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Jules Verne

GLI AMMUTINATI
DEL «BOUNTY»
Titolo originale dell’opera
LES RÉVOLTÉS DE LA «BOUNTY»
(1879)

Traduzioni integrali dal francese di MARO ZANI


Prima edizione: 1984
Proprietà letteraria e artistica riservata - Printed in Italy © Copyright 1984 U. MURSIA & C.

2668/AC - U. MURSIA & C. - Milano - Via Tadino, 29


PRESENTAZIONE

Questo riadattamento della celebre vicenda del Bounty è stato


pubblicato nel 1879 in appendice a I cinquecento milioni della
Begum e non è, come si potrebbe pensare in un primo momento, un
racconto di fantasia condotto sulla trama del fatto realmente
avvenuto, bensì il resoconto preciso, per quanto semplificato,
dell'episodio, redatto da Verne sulla base di documenti e di testi
ufficiali dell'Ammiragliato britannico.

Indice
PRESENTAZIONE 3

Capitolo I 4
L'ABBANDONO 4

Capitolo II 11
GLI ABBANDONATI 11

Capitolo III 18
GLI AMMUTINATI 18
CAPITOLO I

L'ABBANDONO

NON UN alito di vento, non un'increspatura sulla superficie del


mare, non una nube nel cielo. Le splendide costellazioni
dell'emisfero australe si disegnano con incomparabile purezza. Le
vele del Bounty pendono dagli alberi, la nave è immobile, e la luce
della luna, impallidendo davanti all'aurora che si sta alzando,
illumina lo spazio d'un bagliore indefinibile.
Il Bounty, nave di duecentoquindici tonnellate, con un equipaggio
di quarantasette uomini, aveva lasciato Spithead, il 23 dicembre
1787, sotto il comando del capitano Bligh, marinaio esperto ma
piuttosto duro, che aveva accompagnato il capitano Cook nel suo
ultimo viaggio di esplorazione.
Il Bounty aveva la missione speciale di trasportare alle Antille
l'albero del pane, che cresce abbondantemente nell'arcipelago di
Tahiti. Dopo una sosta di sei mesi nella baia di Matavai, William
Bligh, avendo caricato un migliaio di quegli alberi, aveva ripreso la
rotta per le Indie Occidentali, dopo un soggiorno abbastanza breve
alle isole degli Amici.
Diverse volte, il carattere sospettoso e collerico del capitano gli
aveva procurato scene sgradevoli con qualcuno dei suoi ufficiali.
Tuttavia, la tranquillità che regnava a bordo del Bounty, al sorgere
del sole, il 28 aprile 1789, non faceva presagire nulla dei gravi
avvenimenti che stavano per accadere.
Tutto sembrava calmo, infatti, quando ad un tratto un'animazione
insolita si propaga sulla nave. Alcuni marinai si riuniscono,
scambiano due o tre parole a bassa voce, poi spariscono a passi
silenziosi.
Si rileva forse la guardia del mattino? È avvenuto a bordo qualche
incidente inaspettato?
— Soprattutto non fate rumore, amici miei, — dice Fletcher
Christian, il secondo nostromo del Bounty. — Bob, caricate la
pistola, ma non sparate senza mio ordine. Voi, Churchill, prendete
l'accetta e fate saltare la serratura della cabina del capitano.
Un'ultima raccomandazione: lo voglio vivo!
Seguito da una decina di marinai armati di sciabole, di coltellacci
e di pistole, Christian scese sottocoperta; poi, dopo aver posto due
sentinelle dinanzi alla cabina di Stewart e di Peter Haywood, il primo
nostromo e il midshipman 1 del Bounty, si arrestò dinanzi alla porta
del capitano.
— Andiamo, ragazzi, — disse — una bella spallata!
La porta cedette sotto una spinta vigorosa, e i marinai si
precipitarono nella cabina.
Stupiti dapprima per il buio, e riflettendo forse sulla gravità dei
loro atti, essi ebbero un momento d'esitazione.
— Olà! che cosa c'è? Chi osa permettersi?... — esclamò il
capitano balzando dalla sua cuccetta.
— Silenzio, Bligh! — rispose Churchill. — Silenzio, e non
cercare di resistere, o t'imbavaglio!
— È inutile che tu ti vesta, — aggiunse Bob. — Farai sempre
buona figura quando sarai appeso al picco della randa!
— Legategli le mani dietro la schiena, Churchill, — disse
Christian — e portatelo sul ponte!
— Il più terribile dei capitani non fa molta paura, quando si sa
fare, — fece osservare John Smith, il filosofo della comitiva.
Poi il corteo, senza preoccuparsi di svegliare o meno i marinai
dell'ultima guardia, ancora addormentati, risalì la scala e riapparve
sul ponte.
Era una rivolta in piena regola. Solo fra tutti gli ufficiali di bordo,
Young, uno dei midshipmen, aveva fatto causa comune con gli
ammutinati.
Quanto agli uomini dell'equipaggio, gli esitanti avevano dovuto
cedere per il momento, mentre gli altri, senza armi, senza capo,
rimanevano spettatori del dramma che stava per compiersi sotto i
loro occhi.
1
Guardiamarina. (N.d.T.)
Tutti erano sul ponte schierati in silenzio; osservavano il contegno
