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FEMALE HIP HOP ACTIVIST

Un incrocio intersezionale

Con il tramonto delle classi sociali novecentesche, l'intersezione tra


sesso,razza e classe non sembra più costituire un paradigma, quanto
piuttosto un costrutto ad assetto variabile in cui, a seconda del contesto,
uno dei tre elementi emerge come trainante. Ciò ha delle ripercussioni
anche nel campo dell'arte e della cultura; nell'ambito dell'hip hop, ad
esempio, le rapper afroamericane propongono un'immagine femminile in
cui la rivendicazione della propria blackness si accompagna alla
consapevolezza della fluidità dell'identità sessuale e alla necessità di
sfatare certi stereotipi come quello che fa coincidere l'impegno politico
con la sobrietà dei comportamenti.
Nei loro video vi sono frame che richiamano le black panthers e il
movimento black lives matter, e ci si batte contro la discriminazione
razziale e di classe senza rinunciare però a una politica del desiderio.
L'obiettivo è quello di concentrarsi sull intreccio di dinamiche socio-
politico-culturali che ha dato vita all'hip hop femminile, adottando il
costrutto di intersezionalità come prospettiva di analisi e l'approccio
interdisciplinare come metro di costruzione del discorso.
Negli anni 70 del 1900, i movimenti afroamericani più radicali ( Black
panters in testa) hanno sedimentato la loro presenza nei ghetti d'America
attraverso una capillare azione di formazione delle nuove generazioni, tesa
a renderle consapevoli delle loro radici e delle dinamiche di oppressione di
cui erano vittime. Il testimone è passato proprio nelle mani del movimento
hip hop, che soprattutto con artisti quali Public Enemy, Ice Cube, Tupac e
altri, si è collocato nell'ambito della pedagogia degli oppressi.
L'accostamento tra la pratica militante di Freire e quella di molti gruppi
Hip Hop (ex. Le posse) non deve risultare contrastante, in quanto entrambi
muovono dalla strada, parlano agli esclusi e utilizzano il doppio registro
dell'alfabetizzazione e della coscientizazione per disegnare un percorso
di liberazione.
La coscienza secondo vygotsky non è un costrutto astratto, ma il riflesso
dei rapporti di potere che la determinano e delle modalità attraverso le
quali viene utilizzata. è per questo che può diventare il presupposto per
una trasformazione della società a partire dagli oppressi. coscientizzazione
viene così a significare riappropriazione culturale, che è quello che hanno
fatto le avanguardie militanti afro americane negli anni 60 e 70 e
successivamente il movimento delle posse, costruendo un'alternativa
credibile alla cultura dominante bianca partendo dalla strada, educando le
persone ad assumere comportamenti politicamente consapevoli e
fornendo loro gli strumenti per leggere in maniera critica il passato e il
presente. L'hip hop ha dunque una valenza pedagogica. Alle rapper della
nuova generazione va il merito di aver rivitalizzato e rivoluzionato un
filone che, una volta perduta la sua originaria connotazione militante, si
avviava verso un declino irreversibile, consumato da maschilismo, pulsioni
misogine e dall'ostentazione del lusso e della ricchezza. A tutto ciò le
rapper hanno opposto un pensiero e un linguaggio nuovamente corali,
tornando a parlare a una comunità e ripristinando la funzione pedagogica
delle origini, proponendo un modello formativo solidale, rispettoso delle
differenze e capace di ricombinare i tre assi identitari sesso,razza e classe
in nuove pratiche di liberazione. Il 17 Marzo del 1992 viene pubblicato 360
degrees of Power, il primo e unico album di Sister Souljah, pioniera
dell'hip hop militante. L'album suscita grandi polemiche, tanto da essere
censurato da mtv e stroncato dai media mainstream perché accusato di
essere violento, osceno e provocatorio. Si tratta di un'invettiva contro la
repressione della comunità afroamericana e una rivendicazione della
femminilità nera, che nelle parole di S.S diviene un'inedita sintesi di
sensualità e potenza. Il suo esordio musicale costituisce dunque un evento
seminale per lo sviluppo dell'hip hop femminile militante. Il suo linguaggio
è diretto e l'approccio è provocatorio anche quando parla del rapporto tra
sesso biologico e genere sessuale, tanto che è stata accusata di farsi
portavoce di una visione della sessualità femminile eccessivamente
ancorata alla dimensione binariae di non contemplare nemmeno la
possibilità che essa possa svilupparsi senza avere come riferimento
obbligato l'elemento maschile.
La giurista e attivista afroamericana Kimberlé Crenshaw è stata la prima a
utilizzare il termine intersezionale x descrivere il rapporto tra le varie
identità sociali e l'insieme delle forme di oppressione messe in campo
contro di esse. La studiosa commenta l'episodio che nel 1851 ha visto
protagonista Sojourner Truth, l'abolizionista e femminista afroamericana
che, in occasione del Convegno per i diritti delle donne dell'ohio, ha
pronunciato il discorso passato alla storia con il titolo 'Ain't i a woman?'.
Sulla base delle parole della Truth, Creenshaw costruisce una dura
requisitoria contro il femminismo bianco.
Anche oggi infatti le femministe pretendono di rappresentare l'esperienza
e le aspirazioni di tutte le donne, ma non includono le donne nere, tanto
che esse devono chiedere 'non siamo forse donne?'. Non solo le donne di
colore sono di fatto trascurate, ma la loro esclusione diviene ancora più
profonda quando le donne bianche parlano 'in quanto' e 'a nome' delle
donne. Quando la teoria femminista cerca di descrivere le esperienze delle
donne attraverso l'analisi del patriarcato o della sessualità, spesso trascura
il ruolo della razza. Le femministe quindi ignorano come la loro stessa
razza spesso le renda delle privilegiate, contribuendo alla dominazione
sulle altre donne.
La rivendicazione della specificità della condizione di donna afroamericana
rispetto alla razza e al genere, torna nelle tesi di altre esponenti della
galassia black Power, tra cui Angela Davis e Selma James che, con una
serie di scritti, pone i presupposti per lo sviluppo della teoria
intersezionale. Il suo lavoro politico si fonda sul tentativo di andare oltre il
costrutto di working class, troppo esclusivo ed escludente, soprattutto
perché non tutti sono retribuiti per il proprio lavoro; proponendo di
sostituirlo con grassroots, ovvero 'dal basso' che include i contadini, le
donne, i carcerati e altri soggetti marginalizzati. La James è stata infatti tra
le prime a sottolineare lo sfruttamento femminile tra le mura domestiche.
il movimento femminista ha approfondito l'analisi della famiglia
capitalistica. Alcune donne identificano nella famiglia il centro del
consumo, e altre ancora hanno posto in evidenza che le casalinghe
formano una riserva nascosta di forza lavoro: le donne disoccupate
lavorano dietro le porte chiuse di casa per essere chiamate fuori quando il
capitale ha bisogno di loro altrove. Nel momento in cui le donne
rivendicano il controllo sul loro corpo, rifiutano il dominio del capitale che
lo ha reso strumento di accumulazione di plusvalore.
Il costrutto di intersezionalità si fonda su due dimensioni, o meglio su due
concettualizzazioni costituenti, ovvero la globalità e la molteplicità.
Non è un caso che sia il corpo, nella sua duplice accezione di corpo
sociale e corporeità del soggetto, a costituire il terreno di sperimentazione
della teoria intersezionale. Quest'ultima andrebbe pensata come un
dispositivo ad assetto variabile, capace di intercettare il gioco di varianti
che regola la trama del corpo sociale, e che a seconda delle circostanze
porta ad emergere una determinata dimensione identitaria rispetto alle
altre. Sembra essere questo, ad esempio, il meccanismo che induce Sister
Souljah a introdurre i temi del suo album, affermando di essere prima di
tutto un'africana, una nera, e di volere ciò che è bene per sé e per il suo
popolo, e se la sua sopravvivenza significa la totale distruzione del potere,
allora cosi sia.
Sarebbe errato rintracciare nelle parole della rapper uno spirito
nazionalistico, In quanto in prima linea c'è la questione del colore, inteso
come il margine disegnato sulla pelle che racconta di segregazione e
genocidi, e che allo stesso tempo è anche l'occasione per sabotare i
confini di una sovranità costruita sulla bianchezza. Questa rivendicazione è
l'essenza della blackness ,che è una costruzione culturale che permette
una collocazione culturalmente non subalterna della popolazione nera in
un contesto sociale bianco.
Assata Shakur Sostiene che il modo di vestire e l'aspetto che si ha,
riflettano sempre ciò che si vuole dire di se stessi. lei è stata una delle più
importanti dirigenti delle black panthers e della black Liberation Army, e si
è espressa circa l'importanza dell'abbigliamento e dell'estetica come tratto
distintivo della propria identità etnica e politica. Le pantere nere puntano a
