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13.04.

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Per Bruno la differenza tra il poeta creativo e l’imitatore passivo è che l’imitatore usa solo per esempio le
rime e il lessico di Petrarca. Negli eroici furori si interroga su che cos’è la poeisa, perche gli eroici furori sono
un canzoniere, e qui ci offre una serie di sonetti con un certo sperimentalismo metrico, Bruno varia
metricamente e ripropone alcune cose che non sono canoniche all’interno del rinascimento. Qui negli
‘eroici’ che è un testo di filosofia dove Bruno parla di poesia d’amore, fa dialogare Tansillo (grande poeta
napoletano, molto citato da Bruno) e si chiede che cosa sia la poesia, e c’è una critica feroce che viene fatta,
soprattutto a quelli che Bruno chiama pedanti (nel candelaio è Manfurio)= i grammatici, coloro i quali
vogliono offrirci delle regole rigide alle quali noi passivamente ci dobbiamo attenere. Il grammatico è colui il
quale non fa poesia perché non ha una forza creativa, ma analizza la poesia e stabilisce delle regole a cui gli
altri devono rigidamente attenersi. Bruno critica in modo feroce i pedanti (infatti Manfurio viene deriso nel
candelaio). E’ un linguaggio puramente grammaticale dove dietro non c’è pensiero, il pedante ripete i
modelli a cui si ispira.

Riflessione quando a un certo punto si analizza su che cosa sia la poesia, e Bruno dice che le poesie non
nascono dalle regole, ma le regole derivano dalle vere poesie> se tu hai fatto una costruzione poetica
originale, gli altri trarranno delle regole per fare poesia, ma tu prima non avevi modelli. Per Bruno la grande
poesia non ha bisogno di regole, il vero poeta è un innovatore, crea dal niente.

Pag.210 soglia dell’ombra

Qui negli eroici furori Bruno fa discutere Cicata e Tansillo e Cicata dice: son certi regolisti di poesia che a
gran pena passano per poeta Omero…

Molto spesso capita che i pedanti (che lui chiama ‘regulisti de poesia’), che non hanno loro la forza di
comporre poesie, cominciano ad analizzare e scomporre le poesie di Omero o di altri modelli trovando
sempre qualcosa che non va, in base a un sistema di regole che loro traggono dalla poetica di Aristotele.

Il rinascimento è il primo grande ‘laboratorio’ teorico per normalizzare i generi letterari, però tutto deve
stare in Aristotele: auctoritas suprema a cui i regulisti di poesia si devono rifare.

Nel rinascimento c’è la differenza tra il poeta e il versificatore: il poeta è colui che crea e fa dei versi a un
certo livello; il versificatore è un puro tecnico che produce versi, ma dietro non c’è poesia nell’accezione
alta> non tutti quelli che scrivono versi sono poeti.

La poesia non è solo poesia in versi, ma c’è anche una poesia in prosa> si allarga il dibattito e molti
considerano poesia anche cose che sono scritte in prosa.

Parafrasi: ‘queste persone sono delle bestie perché nella descrizione che loro fanno dei modelli, non usano
quella descrizione per dire che si sta descrivendo come lavora Omero, usano quelle descrizioni per imporre
alla poesia delle regole sulla base di un testo di riferimento come la poetica di Aristotele. Bruno opera una
distinzione: il critico deve esporre, analizzare, deve descrivere come lavora Omero, però non ha poi il diritto
di dire se Omero sbaglia, si deve limitare a descrivere un modello.

E sono per mostrar talvolta un poeta eroico… e non per istituir altri=

‘Se il lavoro del critico si limita a dirci come lavora Omero allora è un buon lavoro, ma se il lavoro dei critici
vuole imporre la creazione omerica o altri modelli ad altri poeti non va bene, perche la poesia è fatta da
coloro i quali scrivono’ > Imporre un modello significa uccidere la poesia dall’inizio, come di fatto il
Petrarchismo ha fatto ha favorito l’allargamento dei poeti però i poeti che scrivevano poesie petrarchiste
ripetevano quel modello, e per Bruno questo petrarchismo è privo di contenuti.
Sicchè come Omero nel suo geno non fu poeta che pendesse da regole…

Cicata dice che Omero quando scrive l’odissea e l’iliade non ha un modello preesistente a cui si ispira, ma
inventa un modello, quindi non sono le regole che fanno la poesia, ma dalle buone poesie derivano le
regole. Nel momento in cui omero crea il modello epico, a questo punto da quel modello epico possono
derivare altri autori che ispirandosi ad omero lo imitano, ma lo può imitare passivamente o in maniera
creativa e originale. La buona letteratura non è altro che una riscrittura, ma quando è creativa non è più
quella stessa cosa.

