Sviluppo
1) Il candidato, dopo aver sottoposto a diagnosi clinica un soggetto inserito nella scuola elementare,
indicato come un bambino che "non segue, è nervoso, impacciato, insicuro, con modestissime capacità di
lettura e scrittura", ha potuto rilevare le difficoltà e i disagi qui di seguito descritti:
• manifesta rigidità tonico-muscolare, con insufficienza a coordinare e fondere le varie attività
muscolari in movimenti intenzionali;
• precipitazione elocutoria in assenza di disordine fonetico;
• ai "Graphonage" del Baum-Test le funzioni dell'Io che presiedono l'elaborazione formale
appaiono disturbate, con forme esasperate che denotano una distorsione delle scelte e riflettono il
mondo di ansie e di paure del bambino, affettivamente inerte, con note di ostinazione e di
caparbietà:
• al Bender-Test il soggetto propone in lettura una evidente incapacità grafo-motoria, visuo-
percettiva ed emotivo-relazionale;
• al Family del Corman e al Goodenough mostra una immagine corporea non integrata, un corpo
che non prende parte all'azione e i cui impulsi e le percezioni corporee sono assenti, oltre a una
evidente perdita di contatto con la realtà;
• altre note raccolte sull'affettività lo propongono come diffidente, sincero, aggressivo e violento;
• sono inoltre presenti: ampia essudazione, tremore, instabilità, chiacchierio abituale e bizze.
Dai dati assunti, il candidato tracci un'ipotesi di intervento per mettere sulla via operativa gli insegnanti.
2) Maurizio, anni 11 e 10 mesi. Sottoposto a valutazione psicologica nell'anno scolastico in cui frequenta
la prima media, per suggerimento degli insegnanti, che hanno più volte segnalato ai genitori una sua
specifica difficoltà, spesso, sia nelle interrogazioni scolastiche sia nel rapporto con i compagni di classe,
balbetta e si blocca nel parlare.
I genitori non danno molta importanza al fenomeno, anche se Maurizio lo ha presentato sin dal primo
anno di scuola. Secondo loro è un ragazzo buono, ubbidiente, anche se talvolta manifesta delle "crisi" di
collera, soprattutto nei confronti del fratello più piccolo (di 4 anni). Dice la madre: forse è un po' geloso,
ma a scuola va bene".
Il suo tempo libero lo trascorre in casa, giocando con la sua collezione di macchine a cui tiene molto.
Frequenta poco, dopo la scuola, i suoi compagni, poiché loro abitano fuori dalla cittadina. Maurizio ama
molto gli sport ma non li porta avanti con costanza. A volte aiuta il padre nel suo lavoro, soprattutto
quando fa le consegne dei mobili; spesso però il padre promette di portarlo con sé e poi non mantiene la
promessa.
CAT - Tavola IV
Questo canguro prima aveva un figlio solo e andava bene. Poi fece un altro figlio e allora la madre gli
dice che può attaccarsi a lei, allora si attacca alla coda e la madre fatica il doppio. (Non può andare da
solo?). No, non ne ha voglia, è troppo piccolo.
1
disse: "Ti meriti di essere mangiata, se continui così ti mangiò", e la mangiò.
Il candidato esponga le sue considerazioni sul caso e indichi possibili interventi in ambito scolastico,
familiare e sul soggetto.
3) Nicoletta, 7 anni e 4 mesi, ha problemi scolastici: non riesce a eseguire alcuna operazione aritmetica,
ha difficoltà nella scrittura spontanea e nella lettura.
Genitori:
• Madre:32 anni, casalinga, V elementare
• Padre: 31 anni, portinaio, II media
Dopo la nascita di Nicoletta, nella coppia sono sorti problemi sessuali, tuttora presenti, e frequenti litigi
anche per le forti tensioni tra suocera e nuora. Il padre, che non avrebbe voluto figli, si disinteressa a
Nicoletta. La madre appare inadeguata a comprendere e affrontare i problemi di Nicoletta.
Nicoletta: nel primo anno di vita affidata alla nonna paterna, dormiva pochissimo. La madre per questo ha
lascito il lavoro. Sviluppo motorio nella norma, da sempre in sovrappeso. All'osservazione Nicoletta
chiede rassicurazioni, appare adeguata e compiacente, "fa finta" di fare i compiti.
Dati della scala WISC (punteggi ponderati):
Novembre 1993
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afferma di aver desiderato di procrastinare ancora la responsabilità dei figli in quanto non si sentiva
appagata dalla propria vita coniugale e di aver portato avanti una gravidanza difficile e pesante a motivo
dei continui litigi con il marito definito anche manesco e poco presente.
