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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA

Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA


Lezione n°: 1
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Introduzione: Presentazione del Corso

Letteratura italiana
(Cordo di Laurea
in
Filologia Moderna)

© 2007 Università degli studi e-Campus - Via Isimbardi 10 - 22060 Novedrate (CO) - C.F. 08549051004
Tel: 031/7942500-7942505 Fax: 031/7942501 - info@uniecampus.it
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 1
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Introduzione: Presentazione del corso

INSEGNAMENTO: Letteratura italiana


CFU: 12
FACOLTÀ: Lettere
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE: Filologia Moderna
NOME DOCENTE: Federico Della Corte
Indirizzo mail: federico.dellacorte@uniecampus.it
ATTENZIONE: si ricorda che i docenti eCampus sono tenuti ad utilizzare
esclusivamente il sistema di messaggistica presente nell’Area riservata del sito, che
garantisce una risposta pressoché immediata da parte del docente.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 1
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Introduzione: Presentazione del corso
Obiettivi formativi e contenuti del corso: il corso si propone, in via generale,
di raccogliere conoscenze di storia della letteratura italiana auspicabilmente già
acquisite dallo studente in fase di percorso di laurea triennale e approfondire due
autori della tradizione.
In particolare saranno studiate approfonditamente la Divina Commedia di Dante
Alighieri e la Storia d’Italia di Francesco Guicciardini.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 1/S1
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Introduzione: Programma

Il corso è organizzato in due parti:


-- una prima parte del corso ripercorrerà la storia della letteratura italiana, dalle
sue origini fino agli inizi del Novecento;
-- una seconda parte considererà attentamente due opere:
a) Dante Alighieri, Divina Commedia
b) Francesco Guicciardini, Storia d’Italia

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 1/S1
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Introduzione: Programma
Qui di seguito sono indicati i principali nuclei tematici in cui si articola il corso di
Letteratura Italiana:

Prima parte
-- Lezione 1-13: breve percorso di storia della letteratura italiana, dalle origini a Giacomo
Leopardi

Seconda parte
-- Lezioni 14-61: Guicciardini, La storia d’Italia
-- Lezioni 62-96: Dante, La divina Commedia

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 1/S2
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Introduzione: Attività richieste

Come già accennato sopra, lo svolgimento del corso farà spesso ricorso a materiali autentici
(nella seconda parte estratti principalmente da edizioni critiche delle opere analizzate e
studiate), utilizzando i quali lo studente potrà sia seguire nel dettaglio il ragionamento
interpretativo sia affinare le proprie capacità critiche .
Ma il corso proporrà ulteriori attività di didattica interattiva finalizzate allo sviluppo di
competenze e di autonomia critica. Tali attività (quiz, test di autovalutazione, esercitazioni
singole, esercitazioni interattive tramite le piattaforme WikieCampus e Cmap), per essere
pienamente efficaci, richiedono la partecipazione attiva dello studente che, tramite le modalità
di e-portfolio, dovrà inviare il materiale prodotto al docente per il necessario feedback, e che,
negli orari indicati (e eventualmente in quelli concordati) potrà accedere all’aula virtuale per
eventuali chiarimenti.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 1/S2
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Introduzione: Attività richieste
Nei Supporti didattici, oltre ai materiali già citati e ai quali si fa riferimento durante lo
svolgimento del corso, lo studente potrà trovare:
- la scheda del corso;
- un esempio di prova scritta;
- una serie di FAQ.
Infine, gli studenti sono calorosamente invitati a partecipare (tramite il contatto con il
TOL) ai Seminari e alle lezioni tenute in aula virtuale, che approfondiranno (a titolo di
esempio) i seguenti temi:
-- teoria e pratica dell’edizione critico-genetica
-- filologia di tradizione e filologia d’autore
-- lettura di un’edizione critica.

Si ricorda che, oltre alla partecipazione ai Seminari virtuali, lo studente può partecipare ai
Seminari in presenza (che si svolgono nella sede del docente, Novedrate, in collegamento
telematico con le altre sedi) nei giorni in cui sono fissati gli esami.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 1/S3
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Introduzione:
Bibliografia e
modalità d’esame

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 1/S3
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Introduzione: Bibliografia

Lo studio degli argomenti del corso di Filologia della Letteratura italiana sarà
condotto tramite le lezioni (le slide) e le esercitazioni (test) e la didattica interattiva
prevista tramite il sito d’Ateneo.

Per sostenere l’esame è necessario affiancare allo studio del materiale


precedentemente indicato e alla partecipazione alle attività proposte durante il
corso, lo studio del seguente volume:
-- Alfredo STUSSI, I ntroduzione agli studi di filologia italiana , Bologna,
il Mulino, 20155 (o altra edizione precedente, ma esclusivamente per i capitoli
I-IV).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 1/S3
Titolo: premessa
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Introduzione: Modalità d’esame

Modalità di svolgimento dell’esame.

