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Nella regione dello Harz abita un cavaliere chiamato da tutti “biondo Eckbert”: aveva circa 40
anni, di altezza media, capelli corti e biondi che fanno da cornice ad un viso magro e pallido.
Egli vive in tranquillità con la moglie Bertha e non è mai coinvolto nelle faide dei loro vicini.
Lui e la moglie sembrano amarsi profondamente e rimpiangono soltanto il fatto di non aver
avuto figli.
Riceve di rado visite e, quando è solo, si notava un carattere un po’ chiuso, una malinconia
schiva e silenziosa.
Philipp Walther viene molto spesso al castello; Eckbert vi è molto affezionato e ci si ritrovava
molto col modo di pensare a cui era incline. Walther abitava in Franconia, ma era facile che
soggiornasse, anche per lunghi periodi, nei pressi del castello: qui raccoglieva erbe e pietre
e passava il tempo a metterle in ordine; Eckbert lo accompagnava in queste passeggiate e
la loro amicizia si faceva sempre più intima.
Una sera d’autunno Eckbert propone a Walther di non partire quella sera stessa, ma di
restare da loro per cenare e poi dormire e lui accetta volentieri. Una volta che la serata si
fece più confidenziale Eckbert dice a Bertha di raccontare all’amico la sua storia, poiché non
vuole che nella loro amicizia ci siano segreti.
Ella era una bambina goffa e maldestra, che non riusciva ad aiutare in casa nemmeno coi
compiti più semplici e per questo i suoi genitori erano sempre arrabbiati con lei, e le
dicevano di essere una creatura inutile poiché voleva soltanto oziare nella sua vita. Così,
all’età di 8 anni, scappa di casa e si avventurò nel bosco. Da qui scala una collina e vede un
orizzonte coperto da una fitta nebbia, e ci si avventura pensando di incamminarsi verso le
montagne. Da qui comincia a vivere di elemosina e dopo qualche giorno si ritrova a dormire
nella foresta di notte, tra rumori di uccelli sconosciuti ed animali feroci. La mattina dopo
scala una rupe per cercare di capire in che direzione fosse diretta, ma vede solo altra
nebbia. A quel punto, presa anche dai morsi della fame, decide di sedersi e lasciarsi morire.
Ma, in quel momento, la voglia di vivere prende il sopravvento e continua a camminare per
tutto il giorno e, stremata, non desidera quasi più di vivere, ma teme la morte.
Verso sera il paesaggio si fa più accogliente e la giovane Bertha si rianima e cammina
seguendo il rumore di quello che sembra essere lo scrosciare di un mulino lontano. Dopo un
po’ si ritrova tra i boschi e le montagne e vede una cascata. Mentre si sta rifocillando sente
un colpo di tosse, si gira e vede un’anziana signora. Le chiede aiuto e lei la fa sedere
accanto a lei e le offre pane e vino, poi la invita a seguirla. [Locus amoenus] Bertha accetta
e segue questa vecchietta stranamente agile tra i boschi rossi e dorati, fino a raggiungere
una collina di betulle, circondata da una valle di betulle, su cui sorge una casetta. Qui le
accoglie l’abbaiare di un cagnolino che fa le feste alla vecchietta, ma “squadra” la ragazzina;
Bertha sente un canto provenire dalla casetta, un canto di elogio alla solitudine dei boschi.
Arrivata in casa si rende conto che a cantare era un pappagallo, e vede la tavola imbandita.
Bertha pensa che non è ancora riuscita a capire la fisionomia del viso della vecchia, che
sembra cambiare continuamente, specialmente mentre si dondola e risponde al canto del
pappagallo. Le ordina di prendere una sedia e di sederle di fronte; le prende le mani e recita
delle preghiere ad alta voce, facendo varie smorfie per le quali Bertha trattiene a stento le
risate. Alla fine del rito le indica un piccolo stanzino in cui avrebbe dormito. La mattina
seguente viene svegliata dalla vecchia, che le dà delle mansioni di casa come lavorare al
telaio, ed altre faccende, che le risultano stranamente normali e semplici. La sua vita va
avanti così per 4 anni, finché la vecchia non decide di svelargli un segreto: l’uccello, ogni
giorno, deponeva un uovo che poteva contenere una perla o una gemma e da quel
momento in poi, in sua assenza, Bertha avrebbe dovuto raccoglierle e porle in degli strani
contenitori. Così va avanti la sua vita e si crea un’immagine del mondo esterno basata sulla
sua vita e su ciò che leggeva (immaginava storie d’amore con bei cavalieri, ogni donna
anziana era come l’anziana, ogni stupenda dama come l’uccello e tutta la gente allegra
come il cagnolino). Era felice della sua piccola compagnia, e quando era sola era felice
perché si sentiva la padrona della casa. La vecchia signora si complimenta con lei e la sua
dedizione, e le dice di continuare sulla retta via, altrimenti la punizione giunge, anche se
tardi. All’inizio Bertha non ci fa caso, ma verso sera comincia a pensarci, e pensa anche che
forse quelle gemme che raccoglie possono essere di valore, e le balena per la testa lidea di
andarsene di casa con l’uccello, ma subito desiste. Verso i 14 anni però, quest’idea si fa più
presente e, quando la vecchia le dice che doveva star via un po’ più a lungo del solito, dopo
qualche giorno decide di legare il cane in una stanza prendere delle gemme e scappare con
l’uccello. Così si avventura dalla parte opposta alle rupi selvagge e procede con la paura di
aver lasciato il cane a morire e che si potesse trovare l’anziana signora alle spalle che la
rincorre. La prima sera alloggia in una locanda e vive per qualche giorno coi soldi ricavati
dalla vendita di alcune pietre. Durante il suo viaggio l’uccello smette di cantare. Alla fine
arriva in un villaggio che riconosce essere quello in cui è nata e, arrivata alla porta di casa
dei suoi genitori, si trova davanti persone sconosciute, che la mettono al corrente della
morte dei suoi genitori, con cui avrebbe voluto condividere la gioia delle nuove ricchezze e
delle sue nuove abilità.
