rassomigli al mondo nel tuo atteggiamento d'abbandono.Il mio corpo di contadino selvaggio ti scavae fa saltare il figlio dal fondo della terra.Sono stato solo come una galleria. Da me fuggivano gli uccellie in me la notte entrava con la sua invasione possente.Per sopravvivermi ti ho forgiata come un'arma,come una freccia al mio arco, come una pietra nella mia fionda.Ma cade l'ora della vendetta, e ti amo.Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.Ah le coppe del petto! Ah gli occhi dell'assenza!Ah la rosa del pube! Ah la tua voce lenta e triste!Corpo di donna mia, persistero' nella tua grazia.La mia sete, la mia ansia senza limite, la mia strada indecisa!Oscuri fiumi dove la sete eterna continua,e la fatica continua, e il dolore infinito. Qui ti amo... Qui ti amo. Negli oscuri pini si districa il vento.Brilla la luna sulle acque erranti.Trascorrono giorni uguali che s'inseguono.La nebbia si scioglie in figure danzanti.Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto.A volte una vela. Alte, alte stelle. O la croce nera di una nave.Solo.A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.Suona, risuona il mare lontano.Questo è un porto.Qui ti amo.Qui ti amo e invano l'orizzonte ti nasconde.Ti sto amando anche tra queste fredde cose.A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,che corrono per il mare verso dove non giungono.Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.I moli sono più tristi quando attracca la sera.La mia vita s'affatica invano affamata.Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante.La mia noia combatte con i lenti crepuscoli.Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi.La luna fa girare la sua pellicola di sogno.Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.E poiché io ti amo, i pini nel ventovogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico. La canzone disperataIl tuo ricordo emerge dalla notte in cui sono.Il fiume riannoda al mare il suo lamento ostinato.Abbandonato come i moli all'alba.È l'ora di partire, oh abbandonato!Sul mio cuore piovono fredde corolle.Oh sentina di rifiuti, feroce tana di naufraghi!In te si accumularono le guerre e i voli.Da te innalzarono le ali gli uccelli del canto.Tutto hai inghiottito, come la lontananza.Come il mare, come il tempo. Tutto in te fu naufragio!Era l'ora felice dell'assalto e del bacio.L'ora dello stupore che ardeva come un faro.Ansietà di nocchiero, furia di palombaro cieco, torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio!Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita.Scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!Tiattaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio.Ti abbatté la tristezza, tutto in te fu naufragio!Feci retrocedere la muraglia d'ombra, andai oltre il desiderio e l'atto.Oh carne, carne mia, donna che amai e persi, te, in quest'ora umida, evoco e canto.Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza,e l'infinito oblio t'infranse come una coppa.Era la nera, nera solitudine delle isole,e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia.Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta.Erano il dolore e le rovine, e tu fosti il miracolo.Ah donna, non so come hai potuto contenerminella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia!Il mio desiderio di te fu il più terribile e corto,il più sconvolto ed ebbro, il più teso e avido.Cimitero di baci, c'è ancora fuoco nelle tue tombe,ancora ardono i grappoli sbeccuzzati d'uccelli.Oh la bocca morsa, oh le baciate membra,oh gli affamati denti, oh i corpi intrecciati.Oh la copula pazza di speranza e di vigorein cui ci annodammo e ci disperammo.E la tenerezza, lieve come l'acqua e la farina.E la parola appena incominciata sulle labbra.Questo fu il mio destino e in esso viaggiò il mio anelito,e in esso cadde il mio anelito, tutto in te fu naufragio!Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva,che dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca.Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti.In piedi come un marinaio sulla prua di una nave.Ancora fioristi in canti, ancora prorompesti in correnti.Oh sentina di rifiuti, pozzo aperto e amaro.Pallido palombaro cieco, sventurato fromboliere,scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!È l'ora di partire, la dura e fredda orache la notte lega ad ogni orario.Il cinturone rumoroso del mare cinge la costa.Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli.Abbandonato come i moli nell'alba.Solo l'ombra tremula si contorce nelle mie mani.Ah più in là di ogni cosa. Ah più in là di ogni cosa. È l'ora di partire. Oh abbandonato! Come una marea... È come una marea, quando lei fissa su mei suoi occhi neri,quando sento il suo corpo di creta bianca e mobiletendersi e palpitare presso il mio,è come una marea, quando lei è al mio fianco.Disteso davanti ai mari del Sud ho visto arrotolarsi le acque ed espandersi incontenibilmentefatalmentenelle mattine e nei tramonti.Acqua delle risacche sulle vecchie orme, sulle vecchie tracce, sulle vecchie cose, acqua delle risacche che dalle stelle s'apre come una rosa immensa, acqua che va avanzando sulle spiagge come una mano ardita sotto una veste, acqua che s'inoltra in mezzo alle scogliere, acqua che s'infrange sulle rocce, e come gli assassini silenziosa, acqua implacabile come i vendicatori acqua delle notti sinistresotto i moli come una vena spezzata, o come il cuore del marein una irradiazione tremante e mostruosaÈ qualcosa che dentro mi trasporta e mi cresceimmensamente vicino, quando lei è al mio fianco,e come una marea che s'infrange nei suoi occhie che bacia la sua bocca, i suoi seni, le mani.Tenerezza di dolore e dolore d'impossibile, ala dei terribiliche si muove nella notte della mia carne e della sua come un'acuminata forza di frecce nel cielo.Qualcosa d'immensa fuga, che non se ne va, che graffia dentro, qualcosa che nelle parole scava pozzi tremendi, qualcosa che, contro tutto s'infrange, contro tutto, come i prigionieri contro le celle!Lei, scolpita nel cuore della notte, dall'inquietudine dei miei occhi allucinati, lei, incisa nei legni del boscodai coltelli delle mie mani, lei, il suo piacere unito al mio, lei, gli occhi suoi neri, lei, il suo cuore, farfalla insanguinatache con le due antenne d'istinto m'ha toccato!Non sta in questo stretto altopiano della mia vita! È come un vento scatenato!Se le mie parole trapassano appena come aghi dovrebbero straziare come spade o come aratri! È come una marea che mi trascina e mi piega, è come una marea, quando lei è al mio fianco! Sento la tua tenerezza...Sento la tua tenerezza avvicinarsi alla mia terra,spiare lo sguardo dei miei occhi, fuggire,la vedo interrompersi, per seguirmi fino all'oradel mio silenzio assorto, della mia ansia di te.Ecco la tua tenerezza d'occhi dolci che attendono.Ecco la tua bocca, parola mai pronunciata.Sento che mi sale il muschio della tua penae mi cresce tentoni nell'anima infinita.Questo era l'abbandono, e lo sapevi,era la guerra oscura del cuore e tutto,era il lamento sprezzato di angosce commosse,e l'ebbrezza, e il desiderio, e il lasciarsi andare,ed era questo la mia vitaera questo che l'acqua dei tuoi occhi portava,era questo che stava nel cavo delle tue mani.Ah, farfalla mia e voce di colomba,ah coppa, ah ruscello, ah mia compagna!Il mio richiamo ti raggiunse, dimmi, ti raggiungevanelle ampie notti di gelide stelleora, nell'autunno, nella danza gialladei venti affamati e delle foglie cadute!Dimmi, ti giungeva,ululando o come, o singhiozzando,nell'ora del sangue fermentatoquando la terra cresce e vibra palpitandosotto il sole che la riga con le sue code d'ambra?Dimmi, m'hai sentitoarrampicarmi fino alla tua forma per tutti i silenzi,per tutte le parole? Mi son sentito crescere. Mai ho saputo verso dove.Al di là di te. Lo capisci, sorella?Il frutto s'allontana quando arrivan le mie manie rotolano le stelle prima del mio sguardo.Sento che sono l'ago di una freccia infinita,che penetra lontano, mai penetrerà,treno di umidi dolori in fuga verso l'eterno,gocciolando in ogni terra singhiozzi e domande.Ma eccola, la tua forma familiare, ciò ch'è mio,il tuo, ciò ch'è mio, ciò ch'è tuo e m'inonda,eccola che mi empie le membra di abbandono,eccola, la tua tenerezza,che s'attorce alle stesse radici,che matura nella stessa carovana di frutta,ed esce dalla tua anima spezzata sotto le mie ditacome il liquore del vino dal centro dell'uva. Chi muore (Ode alla vita) Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,chi non cambia la marcia, chi non rischiae cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.Lentamente muore chi fa della televisione il suo guru.Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisceil nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni,proprio quelle che fanno brillare gli occhi,quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro,chi non rischia la certezza per l'incertezza,per inseguire un sogno,chi non si permette almeno una volta nella vitadi fuggire ai consigli sensati.Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica,chi non trova la grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare.Muore lentamente chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce .Evitiamo la morte a piccole dosi,ricordando sempre che essere vivirichiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità. OVERDRIVE® Leading the World of eBooks This eBook was created using eBookExpress by OverDrive, Inc. For more information about OverDrive's eBook tools and services visit www.overdrive.com. "We make .lit happen!"sm