Patrizia è nata a termine con parto eutocico (peso alla nascita: kg. 3,450). La mamma, pur avendo latte,
non l’ha allattata perché la piccola “non si voleva attaccare. Io ci ho provato, provato, ma lei non si è
attaccata”. La signora ricorda che i primi mesi di Patrizia sono stati molto difficili per lei: pur abitando
con la propria madre ricorda quel periodo come caratterizzato dalla solitudine e dalla depressione. All’età
di tre mesi Patrizia ha avuto la pertosse ed è stata ricoverata in ospedale per 15 giorni durante i quali la
mamma andava a trovarla solo negli orari di visita perché le impedivano di rimanere ulteriormente. Al
rientro a casa la bambina venne messa a dormire con la nonna: “Mia madre, per farci stare tranquilli, si
teneva Patrizia in camera con sé”.
Patrizia ha pronunciato le prime parole verso l’anno, ha camminato a 11 mesi. La mamma la ricorda
allegra, nei primi anni, e aperta in contrasto alla chiusura emotiva presente. Patrizia ha sempre faticato a
scuola: soprattutto le risulta difficile esprimersi oralmente e per iscritto. Attualmente si rifiuta di vedere la
madre ed è molto reticente a parlare della propria vita con il papà.
3
Oca maschio: che ridere questo! Un'oca che esce dall'acqua ed entra nel recinto dei porcellini.
Pigliò per la coda il più piccolo, in quanto gli ha fatto un dispetto. (I: L'oca - A.).
Sogno paterno: non mi piace per niente. Quello piccolo sogna e quello grande fa la spia... È
normale come disegno! (I: PN-NA).
Baruffa: questi due (coppia maialini grandi) sembrano tori. Due porcellini bisticciano e l'altro
glielo disse alla mamma. La mamma arrivò dai porcellini e li picchiarono. (I: quello eh avvisa -
NA).
Buca: poverino! Il porcellino cade nel pozzo e chiede aiuto; non è una figura chiara ben
rappresentata. (I: PN-NA).
Poppata 2: quattro porcellini: due seduti e due n piedi. Il più piccolo allatta dalla madre. Non mi
piace perché uno allatta e l'altro no. (I: uno che corre - NA).
Incertezza: ci sono cinque maialini. Uno grande e uno piccolo bevono. Questo passa sotto (I:
quello che beve - NA).
Trogolo: ci sono cinque maialini che dormono. Uno fa la pipì nella sabbia. Non mi piace…; vorrei
essere a dormire. (I: PN - NA).
Macello: un signore mette i maialini dentro un carro e li portò via. Uno pensava a quelli che
andavano ed era triste. (I: PN -NA).
Fata: 1° desiderio: di non portare via i suoi amici
2° desiderio: d non fargli del male e farli essere felice
3° desiderio: di essere un mago-fatino e di aiutare tutti.
Legenda:
I = identificazione
A = amata
NA = non amata
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A differenza dell’anno precedente in cui le cose erano state per così dire “sopite”, il problema inserimento
esplode. La nuova insegnante di sostegno si mostra chiusa e “spinosa”, mentre a loro volta gli insegnanti
di classe tendono a manifestare verso di lei una certa ostilità, trincerandosi entro le proprie vere o
presunte competenze specifiche.
Il direttore, in passato, si era occupato solo indirettamente di questo inserimento, avendo un obiettivo più
generale d’integrazione, aveva seguito superficialmente il lavoro ricordando agli insegnanti di sostegno i
loro impegni circa la preparazione dei PEI, avendo sporadici contatti con la neuropsichiatra infantile e
con i gruppi previsti dalle intese interistituzionali, presiedendo ad alcune riunioni.
A questo punto gli insegnanti lo interpellano chiedendo un suo diretto intervento a dirimere il problema.
Il direttore si rivolge immediatamente ad un membro della commissione del provveditorato, ex direttrice e
sua buona conoscenza, perché faccia da figura equilibratrice, da arbitro, in quanto le tensioni tra la
famiglia, gli insegnanti di classe e di sostegno richiedono un chiarimento e un azzeramento per ripartire.
Il direttore convoca una riunione di tutti gli interessati (ins. di sostegno, ins. di classe, la madre del
bambino, l’inviata del provveditorato), con la quale spera, presente un emissario istituzionale, di placare
l’insoddisfazione della famiglia circa l’operato della scuola.
Viene anche interpellata la psicologa del servizio di neuropsichiatria infantile, la quale fa una comparsa
prima della riunione parlando con l’inviata del provveditorato.
Aperta la riunione, i presenti sono invitati dal direttore ad esporre le loro opinioni circa i problemi che si
sono riscontrati nell’inserimento.
Interviene immediatamente la mamma: il suo discorso è accusatorio nei confronti della scuola e di ogni
singola figura, persino del direttore che lei ritiene responsabile della propria insoddisfazione. La madre
accusa la scuola di non capire il bambino, di fare troppo poco dal punto di vista didattico; accusa le
maestre di non insegnare niente, mentre egli potrebbe imparare di più. Così dicendo vanta i suoi successi
di madre e l’ausilio procuratole da una associazione privata per ciechi.
