deve interpretare per poterne uscire
vittoriosi.
Albert Einstein affermò che, “Ciò che è inconce-
pibile dell’Universo, è che esso sia concepibile”, si,
perché per quanto sia difficile comprenderlo, l’Uo-
mo non si è mai arreso di fronte alla sua vastità, co-
sì come non si arrende e continua a tutt’oggi ad an-
dare avanti, scoprendo incessantemente milioni e
milioni di remote galassie, od oggetti distanti miliar-
di di anni luce che sopraffanno qualsiasi preceden-
te teoria.
La Scienza dell’Astrofisica si protende ogni gior-
no su ordini di grandezza sempre più vasti, quasi
da perderne i contorni, i confini, anche della propria
100

Mente (e qui il passo successivo sarebbe la schizo-


frenia); e se nel mentre l’Uomo moderno affronta il
non-concepibile, restando ancorato nella sua for-
ma, - specie come nel corso di quest’ultimi secoli -,
sempre più accademica e conservatrice, l’Uomo ar-
caico, al contrario, manteneva saldamente la sua
presa sul concepibile, - inquadrandolo nel proprio
Cosmo, specie interiore -, in un ordine temporale
ed escatologico che avevano un senso e un desti-
no ultimo, specie ultraterreno.

«Coloro che vedono il Sole unicamente come u-


na sfera e ignorano la vita che lo anima, coloro che
vedono il Cielo e la Terra come due mondi non sa-
pendo nulla della Coscienza che li governa, hanno
una conoscenza molto limitata dell’Universo. Una
Scienza che studia soltanto la parte inerte delle co-
se, senza saperne cogliere la vita che le anima e
la Coscienza che le abita, è incompleta e non por-
ta ad una comprensione reale e duratura della loro
natura.» (Vijayananda Tripathi, Devata tattva)

Ogni qualvolta che affrontiamo il Mito della Ge-


nesi, quasi sempre descritto con sufficiente preci-
sione (non di rado anche in modo maniacale), un
elemento acustico interviene nel momento decisivo
dell’azione: il Suono. Nell’istante in cui un Dio, de-
putato a tale compito creativo, manifesta la volontà
di dare vita a Sé stesso o ad un altro Dio, o di far
101

apparire il Cielo, la Terra oppure l’Uomo, egli emet-


te un Suono: espira, sospira, parla, canta, urla, tos-
sisce, espettora, singhiozza, vomita, tuona o suona
addirittura uno strumento musicale.
La fonte dalla quale viene emanato il Mondo è
sempre acustica, e questo Suono, nato dal Vuoto,
è il frutto di un pensiero che fa vibrare l’intero Nulla
e che, propagandosi, crea lo Spazio Infinito. In que-
sto monologo, in cui il Corpo Sonoro costituisce la
prima manifestazione percepibile dell’Invisibile, l’A-
bisso Primordiale diventa un “fondo di risonanza”,
dove quel Suono scaturito finisce per essere consi-
derato come la prima vera forza creatrice; dato che,
nella maggior parte delle mitologie antiche, è l’iden-
tica incarnazione degli Dèi-Cantori.
L’Idea del Mondo generato da un Canto deve a-
vere avuto un’origine molto remota, dal momento
che la sua diffusione è riscontrabile in ogni angolo
del pianeta, ma appare antichissima anche perché
non implica la preesistenza di uno strumento di la-
voro, più o meno perfezionato o anticipatore. Le Ci-
viltà tecnicamente più progredite, inoltre, ci mostra-
vano spesso il Creatore con delle qualità più alche-
miche, - in quanto Vasaio, Falegname, Scultore o
sovente un Fabbro -, il quale dopo aver forgiato i
Corpi, comunicava loro la vita mediante un grido,
un’espirazione sonora o la saliva, e dove l’idea del
Suono Creatore riappare con tutta la sua forza pri-
mordiale.
102

«Non so scrivere in modo poetico: non sono un


poeta. Non so distribuire le frasi con tanta arte da
far loro gettare ombra e luce: non sono un pittore.
Non so neppure esprimere i miei sentimenti e i miei
pensieri con i gesti e con la pantomima: non sono
un ballerino. Ma posso farlo con i suoni: sono un
musicista.» (Wolfgang Amadeus Mozart)

Queste straordinarie parole del nostro genio au-


striaco, sembrano quasi assurgere a fanciullesche
velleità demiurgiche, perché proprio così doveva
presentarsi l’artefice del nostro Universo ai suoi pri-
mordi, un Essere che pur essendo consapevole di
saper fare poco, ma potenzialmente in grado di po-
ter fare tutto, - a parte emettere suoni -, scelse poi
di fare dell’esperienza il suo nuovo metro di lavoro
e creativo; fu così che tutto il Gioco Cosmico iniziò.
Ed osservando l’Universo dalla Terra, - nel no-
stro attuale Tempo -, riusciamo a comprendere co-
me, grazie ai super-ammassi, possiamo raggiun-
gere le più vaste strutture cosmiche conosciute,
mentre su delle scale ancora più grandi, l’Universo
cominci ad apparire notevolmente uniforme e rego-
lare. La Terra, il Sistema Solare, la Via Lattea tutta,
sembrano quasi deviazioni, a volte alquanto evi-
denti, all’interno di un contesto distributivo uniforme
di Materia, dove non sorprendono tutta quella serie
quasi infinita di immagini geocentriche dell’Univer-
so, che la cultura umana ha prodotto nella maggior
103

parte della propria storia, indicando così un ordine


ancor più superiore, persino mentale, nel suo collo-
camento.
L’idea di Democrito, del quinto secolo a.C., che
le Stelle fossero distribuite uniformemente attraver-
so lo Spazio, sembra, fra le tante, quella dotata di
maggiore pregnanza. Se ne interessò anche New-
ton, o vari sostenitori della Teoria degli Universi I-
sola, tra i quali Christopher Wren e Immanuel Kant.
Fu però Edwin Hubble che nel 1925 cambiò total-
mente la nostra percezione di Universo, compiendo
una rivoluzionaria scoperta, perché: egli si accorse
che le galassie si stanno allontanando da noi con
una velocità proporzionale alla loro distanza.
Nonostante queste visioni sembrano situarci in
un luogo speciale, quasi centrale in questo Univer-
so che si espande, non è difficile rendersi conto di
come, in uno Spazio sufficientemente omogeneo,
la stessa cosa sarebbe anche vera per ogni altra
Galassia. Data l’enormità del Cosmo, oltre ogni u-
mana comprensione, in qualsiasi punto si trovi un
osservatore o osservatrice, vedrebbe l’identica im-
magine di galassie che viaggiano in ogni direzione.
Come abbiamo ampiamente analizzato in pre-
cedenti studi, secondo la Teoria del Big Bang, l’U-
niverso ebbe presumibilmente origine con una “e-
splosione primigenia”, che riempì completamente
lo Spazio Vuoto a partire da un preciso e unico pun-
to, una Singolarità. Alcuni sostengono, inoltre, che
104

questo punto sia stato grande pressappoco come


una Mela, forse anche più piccolo, ma tutti concor-
dano che dopo questa iniziale e colossale deflagra-
zione, ogni particella cominciò ad allontanarsi velo-
cemente dalle altre.
Si pensa, inoltre, che nei suoi primi attimi, l’Uni-
verso fosse una sorta di fluido o un gas caldissimo
di particelle elementari in rapidissima espansione.
Per i Fisici delle Particelle, i primi attimi di questo
Universo infante, costituirono un acceleratore sen-
za limiti di Energia, ma nessuno si è mai chiesto da
cosa fosse scaturita tutta questa Energia, all’appa-
renza inesauribile, o da quale fonte arrivasse.13

«Certi suoni inarticolati che a volte, senza voler-


lo, ci escono di bocca non sono altro che gemiti irre-
primibili di un dolore antico, come una cicatrice che
all’improvviso si fosse fatta risentire.»
(José Saramago)

Se si potesse superare lo spazio abissale che ci


separa dalla Galassia di Andromeda e, una volta
giunti sin lì, si volgesse lo sguardo indietro verso la

13
Ricordo che la Teoria del Big Bang tenta di descri-
vere come sta evolvendo il nostro Universo, non come
ha avuto inizio, e non sappiamo nulla su cosa esistesse
prima che iniziasse ad espandersi.
105

nostra, la Via Lattea, il Cosmo ci offrirebbe sicura-


mente un’immagine molto simile a quella osservata
dal proprio punto di partenza. Il Sole non apparireb-
be come un oggetto di particolare rilievo nel grande
sistema galattico, si andrebbe a confondere insie-
me a tutte le altre Stelle, e soltanto con un potente
telescopio si potrebbe forse rivelarne la sua debole
luce tra una miriade di altri soli del tutto simili. Per
quanto irrilevanti siano gli astri di questa tipologia
solare, il nostro Sole ha per noi una speciale im-
portanza, perché sebbene una Galassia sia il più
grande Sistema Materiale Organizzato, l’interazio-
ne materica più importante si verifica a livello stel-
lare.
La Vita sulla Terra è indissolubilmente connes-
sa al Sole, in quanto è l’equilibrio termodinamico,
determinato dall’intensa produzione di calore al suo
interno, a fornire ai sistemi biologici sulla superficie
del nostro pianeta l’energia di cui hanno bisogno.
Infatti, di tutte le Stelle la più vicina a noi è proprio
il Sole, la nostra Stella, e per quanto possa sem-
brarci un luogo comune, l’averla così riconosciuta
è stata una grande conquista solo a partire dal Ri-
nascimento. Pensate che la maggior parte degli an-
tichi pensatori, greci, babilonesi, egiziani o cinesi,
credevano che ci fosse una distinzione fondamen-
tale tra il materiale della Terra e quello del Cielo,
tra cui il Sole e le Stelle.
106

Quando osserviamo il paesaggio terrestre e ve-


diamo il Sole che dardeggia i suoi raggi, ci risulta
difficile credere che insieme alla Terra, siano in re-
altà composti della stessa Materia, dagli stessi ele-
menti. Il Sole è una sfera di gas molto caldo, e le
sue condizioni sono ovviamente estreme rispetto a
quelle presenti in qualsiasi luogo del nostro pianeta,
almeno sino all’avvento di quella mostruosa crea-
zione umana che è stata la Bomba Atomica.
Pensate che la temperatura sulla superficie del
Sole è di oltre 6.000 gradi centigradi ed al suo cen-
tro è di parecchi milioni di gradi, ciò nonostante, tut-
ti gli elementi scoperti sul Sole sono anche presenti
sulla Terra.
Durante la notte, specie quando osserviamo in
alto le Stelle, immaginare che esse possano avere
una qualche connessione con noi, ci appare come
un concetto assai strano, in quanto il Cielo, mo-
strandosi freddo e buio con i suoi puntini luminosi,
deboli e così distanti, con la Luna pallida e solitaria,
sembra quasi occupare un reame intermedio e so-
speso.
Fu però proprio il primo sguardo che Galileo Ga-
lilei rivolse alla Luna, attraverso il suo telescopio,
che disintegrò il concetto di una sostanza celeste
distinta da quella terrestre, dato che vide per la pri-
ma volta con i suoi occhi un paesaggio fatto di mon-
tagne e pianure, non poi così dissimile dal nostro.
107

«Tutta la natura sussurra i suoi segreti a noi at-


traverso i suoi suoni. I suoni che erano precedente-
mente incomprensibili alla nostra Anima, ora si tra-
sformano nella lingua espressiva della natura.»
(Rudolf Steiner)

Il Mito continua ancora a parlarci, da un passato


ancestrale, oscuro, nebuloso, utilizzando la sua di-
sarmante metafora, memoria di una fanciullesca e-
tà umana. Ed è proprio attraverso questi racconti
che, più o meno concordi, ravvisiamo la storia dei
primi Canti della Creazione, i quali fecero emergere
il Chiarore o l’Aurora dalla più completa oscurità.
I popoli primitivi attribuirono quel grido di Luce al
Sole, al canto di un gallo divino o al ruggito di una
belva affamata, e tale suono è ravvisabile anche
nello strano “vagito” che gli scienziati sono riusciti,
qualche anno fa, ad ascoltare avvicinandosi ai pri-
mi momenti della nascita del Cosmo, riscontrabili
nelle impronte delle onde gravitazionali provocate
dall'espandersi improvviso dell'Universo nei primis-
simi istanti dopo il Big Bang.
Nell’Antica Persia, la Luce fu evocata dal Toro
Celeste di Ahura Mazdah, mentre la letteratura ve-
dica ci parla ancora di un “muggito” ma di una vac-
ca luminosa, simboleggiante una nube gravida di
pioggia, tanto che nel Katha Upanishad si descrive
l’Atman (o l’Essere Supremo), che si esteriorizzò
nella sillaba OM, come una luce intensa. I Tahitiani
108

credono che la Luce creatrice provenga dalla boc-


ca del Dio Tane, secondo i Maori, invece, Dio creò
l’Universo per mezzo di una parola che evocò la
stessa Luce, mentre in quelli polinesiani, Atua, co-
minciò il suo canto nel bel mezzo della notte, men-
tre il chiarore se ne sprigionò soltanto verso il matti-
no.
Quei canti sono dunque voci luminose, altre vol-
te suoni che producono bagliori o del chiarore, tan-
to che in genere, i testi antichi, non sono molto e-
spliciti a questo proposito: in diverse leggende il
creato viene emanato da un semplice Suono o da
un Raggio di Luce, ed è molto probabile che la ver-
sione originaria considerasse il Fuoco, o il Sole-
Cantore, come un elemento primordiale celato nel-
le acque tenebrose e informe del Caos Cosmico.
La Maitrayana Upanishad considera l’Ātman co-
me il “Primo Sole”, da cui vennero emanati numero-
si ritmi e che, dopo aver “sfavillato, versato pioggia
e cantato inni”, ritornarono alla “caverna” dell’Esse-
re Supremo, così come anche la dèa Amaterasu in
Giappone, la Dèa del Sole, si nascose in una grotta
perché ferita dall'inaccettabile comportamento del
fratello Susanoo, gettando in tal modo il Mondo nel-
l'Oscurità.
Non di rado questa Caverna sonora o luogo pri-
mordiale, sono simboleggiati da un Uovo splenden-
te o da una lucente Conchiglia dalla quale spunta,
infine, l’Astro Solare.
109

In Egitto, ad esempio, dopo che il dio Amon sot-


to forma di Oca ebbe covato l’Uovo Solare, con la
sua voce annunciò la Luce e si aprì una fessura sul
guscio da cui uscì fuori il Sole-Cantore; metafora
antropologica che simboleggia la Bocca che emet-
te il primo canto della Creazione. Il simbolo dell’Uo-
vo o della Caverna può facilitare la comprensione
di certe formule frequenti nelle culture antiche, in
quanto gli Dèi “producono”, “fecondano” per mezzo
della bocca, si “nutrono” e “concepiscono” tramite
l’orecchio, dimostrando un modo di esprimersi sim-
bolico che sta a significare come, durante le prime
fasi della Creazione, tutti gli atti erano di natura es-
senzialmente acustica.
Ed è cantando che gli Dèi realizzano la parteno-
genesi, caratteristica degli inizi della stessa Crea-
zione. Thot, Dio della Musica, della Danza e della
Scrittura, con velleità anche solari, come più in ge-
nerale i primi Dèi, si fecondò da solo, ridendo e lan-
ciando grida di Luce. La Scuola di Heliopolis, inoltre,
esponeva la storia della Creazione in due differenti
versioni: la prima vedeva il Dio-Sole generare gli
altri Dèi per mezzo di un grido di Luce, mentre nella
seconda, questo grido veniva sostituito da un vero
e proprio atto di masturbazione o da una espetto-
razione solare, non dissimile da una tempesta geo-
magnetica (flare).
La Parola, il Sole, l’Uovo, etc., sono inizialmente
immersi nella notte delle acque eterne, e quando e-
110

vocano l’Aurora sono impregnati di umidità, tanto


che nella Cosmogonia dei Dogon, questa “parola
umida e luminosa” interviene in tutti gli stadi della
prima fase della stessa Creazione. Situata tra Te-
nebre e Luce sin dal primo giorno, sul piano umano
la Musica si trova quindi immersa a metà tra l’oscu-
rità della vita inconscia e la chiarezza delle sue me-
tafore visionarie, che diventeranno poi, specie que-
st’ultime, rappresentazioni intellettuali delle più e-
volute e future Civiltà umane. Questo linguaggio, i-
noltre, si divise ad un certo punto del suo Cammi-
no anche in tre fasi: una parte si avviò a divenire la
Musica propriamente conosciuta, un’altra si incar-
nò nel Linguaggio e nel Pensiero logico, mentre
un’ultima si trasformò lentamente in Materia.
E non è nemmeno atipica la caratteristica che
questi miti hanno di evocare, specie agli inizi della
Creazione, alcuni elementi concreti, quali: Acqua,
Fuoco, Uovo, Testa, Penne, Animali, etc., essendo
oggetti già concepiti in quanto simboli materiali dei
primi fenomeni puramente acustici. In quella fase o
dimensione primordiale, umida, di tenebra e poi lu-
minosa, la Musica fu la sola ed unica realtà, trasfor-
mata parzialmente in altri oggetti concreti soltanto
dopo l’apparizione della Materia.
Le “acque eterne imporporate dai raggi dell’au-
rora” possono essere interpretate soltanto come un
simbolo della Musica Primordiale, - dove essa sem-
bra composta ora di grida o sillabe magiche, gemiti
111

o rumori inarticolati, e nella quale, il linguaggio sim-


bolico viene espresso chiaramente dalla sua iden-
tificazione con l’Aurora, trasmutandosi come proto-
tipo ermafrodita del principio concertante delle For-
ze della Natura, o degli Elementi -, e che concorro-
no, ancora oggi, a dar vita all’intera Materia Univer-
sale.
112

Materia, Nebulose
Stelle, Pianeti

Tutte le Stelle, compreso il nostro Sole, ci mo-


strano soltanto la loro “pelle” e sulla cui superficie
ci permettono di poter osservare un ventaglio stra-
ordinario ed estremamente interessante di fenome-
ni: granuli, macchie, brillamenti, protuberanze, etc.
L’incredibile lontananza le rendono, ai nostri occhi
di piccoli osservatori terrestri, nient’altro che sem-
plici luci notturne nel buio firmamento, perché di es-
se ci perviene solamente la loro radiazione, sorta
di canto lontano attenuato dalla prodigiosa attività
interna che le mantiene attive.

«Il Sole, con tutti quei pianeti che girano intorno


ad esso e da esso dipendono, può ancora maturare
un grappolo d’uva come se non vi fosse nient’altro
da fare in tutto l’Universo.» (Galileo Galilei)

In questa ottica, una Stella è come un enorme


palla di gas calda e che per milioni o miliardi di anni
113

rimane ferma al centro del suo Sistema, seppure si


sposti continuamente, e a velocità impressionante,
all’interno della Galassia. Sulla Terra, altresì, siamo
abituati al fatto che una massa di gas libero abbia
la tendenza a disperdersi, occupando tutto lo spa-
zio circostante, mentre all’inverso il gas di una Stel-
la, ben lungi dal “disperdersi nello Spazio”, resta
confinato in un volume ben determinato, perché la
gravità assurge al ruolo di direttore assoluto nell’or-
ganizzazione della stessa Materia.
Ciascun Atomo di una Stella viene così attirato
verso il Centro, dove l’attrazione permette a tutti gli
Atomi di assicurare la coesione del gas, e, attraver-
so tale gravitazione, assumere la forma di una sfe-
ra quasi perfetta. Grazie ad un meccanismo interno
che ne vieta la contrazione, si fabbrica invece calo-
re, energia, e questa energia si propaga poi verso
la superficie riuscendo a sostenere il peso della
Stella, disperdendosi sotto forma di radiazione una
volta raggiunto lo Spazio esterno. La Gravità è co-
munque quella forza che presiede alla Creazione e
all’Evoluzione, ma è anche il germe della loro futura
morte, perché la vita di una Stella non è che una
lotta disperata e continua contro il proprio peso.
Una lotta incessante perché ad ogni tappa della
propria evoluzione, una Stella riesce sempre a tro-
vare delle nuove risorse per sostenersi, ma prima
o poi la battaglia sarà persa perché la Gravità trion-
ferà, ed essa collasserà su Sé stessa inesorabil-
114

mente. La Gravità è un dominio assoluto che pla-


sma tutte le grandi strutture universali, perché da
essa nascono le Stelle, i Pianeti, gli Ammassi, le
Galassie, come dalla sua contrazione tutti questi
oggetti, un giorno, troveranno la morte, ma anche
la loro trasformazione.
Come la pioggia, una Stella è una specie di goc-
cia che si è condensata entro una nube di gas, ma
paragonata tuttavia alle condizioni che si trovano
sulla Terra, si può affermare che una Stella si for-
ma dal Niente. Pensate che l’aria, che respiriamo
comunemente ogni giorno contiene circa trenta mi-
liardi di miliardi di Atomi per centimetro quadro, una
nube interstellare, invece, non ne contiene più di
qualche decina, inoltre si estende su centinaia di
anni luce e raccoglie una massa pari a diverse mi-
gliaia di soli. La nube interstellare, non è solo rare-
fatta, ma persino fredda e nella quale le polveri rap-
presentano solo un 2% della massa della nebulosa
stellare, essendo il resto formato da vari gas di cui
il 78% è composto da atomi di idrogeno, il 20% di
atomi di elio e il 2% da tutti gli altri elementi.
Le polveri contengono la maggior parte degli e-
lementi più pesanti e presenti in percentuale nella
conformazione dei pianeti: carbonio, ossigeno, fer-
ro, silicio, magnesio. Le nubi più dense contengono
da 10.000 a un milione di molecole per centimetro
cubo, e hanno temperature di una decina di gradi
Kelvin, equivalenti a 263° sotto lo zero.
115

Una simile nube resterebbe indubbiamente sta-


bile nella misura in cui la velocità di agitazione degli
atomi, responsabile della temperatura, fosse suffi-
ciente a compensarne la gravitazione e che tende-
rebbe ad avvicinarli, ma ad un certo punto si forma
una perturbazione e che diviene poi instabile, per-
ché la forza di gravità ad una temperatura così bas-
sa, è maggiore della pressione termica esercitata
dalle particelle di gas e polveri.
Ad oggi, la moderna Scienza conosce diversi
meccanismi per comprimere una nube e scatenarvi
la nascita delle Stelle. Nelle Galassie dette Spirali,
le Stelle sono principalmente raggruppate in gigan-
teschi bracci, emanate da un rigonfiamento centra-
le, e dove questi bracci ruotano lentamente intorno
ad esso; anche il Sole, all’interno del Braccio di O-
rione, effettua un giro completo intorno al Centro
della nostra Galassia in 225-250 milioni di anni.
Dal momento che questi bracci trasportano Ma-
teria, essi propagano un eccesso di densità il cui
movimento nel mezzo interstellare, è accompagna-
to da una compressione che provoca la condensa-
zione di Stelle. Tutto questo movimento vibraziona-
le è quasi sicuramente acuito anche dalla morte ca-
taclismatica delle Supernove, nel momento in cui i
loro frammenti vengono scagliati a velocità di deci-
ne di migliaia di chilometri al secondo, trasforman-
do, così, le nubi interstellari in nursery di Stelle.
116

Ma il vero miracolo si compie quando la nube in-


terstellare inizia a comprimersi, diventa così opaca,
e non appena smette di assorbire la Luce delle altre
Stelle, si raffredda quasi fino allo zero assoluto, gli
Atomi della nube diventano poi tanto rallentati, qua-
si fissi, che la mutua attrazione gravitazionale pren-
de il sopravvento sul moto di agitazione interna. La
ripartizione della Materia nella nube non è mai del
tutto perfettamente omogenea, vari grumi costituiti
da Atomi si alternano a dei veri e propri buchi, ma
dato che la stessa Materia genera gravità, si verifi-
ca un eccesso di gravitazione intorno a ciascuno di
essi. Questi, poi, iniziano ad attirare irresistibilmen-
te gli Atomi più prossimi o vicini, lenti perché freddi,
ma il loro potere attrattivo aumenta in ragione degli
Atomi catturati e a quel punto, i grumi, si trasforma-
no in globuli più condensati che misurano qualche
miliardo di chilometri e raccolgono l’equivalente di
diverse masse stellari.
A questo punto interviene un meccanismo chia-
ve, conosciuto come Instabilità di Jeans, secondo
il quale in un mezzo disperso, una perturbazione di
densità diviene instabile quando essa arriva ad una
certa massa critica, successivamente si separa dal
mezzo per formare un sistema stabile, legato dalla
sua gravitazione, dove il globulo appena formatosi,
ancora troppo freddo per sostenere il proprio peso,
si contrae e si isola dal resto della nube, ma contra-
endosi sempre più, comprime il gas nel suo Centro
117

a pressioni, temperature e densità ogni volta più e-


levate; qui, il gas riscaldato si mette ad irradiare e-
nergia, e da nero il globulo diventa rosso.
Un Astro è appena nato seppure non sia ancora
una Stella, perché non irradia un quantitativo suffi-
ciente di energia per auto-sostenersi, perciò la pro-
to-stella continua così a contrarsi anche se a velo-
cità più ridotta.
È solo nell’istante in cui la temperatura centrale
raggiunge i dieci milioni di gradi, che l’idrogeno co-
mincia a bruciare attraverso quel gioco che sono le
reazioni termonucleari, ed è a questo punto che u-
na nuova energia è infusa nel nucleo dell’Astro -, e
che si stabilizza -, ed è lì che finalmente si accende
la Luce e nasce una Stella.

«Le Stelle sono buchi nel Cielo da cui filtra la Lu-


ce dell’Infinito.» (Confucio)

Fu il filosofo Platone14 che, per la prima volta,


descrisse la centralità delle Stelle nella complessa

14
Platóne (Atene 428 o 427 a.C. - ivi 348 o 347 a.C.)
è stato un filosofo greco antico. Di famiglia agiata e no-
bile, ebbe soprattutto un'educazione artistica, studiando
musica, pittura e letteratura e segnalandosi in particolare
nella composizione poetica e drammatica. Già nel perio-
do della giovinezza venne a contatto con la Filosofia, co-
me dimostra il fatto che ebbe Cratilo tra i suoi maestri,
118

ma all'originaria influenza eraclitea che gli veniva da Cra-


tilo, sarebbe comunque ben presto subentrata quella di
Socrate, che pare abbia conosciuto all'età di vent'anni.
L'influsso determinante di Socrate sul suo pensiero è do-
cumentato dai moltissimi scritti in cui la figura del mae-
stro viene idealizzata e il suo pensiero presentato in for-
ma drammatica. Dopo la morte di Socrate (399), a cui,
come ricorda egli stesso nel Fedone, non assisté a cau-
sa di una malattia, si recò, insieme con altri condiscepoli,
a Megara presso il socratico Euclide, da dove tornò pre-
sto ad Atene. Rimastovi qualche tempo, iniziò il primo
dei suoi viaggi, che secondo la tradizione lo condusse
anche in Egitto, e a Cirene, dove sarebbe venuto a con-
tatto col matematico Teodoro. Visitò poi anche la Magna
Grecia e la Sicilia, e fu a Siracusa alla corte di Dionisio il
Vecchio, grande estimatore della cultura della madrepa-
tria. La libertà delle sue critiche e delle sue esortazioni
morali non incontrò tuttavia il favore del tiranno, che si
sbarazzò, in modo non chiaro, della sua presenza: il no-
bile filosofo ateniese, che era allora sulla quarantina, finì
venduto schiavo sul mercato di Egina, dove fu però ri-
scattato da un Anniceride di Cirene. Tornato in maniera
così fortunosa ad Atene, vi fondò (387) nella forma una
comunità religiosa dedicata al Culto delle Muse e un cen-
tro di discussione e di studi. Nonostante ulteriori viaggi,
Platone si dedicò nella sua vecchiaia esclusivamente ai
lavori dell'Accademia da lui fondata, e non si mosse più
dalla sua città nella quale si spense nel 348-347 a.C.
119

Creazione Universale, come egli stesso ci spiega


in questo mirabile passaggio tratto dal Timeo.

«Il Demiurgo fece Anime in numero pari a quello


delle Stelle e le distribuì, ciascun’Anima nella pro-
pria Stella. E ponendole come su dei carri, egli mo-
strò loro la natura dell’Universo e dichiarò loro le
Leggi del Destino. Sarebbe toccata una prima na-
scita uguale per tutte, affinché nessuna risultasse
svantaggiata per opera sua, e sarebbero state se-
minate tutte negli strumenti del Tempo, ciascuna in
quello che le era appropriato, per nascere come le
creature viventi più timorate di Dio; e dal momento
che la natura umana è semplice, la parte migliore,
sarebbe stata quella che d’ora in poi avrebbe avuto
il nome di 'Uomo'… E colui che fosse vissuto bene
per il tempo assegnatoli sarebbe ritornato alla di-
mora della sua Stella consorte, dove avrebbe vis-
suto una vita felice e congeniale; ma se fosse venu-
to meno in ciò, nella sua seconda nascita sarebbe
stato mutato in una donna; e se in tale condizione
non si fosse astenuto dal Male, allora, secondo il
carattere della sua depravazione, sarebbe stato
continuamente tramutato in una qualche bestia del-
la natura, conforme a tale carattere, né avrebbe a-
vuto requie dal travaglio di queste trasformazioni
finché, lasciando che la rivoluzione del Medesimo
e dell’Uniforme entro di sé si trascinasse dietro tut-
to il tumulto di fuoco, e di acqua e di aria e di terra
120

che vi si era in seguito aggregato attorno, egli non


avesse controllato la propria turbolenza irrazionale
con la forza della ragione e non fosse ritornato alla
forma della sua condizione primitiva e migliore. Do-
po che ebbe comunicato loro tutte queste disposi-
zioni, così da restare senza colpa della futura mal-
vagità di chiunque tra di loro, li seminò, alcuni sulla
Terra, altri nella Luna, altri negli ulteriori Strumenti
del Tempo.» (Timeo, 41-e42 d)

Seppure sia un personaggio centrale dell’Ordi-


ne Cosmico, in questa sede non approfondiremo la
figura del Demiurgo, di cui invece ci occuperemo in
altri scritti, ma andremo a studiare quel primo ap-
proccio relativo alla sua azione all’interno della Cre-
azione, proprio come era stata pensata o immagi-
nata dagli antichi sistemi filosofici.
Platone ci spiega che questo Demiurgo, dopo a-
ver costruito la “Struttura” (o Skambha), governata
dall’equatore e dall’eclittica (chiamati dal filosofo “il
Medesimo” e “l’Altro”), che configurano la lettera
greca X, e dopo aver regolato le orbite dei pianeti
secondo proporzioni armoniche, imbrigliò l’Energia,
la rivestì di un involucro e creò le “Anime.” Per farle
si servì degli stessi ingredienti che aveva usato per
fare l’Anima Universale (o Anima Mundi), esse però
non erano “così pure come prima”. Ad ogni modo,
il Demiurgo seminò le Anime in numero pari a quel-
le delle Stelle fisse, negli “Strumenti del Tempo” (i
121

Pianeti), fra i quali Timeo annovera anche la Terra,


tanto che le seminò “ciascuna in quello che le era
più appropriato.”
Timeo, inoltre, alludeva anche ad un Antico Si-
stema che stabiliva un rapporto tra i membri fissi
della comunità astrale e quelli vaganti, incluse non
solo le “Case Zodiacali” e le “Esaltazioni dei Piane-
ti”, ma persino le Stelle fisse in generale. Conoscia-
mo questa impostazione, da tavolette cuneiformi a-
strologiche che contengono un numero considere-
vole di informazioni sulle Stelle e determinati Pia-
neti, seppure il materiale non sia sufficiente a spie-
gare pienamente le regole di tutto questo disegno
così complesso. Fondamentalmente, però, le Ani-
me ad un certo punto della Creazione vennero tolte
dalle Stelle fisse e trasferite sui rappresentanti pla-
netari corrispondenti, sempre secondo regole ben
precise, mentre il Demiurgo decise di ritirarsi tra-
sformandosi in una sorta di Deus Otiosus, metten-
do così in moto la Macchina del Tempo e nella qua-
le, anche noi esseri umani, ancora oggi, ne siamo
tra gli ultimi protagonisti.