L’esame prevede una prima parte scritta, preliminare ad una seconda parte orale.
Allo studente verrà somministrato un test a risposte aperte (dieci domande): in
45 minuti lo studente dovrà rispondere, in maniera concisa ma esauriente, al maggior
numero di domande.
La prova scritta è propedeutica all’esame orale (potrà cioè accedere all’esame orale, lo
studente che abbia risposto in maniera corretta, e soddisfacente anche dal punto di
vista della forma scritta, ad almeno il 50% delle domande complessive,
corrispondente ad almeno 15/30).
Solo superato tale ‘sbarramento’ lo studente è ammesso alla prova orale.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2
Titolo: Gli ordini religiosi ecc
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GLI ORDINI RELIGIOSI

Il sec. XIII vide la nascita in Ialia dell’ordine francescano e dell’ordine


domenicano. San Francesco di Assisi, mistico, riformatore della Chiesa
cattolica e autore di opere latine fu anche poeta in volgare. Le sue
Laudes creaturarum (1224) fu la prima opera di alto valore letterario
dell’Italia settentrionale, scritta in una serie di versi terminanti con
assonanze, una figura reorica più consueta nel Nord Europa.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2
Titolo: Gli ordini religiosi ecc
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

JACOPONE

Certo il maggior rappresentante della poesia religiosa fu Jacopone da


Todi (1230-1306). Umbro come Francesco, ne condivideva lo spirito
mistico. Ma insieme ad esso possedeva anche una forte vena polemica,
aggressiva: soprattutto quando si trattava di attaccare papa Bonifacio
VIII, suo persecutore. Dopo la morte di sua moglie nel crollo di una
tribuna a un torneo pubblico Jacopone si coprì di cenci e entrò nell’ordine
francescano.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2
Titolo: Gli ordini religiosi ecc
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

JACOPONE A OPERE AFFINI

Jacopone fu un mistico che dalla sua cella di eremita contemplava il


mondo e fustigava con le parole gli atti dei papi Celestino V e Bonifacio
VIII, il quale finì per mandarlo in prigione. Non è sua l’opera Stabat
Mater, musicata da molti musicisti, in passato attribuita a lui.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2/S1
Titolo: Laudi
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Laudi
Non vanno dimenticate le laudi anonime che furono create dalla
compagnia dei Disciplinati. Movimento creato sotto l’influenza del mistico
Raniero Fasani negli anni ’50 del Duecento. Scritte in vernacolo umbro,
erano fortemente teatrali e venivano recitate mentre i disciplinati si
flagellavano per penitenza.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2/S1
Titolo: Laudi
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

INDICAZIONI
BIBLIOGRAFICHE

A proposito di questa lezione si legga Vittorio Rossi, Storia della


letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova,
Piccin, 2008, CAPITOLO IV. La poesia religiosa e la poesia poploaresca
profana

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2/S2
Titolo: prosperità
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PROSPERITA’ DI
FIRENZE
Dopo la caduta degli Hoenstaufen nella battaglia di Benevento (1266)
Firenze si convertì in una delle provincie più stabili e prospere della
penisola italiana. Dallo stesso anno si avviò nella città un movimento di
riforme che culminò nel 1288 nella creazione del Priorato delle Arti e
delle Arti Minori. Ciò fu in seguito imitato da Siena (con la Magistratura
dei nove), Lucca, Pistoia e altre città guelfe toscane con simili istituzioni
repubblicane. I rappresentanti dei settori commerciali presero il potere
nelle loro mani dando luogo un’epoca di prosperità sociale e economica.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2/S2
Titolo: prosperità
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

TENDENZE REALISTICHE

Anche in Toscana si sviluppò una poesia amorosa, una scuola di imitatori


dello stile siciliano guidata da Dante da Maiano, ma grande livello
raggiunse la poesia umoristica e satirica (influenzata dalla tradizione
latina e europea).Si creò uno stile poetico carnale realistico o tangente il
popolare. Nella sua corona di poesie Rustico Filippi (Firenze 1230/40-
Firenze 1291/1300) dedica ogni componimento alle cortesi attività dei
vari mesi dell’anno. Gli fa da contraltare, in tono paradossale e comico
Cenne da la Chitarra. Spicca poi l’umore violento e l’abilità dialogica dei
sonetti del senese Cecco Angiolieri (Siena 1260 ca.-1316).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2/S2
Titolo: prosperità
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PROSPERITA’ DI FIRENZE
Dopo la caduta degli Hoenstaufen nella battaglia di Benevento (1266)
Firenze si convertì in una delle provincie più stabili e prospere della
penisola italiana. Dallo stesso anno si avviò nella città un movimento di
riforme che culminò nel 1288 nella creazione del Priorato delle Arti e
delle Arti Minori. Ciò fu in seguito imitato da Siena (con la Magistratura
dei nove), Lucca, Pistoia e altre città guelfe toscane con simili istituzioni
repubblicane. I rappresentanti dei settori commerciali presero il potere
nelle loro mani dando luogo un’epoca di prosperità sociale e economica.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2/S3
Titolo: POESIA CORTESE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

POESIA CORTESE
Un altro tipo di produzione era però diffuso. Guittone d’Arezzo si
dedicò, con uno stile prezioso e involuto da trobar clus provenzale ai
temi dell’amore cortese, sebbene criticata per la posizione femminile,
e della politica, aprendo la strada alla scuola di Bologna. Qui, Guido
Guinizzelli (ca. 1230-1276) propose una poesia in cui la nobiltà
(gentilezza), prerogativa per essere degno di amare una donna, era
la nobiltà di animo non di censo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2/S3
Titolo: POESIA CORTESE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

POESIA CORTESE

Un altro tipo di produzione era però diffuso. Guittone d’Arezzo si


dedicò, con uno stile prezioso e involuto da trobar clus provenzale ai
temi dell’amore cortese, sebbene criticata per la posizione femminile,
e della politica, aprendo la strada alla scuola di Bologna. Qui, Guido
Guinizzelli (ca. 1230-1276) propose una poesia in cui la nobiltà
(gentilezza), prerogativa per essere degno di amare una donna, era
la nobiltà di animo non di censo.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 2/S3
Titolo: POESIA CORTESE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERMENTI
BIBLIOGRAFICI

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della


letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari,
Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO V. Le origini della poesia d’arte
(paragrafi 1, 2, 3, 4, 5, 6); e CAPITOLO IX. La letteratura dei tempi di
Dante (paragrafi dall’1 all’8).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 3
Titolo: NASCITA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NASCITA
Dante (Durante)Alighieri, l’autore di una delle opere considerata un
capolavoro della letteratura di tutti i tempi, la Comedia, nacque a Firenze
il 14 maggio 1265, da una famiglia di tradizione guelfa (che, cioè, nella
lotta fra papato e impero, parteggiava per il primo). Sposò Gemma Donati
nel 1291, da cui ebbe vari figli.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 3
Titolo: NASCITA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ADOLESCENZA

Non sappiamo però moltissimo della sua vita.


