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Roberto Quintarelli

DSA e strumento
musicale a scuola
Suggerimenti per insegnanti e studenti

LIVE
Editing
Davide Bortoli
Impaginazione
A ndrea Mantica
R aissa Postinghel
Immagine di copertina
© Sidekick /iStockphoto
Copertina
A ndrea Mantica
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Copia concessa in licenza a Alessandro Marrocco; scaricato il 21/06/2022


Roberto Quintarelli

DSA e strumento musicale


a scuola
Suggerimenti per insegnanti e studenti

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menti di lavoro, dando voce ai professionisti del mondo della scuola, dell’educa-
zione e del settore socio-sanitario, ma anche a genitori, studenti, pazienti, utenti,
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gonisti hanno sviluppato e realizzato in ambito educativo, didattico, psicologico
e socio-sanitario, per dare loro la possibilità di condividerle attraverso la stampa
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no incontrarsi per confrontarsi, dare e ricevere suggerimenti, scambiare le proprie
esperienze, commentare le opere, trovare approfondimenti, scaricare materiali.
Un’occasione unica per approfondire una serie di tematiche importanti per la pro-
pria crescita personale e professionale.

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Indice

Premessa 9

Capitolo 1 11
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento
Capitolo 2 17
DSA e flauto traverso nella scuola secondaria di I grado
a indirizzo musicale
Capitolo 3 23
L’excursus temporale di un allievo con DSA nello studio
del flauto traverso
Capitolo 4 29
Esempi di strumenti compensativi e misure dispensative
Capitolo 5 35
Perché approfondire lo studio di allievi con DSA in musica?

Appendice 1 41
Trascrizione per DSA
Appendice 2 43
Gioco salto su e giù
Appendice 3 45
Gioco dell’oca con la tastiera del pianoforte
Appendice 4 47
L’acrobata

Bibliografia 49

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A Brunetto

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Premessa

Questo lavoro è volto a diffondere quanto si conosce sui Di-


sturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) in relazione allo studio di
uno strumento musicale, nello specifico il flauto traverso, e di tutte
le attività ad esso correlate.
Si propone una sorta di vademecum da utilizzare come riferi-
mento non solo dal punto di vista teorico, ma soprattutto dal punto
di vista pratico, essendo lo sguardo puntato sulla vera azione, che
Mauro Montanari definisce «il bisogno dell’allievo».
La scuola, in quanto agenzia formativa seconda solo all’ambito
familiare, come ci dimostrano i passati studi pedagogici da Pestalozzi a
Montessori, si pone nell’ottica di aiutare gli allievi a crescere non solo
attraverso l’arricchimento di contenuti, ma anche con l’acquisizione
di competenze che li accompagneranno per tutta la vita, in vista del
lifelong learning delle Raccomandazioni del Parlamento Europeo e
del Consiglio.
Di questo progetto a lungo termine fanno parte anche la musica
e lo studio di uno strumento musicale.

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Attraverso l’osservazione dell’allievo nel contesto scolastico, nel
contesto culturale inerente alla musica e attraverso la pronta osserva-
zione delle difficoltà e dei bisogni, l’insegnante di strumento musicale
propone mediante esempi pratici possibili strumenti compensativi o
misure dispensative di cui l’allievo, nell’ottica di un’individualizzazione
della programmazione, potrebbe necessitare.
Attraverso esempi musicali e giochi, grazie al diverso codice di
rappresentazione della realtà (Bruner) da puramente attivo e simbo-
lico a iconografico o addirittura analogico (legata alla simulazione
– Damiano) l’insegnante potrà proporre gli argomenti rendendoli
fruibili attraverso un pensiero che diverge dalla metodologia classica
e impostata secondo regole fisse.
L’argomentazione presentata in questo libro propone l’apertura
verso nuove possibilità, vie e indirizzi, grazie ai quali rivedere opi-
nioni e preconcetti sperimentando direttamente il tutto nella pratica
laboratoriale.
In tale ottica si pone anche il M.o Bellomi (direttore del Dipar-
timento di Didattica del Conservatorio «G. Verdi» di Milano), affer-
mando nella prefazione all’edizione italiana del testo di S. Ogelthorpe
che «l’insegnante attento e professionale, con lo studente dislessico
come quello non dislessico, è quello che non si arrende mai».
Il conclusivo capitolo 5 esprime le motivazioni che hanno
portato i miei studi di insegnante verso la direzione di una nuova
didattica inclusiva.

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Capitolo 1
I Disturbi Specifici
dell’Apprendimento

La musica e lo strumento musicale

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono disturbi dell’età


evolutiva che riguardano principalmente la lettura, la scrittura e il
calcolo. Il loro manifestarsi coincide con l’inizio dell’apprendimento
scolastico in bambini con adeguate capacità cognitive, uditive e visive.
La Legge 170/10, voluta dalle associazioni per la diagnosi e la cura
della dislessia, ma soprattutto dai genitori di bambini con DSA, tutela
i soggetti in apprendimento attraverso l’utilizzo di misure dispensative
e strumenti compensativi, senza la necessità dell’insegnante di soste-
gno, figura chiave per i bambini certificati secondo la Legge 104/92,
poiché non siamo in presenza di deficit intellettivo.
Senza incorrere in classificazioni o rischiare il «labeling dell’a-
lunno con una nuova etichetta» (Ianes e Cramerotti, 2013, p. 18), la
Direttiva del 27 dicembre 2012 e la successiva Circolare del 6 marzo
2013 hanno incluso gli allievi certificati con la diagnosi di DSA nella
macrocategoria dei Bisogni Educativi Speciali (BES).

