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Volume : 2 Numero: 50 Data: Novembre 2011 Sede: Gruppo Alternativa Liguria Di: Asta Paolo, Martini Claudio

Alternativa news
In collaborazione con: Megachip

IN QUESTO NUMERO
1 Un referendum anche in Italia Di: ilmegafonoquotidiano.it [ pag. 1 ] 2 No ai governi delle lettere, si al referendum Di: Giorgio Cremaschi [ pag. 2 ] 3 Per una nuova indagine sull11 Settembre 2001 Di: Giulietto Chiesa [ pag. 2/3 ] 4 Imposimato a Pandora TV : 11 Settembre: sinora nessun processo, nessuna verit. Noi ci proviamo Di: Pandora Tv [ pag. 3 ] 5 Finanza tossica, tutto come prima Di: Alessio Mannino [ pag. 3/4 ] 6 Scuola, non tutto da buttare Di: Ettore Macchieraldo e Romano Calvo [ pag. 4/5 ] 7 I paladini dei diritti cancellati Di: Luciano Gallino [ pag. 5 ] 8 Il debito va pagato. Ma da chi lo ha generato Di: Maurizio Pallante e Andrea Bertaglio [ pag. 5/6 ] 9 La crisi degenera. Che sta succedendo? Di: Aldo Giannuli [ pag. 6/7 ] 10 Referendum? Lorrorelorrore.. Di: Pierluigi Fagan [ pag. 7/8 ] 11 Il disastro in Liguria e i suoi responsabili Due articoli di: Marino Badiale e Marco Martini [ pag. 8 ]

Un referendum anche in Italia


da ilmegafonoquotidiano.it.

Mentre la Grecia fa marcia indietro sullipotesi del referendum popolare, c chi in


Italia chiede che un referendum si svolga anche nel nostro paese. Obiettivo: la lettera di Trichet e Draghi al governo italiano cio le misure economiche che la Banca centrale chiede siano applicate dallItalia. Gli strumenti ci sono, assicura il Comitato No Debito, il coordinamento di varie forze sindacali, sociali, politiche, ambientaliste che si formato lo scorso 1 ottobre in una grande assemblea al teatro Ambra Jovinelli di Roma. A presentare la proposta in conferenza stampa stato Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale della Fiom affiancato dai diversi rappresentanti del Comitato: Usb, Forum ambientalista, sinistra Cgil, Rete Viola, Rifondazione comunista, Sinistra Critica, Pcl, Rete del comunisti, Alternativa di Giulietto Chiesa e altri ancora. Non siamo euroscettici, diciamo no ai vincoli europei e diciamo no al debito. E chiediamo di poter decidere con un vero e proprio referendum spiega Cremaschi che punta il dito contro i vertici dellUnione europea a cominciare dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. Questa Europa ormai alternativa alla democrazia, la piega e la fa soccombere viene ripetuto in diversi interventi a poche ore dalla decisione della Grecia di fare marcia indietro sul referendum. E invece noi, aggiunge Cremaschi, un referendum lo chiediamo anche per quanto riguarda lItalia. Come? A spiegarne le modalit Franco Russo che da anni segue le tematiche giuridiche e costituzionali con locchio rivolto ai movimenti socali, Istituzionalmente, dice, la cosa perfettamente fattibile perch non si voterebbe sui Trattati, cosa vietata dallarticolo 75 della Costituzione, ma sulle politiche dettate dallUnione. Russo spiega che la lettera di Trichet e Draghi del 4 agosto non altro che la riproposizione delle linee guida stabilite dallEcofin a giugno. Quelle direttive sono diventate legge europea il 21 giugno e dunque su quello che occorrebbe pronunciarsi. Si tratterebbe dunque di un referendum di indirizzo, cio consultivo e basterebbe, come gi avvenuto una volta nel 1989, che il Parlamento varasse una legge costituzionale per permettere una consultazione popolare. Sulla scheda andrebbe scritto: Siete favorevoli ai piani di salvataggio stabiliti dallUnione europea?. Il Comitato No Debito lancer una petizione formale al Parlamento, sulla quale saranno raccolte le adesioni pi ampie, per chiedere questa iniziativa. Senza, ovviamente, farsi illusioni In subordine, la proposta lanciata ieri, c lipotesi di un vero e proprio referendum autogestito. Proveremo a organizzare centinaia e centinaia di urne per permettere un voto popolare che pesi sullattuale fase politica.

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No ai governi delle lettere, s al referendum


di Giorgio Cremaschi Liberazione.

Per una nuova indagine sull11 settembre 2001


di Giulietto Chiesa - ilfattoquotidiano.it. Gravel, ex senatore dellAlaska (noto per avere rivelato al mondo i Pentagon Papers, che documentarono linganno del Golfo del Tonchino, con cui lAmerica fu portata in guerra contro il Vietnam) e Ferdinando Imposimato, magistrato di gran parte delle inchieste italiane pi scottanti contro leversione terroristica, annunciano due sensazionali iniziative: - il primo con lavvio di una procedura che potrebbe consentire di istituire, negli Stati Uniti, una Commissione dinchiesta per riaprire il caso dell11 settembre, dotata di poteri inquirenti e in grado di interrogare sotto giuramento; il secondo per chiamare lAmministrazione Bush a difendersi, tra laltro, dallaccusa di concorso in strage di fronte al Tribunale Penale Internazionale dellAja. Lo faranno insieme, in pubblico, a Roma, il 3 novembre, alle ore 11 nella Sala delle Bandiere della rappresentanza dellUnione Europea a Roma, via IV novembre, invitati da Gianni Vattimo, dallex senatore Fernando Rossi e dal sottoscritto (per inciso gli unici tre parlamentari italiani che hanno dichiarato in questi anni di non credere alla versione ufficiale della tragedia). Immaginando le inevitabili geremiadi sul complottismo (ma definire Gravel e Imposimato in questo modo non sar facile), vorrei qui riportare alcune citazioni di ben noti non complottisti DOC. Eccole: Governatore Thomas Kean, presidente della Commissone ufficiale sull11 settembre: Noi pensiamo che la Commissione, in molti modi, fu costituita in modo tale da farla fallire. Perch non avemmo abbastanza denaro, non avemmo abbastanza tempo, e fummo nominati dalle pi faziose persone a Washington. Membro del Congresso Lee Hamilton, copresidente della stessa Commissione: Io non credo un solo minuto che noi abbiamo ottenuto tutte le cose vere () La Commissione stata istituita perch fallisse () la gente dovrebbe cominciare a porsi delle domande sull11/9 (). Il commissario Timothy Roemer: Eravamo estremamente frustrati per le false dichiarazioni che stavamo ascoltando. Il senatore Max Cleland (che si dimise dalla Commissione in segno di protesta): E uno scandalo nazionale. John Farmer, ex Procuratore generale del New Jersey, che guid lo staff degli

