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LA FABBRUICA DELLE IDEEE

INTRODUZIOENE

Pensiamo che questa categoria – la quantità – sia l’espressione di una relazione fra
elementi comparabili e quindi, necessariamente, una qualità. Il quantitativo, per noi,
è qualitativo, ovvero: una qualità fra misure differenti; dunque, affronteremo la nostra
ricerca sull’educazione dell’intelligenza secondo un approccio qualitativo.
Cercheremo di studiare l’intelligenza e la sua educazione a partire dai processi
mentali.
Nella proposta del nostro autore le idee rappresentano questioni più di forma che di
sostanza e sono sostanzialmente delle costruzioni interdipendenti e interattive.
Studiare il campo cognitivo, ovvero quello spazio ove agisce l’intelligenza, implica
esplorare le categorie epistemiche degli ambienti di apprendimento e di
conseguenza il contesto, la cultura, la storia ma soprattutto il carattere relazionale e
dinamico attraverso cui le conoscenze, vengono costruite e interpretate.
La ricerca
Lo sfondo epistemologico è di tipo ermeneutico e l’approccio metodologico
conseguente; in quanto applicazione normativa della citata epistemologia, è
qualitativo. Abbiamo adottato un metodo induttivo mediante il quale abbiamo
osservato in che modo le condotte egocentrico che ostacolano i processi cognitivi.
L’obiettivo è di elaborare delle idee su come educare i soggetti in età evolutiva per
valorizzare le loro potenzialità intellettive e su come intervenire al fine di superane le
criticità. La proposta è nella costruzione di una conoscenza che educhi al pensiero
connettivo, attraverso il senso metacognitivo di procedure, codici, approcci. Infatti,
più il soggetto è consapevole dei propri apprendimenti in termini di processi, più è in
grado di decidere quali siano le procedure più efficaci.
Cosa significa apprendimento? Fare esperienze e ristrutturarle. Esistono
apprendimenti strutturati, come quelli scolastici ma anche apprendimenti spontanei
dei quali in gran parte non siamo consapevoli. Gli uni e gli altri lavorano in quella
meravigliosa fabbrica di idee che è l’intelligenza.
La metacognizione, di conseguenza, designa tanto i meccanismi di regolazione
quanto quelli di controllo dell’attività cognitiva. Lo scopo di questa ricerca è di aiutare
docenti e studenti ad essere con sapevoli dei propri stati mentali, cosa che
comprende anche la conoscenza dell’emozione e del sentimento. Il pensiero agisce
nella fantasia come nella ragione. Ma il pensiero oltre che con le parole simboli, con
i suoni, lavora anche con le immagini e addirittura con sensazioni ed emozioni. Lo
spazio dove agisce l'intelligenza e il campo cognitivo. noi ci occupiamo
dell'epistemologia della formazione.
Il problema
Bisogna osservare come i comportamenti egocentrici s degli studenti sono sempre
più frequenti prisma intendiamo la tendenza “prepotente” a subordinare la realtà al
proprio io. Questa postura, che è cognitiva e morale ad un tempo, porta ad errori di
valutazione, induce, a pensare che tutti debbano avere gli stessi nostri valori e le
stesse convinzioni. Se questo è normale nei bambini, che tuttavia devono essere
educati ad assumere atteggiamenti via via più responsabili, è patologico nei giovani
e negli adulti. La cosa ha evidenti conseguenze sul piano dei processi di costruzione
della conoscenza, perché porta il soggetto a guardare al mondo solo in relazione a
sé on mancano le conseguenze etiche dal momento che il soggetto è portato a
prescindere dall’esistenza degli altri. Nel primo caso abbiamo una postura
gnoseologica nel secondo un approccio etico egoista. L'adulto egocentrico e spesso
un narcisista che ritiene di meritare di essere superiore allenarmi sociali, morali,
giuridiche che gli altri devono rispettare. A certi livelli l'ipertrofia dell'io può
rappresentare un disturbo della personalità solo un fenomeno sociale è anche e
soprattutto un problema cognitivo.
L’egocentrismo è inversamente proporzionale all'intelligenza. Con la crescita
l’egocentrismo dovrebbe diminuire per lasciare all'intelligenza un più ampio campo
di azione il centrismo non consente al soggetto di giungere al massimo livello del suo
sviluppo potenziale. Il perdurare di un egocentrismo disfunzionale dipende molto
anche dall'educazione che i bambini ricevano dalla famiglia e nell'istruzione. La
proposta e nell'esercizio di un pensiero che contrasti l’egocentrismo.
Per intelligenza si intende con la facoltà emergente della mente che consente di
immagazzinare l'esperienza virgola di elaborare delle immagini mentali virgola di
riorganizzare i dati in schemi mentali virgola di modificare schemi in seguito a nuove
conoscenze. I soggetti che soffrono di dipendenza da Internet normalmente
manifestano un pensiero poco fluido non flessibile un linguaggio povero.