Si tratta di una mamma acculturata, che non accetta il pacchetto chiuso della scuola, molto critica circa i
servizi offerti dallo stato.
Questo esordio accusatorio naturalmente non predispone favorevolmente coloro che devono parlare
successivamente.
L’insegnante di sostegno si difende, gli insegnanti di classe cercano di mediare, ma senza successo. Il
direttore sottolinea gli aspetti positivi, anche se essi appaiono veramente scarsi, e cerca di tranquillizzare
la madre. Si affida molto all’inviata del provveditorato, presentandola come garante di una supervisione
sulla qualità dell’inserimento, e dichiarando alla madre che con il suo intervento i rapporti tra le figure
professionali che si occupano del bambino sarebbero migliorati. Egli tende a presentarla come un’esperta
non burocratica, che avrebbe presieduto alle riunioni successive, mentre da parte sua tende a stare “nel
ruolo” di salvaguardia delle figure professionali, delle scelte operate dalla scuola, di ciò che la legge dello
stato prevede per l’inserimento.
Nel corso dell’anno l’inviata del provveditorato, il direttore, la madre del bambino e le insegnanti si
incontreranno regolarmente, rendendo in qualche modo sopportabile il lavorare con il bambino.
Rimangono comunque tutti insoddisfatti. Cresce l’imbarazzo e il disagio del direttore che aveva puntato
l’attenzione del collegio proprio sui problemi di integrazione dei bambini svantaggiati e che aveva messo
a punto un articolato piano per raggiungere quell’obiettivo.
5
Il rendimento scolastico viene definito soddisfacente; cerca rapporti con i coetanei ma li mantiene a
livello superficiale.
Il candidato, esplicitando il modello clinico di riferimento, formuli una prima ipotesi diagnostica e indichi
le procedure e gli strumenti che ritiene adatti alla formulazione di una diagnosi più approfondita,
precisando le finalità specifiche dell'uso degli strumenti e la pertinenza rispetto al caso. Partendo dalle
ipotesi diagnostiche formuli, inoltre, delle proposte di intervento.
Novembre 1994
6
anni, con cui ama giocare. La maestra ha suggerito alla madre di rivolgersi allo psicologo, dato che il
figlio potrebbe essere dislessico.
Il candidato esprima la propria valutazione sul caso e delinei l'eventuale programma di intervento.
Psicologia evolutiva
Le insegnanti di una scuola elementare segnalano allo psicologo del servizio di età evolutiva, un bambino
di otto anni di nome Luca, frequentante la terza classe. Le insegnanti riferiscono che Luca è talmente
irrequieto da rendere spesso difficile il normale svolgimento delle lezioni. Ha difficoltà a rimanere seduto
al proprio posto e si dondola in continuazione sulla sedia, tanto che spesso finisce con un tonfo per terra,
attirando l’attenzione di tutta la classe. Durante le lezioni giocherella spesso sul banco con vari oggetti e
chiama qualche compagno facendolo distrarre. Non mostra interesse per nessuna materia e il suo
rendimento scolastico è molto al di sotto della media anche se, a detta delle insegnanti, sembrerebbe un
bambino con buone capacità.
Quando scrive sotto dettatura fa molti errori di distrazione ed ha una pessima calligrafia, in quanto tende a
scrivere velocemente. Detesta talmente disegnare che raramente si riesce a fargli produrre qualcosa. La
materia che sembra gradire di più è la matematica. Quando deve lavorare da solo si distrae con facilità,
lasciando incompiuto ciò che gli è stato assegnato. Durante la ricreazione corre in continuazione dentro e
fuori dell’aula, urtando contro i banchi o finendo addosso a qualche compagno.
Le maestre riferiscono inoltre che ultimamente Luca è spesso di cattivo umore ed è diventato sempre più
disubbidiente, il più delle volte sembra non ascoltare quello che gli si dice ed è provocatorio anche con i
compagni, con i quali spesso finisce per litigare.
Il candidato formuli un’ipotesi diagnostica e indichi le procedure e gli strumenti che ritiene adatti alla
formulazione di una diagnosi più approfondita, precisando le finalità specifiche dell’uso degli strumenti e
cosa ci si può attendere dall’uso degli stessi.
Partendo dalle ipotesi diagnostiche, formuli inoltre delle proposte di intervento.
Novembre 1995
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formulata;
• quali ulteriori notizie anamnestiche ritiene di dover acquisire per completare il quadro dei dati
necessari e quali altri aspetti del comportamento approfondirebbe durante i colloqui diagnostici.
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Novembre 1996
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astrazione ma con difficoltà di concentrazione e di attenzione. È ipercinetico, viene distratto facilmente da
stimoli esterni, spesso sembra non ascoltare quanto gli viene detto. Interrompe e si comporta in modo
invadente verso gli altri. Evidenzia importanti difficoltà della lettura e della scrittura e non gradisce le
attività grafiche".