celebrare standard di bellezza non eurocentrici, e incoraggiano i militanti a
portare i capelli al naturale, ad amare il colore, la consistenza e l'odore
della propria pelle. Tendono a riservare grande attenzione al look: i
militanti neri sono dei rivoluzionari rigorosi, spesso colti raffinati ma anche
molto cool: sono soliti indossare giacche di pelle nera, camice blu polvere,
pantaloni attillati, occhiali scuri e basco nero. Inizialmente l'abbigliamento
è utilizzato a mo' di divisa, e alcuni accessori, come occhiali e berretti, ne
sottolineano il carattere militare. Questo modo di vestire è adottato anche
da molte donne dell'organizzazione, soprattutto le dirigenti, mentre le
militanti, nelle manifestazioni pubbliche, indossano anche una sorta di
uniforme, consistente in un tailleur nero con una cintura bianca. L'insieme
deve evocare l'immagine di una milizia coesa, determinata e disciplinata.
L'abbigliamento delle Pantere diviene l'espressione di un ideale di stile e di
bellezza condiviso dalle nuove generazioni nere, che prendono finalmente
coscienza della propria identità culturale, raccogliendosi dietro lo slogan
'nero è bello'. Il 7 settembre 1968 è una data importante, in quanto
testimonia le prime divergenze nella storia dei rapporti tra il movimento
femminista e le donne afroamericane. Un gruppo di 400 donne,
organizzate dal New York radical women, si riunisce fuori dalla struttura
dove si tiene il concorso di Miss America e contesta duramente la
manifestazione, gettando reggiseni, scarpe con tacchi alti, trucco e
parrucco nei bidoni della spazzatura. A pochi isolati di distanza viene
invece incoronata provocatoriamente una Miss America nera, la
diciannovenne Saundra Williams, studentessa e militante per i diritti civili,
che dopo le elezioni afferma che Miss America non sia realmente
rappresentativa dal momento non c'è mai stata una ragazza nera nel
concorso, e col suo titolo dichiara di poter mostrare alle donne nere che
anche loro sono belle. Qualche anno prima, alcuni circoli intellettuali black
avevano già provato a rompere il ghiaccio. Il 28 gennaio del 1962, in un
night club di Harlem si tiene una sfilata di moda, il cui successo richiede
una replica la stessa notte. La passerella, intitolata 'Naturally'62' è
organizzata da un gruppo di creativi afro american,i e a sfilare sono
modelle nere con fattezze decisamente curvy. Queste donne sono
conosciute come 'Grandassa models', dal termine Grandassaland, coniato
per indicare il continente africano, e sono le prime testimonial del
movimento black is Beautiful, che negli anni successivi incontrerà un
successo planetario. Predicano libertà e bellezza: ai bambini neri fu
insegnato che la nerezza era ed è melanina e magia, potere e scopo, e che
l'uniforme delle pantere nere significava unità in una continua lotta per la
libertà. L'estetica del gruppo emanava una naturale freschezza ed evocava
lo spirito di vivere senza paura.
Nel febbraio del 2016, Beyoncé, in occasione dell'uscita di formation,
riprende molti temi cari al movimento black is beautiful. Un mese dopo, la
cantante, invitata a esibirsi x il cinquantenario del Superbowl, si presenta
con un corpo di ballo tutto al femminile che indossa l'uniforme delle
pantere rivisitata dalla stilista Marni Senofonte. Il 2016 era il cinquantesimo
anniversario della fondazione del Black Panther Party. L'esibizione suscita
molte polemiche, a dimostrazione del fatto che l'esperienza del BPP non
ha smesso di turbare l'opinione pubblica bianca, ma accresce l'interesse
delle nuove generazioni nere verso le pantere.
Abbiamo già detto che con il tramonto delle classi sociali novecentesche,
l'intersezione tra sesso, razza e classe non sembra più costituire un
paradigma rigido, quanto piuttosto un dispositivo ad assetto variabile in
cui, a seconda dei contesti, uno dei 3 elementi emerge come trainante. Ciò
non sminuisce la rilevanza di tale costrutto, ma ne mette in evidenza la
maggiore fluidità rispetto ai decenni passati. Esiste una continuità tra le
tematiche che hanno animato i movimenti per i diritti civili afroamericani
degli anni 60 e 70 e le nuove espressioni artistiche e culturali della scena
Black. Risulta opportuno ragionare sul rapporto tradizione/innovazione che
lega l'universo dell'hip hop femminile afroamericano all'immaginario
estetico culturale disegnato dalle loro antenate. L'idea è che esista una
sorta di architettura matrilineare che ha assicurato la trasmissione di
pratiche e valori da una generazione all'altra. Le rapper afroamericane,
oggi, propongono un'immagine femminile in cui la rivendicazione della
propria blackness si accompagna alla necessità di affondare certi stereotipi
per i quali l'impegno politico deve necessariamente coincidere con la
sobrietà dei comportamenti e l'austerità del linguaggio.
La logica intersezionale, che permette alle rappers di battersi contro la
discriminazione razziale senza rinunciare a una politica del desiderio, passa
attraverso la riscoperta del corpo, della sensualità e della cura di sé.
Analizzeremo adesso una serie di artiste nere che si sono imposte sulla
scena contemporanea per la forte caratterizzazione politica che le
contraddistingue. Tra queste, Erykah Badu, in riferimento a un suo singolo
video, girato nella piazza di Dallas, dove il 22 novembre del 1963 venne
assassinato Kennedy, e associato al brano Window Seat. Nel video, la
cantante improvvisa una sorta di streap-trease in movimento e, una volta
rimasta nuda, cade a terra, come se venisse colpita da un colpo di pistola.
In seguito alle denunce di vari passanti, la Badu viene multata e
condannata a 6 mesi in libertà condizionata. Nel testo non compaiono
espliciti riferimenti a temi razziali o politici, ma è piuttosto un atto di
accusa nei confronti del conformismo, e del perbenismo, pronti a soffocare
ogni manifestazione di diversità. Nella scena finale del video, dal corpo
della vittima fuoriesce del sangue azzurro; la stessa artista afferma di aver
girato il video a Dallas x paragonare l assassinio di Kennedy all'assassinio
del suo personaggio, che viene ucciso dopo essersi mostrato
completamente. La nudità non è sanzionata perché offende il senso del
pudore, ma perché rivela l'alterità e la difformità rispetto allo standard. La
Badu è abbattuta quando osa esporre la sua diversità. L'uso del corpo
diventa quindi il luogo del conflitto.
Sa Roc, nome d'arte di Assata Perkins, si è guadagnata l'attenzione del
pubblico in particolare con forever, un brano introspettivo e struggente.
Questo componimento segna una svolta nella carriera dell'artista. da
sempre contraddistinta da temi di forte impegno politico e civile, che
stavolta sono riletti in chiave autobiografica. Sa Roc, come Badu in
Windows Seat, mette a nudo il proprio corpo e lo trasforma in un
dispositivo narrativo attraverso il quale far dialogare dimensione pubblica
e privata, citando le sue cicatrici e il suo difficile rapporto col cibo. In
un'intervista concessa ad Isaac Ford spiega le ragioni di questo suo
coming out, affermando di non aver sempre avuto la forza necessaria per
credere in se stessa, e dopo aver nascosto per anni le le sue cicatrici, ora
che ne ha passate così tante ed è arrivata così lontano, è finalmente
orgogliosa di condividere la sua storia. Nel video che accompagna il
brano, la telecamera si focalizza sulle impronte che la vita ha lasciato sul
corpo dell'artista a partire dalla cicatrice all'altezza della trachea, esito del
foro dal quale entrava la cannula per l'alimentazione forzata. La cantante
si dichiara stanca dell'obiettivo irrealistico della perfezione e del dolore che
questo sta causando. Inneggia all'autenticità e all' essere se stessi.
Azelia Banks È una delle rapper più talentuose e controverse della sua
generazione che si trova spesso al centro di continue polemiche per via
delle sue dichiarazioni pubbliche; nei suoi brani è aggressiva e violenta e
le sue invettive sono spesso espresse con un linguaggio politically
incorrect. Nel dicembre 2014 sale alla ribalta delle cronache chiedendo che
siano pagati dagli Stati Uniti 100 trilioni di dollari agli afroamericani come
risarcimento per la schiavitu patita dei loro antenati, aggiungendo che i
risarcimenti andrebbero utilizzati per migliorare le prospettive educative
della comunità nera. L'anno successivo torna al centro delle polemiche per
aver posato per Playboy. la Banks denuncia come la cultura americana sia
strutturata uso e consumo dell'uomo bianco e di come molti artisti neri si
adeguino, andando contro i loro stessi principi.
Commenta poi, con connotazioni negative, la Presidenza di Trump, e l'8
agosto 2020 pubblica un post in cui afferma di voler porre fine alla sua
vita tramite suicidio assistito, e di documentare l'intero processo in una
sorta di docufilm, ma il progetto fortunatamente non va in porto.
l'essenza della Banks sta proprio in queste performance e dichiarazioni
estreme e talvolta contraddittorie.

