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PROVA PRATICA – EVOLUTIVA

Aprile - Maggio 1993

Sviluppo
1) Il candidato, dopo aver sottoposto a diagnosi clinica un soggetto inserito nella scuola elementare,
indicato come un bambino che "non segue, è nervoso, impacciato, insicuro, con modestissime capacità di
lettura e scrittura", ha potuto rilevare le difficoltà e i disagi qui di seguito descritti:
• manifesta rigidità tonico-muscolare, con insufficienza a coordinare e fondere le varie attività
muscolari in movimenti intenzionali;
• precipitazione elocutoria in assenza di disordine fonetico;
• ai "Graphonage" del Baum-Test le funzioni dell'Io che presiedono l'elaborazione formale
appaiono disturbate, con forme esasperate che denotano una distorsione delle scelte e riflettono il
mondo di ansie e di paure del bambino, affettivamente inerte, con note di ostinazione e di
caparbietà:
• al Bender-Test il soggetto propone in lettura una evidente incapacità grafo-motoria, visuo-
percettiva ed emotivo-relazionale;
• al Family del Corman e al Goodenough mostra una immagine corporea non integrata, un corpo
che non prende parte all'azione e i cui impulsi e le percezioni corporee sono assenti, oltre a una
evidente perdita di contatto con la realtà;
• altre note raccolte sull'affettività lo propongono come diffidente, sincero, aggressivo e violento;
• sono inoltre presenti: ampia essudazione, tremore, instabilità, chiacchierio abituale e bizze.
Dai dati assunti, il candidato tracci un'ipotesi di intervento per mettere sulla via operativa gli insegnanti.

2) Maurizio, anni 11 e 10 mesi. Sottoposto a valutazione psicologica nell'anno scolastico in cui frequenta
la prima media, per suggerimento degli insegnanti, che hanno più volte segnalato ai genitori una sua
specifica difficoltà, spesso, sia nelle interrogazioni scolastiche sia nel rapporto con i compagni di classe,
balbetta e si blocca nel parlare.
I genitori non danno molta importanza al fenomeno, anche se Maurizio lo ha presentato sin dal primo
anno di scuola. Secondo loro è un ragazzo buono, ubbidiente, anche se talvolta manifesta delle "crisi" di
collera, soprattutto nei confronti del fratello più piccolo (di 4 anni). Dice la madre: forse è un po' geloso,
ma a scuola va bene".
Il suo tempo libero lo trascorre in casa, giocando con la sua collezione di macchine a cui tiene molto.
Frequenta poco, dopo la scuola, i suoi compagni, poiché loro abitano fuori dalla cittadina. Maurizio ama
molto gli sport ma non li porta avanti con costanza. A volte aiuta il padre nel suo lavoro, soprattutto
quando fa le consegne dei mobili; spesso però il padre promette di portarlo con sé e poi non mantiene la
promessa.

Alcuni risultati della scala WISC:


Prove verbali PG PP Età Test
Cultura generale 20 14 15.6
Comprensione generale 8 6 7.6
Ragionamento aritmetico 9 9 10.6
Somiglianze 16 14 15.6
Vocabolario 36 9 11.6
Memoria di cifre 12 14 15.6

CAT - Tavola IV
Questo canguro prima aveva un figlio solo e andava bene. Poi fece un altro figlio e allora la madre gli
dice che può attaccarsi a lei, allora si attacca alla coda e la madre fatica il doppio. (Non può andare da
solo?). No, non ne ha voglia, è troppo piccolo.

CAT - Tavola VII


Qui c'è un bambino: "Io sono come Tarzan". Un giorno incontrò una tigre, anche lei molto vanitosa. Tutti
i giorni la prendeva in giro, la scimmia, saliva su un albero basso e la prendeva in giro. Allora la tigre

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disse: "Ti meriti di essere mangiata, se continui così ti mangiò", e la mangiò.

Il candidato esponga le sue considerazioni sul caso e indichi possibili interventi in ambito scolastico,
familiare e sul soggetto.

3) Nicoletta, 7 anni e 4 mesi, ha problemi scolastici: non riesce a eseguire alcuna operazione aritmetica,
ha difficoltà nella scrittura spontanea e nella lettura.
Genitori:
• Madre:32 anni, casalinga, V elementare
• Padre: 31 anni, portinaio, II media
Dopo la nascita di Nicoletta, nella coppia sono sorti problemi sessuali, tuttora presenti, e frequenti litigi
anche per le forti tensioni tra suocera e nuora. Il padre, che non avrebbe voluto figli, si disinteressa a
Nicoletta. La madre appare inadeguata a comprendere e affrontare i problemi di Nicoletta.
Nicoletta: nel primo anno di vita affidata alla nonna paterna, dormiva pochissimo. La madre per questo ha
lascito il lavoro. Sviluppo motorio nella norma, da sempre in sovrappeso. All'osservazione Nicoletta
chiede rassicurazioni, appare adeguata e compiacente, "fa finta" di fare i compiti.
Dati della scala WISC (punteggi ponderati):

Reattivi verbali Reattivi di performance


Cultura generale 8 Completamento figure 9
Comprensione generale 9 Riordinamento storie figurate 7
Ragionamento aritmetico 9 Disegno con cubi 12
Somiglianze 10 Ricostruzione figure 11
Vocabolario 10 Cifrario 12
QI reattivi verbali 95
QI reattivi di performance 101
QI scala completa 98

Sulla base delle informazioni presentate, il candidato:


• proponga una indicazione diagnostica, suggerendo eventualmente ulteriori approfondimenti;
• indichi, inoltre, un piano motivato di intervento, specificando i possibili obiettivi.

Novembre 1993

Protocollo n.1: psicologia evolutiva: caso di un bambino con test


In seguito all’apertura di una difficile e conflittuale pratica di separazione tra i coniugi Z., il Tribunale
Civile richiede al Servizio di Neuropsichiatria Infantile una perizia psicologica sulle due figlie - Daniela
di 7 anni e Patrizia di anni 10 - al fine di giungere ad un provvedimento di affido delle minori.
Dai colloqui con i genitori emerge una situazione di coppia incandescente, tesa e conflittuale: entrambi i
coniugi si sentono “vittime” della separazione e se ne addossano reciprocamente la colpa. La donna,
persona fragile ed infantile, risulta essere ancora molto dipendente dalla propria madre (da cui, peraltro,
non si sente sufficientemente sorretta e compresa), sentimentalmente instabile (ha “confessato” al marito
parecchi tradimenti), molto preoccupata/occupata dai propri bisogni, apparentemente priva di capacità
progettuali. Questi elementi avevano inizialmente convinto il Tribunale ad affidare entrambe le minori al
signor Z. che dimostrava maggior razionalità e capacità pratiche rispetto alla responsabilità delle figlie.
Il signor Z., facendosi aiutare dalla propria madre (molto in conflitto con la ex-nuora) ha tenuto le
bambine dimostrandosi, però, ‘sordo’ alle espressioni di disagio delle figlie, sentendosi giustificato dalla
propria condizione di coniuge tradito che si è assunto la responsabilità effettiva dei figli. Dopo qualche
mese Daniela, la figlia di 7 anni ha iniziato a chiedere insistentemente di essere affidata alla mamma e il
signor Z. ha acconsentito. Patrizia ha invece manifestato il desiderio di rimanere con lui, incolpando la
mamma di trascurarla e iniziando a dormire nel lettone col papà.
Anamnesi
Patrizia è stata concepita dopo circa un anno di matrimonio su insistenza del signor Z. che voleva mettere
a tacere quelle che, a parer suo, erano velenose illazioni della suocera sulla sua virilità. La signora Z.

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afferma di aver desiderato di procrastinare ancora la responsabilità dei figli in quanto non si sentiva
appagata dalla propria vita coniugale e di aver portato avanti una gravidanza difficile e pesante a motivo
dei continui litigi con il marito definito anche manesco e poco presente.
Patrizia è nata a termine con parto eutocico (peso alla nascita: kg. 3,450). La mamma, pur avendo latte,
non l’ha allattata perché la piccola “non si voleva attaccare. Io ci ho provato, provato, ma lei non si è
attaccata”. La signora ricorda che i primi mesi di Patrizia sono stati molto difficili per lei: pur abitando
con la propria madre ricorda quel periodo come caratterizzato dalla solitudine e dalla depressione. All’età
di tre mesi Patrizia ha avuto la pertosse ed è stata ricoverata in ospedale per 15 giorni durante i quali la
mamma andava a trovarla solo negli orari di visita perché le impedivano di rimanere ulteriormente. Al
rientro a casa la bambina venne messa a dormire con la nonna: “Mia madre, per farci stare tranquilli, si
teneva Patrizia in camera con sé”.
Patrizia ha pronunciato le prime parole verso l’anno, ha camminato a 11 mesi. La mamma la ricorda
allegra, nei primi anni, e aperta in contrasto alla chiusura emotiva presente. Patrizia ha sempre faticato a
scuola: soprattutto le risulta difficile esprimersi oralmente e per iscritto. Attualmente si rifiuta di vedere la
madre ed è molto reticente a parlare della propria vita con il papà.

Presentazione delle risposte della bambina al test Patte Noire e al Rorschach.


(...)
*** (i dati che seguono sono incompleti)
Famiglia vera
Padre di 36 anni
Madre di 29 anni
Patrizia di 10 anni
Daniela di 7 anni
Frontespizio
P.N. ha sette anni, è maschio, è il papà
Fratello di 5 anni
Sorella di 4 anni
Ah, no … questa è la madre (maialino maschio) ha 30 anni
Questo è il padre (maialino femmina) ha 35 anni
Immagini
Notte: un cane entrò in una stalla e vide i quattro porcellini. Sembra che vuole sbranare qualcuno
(I:PN cane. Amata).
Figliata: una volta un contadino entrò in una stalla e rovesciò il latte ai maialini. Un altro
contadino buttò per terra la paglia e dopo un po' i cuccioli si spaventarono. Dopo un po' sentì
anche la mamma e si arrabbiò con il contadino. Il contadino disse scusa e dopo vissero tutti felici e
contenti. (I: Uno nel mezzo che allatta. A.).
Giochi nella sporcizia: c'è un fiume dove i porcellini bevono e questo tira l'acqua contro questo.
(I: quello che guarda A.).
Abbraccio: in una foresta ci sono due porcellini. Questi due porcellini camminarono uno da una
parte e uno dall'altra. Poi si incontrarono e si diedero un bacio. Il porcellino piccolo, essendo molo
furbo, gli fece uno scherzo. Mentre si baciavano gli fece uno sgambetto. Allora questo qui
(porcellino femmina) si arrabbiò e incominciarono a litigare.
Dopo un po' l'altro li staccò Questa storia è la più lunga di tutte. Vissero poi felici e contenti. (I: il
piccolo che guarda loro due che si baciano. A.).
Partenza: in un prato il porcellino cammina nella strada. Va a farsi un giretto. Mi piace perché
cammina nella strada. È libero. (I: PN.A.).
Capra: in un praticello c'è un cervo. Camminò verso il prato ed incontrò il porcellino. Si
cominciarono a conoscere. Ma lui era un cucciolo e incominciò ad allattare ed il cervo si spostò.
Poi pensò che poteva lasciarlo fare e vissero felici e contenti. (I: PN-A.).
Sogno materno: due porcellini. Uno seduto e l'altro in piedi. Stavano sognando. Il piccolo sogna
(I: PN-NA).
Poppata: sono quelli di prima. Il porcellino allatta alla mamma. Non è ben rappresentato (I:
Porcellino grande).

