LIBRI SCHEIWILLER
Qual è il segreto del successo di Silvio
Berlusconi come uomo politico? Perché Forza
Italia è diventata in pochi anni il primo partito
italiano? Quali sono i punti di forza di una for-
mula politico-imprenditoriale che sembra inar-
restabile? E' possibile un'alternativa al berlu-
sconismo? Il volume cerca di dare una risposta
a tutte queste domande analizzando l'uomo e
il leader con gli strumenti della psicologia,
della semiologia e della ricerca di mercato.
L'analisi, incentrata sul "prodotto Berlusconi",
è basata soprattutto sull'ormai celebre fascico-
lo elettorale Una storia italiana, oltre che sulle
dichiarazioni pubbliche del presidente del
Consiglio.
M i consenta analizza con oggettività e rigore
tutti gli strumenti comunicativi di Berlusconi,
dal linguaggio verbale a quello non verbale,
dalle simbologie ai messaggi, alle metafore
contenute nelle sue parole, ai suoi comporta-
menti. Meccanismi sottovalutati e trattati con
sufficienza da un'opposizione che non sembra
in grado di dominare in maniera altrettanto
efficace i mezzi di comunicazione di massa.
Che in una società come quella in cui viviamo
sono tra le chiavi determinanti del potere.
CONTRASTI - 2
MI CONSENTA
\
i
Alessandro Amadori
MI CONSENTA
M ETA FO RE, M ESSA G G I E SIM BO LI.
C O M E SILVIO BER LU SC O N I
H A C O N Q U IST A T O
IL C O N SE N SO D EGLI ITA LIA N I
L IB R I S C H E IW IL L E R
M IL A N O
“CONTRASTI”
Premessa
Il bisogno di capire 9
Introduzione
Il mestiere dell’entomologo 17
Capitolo primo
Una storia italiana 21
Capitolo secondo
Psicodinamica di un leader 33
Capitolo terzo
Puomo multidimensionale 55
Capitolo quarto
Pamico ideale 73
Capitolo quinto
Pa fabbrica dei desideri 85
Capitolo sesto
Pa democrazia dei sondaggi 95
Capitolo settimo
Il codice del bambino 109
Capitolo ottavo
Il culto della personalità 127
Capitolo nono
Quale futuro? 143
Conclusioni 153
Il bisogno di capire
9
MI CONSENTA
10
IL BISOGNO DI CAPIRE
ha per titolo proprio quel «mi consenta» che di Silvio Berlusconi è lo sti-
lema più diffusamente riconosciuto, quasi una “bandiera linguistica”.
Questo libro vuole, appunto, analizzare il linguaggio e la comunicazio-
ne “vincente” di Berlusconi col metodo delle ricerche qualitative di mer-
cato, cioè con l’analisi non tanto dei numeri, quanto dei meccanismi psi-
cologici che spingono le persone a “credere” e a “comprare” qualcosa.
Alessandro Amadori non è un politico ma un ricercatore di mercato.
Ha conosciuto dall’interno i meccanismi della comunicazione televisiva
lavorando e partecipando a numerosi programmi televisivi.
Dopo una laurea e un dottorato di ricerca in psicologia, da sempre lavo-
ra all'Istituto CIRM di Milano, coordinando l’area delle ricerche motiva-
zionali, quelle in cui si utilizza appunto la psicologia per analizzare i feno-
meni di mercato.
Un ricercatore che, nell'ormai lontano 1994, in un’indagine commis-
sionata dall’allora PDS, quando i sondaggi quantitativi davano al neodi-
sceso in campo Silvio Berlusconi appena il 3-5% di consensi, fu tra i primi
ad accorgersi che Forza Italia avrebbe raggiunto risultati molto superiori
(almeno il 20%) e avrebbe rappresentato la grande novità dello scenario
politico nazionale.
A otto anni di distanza da quella piccola indagine qualitativa, basata su
soli due gruppi di discussione - indagine che naturalmente non fu credu-
ta dal committente perché i risultati sembravano effettivamente “incredi-
bili” di fronte ai responsi dei sondaggi quantitativi - l’autore di questo
libro può dire di aver visto giusto. Perché il 13 maggio del 2001 non solo
si è insediata una nuova maggioranza “blindata”, ma si è anche avviata
una nuova fase sociopolitica nella storia d’Italia, la fase del berlusconismo.
Una fase che - e questa è una previsione che Amadori ripeterà più volte
nel corso del libro - potrà avere un ciclo di vita “di almeno dieci anni”.
Prepariamoci dunque a vivere per molto tempo in un nuovo sistema
sociopolitico perché, lungi dall’essere un’operazione “di cartapesta”, la
conquista del potere da parte del leader di Forza Italia ha tutti gli elemen-
ti per risultare solida, duratura e capace di incidere profondamente sul
costume nazionale. In altre parole, per diventare un regime, nel senso in
cui lo è stato, per esempio, quello democristiano.
Memore, dunque, di quella prima intuizione del 1994, Amadori ha
deciso di studiare, con l’ottica del ricercatore motivazionale, gli strumen-
ti comunicativi utilizzati da Silvio Berlusconi e dai suoi collaboratori. A
cominciare da Una storia italiana. Questo fascicolo - distribuito a tutti gli
II
MI CONSENTA
12
IL BISOGNO DI CAPIRE
13
MI CONSENTA
I
Introduzione
17
MI CONSENTA
18
IL MESTIERE DELL'ENTOMOLOGO
19
Capitolo primo
21
MI CONSENTA
Credo di essere stato fortunato con la mia classe, così viva e unita, e con i miei
professori, tutti di buon livello. Almeno tre, anzi, superlativi. Ma non furono
anni facili. Si studiava molto. Il pomeriggio, la sera dopo cena, il mattino pre-
sto. Una disciplina dura, dal Ginnasio sino all’esame di maturità. Cominciò il
caro don Olmi a martellarci in testa la grammatica latina e greca. Venivamo
interrogati ogni giorno e non c’era scampo: alla fine verbi e declinazioni li
sapevamo davvero. Imparammo così a studiare sul serio, a stare sui libri sino a
capire a fondo e ricordare bene. Al Liceo furono i professori di lettere ad affa-
scinarci. In particolare don Muffatti per il latino e il greco e don Biagini per l’i-
taliano. Ci insegnarono a comunicare. Esigevano chiarezza di contenuti, puli-
zia di linguaggio, “consecutio” delle argomentazioni ed equilibrio della compo-
sizione. Ci è rimasto anche il gusto della parola giusta e l’aspirazione all’etimo,
alla radice del significato. Con i compagni c’erano un’intesa profonda e una
grande carica umana che ci venivano dalle famiglie di provenienza. Di livello
medio-basso, direbbero oggi i sociologi. E naturalmente, nel gruppo contarono
molto alcune individualità. Dobbiamo a questa esperienza quel senso di rispet-
to e simpatia che proviamo per gli altri, specialmente per i più umili. Dopo il
Liceo la “squadra”, professori e compagni, è rimasta davvero molto unita. Con
tutti ci vediamo spesso. Non solo alla ricerca del tempo perduto...
• uno scritto breve (per la precisione nel testo originale 21 righe, 237 paro-
le e 1493 caratteri in tutto, spazi inclusi), che illustra chiaramente e sin-
teticamente un determinato argomento;
• entro lo scritto breve, le frasi sono brevi, in media di 10-12 parole cia-
scuna, perché è logicamente più facile capire un pensiero “corto” che
uno “lungo”;
• il lessico utilizzato è quello che il linguista Tullio De Mauro definirebbe
il vocabolario di base: scelto cioè fra le 3000-5000 parole che la maggior
parte dei cittadini sono in grado di capire.
22
UNA STORIA ITALIANA
• Il lettore interessato può consultare, per esempio, Bellussi Tassinari, 1987; Bettelheim,
1978; Propp, 1966; Tracchi Gatto, 1975; Von Franz, 1995 (vedi bibliografia finale).
23
MI CONSENTA
fiaba c’è un problema da risolvere, uno sforzo da fare («ma non furono
anni facili. Si studiava molto... una disciplina dura...»);
• la risoluzione delle difficoltà sta nella congiunzione di forze amiche,
nella solidarietà tra i co-protagonisti della fiaba («con i compagni c’e-
rano un’intesa profonda e una grande carica umana...»);
• un particolare tocco edulcorativo al racconto sta poi nell’evocare un’at-
mosfera alla Cenerentola, quasi che il Liceo Salesiano Sant’Ambrogio di
Milano, da sempre uno dei più importanti della città, fosse una scuola
per famiglie non abbienti («ci veniva dalle famiglie di provenienza. Di
livello medio-basso, direbbero oggi i sociologi...»);
• grazie all’intervento delle forze amiche le difficoltà vengono superate e
l’immancabile lieto fine può affermarsi in tutta la sua potenza, tanto da
durare per sempre («Dobbiamo a questa esperienza quel senso di rispet-
to e simpatia che proviamo per gli altri, specialmente per i più umili.
Dopo il Liceo la “squadra”, professori e compagni, è rimasta davvero
molto unita. Con tutti ci vediamo spesso. Non solo alla ricerca del
tempo perduto...»).
24
UNA STORIA ITALIANA
Partendo dall’ipotesi che questa sia una edulcorazione fiabesca della real-
tà (e non un’invenzione), e assumendo quindi per vere le affermazioni del
testo, proviamo a scrivere il messaggio base, quello “sottostante” la ver-
sione elaborata.
Luomo Silvio Berlusconi, per via della totale immersione nei suoi progetti lavorativi,
dedica sempre meno tempo alla moglie Carla. Quest’ultima alla fine si disinnamora,
e parallelamente lo stesso Silvio Berlusconi se ne disinnamora. La soluzione più civi-
le è separarsi: ognuno va per la sua strada, sistemate le varie pendenze, avendo cura
di minimizzare l’impatto di questa separazione sulla psicologia dei propri figli.
25
MI CONSENTA
26
UNA STORIA ITALIANA
forza vitale creatrice: rinnovatore tanto più è originale quanto più la sua ispi-
razione scaturisce dalle profondità dell’irrazionale, ^intuizione rivoluzionaria
viene sempre percepita al suo manifestarsi come priva di buon senso, addirittu-
ra assurda. È solo in un secondo tempo che si afferma, viene riconosciuta, poi
accettata e persino propugnata da chi prima l’avversava. La vera genuina sag-
gezza sta, quindi, non in un atteggiamento razionale, necessariamente confor-
me alle premesse e perciò sterile, ma nella lungimirante, visionaria pazzia...
La sua vita era così: ogni giorno avanti e indietro su quella strada, prima con
la mia sorellina nella pancia e poi di fretta alla sera per tornare ad allattarla. E
con un ricordo indimenticabile. Quello di vedersi un mitra piantato sul petto
e la quasi certezza di lasciarci la pelle. Accadde quando in treno impedì a un
ufficiale delle SS di portar via una signora ebrea destinata al campo di stermi-
nio. Tutti erano paralizzati dalla paura, ma non mia madre. Afferrò per il bave-
ro l’ufficiale tedesco e si mise a gridare... il tedesco incredulo le dette uno spin-
tone facendola cadere e le puntò addosso il fucile... ma lei ebbe il fegato di
continuare... allora quello si guardò intorno e vide tutte quelle facce spaven-
tate che erano diventate minacciose... il tedesco diventò paonazzo, strinse il
dito sul grilletto, ebbe un attimo di esitazione e poi se ne andò... il treno ripar-
tì, mia madre aveva vinto... non si è mai vantata di quell’episodio. Lo raccon-
tarono i suoi quotidiani compagni di viaggio...
27
MI CONSENTA
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UNA STORIA ITALIANA
29
MI CONSENTA
La vita continua. Una sera Berlusconi, al Teatro Manzoni di Milano, vede reci-
tare Veronica Lario. E subito amore. Qualche anno dopo si sposano e nascono
Barbara (1984), Eleonora (1986) e Luigi (1988) che porta il nome del
nonno...
30
UNA STORIA ITALIANA
Eravamo forti perché eravamo amici, tra noi c’era un'intesa profonda e una
totale identità di valori, c’era un affidamento reciproco, il senso di un impegno
e di un traguardo comune, la gratificazione di lavorare assieme e di condivide-
re la gioia dei nostri successi...
31
Capitolo secondo
Psicodinamica di un leader
33
MI CONSENTA
Idealizzazione del sé
Tu sei come me
34
PSICODINAMICA DI UN LEADER
Le sue origini medio borghesi ne sono la prova. Non una famiglia di grandi pos-
sibilità e tantomeno un impero da conservare. All'inizio c'è solo un padre che
35
MI CONSENTA
investe tutta la sua liquidazione, il frutto di un'intera vita di lavoro, nella prima
società del figlio... E Silvio ha mantenuto il suo impegno. Tutti i successi di
Berlusconi sono la realizzazione di sfide che ai più sembravano impossibili...