CAPITOLO 1: LA MENTE
1.1 L’educazione della mente
La proposta educativa verte su un processo di coscientizzazione degli Stati della
mente ai fini di promuovere una competenza metacognitiva, Ovvero la presa di
consapevolezza dell'esistenza dei nostri Stati della Mente e il loro ruolo nella
costruzione della conoscenza.
Secondo Gregory batson la mente appare come una sorte di ecosistema, è un
sistema di elementi interagenti che operano in senso relazionale. La competenza
è una conoscenza fondamentale che accede ad una serie di acquisizioni e che di
conseguenza ha una valenza metacognitiva. Il nodo cruciale di una formazione
degli insegnanti e valorizzare i talenti dei propri studenti. La lavora con contenuti,
metodi, strategie. Aiutare i bambini a mentalizzare i propri processi cognitivi
significa educarli a porre in relazione di significato apprendimenti, emozioni valori,
desideri e credenze. La mente è ciò che accade nella relazione fra il cervello e
l'ambiente. Si tratta di un insieme di processi interattivi che coinvolgono
l'attenzione, la cognizione, la memoria, gli affetti, le sensazioni, le emozioni e i
loro sentimenti. E in questo spazio che si costruiscono le conoscenze e con essa
anche l'intelligenza.

La filosofia della mente nasce e si sviluppa all'interno degli studi di filosofia


analitica nel corso del 900. La filosofia del linguaggio è una delle componenti più
ampie della filosofia della mente.
La TRMC, cioè la teoria rappresentazional-computazionale della mente di Fodor.
A suo tempo allievo di Chomsky, Fodor approda ad un modello psicologico
funzionalista che ha il suo fulcro nell’idea che gli stati men tali siano parti di
computazioni e queste siano mosse da rappresentazioni. La mente
funzionerebbe per moduli indipendenti in grado di operare come solutori di
problem solving.17 Essi rappresentano meccanismi computazionali che
elaborano dati provenienti dai sistemi precettivi (visivo, uditivo, tattile, ecc.),
operano con modalità fisse e forniscono informazioni ai processi cognitivi centrali.

Che cos’è la coscienza? Varela afferma con sicurezza che la coscienza “non è
nella testa” e per esprimersi ha bisogno della presenza di tre fenomeni che hanno
forma ciclica: il corpo, il mondo e gli altri esseri viventi.

1.2 La scienza della Coscienza


L’intuizione è una facoltà umana che agisce nel quotidiano spesso con elementi
di creatività. Lo studio fenomologico della coscienza, di conseguenza, non vuole
opporre il soggettivo all'oggettivo ma va alla ricerca di una loro correlazione.
L’educazione, quindi, esalta la dimensione tras-formativa dell’esperienza.
Potremmo dire che la cognizione si riferisce al sapere del soggetto, o, meglio, alla
struttura concettuale e alla organizzazione dei significati e delle competenze. In
estrema sintesi: delle idee e della loro messa in opera. Dove? Nei campi cognitivi,
i quali abitano la mente.

CAPITOLO 2 IL CAMPO COGNITIVO

2.1 Quel campo da seminare


Bourdieu ci spiega bene che pensare in termini di “campo” significa ragionare in
maniera relazionale, in tal modo, la sua riflessione ci spinge a descrivere il campo
come una configurazione di relazioni in un movimento strutturato secondo una
logica.