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Il concetto di BES (in inglese SEN – Special Educational Need)
appare già nei documenti ufficiali dell’UNESCO del 1997, nella
legislazione del Regno Unito nel 2001 e nei documenti dell’Agenzia
Europea del 2003, includendo non solo i soggetti in apprendimento
con DSA, ma anche quelli che presentano difficoltà di apprendimento
o di comportamento diversi dalla disabilità: «sia le situazioni consi-
derate tradizionalmente come disabilità mentale, fisica, sensoriale, sia
quelle di deficit in specifici apprendimenti clinicamente significative,
quali la dislessia, il disturbo da deficit attentivo e altre varie situa-
zioni di problematicità psicologica, comportamentale, relazionale,
apprenditiva, di contesto socioculturale, ecc.» (Ianes e Cramerotti,
2013, p. 30).
Il ruolo fondamentale in ambito scolastico è svolto dall’inse-
gnante, e nello specifico della trattazione in merito dall’insegnante
di strumento musicale che, sulla base di alcuni criteri, ha il compito
non solo di individuare le problematiche riscontrate dal soggetto in
apprendimento attraverso l’attenta osservazione, ma anche quello di
affrontare e risolvere il «disturbo» attraverso una sempre più inno-
vativa didattica.
In un’ottica puramente deweyana, l’insegnante del terzo mil-
lennio mette al centro dei propri studi il soggetto, un nuovo puero-
centrismo la cui ricerca è finalizzata alla risoluzione di problemi reali
e rilevanti per ragazzi in fase evolutiva.
L’allievo «dislessico» può riscontrare le stesse difficoltà di lettura,
scrittura e calcolo anche in musica, attraverso una serie di sintomi
riconoscibili dall’insegnante come primari (Oglethorpe, 2011). Di
seguito si andranno a delineare le più diffuse difficoltà che un allievo
con DSA presenta nell’ambito musicale.
In merito al campo della lettura, le difficoltà che un dislessico
può incontrare nel corso dello studio di uno strumento si possono
ripercuotere anche nel nuovo linguaggio musicale pieno di simboli
grafici e non, come ad esempio:

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–– La lettura delle note sul pentagramma, a causa di disturbi visivo-
spaziali: il riconoscimento del simbolo notazionale e della posi-
zione all’interno del pentagramma, suddiviso in 5 righe e 4 spazi,
ove è semplice incorrere nell’errore (confondere per esempio
la posizione della nota SOL con la nota SI, oppure travisare la
posizione della nota DO confondendola con il LA posizionato
nello spazio sottostante); difficoltà spesso attribuita a un controllo
binoculare instabile dovuto a un occhio dominante.
–– Il riconoscimento delle note fuori dal pentagramma e il loro
conteggio attraverso i tagli addizionali.
–– Difficoltà nell’immediato riconoscimento del valore intrinseco
della nota (croma, semiminima, minima, legature e note puntate).
–– Lentezza dell’elaborazione simbolica dei simboli di alterazione
(diesis, bemolli, bequadri).
–– Lentezza nel riconoscere a prima vista i vari simboli di dinamica
(piano, forte, crescendo, diminuendo posti in genere sotto le note
fuori dal pentagramma) e agogica (indicazione di tempo all’inizio
del brano).

Per quanto concerne la scrittura, si possono riscontrare difficoltà


nei seguenti casi:

–– Nella trascrizione dei simboli grafici: simboli per le note o per le


pause, alterazioni, indicazioni di tempo, segni di dinamica, indi-
cazioni agogiche, ecc. Ad esempio, a volte l’alunno disgrafico o
disortografico trascrive le note con la lineetta storta o posta dalla
parte sbagliata, disegna palline in spazi o righe troppo piccole o
troppo grandi, il che genera maggior confusione nel riconosci-
mento.
–– Nel memorizzare l’ordine delle note sia in modo ascendente che
in modo discendente e saperle trascrivere negli appositi spazi e
righe (da DO fuori dal rigo musicale al DO terzo spazio sul rigo).

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–– Nella trascrizione dei simboli di alterazione. L’allievo disgrafico
spesso omette di mettere il simbolo (diesis o bemolle) trascrivendo-
lo non davanti la nota ma in coda per le alterazioni momentanee,
oppure quando va a capo non trascrive le alterazioni permanenti
poste all’inizio del brano tra la chiave di violino e l’indicazione
di tempo.

In merito invece alla sfera del calcolo, gli allievi con DSA pre-
sentano in genere difficoltà soprattutto dal punto di vista ritmico:

–– Nel calcolo dei valori ritmici e della loro durata: semiminime,


crome, note da tre, legature di valore (per le quali mentalmente
durante l’esecuzione l’allievo deve sommare i valori di tutte le note
della stessa altezza e dello stesso suono legate tra di loro).

A questa serie di disturbi, essendo l’esecuzione allo strumento


una traduzione operativa di quanto appreso a livello cognitivo, spesso
si incorre in difficoltà che riguardano la sfera cognitiva stessa o la
memoria uditiva, come ad esempio:

–– Nella distinzione delle tre ottave: ottava bassa, ottava centrale e


ottava acuta, non solo a livello visivo e simbolico sul pentagramma
ma anche a livello sonoro-uditivo. Infatti l’allievo con DSA a volte
suona le note di una ottava bassa senza accorgersi che lo spartito
richiede l’esecuzione delle stesse note ma dell’ottava centrale.
–– Nella memorizzazione della diteggiatura, a causa della difficoltà
nel riconoscere la mano destra da quella sinistra, poiché non
direttamente visibili mentre si suona questo tipo di strumento.

Queste sono alcune delle difficoltà a cui l’insegnante deve far


fronte per portare l’allievo alla tranquillità esecutiva, attraverso l’uti-
lizzo di modalità verbali e non verbali che siano significative rispetto

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ai tempi di lettura e di esecuzione di alunni dislessici e significanti
per gli stessi alunni di un tempo di attesa ottimale per loro da parte
del docente.
Il soggetto in apprendimento con DSA, a causa delle proble-
matiche oggettive che incontra nell’esecuzione di uno studio o di un
brano musicale, incorre infatti in altre problematiche, che Oglethorpe
definisce secondarie, quali:

–– la scarsa autostima;
–– l’ansia, dovuta alla consapevolezza dei propri limiti;
–– la frustrazione nel non riuscire a eseguire come vorrebbe il brano
musicale;
–– la discontinuità: un giorno potrebbe suonare in modo soddisfacen-
te, mentre la lezione successiva la stessa cosa può risultare impos-
sibile, come se lo studente vedesse lo spartito per la prima volta.

A queste vanno ad aggiungersi:

–– il concetto di autoefficacia;
–– la scarsa motivazione.

Successivamente saranno fornite modalità operative attraverso


strumenti compensativi e misure dispensative che permettono di
superare le difficoltà con lo scopo di portare tutti gli allievi allo stesso
livello secondo le proprie peculiarità e i propri parametri di crescita.
Particolare accortezza che l’insegnante deve avere nei confronti
dell’allievo con DSA è quella di lasciare libertà di gestione dello spazio
durante le lezioni non prettamente strutturate come quella di orchestra.
L’allievo potrà gestire lo spazio senza costrizioni di frasi quali:
«Vieni in questo banco!», oppure: «Mettiti in piedi davanti al leg-
gio!», «Non suonare da seduto!», frasi dette a volte con tono di voce
categorico.