L’Ulisse di Joyce e l’ulisse di Omero non sono la stessa cosa, ma è stato fondamentale Omero.

E sono state raccolte da colui che non era poeta di sorte alcuna…

‘Il compito del critico è quello di raccogliere le regole che poi serviranno a chi vuole imitare Omero, non a
chi vuole essere lui poeta in proprio creativo, ma vuole diventare ‘scimmia’

Tops rinascimento: il simbolo dell’imitazione è la scimmia, perché la scimmia imita.

‘essere scimmia di Omero’= imitatore passivo di Omero

‘scimmia della musa altrui’= scimmia dei veri poeti

Qui bruno distingue con chiarezza tra il poeta che crea e il critico che invece analizza le forme e i modi della
poetica. Però quando bruno dice che le poesie non nascono dalle regole non sta avallando una posizione
che poi sarà tipica del romanticismo, Bruno riconosce che per fare poesia devi sapere alcune regole, devi
sapere usare il lessico, usare la metrica, perché se non c’è la tua cultura che ispira la tua poesia, questa sarà
priva di contenuti. Qui la differenza è però tra il poeta che possedendo degli strumenti crea, e un poeta che
passivamente riproduce un modello che ormai ha solo una funzione puramente letteraria.

Bruno contesta la passiva imitazione di colui che vuole fare la ‘’scimmia della musa altri’: per bruno chi fa
ciò non fa altro che mettere in scena un puro gioco letterario dove al centro c’è solo una ripetizione passiva
di un modello.

Bruno è coerente con il suo pensiero perché alla fine quando nel dialogo Cicata chiede a Tansillo ‘come si
riconoscono i veri poeti?’, Tansillo risponde ‘dal cantar dei versi’> Bruno a sua volta nel definire il vero
peota non vuole dare delle regole prescrittivo, lascia a ognuno di noi di decidere se questi poeti sono poeti
o meno. Se Bruno avesse dato una definizione di poeta sarebbe caduto nell’errore dei pedanti che lui
stesso contesta.

Pag.280 Cabala asino

Qui viene riproposto in maniera commentata il dialogo tra Cicaga e Tansillo

Alla domanda di Cicata, Tansillo risponde con una tautologia: significa che io ti do una risposta che è gia
contenuta nella domanda, non apporto nulla di nuovo.

‘chi sono i poeti’? ‘dal cantar dei versi’> apparente tautologia, perche bruno vuole dare l’idea che in poesia
non si possono dare delle regole e quindi la risposta rinvia a un orizzonte aperto della creatività a cui non si
possono mettere regole, perche anche la creatività poetica è infinita, proprio come la visione di Bruno.

Bruno dice ‘ tra i tanti poeti che esistono cosa ci fa capire qual è il metro che ci può fare capire qual è il tipo
di poesia che ha piu valore?’ Per Bruno la poesia che ha piu valore è quella che ha un contenuto, quei poeti
che cantano cose eroiche, che spingono gli essere umani ad avere un rapporto forte con la conoscenza:
possono vantarsi quelli che degnamente cantano cose eroiche…
Per bruno la poesia deve istruire le persone ad avere un livello di conoscenza e a permettere che questa
conoscenza si possa tradurre in azioni nella vita civile e quindi la filo, l’arte, devono incidere sulla vita
sociale delle persone.

Per Bruno nella scala dei valori, ci puo essere anche il poeta che riesce a fare un verso perfetto, pero se lui
dovesse scegliere i poeti che piu contano sceglierebbe i poeti che stimolano i lettori a tradurre la loro
visione del mondo in un’azione civile.

C’è un tema importante che ha a che fare con una visione di Bruno legata alla filo come maniera di vivere
già nella filosofia greca: Pier Hadot uno dei piu grandi studiosi del neoplatonismo, scrive un libro ‘la filosofia
come maniera di vivere’ >nell’idea dei filosofi greci la filosofia aveva una funzione di tipo civile, io imparo,
io studio perché poi queste cose mi permettono di operare in me una metamorfosi per cui non sono piu
quello di prima, e mi fanno capire il mio ruolo di essere umano dentro la comunità sociale dentro cui vivo,
quindi la filosofia deve tradursi in una maniera di vivere. Bruno è molto coerente con questo principio
perche lui l’ultima pagina della sua filosofia la scrive il 17 febbraio 1600 quando viene bruciato in campo dei
fiori a roma. Bruno capisce che la morte non è solo morte fisica, ma tu puoi essere morto vivendo: se tu
accetti passivamente un modello di società dove non sei capace attivamente di proporre i valori che
vorresti, quel tipo di vita che stai vivendo è una forma di morte. Bruno dice ‘tu puoi essere vivendo un
morto’ e puoi essere un morto che vive (un esempio è Bruno stesso, ancora oggi leggiamo le sue opere).

