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ALLA RICERCA DELLA FELICITA’

Per alcuni la felicità consiste nella ricchezza, per altri nella fortuna, altri ancora credono felici chi è sano, chi
non ha dolori, contrasti, problemi e avversità. Sono considerati felici gli individui forti, padroni di sé e dotati
di un proprio carattere. Io credo felice chi non si fa affossare dalla materialità, chi si diverte con poco ma
soprattutto chi è sereno nell'animo. Per dire dove sta la felicità dobbiamo ritornare alla filosofia antica che
insegnava che la felicità è dentro di noi, non fuori. La maggior parte delle persone soffre di un generale
malcontento, dovuto all'intima convinzione che, per essere felici, occorre anzitutto essere liberi di fare
quello che si desidera, che occorre possedere molte ricchezze e che si debba essere amati. C'è anche chi è
felice quando esercita la forza fisica o quando impone agli altri la propria volontà. Un ostacolo molto grave
alla felicità e la fatica fisica, che l'uomo deve compiere per poter sopravvivere, e quella nervosa che deve
sopportare per vincere l'ansia. Anche l'invidia toglie la felicità agli uomini inducendo desideri di rivincita e di
confronto, ad esempio popoli più poveri invidiano i ricchi, i contadini vedono le fabbriche come unica
certezza economica, i malati invidiano la salute degli altri. Non pochi sono quelli che soffrono per il fatto
che il loro modo di vivere non riceva l'approvazione del gruppo sociale al quale appartengono. Così per non
rimanere isolati in un ambiente ostile, si accetta la condizione di imitare gli altri pur sapendo che questa
non è il carattere naturale. Ciò è fonte di dolore e di rinuncia alla conquista della libertà dello spirito. La
felicità vera è rara, e spesso consiste più in una condizione interiore che nel possesso di beni materiali.
L'uomo è stato sempre preso dalla ricerca di risposte sul senso della vita, sul perché della propria felicità o
infelicità, e la convivenza di averle e non averle trovate ha contribuito a determinare il suo modo di sentirsi.
Quando una persona è adulta, esser o non esser felici dipende dalle risposte che si dà a tali interrogativi, dal
sapere affrontare gli impegni, superare le avversità, sperare nel domani, dare un senso alla propria vita. Per
i giovani privi ancora di molta esperienza e di saldo equilibrio, felicità e infelicità scaturiscono dal
quotidiano in modo più immediato e meno ragionato, e contribuiscono a formare il loro modo di sentirsi
anche piccole cose o avvenimenti che non avrebbero molta importanza considerati da soli. Un vestito
nuovo, l'ultima generazione di telefono o computer che per un adulto possono rappresentare un momento
di relax, per un ragazzo possono essere motivo di felicità vera. Molti giovani ipersensibili ed introversi si
sentono però oggi in balia di se stessi, di una frustrazione desolata, frutto spesso di eccessivo permissivismo
e di precoce responsabilità concessagli. Si sentono soli e la solitudine è uno dei mali peggiori della nostra
epoca. Tutto questo li porta ad essere infelici fino ai casi peggiori, al suicidio, perché la vita per loro è
insopportabile. Si assiste oggi alla robotizzazione dell'uomo, non solo dovuto alla meccanizzazione in
fabbrica, ma anche alla piattezza della vita di tutti i giorni, una vita che sembrerebbe frenetica e attiva, ma
che in realtà ha automatizzato anche i suoi valori. Tutte le sfere sono correlate a meccanismi autonomi di
comportamento, per cui anche i desideri degli uomini vengono standarizzati. Lo scopo della vita è essere
felici e la società del benessere ci fa credere che si avrà la felicità se si avranno appagati i sensi. E' facile
cedere alla seduzione delle ricchezze o del potere, perché essi offrono il miraggio della felicità; ma come
può essere felice chi bada unicamente ad accumulare "roba" placando i sensi e non lo spirito? Oggi,
purtroppo, molti hanno dimenticato valori indiscutibili che dovrebbero invece aiutare a vivere. Si agisce
spinti dai bisogni materiali, incuranti di calpestare i vicini, chiusi in un cupo egoismo che la società dei
consumi fa aumentare sempre più. Esaurite, perché già conquistate le mete di un tempo (casa, automobile,
vacanza) si è allungato il passo per conquistare la seconda casa, la seconda auto eccetera finché finiti i
bisogni si vorrebbe arrivare ad una grande ricchezza, ad un enorme potere. La lussuria non conosce limiti e
le barriere che separano il lecito dall'illecito vengono spesso abbattute in nome della legge del profitto e
della speranza di raggiungere una felicità che però è falsa e basata su beni materiali. Saper sorridere per un
fiore che sboccia, per il sole che splende, per la primavera che ritorna lentamente per vivere sono cose che
potrebbero piacere ad un bambino ma un ragazzo o un adulto pur essendo felici nel vedere queste
meraviglie non hanno il coraggio per farlo, sarebbe troppo imbarazzante per loro avere lo stesso stato
d'animo di un bambino. L'uomo pur avendo tante cose e tanta libertà, non è felice perché la felicità
consiste invece in uno stato d'animo particolare che ci fa sentire in pace con noi stessi, soddisfatti di quello
che si è, di quello che si ha, di quello che si dà agli altri, contenti dello scopo che si è dati alla vita. Felici si è
quando si dona, si ama, si capisce, si tollera e si agisce coscientemente. Non mi sento di dare una
definizione precisa della felicità perché non sono riuscita a trovarla nemmeno gli scienziati dopo anni di
studio e di ricerche ma se potessi dare un mio parere la felicità è un qualcosa che si riscopre col tempo e
che non si limita semplicemente al sorriso o al buon umore, dato che secondo me, anche le esperienze
negative ne fanno parte, pur essendo cose tristi sul momento col passare del tempo si trasformeranno in
eventi divertenti da ricordare e da raccontare.

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