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Oca maschio: che ridere questo! Un'oca che esce dall'acqua ed entra nel recinto dei porcellini.
Pigliò per la coda il più piccolo, in quanto gli ha fatto un dispetto. (I: L'oca - A.).
Sogno paterno: non mi piace per niente. Quello piccolo sogna e quello grande fa la spia... È
normale come disegno! (I: PN-NA).
Baruffa: questi due (coppia maialini grandi) sembrano tori. Due porcellini bisticciano e l'altro
glielo disse alla mamma. La mamma arrivò dai porcellini e li picchiarono. (I: quello eh avvisa -
NA).
Buca: poverino! Il porcellino cade nel pozzo e chiede aiuto; non è una figura chiara ben
rappresentata. (I: PN-NA).
Poppata 2: quattro porcellini: due seduti e due n piedi. Il più piccolo allatta dalla madre. Non mi
piace perché uno allatta e l'altro no. (I: uno che corre - NA).
Incertezza: ci sono cinque maialini. Uno grande e uno piccolo bevono. Questo passa sotto (I:
quello che beve - NA).
Trogolo: ci sono cinque maialini che dormono. Uno fa la pipì nella sabbia. Non mi piace…; vorrei
essere a dormire. (I: PN - NA).
Macello: un signore mette i maialini dentro un carro e li portò via. Uno pensava a quelli che
andavano ed era triste. (I: PN -NA).
Fata: 1° desiderio: di non portare via i suoi amici
2° desiderio: d non fargli del male e farli essere felice
3° desiderio: di essere un mago-fatino e di aiutare tutti.
Legenda:
I = identificazione
A = amata
NA = non amata

Protocollo n .7: psicologia evolutiva


(...) Nello scenario sopra descritto si inserisce l’incidente che ora verrà descritto, che è stato interpretato
dal direttore come il sintomo di un problema di funzionamento più generale, come l’indicatore di una
situazione organizzativa che non corrisponde alle sue attese.
Un bambino con grave handicap, diagnosticato come psicosi, aggravato da una cecità totale, è stato
iscritto lo scorso anno alla seconda elementare proveniente da un altro circolo. Si tratta di un bambino per
il resto sano, ma spesso violento, che la madre ha già dichiarato al direttore di non voler in alcun modo
sottoporre a cura psichiatrica, in quanto a suo modo di vedere il figlio ha bisogno di giusti addestramenti
piuttosto che di cure.
Ha avuto una insegnante di sostegno con un rapporto uno a uno; pur con una certa fatica l’anno è passato
senza che il sistema nel suo insieme ne abbia risentito in qualche modo, almeno apparentemente.
Quest’anno, tuttavia, a causa di problemi di precariato e rotazione, l’insegnante di sostegno viene
destinata ad altra sede. Il direttore deve aspettare parecchio per la nomina di una nuova maestra, e per
poterla sollecitare interpella direttamente la commissione in opera presso il provveditorato.
Viene infatti nominata un’altra insegnante di sostegno, una persona giovane e alquanto inesperta che
mostra di avere molte più difficoltà della collega che l’ha preceduta. La mamma del bambino si mostra
disponibile ad interagire con la scuola, ma allo stesso tempo è chiaro fin dal primo impatto con
l’insegnante di sostegno che diffida della scuola in generale e che non ritiene lei in particolare in grado di
gestire i problemi del bambino.
I genitori arrivano a dichiararlo apertamente alla nuova insegnante che ne rimane scossa e offesa. Ne
segue un concitato colloquio con il direttore durante il quale ella accusa la famiglia, i servizi, di
incomprensione e si chiede come possa lavorare in “queste condizioni”. La sua reazione all’episodio e
alla famiglia diventa anche un problema per tutti coloro che interagiscono con il bambino, in particolare
per i titolari di classe, che in passato avevano collaborato all’inserimento delegando però i rapporti con la
famiglia soprattutto all’insegnante di sostegno.
Data la situazione essi si trovano coinvolti molto più direttamente nel caso; a detta dell’insegnante di
sostegno, tendono a passare da un eccesso all’altro, a fare tutto e a non fare niente, senza grande
disponibilità a procedere un po’ giorno per giorno, con tentativi e negoziati con le possibilità del
bambino.

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A differenza dell’anno precedente in cui le cose erano state per così dire “sopite”, il problema inserimento
esplode. La nuova insegnante di sostegno si mostra chiusa e “spinosa”, mentre a loro volta gli insegnanti
di classe tendono a manifestare verso di lei una certa ostilità, trincerandosi entro le proprie vere o
presunte competenze specifiche.
Il direttore, in passato, si era occupato solo indirettamente di questo inserimento, avendo un obiettivo più
generale d’integrazione, aveva seguito superficialmente il lavoro ricordando agli insegnanti di sostegno i
loro impegni circa la preparazione dei PEI, avendo sporadici contatti con la neuropsichiatra infantile e
con i gruppi previsti dalle intese interistituzionali, presiedendo ad alcune riunioni.
A questo punto gli insegnanti lo interpellano chiedendo un suo diretto intervento a dirimere il problema.
Il direttore si rivolge immediatamente ad un membro della commissione del provveditorato, ex direttrice e
sua buona conoscenza, perché faccia da figura equilibratrice, da arbitro, in quanto le tensioni tra la
famiglia, gli insegnanti di classe e di sostegno richiedono un chiarimento e un azzeramento per ripartire.
Il direttore convoca una riunione di tutti gli interessati (ins. di sostegno, ins. di classe, la madre del
bambino, l’inviata del provveditorato), con la quale spera, presente un emissario istituzionale, di placare
l’insoddisfazione della famiglia circa l’operato della scuola.
Viene anche interpellata la psicologa del servizio di neuropsichiatria infantile, la quale fa una comparsa
prima della riunione parlando con l’inviata del provveditorato.
Aperta la riunione, i presenti sono invitati dal direttore ad esporre le loro opinioni circa i problemi che si
sono riscontrati nell’inserimento.
Interviene immediatamente la mamma: il suo discorso è accusatorio nei confronti della scuola e di ogni
singola figura, persino del direttore che lei ritiene responsabile della propria insoddisfazione. La madre
accusa la scuola di non capire il bambino, di fare troppo poco dal punto di vista didattico; accusa le
maestre di non insegnare niente, mentre egli potrebbe imparare di più. Così dicendo vanta i suoi successi
di madre e l’ausilio procuratole da una associazione privata per ciechi.
Si tratta di una mamma acculturata, che non accetta il pacchetto chiuso della scuola, molto critica circa i
servizi offerti dallo stato.
Questo esordio accusatorio naturalmente non predispone favorevolmente coloro che devono parlare
successivamente.
L’insegnante di sostegno si difende, gli insegnanti di classe cercano di mediare, ma senza successo. Il
direttore sottolinea gli aspetti positivi, anche se essi appaiono veramente scarsi, e cerca di tranquillizzare
la madre. Si affida molto all’inviata del provveditorato, presentandola come garante di una supervisione
sulla qualità dell’inserimento, e dichiarando alla madre che con il suo intervento i rapporti tra le figure
professionali che si occupano del bambino sarebbero migliorati. Egli tende a presentarla come un’esperta
non burocratica, che avrebbe presieduto alle riunioni successive, mentre da parte sua tende a stare “nel
ruolo” di salvaguardia delle figure professionali, delle scelte operate dalla scuola, di ciò che la legge dello
stato prevede per l’inserimento.
Nel corso dell’anno l’inviata del provveditorato, il direttore, la madre del bambino e le insegnanti si
incontreranno regolarmente, rendendo in qualche modo sopportabile il lavorare con il bambino.
Rimangono comunque tutti insoddisfatti. Cresce l’imbarazzo e il disagio del direttore che aveva puntato
l’attenzione del collegio proprio sui problemi di integrazione dei bambini svantaggiati e che aveva messo
a punto un articolato piano per raggiungere quell’obiettivo.

Altre prove pratiche. Caso n.1: psicologia evolutiva


Un ragazzo di 12 anni viene indirizzato dall'Ufficiale Sanitario al Servizio per l'età evolutiva in seguito ad
una crisi di panico manifestatasi in occasione della vaccinazione anti-epatite, vaccinazione che non è stato
possibile effettuare.
Nel primo colloquio anamnestico con i genitori, viene segnalata una enuresi notturna secondaria iniziata
verso i 4 anni e mezzo, in occasione di una ospedalizzazione del padre.
Vengono segnalate difficoltà di addormentamento e varie paure, tra le quali spiccano quelle del buio,
delle malattie, dei microbi (per esempio il ragazzo non riesce ad utilizzare un servizio igienico che non sia
quello di casa).
Il ragazzo tende ad esercitare un controllo continuo sui genitori, che alternano momenti di tolleranza e di
comprensione ad altri di esasperazione. Ha difficoltà ad adeguarsi alle regole, se vengono imposte, e
tende a reagire in modo aggressivo, in special modo con la madre.

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Il rendimento scolastico viene definito soddisfacente; cerca rapporti con i coetanei ma li mantiene a
livello superficiale.
Il candidato, esplicitando il modello clinico di riferimento, formuli una prima ipotesi diagnostica e indichi
le procedure e gli strumenti che ritiene adatti alla formulazione di una diagnosi più approfondita,
precisando le finalità specifiche dell'uso degli strumenti e la pertinenza rispetto al caso. Partendo dalle
ipotesi diagnostiche formuli, inoltre, delle proposte di intervento.