A differenza di autori contemporanei e anche precedenti, non possediamo
autografi. Molte delle notizie della sua via sono filtrate dalla narrazione che
lui stesso ci dà nelle sue opere, quindi non del tutto attendibili.
Sembrerebbe che a tre anni incontra Beatrice Portinari, che vede più
spesso verso i 18 anni. La sua figura divenne il centro della ispirazione
poetica di Dante. Alla sua morte (1290) si dedicò intensamente alla
filosofia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 3/S1
Titolo: L’ESIGLIO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’ESIGLIO
Durante la sua assenza da Firenze, quando, in quanto priore, era
ambasciatore presso il papa Bonifacio VIII, Carlo di Valois entrò in
Firenze (1301), uccidendo molti guelfi bianchi (vicini all’imperatore)
condannando all’esilio altri, fra cui Dante. Cominciò la sua vita raminga
fra una corte e l’altra dell’Italia settentrionale, durante la quale scrisse
molte delle sue opere, inclusa la Comedia. Morì a Ravenna, alla corte di
Guido Novello da Polenta nel 1321.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 3/S1
Titolo: L’ESIGLIO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

OPERE
Varie sono le sue opere, e tutte importantissime. In latino: il De
monarchia, in cui difende l’esigenza di avere un imperatore universale in
modo da far cessare contese e favorire la pace; il De vulgarI eloquentia
in cui analizza dialetti della penisola e propone il fiorentino come stile
adatto al registro tragico delle canzoni. Nel Convivio, in volgare, affronta
vari temi filosofici e teologici, come la possibilità di giungere alla
comprensione del divino, e la nobiltà.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 3/S1
Titolo: L’ESIGLIO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della letteratura


italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova, Piccin, 2008,
CAPITOLO VII. Dante e le sue opere.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 3/S2
Titolo: TRAMA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

TRAMA

La Comedia, o Divina commedia come fu poi chiamata¸ è la narrazione


in prima persona dello smarrimento in una foresta e il viaggio attraverso
Inferno, Purgatorio, Paradiso grazie a tre guide:Virgilio, Beatrice, S.
Bernardo, fino alla visione finale della luce divina. In questo viaggio – il
cui avvio è databile al 1300 – Dante incontra dannati e beati di cui
ascoltiamo la storia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 3/S2
Titolo: TRAMA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

TRAMA
Nel poema si sintetizzano le fondamentali conoscenze e filosofie
dell’epoca. Inoltre nel leggere gli episodi delle vite dei personaggi non va
dimenticato i livelli di lettura sincronici. Oltre al livello letterale (per cui
una lupa è una lupa), vi è l’allegoria in verbis (per cui la lupa rappresenta
la cupidigia, il desiderio sfrenato) e l’allegoria in factis (o figura) secondo
la quale ciò che avviene nel Nuovo Testamento si riprodurrà come in esso
si è riprodotto il Vecchio Testamento.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 3/S3
Titolo: STILE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STILE
Il volgare di Dante è lo specchio della potente e illimitata conoscenza e
curiosità del suo autore: Dante non teme di ricorrere a linguaggio
tecnico o filosofico o scurrile. E non sempre lo fa secondo il precetto
classico di adattare il registro stilistico al contenuto trattato.
Il metro è la terzina dantesca, una invenzione del poeta che facilita la
narrazione.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 3/S3
Titolo: STILE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della
letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari,
Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO VIII. La Divina Commedia, pp. 143-
162.A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della
letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari,
Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO VIII. La Divina Commedia, pp. 143-
162..

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 4
Titolo: PREMESSA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PREMESSA
Francesco Petrarca (Arezzo 20 luglio 1304 – Arquà 19 luglio 1374) fu il
poeta italiano più influente della storia letteraria italiana. Sia per la sua
poesia in volgare – che diede luogo al cosiddetto petrarchismo - che per
i suoi sudi e il recupero di opere latine fino ad allora scomparse o quasi ,
il che diede l’avvio al cosiddetto Umanesimo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 4
Titolo: PREMESSA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

VITA

Seguendo la famiglia passò la giovinezza in Provenza (Carpentras,


vicino ad Avignone) assimilando la poesia provenzale.
Si segnala l’incontro (forse di fantasia) con Laura (6 aprile 1327), cui
dedicherà gran parte della sua produzione poetica, l’amicizia fraterna
con Giovanni Boccaccio, e, infine, il legame profondo con la potente
famiglia romana dei Colonna

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 4/S1
Titolo: OPERE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

OPERE
La maggior parte delle sue opere sono in latino. Molte di erudizione, e,
alcune, in versi, come il poema di contenuto storico in esametri Africa, al
quale deve la sua fama in vita. Ma la sua influenza anche in Europa e il
suo valore oggi più apprezzato è da attribuire al Canzoniere, il cui nome
originario è Rerum Vulgarium Fragmenta.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 4/S1
Titolo: OPERE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICO

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della


letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova,
Piccin, 2008, CAPITOLO X. Il Petrarca (paragrafi dall’1 al18).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 4/S1
Titolo: OPERE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STRUTTURA DI RVF