«Noi siamo l’incarnazione locale di un Cosmo


cresciuto fino alla sua attuale Auto-Coscienza. Ab-
biamo incominciato a comprendere la nostra ori-
gine: siamo Materia Stellare che medita sulle Stel-
le.» (Carl Sagan)
122

Platone, come se non bastasse, espose anche


un ulteriore concetto interessante, quello dell’Iperu-
ranio, descritto per la prima volta nel Fedro. Secon-
do il filosofo sarebbe quella zona Al di là del Cielo
(da qui il nome) dove risiedono le Idee, dunque, si
tratterebbe di un Mondo, oltre la Volta Celeste, che
è sempre esistito e in cui vi sono tutti quei concetti
immutabili e perfetti, raggiungibile solo dall’intellet-
to e da nessun altro, specie dagli Esseri corruttibili.
Nella visione Classica, la Volta Celeste rappre-
sentava il limite estremo del luogo fisico, perciò la
definizione di ben “Oltre la Volta Celeste”, sembre-
rebbe collocare l’Iperuranio in una dimensione altra,
parallela, metafisica, a-spaziale, a-temporale, o pu-
ramente spirituale quasi associabile, forse, a quel-
l’immenso 95% di Universo che ancora non cono-
sciamo, fatto di Energia e Materia Oscura…
Infatti, per Platone, l’Iperuranio non è da inten-
dersi come un Mondo Metafisico o Astrale in cui ri-
siedono “fantasmi di idee”, ma semplicemente co-
me un valore morale, il più alto ideale di perfezione,
dove va, così, a generarsi anche una sorta di supe-
riorità tra esso e il Mondo Reale, nel quale si riscon-
tra persino un maggior livello di compiutezza.
Un simile concetto si ritrova anche nella corren-
te filosofica indiana del Giainismo, in quello che lo-
ro chiamano il regno di Siddhashila, la vetta più alta
dell’Universo dove risiedono i Siddha, ossia i mae-
stri illuminati che hanno abbandonato il Corpo, e in
123

cui le loro Anime pure, qui vivono immerse nella na-


tura eterna, in una condizione di beatitudine e im-
mobilità.
L’Iperuranio è quindi la manifestazione di un Re-
gno delle Idee in esso contenute, e rappresenta il
modello secondo cui il Demiurgo ha formato il Mon-
do delle Cose, la Materia. Il Mondo Fisico, secondo
Platone, deriverebbe da un Padre (o il Mondo delle
Idee) e da una Madre (la Materia), che è la condi-
zione per l’esistenza del Mondo Fisico, e che man-
tiene, comunque, una sua componente di indeter-
minazione. Idee e Materia, perciò, si mostrano co-
presenti perché sono sempre esistiti, e a differenza
della Divinità Cristiana, che crea il Mondo intera-
mente, quella platonica si limita solo a plasmarlo,
non essendo onnipotente ma limitato, in quanto de-
ve agire all’interno di due contesti ben precisi: la
Materia, che gli impedisce di costruire un Mondo a
lui perfetto, e le Idee, che sono il modello di base e
a cui deve per forza attenersi.
Anima e Materia non sono scisse, e continuare
a pensare la prima appartenente ad una dimensio-
ne energetica diversa dalla seconda, o peggio an-
cora "altra", rispetto alla sua vera natura mediatrice
di esperienza nel mondo grezzo della mondanità, è
uno dei più grandi e madornali errori delle moderne
visioni spirituali. L'Anima Mundi o Anima del Mondo,
secondo Platone, indicava la vitalità stessa della
Natura nella sua totalità, assimilata ad un unico or-
124

ganismo vivente. Rappresenta, quindi, il principio


unificante e dalla quale prendono forma tutti i sin-
goli organismi, ognuno articolandosi e differenzian-
dosi, poi, secondo le proprie specificità individuali,
rimanendo pur sempre legati ad una comune Ani-
ma Universale.

«Questo Universo è un Animale unico che con-


tiene in sé tutti gli Animali, avendo una sola Anima
in tutte le sue parti.» (Plotino, Enneadi, IV, 4, 32)

Il Mondo, la nostra Terra e tutte le sue creature,


compreso l'Uomo, è quindi un grande Animale fatto
di Materia "Viva", la cui vitalità è supportata da que-
st'Anima, infusagli dal Demiurgo e che viene inces-
santemente plasmato dai quattro elementi fonda-
mentali: il Fuoco, la Terra, l'Aria e l'Acqua.
Leggendo alla lettera il “Timeo” si incontra, ad
un certo punto, questa specie di “plasmatore divi-
no”, dove sembra che il Mondo non esista, - alme-
no fisicamente, seppure potenzialmente lo è nelle
Idee -, con ivi presente solo la sostanza di tutte le
cose, come se ci fosse un tempo precedente ed u-
no successivo, e che fa sorgere a Platone una do-
manda centrale.

“Che cosa è il Tempo?”


125

Il Demiurgo plasma la Materia, e quindi gli Astri


il cui movimento viene regolarizzato dal Tempo, per
mezzo del quale viene definito persino come “l’Im-
magine mobile dell’Eternità”, diventando un’imita-
zione dell’Infinito. Non a caso il Tempo viene iden-
tificato con il movimento circolare, tant’è che se si
vuole rappresentare la stessa Eternità all’interno di
uno Spazio Finito, ciò che meglio la rappresenta è
senza alcun dubbio il Cerchio, in quanto quel mo-
vimento circolare in cui si compie un giro completo,
ci riporta al punto di partenza.
L’Uomo, gli Animali, ma anche le Stelle, per e-
ternarsi, non si riproducono ciclicamente? La logica
ci induce a pensare che inizialmente doveva esiste-
re, quindi, un luogo a-temporale, perché è solo con
la nascita del Mondo Sensibile che il Demiurgo fece
calare nell’oggettività l’imitazione o la stessa imma-
gine di Eternità, e dove il Tempo viene ancora oggi
sublimato mediante la sua trasformazione.
Il Demiurgo, perciò, ad un dato momento, iniziò
a plasmare direttamente la Materia a lui a disposi-
zione, arrivando poi a generare tutta la realtà e le
prime forme che creò nello Spazio (guarda caso
così chiamato anche da Platone), dove i primi ele-
menti che apparvero furono i Quattro Solidi Geo-
metrici Fondamentali (costituiti da facce uguali tra
di loro): il Cubo, l’Ottaedro, il Tetraedro, l’Icosaedro
(il quinto è il Dodecaedro).
126

Platone formulò che si possano ottenere tutti e


quattro i Solidi partendo da un triangolo rettangolo
isoscele, e che ricombinandoli si modellano vari ti-
pi di figure; nel Timeo, inoltre, associò ad ognuno
di essi un Elemento (così come fece anche Empe-
docle e Aristotele), accostando al Tetraedro il Fuo-
co, al Cubo la Terra, all’Ottaedro l’Aria, all’Icosae-
dro l’Acqua, mentre nel Fedone si spinse ad asso-
ciare il Dodecaedro con la forma stessa dell’Univer-
so, ovvero quel quinto solido inizialmente scartato
perché contenente al suo interno tutti gli altri.
Il Demiurgo, perciò, attraverso tutti questi prin-
cìpi di base, plasmò l’Universo Primordiale e il suo
“Sistema”, introducendo un nuovo concetto, quello
“dell’Anima”, mediante il quale il Mondo delle Idee,
movimentato e logico, avvia un continuo processo
di evoluzione senza fine: «La forza della procrea-
zione, la prima estasi di vivere la gioia di fronte alla
crescita, trasformarono il silenzio della contempla-
zione nel suono.» (Canto Polinesiano Maori)

E quel Suono creò il Cielo e la Terra che “Creb-


bero come Alberi”. Il dio tahitiano Taaroa, nato da
un Uovo, aveva le sembianze di un Uccello le cui
piume si trasformarono in Alberi man mano che la
Creazione progrediva. Qui i Simboli del Suono (Uo-
vo, Uccello, Piume e Albero) si accumulano, tanto
da rappresentare le varie metamorfosi necessarie
per concretizzare la Creazione stessa, poiché un’o-
127

pera così immane non si può eseguire senza speri-


mentare uno sforzo.
La Filosofia e i Riti descrissero, nei passati mil-
lenni, questo sforzo come uno strofinamento, una
sorta di viaggio circolare, una via a spirale, un mo-
vimento a mulinello, un Cerchio, la Ruota della Vita
del tutto simile, non a caso, a quello delle Galassie
presenti nell’Universo. E così come il Conte di Buf-
fon15 classificò nel XVIII secolo le specie animali,
altrettanto fece Edwin Hubble nel XX secolo con le
Galassie, in quanto notò che erano diverse dal pun-
to di vista morfologico: ellittiche, spirali, spirali bar-
rate, irregolari, etc.
Seppure si ritenga che tutte le Galassie abbiano
più o meno la stessa età, pari a circa quindici miliar-
di di anni, ma presentano morfologie diverse, sem-

15
Georges-Louis Leclerc, Conte di Buffon (Montbard,
1707-1788), è stato un naturalista, matematico e cosmo-
logo francese. Esponente del movimento scientifico le-
gato all'Illuminismo, le sue teorie hanno influito sulle ge-
nerazioni successive di naturalisti, in particolare sugli e-
voluzionisti, Jean-Baptiste Lamarck e Charles Darwin.
Nato come George-Louis Leclerc, signore di Digione e
di Montbard, da una famiglia della piccola nobiltà, assun-
se il titolo di Conte di Buffon e con il quale è conosciuto
universalmente. La località eponima Buffon, nella Côte-
d'Or, vicino al suo luogo di nascita, fu la signoria della fa-
miglia Buffon.
128

bra comunque che la loro diversità risieda nei “me-


tabolismi” che le strutturano. Il metabolismo di una
Galassia non è altro che la rapidità del processo
di conversione di gas in Stelle, simbolo della “Vita”
della Galassia stessa. In quest’ottica le Galassie a
Spirale, ad esempio, sono quelle dal metabolismo
iniziale molto lento, dove la formazione stellare ha
avuto luogo solo dopo che il gas si è appiattito sotto
forma di disco, mentre in quelle irregolari, si denota
uno sviluppo interrotto, in quanto meno della metà
del gas è stato incorporato nella formazione stella-
re, non potendo delinearsi nessuna morfologia tipi-
ca e riconoscibile.
E mentre nelle ellittiche il processo è terminato,
in quelle a spirale il ciclo andrà progressivamente
attenuandosi, anche se l’esplosione delle superno-
ve contribuirà ad arricchire il gas-ambiente, forgian-
do gli elementi pesanti necessari per le nuove ge-
nerazioni stellari, dove verrà assimilata l’opera chi-
mica e alchemica delle precedenti.
Perché è grazie all’esplosione delle primissime
supernove, che si è avuto quel lancio necessario
nello Spazio Interstellare, di una incalcolabile quan-
tità di Materia contenente tutti gli Elementi (le Ne-
bulose), sintetizzati all’interno delle Stelle, e dove
mediante questa continua danza cosmica si sono
formati e continueranno a formarsi numerosissimi
Sistemi Solari, nelle innumerevoli Galassie di tutto
l’Universo, compresa la nostra, la Via Lattea.
129

Gli Spiriti Solari

In Fisica e in Chimica, il Plasma è un gas ioniz-


zato costituito da un insieme di elettroni e ioni, glo-
balmente neutro (la cui carica elettrica totale è nul-
la), essendo però costituito da particelle cariche. I
moti complessivi delle particelle che lo compongo-
no, sono in gran parte dovuti alle forze a lungo rag-
gio e che, creandosi continuamente, lo mantengo-
no neutro. In quanto tale, il Plasma, è considerato
come il Quarto Stato della Materia, distinguendosi
dal Solido, il Liquido e l’Aeriforme, e il termine Ioniz-
zato significa, in questo specifico caso, che una fra-
zione significativamente grande di elettroni è stata
strappata dagli Atomi. Le cariche elettriche libere
fanno sì che il Plasma, sia anche un ottimo condut-
tore di elettricità e che risponda fortemente ai Cam-
pi Elettromagnetici.
Mentre sulla Terra la presenza del Plasma è re-
lativamente rara (ad eccezione dei fulmini16, le au-

16
Il fulmine è un esempio di Plasma presente sulla
Terra. I valori tipici di una scarica di un fulmine sono: una
130

rore boreali e le fiamme), nell’Universo, invece, co-


stituisce più del 99% della Materia conosciuta: si
trovano sotto forma di Plasma sia il Sole, le Stelle,
le Nebulose, tanto che si ha persino una sua for-
mazione sullo scudo termico dei veicoli spaziali al
rientro nell’Atmosfera. Anche i potenti brillamenti
solari (i flare), emettono Plasma dalla Corona So-
lare, diffondendosi in tutto il Sistema Solare, cono-
sciuto dagli scienziati anche con il termine di Vento
Solare.

«Attorno agli anni '60 del XX secolo, il Premio


Nobel per la Fisica, Hannes Afven, teorizzò la Co-
smologia del Plasma. Esperto nel campo della ma-
gnetodinamica, Afven sostenne che i campi ma-

corrente di 30.000 ampere; una tensione di 100 milioni


di volt; l'emissione di luce e raggi X; temperature che arri-
vano a 28.000 kelvin; una densità di elettroni che posso-
no arrivare a 1024/m3. Un Plasma, quindi, si caratterizza
per alcune grandezze, fra cui alcune (temperatura e den-
sità di particelle cariche) sono tipiche di un fluido, altre,
come la lunghezza di Debye e la sua frequenza, sono
caratteristiche di un insieme di cariche in movimento. Si
comprende subito come la maggior parte dei plasmi sia-
no caratterizzati da alte temperature elettriche: si va dai
quasi 30.000 gradi di un fulmine, ai milioni di gradi della
Corona Solare, o degli esperimenti di fusione termonu-
cleare.
131

gnetici hanno avuto ed assumono un ruolo fonda-


mentale nella composizione delle strutture cosmi-
che. Fu lui a dimostrare che la Via Lattea aveva un
campo magnetico che non era la semplice somma
di quelli stellari, ed ipotizzò che tale campo magne-
tico galattico fosse dovuto ai moti del plasma inter-
stellare. […] Gli elettroni del plasma sono liberi di
spostarsi sotto l’influsso di una tensione applicata
o di un campo magnetico, generando con il loro
spostamento una corrente elettrica. Questo signifi-
ca che il plasma ha come proprietà principale quel-
la di trasportare l’energia elettrica, formando fila-
menti di energia che seguono le linee dei campi
magnetici: infatti nel Cosmo questi filamenti si tro-
vano ovunque.»

Il Plasma, quindi, potrebbe essere un “brodo” in


cui nascono e crescono creature senzienti, Entità
formate della stessa sostanza delle Stelle, in grado
di potersi muovere nei meandri del Cosmo e di en-
trare in contatto con altri esseri viventi. Micah Han-
ks in “Creature di energia nell’atmosfera terrestre?”,
ricorda che, fra gli altri, Charles Fort, Ivan Sander-
son e Trevor James Constable, proposero la teoria
di “forme di vita atmosferiche”, tanto che quest’ulti-
mo, nel saggio “The Cosmic pulse of Life”, arrivò a
teorizzare l’esistenza di Esseri che vivrebbero negli
strati superiori dell’atmosfera, ove si muoverebbero
per recarsi sulla Terra saltuariamente.
132

Ma per quanto strana possa apparire quest’idea,


persino il grande astronomo Carl Sagan, discusse
sulla forma di presunti Alieni Sferici in grado di vi-
vere nell’atmosfera dei pianeti giganti gassosi, ad
esempio Giove, come si è a conoscenza di avvista-
menti, da parte di alcuni astronauti, di singolari for-
me energetiche nello Spazio, - e che a tali storie
abbiano contribuito per degli studi della NASA -, i
quali suggeriscono che forme di vita basate sul Pla-
sma possano essere state scaturite dal “vacuum”
(Vuoto Cosmico).

Come ampiamente spiegato in precedenti scritti,


circa la trasformazione e la successiva trasmigra-
zione delle Anime da parte di una Coscienza Co-
smica (il Demiurgo), dallo Spazio Siderale, e attra-
verso le Stelle, negli Strumenti del Tempo, ovvero
i Pianeti, - fra i quali Timeo-Platone annovera an-
che la Terra -, si scopre che in un dato momento
dell’incommensurabile storia universale, avvenne
una vera e propria opera di inseminazione, median-
te una selezione, e dove: “ciascuna venne inserita
in quello che le era più appropriato.”
Le Anime, pertanto, vennero tolte dalle loro Stel-
le fisse e trasferite sui rappresentanti planetari cor-
rispondenti, non prima di essere rivestite di un “in-
volucro spirituale”, quantunque “diversi” tanto dal-
l’Eternità che risiede nell’Unità, quanto dal moto re-
golare della Sfera delle Costellazioni, pur rimanen-
133

do “Sé stesse”. E se nel mentre lo Spirito rimane


immutato, in quanto si espande lungo l’Asse dello
Spazio, l’Anima, invece, non solo si reincarna di
continuo espandendosi lungo l’Asse del Tempo, -
ma poiché i corpi ospitanti si moltiplicano -, essa si
suddivide sempre più.
Il Demiurgo (la Mente che si espande lungo l’As-
se delle Energie) non ha creato solo le singole Ani-
me di tutte le forme Umane destinate a germogliare
nel Cosmo, bensì un vero e proprio “Seme dell’Uo-
mo” (l’Adam Kadmon o i Primi Uomini), destinato a
moltiplicarsi macinato come farina impalpabile nel
Mulino del Tempo. L’idea che vi siano “Anime delle
Stelle Fisse”, da cui ebbe origine la vita mortale e
tra esse ve ne siano anche di eccezionalmente vir-
tuose, le quali “una volta liberate”, possono ritorna-
re in qualsiasi momento scegliendo liberamente il
proprio cammino, non è solo una parte del vitale Si-
stema Arcaico del Mondo, ma spiega anche l’inte-
resse ossessivo delle antiche culture del pianeta,
di trovare una spiegazione plausibile alla comples-
sa mitologia dalla quale attingevano.
Da qui deriva il concetto, ad esempio, secondo
cui in Adamo erano contenute le 600.000 Anime di
Israele, simili ad un intricato sistema di fili intrecciati,
tanto più che viene persino spiegato come: “Il Figlio
di Davide (il Messia) non verrà prima che tutte le A-
nime che sono state sul Corpo del Primo Uomo sia-
no terminate”. Così come inconfondibile è anche il
134

Mito dell’ultimo giorno presso i Pawnee Skidi delle


grandi pianure nordamericane: “L’ordine per la fine
di tutte le cose verrà dato dalla Stella del Nord, e la
Stella del Sud eseguirà gli ordini. La nostra gente
fu creata dalle Stelle. Quando verrà il tempo della
fine di tutte le cose, la nostra gente si trasformerà
in piccole Stelle e volerà sino alla Stella del Sud, al
luogo che le spetta.”

Arrivati a questo punto del nostro Cammino, ap-


pare assai evidente che le Stelle incarnino una vera
e propria Coscienza a sé stante all’interno della
complessa architettura universale, una vera e pro-
pria Coscienza Solare. Essa è un’energia spirituale,
pura e senziente, che dimora in tutti gli Astri del Co-
smo. Chiamato anche Sé Superiore o Super-Spirito,
viene sovente associato anche al Terzo Occhio (o
Sesto Chakra), che sta alla radice delle più dispa-
rate esperienze mistiche, in quanto definito anche
come “Testimone”, essendo la parte di noi che du-
rante l’auto-osservazione può essere sperimentato
come “Colui che Osserva”. Essendo la primordiale
forma energetica maschile, costituisce il collante u-
niversale del Tutto, la forma spirituale che rivesten-
dosi di un Corpo fa esperienza della Materia, “ani-
mandola” (Anima).
Una Coscienza di cui tutti siamo portatori, da me
denominata Atoniana (da Aton, Divinità Solare del-
l’Antico Egitto), all’epoca rappresentata da un gran-
135

de globo luminoso che esercitava la sua benefica


influenza, dispensando vita attraverso i suoi raggi
splendidi e pieni di calore.
Decine di Divinità affollavano il pantheon egizia-
no, ma il Sole fu sempre al centro di una particolare
venerazione, come molto probabilmente, meglio di
altri Dèi, rappresentò il divino in senso più propria-
mente universale. E proprio questa forma divina e
stellare fu protagonista dell’unico episodio, nell’am-
bito della religione egiziana, di eresia monoteistica,
o più correttamente enoteistica, in quanto un Dio
arrivò a rappresentare persino tutte le Divinità all’e-
poca conosciute e venerate.
Fondatore di questa rivoluzionaria visione fu il
faraone Amenofi IV (Tebe, 1375 a.C. circa - Akhe-
taton, 1334/1333 a.C. circa), insieme alla sua con-
sorte Nefertiti, durante la XVIII dinastia del Nuovo
Regno, quando assieme diedero vita ad un innova-
tivo modo di intendere il Culto Solare, riunito così
nella figura di un unico Dio e Re, con il nome di A-
ton, sostituendolo alla teologia tebana che adorava
Amon.
Il Sole, precedentemente rappresentato come
un uomo dalla testa di Falco, venne simboleggiato
dal Disco dal quale partono i raggi terminanti in ma-
ni tese, che porgono l’Ankh, la Chiave della Vita, a-
gli umani e a tutto il Creato.
Nel quinto anno di regno, il Faraone diede inizio
alla costruzione di una nuova capitale e che chiamò
136

“Akhet-Aton” (l’Orizzonte di Aton), corrispondente


con l’odierna El-Amarna, città che, con i suoi templi
e con i grandi cortili aperti, celebrava i riti del nuovo
culto, la grandezza, la vitalità e la possibilità per tut-
ti di riceverne i frutti. La nuova fede, però, ebbe bre-
ve vita, dal momento che colui si suppone essere il
genero di Akhenaton, Tutankhaton, sebbene molto
giovane, restaurò quasi subito l’antico culto non ap-
pena divenne il nuovo sovrano, riportando inoltre
la corte a Tebe, e cambiando il proprio nome in Tu-
tankhamon (“Immagine vivente di Amon”); un nome
che lo ha reso celebre, poi, in tutto il Mondo, a se-
guito della scoperta nel XX secolo della sua tomba
pressoché intatta.
Simboleggiato dal Sole, da cui si irradiano i rag-
gi che trasmettono, attraverso le sue mani, la vita
sulla Terra, Aton non aveva altre forme tangibili se
non quella visibile del proprio Disco Solare, ovvero,
della Stella a noi più vicina e che ogni giorno splen-
de nel Cielo. Non poteva essere rappresentato con
un’immagine scolpita, un idolo, come i fedeli non a-
vevano bisogno di sacerdoti a fare da intermediari
tra gli Uomini e la Divinità, perché lo potevano ve-
dere ogni giorno nella loro quotidiana visione natu-
rale, rivolgendosi direttamente a lui attraverso pre-
ghiere o invocazioni. Il primo monoteismo, ufficial-
mente apparso nel Mondo, durò però solo 18 anni
o poco più, anche se è alquanto probabile che que-
sto culto sia stato trasmesso alle generazioni suc-
137

cessive, influenzando la nascita di alcune religioni


apparse secoli dopo.
Molti secoli più tardi, infatti, la Centralità del Sole
ritornò in auge in alcune correnti orientali e che an-
darono poi ad insinuarsi fin dentro il vasto Impero
Romano. Tra essi vi fu il Culto di Abraxás (o Abra-
sáx, o Abracax), d'incerta etimologia, il suo nome
venne ritrovato su pietre e gemme utilizzate come
talismani magici (successivamente il termine si tra-
sformerà nella parola Abracadabra17, termine tanto
caro anche ad una certa magia mistica antica e mo-
derna). Di origine gnostico-mithraica, rappresenta
principalmente la mediazione fra l’Umanità e il Dio
Sole, mentre presso la tradizione persiana simbo-
leggiava l’unione/totalità fra Ahura Mazda (Ohrma-
zd) ed Arimane (Ahriman), ossia tra Bene e Male.
A parte la visione dei Padri della Chiesa che ve-
devano nella sua figura, come in altre, quella di Sa-
tana/Shaitan, per le principali fonti dirette risalenti
al primo e più antico Gnosticismo, specie in quelle
facenti parte dei codici di Nag Hammadi (il Vangelo
degli Egiziani e l’Apocalisse d’Adamo), egli si rivelò
come un grandissimo Eone Solare (dove per alcuni

17
Negli antichi talismani, Abraxas, è spesso raffigu-
rato con la testa di un Gallo o di un Leone, ed il corpo di
un Uomo con parte inferiore composta da due Serpenti,
mentre regge nella mano destra un bastone o un correg-
giato e nella sinistra uno scudo tondo o ovale.
138

si tratterebbe persino di un altro nome del Cristo);


mentre altri mostravano riserve sulla sua natura di
Dio Supremo. Sovente, però, specie nella Cosmo-
logia Gnostica, Abraxás risultava essere il nome
del Dio Altissimo, il Padre Ingenerato, un nome che
si riteneva avere un potere apotropaico, attribuen-
do anche un valore numerico alle sue Sette lettere,
e che sommate secondo la numerazione greca, da-
vano il numero 365.
Secondo Basilide18, 365 è il numero dei Cieli di
cui è costituito il Mondo Materiale, e in questa visio-
ne (influenzata dal Neoplatonismo), ognuna di que-
ste Dimensioni è governata da un Dio dove, - a-
scendendo da una verso l’altra -, si aumenta la pro-
pria perfezione divina, così come 365 sono anche i
giorni contenuti in un anno terrestre. Abraxás, ve-
niva visto assiso al primo di questi Cieli, mentre in

18
Basilide (117-138 d.C.) fu un maestro religioso
dello Gnosticismo Cristiano delle origini. Attivo ad Ales-
sandria d'Egitto, alcune fonti affermano che per un certo
periodo insegnò tra i Persiani. Si ritiene che abbia scritto
oltre due dozzine di libri di commento sui Vangeli, oggi
perduti, intitolati Exegetica, cosa che lo individua come
uno dei più antichi commentatori. I sostenitori di Basilide,
i basilidiani, formarono un movimento che durò per al-
meno due secoli dopo la sua morte; è però probabile che
la scuola si sia fusa con il filone principale dello Gnosti-
cismo nella seconda metà del II secolo.
139

generale, gli gnostici, tendevano a identificare il Dio


veterotestamentario come la potenza inferiore del
Demiurgo, figura a cui veniva data una caratteriz-
zazione negativa, contrapponendolo a lui nelle fat-
tezze di sommo Eone. «Il silenzio è popolato da in-
numerevoli Esseri: nelle foreste, nei laghi, negli o-
ceani, nelle montagne e anche sottoterra, il Crea-
tore ha posto ovunque degli abitanti. Anche il fuo-
co è abitato, l’etere, il Sole, le Stelle, tutto è abitato.
Allora, ovunque andiate, sulle montagne, nelle fo-
reste, sulle rive dei fiumi, dei laghi o degli oceani,
se volete manifestarvi come un figlio di Dio che a-
spira a una vita più sottile e più luminosa, non tur-
bate il silenzio di quei luoghi. Mostratevi coscienti
della presenza delle creature eteriche che li abitano.
Avvicinandovi ad esse, cominciate col salutarle, te-
stimoniate loro il vostro rispetto, il vostro amore, e
pregatele di darvi le loro benedizioni. Incantate dal
vostro atteggiamento, quelle creature, scorgendovi
da lontano, accorreranno per riversare su di voi i
loro doni: la gioia, la luce, l’amore, l’energia pura. E
voi tornerete a casa vostra con un più vasto senso
della vita.» (O.M. Aïvanhov19)

19
Omraam Mikhaël Aïvanhov (Srpci, 31 gennaio
1900 - Bonfin, 25 dicembre 1986) è stato un esoterista e
pedagogo bulgaro, inserito nella tradizione spiritualista
giudaico-cristiana e universalista della "Scuola Bulgara"
di Peter Deunov (1922). Arrivò in Francia nel 1937 dove
140

Platone, sia nel Timeo che nel Fedone aveva ri-


portato delle verità imperiture e non soltanto delle
semplici locuzioni filosofiche, perché all’interno dei
suoi concetti si nasconde qualcosa di molto più im-
portante da studiare e comprendere. È chiaro che
le Stelle (e nel nostro caso l’Astro a noi più prossi-
mo, il Sole) sono degli Elementi essenziali per la
nascita, lo sviluppo e la conclusione di ogni possibi-
le forma di vita nell’Universo. Senza il Sole non po-
trebbe esistere la Vita sulla Terra, compreso il no-
stro Genere Umano, perciò, è evidente che le Stel-
le sono da sempre state la fonte o il veicolo per tra-
smigrare informazioni nei confronti di tutte le Crea-
ture ad esse collegate.