Bruno sa bene che nel momento in cui tu apprendi delle cose, poi operano dentro di te delle metamorfosi
per cui tu nella società non puoi comportanti ignorando le cose che hai imparato.

Bruno collega il tema della filosofia e della vita, Bruno sa che la filosofia condiziona la vita e le mie scelte.

A causa del suo pensiero e delle sue opere bruno sarà bruciato a campo dei fiori

Pag.225 Soglia dell’ombra

Bruno va in Germania e ha un’orazione bellissima in cui dice: Venni tra gli altri, attratto dal desiderio di
visitate la casa della sapienza, ardente di contemplare…

Bruno dice che per visitare la ‘casa della sapienza’ sono stato costretto a partire, ad essere un pellegrino, ad
andare in esilio, a vivere la povertà.

Queste parole sono il riassunto della vita di un uomo che ha capito che quell’esilio era la garanzia della sua
libertà e quel sacrificio e povertà che ha vissuto erano quelle cose che gli garantivano di pensare. Quando
Bruno scrive le sue opere, sa che le sue opere richiederanno una coerenza ed è per questo l’ultima pagina
la scrive nel rogo di campo dei fiori, ma ci insegna un messaggio bellissimo e forte: che tu i libri li puoi
bruciare, ma le idee continueranno a vivere dopo la morte, ed è per questo che dobbiamo distinguere colui
che da vivo è come se fosse morto e colui che da morto continua a vivere con la forza delle sue idee.

Bruno quindi distingue tra poeti dediti allo studio, alla conoscenza, quelli che lui chiama

‘poeti eroici e civili’ e invece i ‘versificatori’ che sono imitatori passivi che fabbricano solo versi. La
distinzione tra poeti e versificatori la farà anche uno dei grandi mecenati e poeti del rinascimento inglese,
Filips Sidney, l’autore a cui Bruno dedica lo spaccio e gli eroici furori. Sidney scrive un trattato chiamato
‘elogio della poesia’ e qui dice ‘dobbiamo distinguere i versificatori e i veri poeti che sono in grado di
replicare modelli positivi di persone che poi nella vita civile si comporteranno in una certa maniera’.
Tema legame tra poesia e filosofia:

Il tentativo di Bruno è quello di recuperare la poesia alla filosofia cioè riannodare i legami che il
petrarchismo e la pedanteria avevano tagliato, distrutto, tra la poesia civile (piena di contenuti) e la
filosofia. Bruno negli eroici furori, compie una rivoluzione: Bruno parte dalle cose che sono conosciute, sa
che il petrarchismo ha un successo europeo, petrarca è un modello per tutta la lirica europea, allora bruno
capisce che per far capire al suo pubblico l’importanza della filo deve partire dal modello conosciuto e poi
operare una trasformazione per cui questo modello non sia piu quello di partenza, ma diventi una cosa
vicina alla sua visione. Gli eroici furori vogliono creare una nuova visione del rapporto tra poesia e filo,
allora Bruno parte dal codice di base della poesia occidentale: abbiamo un amato (petrarca) che insegue
un’amata (laura) senza poterla mai afferrare> la poesia occidentale è il racconto di un’impossibilità, il
racconto di un’afferrabilità, quindi la lirica romanza e il petrarchismo mettono in scena un inseguimento
che non trova mai un punto d’arrivo, perche l’oggetto dell’inseguimento (la donna) sfugge alla preda. Allora
bruno parte dal codice convenzionale della lirica occidentale per piegarlo all’ eroico percorso del furioso
(per questo ‘eroici furori’) , il percorso che il furioso compie nella sua ‘milizia’ amorosa. Il furioso cosa
insegue? Bruno dice che la milizia amorosa del furioso traduce un altro tipo di ricerca: l’amante qui è il
filosofo, e l’amata del filosofo è la conoscenza e quindi il filo insegue la conoscenza che non potrà mai
essere afferrata definitivamente e una volta per tutte da chi la cerca. Quindi come nello schema della
poesia occidentale, il possesso della donna è irraggiungibile, alla stessa maniera nello schema della filo di
bruno il filosofo che insegue la conoscenza non potrà mai possederla una volta per tutte. Siamo passati
dalla futilità di un amore per una donna ad un alto livello ideale che significa innamorarsi della conoscenza.
C’è un legame erotico tra il filo e la conoscenza, un eros di cui anche platone parla nel simposio: un amore
totale per la conoscenza che lo spinge a inseguire questa amata che è la conoscenza e che lui non riuscirà
mai a possedere.

