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20.04.

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Bruno riprende lo schema della poesia occidentale (un amato che insegue un amata inafferrabile) per
trasferirlo allo schema della ricerca della conoscenza: il filosofo innamorato non di una donna ma della
conoscenza e del sapere cerca di afferrare la verità ma non ci riesce, quindi quello schema che per Bruno
era uno schema che produceva quella poesia asfittica del petrarchismo, viene ripreso e adattato ad un altro
tipo di ricerca che è molto più nobile> in fondo la vita del filosofo è quella di inseguire la sua amata, che
non è piu la donna ma la conoscenza. Abbiamo poi visto che Bruno apre la sua opera italiana, dove espone
con una commedia e sei dialoghi filosofici il suo pensiero, e lo apre con un pittore che fa il filosofo: Gioan
Bernardo (G.B) è un pittore che però ci trasmette il pensiero dell’autore.

Bruno apre la sua opera della ‘nolana filosofia’ con un pittore che fa il filosofo e chiude l’esposizione della
sua filosofia con la settima opera che sono gli eroici furori con un filosofo che fa il pittore, perché disegna
con parole 28 imprese; l’impresa come genere era molto diffuso nel rinascimento: c’era un motto, un
immagine e questa immagine accompagnata da alcuni versi.

Che relazione c’è tra filo e pittura?

Gioan Bernardo è un pittore che fa ritratti ed è un pittore che dipinge santi e madonne:

Pag.159 Candelaio

Dialogo tra Gioan Bernardo e Bonifacio:

Messer Bonifacio, io son cristiano, e fo professione di buon catolico. Io mi confesso generalmente, e


comunico tutte le feste principali dell'anno. La mia arte è di depengere, e donar a gli occhii de' mundani la
imagine di Nostro Signore, di Nostra Madonna e d'altri Santi di paradiso. Però il core non mi comporta,
vedendoti mosso a penitenzia, di non perdonarti, e farti quella rimessione che ogni pio e buon Cristiano è
ubligato di fare in casi simili. Per tanto, Iddio ti perdoni in cielo, ed io ti perdono in terra. Una cosa
solamente mi riservo, - perché è scritto: "Honore meom nemini tabbo", - che si sotto questo abito avessi
commesso altro delitto, che vi apparecchiate a farne tutte reparazione. E questo lo promettete al s[ignor]
Capitano, come ministro della giustizia, a me, avanti vostra moglie, m[esser] Scaramuré, e questi altri
compagni.

Bruno sta citando un proverbio ‘honore meom nemini tabbo’= non cederò a nessuno il mio onore.

Che tipo di pittura fa Gioan Bernardo? Una pittura sacra, però questa pittura sacra a cosa serve?

‘la mia arte è di depengere e donar a gli occhi de mundani la imagine di nostro signore’= ‘il mio compito di
pittore-filosofo è di farvi vedere le cose che voi non vedete’.

Nel momento in cui io dipingo il padre eterno rendo visibile l’invisibile> Gioan Bernardo fa vedere a noi
esseri umani quello che noi non vediamo.

I mundani= gli esseri umani

Uno dei termini chiave che abbiamo visto nei prologhi del candelaio? ‘Vedere’> il compito del filosofo è
farci vedere quello che non vediamo
Dialogo tra Bonifacio e Gioan Bernardo>pag.47 Candelaio

Bondì e bon anno a voi, misser Bonifacio. Avete fatta alcuna buona fazione, oggi (avete fatto qualche buona
cosa?)

Che dite voi? Oggi ho fatta cosa che giamai feci in tutto tempo di mia vita.

Voi dite di gran cose. E` possibile che quello che hai fatto oggi, abbi possuto far ieri o altro giorno, o voi o
altro che sii? o che per tutto tempo di vostra vita possiate fare quel che una volta è fatto? Cossì, quel che
facesti ieri, non lo farai mai più; ed io mai feci quel ritratto ch'ho fatto oggi, né manco è possibile ch'io possa
farlo più; questo sì, che potrò farne un altro

Giaon Bernardo ci sta parlando in termini filosofici> ci fa capire come esistono delle permanenze nelle
mutazioni e come esiste la mutazione nella permanenza: nessuna cosa è sempre uguale a se stessa, l’io che
parla ora e l’io che parla domani è uguale ma è diverso perché non sono più il giorno dopo uguale al giorno
prima, però tutte le cose sono fatte di ‘indivisibili uguali’> questa cosa ci fa pensare alla lettera a Morgana
nel Candelaio (con questa filosofia l’animo mi si ingrandisce)