«Se entrate nell’altro Mondo, se questo esiste,


se è una realtà, cambieranno subito le vostre con-
cezioni. Se quel Mondo non esiste dopo la morte
tutto finirà. Ma se dopo la morte la vita continua a

ha dato l’essenziale del suo insegnamento mediante mi-


gliaia di conferenze, esplorando la natura umana nel suo
ambiente, a scala individuale, familiare, sociale, planeta-
ria. Colui che noi chiamiamo Maestro, nell’accezione o-
rientale del termine e che si riferisce alla maestria perso-
nale e al talento pedagogico, ci dice: “quel che io deside-
ro con questo insegnamento, è di darvi delle nozioni sul-
la vita, su voi stessi, come siete costruiti, che relazioni a-
vete con l’Universo intero e quali scambi dovete poi fare
tra voi e l’Universo che è la Vita.”
141

un livello superiore e non inferiore, allora che cosa


si dirà? Noi abbiamo anche altre prove, ma non ci
sforziamo di provare in modo logico che Dio esiste.
Ci basiamo su una verità scientifica, non abbiamo
dubbi che l’altro Mondo esista. È una realtà così co-
me vediamo il Sole, come percepiamo il cibo. Se u-
na persona si nutre di illusioni quest’ultima perde il
suo peso.
Se pesa 5 chili dopo si alleggerirà così tanto che
comincerà a volare. Ma se una persona si nutre
con qualcosa di reale non perderà nulla del suo pe-
so iniziale. L’altra vita non è separata da questa.
Questa vita rientra come una parte nell’altra. L’altro
Mondo è la vita completa. Noi sulla Terra formiamo
solo una parte dell’altra vita. La vita non esiste sol-
tanto qui sulla Terra. Esistono così tanti miliardi di
soli con i loro pianeti e satelliti! Pensate che essi
siano soltanto dei deserti? Esiste una vita organica
su alcuni dei corpi celesti. Anche su Marte esistono
degli Esseri, dei canali.
Su Venere esistono degli Esseri e altrove ce ne
sono di molto avanzati. Un’autrice russa scrisse un
racconto sugli abitanti di Venere. Non è solamente
un’affermazione: è una realtà. Ma secondo le con-
dizioni presenti su Venere, esiste una varietà di for-
me esterne di vita.
Alcuni vanno ancora più lontano e dicono che
anche nel centro del Sole esista vita. Il calore del
Sole è esterno, mentre nel suo interno esiste un’ot-
142

tima atmosfera - primavera, giardini. Gli Esseri sul


Sole vivono una vita magnifica. La vita più bella nel
Sistema Solare è quella sul Sole. Sono delle affer-
mazioni. Voi potete chiedervi se sia davvero così.
Alcuni si permettono perfino di dire che sono anda-
ti sul Sole e ne sono tornati, ma non sono bulgari.
Persone bulgare non vi sono ancora andate, ma vi
sono degli Indù che affermano di essere stati sul
Sole.
Gli scienziati Indù, gli adepti affermano che per
andare sul Sole l’uomo deve fermare perfettamente
il suo impulso e poi quando ritorna deve risvegliarlo.
In Europa esiste un solo chiaroveggente, Sweden-
borg20, che si è recato sul Sole. È stata una perso-
na molto erudita sotto ogni punto di vista. Raccon-
tava che si era recato sul Sole, su Venere, su Giove:
è andato ovunque e vi descriveva la vita.»
(Peter Deunov21, o Beinsa Duno)

20
Emanuel Swedenborg, nome di nascita Swedberg
(Stoccolma 1688 - Londra 1772), è stato un filosofo, mi-
stico, teologo, medium e chiaroveggente svedese. Viene
considerato tra i precursori dello Spiritismo.
21
Peter Deunov (1864-1944) fu figlio di un pope or-
todosso, destinato anche lui a far parte del Clero. In gio-
ventù compì studi di Teologia, Musica e Medicina negli
Stati Uniti. A partire dal 1900, cominciò a tenere, in tutta
la Bulgaria, conferenze pubbliche nelle città e nei villaggi,
apportando una nuova linfa alle dottrine cristiane tradi-
143

Sicuramente esiste una qualche differenza so-


stanziale (se vogliamo anche nella forma), tra il So-
le e i suoi possibili abitanti (i Solariani o Atoniani),
ma questa simbiosi spirituale deve aver contribuito
a forgiare, entrambe queste forze, in un continuo e
gigantesco scambio di Energia e Conoscenza, per-
petuandosi attraverso le varie Creature che si sono
formate, evolute o estinte all’interno del nostro Si-
stema Solare, dal preciso istante della sua primige-
nia formazione. Gli Atoniani, inoltre, sappiamo che
nascono e si sviluppano direttamente nel prodotto
finale delle Nebulose, le Stelle, e in quanto compo-
sti degli stessi elementi, sono pertanto una forma
senziente di Energia allo Stato Puro.

«Il nostro Sole può essere paragonato ad una


lente la cui focale principale si troverebbe, per la

zionali. Fondò la Fratellanza Bianca Universale ed iniziò


ad organizzare riunioni fraterne e a poco a poco il suo
movimento fu conosciuto in tutta Europa. Ciò gli attirò le
ire della religione ufficiale; fu accusato d'eresia e riusci-
rono a farlo esiliare a Varna, sul Mar Nero, dal 1907 al
1919. Fu qui che nel 1917 Omraam Mikhaël Aïvanhov
incontrò Deunov che aveva il nome spirituale di Beinça
Duno. Deunov compose anche dei canti, formulò la pa-
neuritmia, ed elaborò i metodi e gli esercizi di base della
Fratellanza, diretta poi fino alla sua morte avvenuta nel
1944.
144

nostra Terra, presso l’equatore, ma nel mare, non


sulla terra. Non è brillante e ardente come noi ce lo
immaginiamo. Man mano che ci innalziamo nell’at-
mosfera, ci accorgiamo che la sua luminosità e il
suo calore diminuiscono, il suo colore diventa rosso
e più scuro. Esso non è altro, in effetti, che il riflesso
di un’altra sorgente luminosa situata al di là. Solo
un velo ci impedisce di vederlo così com’è, e persi-
no di esservi.
Allo stesso modo un Velo ci separa dal Mondo
Lunare. Basterebbe togliere questi veli perché fos-
simo coscienti della vita e della natura lunare o so-
lare. Luce smagliante e calore non sono dovuti che
all’azione condensante della nostra atmosfera ter-
restre che agisce come una lente. Visto dallo stes-
so Sole, il Sole ha una tonalità pallida e bianca; lui
stesso non è che il riflesso di un altro Sole. Luce e
calore sono il prodotto, per tutti i pianeti, della loro
propria natura (poli, magnetismo proprio, attrazio-
ne). Il Sole ci dona non soltanto la sua luce, ma ri-
flette la luce degli astri e quella di altri Soli.
Poiché però questa luce non viene riflessa che
da un punto di una sfera, essa non toccherà che un
certo punto (una regione della Terra, per esempio).
Ivi cresceranno delle piante che hanno bisogno di
quel nutrimento, e la luce nutrirà ugualmente dei
minerali. Quando si conoscono le piante e i metalli,
o minerali, che si nutrono della stessa luce, si sa
dove trovare i metalli ecc., poiché verranno trovati
145

là dove ci sono quelle piante. Il nostro Sole è abita-


to da esseri che non sono organizzati come noi. Il
Sole dà asilo alle anime di tutti i grandi uomini di
tutti i pianeti, a tutti gli uomini che sono stati grandi
nel bene.» (Nizier Anthelme Philippe, conosciuto
anche come Maître Philippe22)

22
Anthelme Nizier Philippe nacque il 25 aprile 1849
a Le Rubathier, Loisieux, Savoia, Francia. Figlio di con-
tadini, in vita fu conosciuto anche come "Maître Philippe"
o "Maître Philippe de Lyon". Dall'età di quattordici anni
rimase con suo zio Vachod, un macellaio a Lione, e si
guadagnò poi una reputazione come guaritore. Sposò
Jeanne Julie Landar (1859-1939) il 6 ottobre 1877, e i
due ebbero una figlia, Jeanne Marie Victoire, nata l'11
novembre 1878, ma che morì il 29 agosto 1904 all'età di
25 anni, poco prima del suo settimo anniversario di ma-
trimonio. Si dice che si rifiutò di guarirla, dicendo che era
il desiderio del Cielo che lei dovesse andare avanti e pre-
disse il corso preciso della sua malattia e morte. Presto
si guadagnò una certa reputazione tra gli occultisti di Pa-
rigi, ma essendo stato osteggiato per aver praticato la
medicina senza patente, si recò a San Pietroburgo, dove
ricevette il suo diploma di dottore in riconoscimento di
straordinarie imprese di guarigione a distanza, condotte
sempre a San Pietroburgo. La granduchessa Militza Ni-
kolaevna della Russia, in seguito presentò Philippe al-
l'imperatrice Alexandra Feodorovna della Russia verso il
1901, e Philippe ebbe una breve influenza sulla coppia
146

Comprendere chi siano realmente gli Atoniani o


Solariani, quale forma fisica possano avere, il tipo
di Civiltà o Società in cui vivono e operano, etc., è
un compito assai arduo e tendenzioso. Da pochi
decenni siamo riusciti a vedere chiaramente la su-
perficie del Sole attraverso gli ultimi modelli di Sa-
telliti, sempre più all’avanguardia e sofisticati, ma
ancora molta strada resta da fare per arrivare a
sondare ogni suo più abissale segreto.
La Luce, seppure fonte di Vita, è anche in grado
di accecare la nostra vista e tenerci celato ogni mi-
stero che in essa vi si nasconde, eppure dal poco
che sappiamo, gli Atoniani sarebbero comunque in
grado di poter vivere sulla superficie del Sole e di
addentrarsi al suo interno, in una simbiosi presso-
ché catartica con la nostra Stella.

imperiale, fino a quando fu esposto come ciarlatano nel


1903 e venne poi espulso. Nell'ottobre 1884 presentò un
articolo (pubblicato in francese) dal titolo "Principi di igie-
ne applicabili in gravidanza, parto e infanzia" presso l'U-
niversità di Cincinnati, Ohio, dove gli fu conferito anche
un dottorato in medicina; vari altri riconoscimenti acca-
demici e sociali gli furono conferiti durante gli anni, 1880
e 1890, sia in Francia che in Italia. Philippe morì il 2 ago-
sto 1905 all'età di 56 anni, a L'Arbresle, nel Rodano, in
Francia, dove viveva. Fu sepolto nel cimitero di Loyasse,
a Lione.
147

Pensate solo che se nel lontano 1842, il mistico


austriaco Jakob Lorber23, avesse cercato di comu-
nicare agli scienziati di quell’epoca che “il Sole è
abitato da Esseri Umani”, egli sarebbe stato quasi
sicuramente dichiarato pazzo e internato in qual-
che ospedale psichiatrico, non prima di venire im-
bottito di psicofarmaci! Quando nel marzo 1996, la
sonda spaziale Soho (Solar and heliospheric ob-
server), lanciata in orbità attorno al Sole, iniziò a
trasmettere i primi dati, mise in crisi gli astrofisici di
tutto il Mondo, perché la teoria scientifica che “il

23
Jakob Lorber (1800-1864) è stato un mistico, scrit-
tore, musicista, insegnante e chiaroveggente sloveno,
che parlava di sé stesso come dello "Scrivano di Dio".
Scrisse nelle sue memorie, che dal 15 marzo del 1840 i-
niziò a udire una 'voce interiore' proveniente dall'area del
suo cuore, e da allora cominciò a trascrivere quello che
la voce gli avrebbe suggerito. Al momento della sua mor-
te, 24 anni più tardi, aveva scritto un volume di mano-
scritti equivalenti a 10.000 pagine stampate, da questo
lavoro non ottenne alcuna ricompensa finanziaria, che
del resto non chiedeva né si aspettava. L'opera di Jakob
Lorber si divide in circa 24 libri, che nel loro insieme, so-
no chiamati la Nuova Rivelazione. Anche se soltanto po-
che pagine del suo manoscritto furono pubblicate duran-
te la sua vita, Lorber predisse che infine, tutti i suoi scrit-
ti, sarebbero stati pubblicati e studiati per l’intero vasto
Mondo, come accade al giorno d'oggi.
148

calore del Sole è generato dalla reazione atomica


del suo nucleo”, fu messa a dura prova nel mentre
veniva scoperto che la temperatura della Corona
Solare ha una temperatura di 2 milioni di gradi,
mentre sulla fotosfera o l’atmosfera interna non
raggiunge che poche migliaia di gradi.
Tale fenomeno, conosciuto come “Il Paradosso
della Corona Solare”, dimostrò che il Sole è “caldis-
simo esternamente ma freddo internamente”! Ma
non è tutto, perché il Sole visto ai raggi UV risulta
come costellato di punti luminosissimi (luce punti-
forme e non più uniforme).
Nel 1842, il “Signore” comunicò al mistico Jakob
Lorber che il nostro Sole non è una Stella generatri-
ce di Luce e Calore, ma un grande Pianeta abitato
da Esseri Umani, poiché l’intensissimo splendore
non proviene dal suo nucleo, in quanto è causato
da due fenomeni che avvengono nella Calotta So-
lare, e più precisamente: «il calore e una discreta
luminosità [elettrizzazione dell'atmosfera] sono ca-
usati dall'attrito dovuto alla rotazione del Sole intor-
no al proprio asse, e dall'enorme velocità con cui
esso orbita sia attorno al suo Sole Centrale chia-
mato Sirio, sia da altre velocità. (Cfr. GVG10/ 159/6
- GVG4/255/5 - SN/4-5); la luce intensissima e ac-
cecante è dovuta alla calotta solare che riflette la
luce di un miliardo di Soli [1 miliardo di punti lumi-
nosissimi] (Cfr. SN/4).»
149

Secondo questa esternazione pseudo-scientifi-


ca, la brillantissima Luce e l’enorme Calore del So-
le, sarebbero generati dal riverbero e dall’attrito che
avvengono all’esterno della sua Calotta (che è tra-
sparente, e/o riflettente), mentre sulla ‘superficie’ (il
suo improprio terreno) del Sole, ci sarebbero nor-
mali condizioni di luminosità e calore, e sul quale
gli abitanti vivrebbero tranquillamente.

A parte le incredibili visioni del grande mistico


sloveno, quello che sappiamo, - unendo tali fonti
storiche e le nostre più recenti ricerche -, è che que-
sti Esseri Umani abitanti sul Sole (Atoniani e/o So-
lariani), non hanno una Società simile alla nostra,
non vi sono abitazioni, strutture, ambiti lavorativi o
qualsiasi forma somigliante ad una nostra realtà
propriamente terrestre, in quanto la loro esistenza
e/o dimensione è completamente diversa. Sono E-
nergia Spirituale, pura e senziente, probabilmente
con all’interno della loro Società una struttura ge-
rarchica in grado di darle una qualche logica di so-
stentamento, ma non vi sono piani esistenziali co-
me possono essere qui concepiti attraverso il mero
parametro umano.
Gli Atoniani, o Solariani, sono il fine primo ed ul-
timo dell’Estasi Stellare, ovvero sono il luogo inizia-
le dalla quale le Anime provengono, e che rivesten-
dosi di uno Spirito si incarnano sui Pianeti facendo
esperienza della Materia, così come una volta rag-
150

giunta la morte fisica, lasciano nuovamente quel-


l’esistenza materiale per ritornarvi, prima di decide-
re se continuare ad incarnarsi nuovamente in quel
Sistema Planetario, oppure di intraprendere il lungo
viaggio universale verso nuove soluzioni esperien-
ziali e di continuità.
Tra i più potenti Spiriti del Cosmo, non di rado
assurgono a ruoli di “Guida” grazie ad una propria
indole naturale, del tutto assimilabile a quella com-
ponente spirituale demiurgica dalla quale sicura-
mente provengono, o in quanto emanazione diret-
ta dello stesso Spirito Demiurgico, dato che il loro
compito è quello di monitorare una certa evoluzio-
ne animico-spirituale dei Corpi di cui vanno a rive-
stirsi nei Pianeti, per farne esperienza Materiale.
Così come descritto da Platone, in una normale
situazione evolutiva, e quindi non soggetta ad al-
cun tipo di interferenza e/o manipolazione, dovreb-
bero svolgere quel compito di “guardiani” che inca-
nalano le proprie Energie nel regolare flusso tra le
Stelle ed i Pianeti, ma quando subentra l’intervento
di Entità esterne, per un controllo o un predominio,
non solo su queste Energie Spirituali, ma anche A-
nimiche, alterandone così il regolare processo, non
di rado la loro influenza viene imbrigliata o rinchiu-
sa, quasi imprigionata all’interno della stessa Stella
in cui dimorano, come nel caso del nostro Sole e
parimenti della Terra.
151

Rarissimi, ma non eccezionali, sono quei casi in


cui gli Atoniani hanno deciso di prendere sembian-
ze fisiche, quasi sempre umane, cercando di inter-
venire in prima linea all’interno di quelle Civiltà vit-
time di un qualsiasi Giogo Alieno, ed ogni volta che
hanno optato per questa soluzione, la forma pre-
scelta è sempre stata quella dei cosiddetti Avatāra.

«Così ogni volta che l'ordine (Dharma), viene a


mancare e il disordine avanza, io stesso produco
me stesso, per proteggere i buoni e distruggere i
malvagi, per ristabilire l'ordine, di era in era, io na-
sco.» (Bhagavadgītā IV, 7-8, corrispondente al Ma-
hābhārata VI, 28, 7-8)

Avatāra (spesso presente nella sua resa anglo-


sassone di Avatar) è un sostantivo maschile della
lingua sanscrita con cui si indica, in numerose teo-
logie hindū, l'apparizione o la discesa sulla Terra
della Divinità avente lo scopo di ristabilire o tutelare
il Dharma. Tale termine deriva dal verbo avatṝ, “di-
scendere in" (accusativo, locativo) oppure "discen-
dere da" (ablativo) ancora "arrivare a" (accusativo)
o "essere al posto giusto", "essere adatto" e infine
"incarnarsi" (nel caso di una Divinità). Tale azione,
diventata poi nozione religiosa in quanto “discesa
sulla Terra della Divinità”, comparve in India presu-
mibilmente tra il III e il II secolo a.C., quando nella
Bhagavadgītā, Viṣṇu, qui inteso come il Bhagavat,
152

Dio, la Persona Suprema, espresse l'intenzione di


assumere diverse forme al fine di restaurare l'Ordi-
ne Cosmico (Ṛta/Dharma).
Ed è così che gli Atoniani hanno deciso di agire
nel corso della lunga storia umana (ma non solo),
perché figure di questo tipo, associabili al Sole, so-
no sempre comparse in momenti cardini della no-
stra esperienza terrestre, cercando di modificarne
il corso, portare nuove conoscenze, istruire verso
inusuali cambiamenti o veicolare inaspettate prese
di Coscienza.
Come la storia ci insegna, in alcuni di questi casi
i loro interventi sono risultati vincenti, altre volte as-
sai meno, oltre ad essere sempre stati re-inseriti al-
l’interno del “Sistema” vigente, così come non di ra-
do, lo stesso Sole è intervenuto direttamente me-
diante cicli di Tempeste Geomagnetiche (come ve-
dremo in successivi studi), in azioni su ampia scala,
cercando di sbloccare determinate realtà di control-
lo attraverso l’invio di vere e proprie ondate energe-
tiche.
153

L’Anima Mundi

L’Universo è un Essere Cosmico, dato che non


ne incarna soltanto l’aspetto fisico ma la sua stessa
totalità, in quanto princìpi, pensiero, energie diret-
trici, leggi che ne regolano lo sviluppo, o la stessa
Coscienza, ne precedono la sua apparizione. Ergo,
il Mondo delle Idee nella loro forma percettibile, non
costituisce l’Universo in Sé, così come le membra
e i vari organi fisici del Corpo non formano la totalità
dell’Uomo.
È tangibile, osservando l’Universo nel suo insie-
me, una sorta di Coscienza nascosta che regge o-
gni tratto dell’esistenza stessa, così come ogni for-
ma della Natura. Diversi aspetti del Divino, della
medesima Coscienza Cosmica, sovraintendono ai
movimenti degli Astri come pure alle funzioni del
nostro Corpo. Un ordine matematico, armonico è
tutto intorno a noi, proprio come gli Alberi possiedo-
no radici profonde nella Terra se vogliono toccare
il Cielo, ma essi hanno anche rami, foglie nuove,
mature, secche e persino frutti.
154

Contengono tutto, così come lasciano andare


ciò che non possono più trattenere. Se l’Uomo de-
sidera ritrovare sé stesso deve semplicemente im-
parare da essi, osservandoli, perché nonostante le
tempeste, gli Alberi restano lì fermi, Centrati, e do-
ve grazie a questa capacità di realizzarsi, sono an-
che il riflesso del Sole che ne è nutrimento.
Per questo motivo, tutte le più antiche discipline
filosofiche della Terra hanno trovato nell’introspe-
zione, la realizzazione ultima di questo desiderio a-
tavico, perché che venga chiamata Yoga, Medita-
zione, Zen o Preghiera, in essa l’Uomo è riuscito a
tradurre la propria visione in parole; le persone van-
no in cima alle montagne o in fondo agli oceani per
cercare sé stesse, ma se sapessero come fare, po-
trebbero scalarsi o inabissarsi dentro di Sé.
E nello stato di identificazione sopra-sensoriale,
raggiunto attraverso il lavoro interiore, Colui che si
osserva percepisce, seppure sovente passivamen-
te, Mondi diversi dal nostro, nonostante non abbia
la capacità di dare una forma mentale o di esporre,
con il giusto ausilio di simboli verbali basati su pre-
cedenti esperienze umane, cose per le quali non
ha elementi su cui fare facili paragoni. Così, impri-
gionato all’interno della Materia, il proprio Corpo,
l’Uomo non dispone di un altro Sistema, ma di im-
pressioni comunicate dai sensi e dal cervello, es-
sendo tra l’altro spesso fallaci, in quanto disconti-
nue e ingannevoli, perché solo il proprio Universo
155

Interiore è veramente accessibile, come lo Spirito


può descrivere ciò che si estende oltre i suoi limiti
mediante le forme; perché il Mondo Esterno non è
che un riflesso, la cui realtà sta nello specchio che
lo riflette, in quanto laddove la Coscienza si espli-
ca trova compimento, solamente nel grado in cui si
cerca di esprimerla mediante una Conoscenza arti-
colata di Sé stessa.
Esiste, ed è innegabile, un’equivalenza assoluta
tra la struttura dell’Uomo e quella Universale, così
proprio come l’Uomo la percepisce o la concepisce,
e in questa visione non è poi così assurdo immagi-
nare l’Universo come un Uomo immenso con un
Corpo, facoltà e uno Spirito che lo guida. Le Upani-
shad, a questo proposito descrivono, nello specifi-
co, l’Essere Cosmico come di un Uomo con occhi,
orecchie, una Mente, un soffio vitale, e in quanto ri-
flesso, possiamo scorgervi anche in noi un minu-
scolo Universo nel quale trovarvi il Sole, la Luna, la
Terra, gli Elementi: l’Anima del Mondo.

«Due uccelli, amici inseparabili, vivono fianco a


fianco sullo stesso Albero (l’Universo). Uno (l’Esse-
re Individuale) ne mangia i frutti [dell’azione], l’altro
(l’Essere Universale) guarda, ma non mangia nul-
la.» (Rig Veda I, 174,20; Mundaka Upanishad III,
1,1; Śvetāśvatara Upaniṣad 4,6)
156

Sia l’Essere Universale che quello Individuale,


sono eterni: «mai nato, immortale, perpetuo, antico,
non muore quando muore il Corpo.» (Bhagavadgītā
II,20) Il Corpo dell’Uomo sarebbe persino «una cit-
tà che ha undici porte24; vi risiede il consapevole
senza difetti, il non nato. Colui che governa la pro-
pria città non conosce la sofferenza e raggiunge la
liberazione, quando muore.» (Katha Upanishad 5,1)
È evidente, l’Uomo occupa un posto privilegiato
e centrale nella Creazione, perché è l’unico essere,
rispetto al regno animale, moralmente responsabi-
le delle proprie azioni. Gli Animali, ad esempio, per
sopravvivere si nutrono di altri animali, uccidendoli.
Ci sono degli uccellini, nei nidi, che gettano di sotto
i loro fratellini per avere il cibo dai genitori e cresce-
re più forti. Nel mondo animale, ci sono addirittura

24
La Teoria delle Stringhe, si basa sul concetto dei
“brana-universi”, cioè universi paralleli che giacciono sul-
le superfici a 11 dimensioni, note come “membrane”, o
più semplicemente “brane”. Questa Teoria è stata intro-
dotta da Paul Steinhardt e Neil Turok come alternativa al
modello cosmologico standard, al fine di superare il pro-
blema della singolarità iniziale del Big Bang. Secondo la
Teoria delle Stringhe esistono altre dimensioni spaziali
nascoste, rispetto alle tre dimensioni spaziali, o a quella
temporale a cui siamo abituati, che danno luogo a “brane”
tridimensionali che fluttuano in uno spazio multidimen-
sionale, dove in ciascuna esiste un Universo a sé.
157

specie che uccidono per molto meno, proprio come


gli umani, per puro divertimento o allenamento, no-
nostante tutto questo faccia parte dei normali Cicli
della Natura, così come degli stessi Esseri Umani.
Giustificare queste azioni, "omicidi" veri e propri,
per istinto di sopravvivenza e inconsapevolezza, li
rende un gradino al di sotto di ciò che noi reputiamo
“essere consapevoli”, ma intanto, però, li uccidono
ugualmente per mera necessità, e se anche ne fos-
sero coscienti, non potrebbero fare diversamente.
L'Uomo, rispetto all'Animale, ha solo l'aggravan-
te di essere consapevole quando commette tali ef-
ferati atti, ma siamo poi veramente sicuri che anche
noi umani lo siamo davvero? Premeditare e mette-
re in atto nel minimo dettaglio un crimine non signi-
fica essere consapevoli, ma automi, meccanici. Per
farlo occorre intelligenza, ma non sempre, averne,
significa anche esserne coscienti; la Consapevo-
lezza, quindi, è un'altra cosa, perché se lo sei non
avresti nemmeno il bisogno di fare del Male ad un
tuo simile o alla Natura stessa.
E quando è Cosciente, l’Uomo raggiunge una
potenza Creatrice simile a quella delle azioni e dei
pensieri divini: “Io sono quello che è lui. Egli è quel-
lo che sono io.” (Bhagavadgītā IX,29) Tutti i livelli
dell’Essere si possono così raggiungere attraverso
quell’intercapedine che unisce il Macro con il Micro-
cosmo: “Ciò che è qui è là, ciò che è là è qui. Passa
di morte in morte colui che vede una differenza.”
158

(Katha Upanishad 4,10) L’Essere, totalità di tutti gli


Esseri, è Egli stesso un Essere. È intelletto, Spirito,
muore e rinasce; è l’Universo e l’Universo è la sua
Forma.
L’Essere crea perché creare è la sua Natura, la
sua Vita, il suo modo di funzionare, proprio come il
nostro Corpo crea corpuscoli sanguigni, capelli, di-
verse secrezioni e persino ingerisce e digerisce for-
me di vita per formarne di nuove. «Come il ragno
emette e riassorbe il filo, come nella terra crescono
le erbe, come sul corpo crescono i capelli e i peli,
così pure dall’Imperituro proviene tutto ciò che esi-
ste quaggiù.» (Mundaka Upanishad I, 1,7)
L’Essere, pertanto, è una Persona Cosmica e il
suo aspetto è sia maschile - inattivo, e di una parte
della Dualità che si manifesta tramite la sua con-
troparte attiva -, e sia femminile, chiamata Natura.
Persona e Natura diventano così inseparabili e di-
pendenti dal substrato del Tempo, come una volta
uniti diventano Immutabili.

«La Persona Immutabile è il Centro in cui si for-


ma tutto ciò che esiste, ma che rimane sé stessa al
di là dell’azione, al di là della sostanza. Non è né il
Mondo Visibile né il suo Creatore, ma è la Sorgente
comune dei due, il punto di partenza delle cause
efficienti e immanenti della Manifestazione.» (Giri-
dhara Sharma Chaturvedi, Shiva Mahimā, Kalyāna,
Shiva anka, pag. 46)
159

Esiste, pertanto, una Persona Imperitura o Indi-


struttibile, un Corpo Permanente nello svolgersi del
Cosmo, un quadro stabile in cui l’Universo si svi-
luppa, un Potere che decide il corso futuro dei Pia-
neti, come al tempo stesso la crescita dei fili d’erba
nei prati, prima ancora della loro ipotetica e ventura
esistenza: una vera e propria Energia Primordiale,
un motore universale o Divinità Manifesta, compo-
sito di leggi invariabili nella loro forma trascendente
e che si rapporta a sé stesso con un semplice Sof-
fio Vitale (Pneuma25). «Non pensare a me come lo-
ro Creatore, io sono l’Immutabile che non crea nul-
la.» (Bhagavadgītā IV,13)

Questo Potere della Persona e/o Essere, è an-


che la causa efficiente dell’Universo e che si mani-
festa su tre piani: Energia, Vita e Azione.

25
In filosofia genericamente per Spirito s'intende un
«sinonimo di vita, forza vitale distinta dalla Materia e che
tuttavia interagisce con essa»; una «forma dell'essere
radicalmente diversa dalla Materia», o anche una totalità
assoluta che comprende ogni tipo di manifestazione del-
la realtà, come nell'idealismo tedesco. Nel significato più
antico lo Spirito (πνεῦμα - pneuma) si presentava come
qualcosa che vitalizza il Corpo, «il soffio vitale come sot-
tile principio materiale di vita» analogamente al significa-
to di Anima, anche indipendentemente da un contesto
religioso o metafisico.
160

Il Potere Potenziale, cioè latente, che esiste nel-


lo stato di sonno profondo, è l’Energia (Asse dell’E-
nergia); il Potere Attivo, ovvero quello pronto ad a-
gire, la tensione che esiste nel pensiero e nel so-
gno, è la Vita (Asse dello Spazio); il Potere Applica-
to, la forza impiegata nello stato di veglia, è l’Azione
(Asse del Tempo). Per questo motivo noi viviamo
nel sogno ma non agiamo, esistiamo nello stato di
sonno profondo e non viviamo.26

«Tutti gli Esseri dimorano in me, ma Io non risie-


do in loro, né essi in me.» (Bhagavadgītā IX,4-5)

Arrivati a questo punto del nostro viaggio è chia-


ro che stiamo utilizzando dei termini, spesso tratti
dalla filosofia induista, per descrivere quella che in
occidente, specie derivante da una conoscenza an-
tica, è sempre stata associata all’Anima del Mondo
(nota anche in latino come Anima Mundi). Esso, è
un termine filosofico che venne per la prima volta
utilizzato dai filosofi platonici, per indicare la vitalità
della Natura nella sua totalità, assimilata ad un uni-

26
Lo Spirito rimane immutato, in quanto si espande
lungo l’Asse dello Spazio, l’Anima, invece, non solo si re-
incarna di continuo espandendosi lungo l’Asse del Tem-
po, ma poiché i corpi che la ospitano si moltiplicano, es-
sa si suddivide sempre di più, mentre il Demiurgo (o la
Mente) si espande lungo l’Asse delle Energie.
161

co organismo vivente. Rappresenta, quindi, il prin-


cipio unificante da cui prendono forma i singoli or-
ganismi, i quali, pur articolandosi e differenziandosi
secondo le proprie specificità individuali, risultano
tuttavia legati tra loro da una tale comune Anima U-
niversale.
Il Concetto di Anima Mundi, come abbiamo già
affrontato, nacque agli albori dell’Umanità, specie
in un’area geografica ben definita ed orientale, di-
venendo ben presto a seguito delle successive on-
date migratorie, un tratto caratteristico delle prime
forme cultuali pagane e delle religioni animiste, se-
condo cui ogni realtà, anche apparentemente ina-
nimata, contiene una presenza spirituale collega-
bile all’Anima del Tutto.
Platone la espose per la prima volta nel Timeo,
ereditandola dalle tradizioni mistiche orientali, orfi-
che e pitagoriche, descrivendola come una sorta di
Grande Animale, la cui vitalità generale è supporta-
ta da quest’Essenza, infusagli dal Demiurgo, che la
plasma a partire dai quattro Elementi fondamentali:
Fuoco, Terra, Aria e Acqua.