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Secondo la Programmazione Neuro-Linguistica (Schipani,
2011), l’utilizzo di frasi quali: «Ti dispiace occupare questo banco
così se scrivo alla lavagna qualche argomento vedi meglio?» o «Potre-
sti metterti davanti al leggio?», «Dove preferisci che io stia? Alla tua
destra o alla tua sinistra?» e infine «Potresti suonare per un attimo in
piedi anziché seduto così ti spiego la respirazione diaframmatica?»,
è da preferirsi per creare un ambiente sereno di lezione partecipata.

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Capitolo 2
DSA e flauto traverso
nella scuola secondaria di I grado
a indirizzo musicale

Il contesto

L’alunno con Disturbi Specifici dell’Apprendimento che fre-


quenta una scuola secondaria di I grado a indirizzo musicale si trova,
a livello spaziale, a dover interagire con compagni e insegnante in
un contesto completamento diverso da quello utilizzato durante le
normali lezioni di altre materie in classe.
Le lezioni di un allievo di strumento si svolgono secondo tre
differenti tipologie:

–– la lezione individuale, o di coppia;


–– la lezione collettiva;
–– la lezione d’insieme (o di orchestra).

L’organizzazione delle lezioni secondo la suddetta distribuzione


oraria trova riscontro nella normativa delle Indicazioni Nazionali del
2012, con rimando all’allegato A del DM 201/99.

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Prendendo in esame la divisione di cui sopra, l’insegnante può
osservare in maniera più esplicita non solo la suddivisione e l’orga-
nizzazione dello spazio, ma preventivamente scegliere come gestire
la lezione in base al soggetto in apprendimento.
L’approccio allo strumento musicale avviene durante la lezione
individuale o di coppia. L’ambivalenza terminologica in merito a
questo tipo di lezione dipende dal numero di alunni presenti nella
classe di strumento (un massimo di sei per tipologia di strumento).
Generalmente riconosciuta è l’organizzazione della lezione in
coppia. La coppia non solo viene scelta in base alle indicazioni degli
insegnanti della scuola primaria durante gli incontri per la continuità
didattica, ma anche attraverso i risultati delle prove attitudinali con
i quali gli allievi sono ammessi all’indirizzo musicale.
In vista di una metodologia di apprendimento tra pari (peer
tutoring), altri fattori possono essere utili alla formazione della coppia:
affinità, preparazione ritmica o spiccata memoria uditiva.
Partendo dal presupposto che tutti gli allievi sono diversi, non
userei personalmente il principio di identità di disturbo come criterio
per formare una coppia di lavoro.
In merito all’organizzazione spaziale, l’allievo esce dal contesto
classe per raggiungere un contesto altro (classe o laboratorio) che favori-
sce un insegnamento basato sulla ricerca, anziché sulla lezione frontale.
La classe si presenta generalmente più piccola e con meno ban-
chi, con un leggio in piedi e la presenza di un pianoforte o tastiera,
per permettere all’insegnante di accompagnare eventualmente l’allievo
durante l’esecuzione di alcuni brani o studi.
Di non poca importanza è la ridotta distanza spaziale tra
alunno e insegnante, il quale spesso si trova a seguire i brani eseguiti
dall’allievo al proprio fianco, in piedi, a destra o a sinistra secondo la
volontà dell’allievo.
Far scegliere all’allievo con DSA la posizione dell’insegnante
e la gestione del proprio spazio è di fondamentale importanza per

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la serenità dell’allievo, il quale non si sentirà costretto in situazioni
che possono presentare disturbi secondari (Oglethorpe, 2011) quali
disagio e ansia. Sensazioni avvertibili attraverso l’osservazione pun-
tuale dell’insegnante, il quale provvederà tempestivamente a proporre
alternative più consone.
In questo contesto di lezione l’allievo si trova a gestire la lezione
in maniera più partecipata. Il rapporto che si creerà con l’insegnante,
trattandosi di una lezione individuale, andrà sempre più in crescendo,
passando dalla conoscenza dell’altro all’affetto e infine all’empatia.
Tutto ciò costituisce una risorsa dal punto di vista relazionale e
dunque per l’alunno dislessico rappresenta una condizione di sicurezza,
che si può rivelare fondamentale per il successivo inserimento nella
lezione collettiva e di orchestra.
L’allievo, durante una metodologia laboratoriale, acquisisce una
serie di automatismi e la padronanza di procedimenti attraverso tenta-
tivi ed errori direttamente sperimentati con il mediatore-insegnante.
In merito alla lezione collettiva, l’allievo con DSA condivide
le proprie nozioni acquisite con il piccolo gruppo classe riferito al
medesimo strumento, durante le due ore di lezione partecipata e
non frontale.
La disposizione dei banchi nella prima parte di lezione è or-
ganizzata come una tipica attività laboratoriale di gruppo, attraverso
la disposizione uno di fronte all’altro, per permettere una più attiva
partecipazione.
Nell’ottica deweyana del learning by doing, «l’esperienza com-
prende una aspetto attivo e uno passivo combinati in modo tale che
il primo, sotto forma di azione-tentativo, precede il secondo, nel
quale si sottostà alle conseguenze dell’azione compiuta» (Baldacci,
2010, p. 132).
Attraverso giochi di ritmica (metodi Dalcroze e Orff, che ver-
ranno successivamente esplicitati), l’allievo non solo imparerà il ritmo
e l’intonazione, ma sarà portato alla risoluzione di problemi attraverso

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vari tipi di canali e codici, dal simbolico al visivo e uditivo, sviluppando
la propria individualità attraverso il confronto diretto con i compagni.
La seconda parte della lezione prevede il cambio di disposizione
dell’aula: i banchi vengono posizionati accanto alla parete, sei sedie
vengono messe in semicerchio per gli allievi e una sedia di fronte a
tutte le altre per l’insegnante-direttore. Tra le sedie singole e le altre
sei si posizionano i relativi leggii abbassati, per permettere agli allievi
di suonare seduti.
L’insegnante assegnerà agli allievi brani dove le parti di I flauto,
II flauto e III flauto a coppie saranno diversificate e interscambiate a
ogni spartito musicale. In questo modo l’allievo con DSA più in diffi-
coltà non si vedrà assegnare sempre le parti «Flauto III», generalmente
più semplici, ma anche altre voci adattate alla propria preparazione.
In questo caso, i disturbi secondari sopra citati di un allievo
con DSA potrebbero avere due risvolti distinti:

–– Risoluzione: l’allievo non presenzia alla lezione singolarmente, ma


condivide la lezione con i compagni. Egli si sentirà sollevato se anche
altri allievi incorreranno in alcuni errori e pertanto calerà l’ansia di
prestazione o la frustrazione di non riuscire a eseguire un brano.
–– Accrescimento: se il piccolo gruppo risulta poco affiatato e se l’allievo
ha il timore di non essere accettato a causa dei propri disturbi, il
grado di ansia e di frustrazione aumenteranno, poiché l’allievo con
DSA sentirà su di sé tutta la responsabilità della buona riuscita di
una esecuzione di gruppo.