del loro capitano, che, seminudo, avanzava con la testa alta in mezzo
a quegli uomini abituati a tremare davanti a lui.
— Bligh, — disse Christian con voce aspra — siete destituito dal
comando.
— Non vi riconosco il diritto... — rispose il capitano.
— Non perdiamo tempo in proteste inutili, — esclamò Christian,
interrompendo Bligh. — Sono, in questo momento, l'interprete di
tutto l'equipaggio del Bounty. Non avevamo ancora lasciato
l'Inghilterra e già dovevamo lamentarci dei vostri sospetti ingiuriosi,
delle vostre maniere brutali. Quando dico noi, intendo gli ufficiali
così come i marinai. Non solo non abbiamo mai potuto ottenere la
soddisfazione che ci era dovuta, ma avete sempre respinto le nostre
lagnanze con disprezzo! Siamo dunque cani, per essere ingiuriati ad
ogni istante? Canaglie, briganti, bugiardi, ladri! non avevate
espressioni abbastanza forti, ingiurie abbastanza volgari per noi!
Davvero, bisognerebbe non essere uomini per sopportare un'esistenza
simile! Ed io, io vostro compatriota, io che conosco la vostra
famiglia, io che ho già fatto due viaggi sotto i vostri ordini, sono
stato forse risparmiato? Non mi avete forse accusato, ancora ieri,
d'avervi rubato pochi miserabili frutti? E gli uomini! Per un nonnulla,
ai ferri! Per una sciocchezza, ventiquattro colpi di frusta! Ebbene,
tutto si paga a questo mondo! Siete stato troppo liberale con noi,
Bligh! Adesso tocca a noi! Le ingiurie, le ingiustizie, le accuse
insensate, le torture morali e fisiche con le quali vi accanite contro il
vostro equipaggio da un anno e mezzo dovete espiarle, e espiarle
duramente! Capitano, siete stato giudicato da coloro che avete offeso,
e siete stato condannato. Non è vero, camerati?
— Sì, sì, a morte! — esclamò la maggior parte dei marinai
minacciando il capitano.
— Capitano Bligh, — soggiunse Christian — alcuni avevano
parlato d'issarvi all'estremità di un cavo tra cielo e acqua. Altri
proponevano di lacerarvi le spalle con il gatto a nove code fino alla
morte. Mancavano d'immaginazione; io ho trovato di meglio. E poi,
voi non siete il solo colpevole qui. Coloro che hanno sempre eseguito
fedelmente i vostri ordini, per crudeli che fossero, sarebbero disperati
di passare sotto il mio comando. Essi hanno meritato di
accompagnarvi là dove il vento vi spingerà. Preparate la lancia!
Un mormorio di disapprovazione accolse queste ultime parole di
Christian, che non parve preoccuparsene. Il capitano Bligh, che
quelle minacce non riuscivano a turbare, approfittò di un istante di
silenzio per prendere la parola.
— Ufficiali e marinai, — disse con voce ferma — nella mia
qualità di ufficiale della marina reale, comandante il Bounty, protesto
contro il trattamento che volete farmi subire. Se dovete lamentarvi
del modo con cui ho esercitato il mio comando, potete farmi
giudicare da una corte marziale, ma non avete riflettuto senza dubbio
sulla gravità dell'atto che state per commettere. Alzare le mani sul
vostro capitano è ribellarvi a tutte le leggi esistenti, è rendervi il
ritorno in patria impossibile per sempre, è voler essere trattati come
furfanti! Presto o tardi, è la morte ignominiosa, la morte dei traditori
e degli ammutinati! In nome dell'onore e dell'obbedienza che mi
avete giurato, vi ordino di rientrare nei ranghi!
— Sappiamo benissimo a che cosa ci esponiamo, — rispose
Churchill.
— Basta! Basta! — gridò l'equipaggio, pronto a passare alle vie di
fatto.
— Ebbene, — disse Bligh — se vi occorre una vittima, che quella
sia io, ma io solo! I miei compagni, che condannate come me, non
hanno fatto che eseguire i miei ordini!
La voce del capitano fu allora coperta da un concerto di
vociferazioni, ed egli dovette rinunciare a commuovere quei cuori
diventati spietati.
Frattanto, erano state prese le disposizioni perché gli ordini di
Christian venissero eseguiti.
Tuttavia, una discussione piuttosto vivace era sorta tra il secondo
nostromo e diversi ammutinati che volevano abbandonare fra le onde
il capitano Bligh ed i suoi compagni, senza dar loro un'arma, senza
lasciar loro un'oncia di pane.
Alcuni (ed era il parere di Churchill) trovavano che il numero di
quelli che dovevano lasciar la nave non era abbastanza grande.
Bisognava disfarsi, egli diceva, di tutti gli uomini che, non avendo
preso parte direttamente al complotto, non erano sicuri. Non si
poteva fare assegnamento su coloro che si accontentavano di
accettare i fatti compiuti. Quanto a lui, le spalle gli bruciavano
ancora per le sferzate che aveva ricevuto per aver disertato a Tahiti.