Il Rerum Vulgarium Fragmenta fu il prodotto dell’assemblaggio di poesie


sparse scritte precedentemente più altre scritte appositamente. A parte
un sonetto di introduzione e una canzone finale alla Vergine nel resto si
segue la storia dell’incontro del protagonista con Laura fino alla sua
morte e all’evoluzione dell’io dopo la sua morte. In tutto 366 poesie.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 4/S2
Titolo: VARIANTI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

VARIANTI
Fu dal 1348-49 che Petrarca cominciò ad organizzare le poesie in
canzoniere coerente. Vi lavorò per circa venticinque anni. Fortunatamente
possediamo molte delle varianti grazie ad autografie e copie fatte fare al
segretario.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 4/S2
Titolo: VARIANTI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

TEMI E TECNICHE
Importante è come l’evoluzione della vicenda è meticolosamente seguita e
sottolineata da accorgimenti narrativi (dovuti anche alla disposizione dei
sonetti). Ad esempio la morte di Laura viene descritta negli effetti (sonetto
264) e poi annunciata come evento (267). Vi trovano posto temi come il
desiderio di gloria (il “lauro”), il desiderio carnale, la nostalgia della terra
nativa (“aura”), l’inesorabilità del trascorrere del tempo, l’amicizia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 4/S3
Titolo: RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della letteratura


italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova, Piccin,
2008, CAPITOLO X. Il Petrarca (paragrafi dal 19 al 24).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 4/S3
Titolo: RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

APPROFONDIMENTI
BIBLIOGRAFICI

Lo studente che volesse aprofondire la conoscenza di Petrarca può


leggere: Marco Santagata, I frammenti dell’anima, Bari, Laterza.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 5
Titolo: BIOGRAFIA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

BIOGRAFIA

Nato nel 1314 a Certaldo (Firenze), Giovanni Boccaccio si trasferì a


Napoli, sede della corte del regno degli Angiò (che frequentò), attorno al
1327 per lavorare presso la compagnia dei Bardi (presso la quale anche il
padre lavorava). Tornò nel 1340 dopo una crisi finanziaria del padre. E vi
tornò nel 1348, quando infuriava la peste, poi descritta nel suo
capolavoro, il Decameron, iniziato nel 1349-50.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 5
Titolo: BIOGRAFIA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

BIOGRAFIA

Dopo aver tentato di tornare in una Napoli ormai troppo cambiata e esser
passato a Venezia a salutare il suo amico Petrarca, la morte lo colse a
Firenze, nel 1375, mentre da qualche tempo andava leggendo
pubblicamente e commentando la Comedia dantesca.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 5/S1
Titolo: OPERE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

OPERE
A parte alcune opere di erudizione in latino, molte sono le opere in
volgare scritte da Boccaccio. Poesie, ma soprattutto narrazioni in
versi, in particolare in ottave (struttura metrica che ebbe un
impulso fondamentale grazie a lui).
Si segnalano la Caccia di Diana, il Filocolo il Filostrato.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 5/S1
Titolo: OPERE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICO

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della


letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari,
Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO XI. Il Boccaccio (paragrafi dall’1 al 6,
e dal 15 al 19).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 5/S2
Titolo: LA “CORNICE”
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA “CORNICE”

Durante la peste che si abbatté anche su Firenze nel 1348, e di cui Boccaccio
fu testimone, dieci ragazzi - sette uomini e tre donne – che si sono incontrati
in chiesa, decidono di fuggire i rischi del contagio trasferendosi in una villa di
campagna.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 5/S2
Titolo: LA “CORNICE”
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STRUTTURA

Qui, per distrarsi dagli orrori delle Peste Nera e per ingannare il tempo,
i ragazzi decidono di eleggere un re o una regina ogni giorno, che deve
indicare un tema attorno al quale ognuno deve raccontare una novella
(racconto). Ne verranno fuori 100 racconti, equivalenti ai giorni -escluse
le feste - in cui i ragazzi hanno raccontato le loro storie.
Oltre a una introduzione e a un epilogo, la raccolta conta una ulteriore
piccola introduzione a metà libro, in cui si commenta la ricezione delle
novelle (infatti già singolarmente diffuse da Boccaccio prima di allestire
la raccolta).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 5/S3
Titolo: CARATTERE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CARATTERE
Il Decmeron si distingue nella produzione narrativa universale per il
gusto del raccontare, dell’intreccio, per la disinvoltura di affrontare temi
e situazioni anche scabrosi, sempre con il piacere di godersi le peripezie
a cui ci sottopone la Fortuna (che può all’ingrosso intendersi come ‘il
caso’).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 5/S3
Titolo: CARATTERE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

INDICAZIONI
BIBLIOGRAFICHE

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della


letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari,
Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO XI. (paragrafi dal 7 al 14).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 6
Titolo: IL PECORONE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL P ECORONE
Dopo il Decameron di Boccaccio sarà difficile, per gli scrittori di novelle,
non imitare questo capolavoro. Ad esempio Giovanni Giovanni Fiorentino
scrisse il Pecorone, una collezione di racconti che si fingono narrati da un
monaco e una monaca nel parlatorio di un monastero di Forlì Imita
chiaramente il Decamerón e si basa sulle cronache di Giovanni Villani per
gli sfondi storici.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 6
Titolo: IL PECORONE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

SACCHETTI

Anche Franco Sacchetti scrisse – fra l’altro – brevi racconti, la maggior


parte dei quali, sebbene non tutti, ambientati a Firenze. La raccolta è
conosciuta come Trecentonovelle (ante 1400). In essa appare un affresco
ampio della società fiorentina del sec. XIV anche nel suo lato quotidiano,
della cosiddetta cultura materiale (cibi, vestiti ecc.).
A volte la volontà moralizzante - che sempre si rivela nella conclusione
esplicitamente didattica - prende il sopravvento, ma talora il gusto della
beffa e della battuta sono veramente godibili. Sempre si sente il sapore del
parlato fiorentino, che fece apprezzare molto lo scrittore a Ugo Foscolo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 6/S1
Titolo: SERCAMBI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