L’insegnante nel secondo caso dovrà intervenire tempestivamen-


te sull’autoefficacia e sull’autostima dell’allievo attraverso l’utilizzo di
rinforzi sociali.
Infine, sempre durante il tipo di lezione collettiva, l’allievo può
interagire anche con compagni di altri strumenti e pertanto anche con
un altro insegnante oltre a quello di riferimento al proprio strumento.

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La terza tipologia di lezione di cui sopra, musica d’insieme
o orchestra, risulta il contesto più adatto e inclusivo in cui l’allievo
con DSA possa suonare senza particolari ansie e frustrazioni, poiché
le parti saranno adattate attraverso strumenti compensativi e misure
dispensative al singolo disturbo o, in caso di comorbilità, ai disturbi.
Se la lezione collettiva mira a formare l’individualità attraverso
l’esperienza di gruppo, la lezione di musica d’insieme mira a valoriz-
zare la dimensione sociale, dove ognuno cerca di esprimere la propria
individualità.
Ponendosi come veicolo pedagogico per «porre il preadolescente
in relazione consapevole e fattiva con altri soggetti» (DM 201/99), la
pratica di musica d’insieme «si pone come strumento metodologico pri-
vilegiato […] progettato sulla base delle differenze operativo-strumentali
[…] a prescindere dal livello di competenza raggiunto» (DM 201/99).
Il contesto si è ingrandito secondo due punti di vista:

–– Spaziale: la lezione di orchestra si svolge nell’aula magna della scuo-


la, teatro o aula molto grande, dove gli strumentisti sono disposti
a semicerchio e i flauti occupano generalmente la seconda fila.
–– Sociale: i compagni sono quelli dell’intera classe, ma ognuno con
la propria tipologia di strumento.

Il soggetto in apprendimento con DSA pertanto non si sentirà


più costretto in un contesto d’ascolto circoscritto e piccolo, ma in un
contesto d’azione in cui anche l’errore a volte può non essere udito e
la vicinanza di compagni può rafforzare la motivazione di esecuzione.
Avendo come punto di partenza lo sviluppo della persona, l’in-
segnante, nei confronti di un soggetto in apprendimento con DSA,
durante le fasi di programmazione e valutazione, dovrà tener sempre
presenti i diversi contesti nei quali l’allievo si trova a interagire.

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Capitolo 3
L’excursus temporale
di un allievo con DSA
nello studio del flauto traverso

Approccio alla musica e scelta di vita

Le radici storiche e umane di questo mio libro si intrecciano


nell’esperienza didattica e comunicativa-relazionale che ho matu-
rato insegnando nella scuola primaria. Nel primo ciclo della scuola
primaria, attraverso il gioco, ho sperimentato una metodologia di
apprendimento multisensoriale stimolando i diversi canali ricettivo-
espressivi del bambino: movimento espressivo, body percussion (esercizi
di espressione ritmica attraverso le parti del corpo) e in generale attività
laboratoriali (learning by doing) (Baldacci, 2010, p. 132), unitamente
all’uso prevalente del codice iconografico: un insieme che risulta par-
ticolarmente utile e facilitatore per l’alunno con DSA, che sappiamo
essere valutato rispetto a una diagnosi, non prima di aver compiuto
otto anni, ovvero alla fine della classe seconda della scuola primaria.
Tutto ciò se si è stati in grado di cogliere segnali premonitori di
un possibile disturbo e se una serena collaborazione della rete scuola-
famiglia-specialisti ha permesso di intervenire tempestivamente.

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Avendo come riferimento gli studi sugli universali in musica,
sappiamo che il ritmo binario del battito cardiaco è uno di questi.
Pertanto giochi ritmici con piedi, mani, petto e altre parti del corpo
— non solo attraverso la partecipazione attiva su imitazione di un
conduttore, ma anche stimolando l’iniziativa e la creatività attraverso
la responsabilizzazione di un singolo allievo, che a rotazione assume
il ruolo di direttore d’orchestra — costituiscono un primo input che
mette in comunicazione il ritmo interno con quello esterno, la diversità
dei ritmi di ciascuno caratterizzati da tempi di successione diversi,
fino alla condivisione di uno o più ritmi «gruppali» che divengono
distintivi di quel gruppo in particolare.
Parallelamente all’invenzione ritmica, il corpo può seguire,
inizialmente in modo libero, la musica di un brano, oppure costruire
coreografie condivise che legano il movimento a specifici patterns
ritmici e a caratteristiche melodiche e timbriche.
Nella mia esperienza anche attraverso la danza, in particolare
le danze popolari e le danze gioco mimate, gli allievi sviluppano la
percezione sonora e musicale, ovvero imparano ad associare specifici
patterns motori ad altrettanti patterns ritmico-sonori.
Ma non solo: il lavoro in coppia e la coppia che condivide e
costruisce nel tempo coreografie prestabilite producono come risul-
tato finale una sincronia di movimenti sulla musica in cui ognuno
si rispecchia nell’altro e dove tutti sono importanti e indispensabili
per il risultato finale.
L’approccio allo strumento musicale viene proposto a partire
dalla classe terza della scuola primaria, secondo il recente Decreto
Ministeriale 8/2011, quando in teoria si dovrebbe già essere in possesso
di un’eventuale diagnosi di disturbo dell’apprendimento, specifico o
in comorbilità.
Tuttavia le proposte attive sul territorio e affidate a un esperto
esterno sono molto diverse, tali che il quadro risulta decisamente
eterogeneo.