Cosa si intende per “campo cognitivo”? Un campo, ovvero uno spazio delimitato
e organizzato secondo una sua struttura dinamica, processuale e relazionale.
Cosa succede in questo campo? Qui vi agiscono i processi conoscitivi e così
facendo lo strutturano.
Insomma, il campo non è solo spazio è anche appunto struttura. La struttura è
tale se ha una logica che la sostiene e che le dà identità perché la definisce. Il
campo quando è cognitivo è spazio e struttura della conoscenza. La conoscenza
svolge un ruolo di mediazione fra il soggetto che conosce e il mondo. La
Conoscenza ha a che vedere con la relazione di tali processi con il nostro sé
cognitivo, ovvero con la percezione consapevole e non, che abbiamo sia del
nostro campo cognitivo sia delle nostre potenzialità di acquisizione, elaborazione,
invenzione. Il sé cognitivo riguarda il dominio concettuale, ovvero di quel luogo
dove operano le nostre rappresentazioni mentali. Si tratta dello spazio che occupa
la memoria a lungo termine.
A scuola è molto importante nei meccanismi di ottimizzazione dell'apprendimento,
perché può aiutare ad organizzare contenuti. L’esplorazione e l’approfondimento
del senso del sé aiuta a strutturare le conoscenze, ad organizzare reti associative,
ad aumentare i nessi di significazione, a sedimentare il tutto nella memoria. Per
questo motivo la conoscenza metacognitiva dovrebbe essere un obiettivo
educativo di primaria importanza, nella formazione degli insegnanti come
negli apprendimenti scolastici.
Il simbolo, strumento di organizzazione dell’esperienza umana, può generare
molteplici significati insieme ad altri simboli la cui combinazione a sua volta
produce metafore. La metafora è uno strumento della conoscenza3 e può
diventare una strategia di pensiero se ne abbiamo piena consapevolezza.
La logica cosiddetta formale ci aiuta a risolvere i problemi, ma è la metafora che
ne sintetizza la tensione esistenziale. Eppure, esiste un contatto fra logica formale
e attività metaforica: la congettura. La congettura è al cuore tanto dell’impresa
scientifica come della produzione metaforica. La congettura è esercizio di
pensiero in entrambi i casi. La metafora si alimenta di immaginazione che è
l’ambito privilegiato della creatività. L'immaginazione è il terreno della curiosità,
dobbiamo incitare l'immaginazione dei nostri studenti dobbiamo dissuaderli dal
cercare i manuali di facili istruzioni.

Il sé cognitivo si definisce attraverso l’atteggiamento che il soggetto nutre verso


l’apprendimento, le relative motivazioni, l’immaginario che attiene alla
conoscenza, le fantasie, i desideri, le aspettative di gratificazione o meno sul
raggiungimento degli obiettivi di conoscenza, le emozioni, i sentimenti, la capacità
di discernimento, la fantasia, la creatività, i protocolli, tutto ciò e forse altro ancora,
ma... tutto ciò “consapevolmente” e non. L’ambito della non consapevolezza è
quello che non possiamo raccontare nella biografia del sé cognitivo e non
possiamo raccontarlo perché cade sotto la soglia della consapevolezza, appunto.
Forse potremo definirlo come una sorta di inconscio cognitivo.
Lo stile cognitivo può essere modificato tanto dalle circostanze ambientali quanto
dalle scelte educative, dal momento che esiste una correlazione. Alcune persone,
per esempio, possono essere maggiormente influenzabili dal contesto in cui si
trovano e adattarsi, più facilmente di altri, a specifiche sollecitazioni.
Lo stile cognitivo, dunque ha molto a che vedere con il tipo di memoria che
privilegiamo. n atteggiamento tendenzialmente impulsivo di elaborazione delle
informazioni normalmente si associa ad una maggiore flessibilità mentale e a
bassi tempi decisionali. Viceversa, una tendenza di tipo riflessivo solleciterà il
soggetto a pianificare con maggiore lentezza le decisioni e le valutazioni. Costui
infatti, diversamente dal soggetto impulsivo, tende ad esaminare i dati disponibili.

Il segreto di un vincente consiste nel saper muoversi fra gli stili cognitivi. E questo
è possibile quando non siamo esclusivamente centrati su di noi e sul nostro
meraviglioso modo di essere e di pensare.
Gli stili cognitivi possono essere influenzati dal contesto culturale, dai
comportamenti, dai valori.
In tutto ciò le sensazioni, le emozioni e i sentimenti svolgono un ruolo cruciale
perché agiscono sull’intuito e sulla creatività. L’intuizione lavora attraverso una
sorta di salti mentali che portano ad associazioni impreviste. E queste operazioni
che nasce la creatività.

