CInque sensi mess’on pegno ciascun d’esser el più breue;
la lor delectanza leue ciascun briga breuiare. Emprima parla l’audito: i’ ò l pegno guadagnato; lo sonar ch’aio audito dal mi organo è fugato;4 en un ponto fo l toccato & nulla cosa n’à tenere; però ue douerìa piacere la sententia a me dare. Lo uiso dice: non currite, ch’i’ ho uenta la sentenza; le forme & color che uide, chiusi li occhi & fui en perdenza;8 or uedete l’armagnenza co fo breue abreuiata! la sentenza a me sia data non me par da dubitare. Lo gusto sì dà l libello demostrando sua ragione: la mia breuetà passa, questo non è questione;12 a l’entrar de la magione doi deta fo l passaio et lo delectar que n’aio che passò co somniare. L’odorato sì demostra lo breue delectamento: d’oltra mar uenner le cose per hauer mio piacemento,16 spese grande con tormento ce uedete che fuor facte; qual me ne remaser parte uoi lo potete iudicare! Lo tacto luxurioso ce uergogna d’apparire, lo delecto puteglioso lo uergogna proferire,20 or uedete l uil piacere quegno prezo ci à lassato! un fetor exterminato ch’è uergogna mentouare. Non fia breue lo penare1 ch’à sì breue delectanza; longo sirìa a proferire lo penar esmesuranza;24 homo, uedi questa usanza ch’è un ioco di guirmenella; posta ci ài l’anima bella per un tracto che uoi fare. [p. 12 modifica]
Anema mia, tu sè eterna, eterno uoi delectamento;
li sensi et lor delectanza uedi senza duramento;28 a Dio fa tuo salimento, esso sol te può empire; loco el ben non sa finire, ché eterno è l delectare.