Durante la frequenza della scuola materna non si erano rilevati problemi.
Andrea è secondogenito, la sorella frequenta con successo la scuola media superiore.
Il padre è laureato, la madre diplomata, ambedue lavorano nel settore impiegatizio.
Il candidato, in base ai dati proposti, in forma sintetica:
• individui quali elementi dell'anamnesi sono necessari per inquadrare il caso proposto;
• quale tipo di metodologia osservativa e di strumentazione testologica è opportuno adottare per
pervenire alla formulazione della diagnosi.
Novembre 1997
Prima seduta
La prima volta che vedo Davide mi trovo davanti un bambino più piccolo da quello immaginato
dall'incontro con i genitori.
È piccolino, grassottello, ha l'espressione furba di chi "sorride sotto i baffi", nel camminare trotterella con
vivacità. Entra nello studio precedendo i genitori che prendono parte a questa prima seduta. Davide
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esordisce dicendo di non volersi sedere e si dirige ai giochi preparati per lui. Subito commenta che i
grossi cubi per costruzione sono uguali a quelli che ha a casa.
Poi, tra gli utensili-giocattolo che riproducono pentole, posate, cibi vari e tutto il necessario per la cucina,
afferra un coltellino e mima - cercando il mio sguardo - il gesto di tagliarsi un dito e poi una mano. Trova
poi un ciuccio, si avvicina a me e mi guarda con aria interrogativa. La madre interviene dicendo di non
usarlo perché è sporco. Davide mi chiede come fare. Lo invito a seguirmi in bagno per sciacquarlo.
Subito dopo lo infila in bocca con aia soddisfatta. Sceglie poi dal contenitore dei giochi "gli attrezzi da
lavoro" afferrando in particolare una sega, poi un martello che, benché piccolo e di leggera plastica,
viene scagliato con un urto violento contro una trottola "perché inizi a muoversi e a suonare". Il ciuccio
gli cade a terra, la madre interviene di nuovo impedendogli di usarlo ancora perché si è sporcato. Davide
prosegue nel gioco: usa l'estremità inferiore appuntita della trottola per strisciare con forza (graffiare) il
pavimento, poi estrae dal contenitore varie macchinine che fa muovere per breve tempo sul bordo della
sua sedia e infine scaglia a terra. Il padre gli chiede di non farlo, ma lui continua imperterrito. Passa poi a
dar calci ad una palla, scagliandola con violenza in tutte le direzione col rischio di colpire anche i genitori
e me. Lascia la palla, trova un biberon. La madre interviene per la terza volta "Non usarlo, è sporco".
Davide però mi chiede di poter bere, lo accompagno in bagno e mentre riempiamo insieme il biberon dal
lavandino, prende a raccontare di un suo biberon che lui ha rotto: spiega che era posato "sul comodino in
bagno" e lui con un gesto lo ha fatto cadere: "Si è rotto, era di vetro". Gli dico che forse si è spaventato:
risponde di no. È piuttosto la madre che si è spaventata.
Ritornati nello studio, la madre riferisce che Davide ha usato il ciuccio fino a 2 anni, epoca in cui lui è
caduto riportando un taglio alla lingua ed al labbro. Da allora non ha più usato il ciuccio perché gli faceva
sanguinare la ferita "poi siamo andati al mare e abbiamo buttato il ciuccio ai pesci, ma per Davide non è
stato un problema". Interviene ora il padre, raccontando che Davide si mette spesso in situazioni di
pericolo. La prima volta che è andato in piscina, si è buttato nell'acqua senza salvagente. Davide ora
commenta: "Ho anche bevuto!" - Sembra essere più calmo, e semi sdraiato sul divano, alterna il succhiare
dal biberon al ciuccio, La madre aggiunge che all'asilo Davide si mette nei pasticci perché difende i
bambini più piccoli dai soprusi dei più grandi e poi questi se la pigliano con lui.
Continua riferendo che Davide ultimamente ha paura di dormire di notte da solo nella sua stanza perché
vede delle ombre. Recentemente ha detto alla madre di aver paura che lei muoia, poi le ha chiesto di
parlargli del proprio futuro, di quando andrà a scuola, della moglie che avrà, dei figli; ha detto che quando
sarà sposato lui dormirà nel lettone dei genitori con la moglie, e i suoi figli nel proprio letto attuale.
Il biberon che aveva appoggiato sul tavolo cade, senza rompersi, per un movimento di Davide - Davide
mi guarda intenzionalmente - i genitori stanno per intervenire chiedendogli di non usarlo più, ma
finalmente riesco a prevenirli e a bloccarli, spiegando nuovamente le regole dell'esperienza di
consultazione.
Davide ora mi invita a giocare a palla con lui; dapprima sembra non saper controllare la forza del tiro che
arriva verso di me con violenza, poi, via via va meglio. La seduta finisce. Davide però protesta: vuole
restare ancora qui per un po' a giocare.