SERCAMBI

Infine, degno di essere ricordato fra altri fu Giovanni Sercambi, di Lucca,


che scrisse un libro a imitazione d Boccaccio dopo il 1374. Anche qui è
la peste, vero e proprio spartiacque cronologico per le arti, a spingere
delle persone a viaggiare in fuga dal contagio attraverso varie città
italiane. Anche loro si affidano alla narrazione di racconti per passare il
tempo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 6/S1
Titolo: SERCAMBI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della letteratura


italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova, Piccin,
2008, CAPITOLO XII. La letteratura nella seconda metà del secolo XIV.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 6/S2
Titolo: GIOVANNI VILLANI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIOVANNI VILLANI

Abbiamo appena nominato Giovani Villani (1276 o 1280 – 1348). La


sua Istoria di Firenze, che si interrompe con il dilagare della peste, di
cui lo stesso Giovanni fu vittima, in verità estende i suoi interessi a
tutta Europa. Oltre al fatto che lo stile talvolta non è privo di una
robusta chiarezza, ciò che contraddistingue questa cronica è il
resoconto, accanto agli avvenimenti centrali, degli emolumenti dei
funzionari e delle spese di corti, comuni ecc.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 6/S2
Titolo: GIOVANNI VILLANI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MATTEO
VILLANI

Matteo, fratello di Giovanni, continuò la cronica fino al 1363, e a sua volta


fu ripresa dal nipote Filippo.
Non andrà dimenticato Piero Capponi, con i suoi Commentari dell’acquisto
di Pisae con la sua narrazione del Tumulto dei Ciompi, che fu un evento
centrale della storia di Firenze.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 6/S3
Titolo: COMPAGNI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

COMPAGNI
Ma fra gli storici del sec. XII sicuramente il più appassionante è Dino
Compagni, autore della Cronica. Fu di famiglia nobile e di idee
democratiche, e appoggiò le nuove ordinanze di Giano de la Bella. Quale
priore e Gonfaloniere di giustizia si interessò sempre di politica. La sua
cronaca riferisce fatti dei quali ebbe conoscenza diretta fra il 1280 e il
1312; che rivede secondo una forte soggettività. La narrazione è sempre
personale, giungendo a volte al miglior stile drammatico.
Un forte sentimento patriottico un desiderio esaltato di rettitudine
impregnano tutto il libro.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 6/S3
Titolo: COMPAGNI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della letteratura


italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova, Piccin,
2008, CAPITOLO IX. La letteratura ai tempi di Dante (paragrafi 9 e 10).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 7
Titolo: PREMESSE STORICHE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PREMESSE
STORICHE
Non sono molte le opere teatrali del sec. XIV, ma nel secolo successivo se ne
incontrano a profusione.
Per questo secolo si può certo parlare di un dramma eccezionale, l’Eccerinus di
Alberto Mussato (1261-1329).
Essa merita una spiegazione dei suoi contesti storici.
Negli anni sessanta (fra il 1250 e il 1310) che vanno dalla morte dell’Imperatore
Federico II fino alla spedizione di Enrico VII, nessun imperatore entrò più in Italia.
Nel nord, Ezzelino da Romano, con il titolo di Vicario Imperiale, aveva preso
possesso de la quasi totalità della Marca di Treviso, minacciando la Lombardia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 7/S1
Titolo: MUSSATO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MUSSATO

I papi dichiararono una crociata contro d lui che ne procurò la caduta.


Padova poté quindi respirare tranquilla, e cominciò a estendere il suo
dominio.
Albertino Mussato viveva appunto a Padova, dove era nato nel 1261, un
anno dopo la caduta di Ezzelino: per cui la sua infanzia trascorse fra i
sopravvissuti di una generazione che odiava il tiranno e la tirannìa.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 7/S2
Titolo: ECCERINUS
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ECCERI NUS
Dopo aver scritto in latino la storia di Enrico VII, si dedicò alla stesura di
un’opera teatrale, una tragedia storica, sopra Ezzelino, anch’essa in latino.
L’Eccerinus, opera che probabilmente non fu mai rappresentata è dotata
tuttavia di intensa forza drammatica, capacità di delineare situazione, e la
narrazione è molto originale.
Per molto tempo questa opera teatrale fu una delle poche, e non l’unica,
degna di essere ricordata.
Notevole è anche il recupero di forme e contenuti classici che
rappresentano benissimo il nuovo corso dell’Umanesimo (su cui i veda la
prossima lezione), di cui Albertino è un rappresentante.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 7/S3
Titolo: RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della
letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari,
Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO IX. La letteratura ai tempi di Dante
(paragrafo 10. Studi classici: Alberto Mussato).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 8
Titolo: Lezione 8
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

INTRODUZIONE

Già negli ultimi anni del sec. XIV incontriamo il confronto fra la letteratura in
volgare e il recupero dei classici greci e, soprattutto, latini. Il recupero dei
classici significa sia il ritrovamento di classici dimenticati in poche copie in
biblioteche di monasteri (come il De Rerum Natura di Lucrezio riscoperto da
Poggio Bracciolini) sia il loro rinnovato uso come fonti, come modelli.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 8
Titolo: Lezione 8
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ESEMPI

Esemplari furono le attività di Luigi Marsilio e Coluccio Salutati,


segretario della Repubblica fiorentina, per la quale compilava, in
rinnovato stile ciceroniano, le lettere formali a governanti e potenti.
Oltre ai nominati, altre personalità intellettuali di questa tendenza sono
Niccolo Niccoli, Giannozzo Manetti, Palla Strozzi, Leonardo Bruni,
Francesco Fidelfo, Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 8/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MECENATISMO