Rapsody è una delle rapper più innovative dell'ultimo decennio. Nella sua
musica ci sono continui richiami e omaggi alla cultura afro; è un'artista che
riserva una particolare cura ai video che accompagnano le sue discografie.
Una delle produzioni più recenti è 12 problems, il quale video inizia con
una sequenza in bianco e nero: progressivamente e messo a fuoco il viso
di una giovanissima ballerina afro americana con indosso un tutu nero che
si esibisce in strada in passi di danza classica; alle spalle lo scenario
desolato di una delle tante periferie americane al fine di evidenziare il
contrasto tra bellezza e degrado.
Janelle Monae→ La sua produzione artistica ha come filo conduttore
l'impegno sulle questioni di genere, affrontate attraverso il filtro della
razza. Bisessuale, ha portato la questione di genere anche nel mondo della
moda, dichiarando di sentire la responsabilità nei confronti della sua
comunità e di altre giovani ragazze di contribuire a ridefinire l'aspetto di
una donna, aggiungendo che non crede nell'abbigliamento maschile o
femminile, ma che apprezza solo quello che le piace. l'artista non ha mai
nascosto la sua militanza politica nemmeno sul versante della lotta
antirazzista, e un brano che sintetizza l'intreccio delle tematiche di Monae
è sicuramente Q.U.E.E.N., che vede la la partecipazione di Erykah Badu. Il
testo è una denuncia delle discriminazioni di cui sono vittime le comunità
di cui si fa cenno nel titolo, e nel video si respira un'atmosfera glamour e
sofisticata, in particolare nella sequenza in cui appare la Badu come
un'elegantissima regina, con tanto di guardie del corpo in completo
bianco e in posa marziale.
Sampa the Great è originaria dello Zambia. Il suo percorso artistico e
politico è caratterizzato dalla ricerca delle proprie radici africane e da una
forte rivendicazione dell'identità femminile. Per quanto riguarda l'aspetto
visuale, a colpire sono le atmosfere sensuali, ottenute grazie a una
fotografia raffinata che alterna paesaggi africani a scenari urbani. Accurata
è anche la scelta dell'abbigliamento: a volte estroso e ricercato e a volte
evocante tradizionale regalità africana.
Nitty Scott, in brani come La Diaspora, tratta il temo dello schiavismo e
rivendica le sue duplici origini africane e latine, ma va ricordata anche per
essere una voce autorevole della comunità e il LGBTQ e una delle artiste
più critiche del maschilismo hip hop.
Teyana Taylor, nel suo ultimo lavoro The album, ha dedicato una traccia a
George Floyd, e il video associato è un tributo a Malcom X e alle Black
panthers.
Sudan Archives è una giovane e talentuosa musicista, la cui produzione è
densa di richiami alla musica tradizionale africana, e i cui video presentano
richiami alla blackness e agli anni 70. In uno di questi, la cantante sfila su
una decappottabile circondata da una serie di guardie del corpo, scena
che ricorda la sfilata di Miss Black America del 1968.