Seconda seduta
Arriva accompagnato dal padre che rimane in sala d'attesa. Davide ha portato con sé un piccolo
personaggio: un animale preistorico - Precisa che è un mostro -. Nella stanza trova un gioco nuovo, una
locomotiva: ne è contento, dice che anche lui l'aveva, poi mi chiede di poter andare dal padre a
mostrargliela. Al ritorno nello studio, seduto sul pavimento, estrae dal contenitore i vari giochi e li
esamina con attenzione. Nota che alcune macchine sono un po' ammaccate e chiede ripetutamente. "cosa
gli abbiamo fatto?" Gli dico che sembra sentire che noi insieme siamo responsabili di un danno che lo
preoccupa. Continua a passare in rassegna giochi e di diversi tra questi dice che anche lui li aveva. "E ora
dove sono?". Davide: "Ne ho fatto uno scatolone….".
Decide di trasferirsi sul tavolo con pentole, fornelli e didò - Commenta stupito sul fatto che in due
scatoline diverse c'è didò dello stesso colore, lui invece a casa ne ha di cinque colori differenti. Si serve di
varie formine per modellare dei cubi, cerca un "coltello grosso" per tagliare il didò a pezzi. Dopo un po'
lascia il gioco e mi chiede cosa può fare ora. Gli propongo di fare un disegno: potrebbe disegnare una
famiglia. - Davide: "Non so farla" e inizia a disegnare una casa. Intanto racconta che lui è capace di
lavarsi i denti da solo, poi aggiunge che ora riesce anche a "guardare fuori dalla finestra senza alzarsi
sulla punta dei piedi …… non dalla finestra di questa stanza, però". Gli chiedo quanti anni ha - Davide:
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"4, mia cugina 5"- Gli dico che è ancora piccolino - Davide: "Certo, non ho 5 anni come Erica". Gli dico
che oggi sembra volermi far capire che è già capace di fare le cose da grande, però la volta scorsa aveva
invece mostrato il desiderio di essere ancora piccolino, di avere il biberon e il ciuccio - Appena glieli
nomino interrompe il disegno e inizia a cercarli tra i giochi, li trova, vuole che lo accompagni in bagno a
lavarli "perché il biberon è sporco". Al ritorno il ciuccio gli cade quasi subito a terra, lo depone allora sul
tavolo: "Si è sporcato". Riferisce di volere un fratellino, si chiama Andrea S. . Io : "Ah, già nato?"
Davide: "No, deve stare ancora nella pancia della mamma, no anzi qui (si batte la fronte)". Gli chiedo se a
volte anche lui vorrebbe tornare nella pancia della mamma - "Davide: "Non si può… tutti i bambini sono
stati nella pancia della mamma" - mentre parla continua il disegno, dilungandosi in particolare a decorare
il tetto. Quando gli comunico che per oggi abbiamo finito, lui imperterrito prosegue a colorare, poi si
interrompe, guarda il pennarello marrone che tiene in mano e commenta che si è rotto. Fa fatica ad andare
via. Protesta: vuole rimanere ancora a giocare. Infine accetta di salutarmi. Esce con il padre, dopo qualche
minuto sento di nuovo suonare il campanello: è Davide, ritornato a prendersi il suo mostro lasciato sul
tavolo.
Terza seduta
Arriva anche questa volta con un giocattolo, un grosso dinosauro. È accompagnato dalla madre che
rimane in sala d'attesa. Appena entra nello studio nota la locomotiva. Subito decide di andare a chiamare
la madre perché venga a vederla. La madre viene e poi lascia di nuovo la nostra stanza. Davide ora mi
interroga, con tono preoccupato, sul trenino, secondo lui - ne è certo - mancano alcuni pezzi. Mi chiede la
coperta per sedersi sul pavimento, che sente freddo. Coglie il mio sguardo al suo dinosauro e spiega che a
casa ne ha un altro, più grande e più feroce, coi denti che tagliano. Trova in pinocchio, commenta che il
suo non ce l'ha più. Fissandomi con intensità spiega che l'ha rotto, voleva fargli il bagno e l'ha buttato nel
…. Continua poi a raccontare che la madre oggi non si ricordava più la strada per venire qui. "E allora
come avete fatto?" Davide: "Gliel'ho mostrata io ….. stanotte ho sporcato tutto il letto …. Ho vomitato
…. Mi sono svegliato e avevo sporcato tutto ….I cavernicoli…. Invece ero io!…. Era un sogno".
Infila tutta la gamba dentro al contenitore dei giochi, come se volesse entrarci. Mi chiede se ho un
bambino mio. Gli chiedo cosa ne pensi lui. Davide: "No, e tu?" Gli do una riposta sul piano di realtà.
