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Istituto comprensivo Camozzi

Classi 4 Zaffiri e 4 Smeraldi Scuola


primaria G.Rosa a.s. 2018-19

Questo lavoro si inserisce all’interno di un percorso svolto durante le ore di italiano e


musica e finalizzato alla conoscenza dei testi delle canzoni del cantautore Fabrizio De
André.

Sono state proposte alcune delle più famose canzoni di De André e analizzate come dei
testi poetici. I bambini sono stati guidati alla scoperta delle rime, delle metafore, delle
similitudini e delle personificazioni.
Successivamente è stato svolto un lavoro di parafrasi per la comprensione di quanto letto
e ascoltato.

Abbiamo preso spunto dal libro “Ogni tre stelle”, della scrittrice Ambra Caserta, che ci ha
fornito l’idea per realizzare la nostra attività.

La prima canzone che abbiamo letto e ascoltato è stata “Le acciughe fanno il pallone”

Le acciughe fanno il pallone


Che sotto c'è l'alalunga
Se non butti la rete
Non te ne lascia una
Alla riva sbarcherò
Alla riva verrà la gente
Questi pesci sorpresi
Li venderò per niente

Se sbarcherò alla foce


e alla foce non c'è nessuno
la faccia mi laverò
nell'acqua del torrente
Ogni tre ami
c'è una stella marina
amo per amo
c'è una stella che trema
ogni tre lacrime
batte la campana
Passan le villeggianti
con gli occhi di vetro scuro
passan sotto le reti
che asciugano sul muro

E in mare c'è una fortuna


che viene dall'oriente
che tutti l'hanno vista
e nessuno la prende

Ogni tre ami


c'è una stella marina
ogni tre stelle
c'è un aereo che vola
ogni tre notti
un sogno che mi consola

Bottiglia legata stretta


come un'esca da trascinare
sorso di vena dolce
che liberi dal male
Se prendo il pesce d'oro
ve la farò vedere
se prendo il pesce d'oro
mi sposerò all'altare

Ogni tre ami


c'è una stella marina
ogni tre stelle
c'è un aereo che vola
ogni balcone
una bocca che m'innamora

Ogni tre ami


c'è una stella marina
ogni tre stelle c'è un aereo che vola
ogni balcone
una bocca che m'innamora

Le acciughe fanno il pallone


che sotto c'è l'alalunga
se non butti la rete
non te ne resta una
non te ne lascia una
non te ne lascia
I ragazzi sono stati divisi in gruppi di lavoro e hanno scritto delle storie ispirate al testo
della canzone. Questa ne è un esempio:

IL PESCE D’ORO PORTAFORTUNA

Andrea ascoltava il suono dolce delle onde che si infrangeva sulla sabbia, l’unico suono
continuo che riusciva a non innervosirlo.
La prima volta che suo padre lo portò a pescare aveva sette anni e da allora aveva
continuato a coltivare questa sua grande passione.
Undici anni dopo, quando ne aveva diciotto, nel suo piccolo paese arrivò una grande
notizia: dei marinai avevano avvistato il pesce d’oro, uno dei pesci più rari che si potessero
trovare. Fu una grandiosa notizia per il ragazzo, perché, se lo avesse catturato, sarebbe
stato il pescatore più fortunato del paese e avrebbe conquistato il cuore di una fanciulla di
nome Matilde che lui amava profondamente.
Matilde era una fanciulla dagli occhi color nocciola, capelli biondi, viso paffuto, alta e
magra. Portava gli occhiali neri.
In realtà, anche Matilde amava Andrea, ma nessuno dei due immaginava i sentimenti
dell’altro.
Lei aveva una cotta per Andrea perché lui aveva occhi azzurri, capelli neri e ricci, pelle
chiara… inoltre era molto abile nel suo lavoro, ma soprattutto aveva un grande cuore,
educato, gentile e nobile.
Il giorno stesso in cui apprese la notizia, Andrea andò a pescare ma non trovò traccia della
creatura e nemmeno il secondo giorno, e così per un po’.
Il decimo giorno, riuscì a trovare il pesce d’oro: era bellissimo aveva le squame tutte
dorate, la bocca a forma fi cuore, occhi azzurri perlati, pinne sottili glitterate, era lungo
circa cinquanta centimetri e pesava circa dieci chilogrammi.
Lo fece subito vedere a Matilde.
Decisero di venderlo e guadagnarono un sacco di soldi.
Dopo poco tempo si sposarono e ebbero quattro figlie gemelle che chiamarono
LAURA,GIULIA,SOFIA ed ELISA… e vissero tutti felici e contenti.