Aprile - Maggio 1994

Prova pratica. Caso n.1: psicologia evolutiva


Emanuele è un bambino di nove anni che frequenta la quarta elementare e vive con la madre, un fratello e
due sorelle più grandi. La madre, commerciante di 49 anni, si rivolge ad un Centro specialistico per le
difficoltà del figlio nell’apprendimento della matematica. In tale occasione riferisce che il marito, in
seguito alle lesioni riportate in un incidente stradale, ha assunto comportamenti violenti ed una rilevante
perdita di memoria. Questi è attualmente ricoverato in una Casa di Riposo. La ragazza più grande, che ha
20 anni, è in cerca di occupazione come, d’altra parte, il fratello di 18 anni. L’altra sorella ha 15 anni e
conferma queste difficoltà di apprendimento, aggiungendo che il bambino presenta anche deficit attentivi
e comportamenti di disturbo nei confronti dei compagni di classe.
Il candidato indichi un massimo di tre strumenti diagnostici precisandone le finalità specifiche, la
pertinenza rispetto al caso e gli elementi critici da identificare in ordine alla formulazione di una prima
ipotesi diagnostica.

Novembre 1994

Caso n.1: psicologia evolutiva


Le insegnanti di una classe segnalano ad un servizio territoriale il caso di un bambino di II elementare da
loro definito “iperattivo”. I comportamenti del soggetto causano, tra l’altro, problemi di relazione con i
compagni. Non vengono segnalate difficoltà nell’apprendimento scolastico.
Il candidato, scegliendo un modello teorico di riferimento, verifichi le affermazioni delle insegnanti,
indicando le procedure di osservazione e di analisi che utilizzerebbe al fine di precisare meglio le
difficoltà segnalate ed impostare eventualmente un trattamento.

Caso n.2: psicologia evolutiva


Il padre di F. si è rivolto spontaneamente ad uno psicologo privato e nel corso di un colloquio gli ha
parlato del figlio.
F. Ha 16 anni ed è un atleta fisicamente molto dotato, che pratica vari sport, dimostrando notevoli
capacità tecniche. Tuttavia ha difficoltà ad esprimersi in gara. In pista, prima della partenza, F. diventa
così ansioso da non riuscire a correre come vorrebbe. I suoi tempi di gara sono sempre peggiori di quelli
ottenuti in allenamento, in cui registra i tempi migliori tra gli atleti della sua categoria a livello regionale.
Una settimana fa, F. ha fatto capire che intende abbandonare lo sport agonistico.
Il padre ritiene che l'abbandono sarebbe negativo, in quanto per F. lo sport è sempre stata l'attività
prevalente. Pur andando abbastanza bene a scuola, F. ha dimostrato entusiasmo soltanto per l'atletica
leggera.
Il candidato esprima la propria valutazione sul caso e delinei l'eventuale programma di intervento.

Caso n.3: psicologia evolutiva


A. viene accompagnato al Servizio dalla madre per un primo colloquio. È un bel bambino di 7 anni.
Frequenta la seconda elementare ed ha evidenti difficoltà ad imparare a leggere. Dal racconto della
madre, emerge che nel primo anno di scuola ha appreso le lettere dell'alfabeto e a riconoscere alcune
brevi parole. A. viene considerato molto diligente e attento: a scuola copia tutto quello che gli viene
proposto, ma si rifiuta di leggere. A casa, aiutato dalla madre, legge i nomi delle figure nei libri illustrati,
ma fa molti sbagli anche se si tratta di leggere una semplice frase nuova. A. ha un fratello più piccolo di 4

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anni, con cui ama giocare. La maestra ha suggerito alla madre di rivolgersi allo psicologo, dato che il
figlio potrebbe essere dislessico.
Il candidato esprima la propria valutazione sul caso e delinei l'eventuale programma di intervento.

Aprile - Maggio 1995

Psicologia evolutiva
Le insegnanti di una scuola elementare segnalano allo psicologo del servizio di età evolutiva, un bambino
di otto anni di nome Luca, frequentante la terza classe. Le insegnanti riferiscono che Luca è talmente
irrequieto da rendere spesso difficile il normale svolgimento delle lezioni. Ha difficoltà a rimanere seduto
al proprio posto e si dondola in continuazione sulla sedia, tanto che spesso finisce con un tonfo per terra,
attirando l’attenzione di tutta la classe. Durante le lezioni giocherella spesso sul banco con vari oggetti e
chiama qualche compagno facendolo distrarre. Non mostra interesse per nessuna materia e il suo
rendimento scolastico è molto al di sotto della media anche se, a detta delle insegnanti, sembrerebbe un
bambino con buone capacità.
Quando scrive sotto dettatura fa molti errori di distrazione ed ha una pessima calligrafia, in quanto tende a
scrivere velocemente. Detesta talmente disegnare che raramente si riesce a fargli produrre qualcosa. La
materia che sembra gradire di più è la matematica. Quando deve lavorare da solo si distrae con facilità,
lasciando incompiuto ciò che gli è stato assegnato. Durante la ricreazione corre in continuazione dentro e
fuori dell’aula, urtando contro i banchi o finendo addosso a qualche compagno.
Le maestre riferiscono inoltre che ultimamente Luca è spesso di cattivo umore ed è diventato sempre più
disubbidiente, il più delle volte sembra non ascoltare quello che gli si dice ed è provocatorio anche con i
compagni, con i quali spesso finisce per litigare.
Il candidato formuli un’ipotesi diagnostica e indichi le procedure e gli strumenti che ritiene adatti alla
formulazione di una diagnosi più approfondita, precisando le finalità specifiche dell’uso degli strumenti e
cosa ci si può attendere dall’uso degli stessi.
Partendo dalle ipotesi diagnostiche, formuli inoltre delle proposte di intervento.

Novembre 1995

Padova. Psicologia evolutiva


Elisabetta, una bambina di 9 anni è stata portata dallo psicologo del Servizio di Neuropsichiatra Infantile
per il suo rifiuto di andare a scuola. È figlia unica; il clima famigliare è sereno; il padre lavora come
impiegato comunale, la madre è casalinga e con loro vivono i nonni materni. Le difficoltà della bambina
erano cominciate un mese prima in concomitanza del rientro dalle vacanze di Natale. Durante le prime
due settimane di scuola, Elisabetta manifestò alcuni sintomi somatici, quali mal di pancia e mal di testa, e
la madre riusciva a portarla a scuola solo dopo lunghe discussioni e dopo aver promesso alla bambina
che sarebbe rimasta a casa sua tutta la mattina in modo da poter essere contattata telefonicamente.
Durante il primo colloquio con lo psicologo manifestò il desiderio che anche la mamma rimanesse nello
studio. Durante i due incontri successivi la bambina accettò di restare sola con lo psicologo chiedendo
però ogni tanto di controllare se la madre era in sala di attesa ad aspettarla. Nel corso del primo colloquio
la bambina cercò d minimizzare il problema relativo al rifiuto della scuola, riferendo che tutto andava
bene, prendeva bei voti e andava d'accordo con la maestra e i compagni (questo dato era stato confermato
anche dalla madre). Durante il secondo colloquio Elisabetta ammise che ciò che la preoccupava era
lasciare la casa e che le capitava di sentirsi a disagio quando tutti i membri della sua famiglia erano fuori
vista.
Lo psicologo, in base ai dati riferiti dalla madre e ai colloqui con la bambina, illustri secondo i seguenti
schemi:
• quale potrebbe essere la prima ipotesi diagnostica;
• quali strumenti psico diagnostici utilizzerebbe per convalidare o eventualmente smentire la prima
ipotesi diagnostica, giustificandone la scelta ed evidenziando quali indicatori (indici, livelli di
scale, ecc.) dovrebbero emergere dall'applicazione degli strumenti per poter convalidare l'ipotesi

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formulata;
• quali ulteriori notizie anamnestiche ritiene di dover acquisire per completare il quadro dei dati
necessari e quali altri aspetti del comportamento approfondirebbe durante i colloqui diagnostici.

Trieste. Psicologia evolutiva


Le insegnanti di una scuola elementare segnalano allo psicologo del servizio di età evolutiva, un bambino
di otto anni di nome Luca, frequentante la terza classe. Le insegnati riferiscono che Luca è talmente
irrequieto da rendere spesso difficile il normale svolgimento delle lezioni. Ha difficoltà a rimanere seduto
al proprio posto e si dondola in continuazione sulla sedia, tanto che spesso finisce con un tonfo per terra,
attirando l'attenzione di tutta la classe.
Durante la lezione giocherella spesso sul banco con vari oggetti e chiama qualche compagno facendolo
distrarre. Non mostra interesse per nessuna materia e il suo rendimento scolastico è molto al di sotto della
media anche se, a detta degli insegnati, sembrerebbe un bambino con buone capacità. Quando scrive sotto
dettatura fa molti errori di distrazione ed ha una pessima calligrafia, in quanto tende a scrivere
velocemente. Detesta talmente disegnare che raramente si riesce a fargli produrre qualcosa. La materia
che sembra gradire di più è la matematica. Quando deve lavorare da solo si distrae con facilità, lasciando
incompiuto ciò che gli è stato assegnato. Durante la ricreazione corre in continuazione fuori e dentro
dell'aula, urtando contro i banchi o finendo addosso a qualche compagno. Le maestre riferiscono inoltre
che ultimamente Luca è spesso di cattivo umore ed è diventato sempre più disubbidiente, il più delle volte
sembra non ascoltare quello che gli si dice ed è provocatorio anche con i compagni, con i quali spesso
finisce per litigare.
Il candidato formuli una ipotesi diagnostica e indichi le procedure e gli strumenti che ritiene adatti alla
formulazione di una diagnosi più approfondita, precisando le finalità specifiche dell'uso degli strumenti e
cosa si può ottenere dall'uso degli stessi.
Partendo dalle ipotesi diagnostiche, formuli inoltre delle ipotesi di intervento.