Decide di trasferirsi al tavolo col didò, le pentole e le stoviglie. Nel frattempo nota i cuscini nuovi sulle
sedie; mi chiede perché li abbia messi. Aggiunge poi che lui conosce bene quelle pentoline perché è la
terza volta che le vede Ride quando trova un gioco che rappresenta un uovo fritto, e racconta che ieri sera
ha assaggiato l'uovo del padre, ma non era abbastanza cotto. Riferisce che lui a casa beve il latte in una
tazzina su cui c'è scritto il suo nome. Inizia a modellare con le formine, commenta che gli è venuta male
la tartaruga, il maialino invece va rifatto perché l'aveva modellato prima della tartaruga e invece avrebbe
dovuto farlo dopo. Taglia via un pezzo dal maialino: "Via il culetto!" E me lo mostra. Racconta ancora di
aver fatto la lotta col padre, lo ha vinto, lui ha i muscoli, il padre faceva finta, ma lui ha i muscoli, gli ha
spostato la sedia. Ripete di essere grande e mi mostra il suo piede: dice che si è allungato. Sorridendo
aggiunge che suo nonno è morto, l'hanno messo nella cassa, lui lo vede sotto i sassi…. Hanno scavato la
terra, hanno scavato tanto con la gru.
Gli dico che oggi mi sta parlando di molte preoccupazioni. Ribatte "Io non la uso questa parola". Siamo a
fine seduta. Anche questa volta protesta e si rifiuta di lasciare la stanza. Mi propone di continuare a
giocare: Solo dopo un po' accetta di tornare dalla madre in sala d'attesa.
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• quali aspetti dell'anamnesi approfondire;
• quali test somministrare;
• quale setting di trattamento consigliare.
Novembre 1998
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ai genitori l'intervento dello psicologo della scuola; essi accettano favorevolmente la proposta e così
anche la ragazza.
Durante il primo incontro con lo psicologo Lucia racconta: "Non capisco cosa mi succeda, ma per quanto
sia preparata e riesca a fare bene i compiti di casa, a scuola sono presa dal panico. Piuttosto che sbagliare
preferisco non rispondere. Può darsi che non mi impegni a sufficienza e che abbia poca volontà. Ho
spesso mal di testa perché non voglio andare a scuola.
Il candidato indichi la modalità con cui lo psicologo che opera in ambito scolastico potrebbe affrontare il
caso e quali strumenti potrebbe utilizzare per inquadrare le problematiche di Lucia.
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familiari e ambientali che possono rendere ragione della caduta di interesse e dell'impegno dell'alunno.
Indicando chiaramente la prospettiva secondo cui intende considerare il caso, e possibilmente tenendo
conto dell'esperienza di tirocinio effettuata, il candidato tracci delle linee di intervento, introducendo
possibili contenuti circa le variabili che meritano considerazione, controllo ed eventuale intervento volto
al superamento della situazione.
In particolare:
• come procedere sul pano della valutazione?
• Con chi intervenire?
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gelosie. L'inizio della frequenza scolastica è stato subito problematico, A. domandava in continuazione:
"Mi verrà a prendere qualcuno?, Riconoscerò il mio giubbotto? Ecc.".
Portarla a Scuola è una impresa ardua, si aggrappa all'accompagnatore, sia esso madre, padre, o nonni, fa
scenate strazianti, poi a volte deve essere riaccompagnata a casa, altre volte riescono a farla entrare
consegnandola ora alla bidella ora alla maestra.
Pur essendo iscritta ad una sezione a tempo pieno, vuole essere riportata a casa per il pranzo, rifiutando la
mensa scolastica. Il rientro pomeridiano presenta gli stessi problemi dell'ingresso mattutino, si aggrappa
al nonno, la bidella deve uscire a prenderla e "tirarla dentro", una volta in classe "si rassegna", apprende, è
socievole ed è richiesta come amichetta da quasi tutta la classe.
Incontro con G.A.
Bambina mora, con frangetta, carina, begli occhi azzurri. Una guancia, le mani e parte della gola sono
molto irritate da una vistosa e certamente fastidiosa allergia. Sembra molto sofferente e comunica una
grande pena. È con papà e mamma, entra aggrappata ad entrambi ed inizia a piangere, piangerà per tutto il
tempo ora disperata ora sommessamente. Pare non ascoltare quando le spiego perché è giunta alla
consultazione e cosa potrà, se lo desidera, fare. A. non tollera neppure di incrociare il mio sguardo. Se
sollevando gli occhi "mi incontra" aumenta il pianto, un pianto di dolore. Mentre mamma e papà,
disperati anch'essi. mi raccontano la loro pena e narrano gli ultimi episodi accaduti, A. piange e disegna
su invito (vedi disegno). A fine seduta sembra calmarsi e su mia richiesta racconta un sogno: "che avevo
telefonato alla nonna che c'era ancora e la nonna camminava sul balcone con la camicia a fiori, i capelli
gialli e il rossetto e mi salutava…"
Secondo incontro
A. entra con la mamma, piange per quasi 20 minuti sommessamente, inconsolabile. Poi accetta di
disegnare (vedi disegno spontaneo) e al disegno famiglia racconta: "c'era un papà, c'era una mamma, c'era
una sorellina che stava giocando… c'ero io che giocavo con la sorellina poi… A. non prosegue più.