«Pertanto, secondo una tesi probabile, occorre


dire che questo Mondo nacque come un essere vi-
vente davvero dotato di Anima e Intelligenza, gra-
zie alla Provvidenza Divina.» (Platone, Timeo, cap.
30, 68)
162

Tale concetto, poi, trovò in seguito un corrispet-


tivo nel Logos dello Stoicismo, concepito in forma
immanente in quanto presenza del Divino nelle vi-
cende del Mondo, ossia come sentimento di com-
passione che unifica la sfera soprannaturale con
quella umana. Divenne un concetto proprio anche
nelle successive correnti gnostiche, esoteriche ed
ermetiche del periodo ellenistico, assumendo un
ruolo centrale nel sistema filosofico di Plotino, che
da questi fu identificata con la Terza Ipostasi nel
processo di emanazione dall’Uno.

«L'Anima, in virtù della sua unità, trasferisce ad


altri Esseri, l'Unità, che del resto lei stessa accoglie
per averla ricevuta da un altro.» (Plotino, Enneadi,
VI, 9, 1)

La Vita, secondo Plotino, non nasce da combi-


nazioni atomiche ad essa esterne, ma da un princi-
pio interiore, semplice ed immateriale: l’Anima. La
molteplicità di Anime presenti nel Cosmo, e nel no-
stro Mondo, è a sua volta comprensibile solo am-
mettendo che tutte abbiano una comune origine,
dato che non potendo esistere più di un “Uno”, in
quanto sarebbero “Molti”, l’Unità che sta a fonda-
mento delle Anime deve essere dunque la stessa
che le accomuna tutte quante. Questa Unità è per-
ciò identificata nell’Anima Mundi, che a sua volta
diventa veicolo delle idee platoniche negli organi-
163

smi, andando a costituire la loro ragione formante


o Logos, in maniera del tutto simile anche ai carat-
teri genetici di un individuo (o al Concetto aristoteli-
co di Entelechia27).

«Da tutto quanto, si è detto risulta che ogni Es-


sere che si trova nell'Universo, a seconda della sua
natura e costituzione, contribuisce alla formazione
dell'Universo col suo agire e con il suo patire, nella
stessa maniera in cui ciascuna parte del singolo a-
nimale, in ragione della sua naturale costituzione,
coopera con l'organismo nel suo intero, rendendo
quel servizio che compete al suo ruolo e alla sua
funzione. Ogni parte dà del suo e riceve dalle altre,
per quanto la sua natura recettiva lo consenta.»
(Plotino, Enneadi, IV, 4, 45)

27
Il termine Entelechia (entelechìa, dal greco antico)
è stato coniato da Aristotele per designare la sua partico-
lare concezione filosofica di una realtà che ha iscritta, in
sé stessa, la meta finale verso cui tende ad evolversi. È
infatti composto dai vocaboli en + telos, che in greco si-
gnificano "dentro" e "scopo", rivelando una sorta di "fina-
lità interiore". Aristotele parlò di entelechia in contrappo-
sizione alla teoria platonica delle Idee, per sostenere co-
me ogni ente si sviluppi a partire da una causa finale in-
terna ad esso, e non da ragioni ideali esterne come affer-
mava invece Platone, che le situava nell’Iperuranio. Sa-
rebbe, pertanto, la tensione di un organismo a realizzare
sé stesso secondo leggi proprie.
164

Tutto il sistema plotiniano trovava piena organi-


cità nel postulare l’Uno assoluto al di là delle stesse
Idee, un principio trascendente ed ineffabile, non
spiegabile a parole e al quale ci si può ricongiunge-
re solo attraverso l’Estasi Mistica. E nonostante a-
vesse una visione Monistica, nell’Anima del Mondo
postulata da Plotino sussistevano le Divinità del po-
liteismo pagano, proprie della mitologia greca, Di-
vinità che non erano considerate in contrasto con
l’Uno, ma anzi, come espressione della sua mede-
sima Natura che fa esperienza attraverso le forme.
La dottrina plotiniana, poi, una volta depurata
dal suo aspetto pagano, poté facilmente essere as-
sorbita dal nascente Cristianesimo, il quale in modo
analogo e partendo da una visione spirituale della
realtà, riscontrò un’origine della Vita in un principio
unitario ed intelligente. A differenza di Plotino, però,
per cui l’Anima genera Esseri simili a sé in maniera
inconsapevole, disperdendo la propria energia vita-
le fino ad organismi via via sempre più inferiori, e
meno evoluti, il Cristianesimo ribaltò tale concetto
sotto un’ottica più creazionista e finalistica.
Difatti, nella Bibbia, l’Essere Umano appare co-
me l’Essere più evoluto tra i viventi, creato ad im-
magine e somiglianza di Dio, dove all’origine non
c’è la Materia ma lo Spirito e la vita può andare da-
gli organismi inferiori fino a quelli più intelligenti, es-
sendo l’intelligenza in essi già contenuta. Il princi-
pio che più si avvicinava all’Anima Mundi, sempre
165

nel Cristianesimo, fu il concetto dello Spirito Santo


(concepito però non in forma vacua ma come una
vera e propria persona, la Terza della Trinità), as-
surgendo così funzioni di Soffio Vitale che spira do-
ve vuole e in piena autonomia.

«Allora, l'Eterno Dio, formò l’Uomo dalla polve-


re della terra, gli soffiò nelle narici un alito di vita e
l'Uomo divenne un essere vivente.» (Genesi 2:7)

Tale aspetto emerge con vigore anche nei Van-


geli, laddove Gesù si rivolge agli Elementi della Na-
tura (sempre loro), ad esempio gli Alberi o il Vento,
come Entità coscienti che a lui obbediscono. Tale
centralità permeò poi anche l’agostinismo, soprat-
tutto nel commentario del Timeo di Platone operato
da Calcidio, che le attribuiva una «natura razionale
incorporea». Ma anche durante il medioevo diven-
ne un tema ampiamente dibattuto e sviluppato da
vari maestri, tra i quali gli appartenenti alla Scuola
di Chartres, fra cui Teodorico e Guglielmo di Con-
ches, e che arrivarono ad ammettere l’immanenza
dello Spirito nella Natura, concependolo come una
totalità organica ed indipendente; oggetto di ricer-
che separate, rispetto alla teologia vigente, e che
furono, poi, materia speculativa per studi occultisti-
ci, alchemici ed esoterici, specie tardo-medioevali
e rinascimentali.
166

«Detto questo, soffiò su di loro e disse: “Riceve-


te lo Spirito Santo.”» (Giov 20:22)

Sempre secondo Guglielmo di Conches, Dio si


era limitato a dare l’avvio alla Creazione, dopodi-
ché tutta l’evoluzione dei processi naturali doveva
essersi dipanata sulla base di princìpi interamente
fisici, e per farlo individuò nell’azione combinata dei
Quattro Elementi (Fuoco, Terra, Aria, Acqua), que-
sta forza motrice, senza che Egli avesse bisogno di
intervenire nuovamente. I filosofi di Chartres ammi-
sero così l’immanenza dell’Anima Universale nella
Natura, avviandosi verso una visione più panteisti-
ca del Creato e che rivoluzionò il pensiero nei seco-
li successivi.
Contemporaneamente anche Tommaso d’Aqui-
no parlava di un’Anima Mundi, causa della Natura,
che derivava “post aeternitatem” dalle Intelligenze
(sussistenti “cum aeternitatem”), e che a loro volta
discendevano dall’Uno o Bene, causa prima “ante
aeternitatem”, seppure nella sua opera l’attenzione
rivolta a questi aspetti vitali del Mondo Fisico, resta-
rono comunque collocati dentro una visione essen-
zialmente trascendente di Dio.
Nel Rinascimento, durante il quale vi fu una nuo-
va ed improvvisa stagione neoplatonica, il concetto
di Anima del Mondo godette di particolare fortuna,
legandosi soprattutto ad aspetti magici, alchemici
ed ermetici, propri della Filosofia del periodo, colle-
167

gati inoltre all’attività di illustri personaggi quali Mar-


silio Ficino, Pico della Mirandola, etc.
In quel periodo divenne una visione chimerica la
ricerca della Pietra Filosofale, che per produrre si
diceva fosse necessaria la disponibilità del grande
Agente Universale, o Anima del Mondo, altrimenti
detto “Azoto”, acronimo cabalistico che indicava la
Luce Astrale Divina, e di cui ogni elemento della re-
altà materiale si riteneva essere permeato.
L’intero Universo era concepito come un organi-
smo vivente, popolato da presenze e forze vitali, in
quanto la visione neoplatonica insieme a quella cri-
stiana, aveva permesso di vedere organicamente
congiunti tutti i diversi campi di speculazione filoso-
fica ed ermetica. Dio, pensavano, irradia Vita, Virtù
ed Amore nel Cosmo vivificandolo, e al tempo stes-
so questo assioma fu accettato come fondamento,
non solo nella Vita ma anche nell’Ordine Geometri-
co del Mondo.
Spirito e Materia, eventi Celesti e Terrestri, co-
me espressioni del medesimo principio vitale, por-
tarono ad un maggiore sviluppo dell’Astrologia e
della possibilità di predire il futuro mediante gli O-
roscopi, pratica che divenne molto più presente in
molte corti regali dell’epoca, in quanto Scienza al
servizio dell’Uomo che guardava al futuro, per deci-
frarlo e potervi intervenire attivamente, mutandolo
a proprio vantaggio.
168

In quel periodo divenne più accentuata la sosti-


tuzione delle Divinità Pagane con creature interme-
die, quali Angeli e Santi protettori, preposti ognuno
alla “giurisdizione” di un particolare aspetto o ele-
mento della realtà, così come gli antichi Dèi aveva-
no per secoli svolto, ma di pari passo, specie nel
XVI secolo, il concetto di Anima del Mondo riprese
vigore con Giordano Bruno, il quale concepì Dio tal-
mente immanente alla Natura fino ad identificarlo
con quest’ultima (Panteismo), mentre in Tommaso
Campanella si fece largo la convinzione che tutti gli
elementi della realtà sono senzienti, ovvero dotati
di una propria Coscienza (Sensismo).
Nei secoli successivi questo concetto continuò
a serpeggiare, pur restando in parte latente, osta-
colato non di rado dal diffondersi del Meccanicismo
e dalla Scienza Newtoniana, alla quale si oppose
poi nel Settecento nientemeno che Goethe. Il con-
cetto di Anima Mundi riemerse nuovamente duran-
te il Romanticismo, in Germania, dove in partico-
lare Schelling riprese la concezione neoplatonica
che vedeva il principio intelligente presente già nel-
la Natura, in forme embrionali e potenziali. La Na-
tura, per Schelling28, incarnava una vera e propria

28
Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling (1775 -
1854) è stato un filosofo tedesco, uno dei tre grandi e-
sponenti dell'idealismo tedesco, insieme a Fichte ed He-
gel.
169

“intelligenza sopita”, uno “Spirito in Potenza”, una


Natura che non potrebbe evolversi fino all’Uomo se
non avesse già dentro di sé lo Spirito Divino, in
quanto anche gli organismi inferiori, in questa con-
cezione, sarebbero solo delle limitazioni o aspetti
secondari, minori, di quell’unico organismo univer-
sale che nell’Essere Umano trova la sua piena rea-
lizzazione.
Persino Schopenhauer utilizzò lo stesso concet-
to neoplatonico, pure per lui le singole Anime degli
Individui erano l’espressione di un’unica Volontà di
Vita, che operando tuttavia in maniera inconsape-
vole, - e solo nell’Uomo -, può diventare infine Co-
sciente di Sé; seppure apparentemente l’Io indivi-
duale è separato dagli altri, spinto perciò verso un
agire egoistico, al di sotto del Velo di Maya dove le
Anime sono tutte unite a formare una sola grande
Anima Cosmica.
Cento anni più tardi, lo stesso concetto riemerse
anche grazie al lavoro analitico di Carl Gustav Jung,
nella sua nozione di Inconscio Collettivo.
170

Il Mulino del Tempo

Mettendo a confronto i più disparati miti presenti


sul pianeta, viene spontaneo iniziare a fare dei di-
stinguo, nei quali un presunto Dio Onnipotente è ri-
conoscibile e indipendente da un altro Dio Minore,
incaricato di creare fattivamente il Mondo. Questo
Onnipotente, ad un certo punto della grandiosa ini-
ziativa, sembrò decidere di non immischiarsi più di-
rettamente nell’azione; egli sembrava avesse, così,
solamente lanciato l’Idea della Creazione, limitan-
dosi ad “enunciarla” con una voce quasi impercetti-
bile, incaricando, poi, un Dio Minore o Inferiore del-
l’attuazione vera e propria della sua Idea.
Così si ritrovò ad agire Prajapati, la Divinità vedi-
ca quando creò il Cielo, le Acque, l’Atmosfera e la
Terra, come in America fu il Dio del Tuono, o “Gran-
de Urlatore”, ad eseguire la sua opera per ordine
del Gran Manitù. Eppure, era ancora un Dio Inferio-
re, o più propriamente un Creatore, posto ancora
troppo in alto per potersene occupare attivamente,
specie del Mondo Materiale, in quanto capace solo
di produrre Idee Acustiche, e per portare a termine
l’opera si ritrovò a designare a sua volta un Demiur-
171

go, incaricandolo della materializzazione parziale


di quel Mondo Acustico; ma essendo spesso un fol-
le, non risultò essere sempre un fedele servitore.
Questo Demiurgo ben presto divenne un bugiardo
e un ladro, un avversario più o meno dichiarato, o
almeno un cattivo imitatore del Maestro, e che con-
trariamente a Lui, sempre guidato dall’Idea del Be-
ne, fece sorgere quell’innato principio di decadenza
del Mondo e che diverrà successivamente una pro-
prietà tipica del Male.
L’attività di ognuna di queste prime Figure o For-
ze, appare subito alquanto particolare, perché dal
loro atteggiamento si possono rivelare delle dina-
miche assai ben specifiche, dove: l’Assoluto è un
Essere puramente Celeste, un “Grande Morto”, che
non ha alcuna relazione diretta con un Aiutante il
quale mantiene, invece, un contatto con la Crea-
zione, ed un Demiurgo, poi Signore della Materia,
in quanto principio di un azione concertante, non di
rado confuso con il suo predecessore, perché en-
trambi specchio o riflesso dell’altro all’interno di un
contesto di una Duplice Natura: dove il primo incar-
na l’essenza Celeste, mentre il secondo quella Ter-
restre.
La cosa più interessante di queste antiche visio-
ni è la loro collocazione, perché nel Cielo si pensa-
va che dimorassero i morti, mentre la Terra ospita
ovviamente i vivi, ed entrambe queste Divinità, che
non sono né morte e né vive, ma cadaveri viventi,
172

si ritroverebbero a vivere una “singolarità”, in quan-


to nel mentre l’Onnipotente dorme profondamente,
gli altri Due sognano: dato che la morte e il sonno
diventano, inoltre, i serbatoi inesauribili delle loro
forze e idee.

Ma Lui, il “Grande Morto”, da tutti identificato co-


me il Dio Assoluto o il Tutto, chi è? Nelle religioni e
nei sistemi ontologici teisti, il termine Dio indica una
Divinità, un essere soprannaturale ed immortale,
trascendente ed immanente, unico nei monoteismi
e tra i principali nei politeismi. Il termine “Dio” fa rife-
rimento ad una Divinità sovente asessuata (specie
nei monoteismi), oppure di sesso maschile (nei po-
liteismi per alcune specifiche Entità), mentre si uti-
lizza il termine “Dèa” (sempre nei politeismi), in rife-
rimento a numi di sesso femminile.
Tale rapporto che accomuna gli Umani con Dio
(e poi con gli Dèi), all’interno di un paradigma (poi
dogma) teista, costituisce da millenni, nelle sue più
svariate forme e sfaccettature, individuali e sociali,
la più grande manifestazione di massa conosciuta
con il nome di Religione. Per secoli, se non millenni,
si è fondata su tali idee tutta un’indagine filosofica
e teologica, ponendo al centro della questione l’esi-
stenza o l’inesistenza di un Dio, fissando le basi dei
temi cardini anche della Metafisica. Dio, o l’Assolu-
to, nei principali monoteismi è concepito come un
Essere Spirituale (incorporeo), impersonale e tra-
173

scendente, dal latino Deus, connesso alla radice in-


doeuropea div, luminoso, celeste, che designa con
significati diversi, e a seconda dei contesti e le cul-
ture, un’Entità Superiore dotata di una potenza ol-
tre ogni limite (Sovrumana, o Sopra/Oltre l’Umano).
Egli è un Essere Supremo, Creatore di tutte le cose,
immortale, di natura superiore anche a quella uma-
na, degli stessi Eoni o Spiriti, i Geni, e con particola-
ri attribuzioni al buon governo universale.
Essere Ultra-Mondano, che esiste per sé stesso
e perciò infinitamente necessario, le varie teologie,
religiose e filosofiche, hanno a lui ascritto vari attri-
buti, tra i quali riconosciamo i molti termini di: onni-
scienza, onnipotenza, onnipresenza, perfetta bon-
tà, semplicità, esistenza eterna necessaria. Di pari
passo sono stati, sempre a lui connaturati, proprie-
tà e/o ruoli di: Creatore e Custode dell’Universo, o
sommo legislatore morale, fonte e termine dell’A-
more Cosmico ed Umano.

«Tutto sarebbe donato a chi rinunciasse a sé


stesso assolutamente, anche per un solo istante.»
(Meister Eckhart)

Il filosofo Gottfried Wilhelm von Leibniz29, soste-


neva che Dio è l’Unità Originaria, la “sostanza sem-

29
Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716), è stato
un matematico, filosofo, scienziato, logico, glottoteta, di-
174

plice originaria”, da cui derivano tutte le altre so-


stanze, create mediante “folgorazioni istantanee e
continue”; e in questo assurge a ruolo di Essere
Necessario o ragione sufficiente ed ultima delle co-
se. Ma in precedenza, nel Medioevo, il filosofo e
mistico Meister Eckhart30 era persino andato oltre,
sostenendo che Dio compendiava in sé tutto l’Es-

plomatico, giurista, storico, magistrato tedesco di origine


soraba. A lui si deve il termine "funzione", che egli usò
per individuare le proprietà di una curva, tra cui l'anda-
mento, la pendenza e la perpendicolare in un punto. A
Leibniz, assieme a Isaac Newton, vengono generalmen-
te attribuiti l'introduzione e i primi sviluppi del calcolo in-
finitesimale, in particolare il concetto di integrale, per il
quale si usano ancora oggi molte sue notazioni. È consi-
derato anche il precursore dell'informatica, della neuroin-
formatica e del calcolo automatico: fu inventore di una
calcolatrice meccanica detta Macchina di Leibniz; inoltre
alcuni ambiti della sua filosofia aprirono numerosi spira-
gli sulla dimensione dell'inconscio che solo nel XX seco-
lo, con Sigmund Freud si tenterà di esplorare. Leibniz è
uno dei massimi esponenti del pensiero umano, nonché
una delle poche figure di "Genio Universale”.
30
Johannes Eckhart, meglio conosciuto come Mei-
ster Eckhart (1260-1327/1328), è stato un teologo e reli-
gioso tedesco, tra i più importanti teologi, filosofi e mistici
renani del Medioevo Cristiano, e ha segnato profonda-
mente la storia del pensiero tedesco.
175

sere, arrivando a negare la determinatezza dell’atto


creativo e ad affermare per converso l’Eternità e
l’Infinità del Mondo.
Andando ancora più a ritroso nel tempo, però, si
scopre quanto l’idea di Dio, presso le culture primi-
tive, fosse molto più complessa di quanto gli studio-
si moderni avessero inizialmente potuto immagi-
nare, tanto che è venuta a formarsi l’idea, condivisa,
che questo Dio, costituisse per quei popoli la ragio-
ne (o Logos) immanente dell’Universo stesso, con
una posizione intermedia tra le sue successive ma-
nifestazioni (il Dio-Architetto e/o il Dio-Orologiaio),
con un aspetto atipico nei riguardi di un suo disinte-
ressamento, anche affettivo, specie nei confronti
del Mondo Umano, idea che si ripresenterà nuova-
mente, e con aspetti esoterici inusuali da dopo il Ri-
nascimento, arrivando poi attraverso mille rivoli di
pensiero sino ai giorni nostri.

«Chi vuole penetrare nel fondo di Dio, in ciò che


ha di più intimo, deve prima penetrare nel fondo
proprio, in ciò che ha di più intimo, giacché nessuno
conosce Dio se prima non conosce sé stesso.»
(Meister Eckhart, da Questa è la Vita Eterna, I ser-
moni, Ed. Paoline, p. 408)

Un aspetto interessante affrontato nel corso dei


secoli è stato quello della tripartizione di questa Es-
senza originaria, diventando per molti popoli anche
176

un problema non da poco e che ha preoccupato gli


Esseri Umani, a più riprese, ovvero quello dell’origi-
ne del Bene e del Male, e di conseguenza del prin-
cipio di Dualità ad essi insito, risultando essere il
più difficile da risolvere, tanto da rivelarsi un osta-
colo insormontabile per la maggior parte dei filosofi
e dei teologi.
Emersero, inoltre, ulteriori interrogativi circa la
Perfezione e l’Imperfezione, che sembra insita nel-
la natura di questo principio dualistico, perché per
secoli i grandi pensatori si sono chiesti come Dio,
essere perfetto ed assoluto, potesse aver creato
l’Errore. Il neoplatonismo interpretò tale concetto
con una figura, una Divinità intermedia, che sta tra
l’intelletto Divino e quello Mondano, e che gli gno-
stici identificarono con il Demiurgo, un Essere me-
diatore tra lo Spirito e la Materia, inteso non di rado
come una vera e propria Divinità Malvagia.
Un ulteriore aspetto singolare di questa conce-
zione emerse e si formò in Europa, durante il Me-
dioevo, quando si diffuse una particolare dottrina o
eresia dualistica, quella dei Catari (1150-1250 d.C.)
Affiorata probabilmente dal Manicheismo e dai Bo-
gomili, provenienti dai Balcani, questa corrente che
in modo sotterraneo è arrivata sino ai giorni nostri,
- contenente derivazioni gnostiche, manichee, pau-
liciane, etc. -, presentava influenze religiose e filo-
sofiche che giunsero in Europa all’inizio del XII se-
colo, tramite l’impero bizantino ed attraverso i Bal-
177

cani, grazie ai Crociati e i Pellegrini che tornavano


dalla Terra Santa.
La Dottrina Catara, in sostanza, professava un
Dualismo in base al quale il Re d’Amore (Dio) e il
Re del Male (Rex Mundi o Satana), rivaleggiavano
a pari dignità per il Dominio del Mondo e delle Ani-
me Umane. Essi arrivarono anche a sviluppare al-
cune convinzioni dove il tutto veniva risolto median-
te un’eterna lotta tra Spirito e Materia, Luce e Tene-
bra, Bene e Male, all’interno della quale il Creato
diventava una sorta di “Grande Tranello”, in cui la
figura di Satana o Anti-Dio (diverso da quello cri-
stiano), irretiva lo Spirito Umano contro le sue rette
inclinazioni, allontanandolo dallo Spirito del Tutto.
Sostenevano persino che il Dio-Creatore dell’Anti-
co Testamento corrispondeva in realtà al Dio Mal-
vagio (Satana), consideravano il Dio che reputava-
no Buono come non onnipotente, sempre in dife-
sa dei continui attacchi del Dio Malvagio, costante-
mente in guerra contro di lui nel contendergli la vit-
toria finale.
Si erano persino spinti oltre, sostenendo che il
Mondo Materiale non era stato creato dal Dio Buo-
no, ma era interamente opera del Dio Malvagio, ri-
conoscendo in esso l’opera diabolica del Mondo e
della Materia in essa contenuta, tanto che anche
l’Uomo era considerato di natura diabolica, essen-
do fatto di carne. La carne, perciò la Materia, erano
il punto più basso del decadimento esperienziale u-
178

niversale, la Caduta, l’abisso, un regno creato dal


Dio Malvagio nel quale sperimentare la causa del
Male fisico e morale, rispetto all’opera del Dio Buo-
no, creatore invece di una dimensione non visibile
e di conseguenza popolata di esseri spirituali e puri.

«Dio dice nel primo libro della Genesi: “Guarda-


tevi dal mangiare dell'Albero della Vita, ecc.” Inve-
ce il Dio del Vangelo dice, nel primo libro dell'Apo-
calisse: “A chi vince io darò da mangiare dell'Albero
della Vita.” Quello proibisce, questo promette, dun-
que sono tra loro contrari. Il terzo libro della Genesi
afferma: “La terra sarà maledetta per colpa tua.”
Ecco il Dio del Vecchio Testamento maledire la
terra che il Dio del Nuovo Testamento benedice nel
Salmo: “Benedicesti, o Signore, la tua terra”, dun-
que sono contrari tra loro. Il Dio del Vecchio Testa-
mento vuole che gli si immolino degli animali e si
compiace di tali sacrifici; il Dio del Nuovo Testa-
mento dice nel Salmo: “Rifiutasti la vittima e l'offer-
ta, ma mi hai apprestato il corpo; non ti compiacesti
di olocausti in cambio del peccato.” Quel Dio co-
manda tali sacrifici, questo li respinge; dunque so-
no tra loro contrari.» (Anonimo Cataro, dall'Archivio
dell'Inquisizione di Carcassone, XXXVI, 91, docu-
mento databile tra il 1270 e il 1290; citato in Ditadi
1994, p. 430.)
179

Eppure, come può l’Unità aver prodotto la Dua-


lità? Molte delle dottrine abitualmente ritenute dua-
listiche non lo sono che in apparenza. Nel Maniche-
ismo, ad esempio, come anche nella precedente
religione Zoroastriana, il Dualismo era una dottrina
che celava la vera conoscenza esoterica dell’Unità.
Abbiamo già affrontato la creazione di Ohrmazd e
di Ahriman, i quali furono generati da Zervané-Ake-
rene; e che dovranno poi fondersi in lui alla fine dei
tempi.
In questo contesto la Dualità si esplica nell’im-
possibilità di esistere di per sé stessa, ed è dunque
prodotta dall’Uno per mera necessità. Nella Dualità
bisogna tener presente l’aspetto di opposizione tra
l’Essere e il Non-Essere, ma poiché l’uno e l’altro
sono necessariamente contenuti nella Perfezione/
Imperfezione totale, appare evidente che tale con-
trasto non può che essere fittizio. Qui risiede tutta
l’illusione, pertanto, tra Spirito e Materia, sulla qua-
le, specie in tempi recenti, è stato costruito un così
gran numero di sistemi filosofici e poi scientifici (ve-
dasi la Fisica Quantistica).
Se il Principio Supremo, differenziandosi dà luo-
go a due elementi, distinti in quanto li reputiamo tali,
questi due elementi accomunati al primo, andranno
a formare un Sistema Ternario che regge tutta la
Creazione Universale, e che in tutte le mitologie o
religioni della Terra è da sempre stato ravvisabile:
la Trimurti induista, la Triade olimpica composta da
180

Zeus (il Cielo), Poseidone (i Mari), Ade (la Terra/gli


Inferi), non ultima la Trinità Cristiana, etc. Perfezio-
ne Suprema (Assoluto), Perfetto (Primo Demiurgo/
Creatore) ed Imperfetto (Secondo Demiurgo/Crea-
tore).