Gli stili cognitivi non sono una questione di eleganza, ma sì, di estetica, nel senso
batesoniano del termine. Per Bateson, è lo studio dei processi attraverso i quali
la bellezza viene riconosciuta e creata. La proposta dello studioso postula la
necessità di costituire una sorta di ecologia delle idee, ossia una riflessione sulle
relazioni tra l’uomo e il sistema in cui vive. Questa ecologia delle idee mira ad
ottenere una saggezza sistemica, ossia quella consapevolezza epistemologica
che dovrebbe permetterci di capire cosa è un’idea, come pensiamo e come
possiamo ottimizzare il nostro agire riflessivo.

2.2 L’intelligenza ignorante


Gli stili cognitivi incidono sui nostri approcci ai problemi, le strategie della
conoscenza, le scelte di vita appunto gli stili cognitivi hanno a che vedere con gli
errori, i talenti, le criticità. Agli studenti non interessa come nascono le idee e che
ruolo svolgono nella risoluzione dei problemi punto i nostri stili cognitivi
condizionano i comportamenti, i quali agisce sui modi con cui apprendiamo virgola
che sono essi stesso comportamenti.

Cyberbullismo e bullismo sono situazioni molto frequenti nelle quali si evidenzia


una grave carenza di competenze empatiche, la quale incide negativamente nei
processi di strutturazione della personalità così come sulle modalità di
apprendimento. Per affrontare i problemi della vita adolescenziale occorre essere
freddi e distaccati, ne consegue che è altrettanto importante essere freddi e
distaccati nello studiare, nel conoscere, nell’imparare cose nuove. Molto spesso
questi studenti manifestano alcuni disturbi dell’attenzione, iperattività,
aggressività e tendenza alla sopraffazione che possono essere di ostacolo ai
processi di simbolizzazione sottesi a tali comportamenti.
È nel campo cognitivo che agiscono gli strumenti di orientamento più o meno
critico nel mondo, la capacità di intercettare i problemi, di studiare prassi di
avvicinamento e indagine, di definirne i contenuti e di elaborare strategie di
fronteggiamento, metodi di risoluzione. Nei casi di bullismo, pertanto, è utile
elaborare una proposta formativa volta al potenziamento dei processi di
simbolizzazione. È nel campo cognitivo che si giocano le nostre chance di essere
felici ed è qui che individuiamo e ce li hanno le nostre opzioni etiche.

Processi di bullismo, di mobbing o di molestie morali, l’egocentrico è incapace di


intercettare tutte le possibilità di scelta e poi, ancor di più, di prendere in
considerazioni punti di visuale differenti dai suoi. L’egocentrico non sta alle regole,
quelle sono per le persone normali, i “sudditi”. La consequenzialità, il rigore logico,
la capacità di prendere in considerazione differenti punti di vista, di prevedere le
conseguenze dei nostri comportamenti e i riverberi che questi hanno sui contesti
di vita, sono norme adatte per soggetti comuni. Queste sono alcune regole
fondamentali attraverso le quali l’intelligenza si esercita. Gli egocentrici non le
vedono neppure a meno che non siano obbligati a farlo. Come? Sgonfiando
almeno un po’ il loro ego. Il pensiero intelligente è connettivo, relazionale,
processuale.

2.3 L’egocentrismo disfunzionale


Gli egocentrici non sanno immaginarsi se non nell’esercizio gratificante della
propria stolida arroganza. l campo infinito dei social, invece, solletica ed esalta
quel narcisismo che è parente stretto dell’ego centrismo, nella richiesta perenne
di raccontare sé stessi, nel voyerismo con cui spiamo la quotidianità esibita degli
altri. Sin da piccoli si rafforza un egocentrismo infantile, cioè sempre più
inadeguato ad orientarsi nel mondo e a comprendere le relazioni. i giovani
fraintendono un sapere veloce comodo e di immediato riscontro: quello che la rete
sembra permettere.

2.4 Gli stili cognitivi


Un sapere digitale on richiede elaborazione, ragionamento, memoria. In realtà le
informazioni che internet ci fornisce sono utili solo se conosciamo i ragionamenti
su cui tali informazioni si basano. Costruiscono un pensiero che non è più
strutturato, sequenziale ma vago e generico.