Aprile - Maggio 1996

Padova. Caso n.3: psicologia evolutiva


Roberto è un bambino di 11 anni che abita in un zona agricola della provincia di Rovigo. Il papà è operaio
e la mamma lavora come sarta in casa. Roberto ha un fratello maggiore che ha 16 anni e frequenta, con
profitto appena sufficiente, un Istituto Professionale della zona. La famiglia è abbastanza serena ed unita,
anche se il padre è spesso via di casa per periodi di lavoro fuori zona. Già durante la prima elementare la
scuola aveva segnalato l'atteggiamento passivo e lo scarso apprendimento di Roberto e aveva consigliato
di farlo vedere. Il bambino era stato portato presso un Servizio Materno-Infantile. L'anamnesi non aveva
rivelato fatti particolarmente significativi relativi ai primi anni di vita. Il bambino era stato giudicato di
intelligenza "nella norma" ed era stato affidato alle cure di un logopedista che lo aveva incontrato per
alcuni mesi. Nel periodo successivo il bambino era stato aiutato da una delle sue maestre che si era presa
a cuore il suo caso, riuscendo a portarlo fino alla quinta elementare senza, apparentemente, gravi disagi.
Con l'arrivo della scuola media, Roberto è apparso molto indietro rispetto ai compagni, anche in
apprendimenti basilari come lettura e calcolo. Inoltre egli ha manifestato atteggiamenti di disinteresse e
scarsa partecipazione che hanno prodotto una reazione negativa dei suoi insegnanti e la successiva
convinzione che Roberto andasse bocciato. Quando la famiglia, informata di ciò dal Preside, gli ha
chiesto consigli sul da farsi, il Preside l'ha rinviata ad un centro specializzato per i disturbi
dell'apprendimento, che ha proceduto a colloqui col bambino e con la famiglia, ad un accertamento
diagnostico e quindi ha dato una serie di suggerimenti operativi.
Il candidato indichi quali potrebbero essere stati:
• i temi dei colloqui;
• le procedure utilizzate per l'accertamento diagnostico;
• i riscontri così ottenuti;
• i suggerimenti operativi forniti.

8
Novembre 1996

Padova. Psicologia evolutiva


Al momento della prima consultazione presso un servizio sui Disturbi dell'Apprendimento, Roberta ha 12
anni e frequenta la prima media. Dopo un quinquennio di scuola elementare, trascorso con qualche
difficoltà presso una scuola privata, la ragazzina, ha presentato, con l'ingresso nella scuola media, gravi
difficoltà, soprattutto in italiano, inglese, e nel problem solving matematico. Queste difficoltà si sono
unite ad un disagio psicologico per cui la bambina presenta una difficoltà anche emotiva nei suoi rapporti
con la scuola. Gli insegnanti riferiscono che Roberta è frequentemente distratta, disturba spesso i
compagni. La bambina, che è di ambiente socioeconomico medio-alto (madre casalinga, un fratellino di
cinque anni), è seguita dalla famiglia e aiutata nel lavoro scolastico, a casa dalla madre, a scuola
sporadicamente dagli insegnanti (inclusa una insegnante di sostegno che segue altri alunni). Non ha
presentato fino ad oggi gravi problemi psicologici. L'esame dell'intelligenza rivela un QI compreso tra 95
e 100 (Raven=100 WISC - verbale = 95). In una prova di confronto tra figure (Matching Familiar
Figures) la bambina mostra una forte tendenza a scegliere, fra sei figure simili ad un modello a cui però
una sola è identica, la prima che le capita. In una prova di comprensione del testo la bambina dimostra di
essere molto al di sotto del livello previsto per alunni di terza elementare. (MT, 3 elem-intermedia, 4
risposte corrette su 10), il grafismo è spedito, ma inadeguato, la competenza ortografica è bassa, con
particolare presenza di errori non fonologici, come omissione di apostrofo, scrittura di parole non
separate correttamente. Questa tipologia di errore si presenta anche nell'analisi di parole omofone (per
esempio "lago" e l'ago") che la ragazzina confonde facilmente. La lettura è anche molto lenta. In base a
questo primo esame si decide di completare l'accertamento diagnostico e si individuano alcune piste di un
lavoro di trattamento da svolgere in parte a cura della psicologa del servizio, in parte a cura degli
insegnanti.
Il candidato ipotizzi sinteticamente modalità e linee che hanno guidato tali successive fasi e integri con
sue osservazioni la presentazione di questo caso.

Aprile - Maggio 1997

Padova. Caso n.1: psicologia evolutiva


Commentate il caso sommariamente descritto qui sotto, sulla base ai dati già presenti. E dite che cosa
fareste (e quali strumenti utilizzereste, descrivendoli brevemente) per approfondire la conoscenza della
situazione e programmare eventuali interventi.
Andrea, anni 6, prima elementare
L'insegnante riferisce di avere in classe un bambino particolare che per lei è un vero problema: si butta a
terra, dice che tutti lo odiano, è aggressivo con i compagni. Il bambino ha anche problemi di
apprendimento, sia nel settore in cui lei opera, sia - le sembra - anche in altri.
L'insegnante aggiunge che nell'ultima settimana è accaduto un fatto grave: il bambino, dopo un banale
litigio con i compagni, si è messo a piangere, e ha pianto molto a lungo. Quando lei gli ha chiesto il
motivo di questa disperazione, il bambino ha detto che tutti lo odiano, i suoi compagni e suo fratello, che
lui non ce la fa più e che lui si uccide. Tutto questo l'ha molto spaventata.
L'insegnante dice di non sapere molto della situazione familiare e della storia del bambino; le poche cose
che sa gliele ha riferite il bambino stesso: ad esempio che si trovava molto bene alla scuola materna, dove
c'era una maestra che gli voleva molto bene.
Contesto scolastico: nella scuola in cui la signora insegna ci sono due prime, piuttosto numerose, tutte e
due affidate ad insegnanti molto giovani e con scarsa esperienza di insegnamento. Quasi tutte le classi
successive, meno numerose, sono affidate ad insegnanti con molti anni di insegnamento alle spalle. La
signora riferisce di avere rapporti di comunicazione con le colleghe del modulo, ma quasi nessun rapporto
con gli altri insegnanti, tranne che con uno a cui aveva chiesto un consiglio a proposito di Andrea, e che
le ha detto che "dai disegni di un bambino si capisce tutto".

Bologna. Caso n.1: psicologia evolutiva


Andrea viene segnalato allo psicologo al termine della seconda elementare.
Viene così descritto dagli insegnanti: "Andrea è un bambino con un buon livello di comprensione ed

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astrazione ma con difficoltà di concentrazione e di attenzione. È ipercinetico, viene distratto facilmente da
stimoli esterni, spesso sembra non ascoltare quanto gli viene detto. Interrompe e si comporta in modo
invadente verso gli altri. Evidenzia importanti difficoltà della lettura e della scrittura e non gradisce le
attività grafiche".
Durante la frequenza della scuola materna non si erano rilevati problemi.
Andrea è secondogenito, la sorella frequenta con successo la scuola media superiore.
Il padre è laureato, la madre diplomata, ambedue lavorano nel settore impiegatizio.
Il candidato, in base ai dati proposti, in forma sintetica:
• individui quali elementi dell'anamnesi sono necessari per inquadrare il caso proposto;
• quale tipo di metodologia osservativa e di strumentazione testologica è opportuno adottare per
pervenire alla formulazione della diagnosi.

Novembre 1997

Padova. Caso n.1: psicologia evolutiva


Roberta ha 13 anni e frequenta la seconda media. La madre ha chiamato il consultorio preoccupata per
due motivi:
• La figlia è diventata scontrosa col padre, con il quale litiga spesso nonostante poi se ne penta,
mentre prima era sempre andata d'accordo con lui;
• Si rinchiude in se stessa, si chiude in camera dicendo che vuole andarsene di casa ed una volta ha
detto che avrebbe voluto suicidarsi.
Il tutto succede da circa un anno.
All'inizio la madre pensava che fosse dovuto al trasferimento di casa.
Madre casalinga.
Il padre ha dieci anni più di lei e lavora nell'esercito.
I genitori avevano avuto dei conflitti ed avevano pensato di separarsi, ma alla fine hanno deciso di stare
insieme per la figlia.
Si tratta di una figlia unica.
Attualmente ha anche dei problemi a scuola che precedentemente non aveva mai avuto: il rendimento è
scarso.
Esprimete un commento sul caso; indicate secondo quali modalità e strumenti ne approfondireste la
conoscenza; formulate una ipotesi diagnostica. Infine ipotizzate un eventuale intervento.

Torino. Psicologia evolutiva


Bambino, 4 anni: note anamnestiche e resoconto di tre sedute osservative.
Il candidato esponga come penserebbe di utilizzare il materiale fornito, nell'ottica di un aiuto al bambino
ed alla famiglia.
Davide S., 4 anni - figlio unico.
Madre di 30 ani, impiegata.
Padre di 36 anni, autista di autobus.
Nato da gravidanza regolare, parto spontaneo, allattamento al seno per tre, quattro mesi, divezzamento
senza problemi. Ritmo del sonno regolare. Sviluppo somatopsichico nei tempi di norma. La madre ha
ripreso il lavoro quando Davide aveva 4 mesi e da allora è stato accudito durante il giorno dalla nonna
materna, fino a tre anni. In seguito all'asilo viene portato in consultazione dai genitori per il suo
comportamento ribelle e oppositivo. Soprattutto la madre si dichiara molto in ansia perché si sente
incapace di far fronte al figlio "incontenibile, aggressivo, ribelle a qualsiasi disciplina, distruttivo". La
madre precisa di essere forse responsabile per queste caratteristiche del figlio in quanto ha sempre mirato
ad una autonomizzazione rapida di lui perché non voleva "ripetere gli errori" della propria madre con lei
(si è sentita molto soffocata e oppressa in famiglia).

Prima seduta
La prima volta che vedo Davide mi trovo davanti un bambino più piccolo da quello immaginato
dall'incontro con i genitori.
È piccolino, grassottello, ha l'espressione furba di chi "sorride sotto i baffi", nel camminare trotterella con
vivacità. Entra nello studio precedendo i genitori che prendono parte a questa prima seduta. Davide