(identificazione proiettiva: «lo sono come voi, sono partito dalla vostra stessa situa-
zione, sono un uomo comune.»).
36
PSICODINAMICA DI UN LEADER
C ’è da notare che nel testo non si dice che Berlusconi «fa progettare... fa
realizzare... fa vendere le case»; si dice proprio «progetta... realizza...
vende...», a comunicare quasi subliminarmente l’idea di un uomo, un
Super Uomo, che fa tutto da solo, dalla progettazione tecnica alla costru-
zione alla vendita degli edifici. Altro bellissimo esempio di manipolazione
semantica (Antonietti, 1994; Scarpitti Brocchieri, 1991)1
Questa immagine del Milan Campione d’Europa e del Mondo allo scoccare dei
suoi novant’anni, si fonde e si confonde in me con tanti ricordi della mia infan-
zia. Le dispute con i compagni di scuola, le lunghe ore di studio, l’attesa di mio
padre che tornava tardi dal lavoro e si affacciava sulla porta col suo sorriso. Era
come se in casa fosse entrato il sole... E poi la liturgia della Messa insieme la
domenica mattina, i commenti e le riflessioni sulla predica, la puntata a com-
perare le meringhe per la mamma che ci aspettava a casa, in cucina, a prepa-
rare il pranzo della festa, l’unico che si consumava in sala con la tovaglia rica-
mata e i fiori in mezzo al tavolo...
* Per un’introduzione ai principali temi della psicologia sociale e alla problematica della
leadership, si possono consultare, tra gli altri testi: Adorno, 1973; Arcuri, 1995; Gardner,
1995; Quaglino, 1999.
37
MI CONSENTA
Nasce Forza Italia. Berlusconi ricorda così quei momenti: “C’era nell’aria una
grande paura, un grande timore, si pensava che il futuro dell’Italia potesse esse-
re un futuro illiberale e soffocante se i comunisti di prima e di dopo fossero
andati al governo... Era la fine del ’93. CItalia aveva conosciuto il fenomeno di
Tangentopoli e aveva visto penalizzata tutta o quasi la classe dirigente dei par-
titi democratici occidentali. La Procura di Milano aveva colpito indirizzando
molto bene i suoi colpi. Erano stati eliminati praticamente tutti i piccoli parti-
ti. .. La sinistra aveva fatto approvare una nuova legge elettorale, della quale si
fecero le prove con le elezioni amministrative dell’autunno. Con il 34% dei voti
la sinistra riuscì a conquistare l’80% dei Comuni e chiese quindi al Capo dello
Stato di sciogliere le Camere e di indire nuove elezioni. Le ottenne, e in molti
cominciammo a preoccuparci... Ci sentimmo quasi costretti, in quel frangente,
a cercare una soluzione. Era difficile trovare il coraggio: mi ricordo ancora di
quanti dubbi, di quanti interrogativi, di quante discussioni, di quante notti pas-
sate a occhi aperti e questo coraggio non ci veniva, dobbiamo confessarlo. Poi
lo trovammo, fu con noi, è rimasto con noi in questi anni, è ancora qui presen-
te e sarà con noi da qui in avanti!”... Quella parte della società italiana... che
affolla la platea del Palafiera è immediatamente conquistata da un uomo che,
rinunciando a tante sicurezze, si mette in gioco e rischia in prima persona per
evitare al suo Paese un futuro soffocante e illiberale...
38
PSICODINAMICA DI UN LEADER
Settembre 1993. Silvio Berlusconi e alcuni dei più stretti collaboratori, tra cui
Marcello DeH’Utri, discutono per la prima volta delle elezioni che si sarebbe-
ro tenute nella primavera successiva... «Servivano alcune centinaia di candi-
dati - racconta oggi Dell’Utri - e serviva un lavoro sul territorio. Berlusconi
mi disse: “Dobbiamo fare un partito e tu hai Publitalia”. Io chiamai il capo del
personale e mi feci mandare la lista dei dipendenti. Da lì individuammo 27
persone che potevano essere distratte da Publitalia per l’organizzazione senza
danneggiarla; era pure importante non perdere fatturato. Così fu scelto chi
non faceva danno se mancava! Un partito azienda? Sì, ma per forza... chia-
mammo quel progetto “Botticelli” - ricorda ancora Dell’Utri - perché erava-
mo riuniti nella sala Botticelli del Jolly Hotel di Milano. Oggi alla procura di
Milano c’è un procedimento denominato “Progetto Botticelli” contro Publi-
talia per falso in bilancio. Viene da ridere ma la spesa effettuata, dall’affitto
della sala alla cancelleria, fu di poche decine di milioni, decidemmo di fattu-
rarla al futuro soggetto politico, ed effettivamente quando Forza Italia nacque
pagò tutto...» [...] Può esistere Forza Italia senza il suo leader? Che cosa
avverrà del movimento il giorno in cui Berlusconi fosse eletto a incarichi isti-
tuzionali super-partes (il Quirinale)? Secondo Antonione, senza Berlusconi
39
MI CONSENTA
non esisterà più Forza Italia... è nata con Silvio Berlusconi e senza di lui
diventerà un altro partito, anche se magari manterrà il nome...
Tutti sanno che non sono mai stato iscritto (alla P2). Che un giorno arrivò una
tessera di iscrizione dove mi si classificava “apprendista muratore” e io, che
allora ero il più importante costruttore di case in Italia, scoppiai in una sono-
ra risata davanti a tutti i miei collaboratori. La mia segretaria provvide a far
restituire la tessera al mittente: non a stretto giro di posta, ma all’istante...
Comunque, essere piduista non è un demerito... (dichiarazione di Silvio Ber-
lusconi a II G io rn a le , marzo 2000)
Mi sono iscritto alla P2 nei primi mesi del 1978, su invito di Licio Celli che
conoscevo da circa sei mesi e che avevo visto solo due volte... Fu Roberto
Gervaso, mio amico, a presentarmi a Celli, dicendomi che questi aveva vivo
desiderio di conoscermi, poiché era stato bene impressionato dalla mia inter-
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PSICODINAMICA DI UN LEADER
vista apparsa sul libro di Gervaso II dito n ell’o c c h io ... Celli mi chiarì che, tra-
mite la massoneria, avrei potuto avere dei canali di lavoro e contatti interna-
zionali utili per la mia attività di presidente del Consorzio per l’Edilizia Indu-
strializzata... il mio grado era quello di apprendista... (dichiarazione di Silvio
Berlusconi al giudice istruttore di Milano, 26 ottobre 1981, riportata da EE-
spresso, 16 marzo 2000)
Non bisogna essere degli esperti di comunicazione per capire cosa signifi-
chi, in questo caso, «manipolazione semantica della realtà» e per vederla
in azione, con una evidenza straordinaria, nel passaggio dalla dichiarazio-
ne berlusconiana al giudice a quella, sempre berlusconiana, al suo giorna-
le di fiducia. La grandezza del Cavaliere come comunicatore sta nella bra-
vura - e nella disinvoltura - con cui riesce a rendere egualmente credibi-
li due dichiarazioni che sono, letteralmente, l’una la negazione dell’altra.
41
MI CONSENTA
Se volete per così dire stamparvi nella mente cosa vuol dire “manipola-
zione semantica” attraverso il meccanismo della proiezione, tenete sempre
ben presenti queste due frasi: «Se i comunisti di prima e di dopo fossero
andati al governo il futuro dell’Italia poteva essere illiberale e soffocan-
te...» (versione proiettiva). «EOnorevole Cossutta [sicuramente uno dei
più rappresentativi comunisti italiani di prima e di dopo] ha interamente
dedicato la vita alla creazione e alla difesa in Italia della democrazia...»
(versione non manipolata).
Tutte e due sono frasi prodotte dalla comunicazione berlusconiana,
eppure sono una l’esatto contrario logico, emotivo e valutativo dell’altra.
Per mezzo della proiezione il Cavaliere parte dalla realtà per trasformarla
in un veicolo di “concentrazione” di valenze negative sul proprio avversa-
rio. In questo modo “noi” siamo sempre buoni e puri mentre “gli altri”, i
nemici, gli avversari, sono appunto un concentrato di negatività assoluta.
In contesti diversi, con funzioni diverse, si affermano cose diverse. E,
ovviamente in momenti temporalmente differenti, di una stessa persona si
possono dire cose diverse, anche opposte fra loro, perché il gioco degli
amici e dei nemici è mobile e mutevole nel tempo, come le onde del mare
e le nubi del cielo.
Il consenso popolare per Forza Italia, espresso nelle consultazioni politiche del
marzo 1994, viene confermato alle Europee del giugno successivo. Il partito di
Silvio Berlusconi si rafforza ulteriormente e ottiene il 30,6 per cento dei voti
che, sommati a quelli delle altre forze del Polo, arrivano al 51,8 per cento.
La seconda sconfitta consecutiva porta alle dimissioni dei segretari di tre par-
titi della coalizione progressista. Ma, a dispetto degli ottimi risultati elettora-
li, il Governo Berlusconi è costretto a difendersi dai durissimi attacchi delle
opposizioni, mentre cominciano a fischiare intorno al Presidente del Consi-
glio le pallottole delle Procure politicizzate che iniziano indagini a tappeto sul
suo passato, andando a scovare persino le fotografie e i filmati di Berlusconi
presidente di calcio..., mobilitano tutto l’esercito dei pentiti di allevamento
per cercare di ottenere qualunque dichiarazione possa in qualche modo coin-
volgere il Presidente del Consiglio.
Ancora oggi, aprile 2001, dopo sette anni di una persecuzione giudiziaria che
non ha precedenti nella storia dei paesi democratici, Silvio Berlusconi risulta
indenne da ogni condanna...
42
PSICODINAMICA DI UN LEADER
La traversata del deserto. Dopo il golpe giudiziario del ’94 per Forza Italia si
apre la lunga stagione dell’opposizione. A dispetto degli avversari, il movi-
mento di Berlusconi non si dissolve, non si scioglie ma continua a crescere e a
vincere...
Come si può vedere, il Male sta tutto dall’altra parte: Procure politicizza-
te che «sparano pallottole»; pentiti manipolati; giudici che «iniziano»
indagini (in realtà alcune erano già avviate prima della “discesa in
campo”) disposti a tutto pur di tirar fuori qualcosa di falso ma plausibile
contro di lui; avversari politici che attendono seduti lungo la sponda del
fiume che «passi il cadavere di Forza Italia»; il leader designato della coali-
zione avversaria alle elezioni del 13 maggio 2001 (Francesco Rutelli) che
si vede costantemente negato il diritto a essere riconosciuto come lea-
der...
E l’altra faccia della comunicazione berlusconiana, quella che come
detto proietta sull’avversario ogni negatività, ogni meschinità. In modo
che ne risultino per contrasto amplificate la “pulizia” e la bontà di Forza
Italia e dei suoi alleati, come nel più classico schema della narrazione favo-
listica:
43
MI CONSENTA
colore azzurro come cromatismo connotativo di Forza Italia e delle sue ini-
ziative. Perché proprio l’azzurro?
Il dizionario dei simboli* ci viene in aiuto. Ci dice infatti che l’azzurro
(Schema 5) è il colore più profondo: lo sguardo vi affonda senza incontra-
re ostacoli e vi si perde all’infinito, come se il colore si sottraesse indefini-
tamente. Inazzurro è il colore più immateriale: in natura è presente solo
come trasparenza, fatto cioè di vuoto: vuoto dell’aria, vuoto dell’acqua,
* Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, BUR-Rizzoli, Milano 1986.
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MI CONSENTA
vuoto del cristallo o del diamante. Il vuoto è esatto, puro e freddo. L’az-
zurro è il colore più freddo e il più puro in valore assoluto, a eccezione del
vuoto completo del bianco neutro. Eazzurro alleggerisce le forme di un
oggetto, le apre, le disfa. Una superficie dipinta d’azzurro non è più una
superficie, un muro azzurro cessa di essere un muro. I suoni e i movimen-
ti, come le forme, svaniscono nell’azzurro, vi annegano, si dileguano come
un uccello in cielo. In sé immateriale, l’azzurro smaterializza tutto ciò che
si avvolge in esso. E la via deH’infinito dove il reale si trasforma in imma-
ginario. È il colore dell’uccello della felicità, l’uccello azzurro, inaccessibile
eppure così vicino. Entrare nell'azzurro è «passare dall’altra parte dello
specchio», un po’ come Alice nel paese delle meraviglie. Tutto questo ci
racconta un qualunque dizionario dei simboli. E poi c’è qualcuno che ha
il coraggio di dire che le trovate di Berlusconi sono delle «semplici sce-
menze»!