Uno degli aspetti dell’Umanesimo fu il mecenatismo. Di questo un


rappresentante esemplare fu certo, fra molti altri, Lorenzo de’ Medici.
Oltre a proteggere e sostentare artisti e letterati, fu scrittore egli stesso.
Ebbe come obiettivo quello di affermare il volgare toscano, scrivendo
poemetti e poesie in volgare e sostenendo il “Certame coronario”
(1441), gara di poesia in volgare organizzata dall’architetto e scrittore
Leon Battista Alberti.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 8/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

POLIZIANO

L’Umanesimo non ha una sola faccia, però. Ad esempio Agnolo Poliziano


rappresenta l’attività filologica di recupero e studio ed edizione dei testi
latini, ai quali dedicò la maggior parte della sua attività. Eppure scrisse
alcune poesie in volgare. Tra queste Le Stanze per la giostra di Giuliano
de’ Medici, in cui riversa le conoscenze erudite e il suo mondo mitologico
in uno scorrevolissimo ed elegante volgare fiorentino.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 8/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI

A proposito di questa parte di lezione appena letta si studi Vittorio Rossi,


Storia della letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F.
Casari, Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO XIII. La filologia e la
letteratura; e CAPITOLO XIV. La poesia volgare

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 8/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PULCI
Un’altra faccia dell’Umanesimo è quella rappresantata da Luigi Pulci, che, su
richiesta della madre di Lorenzo, Lucrezia Tornabuoni, scrisse il poema
cavalleresco Il Morgante (1483). In esso riprende la materia carolingia ma in
un tono animato da un sentimento comico, dove trovano luogo giganti (come
Morgante) e mezzi giganti (Margutte). Il gusto per il parlato fiorentino e per la
tradizione canterina vengono sollevati al livello della cultura alta.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 8/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

BOIARDO

Ispirandosi al Morgante, Matteo Maria Boiardo (1441-1494), duca di


Scandiano ma vissuto sotto la protezione della famiglia degli Este, scrisse
l’ampio poema l’Orlando innamorato (1486). Con una intenzione più seria,
però, cerca di abbracciare tutte le leggende carolingie. Resta comunque
una vena umoristica e burlesca. ll poeta si addentra nel mondo della
cavalleria con sentimenti di simpatia per i suoi ideali di amore, cortesia,
valore e generosità.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 8/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ARIOSTO

Possiamo anticipare qui l’accenno al poema che, sebbene uscito in altra


temperie culturale (1512 la prima edizione, 1532 l’ultima) chiude in gloria
questa tradizione. Si tratta dell’Orlando furioso di Lodovico Ariosto, che si
presenta come una continuazione de l’Orlando Innamorato. In verità
abbiamo la levigatura classicista e soprattutto il gusto del sogno, del
fantastico (famosa la perdita del senno di Orlando e la ricerca del suo
senno nella luna a opera di Astolfo

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 8/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della
letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova,
Piccin, 2008, CAPITOLO XVI. La letteratura cavalleresca; CAPITOLO XX.
L’Ariosto e la poesia narrativa (paragrafi dall’1 al 17).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 9
Titolo: Lezione 9
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

SANNAZARO

Un filone poetico assai diffuso fu certo quello delle egloghe. In questo


mondo arcadico nulla c’è però di veramente campestre. Tutto è filtrato da
una lente mitologica classicista. E’ il caso del capolavoro di questo filone:
L’Arcadia, appunto, di Jacopo Sannazaro (Napoli 1456-1530). In dieci
eleganti egloghe rendono vita gli amori, le feste, i giochi, i sacrifici e i
costumi di una comunità di pastori.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 9
Titolo: Lezione 9
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

POETICA

Una delle novità che si svilupparono nell’Umanesimo maturo, o


Rinascimento, fu l’uso e la diffusione della Poetica di Aristotele, che fu
commentata, volgarizzata e divenne il punto di riferimento di molti artisti.
Un effetto fu certo la creazione di una produzione teatrale di tipo
classicheggiante, con forte importanza letteraria del testo e, insieme,
consapevolezza del luogo scenico in cui sarebbe realizzata.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 9/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MACHIAVELLI

Non a caso autori come Machiavelli, storico e fondatore della scienza


politica, si cimenta in una commedia come la Mandragola. La sua opera
principale resta tuttavia il trattato Il principe, scritto nel 1512, in cui, oltre
a descrivere le tipologie di governo, descrive come ottenere e
salvaguardare il governo: fatto che diviene un obiettivo in sé, al di là dei
giudizi morali.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 9/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GUICCIARDINI

In continuo dialogo con Machiavelli fu Francesco Guicciardini, che ebbe


importanti cariche politiche a Firenze e anche presso il papa, ma che
non pubblicò mai le sue opere. Solo la Storia d’Italia, scritta quando era
ormai fuori da giochi politici e terminata in punto di morte, era destinata
alla stampa. Scegliendo la fine degli equilibri politici italiani (con la
morte di Lorenzo de’ Medici), egli allarga allo scenario europeo lo
sguardo dello storico che ricerca le cause e le circostanze degli
avvenimenti storici.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 9/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
A proposito di questa parte di lezione appena letta si studi Vittorio
Rossi, Storia della letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a
cura di F. Casari, Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO XV; CAPITOLO
XVII, CAPITOLO XVIII, CAPITOLO XIX.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 9/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STAMPA

Guicciardini ormai pensò alla stampa per la sua monumentale opera.