Il migliore, il più rapido mezzo per guarirlo, sarebbe stato di
consegnargli per prima cosa il capitano!... Egli avrebbe ben saputo
vendicarsi, e con le sue mani!
— Hayward! Hallett! — gridò Christian rivolgendosi a due
ufficiali, senza tener conto delle osservazioni di Churchill —
scendete nella lancia.
— Che cosa vi ho fatto, Christian, perché mi trattiate così? —
disse Hayward. — Mi mandate a morte!
— Le recriminazioni sono inutili! Obbedite, oppure!... Fryer,
imbarcatevi anche voi!
Ma quegli ufficiali, invece di dirigersi verso la lancia, si
avvicinarono al capitano Bligh, e Fryer, che sembrava il più risoluto,
si curvò verso di lui dicendo:
— Comandante, volete tentare di riconquistare la nave? Non
abbiamo armi, è vero; ma questi ammutinati, sorpresi, non potranno
resistere. Se qualcuno di noi viene ucciso, che importa! Si può
tentare l'azione! Che cosa ve ne pare?
Già gli ufficiali prendevano le loro disposizioni per gettarsi
addosso agli ammutinati, occupati a calare la lancia dai suoi sostegni,
quando Churchill, a cui quel colloquio, per quanto fosse stato rapido,
non era sfuggito, li circondò con alcuni uomini ben armati e li fece
imbarcare a forza.
— Millward, Muspratt, Birket, e voi altri, — disse Christian
rivolgendosi ad alcuni marinai che non avevano preso parte
all'ammutinamento — scendete sottocoperta e scegliete ciò che avete
di più prezioso! Accompagnerete il capitano Bligh. Tu, Morrison,
sorveglia questi giovanotti! Purcell, prendete la vostra cassetta da
carpentiere, vi permetto di portarla con voi.
Due alberi con le loro vele, dei chiodi, una sega, mezza pezza di
tela da vele, quattro piccoli recipienti contenenti centoventicinque
litri di acqua, centocinquanta libbre di biscotto, trentadue libbre di
porco salato, sei bottiglie di vino, sei bottiglie di rum, la cassetta da
liquori del capitano, ecco tutto ciò che gli abbandonati poterono
portare con sé. Furono loro gettate inoltre due o tre vecchie sciabole,
ma venne loro rifiutato ogni tipo d'arma da fuoco.
— Ma dove sono Haywood e Stewart? — disse Bligh quando fu
nella lancia. — Mi hanno tradito anche loro?
Non lo avevano tradito, ma Christian aveva deciso di tenerli a
bordo. Il capitano ebbe allora un momento di scoraggiamento e di
debolezza, perdonabile del resto, che fu di brevissima durata.
— Christian, — disse — vi do la mia parola d'onore di
dimenticare tutto ciò che è accaduto, se rinunciate al vostro
abominevole progetto! Ve ne supplico, pensate a mia moglie e alla
mia famiglia! Morto io, che sarà di tutti i miei?
— Se aveste avuto un po' d'onore, — rispose Christian — le cose
non sarebbero arrivate a questo punto. Se voi stesso aveste pensato
un po' più spesso a vostra moglie, alla vostra famiglia, alle mogli ed
alle famiglie degli altri, non sareste stato così duro, così ingiusto con
noi tutti!
A sua volta, il primo nostromo, al momento d'imbarcarsi, tentò
d'intenerire Christian, ma invano.
— È troppo tempo che io soffro, — rispose quest'ultimo con
amarezza. — Voi non sapete quali sono state le mie torture! No! La
cosa non poteva durare un giorno di più e, del resto, non ignorate che
durante tutto il viaggio, io, il secondo nostromo di questa nave, sono
stato trattato come un cane! Tuttavia, separandomi dal capitano Bligh
che probabilmente non rivedrò mai più, voglio, per pietà, non
togliergli ogni speranza di salvezza. Smith! scendete nella cabina del
capitano, e portategli i suoi abiti, i suoi documenti, il suo diario ed il
suo portafogli. Inoltre, gli si consegnino le mie Tavole nautiche ed il
mio sestante personale. Egli avrà così qualche speranza di poter
salvare i suoi compagni e di cavarsi d'impiccio!
Gli ordini di Christian furono eseguiti, non senza qualche protesta.
— Ed ora, Morrison, molla gli ormeggi, — gridò il secondo
nostromo diventato comandante — e Iddio vi conduca!
Mentre gli ammutinati salutavano con acclamazioni ironiche il
capitano Bligh ed i suoi disgraziati compagni, Christian, appoggiato
all'impavesata, non poteva staccare lo sguardo dalla lancia che si
allontanava. Questo bravo ufficiale, la cui condotta, fino allora leale
e franca, aveva meritato gli elogi di tutti i comandanti sotto i quali
aveva servito, non era più ormai che il capo d'una banda di furfanti.
Non gli sarebbe stato più concesso di rivedere né la sua vecchia
madre, né la sua fidanzata, né le spiagge dell'isola di Man, sua patria.
Egli si sentiva decaduto nella propria stima, disonorato agli occhi di
tutti! Il castigo seguiva già la colpa.
CAPITOLO II