Lannuncio

di un referendum in Grecia sul fraterno aiuto europeo ha avuto il grande pregio di squarciare i veli dellipocrisia e dimostrare che oggi il continente governato con un regime autoritario che rigetta ogni forma di reale partecipazione. Diversi commentatori hanno infatti scritto: la Grecia in guerra e sulle guerre non si fanno consultazioni. In realt il primo ministro Papandreu probabilmente ha concepito, per ricostruire il proprio consenso, unoperazione alla Marchionne su scala nazionale: imporre ai propri cittadini di votare s sotto il ricatto della catastrofe economica e della fame. Ma nonostante queste intenzioni, che dovrebbero piacere ai vertici europei, il primo ministro greco non stato capito, tutti i potenti dEuropa si sono scandalizzati e, di fronte alla sola ipotesi di un intervento dei cittadini nella gestione della crisi, le borse e i titoli del debito pubblico sono crollati. Nel 1989 furono i popoli dellEst a travolgere i regimi del socialismo reale. Allora nelle cancellerie occidentali si brind per lestendersi della democrazia in tutto il continente. Nel 2011 i pronunciamenti dei popoli europei fanno paura e si teme che qualsiasi atto di partecipazione democratica un referendum ma anche solo uno sciopero come una manifestazione possa far crollare il regime burocratico finanziario che governa il continente. Tra queste due date si dipana il fallimento del capitalismo liberista assieme a quello di una costruzione europea fondata sulla moneta, sulle banche, sul mercato selvaggio e sulla flessibilit del lavoro. Lunit dell Europa non esiste e nulla di quello che oggi si decide fa davvero riferimento ad essa. Lunit dell Europa oggi uno specchietto per le allodole, un argomento di vuota retorica buono solo per coprire gli interessi reali delle fallimentari classi dirigenti del continente. Francia e Germania hanno in mente prima di tutto la tutela della propria finanza e delle proprie banche e hanno la forza di chiedere il conto a tutti gli altri. I paesi pi deboli, tra cui lItalia, mendicano riconoscimenti e sostegni in competizione e in alternativa tra loro. Tutti sono uniti solo nel colpire i redditi e i diritti del mondo del lavoro. LEuropa democratica non c, al suo posto arranca una costruzione misera economicamente e moralmente che sta riproducendo le decisioni dei tempi di guerra. I governi di destra e la sinistra ad essi subalterna sottoscrivono i rispettivi crediti di guerra come avvenne nel tragico suicidio europeo del 1914. Per fortuna oggi non si spara, ma quegli impegni e quelle riforme che i governi sottoscrivono per salvare i profitti della finanza e delle banche colpiscono in maniera brutale tutti i diritti e le condizioni di vita dei popoli. Questo mentre un regime informativo embedded al seguito dei convogli bancari veicola un unico pensiero secondo il quale lo scopo della politica oggi dovrebbe essere prima di tutto quello di rassicurare i mercati. LItalia solo un punto estremo della crisi della democrazia europea. Limpresentabilit e i fallimenti del governo Berlusconi aggiungono costi ai costi. Il governo Berlusconi va cacciato, ma non per continuare a somministrare le stesse ricette di sempre. Questo rischio c tutto visto che il programma scritto nella lettera che il presidente del consiglio ha inviato in Europa sta diventando il testo di riferimento per tutti i prossimi governi. Non siamo daccordo con il presidente della Repubblica quando, come ha fatto per la guerra in Libia, interviene esplicitamente nella gestione politica della crisi chiedendo coesione nazionale attorno a un governo che attui le misure richieste dalla lettera famigerata della Bce. Il vincolo europeo dei patti di stabilit non pu pi essere accettato. Per uscire dalla crisi bisogna innanzitutto respingere la lettera della Bce e costruire una politica economica sociale e fiscale alternativa a quella proposta in quel testo. Bisogna, come afferma anche Guido Rossi sul Corriere della sera, ripartire dalluguaglianza, cio togliere ricchezza a chi ce lha e redistribuire reddito a favore prima di tutto dei salari. Bisogna allargare non diminuire la spesa pubblica. Bisogna nazionalizzare il sistema bancario invece che finanziarlo gratuitamente con i soldi dello stato sociale. Si torna cos alla crisi politica italiana. Infatti ormai chiaro che non solo il centrodestra, ma anche lattuale centrosinistra sono inadeguati di fronte a questo disastro e non a caso si stanno scomponendo. Una riedizione degli schieramenti del 2006 ci consegnerebbe un centrosinistra magari vincente ma sostanzialmente succube alle banche e alla grande borghesia che hanno sfiduciato Berlusconi da destra. Sbaglia il Pdci di Diliberto a riproporre le scelte di cinque anni fa. O si sta con la Bce e allora si fa una politica di destra anche se ci si chiama in un altro modo, oppure ci si batte per il cambiamento sociale ed economico e allora si entra in conflitto immediato con i poteri che oggi governano lItalia e lEuropa. E per questo che il referendum greco fa tanta paura. Ed per questo che nellassemblea del primo ottobre contro il debito abbiamo chiesto di poter votare anche in Italia. Bisogna riprendersi il diritto di decidere, come chiedono le piazze degli indignati che difendono davvero la democrazia.

Mike

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inquirenti: A un certo livello nel governo, a un certo momento () ci fu una qualche intesa, di non dire la verit su ci che era accaduto () Io fui sbalordito per la cos grande differenza tra la verit e il modo in cui essa veniva raccontata () I nastri dicevano una storia radicalmente diversa da quella che ci veniva raccontata, a noi e al pubblico per ben due anni () Cerano interviste fatte dal centro di New York della Federal Aviation Administration la notte del 9/11, ma quei nastri vennero distrutti. I nastri della CIA sugli interrogatori furono distrutti. La vicenda del 9/11, per dirla con un eufemismo, stata distorta e fu completamente diversa da come and effettivamente. Lincontro di Mike Gravel e Ferdinando Imposimato con giornalisti e parlamentari, italiani e europei, aperto al pubblico.

Imposimato a Pandora TV: 11 settembre: sinora nessun processo, nessuna verit. Noi ci proviamo.
In una videointervista rilasciata a Giulietto Chiesa su PandoraTV.it, il Presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, Ferdinando Imposimato, conferma lintenzione di presentare una denuncia presso la Corte penale internazionale dellAja per far aprire un processo a carico delle istituzioni che hanno concorso nelle stragi dell11 settembre 2001. Imposimato aveva gi annunciato questo intento clamoroso, ma pochissimi media ne hanno dato notizia fino ad ora. Ne parler di nuovo in occasione di una conferenza stampa che ha convocato il 3 novembre assieme allex senatore USA Mike Gravel, il politico che svel al Congresso i Pentagon Papers, una sorta di Wikileaks degli anni settanta che demol i segreti della guerra del Vietnam. Il magistrato italiano, in veste di giudice istruttore ha avviato a suo tempo i processi sui pi importanti casi di terrorismo in Italia, dal processo Aldo Moro a quello sull'attentato a Papa Wojtya, scoperchiando le ramificate interferenze nel terrorismo italiano dei servizi segreti di vari paesi, compresi quelli israeliani e perfino il KGB. Nellintervista a Giulietto Chiesa, Imposimato sottolinea lassoluta insufficienza delle indagini ufficiali fin qui condotte sulle stragi dell11 settembre, senza gli standard minimi normalmente assicurati negli ordinamenti anglosassoni dal due process. Il magistrato cita il caso del crollo che ha totalmente disintegrato tre torri del World Trade Center, avvenuto in pochi secondi e fin qui analizzato in via ufficiale solo da agenzie di esperti legate al governo USA, come il NIST. In casi di questo genere spiega Imposimato in tutti i paesi del mondo innanzitutto c un processo pubblico contro i responsabili, ossia la vasta rete dei complici dei presunti attentatori. In questo processo pubblico bisognerebbe dare la possibilit ai familiari delle vittime di portare un contributo di conoscenza attraverso i propri esperti, perch secondo le regole del Due Process of Law che sono state definite proprio negli Stati Uniti e nei paesi di Common law - bisogna che questi accertamenti non siano fatti da