Ormai infatti la stampa era ampiamente diffusa.
Fra quelle da noi nominate, una delle prime opere ad essere
stampata in Italia fu Il Morgante di Pulci: in questo caso si tratta di
un incunabulo, cioè uno di quei libri stampati quando la stampa era
ancora nella cuna ‘culla’, cioè ai suoi inizi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 9/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

EFFETTI
Inventata appunto alla fine del Quattrocento, una volta giunta a un livello
tecnico raffinato, questo nuovo mezzo di riproduzione abbatté
notevolmente i costi di produzione per la diffusione e quindi favorì la
circolazione di trattati, opere, ecc. Secondo alcuni studiosi come Elisabeth
Eisenstein cambiò perfino il modo di leggere e studiare.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 9/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

QUESTIONE
DELLA LINGUA
Era ormai possibile quindi licenziare un’opera e contare sul fatto che, entro
certi limiti, il dettato, la grafia dell’opera non sarebbero stati cambiati: come
invece succedeva nel corso delle infinite copiature a cui il testo era
tradizionalmente sottoposto nell’era precedente. Inoltre un libro poteva
tranquillamente raggiungere ogni capo della penisola.
Ciò contribuì in modo decisivo alla scelta di un volgare standard. Fra le varie
posizioni, prevalse quella di Pietro Bembo, che si era schierato per il
fiorentino letterario trecentesco: in particolare il Boccaccio della cornice del
Decameron per la prosa e Petrarca per la poesia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 9/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della letteratura
italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova, Piccin, 2008,
CAPITOLO XVII. La filologia, la critica e gi studi intorno al volgare.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 10
Titolo: Lezione 10
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

TASSO

Un recupero quasi archeologico del poema cavalleresco viene messo in atto da


Torquato Tasso
Come annunciato nei Discorsi, per la Gerusalemme Liberata sceglie un tema
grande e attraente, non tanto antico (la crociata era ancora un attraente
argomento propagandistico: i papi ancora raccoglievano denaro in vista della
riconquista del Santo Sepolcro), e non tanto recente; lo avrebbe trattato secondo
le regole aristoteliche (unità di azione, di luogo ecc.); in uno stile alto e tragico. Il
tema fu recuperato nella liberazione del Sepolcro a opera di Goffredo da Bouillon
nel sec. XI: in questo senso è anche un poema storico.
Il gusto dei paragoni, dei latinismi, delle antitesi raggiunge talora dei punti
estremi di virtuosismo, che sono sttati ricondotti al Manierismo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 10
Titolo: Lezione 10
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MARINO

Ma il caso più eclatante di poeta che può essere considerato esempio


nitido di Secentismo fu certo Giovanbattista Marino, napoletano (1569-
1625). Scrittore di fama europea, scrisse il poema Adone (1623). Si
tratta di un poema in ottave (come i poemi cavallereschi) ma di
contenuto mitologico. In verità le digressioni, narrative, scientifiche, ecc.
sono infinite. La lingua è limpida e comprensibile, ma le metafore e i
pargoni, continui, rendono lo stile ricercatissimo. Ricercatezza che fu
chiamata Barocco, Secentismo,o, appunto, Marinismo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 10/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GALILEI

Fra le digressioni dell’Adone c’è anche la descrizione del cannocchiale. Lo


strumento era stato inventato dal grande scienziato italiano Galileo
Galilei. Egli fu anche uno dei primi ad abbandonare, nel settore
scientifico, il latino per il volgare. Almeno in molte delle sue opere.
Attento analista della lingua degli scrittori, seppe costruire una prosa
scientifica limpida e vivace, non senza un gusto finissimo della parola,
come nelle descrizioni delle macchie lunari (passi molto amati da
Leopardi e Italo Calvino).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 10/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI

A proposito di questa parte di lezione appena letta si studi Vittorio Rossi,


Storia della letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F.
Casari, Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO XX. L’Ariosto e la poesia
narrativa (paragrafi dal 18 al 23); XXI. La lirica e le forme minori della
poesia nei secoli XVI.
CAPITOLO XXIV; CAPITOLO XXV. Condizioni generali della vita e della
cultura nel Seicento e nel Settecento; CAPITOLO XXVI. Il Marino;
CAPITOLO XXVII.Galileo e la prosa del suo tempo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 10/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

REAZIONE
ANTISECENTISTA

Al Secentismo, o Marinismo, e alla sua ricercata elaborazione di metafore


e antitesi rare reagì un gruppo di poeti che, insieme ad alcuni intellettuali
e storici (Gravina ecc.), fondò nel 1659 l’Accademia dell’Arcadia. Attorno
all’Accademia (istituzione tipica della fine del Cinquecento e soprattutto
della seconda parte del secolo) si mossero intellettuali, artisti e letterati
diversi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 10/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CHIABRERA

Uno di questi fu Gabriello Chiabera, nato nel 1552 a Savona; fu il


massimo rappresentante di questa corrente arcadica. Innamorato della
cultura greca, applicò metri greci alla poesia italiana, imitando
soprattutto Pindaro, e trattando vari temi: dalla religione alla morale alla
storia all’amore, raggiungendo uno stile di cantabile leggerezza e di
vivace sperimentalismo formale, tanto nelle liriche (Pindariche,
Anacreontiche ecc.) che nei poemi.
Dedicò alcuni scritti proprio al nascente teatro dell’opera lirica