Sempre in tema di proiezione (“noi siamo buoni, gli avversari sono catti-
vi”), in perfetta coerenza con la «psicologia del colore azzurro», Berlusco-
ni non perde occasione per sottolineare l'importanza degli aspetti formali
nel comportamento di un uomo pubblico (che deve appunto essere sem-
pre leggero ma anche profondo, vicino ma anche “perfetto”, insomma
capace di “smaterializzare” la realtà).
Subito dopo la rottura con il ministro degli Esteri Renato Ruggiero, il
presidente del Consiglio in visita alla Farnesina ha insistito su parecchi
temi connessi con la leggerezza (come riportato da tutta la principale
stampa quotidiana, per esempio da La Repubblica il 10 gennaio 2002):
46
PSICODINAMICA DI UN LEADER
1. tutti quanti non desiderano altro che poter essere il più possibile felici,
ovvero di portare al massimo la propria “felicità percepita”;
2. moralmente, per costoro, è un bene spingere al massimo la propria felicità
percepita, nel più efficace e intelligente dei modi di cui sono capaci;
3. la società dev’essere organizzata in modo che per i suoi componenti spin-
gere al massimo la propria felicità sia sempre la cosa più vantaggiosa;
4. è possibile almeno in linea di principio calcolare la quantità di piacere
e di dolore che ci si deve attendere dai diversi generi di comportamen-
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MI CONSENTA
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PSICODINAMICA DI UN LEADER
49
MI CONSENTA
SO
PSICODINAMICA DI UN LEADER
Ma gli echi e le critiche, anche internazionali, per il “divorzio” con l’ex mini-
stro Ruggiero sono ancora nell’aria. Berlusconi nega che le Cancellerie euro-
pee siano preoccupate... e attacca con violenza l’opposizione. Ma tutti quegli
articoli della stampa internazionale? Berlusconi li spiega con l’esistenza di una
Rete, di una vera e propria Spectre della “disinformazione” e della “menzogna”.
Che secondo il premier funziona così: “C ’è una centrale italiana della sinistra
che, ad ogni accadimento italiano su cui si può costruire una critica, si mette
in contatto con amici situati nei vari Paesi. Amici che attivano, anche con
veline, i giornalisti e i giornali amici... ”.
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MI CONSENTA
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PSICODINAMICA DI UN LEADER
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Capitolo terzo
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MI CONSENTA
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L'UOMO MULTI DIMENSIONALE
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MI CONSENTA
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L’UOMO MULTI DIMENSIONALE
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MI CONSENTA
struzione dell’originaria coalizione Forza Italia più Lega Nord più Allean-
za Nazionale (e alcuni alleati minori), la campagna elettorale 2001 e il
ritorno al potere come Primo Ministro.
La biografia di Silvio Berlusconi sul Museum of Broadcast Communi-
cations si conclude così:
Che rimanga o meno una figura centrale nel business e nella politica italiana
del futuro, Berlusconi verrà ricordato come l’uomo che nello spazio di soli ven-
ticinque anni è riuscito a dare vita a un conglomerato economico capace di
dominare la televisione commerciale italiana, di diventare il secondo impero
europeo dei media (dopo il tedesco Bertelsmann) e il terzo più grande gruppo
privato italiano, e ad adoperare il suo potere comunicativo e la sua attitudine
per lo show business come volano per il lancio di un nuovo partito politico in
grado di guadagnare abbastanza voti da farlo eleggere Primo ministro in soli
quattro mesi.
In definitiva, la sua carriera nel corso degli ultimi venticinque anni si staglia
come un’impressionante illustrazione delle opportunità ma anche dei pericoli
connessi a una eccessiva concentrazione di potere nel settore dei media, in un
contesto di mercato regolato da norme deboli...
60
L'UOMO MULTI DIMENSIONALE
Energia costruttiva
Ottimismo
Convinzione
Sorpresa
Bilanciamento
emisferico
Risorse integrate
L’ottimismo
Un primo tratto significativo di personalità (registro mentale) di Silvio
Berlusconi è l’ottimismo, la capacità che ha di pensare il futuro a sua
61
MI CONSENTA
«Sono un sognatore pragmatico... altri fanno sogni che restano sogni, io cerco
di trasformare i sogni in realtà...». Questa è la chiave fondamentale del succes-
so di Berlusconi imprenditore, del fondatore di aziende, del creativo che ha sapu-
to coltivare grandi progetti, accendere grandi speranze, lanciare grandi sfide, rea-
lizzare quelle che sembrano solo utopie... «In tutte le attività in cui mi sono
impegnato ho dimostrato che si può arrivare a risultati che possono apparire
irraggiungibili. Occorre sapersi dare degli obiettivi ambiziosi, quasi delle missio-
ni impossibili. E ci vuole del coraggio. Certo il traguardo non deve essere proibi-
tivo. Bisogna essere obiettivi nella valutazione dei propri mezzi...»
62
L’UOMO MULTI DIMENSIONALE
Il bilanciamento emisferico
In secondo luogo, Silvio Berlusconi rivela una notevole capacità di alter-
nare, o integrare, intuito e immaginazione da una parte, e spirito critico-
analitico dall’altra. Come è noto, il cervello umano si compone di due
emisferi, quello sinistro (sede del pensiero verbale e logico-analitico) e
quello destro (sede del pensiero visivo, deU’immaginazione, delle abilità
artistiche). Normalmente gli individui adoperano prevalentemente un
emisfero, chiamato appunto “dominante” (e nei destrimani, che rappre-
sentano il 95% della popolazione, questo emisfero è proprio quello sini-
stro). Mancini e soggetti particolarmente creativi hanno una situazione di
“lateralizzazione emisferica” meno netta, più distribuita, e ciò consente
loro di adoperare in maniera più “bilanciata” le proprietà funzionali di
entrambi gli emisferi (Gazzaniga, 1989). Bene, è probabile che Silvio Ber-
lusconi sia proprio uno di questi soggetti, un individuo capace quindi di
utilizzare in modalità integrata il codice logico-analitico del cervello sini-
stro e il codice sintetico-spaziale dell’emisfero destro.
Il modo in cui ha consolidato le sue reti televisive è indicativo di que-
sta attitudine a combinare creativamente analisi logica e immaginazione:
63
MI CONSENTA
L’attitudine dissimulativa
Una terza grande caratteristica di personalità di Silvio Berlusconi come
leader è l’attitudine dissimulativa. Per “dissimulazione” si intende in que-
sta sede la capacità di cogliere di sorpresa gli interlocutori agendo in modo
diverso da come questi si aspettavano che le cose andassero (Salvini,
1977).
Su questo punto, sull’abilità a costruire piani di azione “sorprendenti”
(e naturalmente a tenerli nascosti sino al momento della loro realizzazio-
ne, cosa che costituisce l’altra faccia, necessaria, della dissimulazione), il
Cavaliere stesso ha dato un preciso esempio a proposito della nascita di
Forza Italia:
Il narcisismo
Infine, ovviamente, c’è la dimensione “narcisista”, su cui le forze di oppo-
sizione al Cavaliere e al suo movimento hanno lungamente insistito. Il
vocabolario definisce come narcisismo «l’amore eccessivo dell’individuo
per la propria immagine, che deriva dall’investimento esclusivo dell’ener-
gia libidica sull’Io... nel bambino costituisce uno stadio normale dello svi-
luppo affettivo della personalità; per estensione, l’eccesso di ammirazione
o compiacimento per se stessi o per i propri meriti, reali o presunti...».
Che esista un lato “narcisista” nella personalità di Silvio Berlusconi è
poco più di una tautologia, ma questo concetto, di per sé, non ci aiuta a
capire le differenze fra l’uomo di Arcore e gli altri leader, italiani o stra-
nieri. Per aspirare a diventare presidente del Consiglio per definizione ci
deve essere una buona presenza di «narcisismo» nella struttura della per-
sonalità (Sassanelli, 1992).
64
L'UOMO MULTI DIMENSIONALE
La verità è che nei paesi ricchi viviamo in un’autentica società del «nar-
cisismo collettivo». Dunque, il concetto di narcisismo in quanto tale non
è sufficiente a caratterizzare davvero la personalità di Silvio Berlusconi né
rispetto ad altri leader né, tutto sommato, rispetto alla maggior parte delle
persone comuni.
Il fatto è che il fondatore di Forza Italia non è un narcisista “qualunque”.
E un narcisista realizzativo, una persona cioè che ha la forza, la costanza, la
determinazione, di passare dalla dimensione “onirica” a quella “reale”,
dalla visione all'azione. Come altri grandi “ispirati” della storia, compresi in
effetti l'imperatore Giustiniano e Napoleone Bonaparte, che proprio il
Cavaliere cita come modelli di riferimento. Questo gli dà una valenza per
così dire “messianica” che sta, al pari dei fattori di personalità prima citati,
alla base del suo successo personale e aziendale (Freud, 1969).
Se Berlusconi ha vinto le elezioni è proprio perché molti italiani hanno
visto e sentito in lui non un narcisista qualsiasi, uno dei tanti, tantissimi,
che vogliono “apparire” o “essere”. Hanno visto e sentito in lui uno che
vuole “costruire”, realizzare, agire. E come mille altre volte prima, nella
storia, la combinazione di narcisismo e praticità, voglia di essere e capaci-
tà di fare, è risultata vincente. La miscela esplosiva si è innescata e, sor-
retta da adeguati mezzi (televisioni, radio, giornali eccetera), ha dato
luogo a una vera e propria «esplosione sociopolitica».
In aggiunta, come ha giustamente osservato Enzo Biagi nel brano prima
riportato, in questa fase gli italiani sono disposti a perdonare anche gli
eccessi del narcisismo perché sono in attesa dei miracoli e dei successi pro-
messi in campagna elettorale. Persino le “coma” fatte dal Premier in testa
al ministro degli Esteri spagnolo in una foto ufficiale a un vertice europeo,
immortalate sui giornali di tutto il mondo, vengono accettate con bene-
volenza da una larga fetta dell’opinione pubblica italiana, ancora sotto gli
effetti “seduttori” del pressing comunicazionale pre e post-elettorale di Sil-
vio Berlusconi.
65
MI CONSENTA
Limmagine che esce da queste righe è quella di una persona che definire
«genio» sarebbe riduttivo. A scuola riusciva a scrivere, in un’ora, non uno
ma tre temi: uno per sé e due da distribuire «ai compagni meno capaci».
Conosce e riconosce tutte le specie di alberi, di fiori e di cespugli, con il
relativo nome in latino (credo che neppure il più grande esperto m ondia-
le di biologia vegetale sia in grado di fare altrettanto, visto che le specie
vegetali sinora censite sono all’incirca 50 m ila). Conosce decine e decine
di canzoni francesi, e ha anche inciso un cd per sua figlia. Infine, è riusci-
to a curare come “editor” l’edizione di svariati saggi di filosofia e lettera-
tura. A nche ammettendo che tutto questo sia vero e, quindi, che Silvio
Berlusconi sia una delle più grandi menti di tutti i tempi, ce n’è abbastan-
66
L’UOMO MULTIDIMENSIONALE
Psicoanalisi e genio
Eultimo tratto, quello del «narcisismo realizzativo», ci spinge a una
domanda: il leader di Forza Italia può davvero essere considerato, come
egli stesso per molti versi fa, un genio? In psicologia si ammette che per
essere riconosciuto come un genio l’individuo deve manifestare in misura
insolita il talento, o le abilità, richiesti e socialmente premiati dalla cultu-
ra e dalla società in cui vive. Inoltre, sussiste una relazione speciale fra
g e n ia lit à e c e le b r ità .
Molti psicologi, soprattutto in passato, hanno sostanzialmente identifi-
cato i due concetti con il semplice espediente di definire la condizione
della “genialità” appunto come il possesso di ciò che è necessario per
diventare celebre nella società di appartenenza. Insomma, l'uomo famoso,
molto famoso, ip so f a c t o sarebbe un “genio” nella sostanza, e vi sarebbero
tanti tipi di “geni” quanti sono i modi di avere successo nella nostra socie-
tà. Un abile manager, non a caso, può essere premiato con un titolo uni-
versitario ad honorem per il suo “genio finanziario”; un generale vittorio-
so per il suo “genio militare”, e così via. In definitiva, spesso la società crea
o attribuisce il carattere di “genio” allo scopo di razionalizzare il modo in
cui essa distribuisce la fama.
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MI CONSENTA
68
L'UOMO MULTI DIMENSIONALE
* Termine più volte adottato da Silvio Berlusconi per definire il governo della passata legis-
latura.
69
MI CONSENTA
Più avanti, nello stesso fascicolo, è il Cavaliere in persona che parla e che
rivela davvero se stesso in queste poche frasi ormai celebri e citatissime
(tanto che le avevamo già considerate un po’ di pagine fa). Frasi cruciali
per capire la sua personalità:
Sono un sognatore pragmatico... altri fanno sogni che restano sogni, io cerco
di trasformare i sogni in realtà... in tutte le attività in cui mi sono impegnato
ho dimostrato che si può arrivare a risultati che possono apparire irraggiungi-
bili. Occorre sapersi dare degli obiettivi ambiziosi, quasi delle missioni impos-
sibili. E ci vuole del coraggio...