una sola autorit, che lautorit che difende lo Stato, e che possibile responsabile dei fatti, ma che siano fatti nel contraddittorio delle parti: cio, da una parte c lesperto del pubblico ministero, del prosecutor, e dallaltra lesperto nominato dai familiari delle parti offese. Chiesa chiede a Imposimato se non gli sembri strano che a parte il processo a Moussaoui, che per non ha partecipato agli attentati perch l11 settembre era in carcere nessun processo sia stato celebrato sulle stragi. un indizio di una volont di coprire gli attentati che non si vista in nessuna parte del mondo, scandisce Imposimato, che aggiunge: Noi non possiamo accettare una verit che ci viene dal NIST. Nel prosieguo dellintervista, Imposimato fa a pezzi in punta di diritto i pezzi di inchiesta fin qui portati avanti, come le confessioni estorte sotto tortura alla presunta mente degli attentati, Khaled Sheikh Mohammed, del tutto inutilizzabili in un qualsiasi processo. Il magistrato, che anche autore del libro Terrorismo internazionale, la verit nascosta (Koin, 2002), spiega che le regole della Corte penale internazionale vincolano anche i paesi che non hanno firmato la convenzione e formalmente non ne riconoscono la giurisdizione: stato cos per la Libia di Gheddafi, e giuridicamente vale lo stesso anche per lamministrazione USA. La denuncia non potr dunque essere presa sottogamba.

conseguenze della crisi originata dalla finanza tossica sono curate con altra finanza tossica. E per di pi con gli stessi identici sistemi. E noi poi ci tocca ascoltare i signori politici al soldo delle banche che si dicono preoccupati perch la gente non ha pi fiducia in questo modello di sviluppo. Ti credo: ci truffano ancora e sempre rifilandoci altre bolle finanziarie, rimandando in l nel tempo i debiti che sono destinati prima o poi a esplodere. Voi che continuare a crederci, alla fola del "mercato" e al teatrino destra-sinistra che le fa da copertura, il crac ve lo meritate. Ma noi, pochi anche se in crescita, che la storia dell'orso non ce la beviamo pi, perch dovremmo subirlo? Ditelo a chiunque: ci stanno fregando di nuovo, e se non cominciamo a dire "no" alla frode dell'euro, a questa Europa in mano ai banchieri e all'economia manipolata dalla speculazione, essere indignati non serve a un tubo. (a.m.) Emissari ad Atene. I segreti del patto di Bruxelles Il collasso a Wall Street nel 2008 ebbe due detonatori: i Cdo (Collateralized debt obligation), e i Cds (Credit default swap). I primi emettevano bond il cui valore era sostenuto da una massa di mutui immobiliari sottostanti: le famiglie indebitatesi per comprare casa garantivano che quei titoli sarebbero stati onorati. I Cds invece sono assicurazioni che una banca paga in caso di insolvenza su questo o quel bond. Queste sigle erano l' ultima frontiera dell' ingegneria finanziaria. Ora l' Europa le rispolvera per salvare se stessa. Il meccanismo del fondo salvataggi emerso dal vertice, senza evocarne i nomi, ricorda da vicino un Cds a cui si aggiunge un Cdo: tutto per mettere al sicuro l' Italia. Possibile? Uno strumento che promette di indennizzare il 20-25% delle perdite a un investitore in bond, come fa il fondo europeo Efsf, in effetti un Cds. C' poi la seconda parte del meccanismo, quella basata sul veicolo nel quale confluiscono anche gli investitori privati, oltre alla Cina o all' Arabia Saudita. Funziona cos: in quel veicolo il 20% dei soldi viene messo dal fondo europeo e il restante 80% dai privati e dai fondi sovrani; quindi il veicolo compra titoli - diciamo italiani e spagnoli sul mercato. Se Roma

Finanza tossica, tutto come prima - di Alessio Mannino E' sempre una piacevole sorpresa quando
l'informazione mainstream, sia pur tra titoloni entusiasti ed editoriali propagandistici, ogni tanto fa saltar fuori qualche brandello di verit. Oggi un bell'articolo di Massimo Mucchetti, l'unico leggibile in quella pravda che il Corriere della Sera, riporta il dato osceno della disuguaglianza economica figlia della globalizzazione. Si guarda bene dallo spingersi oltre, il neo-keynesiano Mucchetti, per gi qualcosa. Ieri, in un colonnino a pagina 2, sempre il Corrierone, fanaticamente allineato al pensiero unico filo-bancario, ha confessato in cosa consiste il fondo salva-stati europeo (ve lo ricopio qui sotto). In due parole: le devastanti

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o Madrid fanno default, le prime perdite le subisce tutte il fondo europeo: il sistema come un palazzo in cui l' Efsf sta al primo piano e sarebbe dunque il primo ad andare sott' acqua in caso di tsunami. Dunque gli investitori privati godono ancora una volta di una garanzia. Non solo: proprio come un Cdo, il veicolo a sua volta pu vendere sul mercato bond sostenuti dal debito pubblico di Italia e Spagna, anche questi assicurabili al 20-25%. L' Europa antispeculazione e pro-Tobin Tax arriva a un livello di sofisticazione finanziaria da far impallidire Goldman Sachs, con la differenza che non lo spiega (neanche in caratteri minuscoli come si fa di solito in fondo ai documenti a Wall Street). E in America quando i debitori sottostanti a un Cdo sono affogati e tutto saltato, lo Stato ha tamponato le perdite. In questo caso invece a tamponare non basterebbe pi nessuno Stato: solo la Bce potrebbe farlo, anche se per ora non vi autorizzata. Accanto a tanta tecnofinanza, il vertice europeo ha prodotto un' importante novit politica: ha trasformato la Grecia in un protettorato. Il governo di Atene perde le leve del potere. Funzionari di Bruxelles e delle capitali nazionali (anche di Berlino) si installeranno nei ministeri, nelle agenzie pubbliche, nella task force privatizzazioni a monitorare sul terreno. Come Caschi blu dell' economia in uno Stato fallito. Federico Fubini Il Corriere della Sera 28 ottobre 2011

Scuola, non tutto da buttare - di Ettore Macchieraldo e


Romano Calvo Megachip.

