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NOTIZIE A.N.P.I.
Chioggia
Foglio d’informazione della Sezione ANPI di Chioggia “Otilla Monti
Pugno”
Anno VIII° n. 84 Copie inviate: 505 DOMENICA 26 FEBBRAIO
2023
Domenica 5 febbraio: in Corso del Popolo, all’uscita di Calle Scopici, posa della
PIETRA D’INCIAMPO in ricordo di CESARE CARMI, genovese di religione ebraica, da
qualche anno residente a Chioggia, arrestato il 16 dicembre 1943 e deportato nel lager italiano
di Fossoli e successivamente trasferito in quello nazista di Auschwitz dove troverà la morte nel
1944.
Davanti ad un folto pubblico, Enrico Veronese, Presidente ANPI di Chioggia, ha narrato la vita
di Cesare Carmi: genovese che dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali, trovò residenza,
lavoro e amicizie a Chioggia. Arrestato nel dicembre 1943 e definitivamente recluso nel lager
nazista dove trovò la morte nel 1944.
Presenti alla posa della Pietra d’Inciampo, il Presidente del Consiglio Comunale, il Sindaco e
rappresentanti della Comunità ebraica di Venezia. Nel suo intervento, la nipote di Cesare ed
curatrice del libro presentato il giorno prima Luciana Laudi ha affermato: “Questa Pietra
d’Inciampo, resta l’unico luogo del ricordo, è la tomba su cui piangere lo zio Cesare”. La
toccante cerimonia si è conclusa con una preghiera ebraica e il “Canto dei deportati”.
Delle iniziative ne hanno dato ampio risalto i blog locali; il quotidiano “La Nuova
Venezia” e il settimanale diocesano “Nuova Scintilla”.
Nel 1941, dopo tre anni dell’entrata in vigore delle leggi razziali, Cesare Carmi – ventenne rampollo di
una famiglia ebraica monferrina di casa a Genova – dopo un percorso scolastico non brillantissimo
viene inviato a Chioggia per lavorare nello stabilimento conserviero SACIA, appena aperto dal cugino
Mario Pontecorboli. Cesare trova sistemazione a casa di Sara Cirella e Diomiro Toffoli, titolari di un
avviato panificio in Corso Vittorio Emanuele al civico 64, ovvero all’angolo di Calle Scopici.
Per adempiere alle formalità burocratiche, il fornaio Toffoli segnala alla autorità della pubblica sicurezza
la presenza di Cesare in casa sua. Quel documento si rivelerà purtroppo decisivo per il suo futuro.
A Chioggia, nonostante la guerra mondiale in atto e pur vigilato riservatamente dalla Questura, Cesare
Carmi ha trascorso due anni spensierati, di lavoro irreprensibile, maturando amicizie e una tenera
simpatia, ricambiata, per la coetanea Flavia Silvestri, anche lei sfollata da Genova.
Tra questa calle e calle Gradara, dove viveva la ragazza, nel giro di poche centinaia di metri si è
sviluppata una nuova rete familiare, di probabili simpatie antifasciste e comunque legata alla città di
Genova. Da dove giunge anche Selica, la sorella di Sara, e sua figlia Liliane Repetto, più tardi giovane
comandante partigiana nel centro storico.
Alla fine dell’estate 1943, mentre la caduta del fascismo apre nuove speranze e i tempi tuttavia si fanno
più foschi, arriva in città anche Paolo Shaul Levi, intellettuale padovano che dei giovani potrebbe
essere genitore, e si unisce alla brigata ligure del rione di Sant’Andrea dispensando cordialità e
saggezza. Lo accoglie, sempre qui in calle, la famiglia del capitano Vittorio Albertini, vicino di casa e di
fede socialista, futuro esponente del Comitato di Liberazione locale.
Dopo l’8 settembre, con l’occupazione dell’Italia delle truppe naziste, c’erano avvisaglie che presto la
situazione per le cittadine e i cittadini di religione ebraica sarebbe stata insostenibili: la famiglia di
Cesare si rifugia tra il Piemonte e Bologna, lo stesso Mario Pontecorboli invita il cugino a seguirlo in
Svizzera. Ma forse per non lasciare quest’oasi di apparente idillio, e il rapporto con Flavia, Cesare
Carmi decide di non mettersi in salvo oltre confine.
Senonché, il 30 novembre una circolare del ministro dell’Interno della Repubblica Sociale Italiana
Buffarini impone, di concerto con gli occupanti, l’arresto di tutte e tutti gli ebrei e la loro spedizione nei
campi di concentramento. Il 15 dicembre Paolo Levi, il 16 dicembre Cesare Carmi vengono prelevati da
Calle Scopici – l’indirizzo era noto per via della segnalazione innocente di due anni prima – e tradotti
dalle camicie nere al carcere di Venezia, dove dormono anche per terra.