Ancora più indicativo del carattere “visionario” del leader di Forza Italia
è poi questo passo, in cui lui stesso descrive il suo primo intervento da lea-
der politico:
Mentre venivo qui, ho pensato che c’era un matto che stava andando a incon-
trarsi con altri matti... ebbene, pensando a questa follia che sembra aver con-
tagiato tutti noi, e tanti altri insieme a noi, io pensavo che si era verificato
ancora una volta quel che avevo scritto nella prefazione a un bellissimo libro,
l’Elogio della fo llia di Erasmo da Rotterdam. In quella prefazione dicevo: è vera
la tesi che viene fuori da queste pagine. Le decisioni più importanti, le deci-
sioni più sagge, le decisioni più giuste non sono quelle che scaturiscono dal
ragionamento, non quelle che vengono dal cervello, ma quelle che scaturisco-
no da una lungimirante, visionaria follia...
70
L'UOMO MULTI DIMENSIONALE
C ’è stato un momento della mia vita in cui ho dovuto sfoderare tutta la mia
voglia di resistere, la mia forza d’animo... ho avuto un cancro. Ho vissuto mesi
da incubo, ma ho continuato a lavorare senza far trasparire nulla. Poi sono stato
operato, ho affrontato le dovute terapie e ce l’ho fatta. E ho ricominciato con
ancora più grinta... per fortuna il tumore era localizzato ed è stato possibile vin-
cerio. Sono riuscito a venir fuori dal tunnel e a superare un periodo terribile. Fu
dura, eppure mi battei con coraggio per tutta la campagna elettorale. Erano in
gioco le elezioni amministrative, ma più ancora il sogno di iniziare a cambiare
l’Italia... da allora ho impresso un indirizzo diverso alla mia vita...
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MI CONSENTA
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Capitolo quarto
L'amico ideale
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MI CONSENTA
Che l’amore abbia le sue spine, sia pure: è un fiore. Ma perché dovrebbe aver-
ne l’amicizia, che è appena un legume?
Impara a conoscerti: ti amerai di meno. Impara a conoscere gli altri: non li ame-
rai più!
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L'AMICO IDEALE
Un amico è come una tratta di cui non ricordiamo più l’ammontare, e non sap-
piamo la scadenza...
Nell’amicizia, la distanza tra ideale e reale deve essere breve. Nell’amicizia noi
non possiamo proclamare una cosa e farne un’altra. I patti vanno rispettati, la
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MI CONSENTA
fiducia meritata. Eamicizia deve essere leale, sincera, limpida. Lamico deve
volere il bene dell’amico non a parole, ma concretamente. Deve essere presen-
te nel momento del bisogno. Nell’amicizia non si può ingannare, non si può fare
del male. Mai, neppure una volta. Nell’amicizia bisogna saper vedere la virtù
dell’altro e valorizzarla. Cantico deve essere aperto, pieno di vita, divertente.
Non deve annoiare, non deve seccare. Camicizia deve essere sempre fresca, leg-
gera, anche quando è eroica. Camicizia esisteva al tempo di Confucio ed esiste
oggi. Non c’è alcun motivo di pensare che debba scomparire nel futuro...
Molti anni più tardi, parlando ai suoi collaboratori Berlusconi ricorderà che
«eravamo forti perché eravamo amici, tra noi c’era un’intesa profonda e una
totale identità di valori, c’era un affidamento reciproco, il senso di un impegno
e di un traguardo comune, la gratificazione di lavorare insieme e di condivide-
re la gioia dei nostri successi». Dice Gianni Letta: «Per Silvio la famiglia e gli
amici sono i valori principali. Ama avere accanto le persone a cui vuole bene,
che ricambiano la sua stima e il suo affetto.»
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L’AMICO IDEALE
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MI CONSENTA
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L'AMICO IDEALE
Non esiste alcuna amicizia duratura che nasca solo dall’abitudine e dalla con-
venienza. La stabilità, la serenità, la profonda fiducia reciproca, l’affidamento
delle amicizie familiari hanno la loro base nel fatto che c’è stato un momento,
nel passato, in cui ciascuno dei due amici si è installato nell’orbita vitale del-
l’altro. Anche dopo moltissimi anni questo legame profondo non scompare e
può, di quando in quando, riapparire e rinnovarsi. Gli amici che si incontrano
in modo abitudinario e per scopi pratici per anni e anni sanno, nel profondo del
loro animo, che possono ritrovarsi sull’altro piano, quello delFintimità spiritua-
le. Se ne accorgono, a volte, da uno sguardo, uno sguardo fugace che si scam-
biano mentre sono in mezzo agli altri o quando stanno per lasciarsi. In quel
momento, per una infinitesima frazione di secondo, essi sono rimasti soli, si
sono separati da tutti, e hanno ripreso il dialogo interrotto...
79
MI CONSENTA
di?
L'AMICO IDEALE
Siate corretti con tutti, generosi con chi lo merita. A volte, nella nostra azien-
da, non abbiamo ricompensato giustamente una persona per paura di quello
che avrebbero potuto pensare gli altri... Gesù ci ha spiegato con chiarezza que-
sto principio nella parabola del padrone della vigna che pagò allo stesso modo
coloro che avevano lavorato tutto il giorno e coloro che invece erano arrivati
più tardi, lavorando quindi molto meno. Di fronte alle lamentele di un uomo
che aveva faticato l'intera giornata, il padrone replicò: “Amico, io non ti ho
imbrogliato.. . prendi la tua paga e sta’ zitto. Io voglio dare a questo, che è venu-
to per ultimo, quel che ho dato a te. Non posso fare quello che voglio coi miei
soldi? O forse sei invidioso perché io sono generoso con loro?”... Siate corretti
con tutti e generosi con chi lo merita...
81
MI CONSENTA
ri, oltre ad alimentare lealtà e cameratismo difenderete anche voi stessi. Gesù
difese sempre i suoi discepoli. Quando i farisei li criticavano, Gesù sapeva di
essere lui il vero obiettivo del loro disprezzo. Il fatto che il Maestro li difendes-
se deve aver creato fra i discepoli un’atmosfera di grande serenità. Se i vostri
collaboratori fanno del loro meglio e sono onesti nel loro sforzo per essere al ser-
vizio vostro e dell’azienda, sosteneteli di fronte alle critiche provenienti dall’e-
sterno.
Se non riuscite a difendere i vostri collaboratori e il loro operato dagli attacchi
esterni, allora qualcosa, in voi o in loro, non va e va cambiato. Questo non
significa che dobbiate arrivare a negare gli errori, ma è possibile ammetterli one-
stamente senza per questo denigrare la sfortunata persona che ne ha commes-
si... Gesù dimostrò grande lealtà. Seguite il suo esempio...
• nella gratitudine, nella capacità di essere grato a coloro che hanno con-
tribuito al successo della sua impresa;
• nella generosità, nel ricompensare sistematicamente chi lo segue;
• nella coesione, cioè nel sostegno al proprio gruppo contro gli attacchi
esterni.
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L'AMICO IDEALE
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MI CONSENTA
a lavorare sempre al meglio per Te, Silvio, a seguirTi e servirTi fedelmente. Tu,
Silvio, ti impegni a farmi ottenere le massime soddisfazioni materiali, professionali
e personali possibili, compatibilmente con il mio incarico; io adepto do a Te, Sii
vio, tutto me stesso, e Tu, Silvio, dai a me, adepto, un angolo di Paradiso in
Terra...».
Quindi, quella di Silvio Berlusconi è, per così dire, una visione faustia-
na dell’amicizia, fondata sul reciproco patto imperituro di appartenenza,
una visione in cui l’utilitarismo conta, ma che va al di là di esso, sino a tra-
scendere in una specie di romantica e metaforicamente mefistofelica
“appartenenza di anima”. Cioè in un rapporto psicologicamente molto
complesso, in una specie di “triangolo trascendente” composto da amicizia,
fedeltà e adorazione al tempo stesso.
84
Capitolo quinto
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MI CONSENTA
* Per una discussione più approfondita sulla natura e sul funzionamento della televisione
come “medium dinamico” si vedano, per esempio: Baudrillard, 1996; Capucci, 1993; Fron-
tori, 1986; Oliviero Ferraris, 1997.
86
LA FABBRICA DEI DESIDERI
Il motivo dei successi di ascolto delle televisioni Mediaset? Aver puntato sul
rapporto diretto con il pubblico attraverso i volti più noti e'simpatici. In oltre
vent’anni di vita, le reti del “Biscione” hanno portato nelle case degli italiani
migliaia di ore di programmi, con un’offerta ricca e articolata... Dagli schermi
di Canale 5, Italia 1 e Rete 4 hanno parlato e sorriso agli italiani personaggi
vecchi e nuovi che sono diventati “veri e propri amici di famiglia”. Tentare di
stilare un elenco completo di questo personaggi sarebbe impresa impossibile.
Ma anche volendone ricordare solo alcuni, non si può che cominciare da Mike
Bongiorno, autentica icona della TV nazionale... fu tra i primi, sul finire degli
anni Settanta, a credere al sogno berlusconiano tra l’incredulità dei più...
Quando si dice che esiste un’anomalia nella politica italiana, si dice indub-
biamente una verità. Nel caso del Cavaliere infatti coincidono tre ruoli:
quello del grande imprenditore, quello del grande capo politico e quello del
controllore del rubinetto dei desideri degli italiani. Per dirla con una meta-
fora, sarebbe come se nel ’600, ai tempi della peste di Milano, a candidar-
si Premier prima e a condurre il Governo poi fosse stato colui che posse-
deva il vaccino o la medicina contro la peste stessa. Oppure, ai tempi delle
carestie nell’antico Egitto il candidato faraone fosse il più grande fornaio
dell’epoca, disposto oltretutto a «regalare il pane».
Sì, perché il paradosso magico del berlusconismo televisivo è proprio
87
MI CONSENTA
questo: non solo è una fabbrica dei desideri, ma è anche accessibile gra-
tuitamente. Ogni sera possiamo accendere la televisione senza spendere
(apparentemente) una sola lira, e vedere in azione, appunto, i nostri desi-
deri. Possiamo mandare una lettera di partecipazione a un programma e
magari, qualche mese dopo, ritrovarci ricchi e famosi.
Nessun altro uomo politico italiano è in questa felice condizione: di
poter proporre agli elettori un modello di riferimento, di poterne amplifi-
care i desideri e, soprattutto, di poterli realizzare. La maggior parte dei
commentatori politici insiste sul conflitto di interessi economici, sull’idea
che Silvio Berlusconi al potere è anomalo perché con le sue decisioni può
favorire se stesso. E così, ma la vera anomalia sta nel fatto che colui che
decide è colui che ha nelle proprie mani i maggiori oggetti del desiderio del
nuovo Millennio (Giaccardi, 1996; Greenfield, 1985). Come si fa a dirgli
di no, a rifiutarlo? Come si fa a competere con un avversario che agli occhi
della gente appare come un mago, un realizzatore di sogni?
Se la bacchetta magica è lo strumento di realizzazione dei desideri, nelle
società occidentali essa ha preso la forma dell’antenna televisiva. Chi con-
trolla la televisione ha nelle sue mani la bacchetta magica. Cioè il potere,
lo strumento di individuazione e manifestazione di forze “sovrannaturali”.
Quella bacchetta che da sempre è attributo di maghi e sciamani e che si
associa simbolicamente alla mazza, allo scettro, al tridente e al pastorale,
ha preso in Italia la forma dell’antenna televisiva ed è saldamente collo-
cata nelle mani di un uomo ben preciso: il Cavaliere di Arcore.
E questa associazione simbolica tra bacchetta magica e antenna televi-
siva che spiega il modo appunto quasi magico in cui è percepito il presi-
dente del Consiglio. Che ne è, a mio avviso, perfettamente consapevole.
Se Una storia italiana appare persino eccessiva nell’osannare le imprese del
Premier, ciò è voluto e pienamente giustificato.
Immagini e simboli
Quello che molti osservatori non sembrano aver compreso è che Silvio
Berlusconi è realmente percepito, dall’immaginario collettivo italiano, in
termini magici, sciamanici. Il Cavaliere non fa altro che rimandare al citta-
dino quello che il cittadino pensa di lui. Sapendo di essere percepito come
una figura demiurgica, si autodescrive in termini demiurgici. Sapendo di
essere l’arbitro dei desideri profondi dei telespettatori, si configura meta-
foricamente come uriautentica divinità (si vedano al riguardo Greimas,
1974; 1975; Semprini, 1997).
88
LA FABBRICA DEI DESIDERI
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MI CONSENTA
* Per approfondimenti sull’analisi simbolica consultare anche Bettetini, 1993; 1994; Car-
magnola, 1988; Monachesi, 1993.