CAPITOLO 3 L’EDUCAZIONE DELL’INTELLIGENZA

3.1 Le patologie di oggi


Questa patologia, come abbiamo visto, porta a quello che abbiamo chiamato
egocentrismo disfunzionale, cioè ad una sorta di regressione comportamentale,
e dunque mentale, verso comportamenti infantili sia dal punto di vista sociale che
cognitivo in un’età nella quale si dovrebbe avere consolidato un pensiero più
maturo, un’intelligenza più relazionale, una consapevolezza empatica maggiore.
La comunicazione sincopata, di chat e sms, il pescaggio nella rete di informazioni
frammentate, consumate all’istante e presto dimenticate, il bombardamento
continuo di notizie, dati e immagini mai verificabili e spesso contraddittori.
La costruzione dei simboli abitua il pensiero a tracciare i passaggi dal la
percezione dell’esperienza contingente alla conoscenza, cioè alla
sua elaborazione mentale. Qui, in questa elaborazione in cui il sapere si sedi
menta, fioriscono le metafore, il riconoscimento degli altri, il senso del sé,
l’appartenenza ad una comunità. Nei social quello che conta è essere visibili,
l’autenticità della persona non conta nulla. E così si stabilisce un rapporto con il
mondo che è mercenario perché l’individuo ricava un senso del sé in
quell’autostima che gli deriva dal moltiplicare i link che lo riguardano, dal suscitare
ammirazione, dal possedere più oggetti, sempre diversi. In tal modo la società
contemporanea elabora la sua implicita pedagogia sociale: gonfiando a dismisura
l’ego dei suoi stolti consumatori.

3.2 La fabbrica meravigliosa


Si definisce l'intelligenza come facoltà emergente della mente. E in effetti, quello
che caratterizza la mente è proprio l’Intelligenza, ovvero, la sua tensione
nell’individuare e costruire nessi di significato. Goleman9 introduce il concetto di
Intelligenza emotiva, che viene individuata nella capacità di essere consapevole
delle proprie emozioni, di controllarne gli impulsi e di empatizzare con gli altri.
L’attività della mente dalla quale emerge l’intelligenza consiste nell’interagire di
pensieri, emozioni, istinti, ricordi, sensazioni, stimoli sensoriali. Il pensiero più
intelligente è quello che agisce nel modo più solidale: il meno egocentrico, per
intenderci. L’Intelligenza, quindi, è una particolare funzione del pensiero, che
consiste nello stabilire relazioni di significato, nessi logici, collegamenti di ogni
tipo.

La conoscenza che in tal modo l’intelligenza costruisce ha il compito di


selezionare i dati salienti della realtà con cui viene a contatto e di organizzarne
una rappresentazione mentale. Selezione e organizzazione sono due funzioni
importanti dell’intelligenza. Lo scopo, naturalmente, è quello di orientarci nel
mondo, di interpretarlo in modo efficace.
La mente è dinamica: cioè percepisce e, nel mentre, interpreta la realtà.
L’intelligenza, che nel frattempo è entrata in funzione, elabora le esperienze che
la mente attiva in contatto con l’ambiente, e apprende. Nel mentre che apprende,
organizza la sua conoscenza del e sul mondo. Così nasce e si evolve il sé
cognitivo: nell’interazione con il mondo, grazie all’intelligenza, alla funzionalità
strutturale dei suoi spazi: i campi cognitivi. Ed è per questo motivo che sono assai
più efficaci quelle didattiche che sanno associare i contenuti dell’insegnamento ai
significati esistenziali della persona.
Come possiamo imparare meglio? Costruendo linee di azione cognitive secondo
il principio della coerenza, identificando elementi di rinforzo tanto nelle proprie
risorse quanto in quelle sociali di incoraggiamento e di valorizzazione. È
l'intelligenza che costruisce conformazioni strutturate di strategie e idee.

3.3 L’intelligenza competente


L'educazione aiuta a modificare il modo di pensare e qualche volta di cambiare
anche le idee.
Cosa deve fare un’intelligenza competente? Deve saper attivare le conoscenze
pregresse per ovviare a quelle abitudini cognitive che rappresentano un ostacolo
alla soluzione dei problemi.
Qualsiasi apprendimento è una costruzione perché opera un cambiamento nella
configurazione delle rappresentazioni mentali come nel loro arricchimento. Nel
frattempo, la mente attiva un processo di rappresentazione che consente al
bambino di trasferire il segno al suo significato e dunque alla realtà che
rappresenta. Tali concettualizzazioni lo aiuteranno poi a rappresentare, e quindi
a de finire, esperienze che via via si allontanano dalla situazionalità concreta e
contingente. Per attivare tale competenza sia importante avviare processi
metacognitivi, ovvero aiutare gli studenti ad elaborare cambia menti mentali
consapevoli.
Dal punto di vista didattico, per favorire una competenza metacognitiva gli
insegnanti potrebbero per esempio avviare gli studenti a diversi modi di concepire,
descrivere e studiare un argomento previsto dal programma.