Chi non avesse labitudine a frequentare


le aule scolastiche italiane e quindi non avesse la possibilit di toccare con mano la dbcle della scuola pubblica, farebbe bene a considerare questi dati: gli "early school leavers" cio coloro che si sono congedati troppo presto dalla scuola, in Italia, nel 2008 erano quasi 900 mila: ragazzi di et compresa fra i 18 e i 24 anni oltre il 20 per cento del totale di quella fascia in possesso della sola licenza media e che non partecipano a nessuna forma di educazione o formazione. Sono oltre 500 mila gli alunni italiani che ogni anno interrompono gli studi o vanno incontro ad una bocciatura. La conferma arrivata da viale Trastevere che ha pubblicato il dossier dal titolo "La dispersione scolastica: indicatori di base per l'analisi del fenomeno". Un fenomeno che al Paese costa 3 miliardi di euro l'anno di costi diretti e una cifra non quantificabile di costi indiretti che possono essere molto pesanti. Nel 2010 la probabilit di diplomarsi, per uno studente iscritto al primo anno della scuola secondaria di secondo grado cinque anni prima, pari al 70%. Significa che il 30% di chi si iscrive in prima superiore, al diploma non ci arriver mai! In tema di lotta alla dispersione scolastica i dati Ocse degli anni novanta ci davano al 3 posto (su 15), mentre nel 2010 siamo scesi al 13 posto. Ma i dati statistici non sono sufficienti a spiegare il fenomeno strisciante che molta letteratura recente ha saputo mettere in evidenza. Per molti studenti della scuola secondaria, la scuola essenzialmente noia, tempo sprecato. Un parcheggio verso non si sa dove. Un recinto per contenere i mostri. Un tempo morto che offre veramente poco nello sviluppo di conoscenze e capacit critiche. Da decenni migliaia di esperti si sono avvicendati al capezzale di questo

moribondo. E non c un solo tentativo di riforma messo in atto, dagli anni novanta in poi, che abbia segnato un qualche percettibile miglioramento. Possiamo affermare, anzi, che la regressione progressiva. Vorremmo provare a fare qualche passo indietro quando, sullonda della contestazione, vi furono interessanti tentativi di cambiamento. Sperimentazioni il cui fallimento dovrebbe fare riflettere, ma non per rimuoverle dalla discussione. "La lettera a una professoressa" della Scuola di Barbiana stata presa dai contestatori del Sessantotto come strumento di critica. Soprattutto le pagine dedicate ai Pierini e contro la selezione di classe. Questo movimento ha prodotto effetti interessanti, cos che nelle scuole di base (materne, primarie e medie) fino agli anni novanta si sono limitate le bocciature e si assicurato un discreto livello di qualit educativa. I Pierini erano i figli dei ricchi, facilitati, grazie allambiente sociale di provenienza, nel successo scolastico e, successivamente, nella societ. Il fenomeno nellultimo decennio si accentuato. Riconosciamo, per, che a questo progressivo impoverimento economico e culturale dei meno abbienti non corrisposta la formazione di una futura classe dirigente preparata. Questo doppiamente grave. Non crediamo che a questa involuzione si possa rispondere tornando alla scuola dei Pierini. Siamo convinti che ci voglia pi partecipazione nella scuola per salvarla e farne luogo strategico per la Transizione. Degli strumenti ci sono e altri dobbiamo inventarli. I Decreti Delegati degli anni 70 hanno sancito l'entrata nella scuola della comunit educante: genitori, cittadini, amministrazioni. Ma ci non si realizzato. Ha vinto la burocrazia ed il potere autoreferenziale degli addetti scolastici. Il filo del discorso va ripreso proprio da l, riappropriandosi degli strumenti svuotati. Nella dimensione territoriale, che riteniamo sia quella ottimale per acquistare sovranit popolare, fondamentale che la scuola diventi il luogo dove coalizzare interessi

diversi e categorie sociali frammentate. Certo comporta dei rischi, soprattutto di disomogeneit dei servizi. A questo dovrebbe porre rimedio un oculata gestione centrale, che sia in grado di intervenire, dove necessario, ma anche di farsi da parte dove non lo . Negli anni 70 gli scritti di Ivan Illich sulla necessit di descolarizzare la societ, sembravano folle utopia, eppure 40 anni dopo abbiamo davanti agli occhi tutte le evidenze dei disastri provocati sul sapere dalla ministerializzazione della scuola. Il sapere affidato ad un ceto di burocrati ed impiegati ministeriali, si trasformato in banalit, in formule da imparare a memoria, fino a ridursi alla totale irrilevanza. Leducazione stata affidata ad un organismo centralizzato e burocratico che non capace nemmeno di controllare la tenuta del tetto che ha sulla testa. Questo processo stato accentuato dalla aziendalizzazione dellistituzione scolastica. Sappiamo che negli organi decisionali degli Istituti di ogni ordine e grado ci si occupa quasi esclusivamente dei magri bilanci e poco, pochissimo, di programmi e didattica. Proprio per questo dobbiamo rendere incisiva la partecipazione che, intorno ai tagli alla Scuola pubblica, ha in questi anni portato a dialogare insegnanti, genitori e studenti. Ed occorre permettere che questo dialogo apra la possibilit di rivoluzionare dal basso i programmi e la didattica, mettendo in discussione tutto: la scansione oraria, lo spazio fisico, il frazionamento delle materie, le specializzazioni dei docenti, le forme del loro reclutamento e le carriere. Non possiamo in questa sede entrare nel merito, ci preme per riabilitare un altro pezzo delle esperienze critiche che attraversarono questo Paese, vivacizzandolo, nel decennio dei 70. E sono quelle persone e gruppi che, fuori e dentro le istituzioni, hanno messo in discussione le gerarchie dei saperi. C' un filone intellettuale, non del tutto organico al movimento del '68 , che si basa sull'intelligenza della mano. Riprendere questo pensiero e queste pratiche aiuterebbe a ridare il giusto spazio alla

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cultura alta (filosofia, matematica) mettendola in relazione dialettica con i saperi tecnici, professionali e pratici. La funzione della scuola non si riduce alla formazione professionale. Ma non esiste sapere che non si sviluppi a partire dallesperienza. Per questo necessario riportare l'esperienza al centro dell'apprendimento. Consigliamo la lettura di Enzo Mari, Progetto e passione, 2001. Pensiamo sia una trasformazione culturale importante, soprattutto se inserita nella prospettiva della decrescita, o conversione ecologica o che dir si voglia. Avremo bisogno, noi e i nostri figli, di essere capaci di costruirci merci e servizi ben fatti, consapevoli sia dei contenuti intellettuali che di quelli pratici che questi oggetti e funzioni hanno in s. Se vogliamo porre mano alla Scuola e metterla al centro della trasformazione delle crisi in corso, dobbiamo eliminare questa scissione.

I paladini dei diritti cancellati


di Luciano Gallino - repubblica.it.