90
LA FABBRICA DEI DESIDERI
91
MI CONSENTA
A partire dal 1950, il tempo durante il quale la famiglia americana media tiene
acceso l’apparecchio televisivo, attualmente oltre 7 ore al giorno, è costante-
mente aumentato... l’americano medio guardava la televisione per circa 4 ore
al giorno, un po’ di più durante il week-end... Negli anni Ottanta, quando
sono divenuti largamente disponibili la TV via cavo e i videoregistratori, la
quota di audience delle tre principali reti americane ha cominciato a calare,
passando dal 90% circa delle famiglie americane al 60% di oggi... In ogni caso,
la quantità di tempo trascorso a guardare la televisione è rimasta approssima-
tivamente costante, solo che adesso è suddivisa su più emittenti. Questi dati
statistici sono altrettanto rilevanti per i bambini quanto per gli adulti... Il bam-
bino americano medio guarda la televisione per circa 4-5 ore al giorno duran-
92
LA FABBRICA DEI DESIDERI
Che la televisione sia una fabbrica dei desideri è un’ipotesi. Che sia una
delle principali agenzie di socializzazione e di formazione delle strutture
mentali è un dato di fatto che scaturisce semplicemente dai numeri con-
cernenti il tempo passato davanti alla TV. Non per niente nella quarta di
copertina del libro di Popper e Condry si legge questo monito, su cui anche
in Italia, a maggior ragione, varrebbe la pena di riflettere con la massima
attenzione:
Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisio-
ne, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della
televisione non sarà pienamente scoperto. Dico così perché anche i nemici
della democrazia non sono ancora del tutto consapevoli del potere della tele-
visione. Ma quando si saranno resi conto fino in fondo di quello che possono
fare la useranno in tutti i modi, anche nelle situazioni più pericolose. Ma allo-
ra sarà troppo tardi...
93
Capitolo sesto
95
MI CONSENTA
* Per una discussione su queste tematiche, consultare, per esempio, Brown, 1971; Gavaz-
za, 1997; Folliet, 1965; Piattelli Paimarini, 1996.
96
LA DEMOCRAZIA DEI SONDAGGI
97
MI CONSENTA
Il “ buco” di Tremonti
Un esempio emblematico della tendenza al rapporto diretto con l’eletto-
rato si può trovare nell’episodio del ministro dell’Economia, Giulio Tre-
monti, che la sera di giovedì 12 luglio 2001, in diretta al TG1, dà all’inte-
ra opinione pubblica italiana l’annuncio dell’esistenza di un “buco” nei
conti dello Stato, saltando il metodo consolidato della “concertazione”, in
funzione del quale l’annuncio stesso avrebbe (preferibilmente) dovuto
essere dato prima al Parlamento e ai rappresentanti delle parti sociali e,
solo dopo, al resto dell’opinione pubblica. In questo episodio vediamo in
azione tre meccanismi tipicamente berlusconiani:
98
LA DEMOCRAZIA DEI SONDAGGI
Un’ottima analisi dell’uso dei media come forma di rapporto diretto fra
potere e cittadino è riportata nell’articolo scritto, il giorno dopo (ovvero il
13 luglio), su La Repubblica, da Ezio Mauro, direttore del quotidiano roma-
no. Mauro è del parere che, con l’uscita pubblica di Tremonti, sia andato
in onda il «nuovo populismo». Egli ritiene, infatti, che il primo vero atto
del governo Berlusconi sia stato questo pronunciamento televisivo, e che
tale pronunciamento sia stato molto efficace in un’ottica di populismo
mediatico, in mezzo a una politica che parla ormai soltanto linguaggi cifra-
ti, curiali e distanti. Dice testualmente Mauro:
Tremonti non era seduto alla solita immensa scrivania deserta, con la penna
d’ordinanza in primo piano, infilata obliquamente in quei tristi sostegni mini-
steriali indifferenti al cambio di regime. No. In piedi, rapido e anzi “tacitiano”
come l’aveva visto a Bruxelles il socialista francese Fabius, aveva davanti a sé
un tabellone berlusconiano gigantesco, con tre cifre, tre istogrammi e in alto il
vero messaggio subliminale da trasmettere agli italiani, naturalmente in maiu-
scolo: “Buco 2001. Centrosinistra - Eredità”. Quattro parole e una telecame-
ra, che rappresentano insieme l’ultima trasformazione della politica, nelle mani
della destra italiana... Per mesi il superministro dell’Economia aveva lavorato
in silenzio, in mezzo agli allarmi di Berlusconi sul “buco”, appena arrivato a
palazzo Chigi, e ai rumori disordinati di molti altri ministri e sottosegretari per
la prima volta con tanti microfoni a disposizione. Il ministro taceva, come per
tenere il tavolo di Quintino Sella, a cui sedeva, fuori dalla polemica contin-
gente... Il ministro taceva, perché avrebbe parlato soltanto alle Camere, come
vuole la funzione delicata a cui presiede... Improvvisamente, il ministro ha
invece deciso di compiere un vero e proprio strappo... In un colpo solo, ha sal-
tato l’Europa, cui non aveva fornito cifre, il Parlamento e il tavolo della con-
certazione, dove i sindacati erano seduti ad attenderlo, e si è presentato alla
televisione per svelare in tre minuti alla popolazione il “buco” nei conti pub-
blici... Siamo di fronte a un’operazione mediatica e politica che non può esse-
re nata nell’urgenza, perché sembra preparata con cura... Alla fine di quei tre
minuti politicamente lunghissimi, dopo aver indicato il grafico enorme dei 62
99
MI CONSENTA
Il sistema dell’ascolto
Tal tra faccia della medaglia, l’altra leva del meccanismo, è come detto l’a-
scolto sistematico dell’opinione pubblica.
100
LA DEMOCRAZIA DEI SONDAGGI
* Per ulteriori ragguagli sulle metodologie per influenzare l’opinione pubblica consiglio la
lettura di Altieri Biagi, 1990; Casetti, 1986.
101
MI CONSENTA
tirsi dire ciò che egli stesso pensa, soprattutto se proviene da una fonte
autorevole. Vari studi scientifici (Folliet, 1994; Piattelli Paimarini, 1996;
Testa, 1988) in tema di persuasione hanno dimostrato che un’importante
dimensione in base alla quale l’ascoltatore giudica il comunicatore è quel-
la della somiglianza con se stesso.
Ricerche in materia di psicologia della comunicazione hanno provato
sin dagli anni Settanta che l’attrazione interpersonale è maggiore quando
gli atteggiamenti delle due persone in gioco sono simili. In parole povere,
parlare alle persone nel medesimo modo in cui queste persone di solito
parlano, adoperando concetti simili al loro stesso pensiero, significa
aumentare le probabilità di persuaderle della bontà del punto di vista di
chi sta parlando. Questo è certamente uno dei segreti dell’efficacia della
propaganda (e vale in politica come, per esempio, nel cinema e persino
nella psicoterapia; si vedano, per esempio, Manfrida, 1988; Metz, 1972).
La fabbrica delle opinioni del sistema berlusconiano (Schema 8) parte
con la rilevazione del materiale semantico utilizzato dalle singole catego-
rie demografiche e psicografiche. Questo materiale, valutato, pesato, svi-
luppato, “ripulito” e perfezionato stilisticamente, unitamente ai principali
bisogni e desiderata individuati nei cittadini, combinato con i contenuti
salienti del progetto politico di Forza Italia, prende a fine processo la forma
della comunicazione al pubblico.
L’ascolto delle opinioni e la modificazione degli atteggiamenti per mezzo
del sistema mediatico sono due facce della stessa medaglia. Runica diffe-
renza è che la comunicazione è visibile, mentre la rilevazione delle opi-
nioni lo è molto meno.
Interi istituti di ricerca stanno silenziosamente lavorando per alimenta-
re la comunicazione di massa del Cavaliere con l’opportuno materiale
semantico. In prossimità di qualunque appuntamento elettorale fioccano
le indagini qualitative e quantitative, con focus group e interviste telefo-
niche, per individuare le componenti fondamentali degli atteggiamenti
degli elettori e trasformarle, misurandole, in indicazioni di propensione al
voto. Del resto, ciò è avvenuto anche in tutti gli anni in cui il leader di
Forza Italia è stato all’opposizione, e a maggior ragione è accaduto in pre-
parazione delle elezioni del 13 maggio 2001 (e accadrà con tutte le torna-
te elettorali future).
102
LA DEMOCRAZIA DEI SONDAGGI
propria offerta politica, è tale che, molto probabilmente, egli darà impul-
so e sviluppo prima all’elaborazione di metodologie telematiche di rileva-
zione dell’opinione, poi alla realizzazione del “voto elettronico”.
Più in generale, quello verso la «consultazione permanente» dei citta-
dini è un trend che appare inevitabile e inarrestabile nelle moderne socie-
tà post-industriali, e il Cavaliere lo ha importato e solidamente radicato
anche in Italia. La combinazione ascolto sistematico-comunicazione sistema-
dea costituisce una “tenaglia” informativa che può creare nuove opportu-
nità, ma anche nuovi pericoli per le società democratiche. A questo punto
è necessaria una breve parentesi sui rischi delle democrazie dei sondaggi, al
di là del discorso sul berlusconismo in senso stretto.
Con la diffusione e l’ulteriore progresso delle tecnologie telematiche, le
possibilità di controllo e misurazione capillare delle opinioni aumenteran-
no esponenzialmente. C ’è il concreto pericolo che l’uso non opportuno
delle nuove tecnologie comporti nuove forme di limitazione della libertà,
come ci spiega Domenico Campana nel libro II voto corre sul filo*. Tanto
che, forse anticipando e amplificando tale pericolo, negli Stati Uniti c’è da
tempo chi raccomanda di raccontare una “piccola bugia” agli intervistato-
ri che, all’uscita dei seggi, richiedono ai cittadini la ripetizione del voto per
effettuare gli exit poli (i sondaggi appunto all'uscita dei seggi, che consen-
tono, l’attimo successivo alla chiusura dei seggi stessi, di dare, con buona
approssimazione, i risultati elettorali).
Quando le metodologie di esplorazione telematica delle opinioni, e di
espressione anch’essa telematica del voto, saranno una realtà diffusa (cioè
* Edizioni Seat.
103
MI CONSENTA
104
LA DEMOCRAZIA DEI SONDAGGI
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LA DEMOCRAZIA DEI SONDAGGI
Alla fine del processo (Schema 9), il “triangolo magico” del nuovo potere
sarà pienamente operativo:
Il rischio di tutto ciò, e specificamente del considerare la politica come
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MI CONSENTA
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Capitolo settimo
Testo. L’Italia è il paese che amo, qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei
orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di
imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà.
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MI CONSENTA
Testo. Per poter compiere questa nuova scelta di vita, ho rassegnato oggi stes-
so le mie dimissioni da ogni carica sociale del gruppo che ho fondato. Rinun-
cio dunque al mio ruolo di editore e di imprenditore per mettere la mia espe-
rienza e tutto il mio impegno a disposizione di una battaglia in cui credo con
assoluta convinzione e con la più grande fermezza. So quel che non voglio e,
insieme con i molti italiani che mi hanno dato la loro fiducia in tutti questi
anni, so anche quel che voglio. E ho anche la ragionevole speranza di riuscire
a realizzarlo, in sincera e leale alleanza con tutte le forze liberali e democrati-
che che sentono il dovere civile di offrire al paese un’alternativa credibile al
governo delle sinistre e dei comunisti.
Commento. Dopo i due primi periodi all’insegna dell’identità totale tra lea-
der politico e uomo comune, il terzo periodo è impregnato di un maggiore
eroismo. Il Cavaliere si presenta al pubblico come il faro e la guida di un
nuovo schieramento, impegnato in una dura battaglia. Sono perciò abbon-
danti gli aggettivi e i sostantivi “eroici” (impegno, battaglie, assoluta, con-
vinzione, grande, fermezza, alleanza, dovere). Sempre però cercando di
mantenere vivo il “filo diretto” con l’uomo comune: «insieme con i molti
italiani che mi hanno dato la loro fiducia in tutti questi anni...». Insomma,
il leader di Forza Italia non va “alla guerra” da solo, ma lo fa accompagna-
to dall’esercito dei cittadini che non vogliono finire i propri giorni sotto l’a-
troce “tirannia” dei comunisti di Achille Occhetto e Walter Veltroni.
Testo.La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai
tempi. Cautoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del
debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il paese
impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio
a una nuova repubblica.
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IL CODICE DEL BAMBINO
Testo. Mai come in questo momento l’Italia, che giustamente diffida di profeti
e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza con-
solidata, creative e innovative, capaci di darle una mano e di far funzionare lo
Stato. Il movimento referendario ha condotto alla scelta popolare di un nuovo
sistema di elezione del Parlamento.