«[…] quando si oppone il Bene al Male, gene-


ralmente si fa consistere il Bene nella Perfezione,
o quantomeno in una tendenza alla Perfezione, ed
allora il Male non è nient’altro che l’Imperfezione:
ma come può l’imperfetto opporsi alla Perfezione.
Abbiamo visto che la Perfezione è il principio di tut-
te le cose e che, d’altra parte, non può produrre
l’Imperfetto, donde risulta che in realtà l’Imperfetto
non esiste, o almeno non può esistere che come e-
lemento costitutivo della Perfezione totale; ma al-
lora esso non può essere realmente Imperfetto, e
quel che noi chiamiamo imperfezione non è che re-
latività. […] D’altra parte, se si chiama Bene il Per-
fetto, il relativo non ne è realmente distinto, poiché
v’è contenuto in principio; dunque, dal punto di vi-
sta universale, il Male non esiste. Esso esiste solo,
se si considerano le cose sotto un aspetto fram-
mentario ed analitico, separandole dal loro Princi-
pio comune invece di vederle sinteticamente con-
tenute in questo Principio, che è la Perfezione. Co-
sì si crea l’Imperfetto, e distinguendo il Male dal Be-
ne, li si crea entrambi proprio con questa distinzio-
ne, poiché il Bene ed il Male sono tali solamente se
181

messi in opposizione l’uno all’altro; inoltre, se il Ma-


le non esiste, non si può neppure parlare di Bene
nel senso ordinariamente attribuito a questa parola,
ma solamente di Perfezione. È dunque la fatale il-
lusione del Dualismo ad attuare il Bene ed il Male,
ossia, considerando le cose da un punto di vista
particolare, a sostituire la Molteplicità all’Unità, im-
prigionando così gli esseri su cui esercita il suo po-
tere nel dominio della confusione e della divisione:
tale dominio è l’Impero del Demiurgo.»
(René Guénon31, Il Demiurgo)

31
René-Jean-Marie-Joseph Guénon, conosciuto an-
che come Shaykh 'Abd al-Wahid Yahya dopo la conver-
sione all'Islam (1886-1951), è stato uno scrittore, filosofo,
esoterista, intellettuale francese. La sua opera, concepi-
ta a partire da una ridefinizione in senso tradizionale del-
la nozione di metafisica, e come «conoscenza dei prin-
cipî di ordine universale», è volta all'esposizione di alcuni
aspetti delle cosiddette «forme tradizionali» (Taoismo,
Induismo, Islam, Ebraismo, Cristianesimo, Ermetismo,
Libera Muratoria, Compagnonaggio, ecc.), intese come
differenti espressioni del sacro, funzionali allo sviluppo
delle possibilità di realizzazione spirituale dell'essere u-
mano. L'opera di Guénon consta di ventisette titoli, dieci
dei quali editi dopo la morte dell'autore, raccogliendo
scritti apparsi in precedenza sotto forma di articoli e re-
censioni. Prevalentemente scritti in francese, tali lavori
sono stati tradotti e costantemente ripubblicati in oltre
182

Il Demiurgo, figura tra le più interessanti della fi-


losofia ermetica, esoterica e gnostica, è un essere
divino definibile più propriamente come un semidio,
descritto per la prima volta in modo sistematico da
Platone nel Timeo (Timeo, 28c). Il termine greco
che il filosofo utilizzò per descriverlo fu dēmiurgòs,
composto da dèmios, cioè "del popolo", ed èrgon,
"lavoratore", quindi da intendere come un lavorato-
re al pubblico, o più precisamente un artigiano; nel-
l’Antica Grecia, il termine si riferiva inoltre anche ai
lavoratori liberi, o gli artigiani che vivevano dei frutti
del proprio lavoro, un po’ come i moderni liberi pro-
fessionisti.
Le analogie tra la figura cosmogonica e quella
terrestre o artigiana, è ravvisabile in un sincretismo
pressoché perfetto, perché il Demiurgo, come un
operaio, trasmette il modello ideale ad una Materia
già esistente, e possiede, oltre che carattere intel-
lettuale, anche competenze tecniche. Egli, senza il
quale “è impossibile che ogni cosa abbia nasci-
mento”, non è argomentato razionalmente ma è in-
trodotto come ipotesi cosmologica dai risvolti vero-
simili, ovvero il filosofo, come spesso fece in altri
casi (vedasi il Mito di Atlantide), si servì di un con-
cetto per descriverlo in modo intuitivo e narrativo,

venti lingue, esercitando una notevole influenza, a parti-


re dalla seconda metà del Novecento, soprattutto nella
precisazione dei concetti di Esoterismo e Tradizione.
183

anziché farlo con una rigorosa argomentazione di-


mostrativa, così da rendere quel pensiero, spesso
difficile, facilmente comprensibile da illustrare.
Il Demiurgo, “Artefice e Padre dell’Universo”, è
pertanto una forza ordinatrice, imitatrice, plasmatri-
ce, che trasforma e forma, ma non crea, dove le I-
dee, la Materia e il ricettacolo (il luogo originario di
tutte le cose, non soggetto a generazione o corru-
zione), a lui preesistono. Tenendo conto della Teo-
logia contenuta nel Libro X delle Leggi di Platone,
si deve riconoscere a questa Entità un’attività prov-
videnziale che regge l’Universo intero tramite l’a-
zione delle varie Divinità, in quanto come dichiarato
nel Timeo, gli Dèi sono generati a questo scopo
dallo stesso Demiurgo.
Platone, osservò come “ogni esperto artigiano
compie la sua opera in funzione della totalità, ten-
dendo a quello che è il più gran bene comune”, e
questo è anche il principio della produzione demiur-
gica, che emerge e si sviluppa in una mancanza ini-
ziale di invidia, in una visione dell’Universo, come
tra i migliori mondi possibili. Il Demiurgo, perciò ini-
ziò a misurare e vivificare la Materia, dispensando-
le forma e ordine, rendendola Anima del Cosmo,
assumendone il compito di guida o intelligenza che
ne progetta gli sviluppi, avendo le idee a modello.
Tali idee, inoltre, sono eterne, necessarie, e prece-
dono ogni origine temporale, assumendo l’aspetto
di “pura forma” e restando esenti da generazione e
184

corruzione, a differenza di quel Mondo Sensibile al


contrario generato e corruttibile (problematica di cui
ne sarà in parte vittima nelle successive fasi della
sua opera).
Il Demiurgo, pertanto, non crea ex nihilo, dal nul-
la, ma è costretto ad operare trasmettendo la forma
ideale ad una Materia preesistente, variandola in-
cessantemente. L’Eternità diventa il pensiero-dina-
mo (e dinamico) necessario per muovere inesora-
bilmente il Tempo, che mediante la quotidiana rota-
zione delle Sfere (gli Astri) e degli Strumenti del
Tempo (i Pianeti), conduce alla fase della Vita, che
si perpetua per “generazione” attraverso la forma-
zione delle Creature, tutte figlie o singole anime del
Primo Corpo Cosmico (il “Seme dell’Uomo”), in gra-
do di contenerle e moltiplicarle, macinandole in fari-
na impalpabile nel Mulino del Tempo.
185

Il Fabbro dei Mondi

«Tutto ciò che è, sotto qualsiasi modalità si trovi,


avendo il suo principio nell'Intelletto divino, traduce
o rappresenta questo principio secondo la sua ma-
niera e secondo il suo ordine d'esistenza; e, così,
da un ordine all'altro, tutte le cose si concatenano
e si corrispondono per concorrere all'armonia uni-
versale e totale, che è come un riflesso dell'Unità
divina stessa.» (René Guénon, Il Verbo e il Simbolo,
gennaio 1926, ora in Simboli della Scienza Sacra,
Adelphi, Milano 1975, p. 22)

Ptah (il “Creatore”) o Tanen32, Ta-tenen, Tathe-


nen, Peteh, Phtha) è una divinità appartenente al

32
Tatenen fu una divinità egizia originaria di Menfi.
Essa incarnava l’Energia generata prima della Creazio-
ne, che germoglia (nel senso che nasce spontanea), E-
nergia che poi feconda (anche in questo caso con ger-
mogliare si intendeva il nascere). Era anche considerata
una divinità funeraria rappresentante la Terra emersa
dal Caos Primordiale, per questo motivo venne poi asso-
186

pantheon dell’Antico Egitto, patrono degli artigiani,


gli architetti, nonché Dio del Sapere e della Cono-
scenza o Demiurgo del Cosmo, definito anche co-
me Ingegnere, Muratore, Fabbro e Artista. Veniva
considerato il solo Creatore non-creato dell’intero
Universo, oltre ad essere ritenuto una personifica-
zione della Materia Primordiale (Ta-tenen), succes-
sivamente venne poi assimilato a Ptah (Ptah-Tate-
nen), secondo un processo non dissimile a quello
accaduto al più noto e posteriore Amon-Ra.
La sua importanza fu inoltre testimoniata dai vari
riconoscimenti ottenuti nel corso dei secoli: dappri-
ma con l’etimologia del termine “Egitto” (una corru-
zione greca del lemma Het-Ka-Ptah, ḥwt-k3-ptḥ, o
"Casa dello Spirito di Ptah"; dall’attribuzione di Api
come suo oracolo; per la connessione con le divini-
tà Seker e Osiride (che andranno a costituire il Ptah
-Seker-Osiride); come sposo di Sekhmet (secondo
alcuni Bastet); per essere stato padre di Nefertum,
Mihos e Imhotep.

ciata alla principale divinità menfita, Ptah, nella forma di


Ptah-Tatenen, in qualità di Creatore dell’Energia Primor-
diale. Generalmente veniva rappresentato con aspetto
mummiforme (un “Grande Morto”), con la barba e il co-
pricapo “nemes” adornato con due piume, corna ritorte e
disco solare, inoltre gli veniva attribuito l’aver portato nel
Mondo il pilastro djed, e che in seguito sarà associato ad
Osiride.
187

Iconograficamente era raffigurato sovente come


un uomo mummificato con la barba, avente tra le
mani uno scettro composito con l’ankh (il Simbolo
della Vita), l’uas come bastone del potere, e il djed
(Simbolo della Stabilità); mentre sul capo portava
una calotta di pelle.
Egli era quindi l’incarnazione dell’Abisso Primor-
diale, e che sin dall’antichità era stato descritto co-
me un “fondo di risonanza”, nel quale il suono che
venne scaturito fu considerato come la Prima Forza
Creatrice, proprio come deve essere risultato il fra-
gore (o vagito), accorso immediatamente dopo l’ini-
ziale esplosione del Big Bang descritta anche dalla
Scienza, e che guarda caso, nella maggior parte
delle mitologie dava poi personalità ai primi Spiriti-
Cantori del Cosmo.
Questo “Vuoto”, inoltre, può essere ulteriormen-
te descritto perché persino nella Genesi si menzio-
na che lo Spirito di Dio “aleggiava sulle acque” (o
lo stesso Abisso), e che tale metafora la ritroviamo
anche a migliaia di chilometri di distanza dal Medio
Oriente, come ad esempio nelle isole Marshall, do-
ve si racconta che in principio tutto era un mare e
al di sopra scorreva la Divinità (The Maker), o in Mi-
cronesia, dove sopra il mare primordiale addirittura
volteggiava un Ragno, così come gli Egizi descri-
vevano che esisteva il Nun, termine di difficile tra-
duzione e che sta ad indicare una condizione pre-
universale ancora astratta.
188

E che dire degli Esquimesi? Raccontavano che


un giorno, Tulungersaq (Padre Corvo), si svegliò
dal sonno eterno ed iniziò a dare sfoggio della sua
creatività. In un mito irochese si racconta persino
che fu la morte dell’Uomo che viveva nel Regno dei
Cieli, a dare inizio ad una serie di vicende che por-
tarono alla Creazione del (nostro) Mondo. Ancora
più sconcertante è la mitologia Achomawi della Ca-
lifornia, che narra come il Coyote e la Volpe galleg-
giarono sul Vuoto per molti, molti anni, ma finirono
poi per annoiarsi a stare sempre lì fermi ed immobili,
tanto che la Volpe creò il Mondo nel mentre il Coyo-
te dormiva; proprio come fecero Osiride e Seth nel-
la ben più lontana terra fertile in riva al fiume sacro
Nilo.
Questo Creatore, o suprema Fonte Primordiale,
sembra improvvisamente scuotersi da una neces-
sità quasi compulsiva del fare, - da nessuna azione
a lui esterna imposta -, e che pare essersi messa
in moto nelle regioni più insondabili del suo Io, forse
senza una causa precisa ma mediante una presa
d’atto di una ragione cosciente, dove l’esperienza
creativa esplode letteralmente come un vero e pro-
prio impulso improvviso, autonomo ed assolutistico.

In questo contesto, la figura che meglio esprime


questo atteggiamento è il mito cinese di P’anku, un
Maker primordiale, sempre di forma umana, il cui
soffio diventa vento, la cui voce diventa tuono, il cui
189

occhio sinistro diventa Sole e quello destro Luna, il


cui sudore diventa pioggia e i cui Parassiti diventa-
no il Genere Umano. Questa figura mitologica sem-
bra illustrare, persino, che l’Uomo Totale possa es-
sere contemporaneamente l’attore e il destinatario
della stessa esperienza creativa messa in moto.

«Nulla posso vedere. Niente posso toccare.


Percepisco solo il riflesso della Morte
e della Vita in ognuno di noi.» (cit.)

Questo mio vecchio pensiero riflette come per


incanto, l’atto stesso della Creazione Primordiale,
perché se andiamo a ben vedere, secondo il Mito
Antico, all’inizio di tutto, “Il Grande Morto” enunciò
un Primo Creatore a cui affidò l’incarico di creare
un Mondo di suoni e di luce, dove agiva senza en-
trare in contatto con oggetti materiali e, per dare o-
rigine alla sostanza, si specchiò associandosi ad
un Secondo Creatore, e che poi divenne successi-
vamente il “Signore della Materia”.
Secondo le correnti filosofiche occidentali, e di
molte culture vicine ed affini, all’inizio di ogni cosa
c’era solo “Il Grande Morto” (la Coscienza), colui
che le maggiori correnti spirituali, filosofiche e reli-
giose, hanno identificato a più riprese con termini
quali l’Uno, il Tutto, Dio (quest’ultimo da non con-
fondere con la figura omonima delle Religioni).
190

Questa “Coscienza” per comprendere sé stessa,


gettò i germi della Creazione, intuendo che solo at-
traverso l’esperienza diretta sarebbe riuscita a dare
vita ad un processo infinito di rigenerazione. L’Uno,
(il Tao), si scisse e si specchiò in sé stesso dando
forma alla Dualità, ovvero a due manifestazioni uni-
che ed indipendenti dalla sua essenza originaria e
che, iniziando ad esplorare il Vuoto, via via che fa-
cevano esperienza, trasformandosi in Spazio, ac-
quisirono una vera e propria personalità e funziona-
lità.

«Il Tao è il Vuoto e non potrà mai essere pieno.


È un abisso senza fondo, e sembra essere l'ante-
nato di tutte le Creature.» (Lao Tsu, Tao Te Ching)

Entrambi i Creatori, arrivati a comprendere l’o-


rigine della loro Essenza, cercarono, poi, diversifi-
candosi nei modi e nelle azioni, di emulare l’Uno
dal quale si erano generati, e il passo successivo
in questo processo fu quello di riprodurre la loro
stessa creazione, divenendo a loro volta dei novelli
Demiurghi. Tale assioma è magistralmente spiega-
to nella Filosofia Induista, attraverso il Concetto di
Lila e che in sanscrito significa Gioco, che identifi-
ca la Natura dell’intera realtà, che reputiamo esse-
re oggettivamente tale, come il fine prodotto di uno
straordinario Gioco Divino e Cosmico; in altre paro-
le, quello che possiamo vedere, sentire o percepire,
191

è solo il frutto di questo grande Gioco Cosmico di


Brahman, essenza di tutto ciò che esiste.

«C'era qualcosa di caoticamente completo, per-


fetto, prima che il Cielo e la Terra nascessero.»
(Lao Tsu, Tao Te Ching)

La mitologia induista continua ancora oggi a de-


scriverci che la Creazione del Mondo avvenne per
mezzo del sacrificio del suo stesso ideatore, in que-
sto caso inteso con il significato di “rendere sacro”,
il quale dette vita al Mondo attraverso Sé stesso,
divenendo Essenza di tutte le cose e dove l’Univer-
so è la stessa sua forma “Fisica”, nella quale si os-
serva al fine di sperimentare ogni punto di vista,
comprese tutte le infinite possibilità racchiuse al
suo interno. «Silenzioso, senza forma esiste auto-
nomamente ed è immutabile, e pervade ogni cosa
senza esaurirsi. Non ne conosco il nome, ma la
considero la “Via” e può essere considerata la “Ma-
dre dell'Universo”. Sforzandomi di classificarla, la
definisco “Grande”.» (Lao Tsu, Tao Te Ching)

Questa Essenza Primordiale riscopre Sé stessa


attraverso l’Uomo, essendo l’Uomo oltre il Gioco
Cosmico. Si trasforma nel Mondo ed alla fine del
Ciclo si distrugge privandosi della sua Forma, per
ritornare ad essere nuovamente pura Essenza Cre-
atrice.
192

«Essere “Grande” significa “oltrepassare”. “Ol-


trepassare” significa “andare lontano”. “Andare lon-
tano” significa “ritornare”.» (Lao Tsu, Tao Te Ching)

E per fare in modo che questo grandioso proget-


to si concretizzasse, assumendo sostanza, fu ne-
cessario per l’Unità (poi Trinità), munirsi di una For-
ma fisica nella Materia (l’Universo), in modo da po-
ter contenere questa Energia (Animico/Spirituale),
o di poterla ospitare (l’Uomo) e farvi così esperien-
za diretta, o di Sé stessa (Tu/Lui sei/è Quello): «Il
Tao è grande, il Cielo è grande, la Terra è grande
ed anche l'Essere Umano è grande. Nell'Universo
vi sono quattro grandezze e l'Uomo è una di esse.»
(Lao Tsu, Tao Te Ching)

Nella cosmogonia ebraica, in special modo nelle


varie correnti più mistiche ed esoteriche, si parla
sovente del principio pre-incarnato denominato Ein
Sof (En Sof o Ayn Sof) nel quale l’Assoluto viene
concepito come prima della sua auto-manifestazio-
ne con i termini: “l’Uno Infinito”, il “Senza Fine”, il
“Nulla Infinito”, “l’Interminabile” o semplicemente
“l’Infinito”. Presente anche nello Zohar, tradotto let-
teralmente dall’ebraico in italiano come “Nulla Infi-
nito”, si riferisce all’immensa grandezza divina om-
nicomprensiva del Tutto, specie un momento prima
che il Mondo fosse, ora e per sempre, esistente.
193

«Prima che Egli desse qualsiasi forma al Mondo,


prima che Egli producesse qualsiasi forma, Egli era
solo, senza forma e senza somiglianza a nessuna
altra cosa.» (Zohar) Così come: «L'Uomo si con-
forma alla Terra, la Terra segue la Via del Cielo, il
Cielo ha per modello il Tao, il Tao si identifica con
Sé stesso.» (Lao Tsu, Tao Te Ching)

Nel corso delle lunghe Ere universali (Eoni), tut-


te le innumerevoli forme e/o Creature apparse, in
quanto sue manifestazioni, si atteggiarono a veri e
propri Demiurghi, successivi artefici e padri putativi
di quell’Universo di cui si riconobbero come Figli
ma anche Creatori, in qualità di veri e propri inven-
tori con il compito di “ricreare”, ovvero, manipolare,
ordinare, imitare, plasmare, trasformare e formare
tutta la Materia e la Vita in esso contenuto, ma tali
ruoli li spinsero talmente oltre nel creare quel diva-
rio dualistico fittizio, da cadere sempre di più in un
circolo vizioso e che ben presto divenne senza sen-
so e senza fine (la Caduta degli Dèi).
E fu una di queste innumerevoli Creature, che
dopo aver preso coscienza della sua Forma, mute-
vole e mutante, la usò come un Carro (il Grande
Carro o Orsa Maggiore di mormonica e massonica
memoria) per discendere negli abissi della Materia,
ed Egli volle poi essere chiamato con la sua più ul-
tima e alta manifestazione, il nome sacro che nes-
suno può pronunciare (o YHWH).
194

Ed è nel lungo incedere delle immense Ere Co-


smiche che iniziò a mostrarsi come il Creatore del
Tempo (o della Matrix illusoria), in qualità di Vasaio,
Falegname, Scultore, Fabbro (Demiurgo), il quale
dopo aver forgiato i Corpi Fisici, comunicò loro la
Vita mediante un Grido, un’espirazione sonora, la
saliva, lo sperma, tutti mezzi che permisero all’Idea
del Suono di esserne così la sua forza.
Tutte queste azioni divennero un tratto tipico an-
che delle sue dirette creature, perché come ci inse-
gnano le cosmogonie vediche, indù, persiane, etc.,
già nei tempi mitici, Dèi e Demoni, conoscendo la
potenza di questo Sacrificio Sonoro, si accanirono
come duellanti per il possesso dell’Energia Crea-
trice (o Monadica), non esitando spesso a farne an-
che un uso cattivo.
Un potere sfuggente e sfuggevole e che per in-
canalarlo necessitarono di una sempre più massic-
cia materializzazione di quel Mondo Acustico, alla
quale si aggiunsero ulteriori Dèi, aspiranti Demiur-
ghi, Spiriti Decaduti, i quali per raggiungere i loro o-
biettivi, fecero un ampio e smodato uso di un altret-
tanto potente fonte di energia: la Violenza.
Per certo la Violenza, e di conseguenza il Male,
non nascono come princìpi assoluti, quanto in seno
all’Ignoranza e alla smania spasmodica di ottenere
il Potere. La non-conoscenza e la poca coscienza
spingono il soggetto a compiere atti di inaudita vio-
lenza contro tutto ciò che non comprende, e consi-
195

dera diverso da sé stesso, a cui si aggiunge anche


una fame mai sazia di acquisire un continuo e cre-
scente dominio sulla libertà altrui, che porta a repri-
mere ogni forma di ribellione all’interno di un pre-
ciso ordine formale, manipolando i propri sottoposti;
atteggiamento, tra l’altro, riscontrabile anche in tut-
te le nostre dittature umane che si sono presentate
nel corso della Storia.
Sono questi gli strumenti che tali Demiurghi fe-
cero propri quando decisero di utilizzare sistemati-
camente la Violenza, come arma per plasmare l’In-
conoscibile e manipolare la Materia, un atteggia-
mento che si ripercuoterà in tutto l’Universo, com-
preso il nostro Sistema Solare, esasperando così
un principio dualistico che al contrario, condurrà
l’altra parte speculare a perseguire un modello di
Non-Violenza nei confronti della Natura, per mezzo
di un principio spirituale unico e rivoluzionario: la
Trascendenza.
La Trascendenza, in Filosofia, è quella proprietà
o qualità che va al di là, o oltre un determinato am-
bito (l’Illimitato), ed in questo senso è l’opposto (e
Duale) dell’Immanenza, che indica invece ciò che
si risolve o permane dentro un determinato conte-
sto (il Limite). Il paradosso che viene così a formar-
si è che, se la Non-Violenza (il Bene) è vista erro-
neamente come un limite nei confronti dell’espe-
rienza fisica e materiale, la Violenza (il Male), ne e-
196

salta invece ogni aspetto, ricercando in essa quella


perdizione ritenuta addirittura liberatoria.
Caso emblematico è quello della figura del giu-
daico-cristiano Satana, il Diavolo tentatore alla pe-
renne ricerca, tramite l’Uomo, dei vari piaceri fisici
e carnali, facendo credere, inoltre, all’ignara vittima
che solo attraverso di essi potrà raggiungere la co-
noscenza e la libertà.
Tale concetto, comunque, affonda le sue radici
nell’Illusione (l’antica Maya o la moderna Matrix) in
quanto la vera liberazione non la si può raggiunge-
re senza trascendere i limiti della Materia, e del Si-
stema che la rende funzionale mediante l’esperien-
za fisica, ma nell’immateriale essenza astratta (per-
sino oltre a quella spirituale e animica) che permea
l’intera creazione (il Sé), e che trova nella corporei-
tà un mezzo per fare esperienza diretta dell’Univer-
so (l’Uomo).
Il Fabbro, così, continua a battere il ferro incan-
descente modellandone la Forma, come faceva an-
che il Fabbro Celeste riconosciuto nello sciamane-
simo asiatico, erede del Divino e del Cosmo, l’Efe-
sto dell’Antica Grecia, costruttore delle dimore stel-
late degli Dèi e che forgiò capolavori d’arte, il Manu
indù o lo Yaldabaoth gnostico, numi tutelari e ispi-
ratori di Codici e Leggi, creatori materiali di questo
Mondo e dei successivi Arconti, ibridi di fattura “A-
liena”, generati oltre la linearità intrinseca di Madre
Natura.
197

L’Ordine Superiore

Adamo significa Umanità, Uomo, Uomo Terreno,


Terroso, o della Terra Rossa, ed è il nome del Pri-
mo Uomo sia per l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’I-
slam. Negli scritti religiosi della Kabbalah (Cabala),
Adam Kadmon o Qadmon, significa "Uomo Primor-
diale": "Ha-Rishon" (il Primo), "Ha-Kadmoni" (l'Ori-
ginale). L'Adam Qadmon, quindi, è una figura della
sapienza mistica ebraica ed è associata ai diversi
passaggi della Creazione, al suo svolgersi, ed al si-
gnificato dell'origine di essa.
Secondo l’esegesi della mistica ebraica, l’Uomo,
in quanto ultima Creatura apparsa è la più perfetta
e completa del Cosmo e, come tale, racchiude on-
tologicamente gli elementi spirituali e materiali di
tutte le precedenti Creature; per la propria comple-
tezza, è inoltre la Forma più fedele alla totalità della
Sapienza Divina. L’Uomo è l’essenza della Totalità,
espressione del Mondo Superiore e del Mondo In-
feriore, ed è così possibile conoscere ogni aspetto
della realtà prestando attenzione anche unicamen-
te ad esso, l’Adam Qadmon, sotto questa ottica, è
198

quindi l’archetipo della creativa totalità e specchio


stesso dell’Universo.
Affine e attinente a questo principio è quello del-
le Sephirot spiegate nella Cabala, dove l’Adam Qa-
dmon corrisponde energeticamente all’Albero della
Vita, rappresentando la manifestazione del Divino
sul piano dimensionale umano (Assiah). Le Dieci
Sephirot di cui è formato l’Albero, corrispondono a
parti del suo Corpo, così come l’Albero è la rappre-
sentazione dell’Universo, dove la prima Sephirah
che cinge la testa dell’Uomo Cosmico, e che in e-
braico si chiama Kether (Corona), corrisponde ca-
balisticamente all’Arcangelo Metatron33.

33
Metatron è un importante Angelo presente nel Giu-
daismo Rabbinico, nella Qabbalah e nel Cristianesimo
Copto. Secondo il Libro di Enoch ebraico e l'Enoch slavo
o Apocalisse di Enoch, Metatron in origine non era un
Angelo, ma divenne tale a partire dall'assunzione in Cie-
lo del patriarca Enoch, in continuazione a quanto scritto
in Genesi 5,24 "Enoch camminò con Dio, poi scomparve,
perché Dio lo prese". Non ci sono invece riferimenti di-
retti ad un Angelo di nome Metatron nel Tanakh e nelle
scritture canoniche dal Cristianesimo Occidentale (Anti-
co Testamento e Nuovo Testamento), anche se la lette-
ratura che lo menziona rintraccia nella sua figura l'Ange-
lo personale del Signore, soprattutto nel punto in cui in
Esodo 23,20-23, si legge che il nome di JHWH è in lui;
viene chiamato infatti anche "JHWH minore" o Jahoel. A
199

Le descrizioni contenute in questi antichi testi,


circa l’originario aspetto dell’Uomo, sono alquanto
singolari, ad esempio nel Bereshit Rabbah, la rac-
colta dei Midrashim del primo libro della Bibbia, la
Genesi, riporta che in principio Adamo era ornato
con una sorta di coda che poi perse, così come pri-
ma del peccato originale, Adamo ed Eva presenta-
vano sulla superficie del loro Corpo una sostanza
celeste madreperlacea, metaforicamente simile al-
la materia dell'unghia, come è riportato in alcuni te-
sti, e che aveva raggi di luce proiettati dai suoi oc-
chi.

lui è associato il Cubo di Metatron, il Frutto della Vita (o


una componente del Fiore della Vita) che presenta tredi-
ci cerchi. Se ogni centro dei vari cerchi è considerato un
"nodo", ed ogni nodo è connesso ad ognuno degli altri
con una linea unica, si crea un totale di settantotto linee.
All'interno di questo Cubo possono essere trovate molte
altre forme, inclusa la versione bidimensionale (appiatti-
ta) di quattro dei solidi platonici. Nei primi scritti cabalisti-
ci è scritto che Metatron diede forma al Cubo a partire
dalla sua stessa Anima. Il Cubo di Metatron è anche con-
siderato un glifo santo, e c'è chi dice che può essere di-
segnato intorno ad un oggetto o persona in preda a pre-
sunte possessioni per ottenerne la guarigione. L'idea è
anche presente in Alchimia, dove il Cubo di Metatron vie-
ne indicato come un cerchio di contenimento o di crea-
zione.
200

Sempre lo stesso testo, riporta l’età di Adamo


ed Eva al momento della loro creazione, in ben 20
anni, e come i successivi Noè, Mosè, Giacobbe e
Giuseppe, anche Adamo venne creato circonciso,
ma la sua statura era così elevata che poteva arri-
vare sino al Cielo, dove egli poteva scorgere da u-
na parte all'altra del Mondo, grazie alla Luce Cele-
ste creata da Dio.
Infatti, l'Uomo Primordiale, secondo la concezio-
ne di alcuni gnostici ebrei, era di dimensioni enormi,
vale a dire 96 miglia di altezza per 94 miglia in lar-
ghezza (di forma quasi cubica!), inoltre, originaria-
mente androgino, si separò nei due sessi, dove la
parte maschile divenne il Messia, e la parte femmi-
nile quella dello Spirito Santo.
Queste stranezze proseguono, in quanto nello
Zohar è riportato che Adamo venne creato con la
polvere del luogo del Tempio di Gerusalemme, me-
scolata con quella di tutti i luoghi della Terra, a cui
Dio mischiò i Quattro Venti con i Quattro Elementi
e diede vita ad un’opera meravigliosa, l’Umanità.
Adamo, inoltre, possedeva anche un elemento
spirituale celeste, l’Anima ricavata dal Tempio Ce-
leste di Gerusalemme del Mondo Superiore, così
anche nella sua stessa formazione, l’Uomo attuale
possiede elementi del Mondo dell’Alto e del Basso.
Sempre secondo l’esegesi ebraica, si sostiene
che Adamo fosse in grado di vedere in visione divi-
201

na tutti gli Zaddiqim34 della storia, come contempla-


re tutte le anime delle generazioni coeve e succes-
sive, compresi i Re ed i Saggi del popolo ebraico,
così come nello Zohar è spiegato che dopo la mor-
te, l’Anima di ognuno di essi incontra lo stesso A-
damo. La Qabbalah si spinge ancora più oltre, in
quanto sostiene che egli racchiudeva le anime de-
gli uomini in sé, riferendosi a lui come l’Anima Pri-
mordiale che poteva contenerle tutte quante, ma fa
anche notare come dopo il peccato commesso da
Adamo, le anime degli Zaddiqim, staccandosi da lui,
ascesero in Alto autonomamente.

Cinque millenni hanno scavato un così tale abis-


so, tra noi uomini moderni ed i fondatori antichi del-
la nostra Civiltà, che tutte le conoscenze raggiunte
non sono state in grado di colmare quel mistero in-
conoscibile denominato Universo. L’antico egizia-
no viveva come ipnotizzato, quasi affascinato dal
mistero della morte, e il Cosmo, per lui, era come
un immenso sarcofago dove al centro si trovava O-
siride, l’Uomo Cosmico decaduto, imprigionato, pa-
ralizzato, sottoposto alle Forze incessanti del Male.
Identificato attraverso le varie culture della Terra,
come il Primo Uomo per gli gnostici, l’Adam Kad-
mon della Qabbala ebraica, lo Ymir dei miti nordici

34
I giusti, ravvisabili in un personaggio biblico, un
maestro spirituale o un rabbino.
202

o il Pangu cinese (P’anku), il protagonista della tra-


gedia cosmica iniziale, l’Osiride identificato con la
Costellazione di Orione nel Cielo, incarnò l’essere
Buono da arrivare a sacrificarsi e rendere questo
atto uno dei più misteriosi ed enigmatici della storia.
Essendo la principale e centrale Divinità del pan-
theon egiziano, ed essendo tra l’altro una delle po-
che ad essere “morta”, gli Dèi si manifestarono e-
sclusivamente in funzione di questa tragedia, vene-
rando e glorificandone la sua memoria, piangendo-
lo e vendicandolo. Osiride, attraverso la sua tragica
morte, infettò contagiando schiere di deità mascoli-
ne, maggiori e minori: Ra ed Horus, Ptah ed Amon,
Hapi, Kebhsennuf, etc., divennero come rigidi, con
le braccia incrociate sul petto, nella posa ieratica e
sacrale delle statiche mummie, dove ancora oggi si
ergono a noi, di fronte, nelle sembianze di un Osiri-
de immobilizzato dalla morte.
Gli Dèi scultorei sembravano quasi agonizzare,
morire anch’essi, mentre le Dee vivevano per pian-
gere, lamentarsi in atmosfere lugubri, fantastiche,
irreali, in ambienti di necrobiosi, dove la necrofilia e
l’oscura negromanzia dilagava, nonostante Apopi o
Seth fossero visti come gli unici detentori di un Ma-
le, al quale sembrava quasi impossibile sfuggire se
non scendendovi a patti.
E fu proprio in questo contesto che le Potenze
del Male trionfarono, alcune Dee, Iside e Nepthtys,
Hathor e Neith, cercarono di proteggere il Mondo in
203

lutto, ma Iside, la preminente Dèa, rimase vedova.


