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Esempi di “Terapie istantanee” – (Casi trattati dal dott.

Stefano Limontini, allievo del


prof. Elia Tropeano)
2007-12-02 22:12:00 Elia Tropeano

Stefano Limontini (novembre 2006, Novara)


Ero di turno in pronto soccorso e giunge alla mia osservazione la sig.ra M. Elisa (1979). Entra in ambulatorio seduta in carrozzina, con
un atteggiamento molto sofferente, pallida, occhi socchiusi, sguardo assente. Parla a fatica e si regge il capo con le mani. Riferisce di
soffrire abitualmente di cefalea e di aver consultato diversi “Centri Cefalea” ma senza mai aver trovato i motivi e nè la soluzione al
suo problema. Racconta che sono tre giorni che ha una cefalea e che la solita terapia non aveva sortito alcun effetto. Essendo sfinita
da un dolore ingravescente si presentava in pronto soccorso in cerca di aiuto. Mentre racconta la sua storia, non riesco ad osservare
con attenzione i movimenti dei suoi occhi in quanto, disturbata dalla luce dell’ambulatorio, li teneva chiusi. Decido quindi, con l’aiuto
di un’infermiera, di farla sdraiare sul lettino e le metto subito la mia mano dx sul suo torace e cerco di entrare in sintonia con la sua
respirazione. Attendo meno di un minuto e le tocco con la mia mano sin il suo braccio destro ed in pochi istanti mi rendo conto che è
perfettamente rilassata. L’infermiera di turno con me, comprendendo l’imminente “spettacolo” esce a chiamare un’altra collega che
voleva assistere al trattamento. Nel frattempo, chiedo alla paziente di immaginarsi vicino alla porta dell’ambulatorio e di vedersi
sdraiata sul lettino. Ci riesce. Le chiedo di rimpicciolire l’immagine e di allontanarla dolcemente e riferire l’effetto che fa sulla cefalea.
Ci riesce, e dice di stare meglio. Non contento, gliela faccio rimpicciolire e allontanare ancora di più. Sta ancora meglio, e nel dirmelo,
è stupita di quello che le sta capitando. Insisto e le chiedo di rimpicciolire e allontanare l’immagine sempre di più fino a farla svanire
in un lampo di luce calda e bellissima. Ci riesce e improvvisamente apre gli occhi, si mette seduta sul lettino guardandosi stupita
intorno. Dice di stare bene e continua a dirlo felice a se stessa. Si alza, sorride è felice. Continua a ripetere: “sto bene dottore, sto
bene. Non ho più nulla!” In quel momento entrano le infermiere e non credono ai loro occhi. Quella povera ragazza era entrata in
ambulatorio sofferente ed ora esce raggiante.

Ancora un caso trattato dal dott. Stefano


Questo è il mio primo caso che affronto e risolvo tra le mura di casa. L”altro giorno, mio figlio più grande, Luca, appena sveglio, mi
riferisce un dolore violento all”inguine dx. Il dolore è forte e fastidioso al punto tale che zoppica nel camminare e soprattutto, grande
fonte di dispiacere per lui, non sarebbe stato assolutamente in grado di fare la partita del campionato di pallacanestro prevista in
serata. Su mia richiesta mi racconta che durante l”allenamento di pallacanestro di ieri sera, si è stirato a livello dell”inserzione
prossimale del m. adduttore della coscia dx, ma da “caldo” il dolore era sopportabile e non ci aveva dato tanta importanza. Gli faccio
assumere una compressa di paracetamolo per permettergli di andare a scuola e gli prometto che gli avrei risolto il problema dopo
pranzo. Giunto il momento, svanito l”effetto del paracetamolo, faccio sdraiare a fatica Luca sul divano di casa. Eseguo una serie di
test per valutare la motilità consentita alla coscia e mi riferisce che il dolore all”inguine è insopportabile soprattutto nei movimenti
controresistenza in adduzione, ovviamente. Abbiamo a che fare con uno dei nemici peggiori di un atleta: la pubalgia! Non mi perdo
d”animo e chiedo a mio figlio di non preoccuparsi e di rilassarsi dolcemente. Metto subito la mia mano dx sul suo torace e cerco di
entrare in sintonia con la sua respirazione. Attendo qualche minuto e gli tocco con la mia mano sin il suo braccio destro e la fronte ed
in pochi istanti mi rendo conto che è perfettamente rilassato. Gli dico di provare ad immaginarsi vicino alla porta della cucina e di
vedersi sdraiato sul divano. Ci riesce, ma dice di fare fatica. Gli chiedo di rimpicciolire l”immagine e di allontanarla dolcemente e
riferire l”effetto che fa sul dolore. Ci riesce, ma mi conferma che fa fatica e che preferirebbe immaginarsi di essere sul soffitto della
stanza e di guardarsi dall”alto. Gli confermo che per me va bene e quindi di proseguire nell”esercizio di rimpicciolire e allontanare
l”immagine di se sul divano ancora di più. Ci riesce senza difficoltà e dice di stare decisamente meglio, e nel dirmelo, il suo sguardo è
decisamente stupito e incredulo. Insisto e gli chiedo di rimpicciolire e allontanare l”immagine sempre di più fino a farla svanire in una
bolla di sapone profumata e colorata e, quando la bolla si rompe, di risvegliarsi e tornare tra noi senza fretta. In poco tempo apre gli
occhi, si mette seduto sul lettino guardandosi intorno stupito. Non osa chiedere cosa e come sia potuto succedere, ma è felice perchè
non ha più dolore. Eseguo di nuovo i test di valutazione muscolare e anche nei movimenti di adduzione controresistenza non avverte
alcun dolore. In serata riesce a giocare la partita e non ha mai avuto alcun problema. …che soddisfazione!

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