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esordisce dicendo di non volersi sedere e si dirige ai giochi preparati per lui. Subito commenta che i
grossi cubi per costruzione sono uguali a quelli che ha a casa.
Poi, tra gli utensili-giocattolo che riproducono pentole, posate, cibi vari e tutto il necessario per la cucina,
afferra un coltellino e mima - cercando il mio sguardo - il gesto di tagliarsi un dito e poi una mano. Trova
poi un ciuccio, si avvicina a me e mi guarda con aria interrogativa. La madre interviene dicendo di non
usarlo perché è sporco. Davide mi chiede come fare. Lo invito a seguirmi in bagno per sciacquarlo.
Subito dopo lo infila in bocca con aia soddisfatta. Sceglie poi dal contenitore dei giochi "gli attrezzi da
lavoro" afferrando in particolare una sega, poi un martello che, benché piccolo e di leggera plastica,
viene scagliato con un urto violento contro una trottola "perché inizi a muoversi e a suonare". Il ciuccio
gli cade a terra, la madre interviene di nuovo impedendogli di usarlo ancora perché si è sporcato. Davide
prosegue nel gioco: usa l'estremità inferiore appuntita della trottola per strisciare con forza (graffiare) il
pavimento, poi estrae dal contenitore varie macchinine che fa muovere per breve tempo sul bordo della
sua sedia e infine scaglia a terra. Il padre gli chiede di non farlo, ma lui continua imperterrito. Passa poi a
dar calci ad una palla, scagliandola con violenza in tutte le direzione col rischio di colpire anche i genitori
e me. Lascia la palla, trova un biberon. La madre interviene per la terza volta "Non usarlo, è sporco".
Davide però mi chiede di poter bere, lo accompagno in bagno e mentre riempiamo insieme il biberon dal
lavandino, prende a raccontare di un suo biberon che lui ha rotto: spiega che era posato "sul comodino in
bagno" e lui con un gesto lo ha fatto cadere: "Si è rotto, era di vetro". Gli dico che forse si è spaventato:
risponde di no. È piuttosto la madre che si è spaventata.
Ritornati nello studio, la madre riferisce che Davide ha usato il ciuccio fino a 2 anni, epoca in cui lui è
caduto riportando un taglio alla lingua ed al labbro. Da allora non ha più usato il ciuccio perché gli faceva
sanguinare la ferita "poi siamo andati al mare e abbiamo buttato il ciuccio ai pesci, ma per Davide non è
stato un problema". Interviene ora il padre, raccontando che Davide si mette spesso in situazioni di
pericolo. La prima volta che è andato in piscina, si è buttato nell'acqua senza salvagente. Davide ora
commenta: "Ho anche bevuto!" - Sembra essere più calmo, e semi sdraiato sul divano, alterna il succhiare
dal biberon al ciuccio, La madre aggiunge che all'asilo Davide si mette nei pasticci perché difende i
bambini più piccoli dai soprusi dei più grandi e poi questi se la pigliano con lui.
Continua riferendo che Davide ultimamente ha paura di dormire di notte da solo nella sua stanza perché
vede delle ombre. Recentemente ha detto alla madre di aver paura che lei muoia, poi le ha chiesto di
parlargli del proprio futuro, di quando andrà a scuola, della moglie che avrà, dei figli; ha detto che quando
sarà sposato lui dormirà nel lettone dei genitori con la moglie, e i suoi figli nel proprio letto attuale.
Il biberon che aveva appoggiato sul tavolo cade, senza rompersi, per un movimento di Davide - Davide
mi guarda intenzionalmente - i genitori stanno per intervenire chiedendogli di non usarlo più, ma
finalmente riesco a prevenirli e a bloccarli, spiegando nuovamente le regole dell'esperienza di
consultazione.
Davide ora mi invita a giocare a palla con lui; dapprima sembra non saper controllare la forza del tiro che
arriva verso di me con violenza, poi, via via va meglio. La seduta finisce. Davide però protesta: vuole
restare ancora qui per un po' a giocare.
Seconda seduta
Arriva accompagnato dal padre che rimane in sala d'attesa. Davide ha portato con sé un piccolo
personaggio: un animale preistorico - Precisa che è un mostro -. Nella stanza trova un gioco nuovo, una
locomotiva: ne è contento, dice che anche lui l'aveva, poi mi chiede di poter andare dal padre a
mostrargliela. Al ritorno nello studio, seduto sul pavimento, estrae dal contenitore i vari giochi e li
esamina con attenzione. Nota che alcune macchine sono un po' ammaccate e chiede ripetutamente. "cosa
gli abbiamo fatto?" Gli dico che sembra sentire che noi insieme siamo responsabili di un danno che lo
preoccupa. Continua a passare in rassegna giochi e di diversi tra questi dice che anche lui li aveva. "E ora
dove sono?". Davide: "Ne ho fatto uno scatolone….".
Decide di trasferirsi sul tavolo con pentole, fornelli e didò - Commenta stupito sul fatto che in due
scatoline diverse c'è didò dello stesso colore, lui invece a casa ne ha di cinque colori differenti. Si serve di
varie formine per modellare dei cubi, cerca un "coltello grosso" per tagliare il didò a pezzi. Dopo un po'
lascia il gioco e mi chiede cosa può fare ora. Gli propongo di fare un disegno: potrebbe disegnare una
famiglia. - Davide: "Non so farla" e inizia a disegnare una casa. Intanto racconta che lui è capace di
lavarsi i denti da solo, poi aggiunge che ora riesce anche a "guardare fuori dalla finestra senza alzarsi
sulla punta dei piedi …… non dalla finestra di questa stanza, però". Gli chiedo quanti anni ha - Davide:

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"4, mia cugina 5"- Gli dico che è ancora piccolino - Davide: "Certo, non ho 5 anni come Erica". Gli dico
che oggi sembra volermi far capire che è già capace di fare le cose da grande, però la volta scorsa aveva
invece mostrato il desiderio di essere ancora piccolino, di avere il biberon e il ciuccio - Appena glieli
nomino interrompe il disegno e inizia a cercarli tra i giochi, li trova, vuole che lo accompagni in bagno a
lavarli "perché il biberon è sporco". Al ritorno il ciuccio gli cade quasi subito a terra, lo depone allora sul
tavolo: "Si è sporcato". Riferisce di volere un fratellino, si chiama Andrea S. . Io : "Ah, già nato?"
Davide: "No, deve stare ancora nella pancia della mamma, no anzi qui (si batte la fronte)". Gli chiedo se a
volte anche lui vorrebbe tornare nella pancia della mamma - "Davide: "Non si può… tutti i bambini sono
stati nella pancia della mamma" - mentre parla continua il disegno, dilungandosi in particolare a decorare
il tetto. Quando gli comunico che per oggi abbiamo finito, lui imperterrito prosegue a colorare, poi si
interrompe, guarda il pennarello marrone che tiene in mano e commenta che si è rotto. Fa fatica ad andare
via. Protesta: vuole rimanere ancora a giocare. Infine accetta di salutarmi. Esce con il padre, dopo qualche
minuto sento di nuovo suonare il campanello: è Davide, ritornato a prendersi il suo mostro lasciato sul
tavolo.

Terza seduta
Arriva anche questa volta con un giocattolo, un grosso dinosauro. È accompagnato dalla madre che
rimane in sala d'attesa. Appena entra nello studio nota la locomotiva. Subito decide di andare a chiamare
la madre perché venga a vederla. La madre viene e poi lascia di nuovo la nostra stanza. Davide ora mi
interroga, con tono preoccupato, sul trenino, secondo lui - ne è certo - mancano alcuni pezzi. Mi chiede la
coperta per sedersi sul pavimento, che sente freddo. Coglie il mio sguardo al suo dinosauro e spiega che a
casa ne ha un altro, più grande e più feroce, coi denti che tagliano. Trova in pinocchio, commenta che il
suo non ce l'ha più. Fissandomi con intensità spiega che l'ha rotto, voleva fargli il bagno e l'ha buttato nel
…. Continua poi a raccontare che la madre oggi non si ricordava più la strada per venire qui. "E allora
come avete fatto?" Davide: "Gliel'ho mostrata io ….. stanotte ho sporcato tutto il letto …. Ho vomitato
…. Mi sono svegliato e avevo sporcato tutto ….I cavernicoli…. Invece ero io!…. Era un sogno".
Infila tutta la gamba dentro al contenitore dei giochi, come se volesse entrarci. Mi chiede se ho un
bambino mio. Gli chiedo cosa ne pensi lui. Davide: "No, e tu?" Gli do una riposta sul piano di realtà.
Decide di trasferirsi al tavolo col didò, le pentole e le stoviglie. Nel frattempo nota i cuscini nuovi sulle
sedie; mi chiede perché li abbia messi. Aggiunge poi che lui conosce bene quelle pentoline perché è la
terza volta che le vede Ride quando trova un gioco che rappresenta un uovo fritto, e racconta che ieri sera
ha assaggiato l'uovo del padre, ma non era abbastanza cotto. Riferisce che lui a casa beve il latte in una
tazzina su cui c'è scritto il suo nome. Inizia a modellare con le formine, commenta che gli è venuta male
la tartaruga, il maialino invece va rifatto perché l'aveva modellato prima della tartaruga e invece avrebbe
dovuto farlo dopo. Taglia via un pezzo dal maialino: "Via il culetto!" E me lo mostra. Racconta ancora di
aver fatto la lotta col padre, lo ha vinto, lui ha i muscoli, il padre faceva finta, ma lui ha i muscoli, gli ha
spostato la sedia. Ripete di essere grande e mi mostra il suo piede: dice che si è allungato. Sorridendo
aggiunge che suo nonno è morto, l'hanno messo nella cassa, lui lo vede sotto i sassi…. Hanno scavato la
terra, hanno scavato tanto con la gru.
Gli dico che oggi mi sta parlando di molte preoccupazioni. Ribatte "Io non la uso questa parola". Siamo a
fine seduta. Anche questa volta protesta e si rifiuta di lasciare la stanza. Mi propone di continuare a
giocare: Solo dopo un po' accetta di tornare dalla madre in sala d'attesa.

Bologna. Caso n.3: psicologia evolutiva


Andrea, 10 anni, frequenta la quinta elementare e presenta numerosi e pesanti tic che interessano in
particolare la zona del capo e del tronco. Questi, molto ben visibili e poco controllabili, pongono a disagio
tutta la famiglia. È secondogenito di una famiglia di livello economico e culturale medio-alto con
aspettative intense sui figli.
La primogenita, di diciotto anni, ha tentato il suicidio per una delusione sentimentale.
Andrea ha un comportamento un po' arrogante, molto sicuro di sé.
Racconta di avere un rapporto difficile e contrastato con gli amici.
Vorrebbe la leadership di tutti i gruppi che frequenta. Per questi comportamenti spesso è solo e rifiutato.
Il suo apprendimento scolastico è eccellente.
Esponga il candidato le proprie considerazioni sul caso e proponga un percorso di intervento
considerando:

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• quali aspetti dell'anamnesi approfondire;
• quali test somministrare;
• quale setting di trattamento consigliare.