Osiride era morto ma esisteva ancora, si era tramu-
tato nel Signore dell’Amenti, il Re del Mondo Infe-
riore, il Giudice Supremo dei Morti, immobile e coa-
gulato, avvinto, stretto nelle sue bianchissime ben-
de di mummia, ma ridotto ad un’ombra priva di con-
sistenza.
Osiride diventò così la Divinità presente ed as-
sente, un ricordo e un simbolo, tanto che per ridar-
gli vita, venne sovente identificato con diversi altri
Dèi: Ra, Tum, Horus, etc. Ma nella singolarità di
questa situazione, mirabilmente descritta nell’anti-
chissimo “Libro dei Morti”, il pantheon egizio fu allo-
ra che si trasformò in una necropoli, dove solamen-
te Thoth e Anubis conservarono interamente la loro
libertà di azione, nel mentre Osiride, l’Uomo Cosmi-
co, rimase il perno dell’Universo; e li avvenne una
singolarità, una rottura, un cambiamento nel para-
digma.
La tragedia della sua morte divenne il simbolo di
un Crollo dell’Ordine Cosmico, dissimulata, ad e-
sempio, nella leggenda tramandataci da Plutarco,
che fa trasparire i contorni di una realtà esoterica
antichissima ed oscura, sulla quale, ogni religione
o mitologia del pianeta ha elevato a fondamento dei
loro dogmi, facendo quasi passare la Caduta di A-
damo come una recente pallida eco. Come non è
strano che a più riprese, sotto una diversa ottica e
chiave di lettura, si riscopra di catastrofi cosmiche
204

di ere lontane, descritte sempre nel Libro dei Morti,


del Crollo di Mondi e della morte di vere e proprie
Divinità, dove anche l’Osiride Terrestre non è che
un riflesso dell’Osiride Cosmico, giacente a terra,
prostrato, inanimato, simbolo della ruina di tutta l’o-
pera della Creazione Divina.
E di quel Corpo cosa avvenne? Semplice, gli al-
tri Dèi ne fecero scempio. Il Mito di Osiride ci ricon-
duce a quello nordico del Mulino, anzi a Snorri, e
che nel suo inganno di Gylfi commenta un verso,
oggetto ancora oggi di molte discussioni. In questo
carme antico si racconta la fine del gigante primor-
diale Ymir, dal cui Corpo smembrato venne creato
il Mondo. Snorri racconta che il sangue di Ymir cau-
sò un diluvio colossale che annegò tutti i Giganti ad
eccezione di Bergelmir, il quale assieme a sua mo-
glie: “salì sul suo Mulino e vi rimase, da qui discen-
de la Stirpe dei Giganti.”
Si racconta inoltre che: “innumerevoli età prima
che venisse plasmata la Terra, nacque Bergelmir.
Fu steso su un mulino o sotto una Macina e le sue
membra furono macinate.” Vi sono anche altri miti,
forse ancora più agghiaccianti e macabri che rac-
contano il Mito della Creazione Umana, perché al-
cuni di essi ci suggeriscono che il Mulino su cui era
stato “issato” Bergelmir fosse un elemento mitologi-
co; li ritroviamo persino in Messico, nell’osso-gioiel-
lo o “Osso Sacrificale” che Xolotl o Quetzalcoatl, si
205

procurò negli “Inferi” e portò a Tamoanchan (la co-


siddetta “Casa della Discesa”).
Qui, la dèa Ciuacoatl o Quilaztli macinò poi nella
mola l’osso prezioso, e la sostanza macinata venne
posta nella Coppa dei Gioielli, poi, alcuni Dèi si pro-
curarono delle lesioni e fecero fluire sulla “Farina” il
Sangue del loro Pene: da questa mistura venne co-
sì forgiata l’Umanità!
In questo contesto si inserisce anche la figura di
Kaleva, un personaggio misterioso che brilla per la
sua assenza, pur restando la presenza eponima di
tutto il poema a lui attribuito. Già identificato come
“Gigante”, in alcune versioni finlandesi dell’Antico
Testamento, i giganteschi Raphaim ed Enakikm fu-
rono definiti “Figli di Kaleva”, ma si ravvisa nel suo
nome anche la professione di “Fabbro”, tanto pri-
mordiale quanto lo era stato Ilmarinen35.

35
Nella mitologia finlandese Ilmarinen è un Dio Im-
mortale e, come Entità gemella è l'altra metà di Jumala.
Conosciuto come Ilmaris nella mitologia estone, è una
Divinità che viene citata in entrambi i poemi epici nazio-
nali. Nel Kalevala (l'opera finlandese), è uno dei protago-
nisti assieme a Väinämöinen e Lemminkäinen, dove vie-
ne descritto come un abile Fabbro e che forgia il mitico
Sampo, un oggetto che risulta centrale nelle vicende del-
la saga. Nella mitologia finnica, il Sampo è un oggetto
magico capace di produrre ricchezza e gioia per chiun-
que lo possieda. Jumala, invece, in origine per i finlande-
si significava "Cielo" ed era usato per indicare lo stesso
206

Nell’incantesimo che descrive l’origine del ferro,


si trova un curioso versetto: “Povero Ferro, uomo
di Kaleva, a quel tempo non eri né grande né pic-
colo.” Ma la singolarità si riscontra spostandoci di
qualche centinaio di chilometri più ad est, verso il
territorio russo, perché è proprio nei testi antichi
russi che la forma completa del suo nome diventa
Samson Kolyvanovic, proprio come in quelli finlan-
desi il nome dell’eroe è Kullervo Kalevanpoika, fa-

Dio del Cielo ed il Dio Supremo; dopo la cristianizzazione


la medesima parola è rimasta quella con cui si indica Dio.
L'origine della parola è sconosciuta ed alcune spiegazio-
ni plausibili fanno pensare che derivi da Jomali (la Divi-
nità Suprema dei Permiani) e che abbia origine dalla pa-
rola estone jume. Secondo un'altra interpretazione Ju-
mala corrisponde al nome di uno delle due Divinità del
Cielo (l'altro è Ilmarinen) in quanto John Martin Crawford
nella prefazione alla sua traduzione del Kalevala sostie-
ne: «Le Divinità finlandesi, come gli antichi Dèi dell'Italia,
della Grecia, dell'Egitto, dell'India Vedica o di qualsiasi
cosmogonia antica, sono generalmente rappresentati in
coppie, e tutti gli Dèi sono probabilmente matrimoniali.
Hanno i loro abiti individuali e sono circondati dalle ri-
spettive famiglie, poiché in origine i cieli stessi si pensa-
vano divini. Poi si pensò ad una Divinità personale dei
cieli ed accoppiata al nome della sua dimora e questa di-
venne la successiva concezione. In fine, è stato scelto
questo dio celeste per rappresentare il Sovrano Supre-
mo, ed al Cielo, al Dio Cielo e Dio Supremo, è stato dato
il termine Jumala (inteso come "tuono" e "casa").»
207

cendo emergere qui un personaggio che attraversa


tutta la tradizione pagana e giudaico-cristiana, co-
me un filo conduttore quasi invisibile: Sansone. Il
suo nome, “Uomo del Campo”, oppure “Generato
dalla Terra”, dimostra che si trattava di una Divinità
Agreste forse traducibile nel greco Triptolemos, o
nell’etrusco Arante Veltimmo, anche se non è più
possibile stabilire quale fosse il suo ruolo sin dalla
sua prima apparizione sulle scene mitologiche.
Un semplice poema e la tradizione del Mulino,
dell’Oggetto, comincia quindi ad espandersi oltre i
limiti della nostra umana comprensione, facendoci
intuire quanto i miti antichi si erano già spinti ben
oltre i nostri meri confini terreni. E quando Licofrone,
sommo mitologo greco (IV a.C), arrivò a parlare di
“Zeus il Mugnaio”, tutto sembra compiersi, tanto
che quella professione, di “mugnaio”, data anche al
condottiero dei Giganti (o Titani) nella cruenta Bat-
taglia contro gli Dèi, ci permette di comprendere
quanto la contesa di questo Corpo dell’Uomo Co-
smico, o primordiale, fosse così importante quanto
il controllo del Mulino del Cielo e del Tempo…

Se andiamo a ben vedere, le diverse concezioni


filosofiche riguardanti l’Uomo Primordiale sono, a
dispetto delle loro differenze, intimamente connes-
se, essendo un composto, quasi una mistura, della
più esoterica mitologia presente nel Mondo. Il pri-
mo ad utilizzare l’espressione “Uomo Originale” o
208

“Uomo Celeste” fu Filone36, identificando degli Es-


seri nati ad immagine di Dio, attraverso una sostan-
za incorruttibile: mentre l’Uomo Terrestre è fatto di
materiale grezzo o di argilla, l’Uomo Celeste, come
l’immagine perfetta del Logos, non è né uomo e né
donna, ma un’intelligenza incorporea, pura, al con-
trario dell’Uomo Terrestre percepibile ai sensi e co-
sì partecipe della vita terrena.
Filone riuscì a combinare la filosofia neoplatoni-
ca e la Midrash in un modo unico, innovativo per
l’epoca, perché partendo dal racconto biblico di A-
damo, formato ad immagine di Dio (Genesi 1:27),
e del Primo Uomo, il cui Corpo il Signore creò dalla
Terra (Genesi 2:7), egli unì la dottrina platonica
delle Idee, prendendo il primordiale Adamo come
un’idea originaria dal quale partire nella sua disa-
mina. Nel Midrash, per l’appunto, la contraddizione
più evidente è tra i due passaggi sopracitati della
Genesi, a cui si aggiunge anche la creazione di Eva,

36
Filone di Alessandria, noto anche come Filone l'E-
breo (Alessandria d'Egitto, 20 a.C. circa - 45 d.C. circa),
è stato un filosofo greco antico di cultura ebraica vissuto
in epoca ellenistica. Egli fu forse il primo grande com-
mentatore dei testi biblici, da lui conosciuti nella traduzio-
ne in lingua greca, in quanto profondo conoscitore del-
l'Antico Testamento. La sua originalità consiste nell'aver
interpretato la Bibbia secondo la filosofia platonica. Egli
vede nella teoria del Demiurgo (esposta da Platone nel
Timeo), il Dio Creatore ebraico.
209

in quanto alcune correnti sostenevano che Adamo


fosse stato creato come un essere androgino, in
quanto incarnante le due polarità, sia maschile sia
femminile, invece di Uomo e Donna, forma che as-
sunsero in seguito a separazione dei sessi avvenu-
ta, come successiva operazione effettuata sul Cor-
po di Adamo; la singolarità di tutte queste riflessioni,
è data comunque dalla loro meticolosa spiegazione
dei vari processi avvenuti durante la creazione del-
l’Uomo, a dimostrare una quasi morbosa necessità,
specie per l’epoca, di carpire i processi trasformati-
vi attuati da Dio, o chi per lui, in questa fase iniziale
della nostra Umanità.
Ma nello Zohar, strettamente legata alla dottrina
di Filone sull’Adamo Celeste, vi è anche la figura
già nota dell’Adam Kadmon (chiamato anche l’Uo-
mo Alto o Uomo Celeste), la cui concezione origi-
naria corrisponde esattamente all’essere “Uomo” e,
in quanto tale, incarnazione di tutte le manifestazio-
ni divine successive; qui si inseriscono anche i Die-
ci Sephirot, tramiti della co-creazione tra l’Adamo
Celeste e quello Terrestre.

Nel Cristianesimo fu san Paolo a porre un’inter-


pretazione alla dottrina del Primo e del Secondo
Uomo, in un passaggio che si trova in Corinzi 15:45
-50: «45 Così anche sta scritto: il Primo Uomo, A-
damo, fu fatto anima vivente; l’ultimo Adamo è spi-
rito vivificante. 46 Però, ciò che è spirituale non vie-
210

ne prima; ma prima, ciò che è naturale; poi vien ciò


che è spirituale. 47 Il Primo Uomo, tratto dalla terra,
è terreno; il Secondo Uomo è dal cielo. 48 Quale è
il terreno, tali sono anche i terreni; e quale è il cele-
ste, tali saranno anche i celesti. 49 E come abbia-
mo portato l’immagine del terreno, così porteremo
anche l’immagine del celeste. 50 Or questo dico,
fratelli, che carne e sangue non possono eredare il
regno di Dio né la corruzione può eredare la incor-
ruttibilità.»
È interessante che ne parli persino san Paolo, il
padre fondatore della Chiesa Occidentale, non tro-
vate? In base a questo concetto vi è in sostanza u-
na duplice forma di esistenza umana, perché Dio
ha creato un Adamo Celeste nel Mondo Spirituale
ed uno di Argilla (Terrestre) per il Mondo Materiale.
Quello terrestre venne poi contemplato maggior-
mente, data la sua concretezza, in quanto di carne
e sangue, nonché soggetto a morire (Anima Viven-
te), mentre l’Adamo Celeste era considerato “uno
Spirito datore di Vita”, uno Spirito il cui Corpo, come
gli Essere Celesti in generale, era Etereo.
Paolo osserva la Midrash e nota che, da un lato,
il Primo Adamo, l’Uomo Originario esistente già pri-
ma della Creazione, aveva già uno Spirito presente,
dall’altra, il Secondo Adamo, fu una semplice con-
seguenza fisica della creazione umana, un po’ co-
me l’Idea che viene realizzata grazie ad una stam-
pante 3D, un’idea immateriale che prende forma tri-
211

dimensionale e viene Anima(ta) per fare esperien-


za diretta della creazione stessa.

Nello Gnosticismo, l’Uomo Primordiale (Protan-


thropos, Adamo), secondo Ireneo37, Aeon Autoge-
nes creò l’Anthropos vero e perfetto, chiamato an-
che Adamas, un compagno che riceveva una forza
irresistibile, e in modo che tutto dimorasse in lui, il
Padre di tutte le Cose che era invocato come il Pri-
mo Uomo, e che con la sua Ennoia emise "il Figlio
dell'Uomo", o l’Euteranthrôpos. Secondo Valenti-
no38, invece, Adamo era stato creato in nome del-
l’Anthropos e metteva in soggezione persino i De-
moni a lui ostili, da lì la loro invidia nei confronti del-
l’Umanità e il tentativo di manipolarla. Nella coeva
Pistis Sophia con il nome di Jeu Aeon, era identifi-
cato il Primo Uomo, in veste di sorvegliante e mes-
saggero della Luce, e che andava a costituire le for-

37
Ireneo (greco, Εἰρηναῖος, Eirēnáios, «pacifico»; la-
tino: Irenaeus; Smirne, 130 - Lione, 202) è stato un ve-
scovo e teologo romano, sia per la Chiesa Cattolica che
per quella Ortodossa, venerato come santo e considera-
to uno dei Padri della Chiesa; fu uno dei più accesi con-
futatori delle dottrine eretiche.
38
Valentino (Floruit 135-165; Phrebonis, ? - ?) è stato
un teologo, filosofo e predicatore egiziano di lingua gre-
ca e di scuola cristiano-gnostica; i suoi seguaci vengono
detti Valentiniani.
212

ze del Heimarmene. Nei Libri di Jeu, questo “Gran-


de Uomo” era il Re della Luce, il trono sopra tutte
le cose e che conteneva in sé la metà di tutte le A-
nime, l’Anthropos gnostico, quindi, o Adamas, co-
me a volte chiamato, elemento cosmogonico, Men-
te pura distinta dalla Materia, Mente concepita co-
me proveniente da Dio e non ancora oscurata dal
contatto con la Materia stessa. Una Mente che vie-
ne considerata come la ragione dell’Umanità, un’I-
dea personificata, una categoria senza corporeità
o ragione umana concepita come Anima del Mondo.
Nel Manicheismo, una parte di questi insegna-
menti gnostici venne ricombinata con l’antica mito-
logia babilonese, e grazie all’interpretazione di Ma-
ni la concezione dell’Uomo Primigenio acquisì nuo-
va linfa. Secondo Mani, infatti, l’Uomo Primordiale
è il Padre della Razza Umana, una Creatura del Re
di Luce (il Cielo), dotato di tutti e Cinque gli Elemen-
ti, così come l’Adamo (l’Uomo Terrestre) deve la
sua esistenza proprio al Regno delle Tenebre (la
Materia).
La dottrina gnostica dell’identità di Adamo appa-
re in Mani nel suo insegnamento del “Cristo Reden-
tore”, dove sostiene che abbia la sua dimora nel
Sole e nella Luna, qui inoltre, appare anche la Teo-
ria secondo cui Adamo è stato il primo di una serie
di Sette Profeti apparsi sulla Terra: Adamo, Seth,
Noè, Abramo, Zoroastro, Buddha e Gesù.
213

Tolto da un contesto abramitico, questo Uomo


Primordiale, o Cosmico, era visto come una figura
archetipica che fece la sua comparsa nei miti della
Creazione di una grande varietà di culture coeve,
dove generalmente era descritto come un donatore
di vita in tutte le cose, base fisica del Mondo, tanto
che dopo la morte, pezzi del suo Corpo divennero
parti fisiche dello stesso Universo. Non è nel Sukta
Purusha del Rigveda, che Purusha39 (il gigantesco

39
Puruṣa è un termine della lingua sanscrita dal si-
gnificato di "essere umano" o anche "maschio". Nella let-
teratura sacra dell'Induismo il termine è stato utilizzato in
tre principali accezioni: "Uomo Cosmico", l'essere pri-
mordiale increato che, secondo i Veda, fu sacrificato per
dare origine al Mondo Manifesto; "Spirito", uno dei princì-
pi eterni della realtà, secondo la visione del Sāṃkhya;
"Essere Supremo", usato in associazione coi termini pa-
ra, parama o anche uttama come appellativo di alcune
Divinità nelle correnti devozionali, soprattutto le krishnai-
te. Puruṣa è descritto così vasto da coprire lo Spazio e il
Tempo, ma di questo Essere immenso, e che può essere
visto come la personificazione della realtà ancora imma-
nifesta, è visibile soltanto un quarto, e da questo quarto
ebbe origine innanzitutto il principio femminile (virāj), e
quindi l'Umanità. Puruṣa venne poi steso per terra dai
Deva e offerto in sacrificio secondo il rito, affinché aves-
sero origine il Mondo, gli animali, le caste, altri Dèi, e i
Veda stessi rivelano: «Da questo sacrificio, compiuto fi-
214

Uomo Cosmico della mitologia induista) venne sa-


crificato dal Deva fin dalla fondazione del Mondo, e
dove “la sua Mente è il Cielo, i suoi occhi sono il
Sole e la Luna, e il suo respiro è il Vento”, descritto
come avente mille teste e mille piedi? E non è nella
leggenda cinese che il già sopramenzionato Pangu,
si pensa abbia formato le caratteristiche naturali
della Terra (come il norreno Ymir), e che quando
morì alcune parti del suo Corpo divennero i Sacri
Monti della Cina? E non è nell’equivalente persiano
Gayomart, che si riscontra quella forza generatrice,
specie della prima Coppia Umana, una volta che ri-
lasciò il suo seme? Del resto, in alcune leggende
ebraiche, non si racconta che Adamo venne creato
dalla polvere dei quattro angoli della Terra e, quan-
do si chinò la sua testa si trovava ad Oriente come
i suoi piedi ad Occidente, o che poteva contenere
l’Anima di chiunque sarebbe mai nato?

no in fondo, / si raccolse latte cagliato misto a burro. / Da


qui vennero le creature dell'aria, / gli animali della foresta
e quelli del villaggio. // Da questo sacrificio, compiuto fino
in fondo, / nacquero gli inni e le melodie; / da questo nac-
quero i diversi metri; / da questo nacquero le formule sa-
crificali.» (Ṛgveda X, 90, 8-9; citato in Raimon Panikkar,
Op. cit., 2001, p.101) Puruṣa, però, sacrifica solo una
parte di sé per dare origine all'Umanità, e all'Universo,
mentre per gli altri tre quarti resta «in alto», trascendente,
privo del suo quarto immanente.
215

In Principio era l’Androgino

Il Mito di Aristofane, conosciuto anche come il


Mito dell’Androgino, è presente nel celebre dialogo
platonico “Simposio”, il quale si propone di trattare
l’immortale tema dell’Amore. Dopo l’esposizione di
Fedro, Pausania ed Erissimaco, alla fine prende la
parola Aristofane, il famoso poeta e comico, e che
mediante il Mito veicola la sua opinione sull’Eros.
Egli sosteneva che tempo addietro non esistevano
soltanto due sessi (il Maschile e il Femminile), ma
bensì tre, tra cui oltre a quelli già citati, il Sesso An-
drogino, proprio di Esseri che incarnavano entram-
be le polarità.
A quel tempo tutti gli Esseri Umani avevano due
teste, quattro braccia, mani e gambe, due organi
sessuali ed erano tondi, ma per via della loro poten-
za, gli Umani erano diventati superbi, e tentarono
così la scalata dell’Olimpo per spodestare gli Dèi,
Zeus, però, che non poteva accettare un simile af-
fronto, decise di intervenire a colpi di saetta e rimet-
tere ordine.

«Finalmente Zeus ebbe un'idea e disse: "Credo


di aver trovato un modo perché gli uomini possano
216

continuare ad esistere rinunciando però, una volta


diventati più deboli, alle loro insolenze. Adesso li ta-
glierò in due uno per uno, e così si indeboliranno e,
nel contempo, raddoppiando il loro numero, diven-
teranno più utili a noi.» (Platone, Simposio, 190c-d,
trad. it. Franco Ferrari)

Nei suoi Dialoghi, come ad esempio il “Convivio”


(189-193 ca.), il grandissimo filosofo greco asseri-
sce che il risanamento dell’Umanità consisterebbe
nel ritorno a quello stato precedente la caduta, per
mezzo dell’Eros sublimato. Secondo Platone, sa-
rebbe, quindi, esistita una razza primordiale “la cui
essenza è ormai estinta”, una razza di esseri dotati
di ben due princìpi, maschile e femminile, ed essi
erano così straordinari, per ardire e forza, che nutri-
vano nel cuore l’aspirazione ad accusare ed attac-
care persino le Divinità Olimpiche.
Analoga ribellione riguardò anche i Titani e i Gi-
ganti, i quali arrivarono a sfidare gli Dèi Creatori a
più riprese, tenendo il pianeta Terra sotto scacco
per migliaia di anni: tra essi rammentiamo, ad e-
sempio, il Mito di Prometeo (Lucifero), somigliante
a quello dell’Eden di Adamo, dove il Serpente man-
tenne la stessa promessa di “divenire simile agli
Dèi” (Genesi, III, 5).
In Platone gli Dèi non folgorarono gli esseri An-
drogini come invece avevano fatto con i Titani ed i
Giganti, bensì li spezzarono in due paralizzandone
217

la potenza, ossessionandoli con il desiderio di riu-


nirsi per ridiventare un solo Essere. L’aspirazione
al ricongiungimento di quello status primordiale, se-
condo il filosofo greco, si esplicava mediante l’im-
pulso sessuale, e in questo modo gli umani non so-
lo furono divisi e s’indebolirono, ma cominciarono
così una ricerca perenne della loro antica unità e
della perduta forza; da questa divisione nasce il de-
siderio di ricreare l’Unità Primordiale, tanto che le
parti non fanno altro che stringersi, quasi fondersi
l’una nell’altra durante l’amplesso.

«Dunque al Desiderio e alla ricerca dell'Intero si


dà nome Amore.» (Platone, Simposio, 192e-193a,
trad. it. Franco Ferrari)

Dal momento che i sessi erano tre, due sono ad


oggi le tipologie di Amore: il rapporto omosessuale
(se i due partner facevano parte, in principio, di un
essere umano completamente maschile o femmini-
le), e il rapporto eterosessuale (se i due facevano
parte di un essere Androgino). La parte interessan-
te del discorso di Aristofane si trova nel fatto che la
relazione erotica, fra due umani, non viene messa
in atto per giungere ad una finalità, come ad esem-
pio nella procreazione, ma ha valore per sé stessa
a prescindere dalle conseguenze.
Il Mito dell’Androgino, però, non è una preroga-
tiva greca perché lo ritroviamo persino anche in al-
218

tre tradizioni, come in India, l’Antico Egitto, presso


i Fenici, in Persia e anche nella Bibbia. La nascita
del nostro Mondo, pertanto, coincide con la sepa-
razione di Adamo ed Eva (o se vogliamo di Shiva e
Shakti), in quanto la Dualità dell’Androgino scisso
penetra così tutto l’Universo, e dove ogni individuo
porta l’impronta di questa polarità del principio ma-
schile (o solare) e di quello femminile (o lunare), le
stesse polarità riscontrate in biologia dall’unione di
due cellule germinali (lo spermatozoo e l’ovulo).
L’Androgino è, in realtà, l’Uomo Cosmico e che
incarna in sé i due princìpi dell’Eterno Mascolino e
dell’Eterno Femminino, di egli si accenna anche
nella Bibbia e se ne parla in modo più approfondito
nei commentari esoterici cabalistici: “Egli lo creò
maschio e femmina” (Genesi, I, 27). Nel Mito bibli-
co il nome di Eva significa “la Vita”, “la Vivente”, “la
Madre dei Viventi”, “Colei che dà la Vita” o “Colei
che è feconda”.
Per la tradizione, la separazione della Donna-
Vita dall’Androgino, era visto all’interno del concet-
to di “Caduta” e che terminava con l’esclusione di
Adamo dall’Albero della Vita, affinché questi “non
divenga uno di noi (un Dio)” e “non viva in perpe-
tuo” (Genesi, III, 22); per questo motivo gli Uomini
nati prima della Caduta erano considerati i “Figli
della Luce”, mentre quelli nati in seguito, i “Figli Er-
ranti”.
219

“E Dio li benedì e disse loro: - Siate fecondi e


moltiplicatevi, riempite la Terra e soggiogatela."
(Genesi, I, 28)

Nella Caduta nacquero, sempre dalla coppia co-


smica Adamo-Eva (Adamo-Lilith nella Cabala, Shi-
va-Shakti nell’Induismo), anche gli Spiriti contagiati
dallo squilibrio del peccato originale, influenzati da
una presenza spirituale demoniaca, e persino que-
sti furono soggetti al processo evolutivo, la cui meta
finale è il ritorno allo stato androginico prospettato
dalle scritture cristiane, quando Gesù afferma che:
"Nella risurrezione... tutti sono come Angeli di Dio
nel Cielo" (Matteo, XXII, 29), o nelle stesse parole
di papa Giovanni Paolo I, conosciuto anche come
Papa Luciani (1912-1978), che dichiarò nel celebre
Angelus del 10 settembre 1978, “Noi siamo oggetto
da parte di Dio di un amore intramontabile. È Papà,
più ancora è Madre”; morì dopo nemmeno 33 giorni
di pontificato...
220

Il Principio della Vita

Le Veneri paleolitiche sono delle statuine prei-


storiche raffiguranti donne con gli attributi sessuali
molto pronunciati, ritratte con un sorprendente rea-
lismo (seppure il resto del corpo, a partire dal viso,
è abbozzato in modo assai approssimativo), e sim-
boleggiano le prime raffigurazioni del Corpo Uma-
no. Vengono definite anche Veneri Steatopige (dal-
le parole greche στέαρ, στέατος, "grasso", "adipe",
e πυγή, "natiche", e quindi "dalle grosse natiche")
o callipige (sempre dal greco καλλιπύγος, da κάλ-
λος, "bellezza", e πυγή, quindi "dalle belle natiche").
Di dimensioni minute, tra i 4 e i 20 cm, sono rea-
lizzate per lo più con materiali quali la steatite, la
calcite, il calcare marnoso, etc., e sono state rinve-
nute in diverse località europee, tra cui si ricordano
Brassempouy, Lespugue, Willendorf, Malta, Savi-
gnano sul Panaro e Balzi Rossi, seppure sono dif-
fuse dall’Atlantico alla Siberia.
Di molte non ci sono datazioni certe, a causa di
condizioni che non ci assicurano una corretta rico-
struzione scientifica, anche se di alcune sono state
fatte svariate ipotesi di lavoro, come ad esempio la
221

Venere di Monruz datata 11.000 anni fa o la Venere


di Hohle Fels, datata intorno ai 35.000 anni fa. La
Venere di Willendorf, nota anche come Donna di
Willendorf, è invece una statuetta di appena 11 cm
di altezza raffigurante una donna, ed è una tra le
più famose Veneri del Paleolitico. Si trova attual-
mente al Naturhistorisches Museum di Vienna, e fu
rinvenuta nel 1908 in un sito archeologico risalente
al Paleolitico, presso Willendorf, in Austria.
Le particolarità di questa statuetta sono che: è
stata scolpita in una pietra calcarea non originaria
della zona; che è stata dipinta con ocra rossa, e si
pensa sia stata realizzata tra 25.000 e 26.000 anni
fa; la vulva e il seno sono gonfi e molto pronunciati,
le braccia sottili sono congiunte sul seno; il volto
non è visibile e la testa si direbbe coperta da trecce
o da un qualche genere di copricapo (tipico di tan-
tissime altre statuette sparse nel Mondo), mentre i
piedi della statua non sono fatti in modo tale da
consentirgli di stare in piedi.
Il motivo di tali rappresentazioni, specie per l’ar-
cheologia ufficiale, resta del tutto ipotetico e ignoto,
alcuni ritengono che queste statuine debbano es-
sere interpretate come vere raffigurazioni realisti-
che della femminilità dell’epoca, mentre secondo
altri corrispondono alle prime speculazioni dell’Uo-
mo Neolitico intorno al rapporto tra natura e la vita,
ad esempio l’osservazione del Ciclo delle Stagioni,
e di come abbia suggerito che la vita stessa, legata
222

al Ciclo delle Reincarnazioni, e la donna in quanto


origine della vita di ogni figlio, avrebbe poi permes-
so lo sviluppo di un Culto della Dea Madre.
Singolare è che comunque la stessa raffigura-
zione di Madre, abbia percorso decine se non cen-
tinaia di migliaia di anni, e abbia raggiunto luoghi
geograficamente distanti centinaia se non migliaia
di chilometri gli uni dagli altri, a dimostrazione che
nonostante il lunghissimo tempo o le considerevoli
distanze, la figura di questa Dea Madre originaria,
stuzzicò talmente tanto la fantasia dei primi scultori
da renderle un unico omaggio sparso in ogni ango-
lo del pianeta.