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Grazie alla personale esperienza di insegnamento musicale nella
scuola primaria, sono giunto alla considerazione che, nonostante
dalla classe terza si inizi a presentare la simbologia grafica, occorre
non abbandonare mai codici alternativi presentati nei primi due
anni. L’elemento nuovo, lo strumento, deve poter essere integrato al
lavoro svolto in precedenza: corpo, suono, voce, movimento, danza
si arricchiscono di qualcosa in più che non rappresenta un’alternativa
o una nuova attività, ma un arricchimento, un’ulteriore possibilità
espressiva, un livello diverso di produrre ed esperire la musica. In
tal senso l’intersecarsi delle espressioni musica-movimento-suono
possono proficuamente essere collegate a tutti gli altri linguaggi non
verbali e in parallelo si può gradualmente tracciare la strada verso la
notazione musicale, tenendo conto dei ritmi di apprendimento del
gruppo, delle motivazioni, dei bisogni.
Con le competenze acquisite nella scuola primaria, l’allievo in
ingresso alla scuola secondaria può scegliere di continuare i propri
studi musicali iscrivendosi all’indirizzo musicale.
Infatti, concluso il ciclo di studi della scuola primaria, gli allievi
che manifestano l’interesse di voler proseguire o iniziare gli studi di
uno strumento musicale trovano la loro collocazione nelle SMIM
(Scuole Medie a Indirizzo Musicale).
Accedendo attraverso una prova attitudinale, agli allievi verrà
assegnato uno strumento che diventerà materia arricchente il curri-
culum di base.
In questo ciclo di studi l’obiettivo non sarà solo quello della
partecipazione attiva, ma anche quello di sviluppare nell’allievo la
capacità di comprendere, distinguere e valutare fenomeni sonori.
Inoltre il conseguimento di abilità tecniche strumentali sarà il
mezzo e non il fine per il raggiungimento di obiettivi educativi generali.
La lezione individuale di strumento permetterà di capire,
soprattutto per gli allievi con DSA, cosa sia meglio fare per assecon-
dare, sfruttare e fare emergere le qualità musicali e le potenzialità del

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singolo, in vista della musica di insieme e d’orchestra, vera palestra
per il riconoscimento e l’accettazione sociali.
Al termine del primo ciclo di istruzione secondaria, la cura e
l’attenzione da parte di un insegnante accorto potrebbe accompagnare
l’allievo con DSA alla scelta di una formazione liceale.
Dopo l’esame conclusivo del primo ciclo di istruzione l’allievo
può decidere di seguire gli studi musicali attraverso due percorsi
alternativi:

–– il liceo musicale all’interno dei conservatori, attraverso lo studio


di uno strumento e la frequenza di relativi corsi preaccademici;
–– i licei musicali e coreutici, attraverso lo studio di due strumenti
musicali (uno primario e uno secondario) e delle relative materie
complementari (armonia, composizione, teoria e solfeggio, storia
della musica, attività corale).

Entrambi i percorsi culmineranno con l’accesso al triennio


e successivamente al biennio di laurea nei conservatori, istituzioni
AFAM (Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica) che hanno
recentemente sviluppato una certa sensibilità al disturbo «dislessia».
Il Disturbo Specifico di Apprendimento non è una semplice
difficoltà temporanea che può svanire quando le situazioni emotivo-
cognitive dell’allievo maturano, ma riguarda peculiarità della persona
che la accompagnano per tutta la durata della formazione. Pertanto,
solo grazie all’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative
e a una didattica individualizzata un allievo dislessico può pensare
con tranquillità di intraprendere la carriera di musicista tanto quanto
allievi che non presentano tale disturbo.
Di importanza nazionale risulta il lavoro del maestro Matilde
Bufano del Conservatorio «G. Verdi» di Milano.
Grazie ai suoi studi nel campo dell’osservazione del disturbo
dell’apprendimento in ambito musicale si è arrivati alla Nota Mi-

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nisteriale dell’11 maggio 2011, la quale codifica per la prima volta
in Italia le prove di strumento e delle altre materie musicali, e nello
specifico della materia da lei insegnata (teoria e solfeggio), per gli
allievi dislessici, attraverso la strategica applicazione di strumenti
compensativi e misure dispensative, quali ad esempio:

–– l’esecuzione del solfeggio parlato con il tà-tà (anziché la conse-


guente lettura veloce delle note ad alta voce);
–– l’esecuzione di quello cantato attraverso l’utilizzo di una vocale;
–– la trascrizione dell’esercizio in setticlavio in chiave di violino,
anziché l’estemporanea lettura delle note.

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Capitolo 4
Esempi di strumenti compensativi
e misure dispensative

Osservazione, progettazione, operatività

Gli argomenti affrontati nei precedenti capitoli sono non solo


il frutto di osservazioni avvenute in ambito scolastico, ma il risultato
di situazioni vissute da me in prima persona: anche se mai certificato,
dalla scuola primaria mi riconosco in alcune delle sopracitate difficoltà.
Questo capitolo si pone l’obiettivo di enucleare modalità ese-
cutive attraverso strumenti compensativi e misure dispensative, le più
importanti di quest’ultime create a volte dai dislessici stessi.
L’insegnante di strumento potrà mettere buone fondamenta di
didattica per gli alunni con DSA grazie ai seguenti canali:

–– Fisico
–– Logico-cognitivo
–– Affettivo-emozionale.

Dal punto di vista fisico, essendo il flauto traverso uno stru-


mento a fiato con imboccatura extraorale, occorre analizzare il buon

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funzionamento di mascella e mandibola e il loro relazionarsi attraverso
l’occlusione dentale (Porter, 1967).
Se un alunno con DSA dovesse presentare problematiche quali
arcata dentale superiore non in linea con quella inferiore, o canino
sporgente, il modo di applicare le labbra allo strumento potrebbe
risultare più complesso, difficoltà che si sommerebbe ai già presenti
disturbi. L’insegnante dovrebbe creare esercizi per rinforzare la mu-
scolatura intorno al foro orbicolare e suggerire una visita specialistica
per un allineamento dentale.
In merito all’utilizzo delle dita sullo strumento e al coordi-
namento di mani e braccia, tramite il semplice gioco dell’applauso
l’insegnante potrà capire se l’allievo che ha di fronte è destrimane o
mancino e pertanto verificare quale delle due mani è dominante e di
conseguenza su quale mano dover maggiormente lavorare.
A supporto esemplare di ciò, nonostante infatti il sottoscritto
utilizzi per scrivere la mano destra, è risultato mancino con un proble-
ma definito «lateralità incrociata» ovvero «caratteristica dell’individuo
mancino con dominanza dell’occhio destro» (Oglethorpe, 2011, p. 28).
Gli studi recenti hanno infatti dimostrato che la difficoltà nel
distinguere la destra con la sinistra sarebbe collegata a un problema
di vista e addirittura di udito, nei termini di dominanza.
Questo spiegherebbe perché molti allievi con DSA hanno diffi-
coltà nel riconoscere i tagli addizionali delle note sopra il pentagramma
relative soprattutto alla terza ottava del flauto.
Sapere che gli allievi con DSA possono manifestare tali speci-
fiche difficoltà potrebbe indirizzare l’insegnante nella trascrizione,
ad esempio, delle note fuori dal pentagramma sul pentagramma
mettendo la parentesi quadrata sopra le note con il simbolo «8a» (si
veda l’Appendice 1).
Inoltre l’insegnante deve porre molta attenzione alla postura,
preparando anche esercizi mirati al rafforzamento di spalle e colonna
vertebrale, agendo sulla consapevolezza della respirazione diaframmatica.