GLI ABBANDONATI

CON I suoi diciotto passeggeri, ufficiali e marinai, e le poche


provviste che conteneva, la lancia che portava Bligh era tanto carica
che superava di appena quindici pollici il livello del mare. Lunga
ventuno piedi, larga sei, poteva essere perfettamente adatta al
servizio del Bounty; ma per contenere un equipaggio così numeroso,
per fare un viaggio un po' lungo, era difficile trovare una barca meno
adatta.
I marinai, fiduciosi nell'energia e nell'abilità del capitano Bligh e
degli ufficiali uniti a loro nella stessa sorte, remavano vigorosamente,
e la lancia fendeva rapidamente le onde.
Bligh non aveva esitato circa il partito da prendere. Bisognava,
anzitutto, ritornare al più presto all'isola Tofoa, la più vicina del
gruppo delle isole degli Amici, che avevano lasciato alcuni giorni
prima, bisognava raccogliervi dei frutti dell'albero del pane,
rinnovare la provvista d'acqua, e di là, dirigersi verso Tonga-Tabu. Si
sarebbe potuto senza dubbio prendervi viveri in quantità sufficiente
per fare la traversata fino alla colonia olandese di Timor, se, per
paura degli indigeni, non ci si fosse voluti fermare negli
innumerevoli arcipelaghi sparsi sulla rotta.
La prima giornata passò senza incidenti, e cadeva la notte quando
furono avvistate le coste di Tofoa. Disgraziatamente, la riva era così
rocciosa, la spiaggia così erta che non vi si poteva sbarcare di notte.
Si dovette dunque aspettare il giorno.
Bligh, salvo il caso di assoluta necessità, non intendeva toccare le
provviste della lancia. Bisognava dunque che l'isola nutrisse i suoi
uomini e lui. La cosa sembrava dover essere difficile perché,
anzitutto, quando furono a terra, non trovarono traccia d'abitanti.
Alcuni, tuttavia, non tardarono a mostrarsi, e, essendo stati ricevuti
bene, ne condussero altri, che portarono un po' d'acqua e delle noci di
cocco.
L'imbarazzo di Bligh era grande. Che cosa dire ai nativi che
avevano già trafficato con il Bounty durante la sua recente sosta? Ad
ogni costo, era necessario nascondere loro la verità, per non
distruggere il prestigio di cui gli stranieri erano stati circondati fino
allora in quelle isole.
Dire che erano stati mandati per fare provviste dalla nave rimasta
al largo? Impossibile, poiché il Bounty non era visibile, nemmeno
dall'alto delle colline! Dire che la nave era naufragata e che gli
indigeni vedevano in loro i soli superstiti? Era ancora la favola più
verosimile. Forse essa li avrebbe commossi, li avrebbe indotti a
completare le provviste della lancia. Bligh si attenne dunque a
quest'ultimo partito, per quanto fosse pericoloso, e avvertì i suoi
uomini affinché tutti si comportassero di conseguenza.
Udendo quel racconto, i nativi non lasciarono trapelare alcun
segno di gioia o di dolore. I loro volti espressero solo un profondo
stupore, e fu impossibile conoscere che cosa pensassero.
Il 2 maggio, il numero degli indigeni venuti dalle altre parti
dell'isola aumentò in modo inquietante, e Bligh poté in breve ritenere
che essi avevano intenzioni ostili. Alcuni tentarono perfino di alare
l'imbarcazione sulla spiaggia, e si ritirarono solo davanti alle
energiche rimostranze del capitano, che dovette minacciarli con il
suo coltellaccio. Frattanto, alcuni degli uomini che Bligh aveva
mandato alla ricerca portavano tre galloni di acqua.
Era venuto il momento di lasciare quell'isola inospitale. Al
tramonto, tutto era pronto, ma non era facile tornare alla lancia. La
spiaggia era circondata da una folla di indigeni che battevano dei
sassi uno contro l'altro, pronti a lanciarli. Bisognava dunque che la
lancia si tenesse ad alcune tese dalla spiaggia e accostasse solo nel
momento in cui gli uomini fossero assolutamente pronti ad
imbarcarsi.
Gli inglesi, veramente assai preoccupati dalle manifestazioni ostili
dei nativi, attraversarono la spiaggia in mezzo a duecento indigeni,
che aspettavano solo un segnale per gettarsi loro addosso. Tuttavia,
erano entrati tutti felicemente nella barca, quando uno dei marinai, di
nome Bancroft, ebbe la funesta idea di ritornare sulla riva per cercare
qualche cosa che vi aveva dimenticato. In un secondo, l'imprudente
fu circondato dai nativi e ucciso a sassate, senza che i suoi compagni,
che non possedevano armi da fuoco, potessero soccorrerlo. D'altra
parte, anch'essi, in quel momento, erano assaliti, e sassi piovevano
loro intorno.
— Su, ragazzi, — gridò Bligh — presto ai remi, e remate in fretta.
I nativi allora entrarono nell'acqua e fecero piovere sulla barca una
nuova grandinata di ciottoli. Molti uomini furono feriti. Ma
Hayward, raccogliendo uno dei sassi che erano caduti nella lancia,
mirò uno degli assalitori e lo colpì tra gli occhi. L'indigeno cadde
all'indietro gettando un gran grido, a cui risposero gli urrà degli
inglesi. Il loro povero camerata era vendicato.
Frattanto, molte piroghe si staccavano dalla spiaggia e davano
loro la caccia. Quell'inseguimento non poteva finire che con un
combattimento, il cui esito non sarebbe stato felice, quando il primo
nostromo ebbe un'idea luminosa. Senza sospettare di imitare
Ippomene nella gara con Atalanta, si tolse il camiciotto e lo gettò in
mare. I nativi, scambiando il camiciotto per un uomo, persero tempo
a raccoglierlo, e quell'espediente permise alla lancia di scapolare la
punta della baia.
Nel frattempo, la notte era scesa del tutto, e gli indigeni,
scoraggiati, abbandonarono l'inseguimento della lancia.
Quel primo tentativo di sbarco era stato troppo disgraziato per
essere ripetuto; tale almeno fu il parere del capitano Bligh.
— Adesso bisogna prendere una risoluzione, — disse. — La
scena che è accaduta a Tofoa si rinnoverà, ne sono certo, a Tonga-
Tabu, e dappertutto dove vorremo sbarcare. Pochi di numero, senza
armi da fuoco, saremo assolutamente in balia degli indigeni! Privi di
oggetti di scambio, non possiamo comperare viveri, e ci è
impossibile procurarceli con la forza. Siamo dunque ridotti ai nostri
soli mezzi. Ora, sapete quanto me, amici miei, quanto essi siano
meschini! Ma non è forse meglio accontentarcene piuttosto che
arrischiare, ad ogni sbarco, la vita di molti di noi? Tuttavia, non
voglio nascondervi la precarietà della nostra condizione. Per