Per questo bruno propone una ‘ventazio filosofica’, una caccia: vuol dire che la caccia che io faccio alla filo
è una caccia che non mi consentirà mai di prendere la preda.

Bruno libera sia il lessico amoroso, sia le strutture metriche convenzionali dalle astratte formule
petrarchesche, per ridare al suo canzoniere una forza che è la forza dell’unione tra poesia e filosofia, tra
letteratura e vita.

Ancora una volta ci fa vedere come la filosofia possa intrattenere dei rapporti fecondi con la letteratura.

Lo sforzo di bruno è ancora una volta quello di evitare la banalizzazione di un modello, e ridare nobiltà a un
modello.

All’interno di questo contesto è fondamentale ripercorrere l’itinerario che bruno compie con l’opera
italiana (le 7 opere italiane sono la prima rappresentazione della poesia organica di Bruno, dove cerca di
spiegare la concezione del cosmo, il tema della filosofia morale ecc).Bruno apre la sua ‘nolana filosofia’ con
gioan bernardo che fa il pittore, ma non è un semplice pittore ma un pittore che è anche filosofo, un pittore
che pur commettendo degli errori esprime molte idee della filo di Bruno. Bruno apre con un protagonista
pittore e poi chiude con la 7 opera italiana che sono gli eroici furori e qui negli eroici le poesie d’amore sono
spesso la rappresentazione di alcune immagini, quindi attraverso la poesia sta descrivendo delle opere
d’arte> qui è importante la funzione dell’ekfrasis, figura retorica che descrive con le parole le immagini.

Bruno nel descrivere il genere dialogo aveva utilizzato l’immagine metaforica del banchetto, che come
abbiamo visto ha un legame con la tradizione classica dove molti dialoghi si svolgevano durante un
banchetto. L’altra immagine metaforica che usa Bruno per descrivere i suoi dialoghi è il dialogo come
pittura> elemento che ci fa riflettere, perche se apre le opere italiane con un pittore che fa il filosofo, e le
chiude con un filo che fa il pittore che dipinge con le parole, c’è un legame tra la filosofia e la pittura
evidentemente.
Brani in cui Bruno ci fa cogliere in maniera concreta la metafora della pittura che esprime la sua maniera di
concepire il dialogo:

Pag.262 Cabala asino

La prima opera che bruno pubblica dopo il candelaio è la cena delle ceneri (primo dei sei dialoghi londinesi),
dove Bruno raffigura la cena, dialogo che è ambientato proprio il giorno della cena delle ceneri, e in questa
cena Bruno discute con i pedanti di Oxford che sono signori vestiti in una certa maniera, pieni di anelli…
siamo nel 1584 e bruno per la prima volta ci fa vedere la sua difesa in maniera organica del sistema
copernicano (1543=Copernico pubblica il de revolutionibus, e da questa data fino alla cena delle ceneri non
c’è nessuna difesa pubblica forte, autorevole e filosofica del sistema copernicano, era un dibattito che si
limitava ai matematici, e Bruno riporta la questione del copernicanesimo a una dimensione altamente
filosofica) e Bruno nelle prime pagine compara la cena a una pittura:

se nel ritrarre mi par che i colori non rispondano perfettamente al vivo…

Già a partire da questa prima riflessione quali temi possiamo ritrovare? Bruno definiva i suoi dialoghi
imperfetti attraverso l’immagine della cena e Bruno qui sta dicendo ‘se in questo dialogo i colori non è
perfettamente corrispondente al vivo e alcuni delineamenti non saranno veramente aderenti…: la prima
cosa che Bruno ci dice è che i suoi dialoghi contengono un difetto.

‘perché questo ritratto che la cena delle ceneri offre in quel dibattito è un ritratto che è imperfetto? Perche
il pittore non ha potuto osservare la scena con quella giusta distanza che i maestri dell’arte spesso devono
tenere’> Bruno ci sta parlando anche di come si guarda un quadro: per capire bene un quadro ti devi
mettere ad un certa distanza, se ti metti troppo vicino o troppo lontano tu non capisci il quadro.

pag.265 uomini non sono isole

Pascal nasce 22 anni dopo la morte di Bruno ed è il filosofo che ha paura dell’infinito, perché si sente una
minuscola parte perduta nell’universo infinito, a differenza di Bruno che si esalta nell’universo infinito> due
prospettive diverse. Qui pascal si interroga su come si osserva un quadro e parla della legge della
prospettiva: se voglio cogliere questa regola, devo assumere la posizione che ha assunto il pittore mentre
ha creato quel quadro.