Le dichiarazioni del ministro Maurizio Sacconi circa la possibilit


che creare tensioni sulla riforma del lavoro possa portare a nuove stagioni di attentati sono a dir poco avventate. Non vorremmo pensare che sia un modo per mettere a tacere qualsiasi critica. Ma quanto meno un modo per evitare che si parli della inettitudine del governo, di cui parte, nel fare fronte con adeguate politiche delleconomia e del lavoro ai drammi sociali della crisi. Ci che infatti lascia stupefatti, nei propositi governativi di accrescere la libert di licenziamento, che vi siano un ministro del Lavoro, un certo numero di accademici, quattro quinti dei media e molti politici, anche di centrosinistra, capaci di sostenere con tutta seriet che ci necessario perch i lavoratori godono di garanzie eccessive quanto a mantenimento del posto. Sono troppo garantiti. Il posto fisso di tanti occupati impedirebbe alle aziende di assumere perch in caso di crisi non li possono licenziare. Qualcuno dovrebbe spiegare ai fautori del licenziamento facile che nel mondo reale delle imprese e del lavoro il posto fisso, ossia la sicurezza delloccupazione, sulla via del tramonto da oltre un decennio, e con la crisi quasi scomparso. Oppure potrebbero prendere loro liniziativa, facendo una serie di conferenze in giro per l'Italia allo scopo di spiegare a migliaia di lavoratori, occupati da imprese in crisi, come mai le straordinarie garanzie delloccupazione di cui godono per legge non consentono ai loro datori di lavoro di licenziarli, ma soltanto di dichiararli "esuberi". Unetichetta che a rigore non un licenziamento, ma quasi sempre porta allo stesso risultato: la perdita del lavoro, attraverso calvari pi o meno lunghi che si chiamano cassa integrazione, piani di mobilit, prepensionamenti. Avrebbero un lungo tour da fare, i fautori del licenziamento reso facile per far crescere le imprese e loccupazione. Potrebbero cominciare da Pomigliano, dove Fiat assicura che per linizio del 2012 arriver ad assumere almeno 1000 persone (purch, beninteso, non abbiano la tessera della Fiom); gli altri 4000 potranno godersi ancora per qualche mese il posto garantito dalla cassa integrazione (750 euro al mese). Dopo, chiss. Si dovrebbe poi visitare Mirafiori, dove i 5000 che saranno in cassa fino a met del 2013 possono solo sperare che la targa di esuberi nel frattempo non cada anche su di loro. Il viaggio per spiegare ai lavoratori quanto siano garantiti, per cui occorre una nuova legge apposita al fine di ridurre le inaudite garanzie di cui godono, potrebbe quindi spingersi a Monfalcone a est ed a Sestri a ovest, luoghi dove Fincantieri ha annunciato 2.550 esuberi, o nei siti Alenia di Piemonte, Lazio e Campania, dove gli esuberi annunciati da attuare mediante "accompagnamento alla pensione" sono 2.200. Per arricchire il tour non guasterebbe una sosta nelle grandi piazze finanziarie, o a Roma presso lAbi, visto che le banche hanno in programma 30.000 prepensionamenti obbligatori. E sempre a Roma i paladini del licenziamento allamericana si chiama uno e gli si dice "sei fuori, ma hai mezzora per portar via le tue cose" potrebbero fare una capatina al ministero dello Sviluppo Economico, chiedendo di dare unocchiata alle tabelle che mostrano come i lavoratori a rischio di perdere il posto causa crisi delle imprese che le occupano siano intorno ai75-80.000. Si tratta

in molti casi di imprese medio-grandi, tipo Merloni (4.000 lavoratori a rischio), Eutelia, un caso di cui si molto parlato (1.900), Natuzzi (1.350) e decine di altri. Facendo un po di somme, che richiederebbero di andare ben oltre i casi citati, i lavoratori supposti godere di un posto fisso, ma che a causa della crisi sono in questo momento in procinto di perderlo, sono centinaia di migliaia. Dinanzi a simili realt e al fatto che il governo sembri non tenerne minimamente conto, unaltra ipotesi potrebbe essere che tanto la lettera della Ue, quanto il fervore antilavorista del governo stesso, siano un mediocre gioco delle parti per dare a intendere agli investitori che luna e laltro sanno bene come mettere in atto programmi anticrisi davvero efficaci. Facendo finta di credere che il posto fisso esista ancora.

Il debito va pagato. Ma da chi lo ha generato - di Maurizio Pallante e Andrea Bertaglio.


In
questo periodo di proteste sono stati diffusi in rete appelli come Noi il debito non lo paghiamo. Dobbiamo fermarli. Ma non sarebbe meglio dire: il debito deve essere pagato da chi ci ha speculato sopra, da chi ci si arricchito pi di quanto lo era gi? Lambiguit delle affermazioni tipo Non paghiamo il debito derivano da una interpretazione della crisi e delle sue cause un po semplicistica. Si parla infatti di una crisi provocata e gestita dai ricchi e dal grande capitale finanziario. Ma si tratta davvero di una crisi prevalentemente finanziaria? Non della crisi di un modello economico e produttivo fondato sulla crescita della produzione di merci? I colossali debiti pubblici dei Paesi industrializzati, a cui occorre aggiungere i debiti delle famiglie e delle imprese, sono stati accumulati allo scopo di accrescere sistematicamente la domanda per assorbire le quantit crescenti di merci immesse sui mercati in conseguenza di un aumento della produttivit dovuto allo sviluppo tecnologico. Il pagamento del debito deve quindi ricadere sulle spalle di chi ha gestito la domanda speculandoci sopra, mediante una tassazione mirata sui grandi capitali e i grandi profitti. Il debito va pagato da loro. Ma questo non basta se contestualmente non si interviene per eliminare le cause che hanno portato allaccumulazione di questi debiti. Solo una decrescita selettiva del Pil, ottenuta eliminando gli sprechi e le inefficienze con uno sviluppo tecnologico diverso, non pi finalizzato ad accrescere la produttivit, ma a ridurre il consumo di risorse, il consumo di energia e le quantit dei rifiuti, pu consentire che non si accumulino di nuovo dei debiti per assorbire una produzione crescente di merci che non sarebbe assorbita autonomamente dal mercato. Dunque: il debito stato contratto dagli Stati per consentire alle grandi aziende di vendere tutto ci che producono (per esempio i contributi pubblici per la rottamazione delle automobili) o di realizzare grandi opere pagate dal denaro pubblico (per esempio il Tav, le autostrade, le strutture olimpiche). Per pagare questi costi gli Stati si sono fatti prestare i soldi dai risparmiatori e li hanno dati alle grandi imprese. Se si decide di non pagare pi il debito, chi ha avuto ha avuto (le grandi imprese), chi ha dato ha dato (i risparmiatori) e non gli viene restituito ci che ha dato. Ma

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chi sostiene queste proposte ha una vaga idea delle loro conseguenze? Il debito va pagato e lo devono pagare le classi sociali che ci si sono arricchite sopra. Questo va detto senza ambiguit, senza rifugiarsi dietro frasi vuote come: Si deve uscire dalla crisi con il cambiamento e linnovazione. O affermazioni del tipo: Le risorse ci sono. Se per risorse sintendono quelle della Terra, sono in molti ad avere dei dubbi che ce ne siano ancora abbastanza per continuare a consumarne come si fatto negli ultimi cento anni. Se per risorse sintendono quelle finanziarie e si porta come esempio il taglio delle spese militari (che va fatto per ragioni etiche su cui non occorre spendere parole) non si ha idea di cosa si sta parlando: il bilancio del Ministero della difesa italiano nel 2010 stato di 27 miliardi di euro, il costo dei 131 cacciabombardieri F 35 ammonter nei prossimi anni a 17 miliardi di euro, il debito pubblico italiano viaggia verso i 2000 miliardi di euro. Il taglio delle spese militari non basta. Tutto ci pu dare una boccata dossigeno. Ma non servirebbe se son si eliminassero le cause che hanno portato alla formazione dei debiti pubblici e cio la finalizzazione delleconomia alla crescita della produzione di merci. Solo una politica economica e industriale finalizzata alla riduzione dei consumi inutili e degli sprechi, la crescita dellefficienza energetica, lo sviluppo delle fonti rinnovabili, il recupero dei materiali contenuti negli oggetti dismessi, il blocco della cementificazione, la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, il potenziamento dei trasporti pubblici e forti limitazioni alluso dei mezzi privati possono consentire alle economie dei paesi industrializzati di uscire dalla spirale dei debiti che li sta strozzando.