raggiungere Timor, dobbiamo fare circa milleduecento leghe, e
dovrete accontentarvi di un'oncia di biscotto al giorno e di un quarto
di pinta d'acqua! La salvezza è soltanto a questo prezzo, ed ancora, a
patto che io trovi in voi la più assoluta obbedienza! Rispondetemi
sinceramente! Acconsentite a tentar l'impresa? Giurate di obbedire ai
miei ordini quali che siano? Promettete di sottoporvi senza
mormorare a queste privazioni?
— Sì, sì, lo giuriamo! — esclamarono tutti insieme i compagni di
Bligh.
— Amici miei, — soggiunse il capitano — bisogna anche
dimenticare i nostri reciproci torti, le nostre antipatie ed i nostri odii,
sacrificare, in una parola, i rancori personali all'interesse di tutti,
questo è l'unico sentimento che deve guidarci!
— Lo promettiamo.
— Se manterrete la vostra parola, — aggiunse Bligh — e, se
necessario, saprò costringervici, io rispondo della salvezza.
Si diressero allora verso ovest-nord-ovest. Il vento, che era
piuttosto forte, soffiò a tempesta la sera del 4 maggio. Le onde
divennero così grosse che l'imbarcazione scompariva sotto di esse, e
sembrava non potersi più rialzare. Il pericolo cresceva ogni
momento. Bagnati e intirizziti, i disgraziati non ebbero per ristorarsi,
quel giorno, che una tazza di rum e la quarta parte di un frutto
dell'albero del pane marcio per metà.
Il giorno seguente e i successivi, la situazione non mutò. La barca
passò in mezzo a numerose isole, da cui si staccarono alcune piroghe.
Era per darle la caccia? Era per fare dei baratti? Nel dubbio
sarebbe stato imprudente fermarsi. Perciò la lancia, con le vele
gonfiate da un vento favorevole, le lasciò in breve dietro di sé.
Il 9 maggio, scoppiò un uragano spaventoso. Tuoni e lampi si
succedevano di continuo. La pioggia cadeva con una forza di cui i
più violenti uragani dei nostri climi non possono dare un'idea. Era
impossibile fare asciugare gli abiti. Bligh, allora, ebbe l'idea
d'immergerli nell'acqua marina e di impregnarli di sale per ridonare
alla pelle un po' del calore toltole dalla pioggia. Tuttavia, quelle
piogge torrenziali, che causarono tante sofferenze al capitano e ai
suoi compagni, risparmiarono loro altre torture ancora più orribili, le
torture della sete che un caldo insopportabile avrebbe presto
provocato.
La mattina del 17 maggio, dopo un uragano terribile, le lamentele
si fecero unanimi:
— Non avremo mai la forza di raggiungere la Nuova Olanda, —
esclamarono i disgraziati. — Inzuppati dalla pioggia, sfiniti dalla
stanchezza, non avremo mai un momento di riposo! Mezzo morti di
fame come siamo, non ci aumenterete le razioni, capitano? Poco
importa che i viveri si esauriscano! Troveremo facilmente da
sostituirli giungendo alla Nuova Olanda.
— Rifiuto, — rispose Bligh. — Sarebbe comportarsi da pazzi.
Game! Non abbiamo superato che la metà della distanza che ci
separa dall'Australia, e siete già scoraggiati! Credete, d'altra parte, di
poter trovare facilmente dei viveri sulle coste della Nuova Olanda?
Ma allora non conoscete il paese ed i suoi abitanti!
E Bligh si mise a dipingere a grandi linee la natura del suolo, i
costumi degli indigeni, il poco assegnamento che dovevano fare sulla
loro accoglienza, tutte cose che il suo viaggio con il capitano Cook
gli aveva fatto conoscere. Ancora questa volta i suoi disgraziati
compagni lo ascoltarono e tacquero.
I quindici giorni successivi furono rallegrati da un limpido sole,
che permise di far asciugare gli abiti. Il 27, furono superati i
frangenti che orlano la costa orientale della Nuova Olanda. Il mare
era calmo dietro quella cintura madreporica, e alcuni gruppi d'isole,
dalla vegetazione esotica, rallegravano gli sguardi.
Si sbarcò, avanzando con precauzione. Non furono trovate tracce
del soggiorno dei nativi, tranne che vecchi focolari. Era dunque
possibile passare una buona notte a terra.
Ma bisognava mangiare. Fortunatamente, uno dei marinai scoprì
un banco di ostriche. Fu un vero banchetto.
Il giorno seguente, Bligh trovò nella lancia una lente, un acciarino
e dello zolfo. Fu così in grado di procurarsi del fuoco per far cuocere
la selvaggina o il pesce.
Bligh ebbe allora il pensiero di dividere l'equipaggio in tre
squadre: una doveva rimettere in ordine la barca; le altre due andare
in cerca di viveri.
Ma molti uomini si lamentarono amaramente, dichiarando che
preferivano fare a meno del desinare piuttosto che arrischiarsi
nell'interno.
Uno di loro, più violento o più snervato dei suoi camerati, osò dire
al capitano:
— Un uomo ne vale un altro, e non vedo perché voi dobbiate
restare sempre a riposarvi! Se avete fame, andate a cercare da
mangiare! Per quello che fate qui, vi sostituirò benissimo, anch'io!
Bligh, comprendendo che quello spirito d'ammutinamento doveva
essere represso immediatamente, afferrò un coltellaccio, e gettandone
un altro ai piedi del ribelle, gli gridò:
— Difenditi, o ti ammazzo come un cane!
Quell'atteggiamento energico fece subito rientrare l'ammutinato in
se stesso, e il malcontento generale si calmò.
Durante quella sosta, l'equipaggio della lancia raccolse
abbondantemente ostriche, pettini 2 e acqua dolce.
Un po' più lontano, nello stretto dell'Endeavour, delle due squadre
mandate a caccia di tartarughe e di noddis, 3 la prima ritornò a mani
vuote; la seconda portò sei gabbiani noddis, ma ne avrebbe presi
molti di più senza l'ostinazione di uno dei cacciatori che, essendosi
allontanato dai suoi camerati, spaventò gli uccelli. Quell'uomo
confessò, più tardi, che si era impadronito di nove di quei volatili e
che li aveva mangiati crudi sul posto.
Senza i viveri e l'acqua dolce che avevano trovato sulla costa della
Nuova Olanda, certamente Bligh e i suoi compagni sarebbero morti.
Del resto, tutti erano in pessimo stato, sparuti, disfatti, sfiniti, veri
cadaveri.
Il viaggio in alto mare, per raggiungere Timor, non fu che la
dolorosa ripetizione delle sofferenze già sopportate dai disgraziati
prima di giungere alle coste della Nuova Olanda. Solamente, la forza
di resistenza era scemata in tutti, senza eccezione. Dopo alcuni
giorni, le loro gambe erano gonfie. In quello stato di estrema
debolezza, erano accasciati da una quasi continua voglia di dormire.
Erano i sintomi premonitori di una fine che non poteva tardar molto.