Quali sono i fattori che determinano una configurazione di idee? Per esempio, nei
casi migliori: il ragionamento, nei casi peggiori: il bombardamento di fake news.
Nel primo caso il soggetto elabora una configurazione di idee sulla base della
logica consequenziale. Nel secondo caso le condizioni e i dati di rassicurazione
fanno leva maggiormente sull’emozionalità.

3.4 L’allestimento dei contesti educativi


Educare l’intelligenza significa quindi allestire contesti che promuovano la
cognizione attraverso interventi mirati. Un primo passo di questo allestimento è
nell’analisi dei campi cognitivi dei nostri studenti attraverso l’osservazione dei loro
comportamenti tanto sul piano sociale quanto su quello cognitivo. Il fine è
nell’acquisizione di quella competenza che consente di trasferire l’apprendimento
ad altri contesti e ad altri fini.
Obiettivi educativi:
L’auto-interpretazione, ovvero la capacità di monitorare abitudini, tendenze,
capacità e di modificare i propri comportamenti tanto sul piano sociale come su
quello cognitivo. Questo obiettivo consente al soggetto di comprendere la
relazione costitutiva fra emozione e cognizione.
La capacità e la fiducia nella propria modificabilità è la logica conseguenza del
raggiungimento del primo obiettivo e si realizza.
La capacità di stabilire dei nessi fra le parti di un contesto di significati e il tutto.
Il che comporta un innalzamento del livello di rappresentazione mentale dei propri
apprendimenti.

Questi 4 obiettivi tutti insieme favoriscono l’emancipazione da quell’egocentrismo


che abbiamo definito disfunzionale.
La motivazione è alla base del desiderio di educare la propria intelligenza,
evidentemente. Abbiamo potuto osservare che i soggetti egocentrici sono quelli
che hanno meno motivazione al cambiamento.

3.5 Tirando le fila del discorso


Bateson ci avvisa di due punti fermi della propria riflessione: la prima è che le idee
e, con esse, i processi mentali sono questioni più di forma che di sostanza e il
secondo è che le idee non si apprendono, si costruiscono.

Le idee sono i contenuti della mente fabbricati dall’intelligenza.

La via narrativa, per la sua caratterizzazione ermeneutica e ludica, è la più


indicata per la prima infanzia perché consente di interpretare la relazione con la
differenza in maniera che possiamo definire, “naturale”.
Le narrazioni attivano la costruzione di schemi relazionali che aiutino il bambino
ad emanciparsi progressivamente dal proprio egocentrismo. Ciò favorisce
l’elaborazione di una immagine di sé più articolata e, via via, meno autocentrata.
La letteratura dedicata ai più piccoli li aiuta nell’arricchire il loro linguaggio con
significati, suoni e formule differenti.

L’egocentrismo disfunzionale fissa i comportamenti del soggetto in un’attenzione


tutta concentrata sull’io e sul tempo breve, cosa che è normale, appunto, nei
bambini molto piccoli. In costoro, l’egocentrismo è funzionale ai processi di
crescita ed è con un’educazione che, a poco a poco, li rende competenti che essi
apprendono la pluralità dei punti di vista e la complessità della vita, insieme alla
conquista della propria autonomia.

L’educazione dell’intelligenza consiste, allora, nella consapevolezza di come


avviene quella manipolazione di simboli che genera nuove rappresentazioni
mentali dell’esperienza. Una manipolazione che, attraverso la conoscenza, ci
aiuta ad interpretare il mondo; perché la conoscenza, nella nostra proposta
formativa è essenzialmente interpretazione.
L’educazione e la scuola hanno questo compito: di aiutare i nostri giovani
interlocutori a scoprire e far agire i propri talenti, affinché si realizzino come
persone. E questo è un altro fine dell’educazione: la felicità che supera
nell’egoismo egocentrico l’esaltazione del sé in un noi di condivisione. La felicità,
come l’amore e la conoscenza attengono all’epistemologia, ed è per questo che
lo studio della conoscenza non può non avere risvolti esistenziali.

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