Qui bruno dice ‘apparentemente oggi non sono diverso da ieri, l’aggregato atomico muore, ma in entrambi
i casi l’apparenza mi inganna perché l’indivisibile non muore ma va a formare altre cose, e cosi io che ho
dipinto il tuo ritratto ieri non sono lo stesso pittore che oggi dipinge il tuo ritratto, anche se sono sempre lo
stesso pittore’. Non è facile vedere la forma che si trasforma e dall’altra parte l’immortalità degli elementi
ultimi che stanno dietro le forme apparenti. Bruno dietro questi discorsi parla di pittura ma ci sta parlando
di filosofia.

Or, lasciamo queste vostre sofisticarie; mi avete fatto sovvenire del ritratto. Hai visto quel che mi ho fatto
fare?

L'ho visto e revisto.

Che ne giudicate?

E` buono: assomiglia assai più a voi che a me.

Sii come si vuole, ne voglio un altro di vostra mano (voglio fare un ritratto di vostra mano)

Che lo volete donare a qualche v[ostra] signora per memoria di voi? (vuole far fare il ritratto per darlo a
Vittoria)

Basta: son altre cose che mi vanno per la mente.

E` buon segno, quando le cose vanno per la mente: guardati che la mente non vadi essa per le cose, perché
potrebbe rimaner attaccata con qualche una di quelle, ed il cervello, la sera, indarno l'aspettarebbe a cena;
e poi bisognasse far come la matre di fameglia, ch'andava cercando lo intellecto co la lanterna. - Quanto al
ritratto, io lo farò quanto prima. (Gioan Bernardo si prende sempre burla di Bonifacio> ‘statti attento,
quando la mente va dietro le cose spesso ci rimani attaccato e perdi il cervello’); (‘farò il vostro ritratto
quando devo’)

Sì; ma, per vita vostra, fatemi bello

Non comandate tanto, si volete esser servito. Si desiderate che io vi faccia bello, è una; si volete ch'io vi
ritragga, è un'altra (vuoi il tuo ritratto o vuoi che ti faccia bello?); vediamo come Gioan Bernardo ironizza
continuamente con Bonifacio
Da candelaio volete doventar orefice.

Il candelaio che da il titolo alla commedia è Bonifacio; Gioan Bernardo e quindi Bruno sta alludendo a una
passiva omosessualità di Bonifacio perché essendo candelaio riceve una candela (c’è una poesia oscena
fiorentina dove l’essere candelaio significava ricevere e quindi essere passivo), invece l’orefice modella la
materia, quindi è attivo, è lui che imprime alla materia il risultato.

Esistono delle canzoni nei canti carnascialeschi dove il plasmare l’oro era la relazione sessuale con la donna
(nella soglia dell’ombra). Si capisce quindi che si passa da un’omosessualità a voler diventare eterosessuale.

Come orefice? come candelaio? Basta, me vi raccomando.

Il candelaio riceve la candela

Bruno poi chiude con gli eroici furori in cui c’è un filosofo che diventa pittore, disegna con parole 28
imprese.

Bruno aveva una passione per l’incisione, è stato studiato che i legni di alcune opere latine le faceva lo
stesso Bruno, quindi si dedicava a realizzare le immagini dei suoi libri latini, per cui aveva un interesse
profondo per la dimensione artistica dell’incidere.

Per Bruno l’immagine diventa un elemento essenziale della filosofia della conoscenza: l’immagine non solo
visiva ma anche verbale diventa uno strumento di mediazione, e attraverso l’immagine verbale e visiva è
possibile rendere visibile l’invisibile> ecco perché Gioan Bernardo dipinge ‘santi e madonne’ per farli vedere
agli occhi dei ‘mundani’, perché il suo obiettivo è far vedere a coloro che non vedono quelle cose che la
realtà e il flusso apparente della realtà non mi fa vedere. L’immagine serve proprio a rendere concreta la
realtà.

‘Mondo delle ombre’> nella visione platonica esiste il mondo delle idee, e il mondo in cui viviamo è l’ombra
del mondo delle idee, una natura in cui ci troviamo immersi in cui la realtà ci puo ingannare. Tutta la
commedia è capire cosa c’è dietro le apparenze, tutti i travestimenti che ci sono nella commedia servono a
capire questa relazione tra cio che vediamo e cio che sta dietro la maschera.

