Sei sulla pagina 1di 4

CAPITOLO 3

Napoleone fu sconfitto da una coalizione di regnanti europei, ed a seguito del congresso di Vienna
in Francia tornò sul trono Luigi XVIII di Borbone, fratello del re ghigliottinato Luigi XVI.
Quest’ultimo nel 1814 concesse ai francesi la carta costituzionale (octroyée), che affiancava alla
sua figura di monarca un parlamento bicamerale formato da una camera alta (riservata per diritto
di nascita ai membri delle famiglie aristocratiche) e una camera bassa (eletta con il sistema del
suffragio ristretto ad un élite di maschi ricchi e colti). A differenza del sistema inglese però il
parlamento in Francia non esercitava un reale controllo sul governo del re, inoltre l’aristocrazia
nella camera alta non godeva lo stesso prestigio ed infine il numero degli eleggibili e degli elettori
per la camera bassa era molto inferiore. L’unità nazionale che veniva celebrata dai democratici
francesi durante e dopo la rivoluzione era molto debole dal punto di vista linguistico e politico.
Inoltre Luigi VIII era accusato di eccesiva indulgenza nei confronti dei nemici che finalmente erano
stati sconfitti, ovvero coloro che si macchiarono di regicidi, che furono complici dell’usurpazione di
Napoleone e quelli che predicavano moderazione, loro furono i cosiddetti legittimisti che
cercavano una continuità con tutto ciò che si era perso, e per questa passività del re loro si
dichiararono più realisti del re. Da qui il partito ultramonarchico (detti ultras) che non si risparmiò
in violenze, assassini politici e intimidazioni che gli garantirono il successo alla prima consultazione
elettorale nel 1816. Aumentarono il loro successo con l’appoggio al re di Spagna Ferdinando VII
contro i liberali iberici. Il processo, potremmo dire, si concluse con la morte di Luigi XVIII e l’ascesa
al trono di Carlo X dove gli emarginati furono reintegrati ed alla chiesa cattolica fu riconosciuto
nuovamente il suo ruolo. Carlo X infatti sembrava impostarsi su una linea
legittimista/assolutistica, ma dopo un iniziale euforia cominciò a suscitare preoccupazioni anche in
quella piccola percentuale di popolazione che era ammessa al voto e quindi nel 1830 il ministro di
Carlo X, Polignac, sciolse la camera, restrinse ulteriormente i criteri di ammissione al voto e
rafforzò la censura sulla stampa, così da assicurarsi alla nuove elezioni la maggioranza. Ma queste
restrizioni fecero precipitare la situazione ed a Parigi scoppiò la rivoluzione. Tre giornate di scontri
sanguinosi, dal 27 al 29 luglio 1830, alla fine Carlo X non trovò più nessuno che era disposto a
combattere per lui e fu costretto a fuggire e sul trono venne posto Luigi Filippo d’Orleans. Questa
scelta assestò la Francia su una linea liberale . Fu mantenuto il principio del suffragio ristretto e il
censo (il redito necessario per essere ammessi al voto, di 200 franchi). Venne abolito il diritto di
eredità nella camera alta e da questo momento i membri venivano eletti direttamente dal re. Il
nuovo regime instauratosi doveva fare i conti con il proprio passato ed è proprio per questo che
venne scelto Luigi Filippo, figlio di uno degli aristocratici che si era schierato con la grande
rivoluzione, e quindi venne dichiarato re dei francesi per volontà della nazione, non per diritto
divino, e con lui la Francia tornò ad adottare il tricolore.
Lo scoppio della rivoluzione fu pure garantito dalla situazione economica degli anni trenta che
rendeva difficile la vita delle masse, la fame era dovuta dall’aumento del prezzo del pane. Nel 1832
ci fu un epidemia di colera, e c’era inoltre un forte degrado sociale che vedeva un alto tasso di
prostituzione ed infanticidi e molta criminalità. Parigi aveva ancora il vecchio volto dell’antico
regime. All’interno di questo contesto i poliziotti perseguitavano particolarmente i crimini dei
poveri, schedavano minuziosamente i membri delle classi pericolose senza prima che fossero
sottoposti a processo, oppure anche se erano stati assolti dal processo oppure senza che il reato
non fosse nemmeno commesso da loro, una logica che potremmo definire preventiva che si
concretizzava in provvedimenti amministrativi quali il divieto o l’obbligo di soggiorno e
l’ammonizione. Nel 1831 avvenne l’insurrezione di Lione che vide sollevarsi i canuts, coloro che
lavoravano nell’industria della seta, formata da un gran numero di botteghe artigiane che
lavoravano su commissione di un gruppo ristretto di mercanti-imprenditori, e la rivolta fu proprio
originata tra il contrasto tra questi con il successivo varo di misure di politica economica da parte
della monarchia orleanista che andava a sfavorire i lavoratori. Per avere una vera svolta però
bisogna attendere l’insurrezione parigina nel 1832 che cominciò dall’opposizione moderata e che
proseguì con la mobilitazione popolare e repubblicana che si concluse con una dura repressione.
All’inizio del 1848 l’opposizione democratica aveva indetto nel paese una serie di banchetti,
ovvero manifestazioni, che avevano l’obbiettivo di ottenere una riforma elettorale. Tra queste