Il ragazzo così comincia a scrivere incessantemente alla sua Flavia, cercando anche di tranquillizzarla;
chiede auito per risolvere le spicciole necessità del suo nuovo stato di privazione (biancheria, cibo,
denaro), si lascia andare a pensieri per il futuro e a considerazioni sognanti di gratitudine per la sua
comunità di Chioggia, che nello spirito del tempo ha saputo accoglierlo, mettendo a rischio la propria
stessa incolumità. La presenza del più adulto Paolo gli offre qualche sostegno. Nelle ultime ore del
1943 i due vengono trasferiti a Fossoli, nel Carpigiano, in quello che dopo la fine della guerra verrà
conosciuto come l’ultimo passaggio prima dei lager tedeschi: qui Cesare viene inserito nel lavoro in
cucina, e comincia a pensare che tornerà libero solo dopo la fine delle ostilità e l’abrogazione delle
leggi razziali.
Non è purtroppo così: il 22 febbraio 1944 tutti i reclusi di Fossoli partono per Auschwitz a bordo di treni
bestiame, non tutti arrivano vivi. Di Paolo Shaul Levi e di Cesare Carmi, più nessuna traccia né
tantomeno lettera: il secondo diventa un numero, 174482, tatuato sul braccio sinistro.
Nel febbraio 1945, a guerra conclusa, Liliana Repetto – che un anno prima aveva condotto il Servizio
di Informazione e Propaganda verso la Liberazione di Chioggia – scrive alla famiglia di Cesare per dire
che ha incontrato un sopravvissuto di Auschwitz, il veneziano Luciano Mariani (che laggiù aveva perso
tutti i propri cari), il quale aveva conosciuto proprio il genovese nel servizio alla “Buna”, la fabbrica di
gomma plastica interna al campo di sterminio, dove aveva lavorato anche Primo Levi.
Succede che nel gennaio 1945, quando l’avanzata dell’Armata Rossa era ormai inesorabile, i nazisti
abbandonarono il lager in fretta e furia, lasciando dentro solo gli infermi agonizzanti e trascinando con
sé, nella neve della steppa polacca, coloro che erano ancora in grado di camminare. Tra essi appunto
Cesare Carmi, che inevitabilmente trovò la morte durante la lunga traversata. Non una data, non una
sepoltura sono di lui note, così come per Paolo Shaul Levi, probabilmente finito nel gas.
A Genova, a Padova, a Chioggia hanno continuato a piangerli in tanti. Tra essi, Flavia Silvestri, che
aveva conservato tutte le lettere scambiate con Cesare dalla prigionia. Finché, nel 2013, alla sua
scomparsa il marito Alessandro Cerruti (già collega di Carmi alla SACIA), le ritrova intatte e le
consegna alla Comunità Ebraica di Genova, che ha provveduto a recapitarle a Luciana Laudi, figlia di
Elda, la sorella di Cesare. Due anni fa la signora, archivista storica e collaboratrice del Centro di
Documentazione Ebraica Contemporanea, decide di pubblicarle in un volume edito da Il Prato,
“Venezia-Fossoli: direzione Auschwitz”. In questa maniera Cesare Carmi, Paolo Levi, Flavia Silvestri, lo
zio Miro e la zia Sara hanno cominciato a rivivere.
Così è stato, durante questo lungo anno di preparazione al momento attuale, anche per il Comitato
ANPI di Chioggia: attraverso ulteriori ricerche nell’Archivio Storico della città, che hanno completato
quelle della signora Laudi, ci siamo affezionati a Cesare, parlandone al presente come fosse una
persona di casa.
E se questo giovane sfortunato non ha avuta degna, ermetica, singolare e riconosciuta sepoltura, da
qualche parte tra la Polonia e la Germania, da oggi questo diventa il luogo ove piangere la sua
vicenda. A memoria di un periodo in cui era pericoloso non solo dire ciò che si pensava, ma anche di
rivendicare la propria stessa esistenza: lo stato in cui versa la società di oggi dice che è ancora lunga e
accidentata è la strada verso il ritorno a casa di tutte e tutti i Cesare Carmi del mondo.
Enrico Veronese, Chioggia, 5 febbraio 2023
E il popolo dei diritti e della buona storia, l’ANPI con il puntuale intervento del suo
presidente, si sono mobilitati.