Racconta invece che ultimamente va nel lettone ma se chiedo perché, di cosa ha paura, scoppia di nuovo a
piangere. Racconta un altro sogno "una volta, quando ero piccola avevo la sorellina che piangeva e la
mamma andava da lei e io restavo col papà…Lo sai che quando lei è andata all'Ospedale a fare mia
sorella io dormivo col papà?".
Terzo incontro
A, entra solo con la mamma e dopo un piccolo pianto iniziale accetta il test delle favole di Duss (secondo
la versione riveduta da M. Balconi in cui oltre alla risposta il bambino è invitato a disegnare la favola e
poi a ripetere ciò che ricorda).
• Risposta - (l'uccellino) va anche lui in un altro albero
Disegno - Dopo una lunga esitazione dice che non sa continuare la storia, mi fissa incerta…. Poi si
concentra sul disegno. Sembra serena, La mamma, che era seduta sulla poltrona un po' scostata, si
allunga per sbirciare, ma poi si lascia andare rilassata anch'essa.
Racconto - Che il papà volava su un albero, la mamma su un altro albero e dopo il bambino su un altro
albero.
• Risposta - Per giocare… non lo so… a giocare alla palla.
Disegno - Disegna la bambina, la palla … sembra aver finito… ci ripensa ed esclama "Faccio pure mia
sorella"… Aggiunge un albero con un uccellino che cova 4 uova, in ultimo aggiunge ad entrambe le figure
"un cuoricino sulla gonna". Mentre colora si volta di scatto a vedere se la mamma è ancora lì. Mi accorgo
allora che la madre ha assunto un'espressione sofferente come se avesse una crisi di ansia.
Racconto - Quale? Quella dell'uccellino? Non me la ricordo
Quarto incontro
A., è stata ammalata, ci vediamo dunque dopo 15 giorni, è accompagnata dal papà perché la mamma non
se l'è sentita di venire. Mi racconta che sta andando a scuola, che si ferma pure a mensa. Desidera
continuare le favole della scorsa volta, ricorda la storia dell'uccellino "che la mamma volava di qua , il
papà di là il bambino sta lì".
• Risposta - non vuole! Sta lì con la sua mamma.
Disegno - oggi ha un cerchietto che le tiene indietro la frangia un po' lunga, per tutto il disegno continua a
metterlo e a toglierlo. "il più grande, la mamma…. Quello piccolo viene dopo (non si vede) " Decide che
sono mucche e le colora in marrone.
Racconto - mi ricordo solo… solo questo, che la mamma e il bambino mangiavano l'erba poi è arrivato un
alto vitellino e la mamma aveva detto a quello più grande "mangia l'erba e lui non aveva voluto … solo
questo mi ricordo…".
• Risposta - …. A lungo incerta poi si incupisce …. Poi esplode in un pianto pregno di una angoscia
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indicibile…. È inconsolabile.
Viene data una immediata restituzione alla bambina e al padre di quanto emerso fino a questo momento,
ciò permette alla bambina di smettere di piangere, di disegnare sul foglio dei cuori fra cui uno trafitto e di
tornare, la volta successiva entrando senza genitori (porterà con sé solamente le chiavi dell'automobile).
Novembre 1999
Psicologia evolutiva
Il candidato prenda in considerazione la seguente situazione familiare pervenuta allo psicologo di un
consultorio familiare agli inizi di novembre 1999 su segnalazione della scuola. La situazione che
presentiamo è quella che presentiamo tra lo psicologo e i due partner che convivono da alcuni mesi
Entrambi provengono da precedenti matrimoni. Il partner maschile ha 36 anni: si è separato nel febbraio
1998 andando a vivere in un appartamento preso in affitto.
Ha due figli di 10 e 7 anni (rispettivamente Gianni e Sabrina) che sono stati affidati alla madre e che lui
incontra settimanalmente. Nel frattempo incontra e frequenta lei che ha 31 anni, separata dal novembre
1998 e che vive con la figlia di 7 anni (Lucia). Nel dicembre 1998 lui ha un incidente con la conseguenza
di una frattura alla gamba per cui disdice l'affitto e va a vivere da lei. Mentre Lucia accetta di buon grado
la nuova situazione, Gianni e Sabrina reagiscono molto male: Sabrina ha frequenti episodi di enuresi e
Gianni ha un calo nel rendimento scolastico e comportamenti iperattivi con i compagni (di qui la
segnalazione da parte della scuola). Nell'ottobre 1999 entrambi arrivano alla decisione che ,per alleggerire
la tensione con i due figli, lui riprenda un appartamento in affitto; a questo punto, però, Lucia, che si
ribella dalla piena accettazione al rifiuto totale del convivente, a tal punto che spesso lui entra in casa
soltanto quando Lucia sta dormendo. Anche a livello scolastico manifesta una regressione. Entrambi i
partner proiettano le loro difficoltà sui rispettivi ex coniugi e domandano aiuto per gestire il rapporto con i
figli.