Ili
MI CONSENTA
Testo. Quegli obiettivi e quei valori che invece non hanno mai trovato piena
cittadinanza in nessuno dei paesi governati dai vecchi apparati comunisti, per
quanto riverniciati e riciclati. Né si vede come a questa regola elementare
potrebbe fare eccezione proprio l’Italia. Gli orfani e i nostalgici del comuniSmo,
infatti, non sono soltanto impreparati al governo del paese. Portano con sé
anche un retaggio ideologico che stride e fa a pugni con le esigenze di un’am-
ministrazione pubblica che voglia essere liberale in politica e liberista in eco-
nomia. Le nostre sinistre pretendono di essere cambiate. Dicono di essere
diventate liberal-democratiche. Ma non è vero. I loro uomini sono sempre gli
stessi, la loro mentalità, la loro cultura, i loro più profondi convincimenti, i loro
comportamenti sono rimasti gli stessi. Non credono nel mercato, non credono
nell’iniziativa privata, non credono nel profitto, non credono nell’individuo.
Non credono che il mondo possa migliorare attraverso l’apporto libero di tante
persone tutte diverse luna dall’altra. Non sono cambiati. Ascoltateli parlare,
guardate i loro telegiornali pagati dallo Stato, leggete la loro stampa. Non cre-
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IL CODICE DEL BAMBINO
dono più in niente. Vorrebbero trasformare il paese in una piazza urlante, che
grida, che inveisce, che condanna. Per questo siamo costretti a contrapporci a
loro. Perché noi crediamo nell’individuo, nella famiglia, nell’impresa, nella
competizione, nello sviluppo, nell’efficienza, nel mercato libero e nella solida-
rietà, figlia della giustizia e della libertà. Se ho deciso di scendere in campo con
un nuovo movimento, e se ora chiedo di scendere in campo anche a voi, a tutti
voi - ora, subito, prima che sia troppo tardi - è perché sogno, a occhi bene
aperti, una società libera, di donne e di uomini, dove non ci sia la paura, dove
al posto dell’invidia sociale e dell’odio di classe stiano la generosità, la dedizio-
ne, la solidarietà, l’amore per il lavoro, la tolleranza e il rispetto per la vita.
* Per ragguagli sui concetti psicologici qui adoperati si consulti, per esempio, Dember e
Jenkins, 1977.
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IL CODICE DEL BAMBINO
L’idealizzazione del Sé
Lultimo meccanismo comunicazionale tipicamente berlusconiano presen-
te nel discorso sopra riportato è l’idealizzazione del Sé, complemento natu-
rale della demonizzazione dell’altro. Da una parte, in quel periodo, abbia-
mo le orde dei comunisti, gente che non crede più in nulla, che riempie
piazze «urlanti, gridanti, condannanti». Gente che vuole la paura, che ha
l’invidia e l’odio come motivazioni nella vita. Dall’altra, invece, abbiamo
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MI CONSENTA
Tèsto. Il movimento politico che vi propongo si chiama, non a caso, Forza Ita-
lia. Ciò che vogliamo farne è una libera organizzazione di elettrici e di elettori
di tipo totalmente nuovo: non l’ennesimo partito o l’ennesima fazione che
nascono per dividere, ma una forza che nasce invece con l’obiettivo opposto:
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IL CODICE DEL BAMBINO
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* Per una migliore comprensione di questi concetti, consultare, per esempio, Berne, 1967;
Stewart e Joines, 1990.
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IL CODICE DEL BAMBINO
Sulla teoria dei codici affettivi potrà essere utile qualche parola in più di
spiegazione. Nel modo in cui è utilizzata in questo testo, essa deriva dal-
l’analisi transazionale, una disciplina psicologica che studia i processi di
comunicazione (Berne, 1967; Stewart e Joines, 1967). Nell’analisi trans-
azionale, per Bambino si intende uno dei tre stati principali dell’Io o strut-
ture latenti di personalità, che sono Bambino, Adulto, Genitore. Nell’ambi-
to del Bambino si distinguono il Bambino Naturale e il Bambino Adattato
(che a sua volta può essere Sottomesso o Ribelle), nonché il Bambino Astu-
to e il Bambino Libero:•
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MI CONSENTA
Sempre secondo l’analisi transazionale, gli altri stati dell’Io sono l’Adulto
e il Genitore (Schema 11):
Il potere persuasivo sul Bambino dei due stati dell’Io più evoluti, l’Adulto
e il Genitore, non è uguale: il Genitore Affettivo è molto più potente del-
l’Adulto nell’influenzare le scelte del Bambino.
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IL CODICE DEL BAMBINO
Mente
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MI CONSENTA
Commento. È nel periodo finale del discorso del Cavaliere che si vede per-
fettamente in azione quella che abbiamo descritto come la fabbrica delle
opinioni: si raccoglie il materiale semantico elementare, di base, degli elet-
tori, lo si “impasta” opportunamente, lo si condisce con una componente
di sogno ed eccolo pronto, invitante, da consumare e digerire al volo. I
sondaggi dicono che le preoccupazioni maggiori della gente sono la disoc-
cupazione, l’inquinamento, la criminalità, le tasse, la cattiva amministra-
zione, la droga? Ecco subito una promessa forte in tal senso. I cittadini
chiedono sicurezza, ordine ed efficienza? Immediata la garanzia in questa
direzione. I cittadini si lamentano del linguaggio incomprensibile dei poli-
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IL CODICE DEL BAMBINO
di
MI CONSENTA
tatori della parte avversa inveiscono contro la stupidità della gente e l’op-
portunismo di Berlusconi, il suonatore tira dritto per la sua strada, segui-
to da milioni di cittadini, migliaia di veri e propri “seguaci” e centinaia di
avversari sostanzialmente imbambolati, storditi dalla sua melodia.
Altro che ridicolaggini da cabarettista! La verità è che, in ultima istan-
za, il Cavaliere ha fatto dell’affabulazione mediatica il principale strumen-
to della competizione politica: oggi, la stampa e la televisione hanno un
ruolo cruciale ai fini del raggiungimento del consenso nel nostro sistema
democratico.
Da Berlusconi in poi, per i partiti e per i politici italiani, presentarsi in
maniera efficace, seducente, accattivante, affabulante, attraverso i media
in generale e la TV in particolare, parlando “a distanza” a individui il cui
consenso deve essere prima guadagnato e poi mantenuto, è diventato un
imperativo, una caratteristica imprescindibile della politica stessa. Le logi-
che della comunicazione sono ormai dominate dalla legge della visibilità
televisiva da un lato (il politico deve “bucare” il video), e dalla legge del-
l’ascolto continuo delle opinioni dall’altro. Su entrambe l’uomo di Arcore
torreggia come l'incontrastato primo della classe.
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Capitolo ottavo
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MI CONSENTA
Protoimmagine Immagine
Ho sentito una specie di responsabilità che non poteva essere elusa e, forse esa-
gerando, mi sono sentito nella condizione di chi, dovendo partire per un bel
viaggio, si è trovato improvvisamente davanti qualcuno bisognoso d’aiuto.
Ecco, nonostante la prospettiva del viaggio, della vacanza programmata, non
sarebbe stato possibile girare la testa dall’altra parte, si sarebbe trattato di una
vera e propria omissione di soccorso. È per questo - perché ci sentiamo tutti
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IL CULTO DELLA PERSONALITÀ
responsabilmente chiamati a uscire dal nostro egoismo per fare quanto possia-
mo per il nostro paese - che noi siamo qui, che abbiamo risposto a questa spe-
cie di chiamata alle armi. E per questo che noi oggi siamo qui, con la volontà
di cominciare da qui un lungo cammino, un cammino di speranza e di fiducia
nel nostro futuro... credevo di avere finito con i traguardi e con gli obiettivi,
credevo che la mia corsa fosse arrivata finalmente alla meta finale, credevo di
poter fare il nonno, di leggere i libri che non ho letto, di vedere i film che non
ho visto, di ascoltare le musiche che mi piacciono. Ma ecco profilarsi un peri-
colo grande per il nostro paese, qualche cosa che poteva cambiare la nostra
vita e soprattutto la vita delle persone a cui vogliamo bene: un futuro incerto,
soffocante e illiberale. Ecco allora improvvisamente un nuovo irrinunciabile
traguardo: garantire al paese la permanenza nell’occidente, nella libertà, nella
democrazia...
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MI CONSENTA
coltivavano l’idea di fare dell’Italia una Corea del Nord del Mediterraneo,
ce ne passa!
La controprova dell’uso strumentale che Berlusconi fa del passato
comunista dei leader DS sta nel fatto che, divenuto premier, egli ha tro-
vato proprio nel presidente russo Vladimir Putin, ex-comunista di ferro e
membro del servizio segreto sovietico, il KGB, un interlocutore privilegia-
to che non perde occasione di descrivere come amico personale. Come è
possibile che gli ex-comunisti italiani, peraltro privi di qualsivoglia respon-
sabilità oggettiva in termini di crimini e misfatti, siano peggio dei postco-
munisti russi, che di crimini e misfatti sono direttamente o almeno indi-
rettamente responsabili, nella misura in cui hanno operato nella struttura
che i crimini e i misfatti li compiva veramente? Che Achille Occhetto sia
più “comunista” di Vladimir Putin è affermazione davvero azzardata, che
solo il Cavaliere può fare senza temere di cadere nel ridicolo.
Che al formarsi del governo Berlusconi sia avvenuto nel paese un moto di
reazione sociale da parte delle forze, appunto, socialmente avverse al suo
blocco elettorale, è un dato di fatto, ma è anche un fenomeno comprensi-
bile e fisiologico in qualsiasi democrazia. Che tale Governo abbia dovuto
affrontare difficoltà maggiori di quelle incontrate da qualunque altro
Governo nella storia d’Italia è una palese esagerazione. Che poi contro il
Cavaliere imprenditore-politico si siano alleati i “poteri forti”, presumibil-
mente anche e soprattutto economici, è un’ipotesi affascinante ma one-
stamente piuttosto fantasiosa. Se non altro perché il presidente del Con-
siglio è egli stesso uno dei maggiori rappresentanti dei “poteri forti”, pos-
sedendo o controllando direttamente o indirettamente televisioni, giorna-
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IL CULTO DELLA PERSONALITÀ
Uno degli elementi più significativi della strategia del racconto del Cavaliere è
costituito dalla collocazione che Berlusconi assume rispetto al destinatario dei
suoi messaggi: egli si pone su un continuum lungo il quale si passa in maniera
impercettibile dall’io narrante all’io-noi inteso come gente... Questo mecca-
nismo di indentificazione con gli elettori, e di rispecchiamento degli elettori
nel leader, viene rafforzato in prima battuta dall’iterazione (“l’ho detto e lo
riconfermo”), quindi da una presunta oggettività (“tutta l’Italia sa che le cose
stanno come dico io”) e, infine, in modo più sostanziale, dall’offerta di se stes-
so a garanzia del messaggio, sottolineata dal ricorso reiterato a verbi e avverbi
modali... La storia collettiva narrata da Berlusconi si caratterizza, inoltre, per
la cornice temporale all’interno della quale si colloca. La genesi della vicenda
ha radici in un passato recentissimo, un quasi-passato che segnala una rottura
epocale e si colora di mito, ovvero la nascita della Seconda Repubblica...
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MI CONSENTA
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IL CULTO DELLA PERSONALITÀ
La strategia chiave del Cavaliere sarà quella della politica del coinvolgi-
mento. Grazie alla sua esperienza come imprenditore mediatico e alle sue
doti oratorie, il leader di Forza Italia gode di una capacità naturale di uti-
lizzare i mass media ben più articolata rispetto agli altri protagonisti dello
spettacolo politico europeo.
Partendo da se stesso e dai suoi più stretti collaboratori, il Cavaliere
implementerà un modello di coinvolgimento a cascata: fioriranno micro e
macro testimonial sulle positività nell’Italia berlusconiana, in una combi-
nazione di “cultura alta” e “cultura di massa” che non avrà eguali nella sto-
ria passata. Nella “macchina del consenso” troveremo l’accademico, il
romanziere di successo, il critico d’arte, il regista cinematografico, l’auto-
re teatrale, lo sceneggiatore, il cantante, il giornalista, il grande attore
della scena e dello schermo, la casalinga, lo studente, il manager, il pen-
sionato. Tutti a testimoniare la positività del «vivere nell’epoca di Berlu-
sconi». Tutti a testimoniare che il merito di queste positività dipende
innanzitutto dalla lungimiranza e al tempo stesso dalla carica umana del
Capo. In questo consisterà il “culto della personalità” del regime berlu-
sconiano (a scanso di equivoci, continuo a precisare che utilizzo la parola
regime più o meno come l’avrei adoperata per parlare del “regime demo-
cristiano”) .