La seconda canzone che abbiamo ascoltato, studiato e imparato è stata La canzone di


Marinella.

La canzone di Marinella F. De Andrè

Questa di Marinella è la storia vera


Che scivolò nel fiume a primavera
Ma il vento che la vide così bella
Dal fiume la portò sopra a una stella

Sola e senza il ricordo di un dolore


Vivevi senza il sogno d'un amore
Ma un re senza corona e senza scorta
Bussò tre volte un giorno alla tua porta

Bianco come la luna il suo cappello


Come l'amore rosso il suo mantello
Tu lo seguisti senza una ragione
Come un ragazzo segue un'aquilone

E c'era il sole e avevi gli occhi belli


Lui ti baciò le labbra ed i capelli
C'era la luna e avevi gli occhi stanchi
Lui pose le sue mani sui tuoi fianchi

Furono baci e furono sorrisi


Poi furono soltanto i fiordalisi
Che videro con gli occhi nelle stelle
Fremere al vento e ai baci la tua pelle

Dicono poi che mentre ritornavi


Nel fiume chissà come scivolavi
E lui che non ti volle creder morta
Bussò cent'anni ancora alla tua porta

Questa è la tua canzone Marinella


Che sei volata in cielo su una stella
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno, come le rose
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno come le rose

Anche in questo caso, divisi in gruppi, i bambini hanno rielaborato la storia liberamente
con fantasia.

LA STORIA DI MARINELLA

Marinella era una bellissima ragazza. Aveva la pelle chiara e morbida


come una piuma. I suoi lunghi capelli rossi erano ondulati e le
arrivavano fino alle caviglie. I suoi occhi verdi come smeraldi, che
si illuminavano alla luce del sole.
La sua espressione era quasi sempre triste perché non riusciva a
trovare l'amore. Marinella era magra le sue gambe affusolate e agili.
Le piaceva fare passeggiate nel bosco lungo il fiume che bagnava il
suo paese. Era sempre da sola.
Una sera d'inverno si vestì con un mantello nero di velluto e degli
stivali di pelle nera, uscì di casa e si incamminò verso il bosco per
fare la solita passeggiata e incontrò un cavaliere su un bellissimo cavallo. I due si
avvicinarono e si guardarono negli occhi, dall'imbarazzo diventarono tutti rossi come
pomodori.
Fu amore a prima vista! Il giovane era così innamorato che intrecciò i
rami di due alberi formando un cuore. Con la spada incise le loro
iniziali sul cuore ( "M S" ). Stefano la portò col suo cavallo su una
collina a strapiombo sul mare a guardare insieme il tramonto.
C'erano dei delfini giocherelloni che si divertivano a nuotare tra le
onde. Quando il sole andò via anche i due giovani si salutarono.
Marinella si incamminò verso casa; era molto stanca e scivolò sui
capelli e cadde nel fiume, purtroppo non sapeva nuotare ed annegò.
Il suo corpo giunse ad una cascata e l'acqua e il vento che la videro così
bella la mandarono su una stella. Il suo mantello nero volò via
trasportato dal vento. Il vento scrisse sulla stoffa: "Marinella è
morta! "
Il mantello giunse da Stefano che quando lesse il messaggio scoppiò a
piangere, ma non si rassegnò e per tantissimo tempo ancora bussò alla porta della casa di
Marinella.
La canzone Il pescatore ha suscitato nei bambini tanta curiosità: Chi era in realtà
l’assassino? Perché il pescatore “aveva un solco lungo il viso”? Cos’era?

