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Oh, l'infinita grazia per cui io ardii

di penetrare il mio sguardo nella luce eterna,

tanto che vi consumai la vista!

Vidi che in quella profondità è contenuto,

rilegato con amore in un unico libro,

ciò che nell'Universo appare disperso:

le diverse sostanze, gli eventi ed il loro legame,

fusi insieme, in un modo che

come la mia descrizione ne è un semplice barlume.

La forma in cui tutto l'Universo si annoda

credo di aver visto, perché più generosamente

ne parlo, più mi sento felice.

Un solo momento di questa visione mi causa una dimenticanza

più grande dei venticinque secoli di quell'impresa

che fece ammirare a Nettuno l'ombra della nave Argo.

Così la mia mente, in estasi,

guardava ferma, immobile e rapita,

e più guardava e più voleva guardare.

Per quella luce si diventa tali,

che distogliersi da lei per guardare altro

è impossibile desiderarlo;
perché il bene, che è obiettivo della volontà,

si racchiude tutto in quella luce, e al suo esterno

diventa difettoso ciò che in essa è perfetto.

Da adesso il mio parlare sarà inadeguato,

per i miei ricordi, come il parlare di un bambino

che ancora succhia il latte della madre.

Non perché ci fosse un solo aspetto

nella luce che guardavo,

che è sempre uguale a sé stessa eternamente;

ma perché la mia vista diventava più profonda

più io guardavo, e quella immagine vedevo

in maniera diversa con il mutare del mio animo.

In quella profonda e luminosa essenza

in quella luce mi apparvero tre cerchi

di tre colori diversi e della stessa dimensione;

il primo ed il secondo sembravano l'uno il riflesso

dell'altro come arcobaleni concentrici, mentre il terzo pareva un fuoco che avvolgeva e pervadeva i primi due.

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