In conclusione si è cercato di identificare e analizzare alcuni aspetti che


pongono in continuità le tematiche e i contenuti che hanno dato vita ai
movimenti per i diritti civili afro americani degli anni 60 e 70 e alcune
nuove espressioni artistiche culturali, provenienti dalla scena black. si è
posta al centro dell'attenzione una politica del desiderio, che attraversa
diverse dimensioni quali la riscoperta delle proprie origini e la dialettica
dell'identità, che chiama in causa anche quella sessuale. Al centro di
questa politica assume un ruolo centrale quello del corpo, si tratta di corpi
contundenti, perché tendenti all'irriducibilità ai canoni socialmente richiesti
e indicati come conformi. Questa chiave di lettura apre nuovi spazi di
lavoro con insegnanti, educatori e studenti, partendo dal presupposto che
il concetto di inclusione non sia affatto neutro. C'è quindi una sostanziale
differenza tra ciò che ha significato, anche sul piano pedagogico, Bob
Marley ,con la sua attenzione a tematiche importanti come quelle del
legame con le origini e la ricerca della propria identità, e quello che
esprimono le rapper che abbiamo qui presentato: La differenza non sta
solo nelle sfumature con cui certi temi sono stati affrontati, ma proprio
nell'uso del corpo. In tutti e due i casi c'è un'attenzione all'estetica
narrativa ed emerge una sensualità che attrae e genera desiderio, ma
mentre in Bob Marley sembra emergere una richiesta di inclusione agita
secondo la logica delle minoranze che devono essere incluse, queste
rapper aprono le porte al conflitto abitandolo, mettendo in discussione
l'idea stessa di inclusione sociale. Ponendosi come irriducibili, attraenti
dure e al tempo stesso sensuali, disorientano e soprattutto smontano la
costruzione di comodo di una società inclusiva che è tale solo nella misura
in cui l'altro, ovvero il diverso, si assimila e si lascia assimilare; non a caso,
nei loro testi e nei loro video, appena si oltrepassa il vero confine, il corpo
contundente viene espulso.