Aprile - Maggio 1998

Padova. Caso n.2: psicologia evolutiva


Marco ha 8 anni e frequenta la terza elementare. Il bambino è ben inserito nel gruppo classe; nel corso
dell'anno scolastico ha subito un lento peggioramento che inizialmente ha interessato solo il rendimento
scolastico, poi (mese di gennaio) anche il rapporto con gli insegnanti, in modo particolare quello con
l'insegnante dell'area logico-matematica. Marco appare più disattento, frettoloso nell'eseguire i compiti
assegnatigli e spesso, per quanto riguarda la matematica, non risponde alle sollecitazioni proposte, e dà
segni di intolleranza. All'insegnante di lingua straniera che cerca di comprendere la situazione dice: "In
alcune materie mi annoio, come per esempio Matematica, perché se faccio un errore da poco succede una
tragedia, io cerco allora di impegnarmi di più ma mi distraggo e faccio un errore più grande e quindi non
ho buoni risultati. Andare a scuola il venerdì è bello anche perché guardiamo le videocassette; il lunedì mi
annoio perché le prime due ore si fa matematica".
Non emergono situazioni problematiche per quanto riguarda la vita familiare ed extra scolastica del
bambino. Mente, verso il mese di marzo, per le altre materie, c'è una ripresa nei risultati e nel
comportamento, ciò non accade con la disciplina matematica. Le insegnati decidono di rivolgersi allo
psicologo scolastico.
Il candidato indichi:
• quali informazioni intenda approfondire (in base a quale ipotesi);
• di quali teorie, metodologie, e di quali eventuali strumenti intende avvalersi per l'analisi della
situazione scolastica;
• in base alle ipotesi formulate quali indicazioni operative suggerire agli insegnanti.

Bologna. Caso n.3: psicologia evolutiva


La madre di Gianni, un ragazzino di 13 anni che frequenta la prima media, si presenta ad un Consultorio
per alcuni problemi che il figlio presenta a scuola: a detta degli insegnanti non socializza con i compagni,
mostra scarsa partecipazione alle lezioni, ha un rendimento scolastico alquanto scadente, specie nelle
prove orali, dove fa quasi sempre scena muta. La madre aggiunge che anche a casa il ragazzo è molto
taciturno, si isola nella sua stanza dove ascolta musica a tutto volume, ha un solo amico che però
frequenta poco, e mangia molto, specie fuori dai pasti, tanto che è piuttosto grasso e lo sembra ancora di
più a causa della statura piuttosto bassa.
Il candidato indichi quali procedure utilizzerebbe per approfondire in successivi incontri la conoscenza
del caso, quali strumenti testologici userebbe a questo scopo e quali potrebbero essere le ipotesi su cui
fondare il processo diagnostico.

Novembre 1998

Padova. Caso n.2: psicologia evolutiva


Lucia frequenta la terza media. È una studentessa con rendimento più che sufficiente nella maggior parte
della materie, ma scarso in matematica. All'inizio dell'anno scolastico restituisce spesso i compiti con
molte parti non risolte: talvolta le risposte non corrette sono state scritte e poi cancellate. Di tanto in tanto,
durante l'ora di matematica, manifesta mal di testa. L'insegnante della materia pone di sovente delle
domande nel tentativo di stimolare la sua partecipazione e valutare fino a che punto Lucia riesca a seguire
i concetti che sta spiegando. Lei, però, di solito si rifiuta di partecipare e l'insegnante di conseguenza,
smette di coinvolgerla.
Lucia diventa più chiusa e nervosa. Dopo tre mesi di scuola, durante l'incontro con i genitori, gli
insegnanti di classe vengono a sapere che molte mattine, prima di andare a scuola, Lucia lamenta dolori
alla tesa. Non presentando la famiglia problematiche particolari, gli insegnanti ritengono utile suggerire

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ai genitori l'intervento dello psicologo della scuola; essi accettano favorevolmente la proposta e così
anche la ragazza.
Durante il primo incontro con lo psicologo Lucia racconta: "Non capisco cosa mi succeda, ma per quanto
sia preparata e riesca a fare bene i compiti di casa, a scuola sono presa dal panico. Piuttosto che sbagliare
preferisco non rispondere. Può darsi che non mi impegni a sufficienza e che abbia poca volontà. Ho
spesso mal di testa perché non voglio andare a scuola.
Il candidato indichi la modalità con cui lo psicologo che opera in ambito scolastico potrebbe affrontare il
caso e quali strumenti potrebbe utilizzare per inquadrare le problematiche di Lucia.

Bologna. Caso n.2: psicologia evolutiva


Un padre chiede un colloquio ad uno psicologo che lavora in un Centro per la diagnosi e la terapia del
bambino e dell'adolescente perché è preoccupato per il figlio diciassettenne: studia e va abbastanza bene a
scuola (frequenta un Istituto Tecnico Superiore), ma ha pochi amici, esce poco, sembra non frequenti
ragazze, non riceve mai telefonate e da un po' di tempo è diventato piuttosto scontroso e malinconico. Il
padre ha cercato di aprire un dialogo, che gli risulta un po' difficile, sia perché anche lui ha un carattere
chiuso, sia perché il figlio si rifiuta di rispondere alle sue domande e si mostra seccato. Un amico di
questo signore recentemente è stato duramente sorpreso per aver scoperto che il figlio si drogava ed anche
lui teme che il figlio abbia qualche problema di questo genere o sia omosessuale. Vorrebbe che lo
psicologo vedesse il figlio per fare una diagnosi accurata e per aiutarlo a risolvere i suoi problemi, visto
che a lui non dà ascolto.
Secondo voi come e con quali interlocutori deve procedere lo psicologo in questo e in eventuali altri
colloqui?
Se, dopo i colloqui preliminari, emergesse che il ragazzo ha realmente dei problemi, quali test scegliereste
- e perché li scegliereste - per effettuare una diagnosi accurata? A chi andrebbe fatta la restituzione?

Aprile - Maggio 1999

Padova. Caso n.2: psicologia evolutiva


Bambina di 5 anni. Presenta un mutismo elettivo. In classe o con gli estranei che incontra in situazioni
quali il supermercato o l'autobus non parla, ma comunica eventualmente a gesti.
Gli insegnanti più volte avevano sollecitato la madre perché si rivolgesse ad un neuropsichiatra, e questa
solo dopo molte loro insistenze si rivolge all'UONPI del territorio. Più tardi gli insegnanti rilevano una
lieve evoluzione positiva.
La madre tesse le lodi della bambina, riferendo che quest'ultima aveva iniziato a leggere e scrivere da sola
su imitazione delle sorelle. Dice che attualmente le figlie sono sollecitate a studiare. Dichiara poi che in
casa collabora alle faccende domestiche, dimostrandosi in questo senso precoce.
La madre è casalinga; il padre carabiniere è poco presente per gli impegni di lavoro, e non si presenta al
primo colloquio.
• Costruire una prima ipotesi diagnostica.
• Specificare quali altri strumenti (test, indici, scale di livello) sarebbero necessari per la validazione
dell'ipotesi e perché.
• Specificare quali altre aree del colloquio andrebbero approfondite per il completamento
dell'anamnesi.
• In base all'ipotesi fatta e alle ulteriori indagini ipotizzare un progetto di intervento.

Protocollo n.4: psicologia evolutiva


A causa di una caduta netta e persistente di rendimento scolastico di uno scolaro del secondo ciclo
elementare, l'insegnate chiede un incontro ai suoi genitori. All'incontro si presenta solo la madre. Dal
colloquio emerge un quadro complesso e confuso, ma che l'insegnante ritiene di una certa gravità, per cui
segnala il caso agli operatori dei servizi sociali, chiedendo consiglio per gli aspetti scolastici e chiedendo
anche se si facciano carico del caso stesso per gli aspetti non scolastici. Lo psicologo che incontra la
madre accetta di intervenire, ma invita l'insegnante a suggerire ai genitori di fare una richiesta esplicita.
Questa volta i genitori rispondono. Nel colloquio che segue emerge un intreccio di variabili individuali,

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familiari e ambientali che possono rendere ragione della caduta di interesse e dell'impegno dell'alunno.
Indicando chiaramente la prospettiva secondo cui intende considerare il caso, e possibilmente tenendo
conto dell'esperienza di tirocinio effettuata, il candidato tracci delle linee di intervento, introducendo
possibili contenuti circa le variabili che meritano considerazione, controllo ed eventuale intervento volto
al superamento della situazione.
In particolare:
• come procedere sul pano della valutazione?
• Con chi intervenire?

Torino. Protocollo n.3: psicologia evolutiva


Bambina di sei anni e tre mesi: note anamnestiche, disegni, favole della Duss.
G.A. è una bambina di sei anni e tre mesi. Ha da poco iniziato la prima elementare in una scuola pubblica.
Giunge al Servizio di Neuropsichiatria Infantile portata spontaneamente dalla famiglia perché ha grandi
crisi di pianto al momento di andare a scuola, si aggrappa, urla e non sempre riescono a convincerla a
fermarsi in classe.
Note anamnestiche
Il nucleo familiare è composto da: padre, madre, A. e una sorellina di due anni e sei mesi.
Padre: anni 35, diploma medie superiori, operaio turnista a settimane alterne. Si definisce calmo,
tranquillo e paziente. Collabora molto in famiglia e si occupa volentieri delle bambine.
Nonni paterni: abitano, in appartamento autonomo, nella stessa palazzina e si occupano delle nipotine
quando i genitori sono assenti per lavoro. Vengono definiti "buoni ed apprensivi".
Madre: anni 30, operaia con orario a giornata. Racconta di essere stata una bambina timida.
Rimasta orfana di padre a sei anni, aveva instaurato un rapporto molto stretto con la propria madre,
legame perdurato anche dopo il matrimonio (si sentivano anche quattro, cinque volte al giorno) e troncato
tragicamente con la morte di quest'ultima avvenuta quattro mesi prima della consultazione. La morte della
madre, sopravvenuta dopo un anno di malattia e un lunga agonia, avevano provocato nella signora G. un
"esaurimento nervoso" per cui era stata curata con farmaci da un neurologo.
La signora G. racconta che aveva scelto di non fare più incontrare le figlie e la nonna per non turbarle,
allo stesso modo aveva evitato che assistessero al funerale e ad ogni manifestazione di pianto, dolore, ecc.
ed era riuscita così a non farle soffrire. Entrambe, infatti, non erano state "particolarmente colpite da
questa perdita "e non se ne erano neppure rese molto conto. Si definisce di carattere ansioso ed
apprensivo.
Nonno materno: deceduto a 37 anni per incidente stradale "è uscito di casa, l'ho rivisto solo da morto,
un'immagine che mi è rimasta sempre in mente… così come le urla e i pianti di tutta la famiglia… sa, da
noi , in meridione….".
Nonna materna: deceduta a 58 anni dopo un anno di malattia e lunga agonia. Aveva aiutato la figlia a
crescere A. dai nove mesi ai 4 anni e mezzo circa.
Sorellina: anni 2 e mesi 6. Cresce bene, non manifesta particolari problemi.
A.: primogenita di due, nata desiderata dopo 2 anni di matrimonio. Parto difficoltoso, tredici ore di
travaglio, sempre incerti se intervenire con taglio cesareo o attendere che la bambina, posta in posizione
trasversale, si girasse. Parto eutocico, peso alla nascita kg.2,500.
Allattamento al seno fino ai 4 mesi, poi svezzamento con latte artificiale ipoallergico, la bambina rifiuta il
biberon e non resta che passare direttamente al cucchiaino, ben accettato. Con le prime pappe "esplodono
le allergie". La bambina risulta allergica al latte e a tutti i suoi derivati. È pure allergica a certe carni. La
bambina non ha mai voluto l succhiotto, e, eccetto un breve periodo, in cui erano comparse difficoltà
nell'addormentamento, non ha mai presentato problemi.
Accudita dalla madre fino a nove mesi, poi con la ripresa del lavoro da parte della madre, curata dalla
nona materna e dai nonni paterni in modo alternato (i nonni erano all'epoca giovani e tutti e tre ancora
attivi al lavoro).
Tentativo di inserimento in Scuola Materna a 3 anni e mezzo, fallito.
A., dopo un iniziale rifiuto, aveva iniziato a frequentare regolarmente ma si era ammalata per ben tre
volte di broncopolmonite ed infine le era nata la sorellina. Intorno ai 5 anni A. viene nuovamente inserita
in scuola materna: piange, urla e vomita, ma poi inizia a frequentare, dimostrandosi socievole e
partecipante, ma dopo 4 mesi compare una bronchite asmatica e poco dopo allergie varie.
A., in famiglia, è carina, socievole, tranquilla e giocherellona con la sorella verso la quale non manifesta