La crisi degenera. Che sta succedendo? - di Aldo Giannuli I mercati sono in picchiata, lo spettro di
un gigantesco effetto domino si para improvvisamente davanti: default della Grecia- crisi bancaria franco-tedescadefault italiano- fine delleuro- fine della Ue, grande crisi mondiale. E tutto questo stato innescato solo dallannuncio di Papandreu di un referendum sul piano di aiuti ottenuto e sulle conseguenti misure da adottare. Per capire dove stiamo andando a sbattere, partiamo da una domanda: perch Papandreu ha fatto questa mossa? Si potrebbe pensare che ci sia dietro una strategia del tipo: se salta tutto, noi greci andiamo a terra, ma ci portiamo appresso tutti voi, signori dellEurozona, per cui vi conviene concederci gli aiuti a condizioni pi ragionevoli, per evitare la catastrofe. Ma questo non convince: un argomento che Papandreu avrebbe potuto far valere gi da due anni e non lo ha mai fatto, che senso avrebbe farlo ora, dopo aver appena concluso con successo il negoziato per il finanziamento Ue-Bce per una rata di bond? Rimettere tutto in discussione a questo punto molto pi che una mossa azzardata: somiglia molto da vicino ad un suicidio. Peraltro, se davvero ci fosse qualche calcolo politico di portata internazionale, si immagina che il governo greco ne avrebbe informato il governo ed il partito che lo sostiene, che farebbero quadrato intorno a lui. E, invece, a quanto pare, nemmeno il ministro delle finanze non ne sapeva nulla e il Pasok stato colto del tutto impreparato al punto che diversi suoi deputati chiedono le dimissioni del governo. Dunque, non si tratta di questo. A darci qualche lume per capire la situazione un libro di Dimitri Deliolanes uscito da poche settimane Come la Grecia ed. Fandango-Libri, Roma 2011, la

cui lettura consiglio caldamente, per sfatare molti pregiudizi ed apprendere notizie che difficilmente si leggono sui nostri quotidiani. Fra le altre, Deliolanes fornisce molte notizie sulle caratteristiche personali del ceto politico greco e del suo principale esponente, Papandreu, greco della diaspora, vissuto per quasi tutta la sua vita negli Usa, uso frequentare i migliori salotti della politica e della finanza mondiale, con legami assai deboli con il suo paese di origine di cui ha una immagine molto fantasiosa. Tornato in patria come lerede di una leggendaria dinastia di governanti (il nonno Yiorgos fu leader dellUnione di Centro e capo del governo nel 1944 e poi negli anni sessanta, il padre Andreas fu il capo dellopposizione al regime dei colonnelli, fondatore del Pasok e capo del governo negli anni ottanta), era naturalmente destinato a prendere le redini del partito e candidarsi a Presidente del Consiglio, nonostante la debole conoscenza del suo paese. Per di pi, egli non ha minimamente le capacit politiche degli illustri ascendenti ed ha decise inclinazioni personalistiche, pi incline a formarsi una corte personale che un vero e proprio gruppo dirigente di partito e di governo. Corte nella quale ascoltato consigliere Pavlos Yierousulanos, un vecchio amico, anche lui reduce di universit americane ed inglesi, del tutto estraneo alla patria dorigine ma comunque nominato ministro del Turismo (che, in Grecia, vuol dire qualcosa). Lattuale Papandreu ha ripetutamente dimostrato di considerare il Pasok come una mera appendice personale, mentre ritiene che il merito della vittoria elettorale risieda soprattutto nel suo nome altisonante e non tiene in gran conto le critiche alle sue scelte di governo. Vi ricorda nessuno questo ritrattino? La situazione precipitata negli ultimi giorni di ottobre: sbandierato come un clamoroso successo la tranche di finanziamenti ottenuti dallEuropa, non si

aspettava le dimostrazioni popolari ostili del 28 ottobre, data nella quale i greci (che hanno un forte senso nazionale) ricordano la vittoria sullaggressione dellItalia del 1940, con manifestazioni sempre molto partecipate. In questa occasione le usuali critiche a Papandreu di essere un amerikano (con il k) che ha venduto il paese agli stranieri, sono state ancora pi violente. Di qui la reazione del premier che, in perfetta solitudine e senza degnarsi di consultare neppure il suo ministro delle Finanze, ha convocato un referendum, forse pensando di essere De Gaulle. Il calcolo politico, piccolo piccolo, per la verit, sembra essere questo: fare un referendum sul piano di aiuti che si trasformi in un referendum su Euro o Dracma, vincerlo e piegare le resistenze ai piani di risanamento imposti dalla Ue. Peccato che i sondaggi diano il no al piano al 60% e che questo abbia immediatamente scatenato il terremoto finanziario che ha travolto le borse europee. Che succeder ora? La cosa pi probabile che il referendum non si far, che il governo Papandreu cada e che si vada ad elezioni anticipate, magari passando per un governo di unit nazionale; dopo di che il probabile vincitore sarebbe Venizelos che far esattamente le stesse cose ordinate dalla Ue con un pizzico di sadismo in pi. Nel frattempo, la notizia della caduta del governo Papandreu calmer i mercati, si ritrover una qualche stabilit e forse, addirittura, ci sar qualche momento di euforia, ma i problemi resteranno tutti e si tratter solo di una piccola tregua. E, pi o meno, quello che ha fatto Zapatero (ma l i socialisti hanno pi probabilit di vincere) ed la stessa cosa che borse e governi europei auspicano che accada in Italia. Intendiamoci: in tutto questo sfacelo le bestialit dei governanti hanno un peso e lItalia in particolare paga in pi la tassa Berlusconi dovuta allimpresentabilit del suo Primo Ministro. E auspicabilissimo che il Cavaliere finalmente si tolga dai piedi, il che guadagnerebbe qualche indulgenza