Prende in fitto una casa con giardino ed ingaggia una domestica.L’uccello allora ricomincia a
cantare, ma non il suo solito canto, uno nuovo in cui rimpiange la lontana solitudine del
bosco e avvisa Bertha che si pentirà di ciò che ha fatto. Di giorno in giorno il canto diventa
sempre più forte ed insopportabile per Bertha che alla fine, presa dalla disperazione, apre la
gabbia, strangola l’uccello e lo seppellisce in giardino. Continua a vivere la sua vita in
solitudine ed incontra Eckbert, del quale si innamora e al quale da la mano. Terminato il
racconto Walther le dice “RIesco ad immaginarmi assai vividamente come davate da
mangiare al piccolo Strohmian” e si congeda. La mattina dopo Bertha non scende a fare
colazione perché sta male, e il rapporto tra Eckbert e Walther si fa più freddo. Dopo qualche
giorno Bertha è ancora malata e chiama il marito al capezzale, confessandogli che è
tormentata da quella frase di Walther, poiché non riesce a capire come lui possa conoscere
il nome del cagnolino. Eckberta diventa inquieto e decide di andare a caccia con la sua
balestra. Qui si trova davanti Walther contro cui scocca un dardo, che lo fa cadere al suolo.
Al suo ritorno al castello sua moglie è già morta. Aveva vissuto così a lungo serenamente
con la moglie e con l’amico Walther che adesso la realtà gli sembra solo una strana fiaba più
che un’esistenza reale. Eckbert fa amicizia con un giovane cavaliere, Hugo, il quale sembra
provare un sincero affetto per lui. Passa il tempo ed i due diventano inseparabili. A questo
punto Eckbert decide di voler raccontargli la sua storia e confessargli l’omicidio dell’amico
Walther; Hugo è toccato dalla sua storia e lo consola, e poi gli dice di seguirlo in città per
raggiungere la compagnia. Qui Eckbert comincia ad avere dei sospetti nei confronti di Hugo,
dato che si sente escluso e vede che rivolge le sue attenzioni a tutti meno che a lui.
Guardando Hugo comincia a vedere a tratti il volto di Walther, così si alza e se ne va. Decide
di fare un viaggio per tentare di rimettere a posto i propri pensieri, senza prefiggersi
nemmeno una meta. Così parte e dopo alcuni giorni arriva in mezzo ad un mucchio di rocce
dal quale non riusciva a trovare un’uscita. Incontra un vecchio contadino che gli indica un
sentiero che costeggia una cascata; nel voltarsi vede ancora una volta Walther. Eckbert
sprona il cavallo attraverso i prati e i boschi finché non crolla esausto sotto di lui,
costringendolo a continuare il suo viaggio a piedi. Sale su per la collina e sente un vivace
abbaiare ed uno strano canto.A questo punto Eckbert ha perso il senno e non riesce a
capire se si tratta di un sogno o della realtà, non capisce nemmeno se la sua vita passata è
stata solo un sogno.
Una vecchietta allora gli viene incontro tossendo e gridando se gli avesse portato il suo
uccello, le sue perle ed il suo cane, e gli confessa che era lei il suo amico Wlather ed il suo
amico Hugo, e Bertha era sua sorella: ella era figlia di un cavaliere, che non aveva potuto
allevarla in casa propria con sua moglie poiché figlia di un’altra donna. Eckbert confessa
che, in fondo, lo aveva presagito, e la vecchietta gli dice che lo presagiva poiché da piccolo
aveva udito il padre raccontarlo.
Eckbert, a questo punto, giace a terra folle e morente, e sente, in modo confuso, la vecchia
parlare, il cane abbaiare e l’uccello ripetere il suo canto.
APPUNTI ANALISI
Entrambi LOCUS AMOENUS, continue descrizioni di sereni paesaggi di montagna al limite
della realtà. Ambientazioni tranquille, piccole casette nelle valli, verdi paesaggi, anziani
tranquilli, suono rilassante di un torrente.
ELEMENTO ROMANTICO de “Il Monte delle rune”: la luna, il sentiero che porta alle rovine
del monte.
ALTRO ELEMENTO COMUNE: Fine della distinzione fra sogno e realtà, nulla è più concreto
o reale, ed i personaggi non sanno più distinguere il sogno dalla realtà.