Il pescatore
Fabrizio De André
All'ombra dell'ultimo sole
S'era assopito un pescatore
E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso

Venne alla spiaggia un assassino


Due occhi grandi da bambino
Due occhi enormi di paura
Eran gli specchi di un'avventura

E chiese al vecchio "dammi il pane


Ho poco tempo e troppa fame"
E chiese al vecchio "dammi il vino
Ho sete e sono un assassino"

Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno


Non si guardò neppure intorno
Ma versò il vino e spezzò il pane
Per chi diceva "ho sete, ho fame"

E fu il calore d'un momento


Poi via di nouvo verso il vento
Davanti agli occhi ancora il sole
Dietro alle spalle un pescatore

Dietro le spalle un pescatore


E la memoria è già dolore
È già il rimpianto d'un aprile
Giocato…

IL PESCATORE

Era un tardo pomeriggio d’estate, il cielo era sfumato di mille colori e il sole si stava
immergendo nel mare all’orizzonte tingendo d’arancione l’acqua. Celestino, il pescatore,
stava tornando da una lunga giornata di pesca con la sua barca. Era felice perché aveva
pescato un enorme pesce spada anche se tirandolo a bordo la spada del pesce gli aveva
provocato una lunga ferita sulla guancia sinistra. Sanguinante scese a riva e si sciacquò
con l’acqua salata. Dopo aver portato il pesce spada al mercato per venderlo, con i soldi
guadagnati, comprò un telo, del vino e del pane e tornò in riva al mare. Si arrampicò sullo
scoglio più comodo e più alto e si sdraiò con il tepore del sole ormai molto basso si
addormentò. Ad un certo punto si sentì toccare la spalla: era un ragazzino con due occhi
grandi da bambino pieni di paura che sembravano pronti per raccontare un fatto grave.
Celestino gli chiese :”Cosa ti è successo?” . Il ragazzo gli rispose con voce tremante: ”Ho
ucciso un mio caro amico perché mi ha tradito e mi voglio pentire”.
A Celestino dispiacque molto di venire a conoscenza del dolore di questo ragazzo.
Poi il ragazzo gli chiese: “Mi puoi dare da mangiare che devo scappare dai gendarmi che
mi stanno inseguendo in sella di maestosi cavalli?” . Allora Celestino gli offrì tutto quello
che aveva , ma prima di andare via gli chiese: “Come ti chiami?” e lui gli rispose:” Io mi
chiamo Ugo”.
Ugo cominciò a correre verso il tramonto piangendo. Intanto da Celestino arrivarono due
gendarmi che gli chiesero: “Qua vicino è passato per caso un ragazzo assassino?”.
Celestino chiuse gli occhi e non li ascoltò neanche. Quindi se ne andarono.
Il testo “Don Raffaé” ci ha dato lo spunto per parlare di ingiustizie, di corruzione e per
cominciare ad affrontare un tema importantissimo che affronteremo meglio il prossimo
anno: La mafia.
I ragazzi hanno fatto tante domande e si sono molto stupiti del fatto che Pasquale avesse
preferito rivolgersi a Don Raffaé e non allo Stato per ottenere ciò che desiderava.