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Il candidato faccia delle ipotesi sugli interventi possibili, richiamando eventualmente i riferimenti teorici
a guida dell'operare suggerito; in particolare esponga i vantaggi e gli svantaggi che si possono avere
seguendo le ipotesi formulate.
[…]
Test di performance
Completamento figure 18 3
Storie figurate 17 9
Disegno con cubi 30 14
Ricostruzione oggetti 18 11
Cifrario 25 7
(Labirinti) / /
Punteggio performance 54
___________________ ___________________ ___________________
Punteggio ponderato QI
Punteggio Verbale 30 75
Punteggio Performance 54 105
Punteggio Totale 84 88
Il candidato, osservando il profilo WISC descriva, mediante breve relazione di non può di due facciate:
• la dotazione intellettiva del fanciullo;
• le eventuali differenze tra il QI di performance e il QI verbale, ne descriva il rapporto e le
implicazioni nell'apprendimento scolastico;
e formuli l'ipotesi che ritiene essere alla base delle difficoltà cognitive riscontrate dagli insegnanti.
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1. M. è un alunno di 7 anni, profugo con la famiglia giunti dall’ex-Jugoslavia, inserito in una classe
seconda elementare nel mese di novembre, in conformità alle norme in vigore. Le insegnanti della classe
rilevano che M. pur non presentando specifiche difficoltà sul piano dell’utilizzo della lingua nel corso
della vita quotidiana, mostra invece difficoltà legate alla comprensione dei concetti e difficoltà di tipo
logico-matematico (in particolare l’impiego delle quattro operazioni) e comportamenti di scarsa
integrazione nella vita quotidiana della classe: rifiuta alcuni cibi, si rifiuta di prestare gli oggetti di scuola
ai compagni, durante gli intervalli tende a stare da solo, la frequenza scolastica non è continua.
Le insegnanti chiedono di potere discutere il caso di M. per definirne il quadro evolutivo, per individuare
strumenti adeguati ad M. e all’intera classe, allo scopo di favorire il processo di integrazione.
Il/La candidato/a indichi quali strumenti adotterebbe personalmente e quali offrirebbe agli insegnanti per
approfondire la conoscenza del caso; inoltre specifichi quali indicazioni operative suggerirebbe agli
insegnanti per affrontare la situazione.
2. A.C. è un alunno di 7 anni che frequenta la prima elementare in una scuola di una città di medie
dimensioni. Nel corso del mese di gennaio, le insegnanti hanno fatto una segnalazione ai Servizi
competenti della ASL ravvisando in A.C. i seguenti problemi: pur non presentando particolari difficoltà
di apprendimento, A.C. presta attenzione al lavoro per un tempo molto ridotto; si distrae facilmente e
sembra a volte non seguire le spiegazioni degli insegnanti; durante le attività scolastiche A.C. disturba i
compagni mentre lavorano o giocano, nascondendo loro quaderni e libri e rispondendo alle proteste
ridendo e facendo smorfie; quando le insegnanti lo richiamano, a volte corre fra i banchi, ma poi si
sottomette docilmente, cercando la protezione degli insegnanti stessi.
La madre, invitata ad un colloquio, riferisce alle insegnanti che a casa i comportamenti di A.C. non
presentano problemi particolari; egli appare molto sollecito nei confronti della sorellina di 4 anni, con la
quale gioca spesso e che difende nei casi in cui la madre la rimprovera. La madre riferisce che A.C. si
trova bene soprattutto con l’insegnante dell’area linguistica.
Le insegnanti sono comunque preoccupate per le condotte scolastiche di A.C. e per le possibili
ripercussioni sull’apprendimento.
La famiglia di A.C., a seguito di una visita domiciliare dell’assistente sociale, appare di un livello di vita
decoroso: la madre, separata dal marito da 2 anni, è occupata presso un’agenzia di pulizie.
La candidata indichi quali procedure adotterebbe per inquadrare ed approfondire la conoscenza del caso,
quali strumenti utilizzerebbe a questo scopo, su quali ipotesi diagnostiche orienterebbe le proprie
conclusioni e quali suggerimenti offrirebbe agli insegnanti per affrontare la situazione.
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screening sugli studenti delle classi di terza media inferiore. Per questo dovrà essere messa a punto una
batteria di test da applicare, a discrezione die presidi e in accordo con le famiglie, agli studenti.
Il candidato indichi:
• Le aree psicologiche che è opportuno prendere in considerazione;
• Gli strumenti di valutazione che intendono usare, specificandone le proprietà;
Le azioni che si intende intraprende per sensibilizzare i destinatari e favorire l'adesione e la
partecipazione attiva.
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