Guizot, capo del governo per tutti gli anni quaranta vietò l’ultimo che da programma sarebbe
dovuto svolgersi a Parigi il 22 febbraio, a questa scelta la città si riempì di nuovo di barricate tutto
però si risolse molto rapidamente e senza neanche troppi spargimenti di sangue: prima si ottenne
il licenziamento di Guizot e poi l’abdicazione di Luigi Filippo e nella sede del municipio di Parigi,
all’Hotel de Ville fu proclamata la seconda repubblica. Fu creato un governo provvisorio e il 28
febbraio viene creata la commissione di Lussemburgo presieduta dal socialista Louis Blanc, dove
venne ridotta la lunghezza della giornata lavorativa, venne decisa la creazione di imprese statali
(ateliers nationaux) per venire incontro alle esigenze dei disoccupati, furono abolite le schiavitù
nelle colonie e la pena di morte per reati politici, fu garantita la libertà di stampa e venne
cancellato il carcere per debiti. Furono indette le elezioni per l’assemblea costituente (le prime a
suffragio universale maschile) che vide uno schieramento maggioritario dei repubblicani centristi,
una rimarchevole minoranza della destra monarchica e per ultima si piazzò la sinistra
repubblicana. Nel giugno il governo e l’assemblea chiusero gli ateliers e non davano una buona
prova di sé dal punto di vista economico, ma ciò causò l’esplosione dei due schieramenti
all’interno del partito repubblicano ovvero i moderati ed il radicale. Il moto scoppiato fu represso
dall’esercito e si concluse con molti morti e molti arresti. Poco dopo ciò fu varata la costituzione,
nel suo preambolo si rifaceva ai principi della grande rivoluzione, libertà, uguaglianza e fratellanza
aggiungendo famiglia, proprietà, ordine pubblico e lavoro; veniva sancito il dovere delle istituzione
di garantire l’assistenza dei cittadini; il potere legislativo fu affidato ad un assemblea nazionale
monocamerale; il potere esecutivo fu attribuito ad un presidente scelto direttamente dagli
elettori. Per le elezioni presidenziali i candidati erano il repubblicano Cavaignac e Luigi Napoleone,
nipote dell’imperatore; la vittoria andò a Napoleone con un risultato schiacciante: così si aprì la
seconda stagione bonapartista della storia francese. Con la nuova costituzione i protagonisti del
gioco politico erano l’assemblea rappresentativa e il presidente, dove entrambi contavano sul voto
del popolo. Napoleone si volle ingraziare i clericali e quindi nel 1849 promosse un intervento
militare in Italia contro i democratici a Roma che al posto di uno stato teocratico governato dal
papa avevano creato una repubblica. Quest’azione militare fu fatta da Napoleone seguendo le
proprie intenzioni senza avere un appoggio da parte dell’assemblea nazionale, questo provoco
delle manifestazioni di protesta, da parte dei repubblicani, che pur essendo pacifiche furono
duramente represse e temendo il peggio le forze conservatrici vararono una legge che escludeva il
diritto di voto alle fasce più povere della popolazione ed una seconda legge che limitava la libertà
di stampa. La costituzione vietava la ricandidatura del presidente della repubblica e in prossimità
della scadenza del suo mandato, Luigi Napoleone, pretese che la norma fosse cambiata, ma al
rifiuto dell’assemblea assicuratosi l’appoggio dei militari con un colpo di stato sciolse l’assemblea
(il 2 dicembre 1851). Successivamente con un primo plebiscito reinserì il suffragio universale
maschile e con un secondo proclamò la fine della repubblica e ricreò l’impero, attribuendosi il
titolo di imperatore dei francesi per grazia di Dio e volontà della nazione, con il nome di
Napoleone III.
Napoleone III varò leggi sociali e misure di sostegno dei più disagiati, promosse grandiose opere
pubbliche, favorì l’industrializzazione, lasciò in vita l’assemblea nazionale, ma le concesse poco
spazio decisionale ed infatti l’affiancò da un senato nominato direttamente da lui. Varò una
legislazione liberticida sulla stampa e mobilitò la polizia contro gli oppositori. Successivamente a
dimensione autoritaria del regime si andò stemperando, tanto che si parla di fase liberale; in
questi anni infatti l’imperatore alleggerì i controlli sulla stampa, diede qualche potere in più al
parlamento. Napoleone III inoltre si aprì in una via filoinglese, infatti combatté contra la Russia a
fianco degli inglesi nella guerra di Crimea nel 1855 e nel 1860 sottoscrisse un trattato con gli
inglesi di libero scambio, ed inoltre intervenne al fianco dell’Italia contro gli austriaci. Il suo
obbiettivo infatti era quello di estendere il suo impero coloniale, infatti con l’intervento in Italia
sperava di sostituire l’influenza austriaca con la sua, poi passò all’Indocina, area di influenza
dell’impero cinese (approfittando del loro indebolimento a causa della sconfitta nella guerra
dell’oppio contro gli inglesi), infatti riuscì a conquistare la Cocincina, la parte meridionale
dell’attuale Vietnam e negli anni seguenti riuscì infatti a far diventare Nord Africa e Indocina i due
fulcri dell’impero.

Potrebbero piacerti anche