2
Tipo di conchiglia. (N.d.A.)
3
Tipo di uccelli. (N.d.A.)
Perciò Bligh, che se ne avvide, distribuì doppia razione ai più deboli,
e si sforzò di infondere loro un po' di speranza.
Finalmente, la mattina del 12 giugno, la costa di Timor apparve,
dopo tremilaseicentodiciotto leghe d'una traversata fatta in
condizioni spaventose.
L'accoglienza che gli inglesi ricevettero a Cupang fu delle più
calorose. Essi vi rimasero due mesi per ristorarsi. Poi, Bligh,
comperata una piccola goletta, si recò a Batavia, dove si imbarcò per
l'Inghilterra.
Il 14 marzo 1790 gli abbandonati sbarcarono a Portsmouth. Il
racconto delle torture che avevano sopportato suscitò la simpatia
universale e lo sdegno di tutti gli uomini di cuore. Quasi subito,
l'Ammiragliato procedeva ad armare la fregata Pandora, di
ventiquattro cannoni, e centosessanta uomini d'equipaggio, e la
mandava all'inseguimento degli ammutinati del Bounty.
Si vedrà che cosa era avvenuto di loro.
CAPITOLO III

GLI AMMUTINATI

DOPO CHE il capitano Bligh venne abbandonato in alto mare, il


Bounty aveva fatto vela per Tahiti. Quello stesso giorno, esso
giungeva a Tubuai. L'aspetto ridente di quest'isoletta, circondata di
una cintura di rocce madreporiche, invitava Christian a scendervi; ma
le dimostrazioni degli abitanti sembravano troppo minacciose, e lo
sbarco non ebbe luogo.
Il 6 giugno 1789 fu gettata l'ancora nella rada di Matavai. La
sorpresa dei tahitiani fu grande, riconoscendo il Bounty. Gli
ammutinati ritrovarono là gli indigeni con i quali erano stati a
contatto in una precedente sosta, e narrarono loro una frottola, in cui
ebbero cura di inserire il nome del capitano Cook, di cui i tahitiani
avevano conservato ottimo ricordo.
Il 29 giugno, gli ammutinati ripartirono per Tubuai e si misero in
cerca di qualche isola situata al di fuori della rotta consueta delle
navi, il cui suolo fosse abbastanza fertile da nutrirli, e sulla quale
potessero vivere in tutta sicurezza. Vagarono così di arcipelago in
arcipelago, commettendo ogni sorta di ladrocini e di eccessi, che
l'autorità di Christian riusciva solo molto raramente a prevenire.
Poi, attirati ancora una volta dalla fertilità di Tahiti, dalle usanze
gentili, e semplici dei suoi abitanti, essi ritornarono alla baia di
Matavai. Là, i due terzi dell'equipaggio scesero subito a terra. Ma la
sera stessa il Bounty aveva levato l'ancora ed era scomparso, prima
che i marinai sbarcati avessero potuto sospettare l'intenzione di
Christian di partire senza di loro.
Abbandonati a se stessi, quegli uomini si stabilirono senza troppo
rammarico in diverse località dell'isola. Il primo nostromo Stewart e
il midshipman Peter Haywood, i due ufficiali che Christian aveva
risparmiato alla condanna pronunciata contro Bligh, e condotto con
sé loro malgrado, rimasero a Matavai presso il re Tippao, di cui
Stewart sposò ben presto la sorella. Morrison e Millward si recarono
presso il capo Peno, che fece loro buona accoglienza. Quanto agli
altri marinai, si spinsero nell'interno dell'isola e non tardarono a
sposare delle tahitiane.
Churchill e un pazzo furioso chiamato Thompson, dopo aver
commesso ogni sorta di delitti, vennero alle mani. In quella lotta
Churchill fu ucciso, e Thompson lapidato dagli indigeni. Così
perirono due degli uomini che avevano avuto una parte assai
importante nell'ammutinamento. Gli altri seppero, al contrario, con la
loro buona condotta, farsi benvolere dai tahitiani.
Tuttavia, Morrison e Millward vedevano sempre il castigo
sospeso sulle loro teste e non potevano vivere tranquilli in quell'isola
in cui sarebbero stati facilmente scoperti. Progettarono dunque di
costruire una goletta, a bordo della quale avrebbero tentato di
giungere a Batavia, per nascondersi nel mondo civilizzato. Con otto
dei loro compagni, senza altri utensili all'infuori di quelli del
carpentiere, riuscirono, non senza stento, a costruire una piccola nave
che chiamarono Resolution, e la vararono in una baia dietro una delle
punte di Tahiti, chiamata punta Venere. Ma l'impossibilità assoluta in
cui si trovavano di procurarsi delle vele impedì loro di prendere il
mare. Frattanto, forti della loro innocenza, Stewart coltivava un
giardino e Peter Haywood raccoglieva materiale per un vocabolario,
che fu, più tardi, di grande aiuto ai missionari inglesi.
Erano trascorsi diciotto mesi quando, il 23 marzo 1791, una nave
scapolò la punta Venere e si arrestò nella baia Matavai. Era la
Pandora, mandata all'inseguimento degli ammutinati
dall'Ammiragliato inglese.
Haywood e Stewart si affrettarono a recarsi a bordo, declinarono i
loro nomi e il loro grado, raccontarono che non avevano partecipato
minimamente all'ammutinamento; ma non furono creduti, e vennero
messi subito ai ferri, come tutti i loro compagni, senza che si facesse
la minima inchiesta. Trattati con degradante inumanità, carichi di
catene, minacciati di essere fucilati se si fossero serviti della lingua
tahitiana per conversare tra di loro, furono chiusi in una gabbia di