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In merito al canale logico-cognitivo, i problemi insorgono quan-
do si passa al riconoscimento e all’elaborazione simbolica. Essendo
l’ambito laboratoriale favorevole all’insegnamento multisensoriale
(Oglethorpe, 2011), il seguente elenco riassume alcune difficoltà con
relative proposte strategiche:

–– Il soggetto con DSA fatica a collegare la diteggiatura proposta con le


singole note. Si suggerisce di disegnare il flauto in maniera oriz-
zontale, segnare con una croce le chiavi che non verranno mai
utilizzate e infine per ogni nota colorare le chiavi in corrispondenza
delle dita che verranno utilizzate per produrre una specifica nota.
–– Il soggetto in apprendimento non riconosce la durata dei suoni e il
loro valore, non riuscendo a eseguire correttamente il ritmo indicato.
In questo caso si suggerisce di ricorrere alla metodologia Dalcroze,
dove il metodo riconosciuto come «euritmia» in Le rythme, la mu-
sique et l’éducation mira a formare le capacità uditive associando
i diversi stimoli sonori e ritmici a precisi movimenti del corpo, il
quale si trasforma in intermediario tra teoria e pratica musicale.
Inoltre, attraverso il ritmo il ragazzo acquisisce la padronanza
del proprio corpo, premessa per l’elaborazione di una propria
autonomia di pensiero.
–– Il soggetto in apprendimento con DSA non riconosce le note sulle
righe o negli spazi del pentagramma musicale. Miles e Westcombe
(2011, p. 118) suggeriscono il metodo del pentagramma colo-
rato, associando le note a colori diversi tra righe e spazi. Tale
metodologia risulta però a mio parere troppo precodificata e
non basata sulle reali difficoltà di ogni allievo. Si suggerisce per-
tanto una più efficace metodologia: ricreare in terra attraverso
l’utilizzo di fogli in A4 un pentagramma ingrandito ed eseguire
il gioco «salto su e salto giù» (Appendice 2). Parafrasando Miles
e Westcombe, si potrebbe pensare che tutto ciò che l’allievo con
DSA può vedere siano le difficoltà dei simboli e della notazione,

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perdendo così tutti gli altri aspetti della musica. La notazione
serve come aiuto all’interpretazione musicale, non deve essere
vista come un ostacolo.
–– Il soggetto in apprendimento con DSA confonde i registri basso, centrale
e acuto. Si suggerisce di eseguire esercizi mirati al consolidamento
dei singoli registri, alternandoli successivamente attraverso la
«ricerca-scoperta», suonando spesso con e al posto dell’allievo,
portandolo a un’autoconsapevolezza e a un’interiorizzazione della
differenza di altezza dei suoni.
–– L’allievo con DSA non riconosce i simboli di alterazione soprattutto
nella corrispondenza di suoni omofoni e omologhi. Si rimanda al
Gioco dell’Oca Musicale (Appendice 3). Se l’allievo inoltre non
riesce a memorizzare l’ordine di comparizione delle alterazioni
sul pentagramma, imparata la prima dei diesis (FA) attraverso le
dita della mano l’insegnante conterà in maniera ascendente per
quinte; imparata la prima dei bemolli (SI), conterà attraverso le
dita della mano per quinte in maniera discendente.
–– L’allievo non ricorda l’ordine sequenziale delle note sia ascen-
dente che discendente (DO,RE,MI,FA,SOL,LA,SI,DO-
DO,SI,LA,SOL,FA,MI,RE,DO). Il docente le insegna facendo
eseguire la scala musicale sui gradini di una scala presente nella
scuola sulla quale verranno poggiati inizialmente alcuni biglietti
con il nome delle note, per poi toglierli gradualmente.
–– L’allievo con DSA non ricorda la nota alterata con il bemolle poiché
si muove per sottrazione. Si suggerisce di trascrivere la nota con il
suono omofono e omologo attraverso l’utilizzo dei diesis, i quali
mantengono il nome della nota invariato (Appendice 4).
–– L’allievo si sente frustrato e dimostra ansia nell’affrontare uno spartito
con troppe richieste di dinamica e agogica (alterazioni permanenti
da ricordare, i piani e i forti, crescendo o diminuendo, ecc.). Si
suggerisce di semplificare lo spartito come nell’Appendice 4,
togliendo tutti i tipi di distrattori momentanei.

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–– L’allievo con DSA non riconosce il simbolo del ritornello poiché ha
difficoltà a reperire il rimando sullo spartito. Si suggerisce di far
evidenziare il rimando con un colore scelto dall’allievo (il quale
sarà obbligato con calma e personalmente a trovare il riferimento),
oppure di trascrivere la parte da ritornellare.
–– L’allievo non riesce a quantificare in estemporanea il punto di valore.
Si suggerisce di utilizzare la legatura con il valore corrispondente
al punto riscrivendo la battuta implicata.
–– L’allievo risulta confuso nel ricordare le varie nozioni inerenti all’e-
secuzione (postura del corpo, postura della mano, articolazione
delle dita, note, ritmo e respirazione). Utilizzare la metodologia
della ridizione, senza sovraccaricare l’allievo, rispettando i tempi
di apprendimento. Oppure, attraverso la metodologia della Token
Economy, far scegliere all’allievo su quale obiettivo concentrarsi
durante la lezione e alla fine valutare con emoticon colorati di
verde, giallo e rosso il risultato ottenuto, in modo da favorire
l’autovalutazione.

Per quanto riguarda l’ambito affettivo-emozionale, è importante


che l’insegnante lavori sull’autoconsapevolezza, sulla motivazione
dell’alunno con DSA, sull’autostima e sul riconoscimento delle emo-
zioni che caratterizzano il periodo adolescenziale.
Attraverso la chiarezza delle comunicazioni si deve creare la
tranquillità emotiva dell’allievo, per non incorrere nel senso di colpa,
di tristezza e di inadeguatezza che lo porterebbero all’autosvalutazione.
La lentezza che in alcuni casi caratterizza l’apprendimento
di uno strumento musicale di un ragazzo dislessico può essere vista
come «un’opportunità per diluire proficuamente la ricerca, quella
che l’allievo compie su se stesso insieme all’insegnante» (Montanari,
2013, p. 13).
In generale le modalità di insegnamento devono aiutare la con-
centrazione e l’attenzione in un clima rilassato e calmo, con toni di

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voce pacati, cercando di raggiungere piccoli traguardi senza bisogno
di un apprendimento puramente nozionistico, poiché, come dice
Morin (2000, p. 15) rifacendosi a Montaigne: «è meglio una testa
ben fatta che una testa ben piena».