Non solo Marketing. L'ecosistema Youtube come opportunità


per l'autonarrazione della disabilità e dell'inclusione

Molti influencer utilizzano la narrazione della propria quotidianità per


dare ai follower la percezione di condividere con loro un'amicizia
autentica, sulla quale costruire un processo di immedesimazione,
spesso orientato a condizionarne le scelte di consumo. In altri casi,
questo meccanismo di rispecchiamento riesce a emanciparsi dalla
logica commerciale: è il caso, ad esempio, dei numerosi canali gestiti
da youtuber adolescenti che affrontano temi come quelli della
sessualità, delle dipendenze, dell'ambiente e soprattutto della
variegata comunità disabile che, nell'ultimo periodo, ha scelto youtube
come mezzo a cui affidare una narrazione in prima persona della
propria condizione, attraverso video potenti e provocatori che
riescono a sabotare la retorica pietistica che la società abilsta ha
creato attorno a loro. L'ecosistema youtube vanta numeri
impressionanti: gli utenti mensili hanno superato nel 2019 gli 1,9
miliardi. I creator sarebbero oltre 50 milioni e sono il motore
economico della piattaforma; un creator con un audience compresa
tra i 500 e i 5000 follower in cassa circa 315 $ per video, mentre
quelli con oltre 500.000 ne guadagnano 3857. Considerando che gli
youtuber più noti pubblicano almeno un video al giorno, molti di loro
possono vantare introiti mensili di circa 120.000 $. La maggior parte
di loro ha un'età compresa tra i 24 e i 35 anni, anche se stanno
aumentando i creator di successo di età più avanzata. Tra gli esempi
più noti c'è quello dell' ottantanovenne giapponese Hamako Mori, che
dal 2014 gestisce il canale Game grandma. La Mori vanta una grande
esperienza come videogiocatrice e oggi il suo canale conta più di
30.000 follower. Ha ottenuto successo anche letizia favuzza, di 101
anni, che sul canale Pasta grannies insegna prelibate ricette siciliane, e
l'indiano Narayana Reddy, morto nel 2019 a 73 anni, che sul canale
Grampa Kitchen cucinava enormi porzioni di cibo destinato agli orfani
della sua comunità. Per quanto riguarda il versante artistico, va citato
anche Truthsurge, anziano e musicista rock con oltre 250.000
follower, e il sessantenne italiano Domenico Bini, a sua detta
cantautore e chitarrista heavy metal famoso sul web e nel mondo; si
tratta di un ex agente penitenziario che oggi conta 109.000 follower e
16 milioni di visualizzazioni. Sul versante opposto c'è il fenomeno dei
baby youtuber, hanno dai quattro ai 10 anni e sono diventati delle
vere e proprie star. I nomi più noti sono quelli di Evan Snyder,
approdato a 6 anni su youtube, e soprattutto quello di Ryan Kaij, che a
8 anni recensisce giocattoli nel canale Ryan toys review ,ed è seguito
da 19 milioni di follower, arrivando a un giro d'affari di 22 milioni di
dollari l'anno. Secondo Ramon-Serrano e Herrero-Diz, il successo dei
baby youtuber si spiega prima di tutto con il loro crescente
protagonismo, che li ha portati a sottrarre ai genitori il potere di
decidere sugli acquisti a loro destinati. Il rifiuto della mediazione degli
adulti nella scelta del gioco o del vestiario ha come conseguenza la
creazione di una comunità di giovanissimi che attribuisce
autorevolezza solo agli influencer a loro coetanei.
Un discorso quasi simile può essere fatto per gli youtuber adolescenti,
o comunque sotto i 30 anni di età. Anche in questo caso, a risultare
decisivo è il rapporto coi fan: i follower aspirano al successo dei propri
beniamini, che si presentano come ragazzi normali. L'illusione di
ripercorrere gli stessi passi dei propri idoli, fa sentire i fan in qualche
modo partecipi dei successi dello youtuber. L'illusione in questione
può essere spiegata con la tesi del modellamento simbolico di
Bandura: nel caso di emulazione di modelli virtuali, questa si realizza
attraverso la fruizione di esperienze di vita altrui, che vengono
idealizzate e si strutturano in veri processi di identificazione.
Gli youtuber incidono in maniera significativa sulla formazione
identitaria dei loro fan per il fatto di condividerne caratteristiche simili
e in virtù dell'alta interazione garantita dall'elemento video, che
facilita una rapida identificazione. Gli adolescenti utilizzano le
piattaforme video come scenario per agire, raccontare storie ed
esprimere opinioni. la frequentazione di youtube favorisce quindi il
senso di appartenenza e di identificazione sociale; non a caso i
giovani della comunità LGBT sono stati tra i primi a scoprire le
potenzialità di youtube, e fin dalle origini i Vlog gestiti da persone
trans ospitano coming out o confessioni circa la difficoltà di
riconoscersi in uno schema binario di genere.
Gli youtuber avrebbero introdotto una nuova tipologia di audiovisivo,
ruotante attorno alla polimediazione: un nuovo paradigma che
produce profitti legati al numero di visualizzazioni e da vita a un
mercato formato da un lavoratore-produttore che genera contenuti,
un pubblico, inserzionisti che acquistano la pubblicità sui vari canali e
un flusso monetario legato a questa pubblicità. Ciò ha originato
comunità in connessione permanente, una nuova estetica e nuovi
modelli di business. La motivazione principale degli youtuber non è
tanto la necessità, quanto l'opportunità di fornire contenuti.
Nonostante le contraddizioni generate da un uso spregiudicato del
marchio, l'universo youtuber è uno degli spazi più decisivi per la
costruzione dell'identità adolescenziale, soprattutto per quanto
riguarda l'identità di genere, quella professionale e l'orientamento
sessuale. Alcuni youtuber utilizzano la satira politica per incrementare
il loro seguito. L'emergere di queste forme non convenzionali di
partecipazione politica sarebbe favorito dalla dall'allontanamento dei
cittadini dalle solite pratiche di rappresentanza. La cultura della rete,
di fronte a una politica sempre più distaccata dalla società civile,
sembra trovare nella satira un terreno ideale di espressione,
utilizzando la parodia come pratica per esprimere il proprio punto di
vista e dialogare con altri. Questo insieme di dinamiche sono alla base
anche di un fenomeno relativamente poco conosciuto nel nostro
paese: quello degli youtuber disabili. Cerca il 15% della popolazione
mondiale vive con una qualche forma di disabilità. La disabilità, in
realtà, è una costruzione sociale con una forte implicazione socio
relazionale, che si palesa all'interno dei rapporti umani dominati dalla
cultura della norma come un'alterazione di ciò che convenzionalmente
è ritenuto tipico. Ciò determina forme di categorizzazione e di
etichettamento, quindi l'affermazione dello stigma. Il dispositivo dello
stigma non è applicato soltanto alla disabilità, ma anche ai costrutti di
razza, di sessualità e di classe. Per lungo tempo, e purtroppo in alcuni
casi ancora oggi, gli stessi femminismi e le teorie critiche sulla razza
hanno guardato alla disabilità con un approccio medicalizzate nei
confronti dei corpi disabili. Alle donne, ad esempio, in nome di queste
differenze di natura, sono stati imposti da parte degli uomini una
serie di attributi e ruoli, come quelli riproduttivi; mentre molte teorie
razziste si sono fondate sull'idea che le popolazioni non bianche
abbiano capacità cognitive, quindi naturali, inferiori.
Il pensiero dei Disability studies e dei Feminist disability studies critica
la lettura della disabilità come deficit, e sostiene che questa, al pari
dei costrutti di sesso, razza, classe e orientamento sessuale, sia
costruita in termini socio-culturali. Sessismo, razzismo, classismo e
abilismo sono costrutti culturali che tendono a ri-produrre rapporti di
potere che determinano chi rientra nella normalità e chi ne è escluso.
Per modificare la società in cui viviamo, sarebbe necessario modificare i
rapporti di potere che la costituiscono. Questo genere di cambiamento
risulta lento e difficile da realizzarsi, ma in realtà è rintracciabile in rete.
Youtube sembra essere una delle prime occasioni in cui la
rappresentazione mediatica della disabilità non è effettuata da un
osservatore esterno, il quale, non vivendo nel corpo disabile, tende a
inserire nella narrazione frammenti della propria cultura abilista.
Costruendo autonomamente le proprie narrazioni, gli o le youtuber disabili
raccontano gli stereotipi e i pregiudizi che quotidianamente si trovano a
fronteggiare, denunciando l'inadeguatezza della rappresentazione
mainstream che i media propongono della loro condizione, in particolare
l'atteggiamento medicalizzante. La cultura di massa ambisce a
rappresentare la maggioranza delle persone, dimenticando di tutti quei
corpi non conformi. Nell'ottica abilista, la disabilità è disegnata come una
tragedia personale, e suscita sentimenti di compassione in chi la osserva. I
disabili diventano soggetti degni d'ammirazione per la loro capacità di
vivere una condizione indesiderabile. Questo è un atteggiamento tipico
della visione medicalizzate, come denuncia Robyn Lambird nel video
disability and body image. Le youtuber disabili denunciano la difficoltà di
far coincidere il loro corpo con le costruzioni culturali di genere, tanto che
per Jordan bone, tetraplegica a seguito di un incidente stradale e beauty
blogger di successo, la personale battaglia per la bellezza passa attraverso
la riappropriazione della possibilità di truccarsi in maniera autonoma.
L'atto estetico, oltre a significare la volontà di rendersi libera dalla
dipendenza altrui, si presenta come tentativo di risimbolizzazione erotica e
sensuale della propria corporeità, e come rottura nei confronti del
processo di infantilizzazione che le persone disabili subiscono.
Rebelwheels, in un video, Descrive il genere come un atto performativo e
fluido, e delinea le possibili intersezioni tra genere, orientamenti sessuali e
disabilità. Afferma di non credere molto nel genere, e di sentirsi a volte più
simile a un ragazzo, e a volte più simile a una ragazza, e di vestirsi di
conseguenza. Parla della sua disabilità e dice di esserne orgogliosa,
denuncia poi il fatto che molte persone tendono a infantilizzare chi è
disabile e a pensare che queste persone siano asessuate e che non
possano essere erotiche. Un'altro tema cruciale riguarda la possibilità di
vivere gli spazi: molti luoghi, sia pubblici che privati, sono interdetti alle
persone disabili a causa di barriere architettoniche che continuano a
limitarne l'accessibilità. Questo tema viene approfondito in un post di
Elena. La ragazza in questione critica la modalità di funzionamento delle
Rampe mobili nei locali per chi usa le carrozzine elettriche, in quanto
prevede che un operatore venga fisicamente chiamato all'arrivo e al
momento dell'uscita. Elena pensa, a questo proposito, che sarebbe meglio
se la rampa non ci fosse, perché utilizzarla in questo modo significa dover
chiedere il permesso in uno spazio pubblico. Da questo insieme di
rivendicazioni deriva un orgoglio disabile che ha tra i punti di forza la
ridefinizione dei concetti di cura, interdipendenza, differenza e diversità. La
relazione educativa che si struttura tra lo youtuber e la sua fandom lascia
la possibilità di affrontare tematiche complesse e intersezionali, ma
soprattutto diviene uno spazio di presa di parola e condivisione per
comunità e minoranze rese silenti dai media tradizionali. Uno spazio come
youtube, in cui potenzialmente ciascuno può essere se stesso e parlare di
questioni che lo riguardano direttamente, rappresenta un potente mezzo
di contaminazione culturale e un ambiente inclusivo reale.