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della Ue al nostro sfortunato paese, ma le cose sono molto pi complicate e non si risolvono solo togliendo di mezzo i governanti-macchietta del continente (peraltro, quanto a macchiette, non che Sarkozy e la Merkel siano poi tanto meglio). Il punto un altro: la speculazione internazionale sta puntando le sue carte sul fallimento dellEuropa e della sua moneta. Noi non amiamo rifugiarci dietro questi comodi nomi generici (speculazione internazionale, poteri forti, ecc.) e preferiamo puntare il dito verso obbiettivi pi precisi, dunque diciamo che i protagonisti principali delloperazione sono le maggiori banche daffari americane, Goldman Sachs in testa, con lappoggio degli hedge fund e private equity collegati, con la benevolenza del governo americano e la complicit delle agenzie di rating. Poi ci si aggiungono molti altri soggetti finanziari che sperano di banchettare anche loro sul cadavere delleuro (gli squali seguono sempre la scia delle navi, nella speranza di avventarsi sui rifiuti buttati in mare), ma la testa delloperazione sta l a Wall Street. Laffondamento dellEuro (e dei titoli di debito pubblico cos denominati) avrebbe diversi vantaggi per gli amici di Oltreatlantico. In primo luogo si tratterebbe della classica ricetta dei tempi di crisi: trovare il capro espiatorio cui rifilare il conto di tutti. E lEuro lanello debole della catena, naturalmente destinato a spezzarsi: debole perch una moneta senza Stato, incapace di assumere tempestivamente decisioni efficaci, debole perch una moneta senza politica, debole perch mette insieme alla rinfusa economie diversissime fra loro che emettono titoli di debito sconsideratamente e senza raccordo fra loro, debole, soprattutto, perch ha dietro di s un ceto politico dove il migliore quello mediocre e tutti gli altri sono delle bestie. In queste condizioni, e dato il vento che spira, puntare allo scasso dellEuro e titoli collegati il gioco pi ovvio che si possa immaginare ed i ribassisti di tutto il mondo staranno gi da mesi puntando alla grande sulle vendite allo scoperto. Fra laltro, questo avrebbe anche il vantaggio di accumulare liquidit, in vista della tempesta della scadenza dei titoli da alto rischio prevista per il prossimo anno. Ma la fine dellEuro avrebbe anche molte altre conseguenze gradite a Wall Street e dalle parti del Potomac: il ritorno alle monete nazionali (o lo sdoppiamento dellEuro fra forte e debole) avrebbe come conseguenza lemergere di monete forti nellarea dellEuropa centro settentrionale (soprattutto se la Germania tornasse al marco) determinando la caduta delle esportazioni europee nel Mondo facilitando quelle americane. Inoltre

il fallimento dellEuro avrebbe leffetto di consolidare il dollaro che, nonostante tutto, potrebbe presentarsi come lancoraggio monetario pi stabile. Magari non funzionerebbe per molto, ma un po di respiro al biglietto verde lo darebbe. Poi ci sarebbero conseguenze pi propriamente politiche: il naufragio dellEuro porterebbe con se quello della Ue. Scomparirebbe cos una ambigua area di mezzo fra lImpero di sempre e quelli emergenti o riemergenti, ci sarebbe la fine dellasse franco tedesco e, di riflesso, la saldatura dell asse Parigi-Londra, tradizionale alleato di Washington. Il prezzo potrebbe essere quello di spingere la Germania fra le braccia di Mosca (in fondo anche in questo caso la ripresa di un asse storico, la linea di Tauroggen) ma a questo si penser dopo. Tutto questo ha una logica, quello che invece manca la logica dei governanti europei che sono unaccozzaglia di Don Abbondio allo sbaraglio.

Referendum? lorrore - di
Megachip.

Lorrore,
Pierluigi Fagan

Il comandante Kurtz (Marlon Brando ) in


Apocalypse Now, prendendo tra le mani il testone rasato, pronuncia il lamento di chi sprofondato nel risucchio dellincubo pi profondo, l dove c lorrorelorrore. Lintera comunit politica europea (e il suo codazzo di economisti e giornalisti che segue gli eventi come coro greco ), davanti allimpavido annuncio di George Papandreu di indire un referendum sulle misure draconiane imposte dalla comunit internazionale al proprio popolo, inorridita quanto e pi del povero Kurtz. E normale ? No, forse Kurtz non era del tutto normale. Ma la comunit politico-economicainformativa europea sta anche un po peggio visto che non recita in un film. Ad esser realisti, appare chiaro che andare a chiedere al tacchino se gradisce esser messo al forno (felice espressione del Financial Times) porta alla fatidica risposta scontata. Altri hanno scomodato Churchill che non poteva certo andare a chiedere alla popolazione inglese se e come dichiarare guerra alla Germania nazista. Ognuno ha il suo esempio iperbolico che vorrebbe dimostrare con evidenza, la sciocchezza intrinseca dellatto variamente definito disperato, incomprensibile, ricattatorio e strumentale, irresponsabile, del pallido premier greco. Limplicito la visione paternalista che

ha ogni lite. C qualcuno che sa quale il tuo bene e quel qualcuno non sei tu. La tua autodeterminazione sequestrata da un padre, da un tutore, da un supervisore, che lo fa per il tuo bene. Quello che in pratica si sta sostenendo che ci sono cose che voi umani non potete neanche immaginare per rimanere in tema cinematografico. Certe cose non si devono sapere, certe cose vanno rivestite di silenzio o paroloni cattedratici ed esposte ai fedeli come miracoli per poi farle presto sgattaiolare in qualche disposizione formale o informale che venga poi applicata nelle norme che regolano le nostre vite in societ. Kant, che non passa certo per esser un democratico radicale, nellAppendice alla Pace perpetua, diceva Tutte le azioni relative al diritto degli altri uomini la cui massima non suscettibile di pubblicit, sono ingiuste. La democrazia reale proprio questo, far circolare liberamente tutta linformazione che ti riguarda ed in base a questa esser chiamato a decidere insieme agli altri. La democrazia rappresentativa invece sta oggi mostrando la sua vera natura, quella di essere non rappresentativa ma semplicemente rappresentata. Schumpeter, riprendendo Pareto, diceva che la liberal democrazia proprio questo: lite in concorrenza tra loro che si disputano il voto del popolo. Ma Schumpeter fin troppo idealista poich a quello che si vede, le lite sono solo bande di interessi che lungi dal farsi una vera concorrenza condividono lo stesso punto di vista e disputano solo chi di loro deve porlo in essere. Questa la democrazia liberale, una oligarchia eletta a disinformato suffragio universale. I liberal democratici, ufficiali e non, qui commettono pi di un errore. Ma vorrei concentrarmi su uno solo di questi errori perch quello pi importante ed a giudicare dai fatti di questi giorni, il pi attuale. Il governo delle societ complesse , e diventer, sempre pi improbabile nella misura in cui aumenta la distanza tra popolo e governo. I fautori del realismo machiavellico sorridono, non sar bello ed etico, ma ti assicuro che funziona. Ecco, io penso che ci non sia pi vero, non anteponendo letica al realismo ma proprio sul piano del realismo non credo che funzioni pi. In Occidente oggi, non c un governo che abbia dietro il suo popolo, neanche uno. Il circo dellhaute finance sta subendo la pi massiccia campagna mondiale di pubblicit negativa da parte dei milioni di giovani e non, che ne ridicolizzano le pretese. Il Gekko anni 80, non simpatico ma anche..