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Capitolo 5
Perché approfondire lo studio
di allievi con DSA in musica?

Da dislessico a dislessico

Quest’ultimo capitolo propone la valutazione delle tematiche


affrontate nel corso di questa trattazione e le finalità alla base delle
scelte effettuate.
Nei primi anni di insegnamento perdevo facilmente la calma
nel vedere un allievo con buone capacità esecutive e musicali tenten-
nare sulla lettura estemporanea delle note o del ritmo. Attribuivo tale
difficoltà a distrazione, scarso lavoro domestico e scarso impegno.
Dieci anni fa una collega di Lettere, prima di prendere servizio
nella classe di flauto, mi convocò in una riunione in cui mi venivano
presentati tutti gli allievi con difficoltà certificate, tra cui anche gli
allievi con DSA.
Tale termine mi era completamente sconosciuto. Cominciai a
informarmi, a formarmi con corsi mirati, ma soprattutto a leggere
in merito. Ed ecco l’illuminazione: mentre leggevo un testo su «DSA
e scuola» mi riconobbi in buona parte delle difficoltà esplicitate nel

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testo. Compresi di conseguenza non solo le difficoltà degli allievi avuti
in passato, ma anche alcune emozioni provate in prima persona, quali
la frustrazione e la delusione di non riuscire a eseguire determinati
compiti senza essere veramente compreso.
Avevo dunque capito che la mia intolleranza nei confronti di
questi alunni derivava da qualcosa che risuonava in me come inaccetta-
bile: la mia stessa storia, le mie stesse frustrazioni, la mia grande fatica
nel portare avanti lo studio di uno strumento che amavo ma che mi
poneva davanti a difficoltà che talvolta avvertivo come insormontabili.
Ho riflettuto sulle mie istintive reazioni emotive e ho maturato
consapevolezza sul problema, mio e dei ragazzi che incontravo: ho re-
cuperato nella memoria tutte le strategie compensative e dispensative
che io avevo maturato inconsapevolmente durante gli anni di studio,
imparando a incoraggiare l’allievo, già deluso da situazioni di insuccesso,
grazie a un atteggiamento di serenità, fiducia e collaborazione reciproca.
Ora mi sento tranquillo, a volte mi sento un «esperto» nel campo
dei DSA, ed è una soddisfazione per me aver potuto unire l’esperienza
personale di studente all’approfondimento di teorie pedagogico-
musicali, divenendo così padrone di specifici strumenti di intervento
didattico e strategie appropriate che rendono l’apprendimento dello
strumento musicale per lo studente con DSA un’esperienza non solo
accessibile ma anche gratificante, oltreché significativamente inclusiva.
Grazie a questa autoconsapevolezza ho potuto analizzare cosa
mi era mancato durante le lezioni con il mio insegnante e cosa non
gradivo della mia ora di strumento.
Sicuramente ciò che non avrei mai fatto come insegnante era
quello di creare una lezione monotona: l’insegnante che aspetta in
silenzio l’esecuzione ripetuta di un brano assegnato come lavoro
domestico, senza commenti o indicazioni volti al miglioramento ma
solo alla mera elencazione di contenuti.
Inoltre in un anno di lezione due, al massimo tre erano i brani
assegnatimi che prevedevano l’esecuzione con un altro flauto (di solito

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l’insegnante) o un altro strumento, non favorendo la socializzazione
e la crescita inclusiva.
Pertanto oggi, in qualità di insegnante, integro la metodologia
classica, che può essere dogmatica, arida e meccanica, con una meto-
dologia attiva, attraverso l’esecuzione di brani singoli, brani in duo
o in trio e brani con basi musicali, partendo dal vissuto personale
degli allievi, dai loro interessi, motivandoli e coinvolgendoli con
l’entusiasmo e il desiderio del piacere della scoperta. Questo porta
l’allievo con DSA a sentirsi meno sotto pressione, grazie alla con-
divisione del momento di esecuzione musicale, in cui può mettere
in atto tutto ciò che ha appreso attraverso l’esplorazione durante la
lezione individuale.
Risolte le eventuali problematiche di lettura, l’allievo con DSA
distoglie l’attenzione da esse e prova a divertirsi in vista di una piccola
esecuzione concertistica.
Particolarmente arricchente per un allievo con DSA è stata
l’esperienza di un saggio di Natale: l’allievo ha preparato un brano
musicale condiviso con i compagni attraverso l’accompagnamento
di strumenti appartenenti allo strumentario Orff (generalmente con
idiofoni o membranofoni tra cui legnetti, maracas e tamburi), favo-
rendo lo sviluppo dell’intonazione e del ritmo.
Ho condiviso l’esibizione attraverso l’accompagnamento
dell’arpa, strumento che studio come allievo da un paio d’anni, in
modo da mettermi esattamente al suo livello con anche la possibilità
di incorrere in errori esecutivi.
Raggiunta la serenità e la tranquillità esecutiva, ora l’allievo
con DSA non troverà difficoltà nell’inserimento in orchestra, dove
tutti i compagni di classe sono più o meno allo stesso livello. Con le
dovute correzioni dello spartito l’allievo con DSA, unico consapevole
dello spartito leggermente modificato, si concentrerà sul risultato
d’insieme e non sulla personale esibizione, in perfetta integrazione
con il gruppo classe.

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Essendo infatti l’orchestra un progetto basato sulle differenziate
capacità operativo-strumentali, la partecipazione prescinde dal livello
di competenza raggiunto. Attraverso la condivisione dell’attività,
l’atteggiamento relazionale risulta costruttivo, ovvero ci si impegna
affinché il gruppo diventi omogeneo, sia nella creazione di una so-
norità simile, sia dal punto di vista ritmico-espressivo, in virtù di una
buona esecuzione non singola ma di gruppo.
L’insegnante, potendo lavorare in diversi ambiti quali l’affetti-
vità (attraverso la lezione individuale) e la socializzazione (attraverso
la musica di insieme e l’orchestra), grazie alla conoscenza di diverse
metodologie e grazie al supporto pedagogico didattico di tutti gli altri
organi competenti, potrà ora attuare una didattica di integrazione
e di inclusione per gli allievi con DSA seguendo il concetto chiave:

porre al centro lo sviluppo della persona.

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Appendici

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Appendice 1
Trascrizione per DSA

J.J. Quantz, Menuet avec variations, Variazione VI. Trascrizione per un allievo con
DSA, tratta da T. Wye, Metodo per flauto per principianti, vol. II, 1996.