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gelosie. L'inizio della frequenza scolastica è stato subito problematico, A. domandava in continuazione:
"Mi verrà a prendere qualcuno?, Riconoscerò il mio giubbotto? Ecc.".
Portarla a Scuola è una impresa ardua, si aggrappa all'accompagnatore, sia esso madre, padre, o nonni, fa
scenate strazianti, poi a volte deve essere riaccompagnata a casa, altre volte riescono a farla entrare
consegnandola ora alla bidella ora alla maestra.
Pur essendo iscritta ad una sezione a tempo pieno, vuole essere riportata a casa per il pranzo, rifiutando la
mensa scolastica. Il rientro pomeridiano presenta gli stessi problemi dell'ingresso mattutino, si aggrappa
al nonno, la bidella deve uscire a prenderla e "tirarla dentro", una volta in classe "si rassegna", apprende, è
socievole ed è richiesta come amichetta da quasi tutta la classe.
Incontro con G.A.
Bambina mora, con frangetta, carina, begli occhi azzurri. Una guancia, le mani e parte della gola sono
molto irritate da una vistosa e certamente fastidiosa allergia. Sembra molto sofferente e comunica una
grande pena. È con papà e mamma, entra aggrappata ad entrambi ed inizia a piangere, piangerà per tutto il
tempo ora disperata ora sommessamente. Pare non ascoltare quando le spiego perché è giunta alla
consultazione e cosa potrà, se lo desidera, fare. A. non tollera neppure di incrociare il mio sguardo. Se
sollevando gli occhi "mi incontra" aumenta il pianto, un pianto di dolore. Mentre mamma e papà,
disperati anch'essi. mi raccontano la loro pena e narrano gli ultimi episodi accaduti, A. piange e disegna
su invito (vedi disegno). A fine seduta sembra calmarsi e su mia richiesta racconta un sogno: "che avevo
telefonato alla nonna che c'era ancora e la nonna camminava sul balcone con la camicia a fiori, i capelli
gialli e il rossetto e mi salutava…"
Secondo incontro
A. entra con la mamma, piange per quasi 20 minuti sommessamente, inconsolabile. Poi accetta di
disegnare (vedi disegno spontaneo) e al disegno famiglia racconta: "c'era un papà, c'era una mamma, c'era
una sorellina che stava giocando… c'ero io che giocavo con la sorellina poi… A. non prosegue più.
Racconta invece che ultimamente va nel lettone ma se chiedo perché, di cosa ha paura, scoppia di nuovo a
piangere. Racconta un altro sogno "una volta, quando ero piccola avevo la sorellina che piangeva e la
mamma andava da lei e io restavo col papà…Lo sai che quando lei è andata all'Ospedale a fare mia
sorella io dormivo col papà?".
Terzo incontro
A, entra solo con la mamma e dopo un piccolo pianto iniziale accetta il test delle favole di Duss (secondo
la versione riveduta da M. Balconi in cui oltre alla risposta il bambino è invitato a disegnare la favola e
poi a ripetere ciò che ricorda).
• Risposta - (l'uccellino) va anche lui in un altro albero
Disegno - Dopo una lunga esitazione dice che non sa continuare la storia, mi fissa incerta…. Poi si
concentra sul disegno. Sembra serena, La mamma, che era seduta sulla poltrona un po' scostata, si
allunga per sbirciare, ma poi si lascia andare rilassata anch'essa.
Racconto - Che il papà volava su un albero, la mamma su un altro albero e dopo il bambino su un altro
albero.
• Risposta - Per giocare… non lo so… a giocare alla palla.
Disegno - Disegna la bambina, la palla … sembra aver finito… ci ripensa ed esclama "Faccio pure mia
sorella"… Aggiunge un albero con un uccellino che cova 4 uova, in ultimo aggiunge ad entrambe le figure
"un cuoricino sulla gonna". Mentre colora si volta di scatto a vedere se la mamma è ancora lì. Mi accorgo
allora che la madre ha assunto un'espressione sofferente come se avesse una crisi di ansia.
Racconto - Quale? Quella dell'uccellino? Non me la ricordo
Quarto incontro
A., è stata ammalata, ci vediamo dunque dopo 15 giorni, è accompagnata dal papà perché la mamma non
se l'è sentita di venire. Mi racconta che sta andando a scuola, che si ferma pure a mensa. Desidera
continuare le favole della scorsa volta, ricorda la storia dell'uccellino "che la mamma volava di qua , il
papà di là il bambino sta lì".
• Risposta - non vuole! Sta lì con la sua mamma.
Disegno - oggi ha un cerchietto che le tiene indietro la frangia un po' lunga, per tutto il disegno continua a
metterlo e a toglierlo. "il più grande, la mamma…. Quello piccolo viene dopo (non si vede) " Decide che
sono mucche e le colora in marrone.
Racconto - mi ricordo solo… solo questo, che la mamma e il bambino mangiavano l'erba poi è arrivato un
alto vitellino e la mamma aveva detto a quello più grande "mangia l'erba e lui non aveva voluto … solo
questo mi ricordo…".
• Risposta - …. A lungo incerta poi si incupisce …. Poi esplode in un pianto pregno di una angoscia

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indicibile…. È inconsolabile.
Viene data una immediata restituzione alla bambina e al padre di quanto emerso fino a questo momento,
ciò permette alla bambina di smettere di piangere, di disegnare sul foglio dei cuori fra cui uno trafitto e di
tornare, la volta successiva entrando senza genitori (porterà con sé solamente le chiavi dell'automobile).

Roma. Psicologia evolutiva


Paolo, 6 anni, è segnalato a scuola per le sue continue assenze.
È il secondogenito di una famiglia immigrata da qualche mese: il padre lavora tutto il giorno e la madre è
casalinga.
La madre racconta alle maestre che molte delle assenze di Paolo sono dovute a forti cefalee che il
bambino avverte di mattina poco prima di andare a scuola.
Il candidato delinei delle ipotesi diagnostiche ed il piano di intervento psicologico.

Novembre 1999

Padova. Compito 3: psicologia evolutiva


Anna è una bambina di due anni e mezzo che viene condotta a consultazione psicologica dalla madre. La
madre ferisce che la bambina ha gravi difficoltà di relazione con il cibo. Fin dai primi mesi di vita la
bambina, era molto difficile, piangeva spesso, veniva sempre tenuta in braccio ed alimentata ogni due ore.
A sei mesi è stata inserita al nido per "disperazione" della madre. I genitori sono una coppia giovane; lei
ha un diploma dell'Accademia di belle arti e fa la decoratrice a casa, lui è tecnico del suono e lavora
nell'ambito dello spettacolo. Secondo la signora il marito soffre di una forte gelosia e antipatia per la
bambina. A volte, quando piange, le grida: "Buttala via". Anna è la secondogenita, la prima figlia ha
quattro anni e non ha nessun problema. Questa seconda figlia l'ha voluta lei, suo marito non era molto
propenso, anzi, ora le rinfaccia di averla voluta e le rinfaccia il periodo in cui non c'era. La signora non si
fida di lasciare la bambina col padre perché teme che nei momenti di tensione la possa picchiare in quanto
anche lui è stato un bambino picchiato.
Il candidato, a seconda dell'orientamento acquisito e sulla base di quanto riportato nel protocollo, illustri
secondo il seguente schema:
• Quale potrebbe essere la prima ipotesi diagnostica e come potrebbe essere inquadrata secondo il
profilo clinico
• Gli strumenti di indagine che sceglierebbe per convalidare o eventualmente smentire la prima
ipotesi diagnostica ed evidenzi quali indicatori (indici, livelli di scale, ecc.) dovrebbero emergere
dall'applicazione degli strumenti per convalidare l'ipotesi formulata.
• Se conferma la diagnosi cosa proporrebbe al paziente per risolvere la situazione di sofferenza.

Psicologia evolutiva
Il candidato prenda in considerazione la seguente situazione familiare pervenuta allo psicologo di un
consultorio familiare agli inizi di novembre 1999 su segnalazione della scuola. La situazione che
presentiamo è quella che presentiamo tra lo psicologo e i due partner che convivono da alcuni mesi
Entrambi provengono da precedenti matrimoni. Il partner maschile ha 36 anni: si è separato nel febbraio
1998 andando a vivere in un appartamento preso in affitto.
Ha due figli di 10 e 7 anni (rispettivamente Gianni e Sabrina) che sono stati affidati alla madre e che lui
incontra settimanalmente. Nel frattempo incontra e frequenta lei che ha 31 anni, separata dal novembre
1998 e che vive con la figlia di 7 anni (Lucia). Nel dicembre 1998 lui ha un incidente con la conseguenza
di una frattura alla gamba per cui disdice l'affitto e va a vivere da lei. Mentre Lucia accetta di buon grado
la nuova situazione, Gianni e Sabrina reagiscono molto male: Sabrina ha frequenti episodi di enuresi e
Gianni ha un calo nel rendimento scolastico e comportamenti iperattivi con i compagni (di qui la
segnalazione da parte della scuola). Nell'ottobre 1999 entrambi arrivano alla decisione che ,per alleggerire
la tensione con i due figli, lui riprenda un appartamento in affitto; a questo punto, però, Lucia, che si
ribella dalla piena accettazione al rifiuto totale del convivente, a tal punto che spesso lui entra in casa
soltanto quando Lucia sta dormendo. Anche a livello scolastico manifesta una regressione. Entrambi i
partner proiettano le loro difficoltà sui rispettivi ex coniugi e domandano aiuto per gestire il rapporto con i
figli.

