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La percezione dello spazio vuoto.

Il deserto presenta vari tipi di popolazioni, oggi guarderemo in dettagli quella dei nomadi: I nomadi operano in spazi ampi, raramente popolati o spopolati. Nelle stesse regioni vi la presenza di una popolazione sedentaria che si localizza nelle oasi, in villaggi lungo i fiumi o alla base dei rilievi, zone che accolgono anche le citt (territori agricoli molto concentrati) con presenza di campi irrigui). Esistono cos due tipi di territorio, quelli densi di popolazione e quelli debolmente popolati. Nelle fasce temperate non si riscontra una forte sproporzione tra la densit umana, delle zone agricole e quelle pastorali, presenti nello spazio arido e semi-arido del mondo antico. La presenza dell'uomo ovunque, con case, paesi, campi e strade. Escluse le montagne elevate (che sono di per se impraticabili). Se si pensa ai nomadi che utilizzano un territorio molto ampio (15 volte la superficie dell'Italia) si pu iniziare a parlare di SPAZIO VUOTO, ovvero spazio naturale, non segnato o poveramente segnato dall'uomo. Per noi uomini costretti alla vita in spazi saturi, lo spazio vuoto rappresenta una sorta di liberazione psicologia e avventura. Si pensa che gli incontri essendo pi rari siano pi profondi, pi umani. Un altro effetto se cos possiamo chiamarlo, la solitudine, diversa sicuramente da quella che si vive nelle grandi citt. (Nelle citt non sarai mai veramente solo, nel deserto c' la possibilit di esserlo). Lo spazio vuoto viene inteso come spazio naturale, non conosciuto a differenza di quello domestico. Molto pi violento e pericoloso, dove le manifestazioni naturali (diversi climi, situazioni meteorologiche) non sono attutite come nel nostro habitat artificiale, ma vengono percepite in modo pi completo. Ecco la prima differenza tra il nostro rapporto con la natura e quello dei nomadi, dove tutto avviene in modo cos diretto. L'uomo tende a privilegiare lo spazio pieno fuggendo da quello vuoto, dovuto al fatto che lo spazio pieno rappresenta maggiori rapporti di scambio, produzione e associazione. Ma bisogna anche ricordare che ci sono societ che hanno realizzato il proprio adattamento assumendo specifici comportamenti nei confronti dello spazio. I nomadi sono privi di ogni esperienza per quanto riguarda gli spazi pieni, infatti recano in loro l'abitudine degli spazi vuoti. I nomadi sono di grande interesse a causa delle abitudini agli spazi aperti, non hanno il disagio dovuto al vuoto grazie alla solidit dei legami sociali e della forza di partecipazioni (i nomadi non sono mai soli), sebbene siano circondati da spazio vuoto, nelle loro tende infatti si incontrano creando una sorta di spazio ristretto, dove si possono approfondire i legali con gli altri e dove vigono strettissime leggi sulla privacy. Si pensa che il nomade soffra in modo maggiore se privato della sua libert (spazio vuoto) a confronto di un uomo sedentario. In questo caso si parla di inadattabilit psicologica dove il nomade non riesce a sedentarizzarsi. Lo spazio vuoto non viene considerato come uno spazio felice, le grandi distanze possono essere viste come una forma di schiavit, infatti per i nomadi il deserto non qualche cosa privo di confini. Essi tendono a ridurlo, fissando dei riferimenti. Diventa perci tutto relativo, lo spazio viene visto a seconda delle funzionalit. L'opera di umanizzazione dello spazio avviene attraverso attribuzioni particolari al territorio e ai suoi elementi che si legano alle vicende della trib (come i miti). Viene cos a formarsi una mappa di presenze invisibili, che trovano la loro concreta espressione in luoghi dove sono presenti tombe di uomini pii o guerrieri leggendari. Esistono anche siti ai quali si collegano certe credenze, nel deserto sono privilegiati dai ginn, ovvero spiritelli o folletti che animano il vuoto degli spazi del deserto e che possono essere buoni o cattivi e di diverso tipo a seconda dei luoghi. Fatto di cui tengono conto i nomadi nella scelta dei loro spostamenti o di dove posizionare l'accampamento. La credenza dei ginn antichissima, essi vengono addirittura citati nel Corano (testo sacro della religione dell'Islam). molto facile capire come questi spiritelli siano entrati nella vita quotidiana del nomade, dove tutto il territorio appare morto, silenzioso, arido. Ogni barbaglio di luce, ogni folata di polvere o delle correnti d'aria suscitano l'idea di qualcosa di invisibile, nascosto che gioca a rompere il silenzio e il vuoto. normale che l'uomo cerchi di rimuovere l'angoscia e il turbamento che provocano i silenzi e la grande immobilit delle cose, attraverso questi spiritelli. Inoltre il nomade ha grande rispetto per il silenzio, si sentono come giudicati da qualcosa superiore a loro.

Dall'abitudine degli spazi vuoti deriva l'intera cultura dei nomadi, vedono il paesaggio come un'entit sovrastante, il cielo rappresenta il grande occhio di Dio. Per questo si sentono come osservati. Su questa percezione di unicit, essenzialit, molti studiosi hanno argomentato che il deserto monoteista, si intende la fede in una sola divinit identificata con il termine Dio. Nella parte del testo si fa una piccola considerazione tra i nomadi e le popolazioni delle terre forestali. Si dice che vero che l'uomo nomade, ha un sensazione molto globale, pi unita e distanziata della divinit, e sopratutto una percezione dello spazio vuoto ampio e totale. A differenza degli abitanti delle terre forestali, che hanno una visione pi frammentata, inseparabile e vicina delle forze sovrannaturali. Quando parliamo di monoteismo si parla inevitabilmente del deserto. un'elaborazione culturale non semplicemente rapportabile ad un ambiente. Esso rappresenta una visione religiosa, proposta da una societ urbana superiore, di grandi capacit unificanti. Se si pensa alla forza universale che ha assunto l'islamismo con la predicazione di Maometto, che diffidava dall'uomo del deserto ovvero il nomade, che utilizza spazi selvaggi, sono poco disposto a pregare collettivamente nel tempio, pi portato a credere ai ginn, essi rientrano in una visione primordiale delle cose. Semplicemente viene predicato il modo di vivere dei nomadi, vengono visti come selvaggi e si pensa che non basti abitare in un determinato luogo come il deserto per raggiungere Dio, ma ci vuole uno sviluppo. Con il primo capitolo possiamo stabilire diversi collegamenti, come prima cosa il fatto che dal deserto si sono sviluppate diverse societ che hanno realizzato il proprio adattamento, assumendo specifici comportamenti nei confronti dello spazio. Abbiamo imparato che i nomadi prediligono lo spostamento e questo avviene anche a livello animale (basti pensare alla migrazione stagionale). Le zone aride sono il punto di partenza di molti sviluppi tecnologici e culturali. Sebbene sia un ambiente difficile, ha aiutato la riflessione umana (cosa che i nomadi hanno sviluppato) e la crescita di varie specie di piante coltivabili, modelli della vita agricola e pastorale, basi della civilt urbana come la conosciamo e delle prime forme di stato organizzato.

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