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Appendice 2
Gioco salto su e giù

In una classe prima un’allieva con DSA faticava a comprendere


la funzione delle righe e degli spazi del pentagramma confondendo
le altezze dei suoni. Per insegnare le prime tre note (SOL – LA – SI),
ho inventato questo piccolo gioco.

• Predisporre in terra un foglio A4 con scritto in grande la nota LA,


possibilmente con un colore scelto dall’allievo. Il foglio indica lo
spazio numero 2 sul pentagramma.
• Predisporre un altro foglio A4 in terra ma questa volta tagliato a
metà. Mettere la prima metà sopra la nota LA con la scritta SI (di
un colore diverso scelto dall’allievo), e mettere successivamente la
seconda metà sotto la nota LA con la scritta SOL.
• Pronunciare in modo alternato i nomi delle note permettendo
all’allievo di saltare in alto o in basso sui fogli secondo le note
dettate dall’insegnante.
• Aggiungere alla semplice pronuncia delle note l’intonazione.
• Vocalizzare le note senza nominarle.

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• Predisporre un esercizio semplice sul pentagramma con le tre note,
permettendo all’allievo di colorare le note con gli stessi colori in-
dicati in terra nel gioco.
• Predisporre ora un secondo esercizio con le stesse note ma senza
i colori.

Tale gioco può essere messo in atto ogni volta che l’allievo
impara una nota nuova.

Risultati

Dopo questo esercizio-gioco l’allievo con DSA ha imparato a


riconoscere le note secondo spazi e righe, senza necessariamente colo-
rarle. Ogni nota nuova insegnata per grado congiunto può ora essere
proposta non solo con il gioco, aggiungendo fogli interi o dimezzati
in terra nella giusta sequenza, ma anche segnando sullo spartito ogni
nota nuova con un colore fisso che ne determina la novità.
In alternativa possono essere segnate sullo spartito le frecce ↑
oppure ↓ per indicare quando una nota sta salendo o scendendo.

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Appendice 3
Gioco dell’oca con la tastiera
del pianoforte

Qui di seguito propongo il disegno di una tastiera del piano-


forte di una ottava, copiata dalla lavagna dai miei allievi, per spiegare
attraverso rappresentazione iconica non solo gli intervalli con toni
e semitoni con la finalità di costruire le scale, ma anche il riconosci-
mento di suoni omologhi e omofoni, difficilmente riconoscibili da
un allievo con DSA. In merito alla diteggiatura sorgono spesso do-
mande quali: «Come si fa il LA#?», quando mesi prima si è imparato
il «SIb». Attraverso una pedina, scelta dall’allievo e ritagliata da un
foglio, ci si posiziona sulla nota di partenza per costruire una scala
e, sulla base della successione di toni e semitoni nella scala di DO+
(DO maggiore), si muove la pedina alternando tasti bianchi e tasti
neri, muovendosi di un posto per il semitono e di due per il tono.

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Appendice 4
L’acrobata

Per enucleare gli esempi di semplificazione per allievi con


DSA ho scelto un brano tratto dal testo di T. Wye, Metodo per flauto
per principianti, ove compaiono alterazioni momentanee di difficile
riconoscimento per un allievo con DSA.
Nel primo esempio ho solo semplificato il brano togliendo
tutti gli elementi che potessero distrarre l’attenzione dell’allievo quali
scritte o simboli dinamici.
Nel secondo ho trascritto per l’allievo lo stesso brano con le
note trasformate riscrivendo il ritornello, per facilitare la lettura e la
continuità.

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Tabarelli Silvia e Pisanu Francesco (2013), Elementi di approfondimento sui
BES nel contesto italiano, Torino, Loescher.
Troiano Martina e Zuccaro Patrizia (2007), Dislessia. Vademecum disturbi
specifici di apprendimento, Bologna, Biblioteca digitale dell’Associazione
Italiana Dislessia.
Urdnach Barbara (2012), Speciale dislessia, Torino, Il Capitello.
Vannini Ira (2009), La qualità della didattica, Trento, Erickson.
Wye Trevor (1996), Méthode de flute pour debutant, Tome 2, London,
Novello.

Sitografia
www.clinicadellatimidezza.it (ultimo accesso 5 aprile 2018)
www.dyslexia.com/ddai.htm (ultimo accesso 5 aprile 2018)
https://mozart1975.wordpress.com/tag/flauto (ultimo accesso 5 aprile 2018)

Corsi di formazione docenti


«Musica e Dislessia», 2014, Istituto «Adelaide Cairoli», Pavia.
«Formazione BES: Bisogni Educativi Speciali», 2015, Istituto Comprensivo
di Offanengo (CR).
Master in Psicopedagogia e didattica per i Disturbi Specifici dell’Apprendi-
mento, a.a. 2015/2016, Università degli Studi «Niccolò Cusano», Roma.
Corso per Referenti DSA/BES, 2018, Associazione Italiana Dislessia – AID,
Brescia.

© 2018, R. Quintarelli, DSA e strumento musicale a scuola,


50
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Seleziona e pubblica le esperienze, le sperimentazioni e le idee che questi prota-
gonisti hanno sviluppato e realizzato in ambito educativo, didattico, psicologico
e socio-sanitario, per dare loro la possibilità di condividerle attraverso la stampa
tradizionale, l’e-book e il web.

Sul sito www.ericksonlive.it è attiva una community dove autori e lettori posso-
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esperienze, commentare le opere, trovare approfondimenti, scaricare materiali.
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Come possono affrontare lo studio della musica gli alunni con Disturbi
Specifici di Apprendimento? Grazie alla sua formazione e all’esperienza
diretta di studente con DSA, l’autore presenta riflessioni e accorgimenti
utili per docenti e allievi.
L’insegnante di strumento, lavorando in diversi ambiti quali l’affettività
(attraverso la lezione individuale) e la socializzazione (attraverso la musica
di insieme e l’orchestra), può infatti attuare una didattica di integrazione e
di inclusione per bambini e ragazzi con DSA seguendo il concetto chiave
di «porre al centro lo sviluppo della persona».
Il volume presenta brevemente i diversi contesti in cui l’allievo di strumento
si trova a dover agire e passa poi in rassegna le varie difficoltà che uno stu-
dente con DSA trova nella lettura e nell’esecuzione strumentale, suggerendo
strumenti compensativi o misure dispensative.

ROBERTO QUINTARELLI
Laureato in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli
Studi di Bergamo, diplomato in Flauto Traverso presso il Conservato-
rio «A. Boito» di Parma e in Canto presso il Conservatorio «G. Verdi»
di Milano, è docente di Flauto in una scuola secondaria di I grado in
provincia di Cremona. Formato in Psicopedagogia e Didattica per i
DSA, è referente BES/DSA nella sua scuola.

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