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Il candidato faccia delle ipotesi sugli interventi possibili, richiamando eventualmente i riferimenti teorici
a guida dell'operare suggerito; in particolare esponga i vantaggi e gli svantaggi che si possono avere
seguendo le ipotesi formulate.

Roma. Psicologia evolutiva


Anamnesi: seconda di tre figli, maschio di otto anni e tre mesi, frequenta la seconda elementare di un
paese di provincia, risiede in una zona rurale del medesimo; padre agricoltore, madre casalinga.
Viene inviato in osservazione presso i servizi ASL dalle insegnanti che rilevano:
• difficoltà cognitive nell'area logico linguistica e logico matematica, oltre a carenze di vocabolario
e difficoltà di espressione;
L'esame neuropsichiatrico non evidenzia nulla a carico del bambino: indagine di personalità eseguita con
colloqui e test non evidenzia elementi di psicopatologia in grado di condizionare l'apprendimento del
fanciullo.
L'esplorazione dell'assetto cognitivo per mezzo del WISC evidenzia il seguente profilo:

[…]

Anno Mese Giorno


Data dei test 1998 6 25
Data di nascita 1990 3 15
Età 8 3 10

Punteggio grezzo Punteggio ponderato


Test verbali
Informazioni 11 11
Somiglianze 1 2
Aritmetica 7 7
Vocabolario 14 6
Comprensione 5 4
(Memoria di cifre) / /
Punteggio verbale 30

Test di performance
Completamento figure 18 3
Storie figurate 17 9
Disegno con cubi 30 14
Ricostruzione oggetti 18 11
Cifrario 25 7
(Labirinti) / /
Punteggio performance 54
___________________ ___________________ ___________________
Punteggio ponderato QI
Punteggio Verbale 30 75
Punteggio Performance 54 105
Punteggio Totale 84 88

Il candidato, osservando il profilo WISC descriva, mediante breve relazione di non può di due facciate:
• la dotazione intellettiva del fanciullo;
• le eventuali differenze tra il QI di performance e il QI verbale, ne descriva il rapporto e le
implicazioni nell'apprendimento scolastico;
e formuli l'ipotesi che ritiene essere alla base delle difficoltà cognitive riscontrate dagli insegnanti.

Bologna .Indirizzo prevalente: Psicologia dello sviluppo

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1. M. è un alunno di 7 anni, profugo con la famiglia giunti dall’ex-Jugoslavia, inserito in una classe
seconda elementare nel mese di novembre, in conformità alle norme in vigore. Le insegnanti della classe
rilevano che M. pur non presentando specifiche difficoltà sul piano dell’utilizzo della lingua nel corso
della vita quotidiana, mostra invece difficoltà legate alla comprensione dei concetti e difficoltà di tipo
logico-matematico (in particolare l’impiego delle quattro operazioni) e comportamenti di scarsa
integrazione nella vita quotidiana della classe: rifiuta alcuni cibi, si rifiuta di prestare gli oggetti di scuola
ai compagni, durante gli intervalli tende a stare da solo, la frequenza scolastica non è continua.
Le insegnanti chiedono di potere discutere il caso di M. per definirne il quadro evolutivo, per individuare
strumenti adeguati ad M. e all’intera classe, allo scopo di favorire il processo di integrazione.
Il/La candidato/a indichi quali strumenti adotterebbe personalmente e quali offrirebbe agli insegnanti per
approfondire la conoscenza del caso; inoltre specifichi quali indicazioni operative suggerirebbe agli
insegnanti per affrontare la situazione.

2. A.C. è un alunno di 7 anni che frequenta la prima elementare in una scuola di una città di medie
dimensioni. Nel corso del mese di gennaio, le insegnanti hanno fatto una segnalazione ai Servizi
competenti della ASL ravvisando in A.C. i seguenti problemi: pur non presentando particolari difficoltà
di apprendimento, A.C. presta attenzione al lavoro per un tempo molto ridotto; si distrae facilmente e
sembra a volte non seguire le spiegazioni degli insegnanti; durante le attività scolastiche A.C. disturba i
compagni mentre lavorano o giocano, nascondendo loro quaderni e libri e rispondendo alle proteste
ridendo e facendo smorfie; quando le insegnanti lo richiamano, a volte corre fra i banchi, ma poi si
sottomette docilmente, cercando la protezione degli insegnanti stessi.
La madre, invitata ad un colloquio, riferisce alle insegnanti che a casa i comportamenti di A.C. non
presentano problemi particolari; egli appare molto sollecito nei confronti della sorellina di 4 anni, con la
quale gioca spesso e che difende nei casi in cui la madre la rimprovera. La madre riferisce che A.C. si
trova bene soprattutto con l’insegnante dell’area linguistica.
Le insegnanti sono comunque preoccupate per le condotte scolastiche di A.C. e per le possibili
ripercussioni sull’apprendimento.
La famiglia di A.C., a seguito di una visita domiciliare dell’assistente sociale, appare di un livello di vita
decoroso: la madre, separata dal marito da 2 anni, è occupata presso un’agenzia di pulizie.
La candidata indichi quali procedure adotterebbe per inquadrare ed approfondire la conoscenza del caso,
quali strumenti utilizzerebbe a questo scopo, su quali ipotesi diagnostiche orienterebbe le proprie
conclusioni e quali suggerimenti offrirebbe agli insegnanti per affrontare la situazione.

Aprile - Maggio 2000

Padova. Caso di psicologia dello sviluppo


Da un centro ospedaliero specializzato per il trattamento delle cefalee in età pediatrica viene richiesta una
consulenza psicologica per un bambino di 7 anni che presenta una cefalea che non ha base organica e che,
da circa un anno, non risponde al trattamento farmacologico tradizionale.
Il bambino si presenta ad un primo colloquio accompagnato dalla madre.
Indicare:
• Come viene impostato il primo colloquio od intervista, tenendo conto della presenza sia della
madre che del bambino?
• Quali aree del disturbo individuale e relazionale ritiene utile indagare?
• Riferendosi all'osservazione dell'aspetto e del comportamento del paziente durante il primo
colloquio quali elementi ritiene che possano essere utili alla diagnosi?
• Quali informazioni vanno richieste se non fornite dal medico inviante?
• In una seconda seduta diagnostica si procede alla valutazione più approfondita tramite questionari
e test. Quali ambiti psicologici del paziente ritiene opportuno testare e attraverso quali strumenti?

Roma. Psicologia evolutiva


L'Assessorato alle Politiche Sociale e Familiari del Comune X, per contenere la dispersione scolastica e
contrastare la diffusione di comportamenti antisociali, ha commissionato ad un servizio psicologico uno

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screening sugli studenti delle classi di terza media inferiore. Per questo dovrà essere messa a punto una
batteria di test da applicare, a discrezione die presidi e in accordo con le famiglie, agli studenti.
Il candidato indichi:
• Le aree psicologiche che è opportuno prendere in considerazione;
• Gli strumenti di valutazione che intendono usare, specificandone le proprietà;
Le azioni che si intende intraprende per sensibilizzare i destinatari e favorire l'adesione e la
partecipazione attiva.

Novembre - Dicembre 2000

Padova. Caso n.2: psicologia evolutiva


Giovanni ha sedici anni ed ha frequentato, fino a due mesi fa con molto profitto la terza liceo scientifico.
Ma da qualche settimana il ragazzo chiede ai professori di uscire, di poter tornare a casa. Ha dichiarato
che non riesce più a tollerare l'atmosfera della classe, di sentirsi soffocare, che al momento del risveglio
mattutino la sua mente si riempie di dubbi circa le sue capacità di farcela. Le rassicurazioni degli adulti
non sono state in grado di quietare le profonde inquietudini di Giovanni. I genitori, preoccupati, si
rivolgono ad uno psicologo chiedendo di essere aiutati a capire cosa sta succedendo nella vita del loro
figlio. Giovanni, figlio unico e desiderato di una copia che appare ben affiatata, si è mostrato fin da
piccolo un bambino curioso e vivace. Ha imparato da solo a leggere all'età di quattro anni. È sempre stato
uno scolaro brillante, e un figlio con il quale i genitori hanno parlato e discusso fin dalla più tenera età.
Ha sempre avuto pochi ma fidati amici. Sembra che dalla terza media in poi il suo buon umore si sia
progressivamente spento, quando i suoi compagni in pieno sviluppo puberale lo facevano sentire ancora
fragile e bambino. Nell'ultimo anno Giovanni è cresciuto di 10 cm ed ha cambiato voce. La madre si è
accorta, per quanto Giovanni non l'abbia mai ammesso, di una "cotta" del figlio per una compagna di
classe molto popolare e corteggiata. Giovanni, a detta dei genitori, ha accettato di avere dei colloqui con
un esperto.
Quali quesiti si porrà lo psicologo? Quali saranno le aree dello sviluppo da investigare, quale la modalità
di conduzione dei colloqui, quale il probabile profilo psicodiagnostico, quali gli eventuali successivi
interventi? (DA con umore depresso)

Bologna. Indirizzo prevalente: Psicologia dello sviluppo


(II prova per una candidata ammalata): La madre di G. un ragazzino di 13 anni, figlio unico, che
frequenta per la seconda volta la prima media, si presenta nel mese di febbraio per un colloquio con lo
psicologo del Servizio Materno-Infantile dell’ASL. Allo psicologo riferisce che Gianni, a detta degli
insegnanti, litiga a volte con i compagni, mostra scarsa partecipazione alle lezioni, ha un rendimento
scolastico alquanto scadente, specie alle prove orali, quando spesso risponde con difficoltà e a volte fa
‘scena muta’. La madre, casalinga di 45 anni, aggiunge che a casa Gianni è taciturno, si isola nella sua
stanza dove ascolta musica a tutto volume, ha un solo amico che però frequenta poco. Accetta con piacere
di accompagnare il padre, piccolo artigiano di 52 anni, quando alla domenica lo invita a pescare con lui.
La candidata indichi quali procedure adotterebbe per inquadrare ed approfondire la conoscenza del caso,
quali strumenti eventualmente utilizzerebbe a questo scopo, su quali ipotesi diagnostiche potrebbe
orientare le proprie conclusioni e quali suggerimenti offrirebbe agli insegnanti per affrontare la situazione
immediata. (Ritardo Mentale)

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