Il Culto della Grande Madre ufficialmente risale


al Neolitico, anche se alcuni ritrovamenti retrodata-
no alcune statue inerenti al Paleolitico, ma si evince
che durante gli spostamenti dei popoli e la crescita
di complesse culture, dipanate lungo lo svolgersi
delle innumerevoli generazioni, queste “competen-
ze” della Grande Madre andarono poi a moltiplicar-
si in diverse divinità femminili successive, a noi og-
gi ancora note: (Ishtar, Astarte, Afrodite, Venere),
alla fertilità delle donne (Ecate Triforme, come tre
sono le fasi della Vita), alla fertilità dei campi (De-
metra, Cerere e Persefone/Proserpina), alla caccia
(Artemide-Diana), etc.
Inoltre, dal momento che il ciclo naturale delle
messi implica la morte del seme, perché esso pos-
223

sa risorgere nella successiva stagione, la grande


Dèa era connessa anche ai culti legati al Ciclo di
Morte e Rinascita e alla Luna (Mater Matuta o della
Bona Dèa). Fatto sta che l’evoluzione teologica di
questa figura, venne costantemente rappresentata
da segnali di connessione tra le nuove Divinità e
quelle più arcaiche, oltre a permettere di ricono-
scervi delle tracce, sia tra la Madre Originaria e le
sue più tarde eredi, in ripetizioni di specifici attributi
iconografici e simbolici: il dominio sugli animali tra
cui si ricordano i leoni alati di Ishtar, la cerva di Dia-
na, il serpente ctonio della Deà cretese, le ambien-
tazioni misteriche tra rupi e boschi, presso sorgenti
ed acque, il carattere dei culti tra il misterico e le at-
mosfere notturne.
Anche nel mutare dei tempi, questa memoria ar-
caica, si mantenne e si trasmise lungo le genera-
zioni dando luogo a culti, forse inconsapevolmente
sincretistici (dove le ultime propaggini sono consi-
derate, ad esempio, le molte Madonne Nere vene-
rate in Europa), ma ovunque ne conosciamo il no-
me e le storie, in tutte le diverse civilizzazioni in cui
si impose sin dall’epoca protostorica: la mesopota-
mica Ninhursag, l’anatolica Cibele, la greca Gea,
l’etrusca Mater Matuta ed Artume, la romana Bona
Dèa o Magna Mater; vi è anche la variante nordica
della Grande Madre, Freyia, portata fino alle isole
britanniche da migrazioni di popoli pre-achei verso
nord ovest, ed è secondo alcuni la Dèa Bianca del-
224

la mitologia celtica (colei che a Samotracia si chia-


mava Leucotea e proteggeva i marinai nei naufragi),
così come questa figura era presente anche in altre
culture del pianeta, tra cui si ricorda: l’indiana Kali,
la giapponese Izanami, l’azteca Tlazolteotl, l’Inca
Pachamama, di nuovo la sumerica Ninhursag, le e-
giziane Tefnut, Nut e Iside e la semitica Lilith.
Lilith apparve inizialmente in un insieme di De-
moni e Spiriti legati al vento e alla tempesta, come
nel caso della Lilitu sumerica (3000 a.C.), mentre
l’accadico Lilitu (Signora dell’Aria) potrebbe riferirsi
alla divinità femminile sumerica Ninlil, Dèa del Ven-
to Meridionale e moglie di Enlil, mentre l’accadico
e l’ebraico che compongono il nome, sono aggettivi
femminili che derivano dalla radice linguistica pro-
to-semitica L-Y-L (notte) e che tradotto letteralmen-
te significa “essere femminile della notte/ demone”,
sebbene le iscrizioni cuneiformi associate si riferi-
vano anche a degli Spiriti Aerei che portavano le
malattie. Da Lil, deriva anche Lulu40, Lalu, Divinità

40
Nel 1904 nasce dalla penna di Frank Wedekind
(1864-1918), drammaturgo e scrittore tedesco, una tra-
gedia composta da Erdgeist (Lo Spirito della Terra) e Die
Büchse der Pandora (Il Vaso di Pandora), in cui emerge
il personaggio di Lulu, in italiano generalmente accenta-
ta in Lulù, resa come l'incarnazione tragica e moderna
del mito della femme fatale. L'opera lirica Lulu di Alban
Berg, e soprattutto un film muto del 1929 di Georg Wil-
225

che presiede la sfera sessuale, nel mentre presso


i babilonesi era nota come Ardat-Lili, tra gli ebrei
con il nome che la renderà celebre: Lilith. Ma figure
simili si possono riscontrare anche tra: gli Egizi che
la conoscevano con il nome di Nephtys, o sempli-
cemente con quello di Nut; gli Arabi con il nome di
Giul, e che trasformato in Goule o Ghoul, significa
letteralmente Vampiro, ma anche con il nome di Li-
lah, che significa notte, mentre presso gli Zingari
della Transilvania era nota con il nome di Liliy, la
Regina degli Spiriti; infine venne identificata presso
svariate culture con il nome di Ecate, Persefone,
Pandora, Proserpina, Circe, Medea, Nemesi, etc.
La stessa radice in ebraico e nell’arabo Layla/Ley-
la41, Lela o Lel, significano “sera, notte”, anche se

helm Pabst, Die Büchse der Pandora, consacreranno


per almeno il secolo a seguire il personaggio come Mito
nell'immaginario collettivo.
41
Leila Organa, anche nota come Principessa Leila
(nei libri, nei fumetti e nella versione originale dei film Le-
ia Organa), è un personaggio dell'universo fantascientifi-
co di Guerre Stellari, interpretato nei film da Carrie Fisher.
Leila fu generata, insieme al gemello Luke Skywalker,
dall'unione fra la senatrice di Naboo Padmé Amidala
(morta subito dopo il parto) e il Jedi Anakin Skywalker
(divenuto Dart Fener). Subito dopo la nascita sul pianeta
di Polis Massa nel 19 BBY, i gemelli furono separati su
consiglio del Maestro Yoda: mentre Luke fu affidato alla
226

la Lilith ebraica non verrà a formarsi da un unico


corrispondente, ma attraverso la fusione con altre
figure coeve.
Lilu, Lilitu e Ardat-Lili in area mesopotamica, co-
munque, formavano una sorta di terna di Demoni42;
la mitologia mesopotamica era spesso formata da
terne divine dove Lilu era il demone maschile, Lilitu
quello femminile e Ardat-Lili la giovane figlia.
Lamassu era un Demone metà donna e per me-
tà vacca, controparte femminile del Lamashtu, il fa-
moso bue alato con volto umano barbuto dell'ico-
nografia assira; la Lamassu divenne la Lamia greca,
la sua sola presenza significava distruzione e l'im-
magine veniva utilizzata come simbolo apotropaico,
per incutere terrore, anche se la caratteristica di ir-
resistibilità del fascino femminile arrivò da Ishtar (la
sumera Inanna) conosciuta dagli Ebrei attraverso

famiglia Lars su Tatooine, Leila fu adottata e cresciuta


su Alderaan dal senatore, principe Bail Organa e sua
moglie, la regina Breha Organa. Crescendo in mezzo ai
politici, ebbe accesso ad un seggio nel Senato Galattico,
dove giocò un ruolo segreto per l'Alleanza Ribelle.
42
Nella mitologia babilonese si delinearono tre classi
di Spiriti Maligni: i Diavoli, che hanno la stessa natura de-
gli Dèi e producono tempeste e malattie; i Fantasmi, ani-
me di defunti che vagano sulla Terra senza trovare pace;
i Demoni, esseri per metà umani e per metà divini (gli i-
bridi).
227

la Astarte siriana (altrove Astariel o Astaroth) per la


quale si praticava la cosiddetta prostituzione sacra.
Così come la cananea Asheráh sarà persino ve-
nerata in un primo tempo come Dèa dagli stessi E-
brei, o addirittura da alcuni identificata come la spo-
sa di YHWH. Perché è qui che si insinua l’idea del-
l’esistenza, in tempi antichissimi, di un’unica Divini-
tà Mediterranea e poi europea, riconducibile ad una
“Dèa Bianca”, signora e padrona dell’amore e del-
la morte, ispirata e rappresentata dalle fasi lunari
(perciò una Dèa Lunare), indissolubilmente legata
all'antico culto rituale in onore della stessa Dèa e di
suo Figlio.
Dal Galles e dall’Irlanda, passando dall’Europa
e arrivando sino in Medio Oriente, come il saggista
inglese Robert Graves, aveva intuito quasi cento
anni fa nel suo libro “La Dea Bianca” (1948), si e-
vince l’esistenza di un culto arcaico di una Dèa u-
nica (conosciuta tra i vari popoli sotto diversi nomi)
che ad un certo punto venne soppiantata dal Dio
monoteistico, in quanto maschio dominante che
con la forza prese il sopravvento rispetto alla pre-
cedente società governata dallo Spirito Femminile,
causando la caduta e la sparizione di questa divi-
nità lunare come forma di venerazione conclamata,
ma divenendo un mito che nel corso dei secoli con-
tinuò a rinfocolare l’immaginario collettivo (Lulù in
Frank Wedekind, Biancaneve in Walt Disney, Leyla
o Leia in Guerre Stellari, etc.)
228

Una Donna o Dèa, con in testa un copricapo o


una acconciatura del tutto unica, dalla pelle bianca
o vestita di bianco, sovente ribelle, generatrice di
maschi a loro volta dominanti o dominati dal Male,
proprio come la componente maschile in guerra pe-
renne contro gli altri maschi, in quanto personifica-
zione di un Dio-Autoritario, demiurgico e guerriero,
sempre assetato di sangue (il mestruo).

Secondo la tradizione della Cabala Ebraica, in-


vece, risultava essere il nome della Prima Donna
creata, prima compagna di Adamo e precedente ad
Eva, ma nell’immaginario popolare rimase un De-
mone notturno temuto, capace di portare danno ai
bambini di sesso maschile e caratterizzato da a-
spetti negativi della femminilità: adulterio, strego-
neria, lussuria, etc.
Fu così che Lilith divenne un terribile Demone
con una sua tradizione secondo la quale, se veniva
posto al collo dei neonati di sesso maschile un a-
muleto con iscritto i nomi di tre angeli (Senoy, San-
senoy e Semangelof, detti anche Sanvi, Sansavi e
Semangelaf), sarebbero stati protetti dai suoi attac-
chi, specie prima della circoncisione rituale. Un’ul-
teriore tradizione prevedeva che si aspettasse a ta-
gliare i capelli di un ragazzo per fargli credere che
si trattava di una femmina, mentre negli adolescenti
si pensava che provocasse eiaculazioni notturne
con cui venivano generati dei Demoni (ibridi), com-
229

portandosi in tal modo come uno spirito Succubo,


analogo femminile dello spirito Incubo maschile,
assurgendo così al ruolo di “Grande Meretrice” o
“Madre delle Prostitute” (come descritto nell’Apo-
calisse o nel più recente e moderno esoterismo con
la figura della Babalon43).

43
Babalon (nota anche come Donna Scarlatta, Gran-
de Madre e/o Madre di Abominazioni) è una Dèa che si
trova nel sistema mistico di Thelema, che fu fondato nel
1904 con la scrittura di The Book of the Law dell'autore
inglese e occultista Aleister Crowley. Nella sua forma più
astratta, rappresenta l'impulso sessuale femminile e la
donna liberata, mentre nel credo della Messa Gnostica
si identifica anche con la Madre Terra, nel suo senso più
fertile. Allo stesso tempo, Crowley credeva che Babalon
avesse un aspetto terreno sotto forma di un ufficio spiri-
tuale, che poteva essere incarnato da donne reali (di so-
lito come contropartita della sua identificazione come "A
Mega Therion" - The Great Beast), di cui il dovere era al-
lora di aiutare a manifestare le energie dell'attuale Eone
(Horus). Il suo consorte è il Caos, il "Padre della Vita" e
la forma maschile del principio creativo. Babalon viene
spesso descritta con una spada e in sella ad una Bestia,
sovente definita una puttana sacra e il suo simbolo prin-
cipale è il Calice e/o il Graal. Come Crowley scrisse nel
suo Il Libro di Thoth, essa "cavalca a cavalcioni della Be-
stia, nella sua mano sinistra tiene le redini, rappresen-
tando la passione che le unisce. Alla sua destra tiene in
230

Figura onnipresente in tutte le epoche della sto-


ria umana, sin dalla preistoria o nelle prime Civiltà,
mitologie, religioni e filosofie della Terra, si è spinta
poi nel corso dei secoli sino ai giorni nostri diven-
tando il simbolo della donna libera, ripudiata e cac-
ciata dall’Eden, perché si era rifiutata di obbedire al
marito (Adamo) che pretendeva la sua totale sotto-
missione sessuale.
Una storia che, specie dalla fine dell’Ottocento,
soprattutto a seguito della crescente emancipazio-
ne femminile nel Mondo Occidentale, diventò il sim-
bolo femminile (sovente neopagano) che non si as-
soggetta al maschile (al Dio), arrivando ad essere
rivalutata a fianco di simbologie attinenti a quelle
della Grande Madre, seppure abbia mantenuto an-
che le sue qualità di Dèa Nera (o Luna Nera) o di
Regina della Notte di mozartiana memoria, o delle
Streghe.

Arrivati a questo punto e nel bel mezzo di un lun-


go cammino che al centro pone una figura univer-
sale di così incommensurabile portata, sarà bene
spostare la nostra attenzione in Grecia, per poi ri-
tornare all’interno della Cabala ebraica, per com-
prendere quante analogie esistono nei miti antichi,

alto la coppa, il Santo Graal in fiamme con amore e mor-


te. In questo calice si mescolano gli elementi del sacra-
mento dell'Eone."
231

e quanto possono aiutarci per meglio disvelare i mi-


steri iniziatici che si celano al loro interno.
Nella mitologia ellenica, una figura del tutto ana-
loga è ravvisabile in Pandora. Dal Greco antico che
significa “tutto” unito a “dono”, e quindi “tutti i doni”,
Ella è la prima donna creata per punire l’Umanità,
dietro ordine diretto di Zeus. Il Padre degli Dèi, infu-
riatosi dopo che Prometeo aveva rubato il fuoco per
donarlo agli uomini, decise di castigarlo, quindi, il
Titano venne incatenato ad una roccia dove duran-
te il giorno un’Aquila gli divorava il fegato, organo
che poi ricresceva durante la notte (per essere ri-
mangiato il giorno dopo!), mentre contro gli Uomini
ordinò ad Efesto di creare una bellissima fanciulla,
Pandora, alla quale gli Dèi donarono ogni tipo di vir-
tù. Ermes, che aveva donato alla fanciulla, astuzia
e curiosità, fu incaricato poi di condurla dal fratello
di Prometeo, Epimeteo (e da uno che si chiamava
“colui che riflette in ritardo” si possono già capire le
conseguenze di questa storia), che nel frattempo e-
ra stato liberato da Eracle.
Seppure avesse ricevuto da Prometeo l’avverti-
mento di non accettare doni dagli Dèi, e in un primo
momento rifiutò la ragazza, a seguito della triste
sorte del fratello Prometeo si rassegnò al volere di
Zeus sposandola. Epimeteo, però, teneva custodi-
to gelosamente uno scrigno nel quale Prometeo a-
veva rinchiuso tutti i mali che potessero tormentare
l’Umanità, Pandora, bella quanto ingenua, spinta
232

dalla curiosità aprì il vaso facendo uscire tutti i mali


che si sparsero immediatamente nel Mondo.
Prima di allora, l’Umanità aveva vissuto libera
da qualsiasi Male, arrivando ad essere quasi simile
agli Dèi ed immortale, ma dopo la sua apertura, il
Mondo divenne un luogo desolato, inospitale, un
deserto senza speranza, finché finalmente Pando-
ra aprì nuovamente il vaso per far uscire anche la
stessa speranza, e con la quale il Mondo riprese vi-
ta. Insomma, un vero e proprio “Portale” dalla quale
entravano e uscivano Forze ed Entità da altre Di-
mensioni.

«… così disse ed essi obbedirono a Zeus signo-


re, Figlio di Crono. E subito l'inclito Ambidestro, per
volere di Zeus, plasmò dalla terra una figura simile
a una vergine casta; Atena occhio di mare, le diede
un cinto e l'adornò; e le Grazie divine e Persuasio-
ne veneranda intorno al suo corpo condussero au-
rei monili; le Ore dalla splendida chioma, l'incoro-
narono con fiori di primavera; e Pallade Atena adat-
tò alle membra ornamenti di ogni genere. In fine, il
messaggero Argifonte le pose nel cuore menzogne,
scaltre lusinghe e indole astuta, per volere di Zeus
cupitonante; e voce le infuse l'araldo divino, e chia-
mò questa donna Pandora, perché tutti gli abitanti
dell'Olimpo l'avevano portata in dono, sciagura agli
uomini laboriosi. Poi, quando compì l'arduo ingan-
no, senza rimedio, il Padre mandò a Epimeteo l'in-
233

clito Argifonte portatore del dono, veloce araldo de-


gli Dèi; né Epimeteo pensò alle parole che Prome-
teo gli aveva rivolto: mai accettare un dono da Zeus
Olimpio, ma rimandarlo indietro, perché non diven-
ga un Male per i mortali. Lo accolse e possedeva il
Male, prima di riconoscerlo. Prima, infatti, le stirpi
degli uomini abitavano la Terra del tutto al riparo
dal dolore, lontano dalla dura fatica, lontano dalle
crudeli malattie che recano all'uomo la morte (rapi-
damente nel dolore gli uomini avvizziscono). Ma la
donna di sua mano sollevò il grande coperchio del-
l'orcio e tutto disperse, procurando agli uomini scia-
gure luttuose. Sola, lì, rimase Speranza nella casa
infrangibile, dentro, al di sotto del bordo dell'orcio,
né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la
giara, per volere dell'egioco Zeus, adunatore dei
nembi. E altri mali, infiniti, vanno errando fra gli uo-
mini.» (Esiodo, Le Opere e i Giorni)44

44
Interessante è poi l’evolversi della storia, che qui ri-
porto come una curiosità mitologica. Dall’unione di Epi-
meteo e Pandora nacque Pirra, la quale diverrà poi spo-
sa di Deucalione (figlio di Prometeo; quindi erano cugini).
Quando Zeus decise di porre fine all’Età dell’Oro con il
Grande Diluvio, i due sposi furono gli unici sopravvissuti,
grazie ad un’Arca che Deucalione aveva costruito dietro
consiglio di suo padre, Arca che poi si arenò sul Monte
Parnaso, unico luogo risparmiato dall’inondazione. Dopo
il Diluvio, Deucalione chiese all’Oracolo di Terni come a-
234

Secondo la Cabala, sono stati alcuni passaggi


della Genesi a far speculare sull’esistenza di que-
sta figura femminile precedente ad Eva, dove si
spiega che Lilith era stata creata dalla Terra come
Adamo, ma poi divenne un Demone, simile a quegli
Spiriti dannosi generati durante i primi giorni della
Creazione, perché ribellatisi al Signore che non do-
nò loro un Corpo, cosa che invece avvenne per A-
damo ed Eva (l’Uomo), e che si racconta quanto i-
nizialmente fossero persino uniti in una sola Anima,
prima di essere divisi e poi formati come Primo Uo-
mo e Prima Donna dell’Umanità (come similmente
è raccontato anche nella mitologia greca attraverso
il già citato Mito dell’Androgino).
Nel secondo capitolo si ripete, con diverse paro-
le, che a seguito della Creazione dell’Uomo attra-

vrebbe potuto ripopolare la Terra e gli fu detto di lanciare


le ossa di sua madre dietro le sue spalle. I due sposi,
quindi, capirono che la madre era Gea, Madre di tutti gli
Esseri Viventi, e che le ossa erano le pietre. Lanciarono
pertanto sassi alle loro spalle che ben presto iniziarono
a mutare, e dalla nuova forma che assunsero vennero
ad emergere dei nuovi Esseri Umani; i sassi lanciati da
Pirra divennero, donne, quelli tirati da Deucalione, uomi-
ni. Deucalione e Pirra ebbero anche dei figli di nome El-
leno, Anfizione e una figlia, Protogenia, il cui significato
del nome è “la Prima Nata”, una delle prime donne mor-
tali della Nuova Umanità.
235

verso della polvere dal suolo (Genesi 2:7), dalla co-


stola di Adamo (Genesi 2:22) si verificò la nascita
della donna chiamata Eva. I commentatori della To-
rah, sostengono inoltre che prima che Eva fosse
presentata dal Signore a Adamo, quest’ultimo notò
Lilith ma non gli piacque, altre fonti sostengono in-
vece che per un periodo, Lilith e Adamo vissero nel
Giardino dell’Eden, fin quando non si scontrarono
in un furioso litigio, causato dal comportamento per
nulla remissivo della donna. Entrambi, però, si ac-
coppiarono ma poi essa si sarebbe rifiutata di sod-
disfare le richieste sessuali del compagno che vo-
leva giacere sopra di lei; a seguito del litigio, sareb-
be poi salita al Cielo trasformandosi in un Demone
nell’incessante ricerca di infanti e del seme maschi-
le degli adolescenti.
Lo Zohar spiega inoltre che il demone Lilith, figu-
ra impura, cooperava strettamente anche con l’an-
gelo Satana, sebbene poi i riferimenti talmudici su
Lilith divengono sporadici, ma tali passaggi forni-
scono l’immagine di una figura con origini nella lon-
tana Mesopotamia, prefigurando un futuro come e-
nigma esegetico. La concezione più innovativa pe-
rò appare in Erubin (Talmud babilonese), ed è pro-
babile che sia la fonte responsabile del mito di Lilith
nel corso dei secoli: «… in tutti quegli anni [ben 130
anni dall'espulsione dal Giardino dell'Eden] durante
i quali era bandito, Adamo generò fantasmi, demo-
ni maligni e demoni femmina [Demoni della Notte],
236

come è detto nelle Scritture. Adamo visse cento e


trenta anni e generò un figlio a lui somigliante (Shet,
come Abele, è fratello di Caino), e quando vide che
attraverso di lui la morte era divenuta una punizio-
ne, spese gli anni a venire in dissolutezze, tagliò i
ponti con sua moglie ed indossò vestiti di fico. Que-
sta citazione fu fatta in riferimento al seme che A-
damo emise accidentalmente.»
Da questa ricostruzione si evince che Adamo si
accoppiava con Lilith sino a quando non incontrò e
conobbe, anche carnalmente, Eva, sua compagna
naturale, e che, dopo il peccato originale, si rifiutò
di vederla per 130 anni, periodo durante il quale e-
gli sparse il proprio seme per terra, disperdendolo;
la Qabbalah afferma che da questo seme sorsero
molti Demoni e che in seguito, Adamo si riunì final-
mente e nuovamente ad Eva: «Poi gli Arconti si av-
vicinarono a Adamo, vedendo la sua controparte
femminile divennero molto agitati ed eccitati. Si dis-
sero l’un l’altro: “Venite, andiamo a seminare il no-
stro seme in lei”, e tentarono di catturarla. Tuttavia,
Ella - Madre dei Viventi - derise la loro incoscienza
e cecità mutandosi in Albero, lasciando che essi si
impadronissero del suo riflesso.» (Ipostasi degli Ar-
conti, 89: 15-25)

Diversi testi gnostici descrivono il tentativo degli


Arconti di “Violentare Eva” (l’Anima Mundi), ed in-
seminare, ibridandola, la Specie Umana (e l’Uni-
237

verso). Gli stessi testi chiariscono, tuttavia, che no-


nostante la pressante volontà di manipolare la Ge-
netica Umana, l’obiettivo non verrà comunque mai
raggiunto. Questo passo dimostra, inoltre, la stra-
biliante raffinatezza immaginale della visione gno-
stica, simile anche a molti altri miti, specie ellenici45.
Tramite gli stati alterati di Coscienza, i veggenti
gnostici riuscirono ad intuire elementi, e che con il
passare dei secoli si stanno ancora rivelando em-
piricamente veri e dimostrabili. In tempi antichissimi
essi furono in grado di sviluppare molte straordina-
rie intuizioni circa i Mondi non-visibili, le attività de-
gli Dèi, il rapporto tra Umanità e Specie Aliene, etc.
Come appena narrato, gli Arconti non riuscirono
a catturare Eva, ma tuttavia in qualche modo si im-
padronirono della sua ombra, del suo riflesso. Ciò
implica che, sebbene gli Arconti non siano in grado
di accedere alla nostra struttura genetica, sarebbe-
ro però in grado di influenzare o distorcere la nostra
immagine della donna, del femminile (e dell’Univer-
so), e in un certo senso - in maniera indiretta - sa-
rebbero realmente riusciti a stuprarla, per questo

45
La metamorfosi di Eva in Albero ricorda il mito gre-
co di Daphne, la quale si trasformò in Alloro e tale paral-
lelo dimostra ancora una volta come la cosmo-mitologia
gnostica non sia stata un colpo di fortuna, ma un sistema
di conoscenze visionario, profondamente radicato nella
mente dei pre-cristiani.
238

motivo, sia Lilith che Eva, sono la stessa figura, la


Sophia Cosmica: «Sono divenuta come una forza
materiale caduta dagli Arconti; e tutti coloro che si
trovano negli eoni hanno detto: <è diventata caos>.
Perciò le forze spietate mi hanno circondato con-
temporaneamente parlando di privarmi di tutta la
mia forza… Trovandomi io in queste oppressioni,
la mia forza ha iniziato a scemare. La mia luce è
diminuita perché hanno rubato la mia forza e sono
scosse tutte le mie potenze.» (Sophia in Pistis So-
phia 48:6)

Persino nei testi successivi, quando si parla più


in specifico della Creazione dell’Uomo, gli Arconti
tentarono nuovamente di “Violentare” la Madre, ma
questa volta sotto le spoglie di Eva, inseminando
con i loro geni la Specie Umana. E seppure i testi
chiariscono che l’obbiettivo non venne mai conse-
guito, si evincono, però, tutta una serie di dinami-
che molto particolari che ci fanno comprendere co-
me il programma si perpetui nelle sterminate ere
cosmiche della Creazione.
I veggenti gnostici, pertanto, erano riusciti ad in-
tuire il tentativo di inseminazione in Eva da parte di
questi Arconti, interferendo così nella Genetica U-
mana, perpetuando, in questo modo, un program-
ma cosmico ma che allo stesso tempo li portò nuo-
vamente al fallimento, seppure non completo.
239

Come appena descritto, gli Arconti non riusciro-


no a catturare la presunta Prima Donna creata, tut-
tavia in qualche modo si impadronirono della sua
ombra, del suo stesso riflesso, e questo implica che
le forze, seppure non siano state in grado di acce-
dere completamente alla nostra struttura monadica,
lo hanno sicuramente fatto a livello genetico, stu-
prandola nella Materia, ma non nell’Anima e nello
Spirito. L’intuizione gnostica, inoltre, ci sfida addirit-
tura a comprendere cosa sia veramente successo
nel passato, e come continui a perpetuarsi questo
programma ancora oggi.
Perché come non sono riusciti gli Arconti a pos-
sedere, e poi stuprare completamente, dapprima la
Sophia e poi la Eva, hanno però cercato in tutti i
modi di indurre gli uomini a farlo al posto loro, profa-
nando con ogni mezzo possibile l’immagine della
Donna. Solo che in questa ottica, il Femminile è
stato intessuto di un’identità artificiale, di una falsifi-
cazione della sua vera natura, conseguenza dello
Stupro di Eva perpetrato dagli Arconti, un modello
di donna inverso e che oltre a rendere succube l’U-
omo, è andato a nutrire persino quel decadimento
della Donna che potrebbe condurre gli Arconti, con
molta probabilità, ad impossessarsi di lei completa-
mente in futuro; a patto che non riesca nuovamente
ad integrarsi con lo Spirito Maschile, il proprio com-
pagno, in quella unione, o Sigizia, di gnostica me-
moria.
240

«L’Anima è il nutrimento degli Arconti, delle Po-


tenze astrali, senza il quale non possono vivere,
perché essa promana dal Pleroma e dà loro forza.
Ma se l’Anima si impregna di conoscenza di sé
stessa, se prende consapevolezza, essa si può di-
fendere innanzi a ciascuna potenza, andando oltre
i Guardiani di questo Mondo e per ritornare al Re-
gno.» (Epifanio, Contro le Eresie 40:2)
241

Vai a far la Puttana…

E con un “Vai a far la puttana…”46 come scri-


veva Karl Krauss ad inizio del XX secolo, magari
bofonchiato da qualche vecchio burbero che puzza
di Arconte, si palesa la metafora che ha attraver-
sato interi secoli di storia umana, marchiando con
la sua impronta fallica il corpo della Donna. Mentre
lei, Sovrana dell’Amore, ha cercato da sempre, e in
ogni modo, di radunare attorno a sé tutti i tipi di vi-
rilità, pronti ad accogliere ciò che lei aveva da do-
nare: sé stessa.
La Donna che viene distrutta e distrugge a sua
volta, costretta a sostituire l’Uomo nel farsi carico
della croce della responsabilità morale, racchiusa
in una Cultura che ha sempre vissuto di parassiti-
smo nei suoi confronti, traendone profitto psicologi-
co, specie dagli infiniti rapporti sessuali, destinan-
dola così a servire l’egoismo dei suoi innumerevoli
padroni, costretta a vedere la propria libertà come
una Chimera, come la bellezza che la incanta agli

46
Il capitolo è ispirato ad un articolo di Karl Kraus.
242

occhi del Creato, ma che fugge come la sabbia che


scorre tra le dita del Tempo.
Seppure l’Uomo abbia da sempre cercato di far-
ne una schiava, una serva, quale massaia o aman-
te, - perché per lui, il bisogno di rispettabilità sociale
è più importante di qualsiasi sogno -, in quanto le
nuove Leggi del Manu, e della follia demiurgica si
sono spinte nei secoli a scendere più in profondità
del quotidiano scibile umano, essa non si è mai ri-
trovata costretta ad essere una Donna “virtuosa”,
fedele (perché Essi la vogliono solo per sé), tramu-
tandosi come un desiderio che è divenuto, ben pre-
sto, la fonte primaria di tutte le Tragedie dell’Amore.
Imprigionata, la Lulu, la Sophia e poi la Eva della
Gnosi, - ma anche la Shakti e la Maya indiane, o la
Iside egizia -, nel mentre riflette se la sua bellezza
sia un castigo divino, dal momento che gli schiavi a
lei devoti di tutte le epoche e di tutti gli angoli del
Cosmo, credendola di amare, hanno covato un ro-
mantico piano per liberarla, spingendosi poi ad im-
mischiarsi in progetti inconcepibili, spesso inclini al-
l’orrido, alla fine non hanno fatto altro che alimenta-
re un archetipo antico e perpetuo quanto l’Universo,
che di epoca in epoca si è ripetuto e dove, il sacri-
ficio eterno della Donna, della Dèa Madre da parte
del Maschio, o del suo Padrone, ne è diventata la
massima inconscia aspirazione.
Liberarla, certo, ma assoggettandola all’interno
di un altro programma e nel quale è divenuta musa
243

ispiratrice ed oggetto delle più infime perversioni, di


un sacrificio amoroso che si è tramutato in una tra-
gedia senza fine. Ed è così che si è aperta la sfilata
dei torturatori, perché gli uomini, desiderosi e bra-
mosi, eccitati come gli Arconti, si sono da sempre
ed ogni volta presentati a Lulu per farle scontare,
con la loro infamia, i peccati che hanno commesso
contro la propria natura.
Esausta, in ogni epoca, ha sempre incontrato
l’ultimo vendicatore dal sesso maschile, il Jack lo
Squartatore di turno, e come la Falena sulla Luce,
Lulu vi si è sempre gettata tra le sue braccia, inco-
sciente della natura del suo carnefice, il quale con
il suo coltello ancora fumante, e che diviene un sim-
bolo, ha cercato ad ogni occasione di toglierle an-
che quell’ultimo pezzo di umanità che le restava, il
cuore, in un’azione catartica e liberatrice. Perché è
nella raffigurazione della Donna che tutti gli uomini
credono di possedere, mentre è da lei che sono
posseduti, della Donna che per ognuno è un’altra,
e ad ognuno mostra un diverso buco su cui eiacula-
re, che risiede l’intera tragica storia della nostra pie-
tas umana, in quello stereotipo dove la Donna, per
essere considerata ed accettata in quanto tale, de-
ve essere magnificamente Bella quanto mai Putta-
na.
Vera, genuina, che con la sua geniale capacità
di essere senza memoria, è sempre vissuta senza
inibizioni, pervasa di desiderio ma non generatrice,
244

se non per continuare la specie, non riproduttrice


consapevole, ma produttrice di piaceri per uomini-
zombie, succubi di ogni suo orifizio, e che senza il
pericolo continuativo di una concezione spirituale,
ha lasciato, consapevolmente o meno, in balia del-
la tempesta la serratura scassinata della sua fem-
minilità, quell’eterna Vagina, perennemente aperta
e chiusa, sottratta alla volontà del generare, rina-
scendo ogni volta nel magico atto sessuale.