Patologizzazione, brandizzazione e promozione del sé


nell'ecosistema social.
Una sfida e un'opportunità per la società inclusiva

Il tema del cosiddetto narcisismo digitale ricorre nel discorso pubblico


quando in riferimento ai comportamenti e alle pratiche comunicative
online dei più giovani. Osservatori e commentatori ricorrono
generalmente a una prospettiva 'medica' o 'patologizzante'
inopportuna, spesso non disponendo nemmeno delle necessarie
competenze per poterlo fare. Analizzeremo un tipo di pratica, ovvero
quella del selfie, e una tipologia di personaggio pubblico: lo youtuber.
È opportuno sottolineare che il selfie segna probabilmente il trionfo
definitivo dell'immagine sulla parola, almeno nel cyberspazio. La
scrittura stessa sembra essere ormai definitivamente contaminata da
elementi visuali, considerando che già nel 2014, la parola più
utilizzata in rete non era stata una parola, ma un'emoji, e cioè il
classico cuore rosso. Il report Instagram del dicembre 2018 afferma
che il simbolo a forma di cuore è stato utilizzato ben 14 miliardi di
volte dagli utilizzatori del social network, una spiegazione per questa
tendenza potrebbe essere quanto sostenuto da Marcel just,che
definisce i caratteri stampati come un artefatto umano che ha
funzionato molto bene per 5000 anni. Il nostro cervello, però, è stato
progettato dalla natura per acquisire e interpretare informazioni visive
su oggetti e soggetti in movimento.
L'immagine mostra di avere un carattere predatorio nei confronti della
scrittura, nel senso che si appropria progressivamente ditutti gli spazi
comunicativi fin qui presidiati e governati dalla parola scritta.
L'immagine è anche l'elemento che tiene insieme selfie e narcisismo.
Nelle varie versioni del mito di Narciso, Narciso, è un giovane di
incomparabile bellezza, oggetto del desiderio di chiunque abbia la
fortuna di incontrarlo; lui però respinge con disprezzo gli innamorati
che lo corteggiano, incurante dei loro sentimenti. Un giorno, mentre
vaga nel bosco, si imbatte in una fonte dalle acque purissime e
chinandosi sullo specchio d'acqua per bere, vede per la prima volta la
sua immagine riflessa, e se ne innamora perdutamente. Il desiderio
che lo divora si trasforma però in dolore insopportabile quando
prende coscienza che il giovane di cui si è invaghito non è altro che se
stesso riflesso nell'acqua. Questo amore paradossale e impossibile lo
consuma a tal punto da indurlo al suicido. I padri della psicoanalisi
hanno tratto dalla figura di Narciso suggestioni talmente potenti da
costruirvi attorno una specifica condizione patologica: il narcisismo.
Ellis è stato il primo a coniare nel 1898 il termine 'narcissus-like',
utilizzandolo per riferirsi a quei soggetti che ricorrono alla
masturbazione compulsiva perché divenuti oggetto sessuale di se
stessi. La lettura più celebre del mito, ovvero quella freudiana,
cammina lungo la stessa onda, ed è contenuta in un saggio del 1914
nel quale Freud utilizza il termine per designare il comportamento di
una persona che tratta il proprio corpo allo stesso modo in cui è
solitamente trattato il corpo di un oggetto sessuale, compiacendosi di
contemplarlo fino a raggiungere, attraverso queste pratiche, il pieno
soddisfacimento. Sulla scia di Freud, altri importanti autori
analizzeranno il mito di Narciso ,spostando però il focus sulle
relazioni oggettuali. Il teorizzare la coesistenza della dinamica
narcisistica con un oggetto esterno costituisce un passaggio
fondamentale e una scelta che apre le porte a un'analisi sociale del
fenomeno. Il lascito piu prezioso della psicoanalisi riguardo
l'immagine e il suo ruolo all'interno della dinamica narcisistica, è il
doppio di Otto Rank, che risale al 1914. Rank, sulla scia di Freud,
ritiene che l'esperienza del doppio tragga origine da regressione o
fissazione allo stadio del narcisismo primario, vissuto da ognuno di
noi in età infantile nella fusione del bambino con la figura materna,
circostanza che dona al piccolo un senso di onnipotenza. L'analisi di
rank procede addentrandosi all'interno della forma d'arte
cinematografica, è infatti esemplare la lettura di un film del 1913: Lo
studente di Praga, incentrato sui personaggi di Baldovino, uno
studente di umili condizioni, e del dottor Scapinelli ,un vecchio
misterioso al quale Baldovino cede la, propria immagine riflessa in
uno specchio in cambio di 100.000 monete d'oro, nella speranza di
conquistare la donna amata, la contessa Margit. Lo scambio si rivela
inutile per B., in quanto il suo doppio inizierà a perseguitarlo,
intromettendosi nella relazione con la contessa e divenendo sempre
più minaccioso, fino a che lo studente sparerà all'ennesima
apparizione della sua immagine. Il doppio scompare, ma sullo
specchio si materializza l'immagine di baldovino morente. Rank,
attraverso il doppio, inverte il rapporto tra immagine e identità: se è
vero che lo specchio è da sempre lo strumento che certifica la nostra
identità, nel caso del doppio siamo di fronte ad un'immagine che, una
volta abbandonata l'appartenenza allo specchio, si autonomia dalla
realtà del soggetto. Il legame tra narcisismo, scissione identitaria e
frantumazione del sé era stato in realtà già tratteggiato qualche anno
prima da Oscar Wilde né il ritratto di Dorian Gray. Nel romanzo,
Dorian, così come Narciso, è un giovane di straordinaria bellezza e di
carattere freddo respingente. Le sue sembianze perfette suscitano
l'attenzione di un artista di fama che lo immortalerà in un dipinto che
lo ritrae nel pieno della sua bellezza giovanile. Dorian a poco a poco si
convince del fatto che sarebbe stato umiliante negli anni a venire
guardare la sua immagine giovanile e compararla con il suo corpo in
progressivo disfacimento . Stipula così una sorta di patto diabolico
che invertirà il rapporto tra corpo e immagine: Il primo rimarrà per
sempre perfetto, mentre la seconda, contenuta nel quadro, sarebbe
invecchiata al posto suo. Il patto per lungo tempo tiene, Dorian
invecchia anagraficamente ma rimane con sembianze fisiche che
aveva a vent'anni, mentre il ritratto invecchia al suo posto. Accade
però, che l'autore del ritratto chiede a Grey di poter vendere il quadro,
e lui, temendo che ciò possa porre fine all'incantesimo, lo uccide.
L'assassinio crea grandi tormenti interiori a Dorian,, fino a
compromettere il suo equilibrio psichico, così il giorno che si deciderà
a sollevare il telo che ricopre il suo il quadro scoprirà il suo volto
vecchio e deforme,visione talmente insostenibile da indurlo a
squarciare la tela con un coltello. Il patto innaturale tra corpo e
immagine viene infranto, e il mattino successivo la servitù troverà il
cadavere di un vecchio decrepito con una lama infilzata nel cuore
giacere davanti al ritratto di un giovane di meravigliosa bellezza. Il
tema dell'eterna giovinezza rientra a pieno titolo nella dinamica
narcisistica.