Don Raffae'
Fabrizio De André
Io mi chiamo Pasquale Cafiero
E son brigadiero del carcere oiné
Io mi chiamo Cafiero Pasquale
E sto a Poggio Reale dal cinquantatré
E al centesimo catenaccio
Alla sera mi sento uno straccio
Per fortuna che al braccio speciale
C'è un uomo geniale che parla co' me
Tutto il giorno con quattro infamoni
Briganti, papponi, cornuti e lacchè
Tutte l'ore co' ‘sta fetenzia
Che sputa minaccia e s'a piglia co' me
Ma alla fine m'assetto papale
Mi sbottono e mi leggo ‘o giornale
Mi consiglio con don Raffae'
Mi spiega che penso e bevimm' ‘o café
Ah che bell' 'o café
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co' a ricetta ch'a Ciccirinella
Compagno di cella
Ci ha dato mammà
Prima pagina, venti notizie
Ventun'ingiustizie e lo Stato che fa
Si costerna, s'indigna, s'impegna
Poi getta la spugna con gran dignità
Mi scervello e m'asciugo la fronte
Per fortuna c'è chi mi risponde
A quell'uomo sceltissimo immenso
Io chiedo consenso a don Raffae'
Un galantuomo che tiene sei figli
Ha chiesto una casa e ci danno consigli
Mentre ‘o assessore, che Dio lo perdoni
‘ndrento a ‘e roulotte ci alleva i visoni
Voi vi basta una mossa, una voce
C'ha ‘sto Cristo ci levano ‘a croce
Con rispetto, s'è fatto le tre
Volite ‘a spremuta o volite ‘o café
Ah che bell' 'o café
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co' a ricetta ch'a Ciccirinella
Compagno di cella
Ci ha dato mammà
Ah che bell' 'o café
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co' a ricetta di Ciccirinella
Compagno di cella
Preciso a mammà
Ca' ci sta l'inflazione, la svalutazione
E la borsa ce l'ha chi ce l'ha
Io non tengo compendio che chillo stipendio
E un ambo se sogno ‘a papà
Aggiungete mia figlia Innocenza
Vuo' marito, non tiene pazienza
Non vi chiedo la grazia pe' me
Vi faccio la barba o la fate da sé
Voi tenete un cappotto cammello
Che al maxi-processo eravate ‘o cchiù bello
Un vestito gessato marrone
Così ci è sembrato alla televisione
Pe' ‘ste nozze vi prego, Eccellenza
M'i prestasse pe' fare presenza
Io già tengo le scarpe e ‘o gillé
Gradite ‘o Campari o volite o café
Ah che bell' 'o café
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co' a ricetta ch'a Ciccirinella
Compagno di cella
Ci ha dato mammà
Ah che bell' 'o café
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co' a ricetta di Ciccirinella
Compagno di cella
Preciso a mammà
Qui non c'è più decoro, le carceri d'oro
Ma chi l'ha mai viste chissà
Chiste so' fatiscienti, pe' chisto i fetienti
Se tengono l'immunità
Don Raffae' voi politicamente
Io ve lo giuro, sarebbe ‘nu santo
Ma ‘ca dinto voi state a pagà
E fora chiss'atre se stanno a spassà
A proposito tengo ‘nu frate
Che da quindici anni sta disoccupato
Chill'ha fatto cinquanta concorsi
Novanta domande e duecento ricorsi
Voi che date conforto e lavoro
Eminenza, vi bacio, v'imploro
Chillo duorme co' mamma e con me
Che crema d'Arabia ch'è chisto café
Don Raffaé
Pasquale Cafiero era un brigadiere del carcere Poggio Reale dal
millenovecentocinquantatré.
La sera Pasquale passava a chiudere i catenacci delle celle, al centesimo catenaccio,
l'ultima cella da chiudere era quella di Don Raffaé.
Pasquale Cafiero aveva i capelli castani, gli occhi azzurri con le sfumature verde
smeraldo, indossava sempre una divisa a righe nere e bianche.
Don Raffaé era andato in carcere perché era il capo-mafia e perché aveva fatto delle
stragi e commesso numerosi reati molto gravi.
Lui aveva i baffi, era pelato, aveva il pancione ed era tatuato sulle braccia e sul petto..
Pasquale Cafiero si confidava con Don Raffaé perché lo Stato non lo aiutava.
Insieme, prima di andare a dormire, bevevano il caffè leggendo il giornale. Il
compagno di cella di Don Raffaè, di nome Ciccirinella, preparava il caffè ogni sera
con la ricetta segreta della sua mamma. Pasquale raccontava a Don Raffaè che un
padre di famiglia con sei figli aveva chiesto al Comune una casa, ma nessuno
gliel’aveva data. Gli assessori facevano i loro interessi compiendo atti illegali,
addirittura qualcuno di loro allevava visoni dentro una roulotte per poi venderne le
pellicce. Nessuno in paese aveva quindi più fiducia nello Stato.
Anche Pasquale pensava fosse meglio affidarsi ai mafiosi per ottenere favori.
Un giorno Pasquale Cafiero confidò al mafioso che sua figlia Innocenza non aveva i
soldi per sposarsi e lui non aveva la possibilità di far bella figura al matrimonio
perché non aveva un vestito adeguato, quindi gli chiese di prestargli il cappotto color
cammello e il vestito gessato marrone che lui aveva indossato al maxi-processo.
Se Don Raffaé avesse prestato il vestito a Pasquale Cafiero lui lo avrebbe liberato, lo
avrebbe fatto diventare il più potente …
Don Raffaé decise di accettare il patto: gli prestò il vestito e Pasquale Cafiero lo
liberò.
Il giorno del matrimonio Pasquale si presentò con un abito bello ed elegante e fece
un gran figurone.
Don Raffaé scappò in Messico e lì capì che essere cattivo non porta a niente.
Chi era Fabrizio De André?
Soprannome: Faber
•Data di nascita: 18 febbraio 1940
•Data di morte: 11 gennaio 1999
•Età: 58 anni
•Segno zodiacale:Acquario
•Professione:Cantante
•Luogo di nascita: Genova
•Luogo di morte: Milano
•Altezza: 175 cm
•Peso: 75 kg