Metafora che Bruno usa per descrivere il genere dialogo: dialogo come un banchetto e il dialogo come
pittura.

Pag.162 Cabala asino

Siamo nella cena delle ceneri, primo dei dialoghi italiani pubblicati da Bruno: la cena (il dialogo) viene
presentata come un particolare ritratto, come una maniera di concepire il ritratto:

‘se nel ritrarre…’

Parole chiave che ci fanno capire perche la pittura ha a che fare con il genere dialogo? ‘colori che non
corrispondono perfettamente al vero’; ‘difetto’; ‘spaci e distanze’. ‘Difetti’ perche per Bruno la commedia è
imperfetta, e questi difetti li ritroviamo nella pittura che esprime la cena delle ceneri, quindi anche il
dialogo di Bruno è un dialogo imperfetto, dove i colori non corrispondono e non aderiscono perfettamente,
perche bruno dice che noi lavoriamo nell’imperfezione.
Una rappresentazione non puo essere mai la fedele riproduzione di quello che noi vediamo, ci sono sempre
dei difetti.

Pagina successiva: Bruno rivendica l’importanza dei punti di vista, anche Pascal ci fa vedere che nella
prospettiva c’è un punto in cui vediamo le cose come sono, però nella morale, nella vita, questo punto non
ce lo può dare nessuno perché è relativo.

Quando noi facciamo una rappresentazione, non possiamo rappresentare tutto cosi com’è, ma piccole cose
di quel tutto che però possono essere significative per darci il senso generale dell’immagine che stiamo
producendo.

Nello spaccio della bestia trionfante Bruno riprende la metafora dell’autore pittore, che ancora una volta ci
fa capire l’impossibilità di andare oltre (certi occolti e diffusi delineamenti e ombre…)> i pittori sono
importanti perché certe volte come gli autori ci possono far vedere delineamenti confusi ed ombre.

Piu volte nelle opere italiane e latine, Bruno ricorre alla metafora della pittura per esprimere la natura della
sua filo e Bruno lo dice con chiarezza che pittore, filo e poeta fanno lo stesso mestiere: 34.45

pag.215 soglia dell’ombra

Nel 1583 (mentre sta scrivendo le opere italiane) scrive un’opera intitolata ‘esplicatio triginta sigillorum’,
opera di mnemotecnica e qui Bruno associa il vero poeta al vero filosofo e al vero pittore.

Nota 23: ‘In fondo i filosofi sono pittori e poeti, i poeti e pittori e filosofi, e mutualmente si amano e si
ammirano’

La poesia che Bruno giudica come la poesia più alta è quella filosofica>i pittori che dipingono immagini che
ti spingono a capire la realtà e i filosofi che ti fanno vedere l’invisibile> i pittori, filosofi e poeti in fondo
fanno vedere ai ‘mundani’ l’invisibile.

La relazione non puo essere considerata solo come metaforica, per Bruno il filosofo e pittore lavorano
entrambi con immagini, si misurano con una realtà costruita sul complesso rapporto tra sostanza e
apparenza, e dunque ci deve essere una ragione piu profonda che unisce il lavoro del filosofo e il lavoro del
pittore, tanto è vero che anche il ritratto che Bruno fa del furioso perché nell’ultimo dialogo, negli eroici
furori, il filosofo coincide con il furioso, cioè con l’uomo eroico che tutta la sua vita tenterà di abbracciare
una volta per tutte la conoscenza, senza mai riuscirci. Bruno distingue due tipi di furiosi: quelli animati da
cieca bestialità (coloro che perdono la ragione), e i furiosi animati da una voglia di ricerca attraverso la
ragione indagano la conoscenza; chiaramente il filosofo rientra tra i furiosi che attraverso la ragione
cercano di capire la conoscenza.

Pag.187 soglia dell’ombra ultime due righe

RITRATTO CHE BRUNO CI DA DEL FURIOSO

‘Quindi il corpo è mal nutrito, copia di malinconici umori’

Cosa ci fa pensare questa descrizione del furioso? Quando Bruno parla di se stesso nel Candelaio (appare
come un uomo sempre infastidito)>ma parliamo di un ritratto silenico, dietro questo ritratto negativo c’è
all’interno la positività di chi cerca la verità.

Che tipo di relazione ci puo essere tra la filosofia e la pittura?