Pascal sta dicendo che ci vuole una misura nelle cose che facciamo, perche se guardo una cosa appena
finita non ho quella distanza necessaria per capire, ma se la guardo molto tempo dopo ho perduto il
contatto con quella cosa: cosi i quadri visti troppo da lontano e troppo da vicino, nell’arte della pittura la
prospettiva sa determinare il punto giusto ma nella verità e nella morale chi lo stabilisce. Pascal ci dice che
mentre nella prospettiva mi posso mettere e osservare il quadro da un certo punto e cogliere cio che il
pittore voleva fare (la prospettiva ci fa vedere la profondità che è l’illusione), pero per cogliere fino in
fondo l’importanza di quel quadro mi devo posizionare

Il protagonista della novella del grasso legnaiuolo è Brunelleschi, l’inventore nel 400 della prospettiva
matematica, e nella novella fa un inganno e fa credere al grasso legnaiuolo che lui non è lui, ma è diventato
un altro> gli fa perdere l’identità. Non è un caso che il creatore della prospettiva, diventi il protagonista di
una novella in cui il grasso legnaiuolo che è un incisore che lavora il legno incidendo nel legno la
prospettiva. Ma la differenza tra il grasso legnaiuolo e Brunelleschi è che il legnaiuolo esegue passivamente
dei disegni di cui non conosce la regola matematica perché è solo un falegname, mentre Brunelleschi è
l’ideatore della prospettiva, quindi Brunelleschi costruisce un meccanismo illusorio in cui il legnaiuolo pensa
di essere diventato un altro e negli esperimenti che fa Brunelleschi lui gli dice ‘se vuoi capire la regola di
prospettiva ti devi mettere dove l’ho dipinto io, altrimenti non cogli più quello che ho dipinto io’.
Ancora una volta Bruno usa la pittura per definire l’imperfezione, l’impossibilità di arrivare ad una soluzione
perfetta. Bruno rivendica la precarietà delle cose che fa.

Salto che feo il figlio del famoso defensor di troia:

Figlio che viene fatto volare: allusione ad Astianatte che viene buttato giù dai nemici

Bruno sta dicendo ‘se io mi fossi allontanato sarei finito in un baratro’> ironia

‘Benchè le cose dal vivo sono le cose più vere, talvolta una descrizione di una cosa pur non essendo perfetta
comunque ci può dare un’idea di quello che noi stiamo facendo’, quindi i suoi dialoghi sono una
riproduzione imperfetta e la metafora è in forte sintonia con quella della commedia e con l’immagine della
cena.

Bruno in un altro passo della cena rivendica l’importanza del punto di vista quando tu osservi un’opera
d’arte cioè della distanza necessaria che il pittore deve tenere dall’oggetto rappresentato.

Pag.263

Fa giusto come un pittore al qual non basta far un semplice ritratto…

Bruno dice che un quadro è una riproduzione parziale della realtà perché quando per esempio dipingo il
cielo offro un pezzo di cielo non tutto: le cose che facciamo sono un insieme di dettagli di alcune cose, ogni
riproduzione è sempre imperfetta, vedere la rappresentazione nella sua interezza è impossibile>la pittura è
una riproduzione.

L’imprecisione dei colori, l’inesattezza dei delineamenti sono quei principi che ispirano la filo di bruno e ne
mostrano l’imperfezione, una filo che non rivendica una vertà oggettiva o una riflessione prescrittiva da cui
traiamo delle regole. Questi tipi di ritratti esprimono la precarietà: come la commedia è un ‘barconaccio
scasciato’ quindi precario e provvisorio, alla stessa maniera i dialoghi di bruno sono precari e provvisori.

Nella cabala del cavallo pegaseo (penultimo dialogo) bruno ritorna sul tema del dettaglio e dice che non
possiamo dare un insieme perfetto del tutto:

Pag.263 Cabala asino

E se questa ragione non vi soddisfa dovete considerar che questa operetta contiene una descrizione…

Bruno dice che talvolta quel volto del ritratto è un dettaglio che può rappresentare il tutto, ma è un
dettaglio con limiti.

‘se io faccio una pittura dove vi offro dei dettagli, questa pittura per il fatto che è imperfetta, precaria,
comunque è una maniera per far cercare di capire alcune cose e quindi io non la disprezzo anche se non è
perfetta, perché l’imperfezione è comunque uno strumento per aiutarti a capire’.

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