La famiglia di Fabrizio De André (Genova, 18 Febbraio 1940–Milano, 11 Gennaio


1999) è di origine piemontese e di estrazione alto-borghese.
Fabrizio De André passa l’infanzia da sfollato nella campagna vicino Asti a causa della
guerra e nel dopoguerra a Genova frequenta la scuola dei Gesuiti. È allievo turbolento, si
interessa di musica e poesia.
In questi anni stringe amicizia con Paolo Villaggio, che gli dà il soprannome di Faber in
omaggio ai pastelli da lui tanto amati, e con Luigi Tenco, cui dedicherà la canzone
Preghiera in gennaio.
Appassionato di cavalli e vini, forte bevitore e accanito fumatore, Fabrizio De André
muore a 59 anni per un tumore ai polmoni. Il funerale si tiene nella Basilica di Santa
Maria Assunta, a Genova, e vede la partecipazione di una folla immensa e silente.
Gli amori di Fabrizio De André
Fabrizio De André si è sposato per la prima volta nel 1962 con Enrica Rignon, detta
Puny. Una donna affascinante, raffinata e appassionata di jazz. Nello stesso anno nasce il
figlio Cristiano. Nel 1975 arriva il divorzio, da poco legale in Italia.
Nel 1989 a Tempio Pausania sposa il grande amore della sua vita, sua compagna fino
alla morte:Dori Ghezzi, conosciuta nel 1974.
La coppia ha avuto una figlia, Luisa Vittoria (1977), detta Luvi.
Nell’Agosto del 1979, mentre si trova nella sua azienda agricola in Sardegna, Fabrizio
De André e Dori Ghezzi vengono rapiti dall’anonima sequestri sarda. Vengono liberati
dopo quattro mesi al pagamento di un riscatto di oltre 500 milioni. All’esperienza il
cantautore ha dedicato il brano Hotel Supramonte.
Il suo primo successo da autore è La canzone di Marinella cantata da Mina (1965). Tre
anni dopo pubblica l’album Fabrizio De André vol. I
Dei suoi principali successi noi abbiamo studiato anche Le acciughe fanno il pallone, Il
Pescatore e Don Raffaè.
Fabrizio De André, cantautore, musicista e poeta, è personaggio tra i più rilevanti della
cultura contemporanea italiana: a lui sono stati dedicati album, concerti, progetti-tributo,
documentari, libri e un telefilm su Rai Uno, Fabrizio De André Principe Libero, con
protagonista Luca Marinelli . La carriera quasi quarantennale di Fabrizio De André è
stata degnamente ricordata nel triplo box In direzione ostinata e contraria (2005) una
raccolta di cinquantaquattro brani.

Un grazie particolare ad Ambra Caserta per gli spunti offertici con il suo libro e
che così ci scrive dopo aver letto tutto il nostro lavoro: “Cara Mafalda e cari
bambini, ho appena letto il vostro meraviglioso lavoro. Sono commossa ed
entusiasta: è straordinaria la vostra sensibilità di piccoli autori e illustratori.
Complimenti davvero per il progetto, un’iniziativa lodevole! Dicono che scrivere
non ti renda ricco...beh, dipende da cosa s’intende per ricchezza. Voi mi avete
riempita di gioia”.
Grazie di cuore anche al papà di Daniela che ci ha prestato il prezioso cofanetto
con tutti i cd delle canzoni di De André e ci ha permesso di tenerlo per così lungo
tempo.
Complimenti ai bambini di quarta che hanno lavorato con entusiasmo e serietà e
che hanno dimostrato che la “Direzione ostinata e contraria” è spesso quella
giusta da seguire.

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