«Proseguì nuovamente Maria, e disse a Gesù: -


Di che genere sono le Tenebre Esteriori, o meglio
quanti luoghi di punizione ci sono in esse? Gesù ri-
spose e disse a Maria: - Le Tenebre Esteriori sono
un grande Drago con la coda in bocca, sono fuori
del Mondo e circondano tutto il Mondo. Dentro di
esse, i luoghi di condanna sono molti: Dodici sono
le terribili camere di tormenti, in ogni camera c’è un
Arconte, e l’aspetto di ogni Arconte è diverso l’uno
dall’altro.
Il primo Arconte, quello che si trova nella prima
camera, ha l’aspetto di Coccodrillo e con la coda in
bocca: dalle sue fauci di Drago viene fuori tutto il
ghiaccio, tutta la polvere, tutto il freddo, tutte le in-
fermità; nel suo luogo è chiamato con il suo autenti-
co nome, cioè “Enchthonin”. L’Arconte che si trova
nella seconda camera ha l’aspetto di un Gatto, que-
sto è il suo autentico aspetto; nel suo luogo è chia-
mato “Charachar”. L’Arconte che si trova nella ter-
245

za camera ha l’aspetto di Cane, questo è il suo au-


tentico aspetto; nel suo luogo è chiamato “Archaro-
ch”. L’Arconte che si trova nella quarta camera ha
l’aspetto di Serpente, questo è il suo autentico a-
spetto; nel suo luogo è chiamato “Archrochar”.
L’Arconte che si trova nella quinta camera, inve-
ce, ha l’aspetto di Toro nero, questo è il suo auten-
tico aspetto; nel suo luogo è chiamato “Marchur”.
L’Arconte che si trova nella sesta camera ha l’a-
spetto di Cinghiale, questo è il suo autentico aspet-
to; nel suo luogo è chiamato “Lamchamor”. L’Ar-
conte della settima camera ha l’aspetto di un Orso,
questo è il suo autentico aspetto; nel suo luogo è
chiamato con il suo autentico nome, ovvero “Lu-
char”. L’Arconte dell’ottava camera ha qui l’aspetto
d’Avvoltoio, questo è il suo autentico aspetto; ed il
suo nome, nel suo luogo, è “Laraoch”. L’Arconte
della nona camera ha l’aspetto di Basilisco, questo
è il suo autentico aspetto; il suo nome, nel suo luo-
go, è “Archeoch”.
Nella decima camera vi è una quantità di Arconti,
ognuno ha Sette Teste di Drago, nel suo aspetto a-
utentico; quello che è al di sopra di tutti, nel suo luo-
go è chiamato col suo nome, “Zaramoch”. Nell’un-
dicesima camera si trova una quantità di Arconti, o-
gnuno ha Sette Teste con l’aspetto di Gatto nel loro
aspetto autentico: il grande, quello che è al di sopra
di essi, nel suo luogo è chiamato “Rochar”. Nella
dodicesima camera si trova una grande quantità di
246

Arconti, ognuno ha Sette Teste con l’aspetto di Ca-


ne, nel suo aspetto autentico; il grande, quello che
è al di sopra di essi, nel suo luogo dimorante, viene
chiamato “Chremaor”.
Ora, questi Arconti di queste Dodici Camere si
trovano all’interno del Drago delle Tenebre Esterio-
ri: ognuno ha un nome a seconda delle ore, ognuno
cambia d’aspetto a seconda delle ore; inoltre, o-
gnuna di queste Dodici Camere ha una porta che
conduce verso l’alto. Sicché, il Drago delle Tenebre
Esteriori consta di Dodici Camere oscure, ed ogni
camera ha una porta che conduce verso l’alto. Un
Angelo dall’alto vigila ogni porta delle camere: li ha
posti Jeu, il Primo Uomo, il sorvegliante della Luce,
l’inviato del Primo Comandamento, come Custodi
del Drago affinché sia lui, sia tutti gli Arconti, che
sono nelle sue camere, non si ribellino.»47

Ipostasi degli Arconti, o La Natura degli Arconti


(III d.C.), è un trattato gnostico in lingua copta inter-
no ai Codici di Nag Hammadi, si tratta di un’esegesi
di Genesi 1-6 che espone la mitologia gnostica sul-
la creazione del Cosmo e dell’Umanità. Seppure l’i-
nizio e la fine di questo testo siano gnostico-cristia-
ni, il resto si presenta come una narrazione mitolo-
gica dell’origine e la natura degli Arconti che popo-

47
“Pistis Sophia Svelato” di Samael Aun Weor.
247

lano i Cieli tra la Terra e l’Ogdoade, e di come il de-


stino umano sia influenzato.
L’opera, perciò, si presenta sotto forma di tratta-
to in cui il Maestro affronta vari temi suggeriti dal
dedicatario, iniziando con un frammento di Cosmo-
gonia e che conduce ad una rivelazione della vera
storia degli eventi della Creazione, raccontati nella
Genesi, rivelazione che riflette la sfiducia nei con-
fronti di un Mondo Materiale nei riguardi del De-
miurgo che l’ha forgiata.
Il Demiurgo, come sappiamo, non potendo ope-
rare da solo fu costretto a circondarsi di fidati sca-
gnozzi e fu così che creò gli Arconti (dal greco Ar-
khonontos), figure che svolgono il ruolo di giudici e
controllori dello stesso Mondo Materiale. Nella dot-
trina gnostica questo Mondo è del tutto diviso dalla
Sfera Divina (il Pleroma48), un luogo atemporale e
adimensionale preesistente ad ogni cosa. Questa
divisione si originò da un “peccato iniziale” nel qua-
le un’Emanazione Divina, si frappose tra il Mondo
Materiale da essa generato, e dove l’Uomo si trova
ancora oggi imprigionato.
Nello Gnosticismo iranico, nel quale il Dualismo
raggiunse l’apice, si assiste persino ad uno scontro

48
Il termine Pleroma (greco πληρωμα) generalmente
si riferisce alla totalità dei Poteri di Dio. Il termine signifi-
ca pienezza, e viene usato sia in contesti gnostici che in
quelli cristiani (Colossesi 2,9).
248

eterno e dai contorni titanici tra due Divinità, mentre


in quello ellenico e giudaico, opposta alla figura del
Dio Occulto si erge quella del Dio Minore (Demiur-
go), che viene coadiuvato da una serie di emana-
zioni da lui generate, gli Arconti. In questo enorme
affresco cosmogonico, essi incarnano, quindi, le
potenze responsabili della Creazione Umana e del
nostro Mondo, ma sono anche quelle potenze che
grazie al loro ricordo dell’Armonia e dell’Ordine del
Pleroma, danno le regole al Cosmo e al Tempo. La
loro funzione, inoltre, non si limita solo a questo,
ma sono anche gli artefici del maggior ostacolo al
ritorno dell’Uomo verso l’Assoluto, e la loro opera
si esplica proprio nel soggiogare l’Umanità con del-
le regole fittizie ed illusorie (il Sistema).
Nel testo di seguito menzionato (Ipostasi degli
Arconti o La Natura degli Arconti), ritrovato a Nag
Hammadi nel 1945, è possibile leggere una versio-
ne della Genesi, originaria in lingua copta e nella
quale viene esposta la Creazione del Cosmo e del-
l’Umanità, un testo antico, quanto mai essenziale,
per comprendere come ci siano forti evidenze tra la
sempre più eloquente equazione: Arconti=Alieni.

«Nello Spirito del Padre della Verità, il grande A-


postolo49 disse: - la nostra lotta non è contro crea-
ture fatte di carne e di sangue, ma contro i Principa-

49
San Paolo.
249

ti e le Potestà, contro i Dominatori di questo Mondo


di tenebra, contro gli Spiriti del Male che abitano le
regioni celesti. - Vi invio questo scritto affinché siate
informati sulla realtà di queste Potenze.
Il loro grande Dio, reso cieco a causa della sua
ignoranza e della sua arroganza, ha detto: - Io sono
l’unico Dio, non vi è nessun altro al di fuori di me. -
Questa affermazione raggiunse l’Eone Incorruttibi-
le dal quale uscì una voce che disse: - Ti sbagli Sa-
mael, tu sei il Dio dei Ciechi! - I suoi pensieri erano
ciechi e, avendo lanciato la sua Potenza, la be-
stemmia aveva parlato. Egli ha imitato sua Madre
fin nel Caos e nell’Abisso, attraverso la Pistis So-
phia, ed ha fondato la sua progenie, ciascuno se-
condo il suo potere, avendo come modello gli Eoni
che sono nella regione superiore, perché le cose
visibili erano copiate ed inventate dall’Invisibile.
Come l’Incorruttibilità guardò in basso nelle re-
gioni delle acque, la sua immagine apparve nelle
acque e le autorità delle tenebre si innamorarono
di lei, ma non poterono impadronirsi di tale immagi-
ne, a causa della loro debolezza perché “quelli del-
l’Anima” (mpsychikos) non potevano impadronirsi
di “quelli dello Spirito” (mpneumatikos), perché era-
no al di sotto e l’immagine proveniva dall’alto. Per
questo motivo, l’Incorruttibilità, guardando verso il
basso, avrebbe potuto congiungere la totalità con
la Luce, secondo la volontà del Padre. Allora i Go-
vernanti (gli Arconti) cospirarono e dissero: - venite,
250

creiamo un essere umano con la polvere della terra


- e modellarono la loro creatura come uno fatto in-
teramente di terra.
I Governanti presero un po’ di terra e modellaro-
no la loro creatura secondo il loro corpo e secondo
l’immagine del Dio che era apparsa loro nelle ac-
que. A causa della loro impotenza non capivano la
potenza del Dio: soffiarono sull’Uomo, ma questo
non poteva vivere a causa della loro impotenza e
rimase sulla Terra per molti giorni. Insistettero co-
me venti impetuosi per far acquisire all’Uomo l’im-
magine che era apparsa loro nelle acque, ma non
conoscevano l’identità del suo potere. Ora, tutte
queste cose avvennero per volontà del Padre della
Totalità. Poi, successivamente lo Spirito vide l’Uo-
mo che giaceva sulla Terra, e scese dalla regione
adamantina e venne ad abitare in lui che divenne
un’Anima vivente. Egli ebbe infine il nome Adamo
da quando cominciò a muoversi sulla Terra ed una
voce venne dall’Incorruttibilità per dargli assistenza.
I Governanti [gli Arconti] radunarono tutti gli ani-
mali della Terra e tutti gli uccelli del cielo e li porta-
rono a Adamo per vedere che nome Adamo avreb-
be dato loro, poiché egli aveva il potere di dare il
nome a tutti gli uccelli ed a tutti gli animali. Presero
Adamo e lo posero in un Giardino che avrebbe po-
tuto coltivare e vegliarono su di lui.
I Governanti dettero a Adamo questo comando:
- Tu puoi mangiare liberamente da ogni Albero del
251

Giardino, ma dall’Albero della Conoscenza del Be-


ne e del Male non puoi mangiare né toccare. Il gior-
no che mangiassi da esso, conoscerai la morte. -
Essi non capivano quello che gli avevano coman-
dato. Hanno parlato in questo modo per la volontà
del Padre e consideravano Adamo come uno fatto
solo di Materia.
I Governanti, poi, si consultarono uno con l’altro
e dissero: - venite, portiamo il sonno a Adamo - ed
egli si addormentò, ma il sonno che avevano porta-
to su di lui era l’ignoranza. Aprirono un suo lato e
fecero sorgere una donna vivente, poi ricoprirono
questo lato con un po’ di carne e Adamo venne ad
essere interamente di Anima (mpsychikos). E la
donna spirituale venne da lui e parlò con lui dicen-
do: - Alzati Adamo! - Lui, quando la vide disse: - Sei
tu che mi hai dato la vita e ti chiamerai Madre dei
Viventi - perché è lei che è mia madre, è lei che è il
medico e la donna, è lei che ha partorito. -
Poi i governanti si avvicinarono a loro e quando
videro la donna parlare con lui, furono presi da un
grande turbamento e si innamorarono di lei e si dis-
sero l’un l’altro: - venite, seminiamo il nostro seme
in lei - e lei rideva per la loro insensatezza e la loro
cecità. Nelle loro grinfie divenne un Albero e lasciò
la sua ombra su di loro, che l’avevano contaminata
vergognosamente. E contaminarono anche la sua
voce e si resero passibili di condanna da parte della
252

loro creatura modellata secondo la loro forma e la


loro immagine.
Poi venne un essere spirituale (mpsychikos), l’i-
struttore, il Serpente e disse loro: - Cosa vi è stato
comandato? Potete mangiare liberamente da ogni
Albero del Giardino ma dall’Albero della Conoscen-
za del Bene e del Male non potete mangiare? - La
donna carnale rispose: - non solo ci è stato detto di
non mangiare, ma anche di non toccare, perché, se
lo facessimo, conosceremo la morte. - Ed il Ser-
pente, l’istruttore disse: - voi non morirete. Vi è sta-
to detto questo per gelosia. Piuttosto i vostri occhi
si apriranno, diventerete come Dio e conoscerete il
Bene ed il Male. - E l’istruttore fu portato via dal
Serpente e la donna rimase sola sulla Terra.
La donna carnale prese un frutto dall’Albero e lo
mangiò e ne diede al marito ed a sé stessa ed a
“quelli dell’Anima” (ampsychikos) e la loro carenza
si mostrò nella loro ignoranza e riconobbero di es-
sere nudi nello spirituale (apneumatikon) e presero
foglie di fico e se le legarono sui loro fianchi. Poi il
Grande Sovrano venne e disse: - Adamo, dove sei?
- Non sapeva quello che era successo. E l’uomo
disse: - Ho udito la tua voce e ho avuto paura per-
ché ero nudo, e mi sono nascosto. - Il sovrano dis-
se: - perché ti devi nascondere? Forse hai mangia-
to dal solo Albero da cui ti avevo comandato di non
mangiare? - Adamo disse: - La donna che mi hai
253

dato lo ha dato a me ed io ne ho mangiato. - E l’Ar-


rogante maledisse la donna.
La donna disse: - È stato il Serpente che mi ha
portato fuori strada ed io ho mangiato. - Non sape-
va che il Serpente era la sua forma modellata. E
da quel giorno il Serpente cadde nella maledizione
dell’Autorità, finché non fosse apparso l’essere u-
mano perfetto (pteleios nrome) e la maledizione sa-
rebbe cessata. I Governanti presero Adamo e lo
gettarono fuori dal Giardino insieme a sua moglie
ed anche loro caddero sotto la maledizione. E get-
tarono tutta l’Umanità in grandi distrazioni e grandi
difficoltà, in modo che il genere umano fosse occu-
pato in cose terrene e non poteva dedicarsi così al-
lo Spirito Santo. […]»

Arrivati a questo punto ci sembra superfluo com-


mentare oltre, un testo antico così esplicito. La ve-
rità è che siamo dei sonnambuli dell’Amore, e il ri-
brezzo che l’Uomo nutre per i propri sentimenti ap-
partiene ad un’epoca arcaica, alchemica e barbara.
L’Umanità è ridicola quando sostiene di non avere
segreti, ed è codarda nel momento in cui non osa
guardare in faccia la realtà, o alzare lo sguardo di
fronte alle sue Divinità e fissarle dritte negli occhi.
Perché è in questo modo che si sono perpetuati
millenni di antica superstizione, ed è da queste an-
cestrali barbarie che poggiamo le nostre esistenze,
credendo di avere qualità morali ed estetiche, arti-
254

stiche e creative, che sono nulla ed effimere contro


il Dominio Demiurgico della Materia.
In altri termini, nonostante l’immenso cammino
spirituale compiuto dall’Uomo nel suo costante in-
cedere evolutivo, - e che dovrebbe aiutare chiun-
que assista alla dura lotta nel raggiungere il massi-
mo della felicità terrena -, egli, però, non è riuscito
mai a scuotersi dal giogo della maledizione che lo
opprime, come infelice retaggio di una sterile batta-
glia dell’Anima. L’esperienza dimostra, - come so-
vente, purtroppo, non insegna -, che nel momento
in cui si fronteggiano gli opposti, alla fine si arriva
sempre a convergere in un punto, non senza aver
attraversato conseguenze alquanto estreme; non a
caso i farmaci ed i veleni si differenziano solo per il
modo in cui vengono usati, essendo di base la stes-
sa cosa.
Del resto, - se ci pensiamo bene -, da quasi due
millenni la nostra Civiltà si è attenuta di fronte ai fat-
ti, nelle stesse modalità che vi ho descritto in que-
sto studio, sulla risibile condanna a morte del Sine-
drio di Gerusalemme nei confronti di quell’iniziatore
della religione cristiana, giudicato essere, a loro di-
re, un bestemmiatore, scambiando l’Amore venale
per immoralità e il suo esercizio come una pubblica
oscenità. Non fu proprio il Cristo che disse ai sacer-
doti, e ai giudici del tempo: “In verità vi dico, i pub-
blicani e le meretrici andranno innanzi a voi nel Re-
gno di Dio.” (Matteo, XXI, 5, 31)
255

Madre50

"Stavo riflettendo suoi tuoi studi riguardanti la fi-


gura della Donna e avrei qualche domanda da por-
ti, ovvero, parlo dell'accostamento della figura Lulu-
Sophia-Eva. Accosti la figura di Lulu a quella di So-
phia ed Eva perché tutte e tre sono state ‘violenta-
te’, quindi ritieni che tutte e tre sono simili?"
Nelle mie ricerche sostengo che esista una sor-
ta di Madre Originaria che è colei che dà la Vita e
Anima l'Universo, tale forza si incarna nell'Universo
e acquista numerose forme e nomi differenti, tra i
quali quelli da te/me menzionati: dipendenti ovvia-
mente dal contesto, la loro storia, e/o mitologia più
intrinseca. Le mie riflessioni su questa figura verto-
no piuttosto sul "Femminino Universale". Tieni pre-
sente che in questa visione, di "Madri", ce ne sono
tante in questo Universo, perché la Madre Origina-
ria si è scissa in tante di Esse per farne esperienza
materiale nel grande disegno cosmico. Essa, per-
50
Donna che ha concepito e partorito; genitrice. Attri-
buto riferito, per analogia, alla Terra: la Terra Madre, di
tutti, antica, talvolta riferito a Eva, inteso come la proge-
nitrice del Genere Umano, o alla Natura.
256

tanto è una forza a sé stante, è la Grande Anima e


che in essa raccoglie tutte le peculiarità Duali e Ne-
utre.

"In sostanza: un’unica Energia ma con diverse


manifestazioni?"
Esattamente.

"Allora, Lulu-Lilith è necessaria..."


Si, come il Tutto alla fine lo è, in quanto il Creato
non butta via nulla. L'Universo non genera cose i-
nutili, il Bene è necessario al Male, come il Male lo
è del Bene. Tutto questo serve per fare Esperienza,
prenderne così Consapevolezza, ed una volta con-
clusosi questo Ciclo, trascenderla. Perché è nella
Trascendenza che si raggiunge l'Assoluto, - che è
come un tornare all'Origine, e in parte -, ma al tem-
po stesso è come diventare nuovi co-creatori di al-
tre realtà.

"Ok, e questo adesso l’ho compreso. Non capi-


sco però una cosa, ovvero, come mai ne parli come
una forza negativa, se invece è essenziale e se sai
anche tu che serve in questo equilibrio?
Perché è necessario proprio quell’equilibrio, e
che qui sulla Terra non c'è. Per caso lo vedi? Quan-
do il Bene e il Male comprendono la reale natura
delle loro polarità energetiche avviene un’evoluzio-
ne, caso contrario continueranno all’infinito a scon-
257

trarsi, generando sempre distruzione e la vittoria di


una polarità sull'altra. Certe forze, quando vengono
evocate in senso negativo, sono inesorabilmente
dedite e votate alla distruzione, e per contrastarle è
necessario chiamare ulteriori forze positive; nono-
stante ciò, restiamo comunque nella fase più grez-
za dell'evoluzione, che è meramente materiale.

"Ma non dipende dalla stessa Energia, nel sen-


so che essa segue solo la sua Natura? È quindi im-
putabile piuttosto, a chi la usa per creare uno svan-
taggio o, come dici tu, un disequilibrio?"
Vedi, la vera partita a scacchi si compie su ben
altri piani, in quel dove in cui queste forze compren-
dono veramente CHI SONO e NON COSA SONO.
Si, ed è lì che entra in gioco la Coscienza. L'Ener-
gia è Energia e la Coscienza le dà una Forma per
compiere la propria evoluzione. Bene e Male non
esistono, sono i protagonisti a darsi quell'identifica-
zione per giocare una partita che non conoscono,
in quanto accecati da una visione indotta, dal mo-
mento che le vere Essenze si trovano altrove.

"Seppure non esistono, resta però tangibile que-


sto disequilibrio. Vuol dire che Lilith sta da una par-
te sola e non rimane neutra?"
Si, è così.
258

"Lilith, emanazione della Madre che dà la vita e


Anima l'Universo (lo stesso Universo che non ge-
nera cose inutili), decide quindi di stare da una par-
te soltanto seguendo la sua natura e il disequilibrio;
esiste poiché c'è chi usa questa Energia a svantag-
gio nostro. Quindi se le varie Essenze giocano al-
trove, questo vuol dire che loro sono, come hai det-
to tu, 'accecate da una visione indotta', allora per-
ché se ne stanno qua a identificarsi come tali? Per-
ché non evolvono anche loro?"
Hai mai sentito parlare di Maya, del Velo dell'Il-
lusione? La Iside Velata o il Velo della Beata Ver-
gine?

"Si, certo."
La coltre che ti annebbia la vista della verità. Eb-
bene, dietro quel Velo c'è il volto dell'essenza origi-
naria, di qua, invece, l'illusione di chi la osserva. Se
togli il Velo, riscopri l'Origine e la trascendi, ma nel
momento in cui cadi nell’oblio della Materia è diffici-
le poi risalire, perché per quanto illusoria è un avvi-
tamento infinito e scendi sempre più giù nel Nulla.
La Materia è ostica nelle sue scelte esistenziali, o
esigenze di sopravvivenza; sarà pure illusoria, ma
è un’illusione che si fa "pesare" sino alla fine, come
la stessa gravità.

"La famosa caduta..."


Bravo!
259

"Però potrebbe anche essere la morte del Cristo


e la sua Resurrezione..."
Appunto, Cristo è risorto, come Gandalf, o il Le-
one di Narnia.

"La stessa cosa, quella di rimanere ancorato a


questa Terra, che fa un membro della squadra che
combatte contro l'Agente Smith nel film Matrix."
Esattamente.

"Allora non mi spiego come mai ci siano perso-


ne che anche in nome di Satana, o come lo vuoi
chiamare, si evolvono e vengono aiutate per svilup-
parsi spiritualmente."
Ma è proprio lì il bello, è in quella Trascendenza
Neutra che puoi raggiungere anche al negativo, co-
me nel positivo. È quando arrivi finalmente a com-
prendere l'Illusione, dell'Illusione, dell'Illusione, del-
l'Illusione, che tutto cambia. Compreso il meccani-
smo ci rimani solo tu, sia che sei passato dal Bene
o dal Male; capisci cosa intendo?

"Si..."
O al contrario, è qui che tutto si compie. Sovente
osservo il presentarsi di tanti nuovi Maestri, i quali
considerandosi 'Ascesi' (ed ovviamente lo sono so-
lo per aver preso un 'Ascensore' che li ha aiutati ad
elevarsi più in alto degli altri), si vestono elegante-
mente, in giacca e cravatta, creando, poi, persino
260

un marketing di successo dove non fanno altro che


accaparrarsi Clienti, così come i Parassiti si acca-
parrano nuovi Corpi che possano ospitarli; la ma-
nipolazione è uno degli espedienti più classici che
gli Arconti utilizzano, controllando, così, la Mente e
il Corpo dell'ospite, garantendosi la sopravvivenza.

“Perciò, è nella Trascendenza che si trova la so-


luzione?”
Si, perché essa ti conduce alla Consapevolez-
za. Ad esempio, ogni volta che mi sento poco bene
di salute, ho notato come strane cose accadono.
Le percezioni si espandono, si dilatano, la sensibili-
tà aumenta, la dimensione quotidiana si amplifica,
come se diventasse più densa. Il Mondo circostan-
te, nel mentre si fa sempre più ovattato, al contrario
constati come le tue capacità di attenzione si dila-
tano. E nel mentre osservi il tuo Corpo che imper-
territo decide di stare male, di provare qualsiasi sin-
tomo e di non rispondere, specie a cure, medicine,
trattamenti o altro, - come se stoicamente avesse
deciso di immolarsi -, spontaneamente ti osservi da
fuori, e ti accorgi quanto il tuo piccolo, gracile e ma-
gro fisico sia stato creato, e poi pesantemente ma-
nipolato, così minuscolo, da non poter contenere e
gestire una "grandezza". Ed è lì che nascono gli
squilibri, gli scompensi energetici, le perdite di qual-
sivòglia funzioni che abbiano un senso compiuto in
quella che dovrebbe essere una Monade perfetta.
261

Perché se il tuo 'Io' pende più verso lidi spirituali, il


tuo fisico ne risentirà, così come se il tuo 'Io' pende
più verso lidi materiali, il tuo Spirito si assopirà. La
perfezione in questa Umanità è cosa rara, ma non
impossibile, e questo dimostra quanto il Cammino
sia lungo e difficile, oltreché personale, ma non im-
possibile.

“Ed è proprio in quei punti deboli che si annida-


no i Parassiti?”
Si, anche se il più potente Parassita sei Tu, Io,
ognuno di Noi. Tutti abbiamo un Nome, un No-Me.
Il nostro Nome è l'esaltazione dell'Io nell'Illusione,
l'etichetta che ci permette di essere classificati ed
inseriti all'interno di uno 'Schema', o del 'Program-
ma'. È la negazione del Sé, il No-Me, ma è anche
ciò che ci permette di vivere l'esperienza, perché
attraverso di esso si veicolano millenni di informa-
zioni e che, con il proprio No-Me, si manifestano poi
nelle nostre vite: noi ne siamo così il 'Prodotto'. Na-
sciamo nudi e spogli, veniamo poi classificati con il
nostro Nome, cresciamo inconsapevoli del proprio
No-Me, sino a quando non andiamo incontro al no-
stro risveglio e lì, passando dalla propria accetta-
zione e che deve risultare esclusivamente incondi-
zionata, iniziamo un cambiamento, dove l'informa-
zione perde di significato, non perché diventata inu-
tile ed obsoleta, ma perché va così a completarsi.
262

[* Conversazione tratta da un Satsang (dal sanscrito,


satsaṅga in hindi, satsaṅg, da sat = vero, sanga = com-
pagnia). Sovente, viene usato nella religione induista e
nella Sant Mat per definire un consesso di persone che
tramite il dialogo, l'ascolto, la riflessione e la meditazione
si pongono come obiettivo il raggiungimento della realtà,
la verità. L'Induismo attribuisce molta importanza alle va-
rie compagnie che si frequentano; per questa ragione il
Satsang, ovvero la compagnia di persone spiritualmente
elevate, è considerata una pratica a tutti gli effetti, poiché
porta l'Uomo più vicino a Moksha, la liberazione.]
263
264

L’AUTORE

Federico Bellini è nato a Pontedera nel 1978, la


sua famiglia risiede da anni a Calcinaia e alterna la
sua vita e il lavoro con il paese di Vecchiano, in pro-
vincia di Pisa. Musicista, studia al Conservatorio
Cherubini di Firenze, diventa poi uno stimato cura-
tore d’arte organizzando centinaia di mostre d’arte
ed eventi culturali in diverse strutture turistiche tra
le province di Pisa, Lucca, Firenze e Pistoia, alter-
nando la sua poliedrica attività anche in veste di e-
ditore, scrittore e compositore.
Dopo essersi interessato ad esperienze extra-u-
mane, spesso associate al controverso mondo ufo-
logico, parlandone in importanti emittenti televisive
(Mistero su Italia1) e radiofoniche nazionali (Border
Nights, Forme d’Onda, etc.), o scrivendone in rivi-
ste specializzate che escono in edicola ogni mese
(XTimes, Ufo International) in seguito ha iniziato un
intensivo lavoro di ricerca interiore, sperimentando
su sé stesso un percorso alternativo, nel quale ha
unito tutte le sue conoscenze in un'unica, nuova e
particolareggiata visione spirituale dell'Universo.
Attualmente è impegnato, in collaborazione con
altri autori, nella stesura di libri che mirano a diffon-
dere queste conoscenze, oltre ad aver tenuto con-
265

ferenze su queste tematiche Oltreconfine in tutta


Italia, tra cui vengono segnalate quelle con l’Asses-
sorato alla Cultura del Comune di Capannori (Luc-
ca), nella Sala Consigliare del Comune di Cadone-
ghe (Padova), a Montanaro (Torino), Savona, Tre-
viso, Genova, Pisa e Roma, etc.
Creatore e gestore del blog “Coscienza Aliena”,
ad oggi seguito in Italia, e nel Mondo, da oltre 2 mi-
lioni di persone, è stato fondatore della casa editri-
ce “Risveglio Edizioni”, e tra i suoi ultimi progetti si
ricorda l’innovativo Per-Corso-Online de "Il Cam-
mino del Viandante".

Centro Studi Federico Bellini


www.centrostudifedericobellini.wordpress.com
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