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Morto il professor Gastone Cottino, l'ultimo

partigiano che liberò Torino


Nel dopoguerra si affermò come docente di diritto commerciale all'Università

andrea parodi

04 Gennaio 2024 Aggiornato alle 13:37

2 minuti di lettura

TORINO. A quasi 99 anni è scomparso questa mattina Gastone Cottino, docente emerito di diritto
commerciale all'Università di Torino. Era soprattutto conosciuto per essere stato un antifascista e un
partigiano, nel gruppo di giovani liberali che il 26 aprile 1945 ha assaltato e liberato il Palazzo di
Città. Anche ricordando questo episodio, centrale per la storia di Torino nel 2015, era stato insignito
del Sigillo Civico della Città, insieme a Sante Bajardi (scomparso lo scorso ottobre) e a Bruno
Segre.

Nato l'8 febbraio 1925, Cottino faceva parte di una famiglia di giuristi. Dopo la guerra si laurea in
giurisprudenza e si specializza in diritto commerciale, di cui è stato a lungo il decano a livello
nazionale. A 18 anni, nel 1943, si trova nel pieno degli eventi dell'8 settembre e assiste alla nascita
della Resistenza torinese, entrando nelle file dei Giovani liberali con il nome di battaglia «Lucio».
Il Municipio di Torino occupato il 26 aprile 1945: Gastone Cottino è tra i partigiani affacciati al
balcone. A lato alcuni documenti falsi del futuro professore: anche quello con il cognome vero
riporta informazioni alterate su data di nascita e genitori

La mattina del 26 aprile 1945, proprio quella del famoso «Aldo dice 26x1», si trova nell'abitazione
di Edgardo Sogno, altra grande figura della Resistenza torinese, in via Donati, per ritirare alcune
armi destinate alla liberazione del Municipio di Torino. Riguardo questo episodio racconterà lui
stesso, a La Stampa, in tempi recenti: «In una via Cernaia ancora distrutta mi trovavo con un
carretto in mano. Una coperta copriva allo sguardo dei pochi passanti il materiale che stavo
trasportando. Passai indenne sotto la Caserma Cernaia. Si rende conto? Oggi è la sede della Scuola
allievi dei carabinieri, ma all’epoca era di stanza la Brigata Nera. Ancora mi domando come sia
stato possibile. A guidarmi era sicuramente l’incoscienza dei vent’anni, ma soprattutto la
consapevolezza che eravamo nell’imminenza di un evento di portata storica. È stata determinante,
in questo, la collaborazione dei Vigili Urbani. Abbiamo così arrestato il podestà Michele Fassio.
C’è una foto che immortala quel momento: con tutto il gruppo siamo ritratti sul balcone del
Municipio già libero. L’edificio è visibilmente danneggiato in più parti per colpa degli attacchi
tedeschi».

Nel suo percorso di giovane partigiano ha incontrato e conosciuto personalità importanti: dal
colonnello Giuseppe Ratti al giurista Paolo Greco, dal futuro vicedirettore La Stampa Carlo
Casalegno all’editore Paolo Boringhieri, dal saggista Franco Antonicelli al politico Vittorio Badini
Confalonieri. E poi ancora don Luigi Cocco, un missionario salesiano che gestiva una delle radio
clandestine partigiane. Per due volte ha rischiato di essere catturato. La prima nel giugno del 1944,
nei giorni dello sbarco in Normandia. Lo avevano praticamente preso, ma approfittò di un momento
di distrazione per scappare, trovando riparo a bordo di un tram.

La seconda volta il 21 gennaio 1945: una ragazza repubblichina di 16 anni si era infiltrata facendo
innamorare un membro del suo gruppo. Li denunciò e Cottino riuscì a salvarsi unicamente grazie
alla verduriera sotto casa, che lo aiutò ad essere salvato nell’abitazione di altri torinesi silenziosi,
che lo spacciarono per un loro nipote proveniente dalla Sardegna.

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