Il mito delle origini della pittura (descritto da plinio nella ‘storia naturale’) ha una forte relazione con il mito
delle origini della conoscenza (descritto da platone nella caverna platonica di uno dei libri della repubblica)>
alla base dei due miti c’è il tema dell’ombra (il materiale su cui lavorano i pittori e i filosofi).
Plinio scrive la ‘naturalis historia’ e nel libro 35 ci offre un accenno al mito della pittura: plinio dice che il
primo pittore compie un gesto automatico, cioè il contornamento dell’ombra.

Quadro pittore spagnolo Muriglio, intitolato ‘la nascita della pittura’.

Pag.166 Soglia dell’ombra, nota 11

Definizione che Plinio da sul mito delle origini della pittura:

‘Tutti concordano che la pittura nacque dall’uso di tracciare con delle linee il contorno dell’ombra umana

Vediamo Muriglio che da l’idea di questo mito, il pittore ha il modello davanti e poi il modello proietta sul
muro un ombra e lui contorna l’ombra= significa che il primo pittore ha fatto un’operazione di tipo
meccanico che ognuno di noi sa farequel gesto ha dato vita alle origini della pittura.

Plinio dice che anche la scultura nasce sulla stessa base, infatti racconta il mito di Butades, il vasaio di
Sicione che che inventa il ritratto in argilla attraverso il contornamento di un profilo: la figlia, innamorata
di un giovane per conservare il volto del giovane che doveva partire, fissa con delle linee il contorno
dell’ombra del viso di lui su una parete, poi interviene il vasaio con l’argilla per riprodurre il modello
tracciato sul muro e fare cuocere l’argilla per fare la scultura.

Il mito delle origini della scultura e il mito delle origini della pittura partono sempre da una proiezione
dell’ombra.

A partire da queste due descrizioni noi vediamo come la nascita della pittura e scultura secondo plinio
abbiano in comune la proiezione dell’ombra.

L’ombra è alla base della rappresentazione artistica in generale

Partendo da Plinio sappiamo che l’arte trova la sua origine mitica non nell’osservazione diretta del corpo
umano, ma nella proiezione del corpo e nel contornamento della proiezione, quindi abbiamo il ritratto di
una rappresentazione che è l’ombra.

Platone diceva che tutto cio che sta nel mondo è una proiezione del mondo delle idee e quando l’arte
riproduce quella cosa è una rappresentazione di una rappresentazione. In plinio c’è un platonismo
implicito.

Piu avanti, Plinio dice che bisognerà attendere i grandi artisti per passare da una riproduzione piatta della
proiezione che sappiamo fare ognuno di noi ad una modellata, e qui l’ombra da matrice si trasforma in
mezzo di espressione.

Quintiliano nell’institutio oratoria allude al mito della nascita della pittura in un contesto legato al tema
dell’imitazione: il retore per Quintiliano condanna l’imitazione come riproduzione passiva di un modello e si
chiede ‘cosa sarebbe successo se la pittura si fosse limitata a contornare con una linea l’ombra proiettata
dai colpi esposti al sole?

Pag.167 soglia dell’ombra, nota 13, parla Quintiliano

‘non avremmo altra pittura se non quella che ritrae i contorni delle ombre degli oggetti esposti al sole’

Se mi limito a contornare l’ombra non sono un pittore, cosi come il retore si limita a riprodurre il modello
non c’è progresso

Riusciamo a capire che contornare l’ombra è lo stadio iniziale della pittura


Pag.236 soglia dell’ombra

Vivi Michel la nobil tela in cui…

L’ombra riduce l’essere all’apparenza, perche l’ombra non è il corpo, ma un’immagine del corpo e quindi è
altro rispetto al corpo: l’ombra mia sono io ma non sono io> tema su cui si costruirà anche la
contraddizione del ritratto, perche il mio ritratto sono io ma nello stesso tempo il ritratto non è me perche
siamo due cose diverse, quel ritratto è parte di me ma non sono io in carne ossa.

L’ombra non è solo alla base del mito della nascita della pittura, ma prima ancora è stata alla base del mito
della nascita della conoscenza, perché la teoria della rappresentazione cognitiva viene tradotta in immagine
da Platone nella famosa pagina della ‘repubblica’ dove parla del mito della caverna.

Il mito della caverna: essere umani incatenati e guardano su un muro le ombre proiettate, fuori ci sono i
filo che vedono le cose concrete come sono, mentre gli schiavi (gli esseri umani ignoranti) guardano le
proiezioni delle ombre.