undici piedi di lunghezza, posta all'estremità del casseretto, che un
appassionato di mitologia denominò « vaso di Pandora ».
Il 19 maggio, la Resolution, che era stata provvista di vele, e la
Pandora ripresero il mare. Per tre mesi, le due navi incrociarono per
l'arcipelago degli Amici, dove si supponeva che Christian e gli altri
ammutinati avessero potuto rifugiarsi. La Resolution, che aveva poco
pescaggio, fu anzi molto utile durante quella crociera; ma scomparve
nei paraggi dell'isola Chatam, e benché la Pandora fosse rimasta per
molti giorni in zona, non si udì mai più parlare né di essa né dei
cinque marinai che aveva a bordo.
La Pandora aveva ripreso la rotta per l'Europa con i suoi
prigionieri, quando, nello stretto di Torres, urtò contro uno scoglio di
corallo e colò a picco quasi subito con trentun marinai e quattro degli
ammutinati.
L'equipaggio e i prigionieri che erano sfuggiti al naufragio
raggiunsero un isolotto sabbioso. Là, gli ufficiali e i marinai poterono
ripararsi sotto delle tende; ma gli ammutinati, esposti agli ardori di
un sole a picco, furono costretti, per trovare un po' di sollievo, a
cacciarsi nella sabbia fino al collo.
I naufraghi restarono su quell'isola alcuni giorni; poi si recarono
tutti a Timor nelle lance della Pandora, e la sorveglianza rigorosa di
cui erano oggetto gli ammutinati non fu trascurata un momento,
nonostante la gravità delle circostanze.
Giunti in Inghilterra nel mese di giugno 1792, i ribelli comparvero
davanti a un consiglio di guerra presieduto dall'ammiraglio Hood. Le
sedute durarono sei giorni e finirono con l'assoluzione di quattro
degli accusati e la condanna a morte di altri sei, per crimine di
diserzione e sottrazione della nave affidata alla loro custodia. Quattro
dei condannati furono impiccati a bordo di una nave da guerra; gli
altri due, Stewart e Peter Haywood, la cui innocenza fu finalmente
riconosciuta, vennero graziati.
Ma che cosa era avvenuto del Bounty? Era naufragato con gli
ultimi degli ammutinati? Era impossibile saperlo.
Nel 1814, venticinque anni dopo la scena con la quale comincia
questo racconto, due navi da guerra inglesi incrociavano in Oceania
sotto il comando del capitano Staines. Si trovavano, a sud
dell'arcipelago Pericoloso, in vista di un'isola montagnosa e
vulcanica che Carteret aveva scoperto nel suo viaggio intorno al
mondo, e alla quale aveva dato il nome di Pitcairn. Non era che un
cono, quasi senza spiaggia, che sorgeva a picco sopra il mare, e
tappezzato fino alla vetta di foreste di palme e di alberi del pane.
Quell'isola non era mai stata visitata; essa si trovava a milleduecento
miglia da Tahiti, a 25° 4' di latitudine sud e 180° 8' di longitudine
ovest; misurava solo quattro miglia e mezzo di circonferenza e un
miglio e mezzo soltanto di diametro maggiore, e non se ne sapeva se
non quanto aveva narrato Carteret.
Il capitano Staines stabilì di riconoscerla e di cercarvi un punto
adatto per sbarcare.
Avvicinandosi alla costa, fu stupito di vedere delle capanne, delle
coltivazioni, e, sulla spiaggia, due nativi che, dopo avere gettato una
barca in mare e traversato agilmente la risacca, si diressero verso la
sua nave. Ma il suo stupore non ebbe più limiti quando si udì
interpellare in ottimo inglese con questa frase:
— Eh! voialtri, gettateci un cavo affinché possiamo venire a
bordo! Appena giunti sul ponte, i due robusti rematori furono
circondati dai marinai stupiti, che li riempivano di domande alle
quali essi non sapevano che cosa rispondere. Condotti davanti al
comandante, furono interrogati regolarmente.
— Chi siete?
— Io mi chiamo Fletcher Christian, e il mio compagno, Young.
Questi nomi non dicevano nulla al capitano Staines, che era ben
lontano dal pensare ai superstiti del Bounty.
— Da quando siete qui?
— Ci siamo nati.
— Che età avete?
— Io ho venticinque anni, — rispose Christian — e Young
diciotto.
— I vostri genitori sono stati gettati su quest'isola da qualche
naufragio? Christian fece allora al capitano Staines la commovente
confessione che segue, di cui ecco i punti principali.
Lasciando Tahiti, dove abbandonava ventuno dei suoi compagni,
Christian, che aveva a bordo del Bounty il resoconto del viaggio del
capitano Carteret, si era diretto immediatamente verso l'isola
Pitcairn, la cui posizione gli era sembrata adatta allo scopo che si
proponeva. Ventotto uomini componevano ancora l'equipaggio del
Bounty. Erano Christian, l'aspirante Young e sette marinai, sei
tahitiani presi a Tahiti, tre dei quali con le loro mogli e un bambino
di dieci mesi, più tre uomini e sei donne, indigeni di Rubuai.
Prima preoccupazione di Christian e dei suoi compagni, appena
furono giunti all'isola Pitcairn, era stata di distruggere il Bounty per
non essere scoperti. Certo, così si erano tolti ogni possibilità di
lasciare l'isola, ma la loro sicurezza lo esigeva.
La sistemazione della piccola colonia non doveva farsi senza
difficoltà, con persone unite solamente dalla solidarietà di un delitto.