Sul Corriere della Sera di sabato 19 gennaio 2002 abbiamo due diversi
esempi della “logica dei testimonial”. In prima pagina, una lettera-artico-
lo di Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, si intitola
Ma i Savoia torneranno grazie a noi e intende sottolineare che se l’ex-casa
reale italiana potrà fare ritorno in patria, sarà appunto per l’interessamen-
to del Premier e della sua maggioranza parlamentare. A pagina 19 un arti-
colo a firma di Alessandra Arachi ci informa che, sempre dietro lo stimo-
lo di Silvio Berlusconi, il capo della polizia ha ordinato più controlli sulle
strade, in funzione anti-prostituzione. E ricorda un incontro avvenuto
pochi giorni prima fra il presidente del Consiglio e don Benzi, un sacerdo-
te attivo sul fronte del recupero di giovani prostitute costrette in schiavi-
tù dai loro sfruttatori. Re e prostitute come testimonial! Racconta testual-
mente l’articolo di Arachi:
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IL CULTO DELLA PERSONALITÀ
Ecco, in questo piccolo episodio di cronaca c'è tutto Berlusconi. Il suo lea-
derismo, l'affrontare in prima persona i problemi come “taumaturgo” in
grado di risolverli, la ricerca del contatto diretto con gli “umili”, la capa-
cità, volontaria o inconsapevole, di trasformare ogni evento in testimo-
nianza, la trasversalità (casa reale da una parte, prostitute dall’altra), l’a-
bilità nel mettere in scacco comunicazionale l’avversario (ancora una
volta la parte dei cattivi l'hanno fatta, inevitabilmente, i “comunisti” inca-
paci di capire i gesti che si fanno perché si devono fare), l’attenzione ai
sondaggi d’opinione (che da anni segnalano che in cima alle preoccupa-
zioni dei cittadini vi sono i problemi del degrado urbano e del pubblico
decoro, insieme con le tematiche della sicurezza).
Proprio la questione della prostituzione consente un ulteriore appro-
fondimento sul collegamento fra le decisioni del leader e l’opinione pub-
blica, dal momento che esistono precisi riferimenti di ricerca dell’Istituto
CIRM in materia. Quando, nel gennaio 2002, il presidente del Consiglio
ha lanciato la sua “campagna anti-prostituzione”, agli osservatori a digiu-
no di dati demoscopici la cosa può essere apparsa come una sorta di diver-
sivo per spostare l’attenzione del dibattito politico da temi potenzialmen-
te pericolosi per la Casa delle Libertà (caso Genova, caso Ruggiero, con-
flitto di interessi e così via) ad argomenti da un lato poco rilevanti e dal-
l’altro meno problematici. In realtà, il fatto è che a Berlusconi il diversivo
è riuscito proprio perché l’opinione pubblica da tempo considerava peri-
coloso il fenomeno della prostituzione. Ma vediamo qualche dato empiri-
co.
Già a luglio 2000 l’Istituto CIRM aveva realizzato un sondaggio sulla pro-
stituzione per conto dell’allora ministro dell’Interno, Enzo Bianco, nel-
l’ambito di una ricerca più generale sulla percezione della sicurezza da
parte dei cittadini. Vennero intervistate, con metodologia telefonica corn-
is i
MI CONSENTA
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IL CULTO DELLA PERSONALITÀ
Neanche a farlo apposta, sia il livello di sensibilità nei confronti del pro-
blema sia la tipologia delle risposte e soluzioni avanzate dall’attuale mag-
gioranza vanno proprio nella direzione dei dati demoscopici appena rias-
sunti.
Il mito berlusconiano del “presidente operaio” che sa intuire e sentire
gli umori profondi dell’opinione pubblica si fonda - e non potrebbe essere
diversamente - sull’ascolto continuativo dei cittadini per mezzo dei son-
daggi.
Il caso prostituzione è, come detto, emblematico. Il sondaggio commis-
sionato dal ministro ulivista Enzo Bianco è rimasto nel cassetto per più di
un anno. Il Cavaliere, invece, quei dati (o altri dati analoghi derivanti da
propri sondaggi) li ha tirati fuori e subito utilizzati. Eepisodio “don Benzi”
è infatti perfettamente in sintonia con le opinioni della gente (che vede la
prostituzione come un pericolo, collega il fenomeno all’immigrazione clan-
destina, vuole che sia combattuto il racket ma al tempo stesso fiaccata la
domanda mettendo i bastoni fra le ruote ai clienti).
Persino la proposta di riaprire le case chiuse in realtà trova la sua “base”
negli umori profondi dell’immaginario collettivo, che si dichiara favorevo-
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MI CONSENTA
le al riguardo.
Berlusconi è un maestro del dire alle persone quello che vogliono sentirsi
dire. In pratica, «se la gente vuole le case chiuse, anche noi siamo per le
case chiuse; se la gente pensa che le tenute provocanti delle prostitute
sulle strade siano indecorose anche noi la pensiamo così, come del resto
abbiamo sempre fatto». Che poi, come qualcuno ha giustamente osserva-
to, sulle reti Mediaset vadano in onda ballerine e show girl in tenute non
meno succinte e provocanti di quelle “stradali”, è un dettaglio del tutto
trascurabile.
Ben lungi dall’essere stato applicato soltanto nel caso del problema
della prostituzione, questo “schema” di sondaggio-propaganda fa organi-
camente parte, fin dalle origini, della strategia di comunicazione politica
del Cavaliere. Per esempio, poco dopo il suo ingresso in politica, ossia nel
dicembre 1993, l’Istituto CIRM eseguì una ricerca sul consenso elettorale
del fondatore di Forza Italia. Seicentoquarantasei italiani residenti sull’in-
tero territorio nazionale vennero intervistati per esprimere il proprio pare-
re sul Cavaliere e sul suo futuro nella vita politica del paese.
La prima domanda riguardava la simpatia o l’antipatia di Silvio Berlu-
sconi, che è risultato simpatico al 52%, in particolare al Nord e tra gli abi-
tanti dei grandi centri, le donne e le fasce di età più elevata. Per capire
quale poteva essere il bacino potenziale di voti per il partito del Cavalie-
re, agli intervistati è stato chiesto se gli avrebbero dato il proprio voto. Il
9% ha dichiarato di essere «certamente propenso», il 20% ha detto che
«probabilmente» lo avrebbe votato. In termini di intenzioni di voto, quin-
di, il Cavaliere godeva, a un anno circa dalla sua “discesa in campo”, dei
favori del 29% degli intervistati.
Invece, in termini di potenziale effettivo (non semplice propensione,
ma “voto certo probabile”), la percentuale si attestava, sempre a dicembre
1993, intorno al 10%. E i maggiori consensi sarebbero venuti dalle donne,
dalle persone più adulte, dai residenti nei grandi centri urbani. E, infatti,
tutta la fase di ascesa di Forza Italia ha avuto per destinatari delle iniziati-
ve di comunicazione e propaganda proprio le persone di età più adulta,
meglio se donne dei grandi centri urbani. Persino Una storia italiana, mon-
tato quasi come un settimanale femminile, a circa un decennio di distan-
za mantiene la stessa impostazione!
Un altro esempio dell’aderenza fra orientamenti dell’opinione pubblica
e linee di azione governativa si ha sul problema dell’immigrazione. Un
sondaggio SWG già nel luglio 1994 indicava che oltre la metà degli ita-
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IL CULTO DELLA PERSONALITÀ
liani riteneva che la direttiva dell’Unione Europea, che invitava gli Stati
membri a «chiudere le porte» ai cittadini extracomunitari in cerca di lavo-
ro, fosse «adeguata» alla situazione, a fronte del 42% della popolazione
che la giudicava invece «eccessiva». Per i tre quarti degli intervistati già
nel 1994 le persone di colore presenti nel nostro paese erano «tante»,
anche se una percentuale praticamente analoga era disposta a riconosce-
re che, più che portare via il lavoro agli italiani (tesi sostenuta dal 19%),
essi in realtà svolgevano lavori che gli italiani da tempo rifiutavano.
Il 27% del campione era anche del parere che gli immigrati fossero i
principali responsabili del degrado delle nostre città. Per arginare un’im-
migrazione incontrollata, il 45% avrebbe consentito l’ingresso nel nostro
paese soltanto a chi fosse stato in possesso di un lavoro. Infine, la soluzio-
ne prevalente nel campione, contro il problema degli irregolari, era quel-
la della sanatoria per chi risultasse in grado di mantenersi economica-
mente (54%) -
Otto anni dopo, gli orientamenti del governo Berlusconi II sembrano la
fotocopia di questi risultati demoscopici.
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MI CONSENTA
Il Re Vittorio Emanuele, quello dal sangue blu, con lo stemma dei Savoia e gli
antenati che hanno costruito l’unità d’Italia, sta a Gstaad, nella villa di fami-
glia, e anche se non ha più al suo fianco un ministro di Realcasa, dopo aver
giurato fedeltà alla Repubblica si prepara a tornare nel suo Paese. Ealtro Re,
Silvio Berlusconi, quello «di fatto», che per la debolezza dell’opposizione sta
trasformando l’Italia di nuovo in un reame, si divide nei due nuovi palazzi reali
di Roma, Palazzo Chigi e la dépendance di Palazzo Grazioli, circondato dalla
sua corte ossequiosa quanto e come quella Sabauda, con Gianni Letta al posto
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IL CULTO DELLA PERSONALITÀ
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MI CONSENTA
dalla gente come se fosse un monarca. È questo uno degli elementi determi-
nanti del suo successo. Ecco perché il potenziale politico insito nel ritorno dei
reali non va sottovalutato. Berlusconi non può durare in eterno e non ha suc-
cessori. E di là, nell’Ulivo, per come stanno messi, sono pronti ad accogliere
anche loro Emanuele Filiberto.»
Il paradosso di Buontempo calza. In fondo, in un Ulivo targato Veltroni l’ere-
de di Casa Savoia potrebbe tranquillamente starci, magari accanto a Idris, a
Borrelli e a un Daniele Luttazzi a cui qualcuno addebita un passato monarchi-
co. «Quelli - ridacchia Giuseppe Ayala - per evitare che Berlusconi salga al
Quirinale sono capaci di abrogare la Repubblica e far salire al trono Vittorio
Emanuele.»
Ovviamente una battuta, ma non bisogna dimenticare che il mito della sini-
stra europea, Blair, è un convinto difensore delle teste coronate inglesi. E tanto
scherzare sul tema dimostra che nel nostro paese in cui si è visto di tutto e in
cui si è stanchi di tutto può rinascere una voglia di Re. «A essere dei convinti
anti-monarchici siamo rimasti solo noi - si lamenta il capo dei deputati di
Rifondazione, Giordano - l'altra sinistra, quella dell’Ulivo, è capace di tutto.»
In sintesi, adesso che in Italia torna l’ex famiglia reale, il nostro paese non ha
più bisogno di un re. Se non altro perché ce l'ha già, ed è Silvio I d’Arcore.
Come si vede, non sono solo i ricercatori di mercato a parlare, nel caso del
Cavaliere, di vero e proprio “culto della personalità”.
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Capitolo nono
Quale futuro?
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MI CONSENTA
tà, gli spot. E qui, lira più, lira meno, potete scrivere 2500 milioni di euro o cin-
quemila miliardi di lire. Se c’è crisi si va un po’ giù, se invece la congiuntura e
i consumi tirano si va un po’ più su. Per non sbagliare, segnate cinquemila
miliardi di lire di incassi per pubblicità. E questa è la riga delle entrate. Non ce
ne sono altre. Poi segnatevi la riga delle uscite, grosso modo duemila miliardi,
un miliardo di euro. Sono i soldi che servono per pagare il palinsesto, cioè per
acquistare o produrre tutta la roba che serve per trasmettere, per riempire di
qualcosa il vostro televisore. E, naturalmente, per metterci dentro la pubblici-
tà. Anche qui potete avere qualche variazione in più o in meno, ma grosso
modo la cifra è quella indicata: duemila miliardi. Restano tremila miliardi, un
miliardo e mezzo di euro. Con i quali si pagano i dipendenti (pochissimi), le
spese generali, gli ammortamenti, le tasse, e gli azionisti (per metà costituiti
dalla Fininvest, cioè dalla famiglia Berlusconi). Il risultato finale, che è quello
più interessante, è che prima delle imposte Mediaset snocciola un profitto
intorno ai 650 milioni di euro, cioè circa 1300 miliardi di lire. Poiché ne aveva
tremila da parte (pubblicità meno spese per il palinsesto), questo significa che
ne ha usati 1600-1700 (di miliardi) per pagare tutto il resto. T E alla fine si arri-
va all’utile vero, quello di esclusiva competenza degli azionisti. Si tratta, gros-
so modo, di una cifra che oscilla ossessivamente sopra i 400 milioni di euro,
cioè intorno agli 800 miliardi di lire.
