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POESIA 3

De cinque sentimenti.                     .v.

     CInque sensi mess’on pegno       ciascun d’esser el più breue;


     la lor delectanza leue       ciascun briga breuiare.
Emprima parla l’audito:       i’ ò l pegno guadagnato;
     lo sonar ch’aio audito       dal mi organo è fugato;4
     en un ponto fo l toccato       & nulla cosa n’à tenere;
     però ue douerìa piacere       la sententia a me dare.
Lo uiso dice: non currite,       ch’i’ ho uenta la sentenza;
     le forme & color che uide,       chiusi li occhi & fui en perdenza;8
     or uedete l’armagnenza       co fo breue abreuiata!
     la sentenza a me sia data       non me par da dubitare.
Lo gusto sì dà l libello       demostrando sua ragione:
     la mia breuetà passa,       questo non è questione;12
     a l’entrar de la magione       doi deta fo l passaio
     et lo delectar que n’aio       che passò co somniare.
L’odorato sì demostra       lo breue delectamento:
     d’oltra mar uenner le cose       per hauer mio piacemento,16
     spese grande con tormento       ce uedete che fuor facte;
     qual me ne remaser parte       uoi lo potete iudicare!
Lo tacto luxurioso       ce uergogna d’apparire,
     lo delecto puteglioso       lo uergogna proferire,20
     or uedete l uil piacere       quegno prezo ci à lassato!
     un fetor exterminato       ch’è uergogna mentouare.
Non fia breue lo penare1       ch’à sì breue delectanza;
     longo sirìa a proferire       lo penar esmesuranza;24
     homo, uedi questa usanza       ch’è un ioco di guirmenella;
     posta ci ài l’anima bella       per un tracto che uoi fare.
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Anema mia, tu sè eterna,       eterno uoi delectamento;


     li sensi et lor delectanza       uedi senza duramento;28
     a Dio fa tuo salimento,       esso sol te può empire;
     loco el ben non sa finire,       ché eterno è l delectare.

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