Ben presto erano scoppiati sanguinosi litigi fra i tahitiani e gli
inglesi. Perciò, nel 1794, sopravvivevano solo quattro degli
ammutinati. Christian era caduto sotto il coltello di uno degli
indigeni che aveva condotto con sé. Tutti i tahitiani erano stati
massacrati.
Uno degli inglesi, che aveva trovato il mezzo per fabbricare delle
bevande alcoliche con la radice di una pianta indigena, aveva finito
con l'abbrutirsi nell'ubriachezza e, preso da un accesso di delirium
tremens, si era gettato in mare dall'alto di una scogliera.
Un altro, in preda a un accesso di pazzia furiosa, si era gettato
addosso a Young e a uno dei marinai, di nome John Adams, che
erano stati costretti a ucciderlo. Nel 1800, Young era morto durante
una violenta crisi d'asma.
John Adams fu allora l'ultimo superstite dell'equipaggio degli
ammutinati.
Rimasto solo con molte donne e venti fanciulli, nati dalle nozze
dei suoi camerati con le tahitiane, l'indole di John Adams si era
modificata profondamente. Allora egli aveva solo trentasei anni, ma
da molti anni aveva assistito a tante scene di violenza e di
carneficina, aveva visto la natura umana sotto aspetti così tristi, che,
dopo essersi ravveduto, egli si era emendato del tutto.
Nella biblioteca del Bounty, conservata nell'isola, si trovarono una
Bibbia e molti libri di preghiere. John Adams, che li leggeva
frequentemente, si converti, allevò con ottimi principi la giovane
popolazione che lo considerava come padre, e diventò, per forza di
eventi, il legislatore, il gran sacerdote e, per così dire, il re di
Pitcairn.
Tuttavia, fino al 1814, i suoi timori erano stati continui. Nel 1795,
essendosi avvicinata a Pitcairn una nave, i quattro superstiti del
Bounty si erano nascosti in boschi inaccessibili e non avevano osato
ridiscendere nella baia se non dopo la partenza della nave. Stesso atto
di prudenza quando, nel 1808, un capitano americano sbarcò
sull'isola, dove s'impadronì d'un cronometro e d'una bussola, che egli
fece pervenire all'Ammiragliato inglese; ma l'Ammiragliato non si
commosse alla vista di quei resti del Bounty. Vero è che in quel
tempo esso aveva in Europa preoccupazioni di ben altra gravità.
Questo fu il racconto fatto al comandante Staines dai due nativi,
inglesi per parte di padri, figli, l'uno di Christian, l'altro di Young;
ma quando Staines chiese di vedere John Adams, questi rifiutò di
recarsi a bordo prima di sapere che cosa sarebbe avvenuto di lui.
Il comandante, dopo aver assicurato ai due giovanotti che Adams
era protetto dalla prescrizione, poiché erano trascorsi venticinque
anni dall'ammutinamento del Bounty, scese a terra, e al suo sbarco fu
ricevuto da una popolazione composta di quarantasei adulti e di
moltissimi fanciulli. Tutti erano grandi e robusti, con i caratteri fisici
inglesi nettamente dominanti; le fanciulle soprattutto erano
meravigliosamente belle, e la loro modestia dava loro una particolare
seduzione.
Le leggi in vigore nell'isola erano semplicissime. In un registro
veniva notato quello che ognuno aveva guadagnato con il proprio
lavoro. La moneta era sconosciuta; tutte le transazioni si facevano
per mezzo dello scambio, ma non c'era industria, poiché mancavano
le materie prime. Gli abitanti portavano per unico abbigliamento
larghi cappelli e gonnellini d'erba. La pesca e l'agricoltura erano le
loro principali occupazioni. I matrimoni si facevano solo con il
permesso di Adams, e quando l'uomo aveva dissodato e coltivato un
terreno abbastanza ampio da poter provvedere al mantenimento della
sua futura famiglia.
Il comandante Staines, dopo aver raccolto dei documenti
curiosissimi su quell'isola, perduta nei paraggi meno frequentati del
Pacifico, riprese il mare e ritornò in Europa.
Da quel tempo, il venerabile John Adams ha terminato la sua così
travagliata carriera. Egli è morto nel 1829, ed è stato sostituito dal
reverendo George Nobbs, che adempie ancora nell'isola le funzioni
di pastore, di medico e di maestro di scuola.
Nel 1853, i discendenti degli ammutinati del Bounty erano
centosettanta. Da quel tempo, la popolazione non fece che aumentare
e diventò così numerosa che, tre anni più tardi, dovette stabilirsi in
gran parte sull'isola Norfolk, che aveva servito fino allora come
colonia penale. Ma una parte degli emigrati rimpiangeva Pitcairn
benché Norfolk fosse quattro volte più grande, il suo suolo ricercato
per la ricchezza, e le condizioni di vita vi fossero molto più facili.
Dopo due anni di soggiorno, molte famiglie ritornarono a Pitcairn,
dove continuano a prosperare.
Ecco dunque la conclusione di un'avventura cominciata in modo
tanto tragico. All'inizio, c'erano ammutinati, assassini, pazzi; ma ora,
sotto l'influenza dei principi della morale cristiana e dell'istruzione
data da un povero marinaio convertito, l'isola Pitcairn è diventata la
patria d'una popolazione mite, ospitale, felice, presso la quale si
ritrovano i costumi patriarcali dell'età dell'oro.

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