La macchina, come si vede, è assolutamente perfetta. E il segreto sta nella
capacità di spendere solo duemila miliardi per costruire il palinsesto di una TV
che poi ne porta a casa cinquemila di pubblicità. Certo, è anche una TV che
magari non soddisfa molto certi palati. I Tg non hanno nemmeno un corri-
spondente dall’estero, tutto è fatto un po’ in famiglia (in genere quella di Mau-
rizio Costanzo, che occupa ore e ore del famoso palinsesto), si abbonda solo
nelle ragazze in costume (tanto costano pochissimo), le repliche e le proiezio-
ni di vecchi serial occupano forse anche un terzo del palinsesto, ma che cosa
importa? Gli ascolti sono comunque buoni e garantiscono appunto l’arrivo di
quei famosi cinquemila miliardi di pubblicità...
Gli unici difetti che si riesce a vedere in questa macchina sono: la macchina
stessa e Silvio Berlusconi. Perché la macchina sia un difetto è evidente. È tal-
mente perfetta, redditizia, facile da usare, che chi ha voglia di cambiarla?
Mediaset, insomma, ha un po’ la tendenza a sedersi su Mediaset. Perché è una
specie di pozzo petrolifero che ogni ora spinge fuori denaro (più di due miliar-
di al giorno di utili). Meno evidente perché Berlusconi sia un difetto, visto che
tra l’altro, oltre a esserne il proprietario, è anche l’inventore e il costruttore di
una simile macchina. Eppure oggi il Cavaliere è un difetto, è un ostacolo...
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QUALE FUTURO?
Visto il mestiere che fa, è evidente che qualsiasi espansione di Mediaset all’e-
stero, in altri paesi, acquisterebbe subito una valenza politica*... E quindi
Mediaset, ammesso che abbia davvero voglia di crescere in Europa, deve muo-
versi con prudenza e stando ben attenta a non sollevare troppi polveroni. Si
consoli, Mediaset, contando giorno dopo giorno i soldi che guadagna in Italia
e in Spagna, che sono tanti. E si consola anche sapendo che questa specie di
pioggia d’oro, di denaro, non finirà m ai...
* La riprova di queste osservazioni di Turani è avvenuta rapidamente, con la crisi del grup-
po Kirsch e le dichiarazioni del capo del governo tedesco sulla improponibilità di un’e-
spansione televisiva betlusconiana in Germania.
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MI CONSENTA
Viceversa la maggior parte delle volte si prendono troppo sul serio le ester-
nazioni del Premier, che assai frequentemente hanno una funzione volu-
tamente provocatoria, di innesco della schismogenesi. Per esempio, quando
il Cavaliere dice che considera Rutelli un semplice portavoce e non un
vero leader, tende in realtà un tranello comunicativo. Sa di fare una for-
zatura, e la fa apposta per suscitare “ira” nella controparte. Per invitare alla
“demonizzazione”, e poterla poi ribaltare come accusa sugli avversari.
Quando fa dire ai suoi ministri che il centro-sinistra ha lasciato in ere-
dità al paese e al Governo un buco finanziario immenso, sa di fare una for-
zatura e la fa apposta per provocare una reazione. Quando dice che la scel-
ta di Genova per il G8 è stata sbagliata, sa di fare una forzatura (Dio solo
sa, per esempio, perché mai Genova avrebbe dovuto essere più difficile da
gestire e controllare di Napoli o Roma, di Firenze o Palermo, in relazione
a un grande evento mediatico internazionale). La fa volutamente, per
innescare uno pseudo-conflitto e spiazzare gli avversari indirizzando le
loro energie verso un falso obiettivo.
Il segreto per “sopravvivere” al berlusconismo è di essere altrettanto
paradossali di Silvio Berlusconi, è di elogiare la follia proprio come fa lui:
146
QUALE FUTURO?
se mi dici una cosa “folle” ti credo, ti prendo sul serio, se mi dici una cosa
“normale” ti lascio perdere; per esempio, se mi dici che in fondo in fondo
ti reputi un Demiurgo ti credo e parto dal presupposto che ti comporterai
di conseguenza. Se mi dici che il centro-sinistra ha lasciato un buco
immenso ti rispondo: «Beh, chi se ne frega, se proprio ne sei convinto vai
pure a dirlo in giro, noi diremo esattamente il contrario!».
Lo so che è difficile ragionare così, ma è l’unico modo di neutralizzare
l’incantesimo comunicativo del Cavaliere. Che, al libro di Erasmo da Rot-
terdam, ci crede veramente. Del resto, venticinque anni fa, chi se non un
folle nel senso di Erasmo avrebbe detto che, venticinque anni dopo, in Ita-
lia avremmo avuto un partito di nome Forza Italia al posto della Demo-
crazia Cristiana, un imprenditore edile-televisivo come presidente del
Consiglio, la cantante Ombretta Colli presidente della più importante
provincia italiana, il televenditore Cesare Cadeo assessore alla medesima
provincia, la Farnesina trasformata in agenzia di promozione del commer-
cio, i Savoia in procinto di tornare in Italia, una parente stretta di Benito
Mussolini deputato di maggioranza, il focoso critico d’arte Vittorio Sgarbi
sottosegretario ai Beni Culturali, l’ex-separatista Umberto Bossi ministro
della Repubblica, e chi più ne ha più ne metta, di situazioni “folli”, se viste
dall’angolo di osservazione di venticinque anni fa...
Già, ma cosa farà nei prossimi mesi e anni proprio lui, il Cavaliere-Pre-
mier? Che cosa ha in mente di fare, che cosa vuole davvero realizzare? Se
le mie idee sulla psicologia del leader sono giuste, ne possiamo ricavare
alcune previsioni:
147
MI CONSENTA
148
QUALE FUTURO?
149
MI CONSENTA
ISO
QUALE FUTURO?
Più o meno, queste dovrebbero essere le mosse future del nuovo presi-
dente del Consiglio. Che, come detto, cercherà soprattutto di ottenere
una serie di “grazie”. Difficilmente lo vedremo assumere direttamente il
ruolo del «cattivo della situazione». All’interno del suo “esercito” molte
sono le figure pronte a far questo per lui. Berlusconi starà dietro le quin-
te, vigilerà sui suoi ministri. Perdonandone le intemperanze, le eventuali
cadute di stile, gli occasionali scatti di aggressività. In fondo, sono uomini
anche loro...
151
Conclusioni
153
MI CONSENTA
* Si vedano al riguardo i Rapporti Annuali Censis del 1996, 1997, 1998, 1999, 2000.
154
CONCLUSIONI
Certo, la Casa delle Libertà ha vinto per tutte queste ragioni. Ma non solo
per queste. Ha vinto anche, a mio parere, perché a un livello più profon-
do il Cavaliere ha fatto risuonare nell’immaginario collettivo italiano
archetipi, simboli, immagini, molto forti emotivamente.
Innanzitutto, ha evocato il mito del Superuomo, del leader etologica-
mente forte, del Cesare dei tempi moderni.
LItalia ha una lunghissima tradizione storica di fascino nei confronti
dell’Uomo con gli Attributi, appunto da Cesare in poi, dalla trasformazio-
ne di Roma repubblicana in Roma imperiale. E in associazione al primo
mito, ha evocato anche quello del Sovrano, del Re Sole dagli infiniti
mezzi. Finendo per “posizionarsi” nell’immaginario collettivo nazionale
come una sorta di Re Superuomo. Una combinazione assolutamente tra-
volgente di soldi e di potere, di carisma personale e di invincibilità, di
“codice maschile” (il combattente che vince sempre) e di “codice femmi-
nile” (il figlio buono che porta le meringhe, la domenica a pranzo, alla
mamma dopo essere stato a messa).
Il Re Superuomo che diventerà il primo Imperatore dell’Italia post-indu-
striale, una volta che questa sarà stata trasformata in una repubblica pre-
sidenziale. Un Imperatore sul modello dei Re Celtici, che erano eletti dai
nobili fra i rappresentanti della classe militare, ma sotto il controllo e l’a-
vallo religioso dei Druidi. Guerriero per origini e per ruolo, il Re Celtico era
affine al sacerdote e aveva come colore simbolico il bianco (ricordate le
foto di Berlusconi vestito di bianco?). Non combatteva, ma la sua presen-
za era necessaria (e, infatti, un proverbio irlandese recita ancora: «Non si
vince una battaglia senza il Re»).
Il suo ruolo essenziale non era propriamente militare, bensì quello di
assicurare la prosperità dei sudditi (ricordate il discorso della “discesa in
campo”?). Al Re Celtico pervenivano le imposte e i tributi, ed egli le ridi-
155
MI CONSENTA
156
CONCLUSIONI
157
MI CONSENTA
state veramente profetiche. Otto anni dopo la pubblicazione del suo libro,
Silvio Berlusconi è sceso in politica e ha utilizzato il linguaggio della pub-
blicità per parlare ai cittadini di politica. Per padroneggiare questo lin-
guaggio dobbiamo, appunto, analizzarlo e capirlo. O ci si rende conto che
le cose stanno così, senza disprezzare né criticare, e si cerca di creare una
valida alternativa anche e soprattutto sul piano dei simbolismi sottostanti
(e della loro credibilità), o non solo tutti «moriremo berlusconiani», ma
può darsi che anche i nostri figli e nipoti muoiano berlusconiani.
Sabato 2 febbraio, l’attore e regista Nanni Moretti, intervenendo fuori
programma a una manifestazione di piazza dell’Ulivo a Roma, organizzata
da Massimo D’Alema, Piero Fassino e Francesco Rutelli sul tema della giu-
stizia, ha detto che se il centro-sinistra non cambia i leader è destinato a
perdere non per una o due elezioni di fila, ma addirittura per due o tre
generazioni. Moretti è uno che di comunicazione, comunque, se ne inten-
de. Sia pure da angoli visuali diversi, il suo intervento e le conclusioni di
questo libro coincidono notevolmente.
158
CONCLUSIONI
La beatitudine è uno stato di passività: quanto più beati noi siamo, tanto più
passivi ci manteniamo verso il mondo obiettivo. Viceversa, quanto più liberi
noi diventiamo, tanto più ci avviciniamo al raziocinio e tanto meno abbiamo
bisogno di una felicità, cioè d’una beatitudine, che non dobbiamo a noi stessi,
ma alla fortuna...
159
MI CONSENTA
pensarci bene, non è del tutto improponibile la tesi di chi sostiene che le
somiglianze con il mondo descritto nel libro 1984 di George Orwell sono
molte: nel berlusconismo, proprio come nella società orwelliana, la televi-
sione, in versione interattiva, gioca un essenziale ruolo di controllo socia-
le; il partito di Governo, Forza Italia, ha per colore definente l'azzurro, che
è lo stesso colore del partito unico del mondo di Orwell, il cui nome è
Socing, ovvero Socialismo Inglese (anch’esso nome composto da due
parole, di cui una, la seconda, ha un riferimento nazionalistico) ; il Capo è
unico nell’uno e nell’altro caso, Grande Imprenditore in Italia, Grande
Fratello nell’Inghilterra del Socing; e la tendenza a manipolare la seman-
tica è analoga in entrambi i sistemi di potere (tant’è vero che, nel mondo-
Socing, il ministero che si occupa di condanne ed esecuzioni è denomina-
to ministero dell’Amore, quello che si occupa di guerra si chiama ministe-
ro della Pace, quello che presiede ai razionamenti alimentari prende il
nome di ministero dell’Abbondanza e così via).
“A” diventa “non-A”, e “non-A” si trasforma in “A”. Ciò vale nel roman-
zo orwelliano e nella realtà italiana di inizio XXI secolo. Per ora, le analo-
gie finiscono qui.
Speriamo che nei prossimi anni non vadano oltre.
160
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n. 2
Di prossima pubblicazione:
G razia F rancescato -G iuseppe D e M arzo - F rancesco M artone - F abrizia Pratesi,
No global. Da Seattle a Porto Aiegre, prefazione di Alfonso Pecoraro Scanio.
Alessandro Amadori (1960), dottore di ricerca '
in Psicologia sperimentale, dal 1988 dirige il Di-
partimento Ricerche motivazionali dell'Istituto
CIRM. E' inoltre presidente di Eureka!, società
specializzata in corsi di formazione alla creativi-
tà e alle tecniche di comunicazione. Ha pubbli-
cato oltre dieci testi di successo, tra cui Come
conquistare un posto di lavoro (Il Sole 24 Ore
Libri), Come essere creativi e Creatività in azio-
ne (Sperling & Kupfer). Conosce dal di dentro
i meccanismi della televisione: ha collaborato a
numerose trasmissioni nazionali ed è stato il su-
percampione di "Superflash" di Mike Buon- <
giorno nel 1985. /
CDnSenta
ISBN 8 8 -7 6 4 4 - 3 1 4 - 2
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