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un po ammirato, ora ha un soprannome: bankster. Qualcuno sta cominciando a domandarsi se mai possibile dare un Nobel a cialtroni che non sono in grado mai di dirti esattamente cosa succede (non dico prevederlo ) se non che non hai applicato le loro ricette irrazionali alla perfezione. C chi si sta domandando se tutto ci vale la pena, cosa sono esattamente leuro e lEuropa, che investimenti sono, in favore di chi, a quali prezzi ? Lintero senso di una vita spesa a far soldi per comprare cose che ti obbligano a spendere la tua vita a far soldi, se la guardiamo dal di fuori, ci fa sembrare dei criceti. Noi, sembriamo dei criceti a noi stessi, non bello. Fare un referendum, un primo possibile antidoto a questa degenerazione senza freni delllitismo. Non lo faranno fare ai greci ? Qualcun altro potrebbe riprenderne il vessillo. Pensare leconomia politica in funzione di coloro che ne subiranno le determinazioni, pensarla cos sin dallinizio perch gi da prima sai che alla fine saranno loro ad accettarla o meno. Esser chiamati ad esprimersi sulleconomia politica di cui subirai le determinazioni, obbligarti a cercar di capire ci che nessuno ha vero interesse tu capisca, avvicinarti con informazione e partecipazione alla gestione delle cose che ti riguardano. Direttamente come individuo singolo ed indirettamente come parte di una societ complessa. Solo laumento costante di pratica democratica, solo una riduzione costante della distanza tra governo e governato, possono creare quel presupposto senza il quale, le nostre mastodontiche societ sempre pi complesse ed obbligate a navigare nei perigliosi mari della transizione ai nuovi tempi, rischiano di spappolarsi. O si va tutti quanti da qualche parte, discutendolo e decidendolo assieme, o non si andr da nessuna parte.

IL DISASTRO IN LIGURIA E I SUOI RESPONSABILI


Una riflessione di Marino Badiale di quasi dieci anni fa e un articolo recentissimo (quello riguardante lalluvione nello spezzino stato inserito nel n49 di Alternativa news) dell'esperto di prevenzione idro-geologica Marco Martini descrivono la sostanza del grave problema rivelato dalle alluvioni in Liguria, un problema strutturale della politica del territorio in Italia. Marino Badiale nel 2002 scriveva: Da diversi anni si ha in Italia il fenomeno che le normali piogge autunnali causano allagamenti e disagi. E' un fenomeno che indica con chiarezza una netta e sorprendente incapacit, da parte di un paese avanzato come l'Italia, di affrontare alcuni problemi di base di gestione del territorio, di fronte a fenomeni meteorologici che non appaiono cos eccezionali. Probabilmente ogni tanto le piogge autunnali sono un po' pi abbondanti del solito. Ma stiamo comunque parlando di piogge autunnali in un paese di clima temperato, non di uragani tropicali a Mondov o dello scioglimento di tutti i ghiacciai della Terra o dell'innalzamento di dieci metri del livello dei mari. Ricordiamo adesso come, da qualche anno a questa parte, tutti i pi importanti media esaltino i nuovi ritrovati delle tecnologie informatiche e le nuove possibilit che esse aprono all'economia e alla cultura. Ecco allora un'osservazione che si impone a chiunque si dia la pena di riflettere, e che la cultura di massa evita accuratamente di considerare significativa: com' possibile che il progresso ci permetta di avere, per esempio, i cellulari collegati ad internet, ma non si riesca ad impedire che le piogge autunnali uccidano un certo numero di persone? Cos' mai questo progresso, chi lo dirige, chi decide che su certi temi si investono soldi ed energie mentre altri problemi sono lasciati al caso e alla bont del cielo? Sull'alluvione a Genova - di Marco Martini. L'intero territorio italiano, o almeno buona parte di esso, e' soggetto a dissesti idrogeologici. Il ripetersi di eventi luttuosi necessita risposte concrete e coraggiose, per far tornare eccezionali quegli eventi gravissimi che oggi, ormai, ci aspettiamo con regolarit ogni anno con lapprossimarsi della cattiva stagione. Cambiano i teatri, ma lo spettacolo offerto da una natura ferita sempre il medesimo: danni ingenti, morte di cittadini inermi, e lo smascheramento inesorabile delle responsabilit umane. I punti da considerare sono relativamente pochi, bench di notevole importanza e con molte implicazioni. 1) LOTTA SENZA TREGUA AL PARTITO DEL CEMENTO, che sia in merito alla costruzione di grandi opere dal notevole impatto sugli equilibri ambientali delle localit coinvolte (si pensi al caso emblematico della TAV) o riguardo ledificazione di nuovi quartieri residenziali con lavvallo e il patrocinio delle varie amministrazioni locali. Il celebre architetto Renzo Piano, nel corso di unintervista al Corriere Mercantile di venerd 4 novembre, ha dichiarato: Lesplosione delle citt gi avvenuta nel Dopoguerra. Siamo nel secolo nuovo, evidente che non si pu continuare a costruire nuove periferie, spesso desolate e con costi sociali enormi [] ci sono due modi per far crescere una citt: il primo sostenibile, cio per implosione, costruendo sul costruito, il secondo insostenibile, cio per esplosione. Lo sviluppo delle citt per implosione lunico modo per evitare nuove periferie. Restauro, ristrutturazione o ricostruzione del tessuto edilizio esistente, adeguandolo inoltre alle tecnologie esistenti per il risparmio energetico: questa la stella polare dellurbanistica sostenibile. 2) LOTTA ALLABUSIVISMO EDILIZIO, inteso sia come metodo di business da parte delle

organizzazioni di stampo mafioso (in particolar modo al Sud), sia come fenomeno di diffusa negligenza, imperizia e noncuranza da parte di privati. Nel primo caso necessario svolgere una forte opera di contrasto attraverso la magistratura e le forze dellordine, nel secondo caso le autorit e le amministrazioni locali devono intervenire, anche con lausilio dellAgenzia del Territorio, sia per punire chi ha compiuto abusi di grave entit o comunque pericolosi per gli equilibri idrogeologici, sia per diffondere la cultura del ben costruire e del rispetto delle norme vigenti, con tutti i vantaggi che ci comporta a livello economico e sociale. 3) RECUPERO DELLE TRADIZIONI DI PREVENZIONE che hanno garantito per secoli larmonia tra le comunit umane e i loro ambienti, con leccezione sporadica di eventi incontrollabili ma comunque di scarsissima frequenza. La scomparsa dei contadini nelle campagne e negli entroterra urbani di molte citt italiane sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza di tecniche, si pensi a titolo di esempio ai muri a secco della Liguria, o semplici operazioni di buon senso (la pulizia dei letti dei torrenti) che, intervenendo a monte, permettono la messa in sicurezza anche delle zone di valle. Al recupero di queste tecniche tradizionali vanno associati, qualora necessari, quegli interventi di ingegneria naturalistica che permettono il recupero di fronti dissestati o in situazioni critiche con metodi a impatto nullo o ridottissimo sullambiente (un intervento tipico di ingegneria naturalistica consiste nella piantumazione di essenze dotate di radici robuste e profonde, in grado di consolidare il terreno). Questi interventi comportano dei costi, che al momento sembrano insostenibili a causa della crisi economica e delle sue note cause. Il sistema preferisce investire fiumi di denaro nel salvataggio del male che lo sta uccidendo, piuttosto che intervenire per proteggere le sue popolazioni civili. Lo vediamo continuamente: daltronde, i tagli alla spesa pubblica riguardano anche gli interventi di messa in sicurezza e di prevenzione delle aree dissestate o ad alto rischio.

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