2) Il selfie o della liberazione dello spectrum


L'innamoramento dell'immagine, lo specchio e il doppio e lo si
ritrovano nell'architettura e nella e filosofia del selfie. Quest'ultimo,
cancellando la mediazione operata dal fotografo, fa in modo che il
soggetto abbia il controllo dell'intero processo di ideazione,
riproduzione e diffusione dell'immagine, della quale riacquista il
diritto di proprietà e di sfruttamento. All'interno della vecchia
dinamica fotografica, il soggetto è impotente, ignaro anche dell'uso
che la società farà della sua foto. Con il selfie invece, la possibilità di
autorappresentarsi ridona vita al soggetto. Secondo kilner, attraverso
il selfie possiamo avviare anche un processo di riconoscimento delle
nostre facoltà espressive, che risultano fondamentali nella vita di
relazione. Il selfie consente anche un'auto osservazione che può
tradursi in una introspezione più profonda a livello psicologico; in
ogni caso, a differenza dell'autoritratto, non è un atto privato, ma è
pensato e realizzato esplicitamente per essere usufruito e condiviso
da altre persone. Non ha alcun senso un selfie che non sia esposto in
un social network. Siamo di fronte a una tecnologia della soggettività
utilizzata per verificare la propria capacità di attrazione e per ottenere
approvazione sociale. Alla base vi è i1 bisogno, in alcuni casi sofferto,
di visibilità e ricerca di una conferma esterna della propria esistenza. Il
fatto che il nostro smartphone, grazie alla doppia fotocamera, sia
utilizzato esattamente come uno specchio è ricco di significati. Come
nel caso di baldovino, questo doppio acquisisce vita autonoma, ma nel
caso del selfie non perdiamo il controllo su di lui, perché siamo noi a
dargli il via libera. Un selfie riuscito, capace di rappresentarci non
come siamo, ma come vorremmo essere, è la celebrazione di una
rinascita, più felice di quella originaria. Resta da capire quale rapporto
intercorre tra l'immagine e il sé all'interno del selfie. Nel caso del mito
di Narciso, del film dello studente di Praga e del ritratto di dorian
Grey, il rapporto è distruttivo in virtù dell'incompatibilità tra il
soggetto e il suo doppio, ma in rete le cose sembrano andare
diversamente. il termine networked self indica un sé connesso
costantemente con una rete di contatti sociali. Dentro questo sé non
trova posto semplicemente il soggetto, ma l'insieme delle relazioni
che egli è in grado di intrattenere e gestire. Un sé moltitudinario, che
non può prescindere dall'altro e che si esprime come
rappresentazione scenica ma anche come attività imprenditoriale. I
social media non educano soltanto gli utenti alla pubblicizzazione del
proprio sé, ma inducono anche alla manutenzione della propria
reputazione digitale attraverso tecniche di autopromozione; gli utenti
quindi sono spinti a pensare se stessi in termini di brand da da
promuovere e gestire.
Anche solo il semplice fatto che un selfie sia pensato come prodotto
sociale Ci suggerisce che la chiave narcisistica è del tutto inadeguata a
spiegare il fenomeno, e ancora meno lo è il piano patologico.
La paura di non essere presi in considerazione dall'altro, ha indotto
alcuni ricercatori a coniare un acronimo per definire un particolare
disordine della personalità di cui sarebbero affetti i soggetti
eccessivamente preoccupati della propria immagine digitale: FOMO,
che sta per Fear of missing out, la paura di essere tagliati fuori, i cui
sintomi sarebbero depressione ipocondria e sindrome da deficit di
attenzione. A torturare la nostra psiche sarebbe la preoccupazione
costante che gli altri stiano facendo qualcosa di più interessante o
divertente di quello che stiamo facendo noi. Più recentemente, un
team di ricercatori ha coniato una variante, definita nomofobia, per
indicare la paura incontrollata di non avere accesso alla rete di
telefonia mobile, relazionata alle stesse dinamiche che attivano la
fomo. Per quanto non sia convincente la chiave di lettura medica, non
si può ritenere che il selfie sia esente da implicazioni negative sul
piano dei comportamenti sociali e psicologici. Se è vero che con il
selfie il soggetto riprende possesso della scena, è altrettanto vero che
da questa operazione può scaturire un sé saggio e maturo ,ma
paradossalmente molto più fragile, perché questa emancipazione è
totalmente subordinata all'apprezzamento altrui. Codeluppi parla a
tale proposito di vetrinizzazione sociale, un processo che parte con la
comparsa delle prime vetrine nei negozi, e che poi si è espanso
perché le persone hanno compreso che potevano seguire l'esempio
delle merci, le quali sono in grado di esporsi con successo all'interno
delle vetrine. le persone hanno costruito così, un modello
comunicativo basato sulla spettacolarizzazione e sull' esibizione del
proprio fascino esteriore, che si è progressivamente diffuso
nell'ambiente sociale. Anche il selfie rientra nelle strategie di
promozione commerciale del sé alle quali la società dei consumi ci
induce. Attraverso di esso cerchiamo di mostrare il nostro aspetto più
seducente, infatti il selfie è sempre un prodotto confezionato a
tavolino, e lo scatto che condividiamo in rete è il frutto di numerosi
tentativi.