Pag.168 soglia dell’ombra

‘e cosi dopo quanto abbiamo detto…

L’uomo ignorante è un uomo ‘legato’ a vedere delle cose perché non può muoversi> l’ignorante è una
forma di schiavitù

Il rischio è che il prigioniero della caverna scambi la proiezione dell’ombra per verità

Se tu sei costretto a tenere la testa immobile l’unica cosa che puoi vedere è le ombre, non puoi vedere gli
oggetti perché non puoi girarti dietro per guardare.

Il rischio è che il prigioniero della caverna scambia per verità la proiezione dell’ombra, che non è la verità.

Se tu senti una voce, pensi che sia quell’ombra che parla

Se tu sei chiuso nella caverna con la testa incatenata, non puoi vedere altro, la tua realtà sono quelle ombre
che vedi passare

Il filosofo che esce dalla caverna e vede la luce dopo una vita di tenebre, rischi di essere accecato, ma
intanto vedi delle cose con maggiore esattezza che prima quando eri ‘schiavo’ non vedevi

Platone ci fa vedere che liberarsi dalla visione delle ombre proiettate significa conoscere la realtà delle cose
e liberarsi dal mondo delle apparenze

Quello che conta è il ruolo importante che la vista assume nel conoscere: l’attività visiva viene considerata
sempre più come necessaria o addirittura come coincidente del tutto con l’attività cognitiva>l’attività di
conoscenza presuppone la vista, il vedere.. La scena della caverna per molti è stata definita anche come
sanica, gli incatenati hanno un’unica preoccupazione cioè quella di conoscere, quindi il processo cognitivo
presuppone anche un processo di sofferenza: ogni forma di conoscenza presuppone uno sforzo o una
fatica.

Alla fine l’immagine di Platone è anche un’immagine teatrale, dove le ombre sembrano essere le cose
stesse mentre sono la proiezione distorta di quelle cose, proprio come gli attori sembrano essere il re, la
regina, ma dopo aver tolto gli abiti ritorni la persona che eri prima.

Il mito delle origini dell’arte (Plinio) e il mito delle origini della conoscenza (Platone) hanno in comune
l’ombra.
L’arte e la conoscenza hanno un comune punto di partenza: superare la soglia dell’ombra, perché se il
pittore si limitasse a contornare l’ombra non sarebbe un pittore o se il filosofo si limitasse a osservare
l’ombra proiettata nella caverna senza liberarsi delle catene per andare a vedere gli oggetti reali, non
sarebbe un filosofo. Allora il senso che unisce la filosofia e la pittura è quello di superare la soglia
dell’ombra>i buoni filo e pittori superano l’ombra.

Mentre nel mito di Plinio il primo pittore contorna non la propria ombra ma l’ombra dell’altro, ad un certo
punto il mito subisce una variazione, e questa variazione è una maniera di riscrivere il mito di Leon Battista
alberti che scrive un trattato ‘de pictura’ cioè intorno alla pittura e siamo nel 1435: Alberti riprende il mito
della pittura ma lo riscrive, ci offre un’altra interpretazione di questo mito> alla base del mito rimane
l’ombra ma non piu quella evocata da plinio, per alberti il primo pittore è Narciso perché di fatto noi
ritroviamo il tema dell’ombra però non più come proiezione dell’altro ma come proiezione di se stesso
(‘Narciso’ di caravaggio: contempla la sua immagine rifessa nell’acqua come se fosse un quadro). Per
alberti la pittura nasce da un atto erotico, da un innamoramento, riguarda l’abbraccio dello specchio, non
ha più niente a che fare con la circoscrizione dell’ombra come in Plinio, ma ha a che fare con la proiezione
dell’ombra. Per Alberti il mito della nascita della pittura è il mito della nascita di un amore:

pag.170 soglia dell’ombra

Alberti spiega il mito di Narciso:

Però tu sai dire tra i miei amici, secondo la sentenza dei poeti quel Narcisso convertito in fiore essere della
pittura stato inventore…

‘La pittura è il tentativo di abbracciare con arte la superficie del fonte’> il pittore cerca disperatamente di
afferrare qualcosa che è inafferrabile. Cosa ci fa pensare questo? L’amore che il furioso ha verso la
conoscenza.

Il mito riproposto da Alberti avrà nel 500 una ripercussione, perche Vasari quando fa ‘il mito delle origini
della pittura’, nell’affresco vasari contorna la sua ombra

Mentre Muriglio contempla l’ombra dell’altro quindi è influenzato dal mito di Plinio, Vasari è influenzato
dal mito attraverso l’interpretazione nuova che ne da Alberti.

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