3)Self branding e autopromozione sociale. Gli youtuber


Con l'avvento dei social network, trovare uno spazio identitario e
performativo per il proprio io, è divenuto un po' più semplice. Le app
social hanno dato ai giovani una possibilità di accesso a esperienze e
identità situate al di fuori del loro ambiente quotidiano. Facilitano la
creazione di legami di appartenenza gruppali e conferiscono
riconoscimento sociale a categorie un tempo penalizzate.In un
periodo di crisi economica globale, i social network hanno permesso
alle aziende di colonizzare nuovi mercati. I consumatori sembrano
non ascoltare più il brand, ma si ascoltano l'un l'altro, e il 90% di essi
crede nelle raccomandazioni di altri consumatori. E' per questa
ragione probabilmente, che su Instagram, youtube, Facebook, Twitter
e tik tok, gli influencer riescono a condizionare e indirizzare senza
apparente sforzo gli orientamenti di acquisto dei propri fan , ai quali
si relazionano attraverso la narrazione della propria quotidianità, fatta
di selfies e stories ,in modo che i follower abbiano la percezione di
conoscerli intimamente. La costruzione di tale relazione potrebbe
apparire unidirezionale, ma non lo è, in quanto affinché il suo doppio
digitale esista e si affermi, l'influencer necessita che gli abitanti dei
social lo seguono, se possibile lo apprezzino o almeno parlino di lui.
Se la spinta che inizialmente aveva indotto l'influencer ad affacciarsi
nel cyberspazio derivava da una buona dose di egocentrismo e dalla
speranza di poter guadagnare con la propria immagine, per affermarsi
in termini di brand, egli deve continuamente specchiarsi negli altri.
Questo rispecchiamento con e negli altri non nasce con la società
digitale, in quanto come insegna Vygotskij, l'identità viene da sempre
costruita socialmente. Sono le reazioni infatti a costruire e definire chi
siamo, il nostro essere viene continuamente negoziato dalla presenza
degli altri, e le nostre identità, così come ruoli che socialmente
rivestiamo, sono per molti versi una messa in scena. L'influencer viene
spesso ingaggiato dalle aziende per sponsorizzare e vendere beni, e
nel fare questo deve continuare a essere considerato credibile e
affidabile. Gli influencer sono persone rese merci che pubblicizzano
altre merci ,se l'influencer classico è colui che è in grado di
influenzare la nostra esteriorità ed indurre specifici comportamenti
d'acquisto, lo youtuber è un influencer con l'abilità di creare opinioni.
Seleziona un ambito in cui si mostra espertoed elabora un proprio
stile comunicativo per fidelizzare la propria fandom. Si fa promotore
di una certa cultura, ma diventa esso stesso un prodotto culturale, una
merce, e almeno all'inizio della carriera, sceglie consapevolmente di
essere tale. Al pari di una qualsiasi merce, necessita di un proprio
logo. Il fan si riconosce nello youtuber di riferimento, sente di
somigliargli e crede in quello che egli dice. Su youtube, la fandom ha
la percezione di poter esercitare un ruolo tramite like, dislike e
commenti. I contenuti che lo y. Propone sono il risultato di una
continua negoziazione tra i propri e gli altrui interessi. Per potersi
affermare, deve rendere la propria identità il più appetibile possibile
tramite strategie di propaganda personale. Il self-branding è una
strategia di autogestione e autopromozione online della propria
identità, con l'obiettivo di essere “venduta” a un pubblico che ne
fruisca, e che nella fruizione riveste un ruolo attivo. Gli Youtuber,
infatti, dichiarano apertamente di aver bisogno degli altri per potersi
affermare.
Quando il meccanismo del rispecchiamento si distacca dalla logica
della merce, youtube riserva piacevoli sorprese: esistono numerosi
canali, gestiti da youtuber adolescenti, che affrontano temi come
quello della sessualità, delle dipendenze e dell'ambiente, e soprattutto
della variegata comunità disabile, che ultimamente ha selezionato
youtube come mezzo x effettuare in prima persona una narrazione
della propria condizione. Youtuber disabili come Michelle Kaplan,
Amanda McDonough, Robin Lambird e Jordan Bone, attraverso video
potenti e provocatori, riescono a sabotare la retorica pietistica che la
società ha creato attorno a loro. Anche se questi portano avanti un
discorso fortemente politico, nei commenti che compaiono sotto i loro
video, è ancora molto presente la retorica della compassione.

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