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 10/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METASTASIO
Chi si dedicò molto alla creazione di libretti pu un poeta che fece
decisamente scuola (si pensi all’influenza sul librettista di Mozart, Lorenzo da
Ponte) fu Pietro Metastasio (al secolo Pietro Trapassi, 1698-1782). E del
resto la fama gli arrise indiscussa, tanto da essere ingaggiato come poeta
cesareo alla corte di Vienna, dove ogni viaggiatore di rango non poteva
esimersi da pagargli una visita. Numerosissimi i libretti che scrisse (Didone
abbandonata, Semiramide ecc.), in uno stile cantabile, cristallino, e
particolarmente adatto ai soprani drammatici (Farinelli, il noto ultimo
castrato, fu un suo interprete ideale).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 10/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della letteratura


italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova, Piccin,
2008, CAPITOLO XXVI. Il Marino e la poesia del suo tempo (esclusi i
paragrafi 1, 2 e 3); CAPITOLO XXVIII. La poesia nell’età dell’Arcadia;
CAPITOLO XXIX. La commedia e il melodramma: Pietro Metastasio e Carlo
Goldoni

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 11
Titolo: Lezione 11
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PREMESSA

Una volta liberatasi dalla dominazione spagnola nel secolo XVIII, la


nuova situazione politica italiana cominciò a migliorare sotto José II,
Imperatore del Sacro Romano Impero, e i suoi successori. Questi
principi furono molto influenzati dai filosofi illuministi francesi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 11
Titolo: Lezione 11
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIANBATTISTA VICO

G. Vico rappresenta il risveglio della coscienza storica in Italia. Nella sua


Scienza Nuova investigò le leggi che governano il progresso dell’umanità,
secondo le quali si svolgono i fatti storici. A partire dallo studio psicologico
dell’uomo cercò di inferire la natura comune a tutte le nazioni, cioè le leggi
universali della Storia, per le quali le civiltà sorgono, fioriscono e cadono. A
partire dal medesimo spirito che animò Vico sorse un tipo di investigazione
diversa, quella delle fonti della storia civile e letteraria d’Italia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 11/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LUDOVICO ANTONIO
MURATORI

Dopo avere raccolto nei suoi Rerum Italicarum Scriptores le cronache, le


biografie, le carte e i diari sulla storia italiana fra 500 e 1500, e una volta
discusse le più oscure questioni storiche nelleAntiquitates Italicae medii
aevi, scrisse gl Annalese de Italia, minuziosa narrazione storica di fatti a
partire dalle fonti originali.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 11/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LUDOVICO ANTONIO
MURATORI

Dopo avere raccolto nei suoi Rerum Italicarum Scriptores le cronache, le


biografie, le carte e i diari sulla storia italiana fra 500 e 1500, e una volta
discusse le più oscure questioni storiche nelleAntiquitates Italicae medii
aevi, scrisse gl Annalese de Italia, minuziosa narrazione storica di fatti a
partire dalle fonti originali.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 11/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ALTRI
GirolamoTiraboschi e il conte Giovanni Maria Mazzuchelli da Brescia si
dedicarono alla storia della letteratura. Nello stesso tempo in cui il nuovo
spirito del tempo giungeva alla investigazione delle fonti storiche, si dava
impulso allo studio dei meccanismi che reggevano le leggi economiche e
sociali. Francesco Galiani scrisse sulla moneta, Gaetano Filangieri
scrisse La Scienza della legislazione; Cesare Beccaria con il Trattato dei
delitti e delle pene contribuì enormemente alla riforma del sistema
penale, promuovendo l’abolizione della tortura.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 11/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della letteratura


italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova, Piccin,
2008, CAPITOLO XXX. La prosa nell’età dell’Arcadia

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 11/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUSEPPE PARINI
La figura letteraria più importante del periodo illuministico italiano fi
Giuseppe Parini. Nacque in un paese della Lombardi nel 1729, e seguì le
scuole a Mailano, e da giovane fu noto fra i poeti dell’Arcadia sotto il
nome di Darisbo Elidonio. Ma pubblicò sotto il nome di Ripano Eupilino la
sua prima mportante raccolta, che, sebbene non originalissima, già porta
i segni dell’interesse per la vita civile, per lo scopo didattico della poesia,
e per un atteggiamento satirico.
Cercò così una quarta via, rinunciando alle tre precedenti tendenze dellla
letteratura italiana: il petrarchismo, il Secentismo e l’Arcadia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 11/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL GIORNO

Oltre che nelle sue Odi, il tono satirico trova piena vita ne Il giorno
(prima ed. 1763), nel quale si immagina come un precettore che insegna
un giovane patrizio milanese i modi galanti, mettendo indirettamente a
nudo il frivolo e cinico modo di vivere dell’aristocrazia. A rendere chiara
l’ironia sta il contrasto fra la banalità della vita aristocratica e la composta
e classica impostazione del verso e dello stile..

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 12
Titolo: Lezione 12
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ALFIERI

A rappresentare un momento di svolta negli ideali e nei punti


di riferimento dei letterati italiani fu Vittorio Alfieri (1749-
1803). È con lui che nasce l’ideale dell’io eroico, isolato,
incompreso dalla società, la quale non è all’altezza dei suoi alti
ideali. Un suo breve epigramma può essere preso come
esempio della sua attitudine verso il mondo:

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 12
Titolo: Lezione 12
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ALFIERI
Mi trovan duro.
Anch’io lo so:
pensar li fo.
Taccia ho d’oscuro:
mi schiarirà
poi libertà.

Si dedicò a generi diversi: dalla poesia alla trattatistica polemica


all’epigrammistica, ma certo i suoi capolavori sono le sue opere teatrali.
Tra esse spiccano Il Saul e La Mirra.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 12/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UGO FOSCOLO
U. Foscolo (Zante, allora Repubblica Veneziana, 1778- Londra 1827) fu
un entustiasta patriota, ispirato ai modelli classici. Le Lettere di Jacopo
Ortis (1802), ispirate al Werther di Goethe, sono una storia di amore
mescolata al patriottismo; contengono una ferma protesta contro il
Trattato di Campo Formio (con cui Napoleone cedeva i territori veneziani,
fra cui Zante, all’Austria) insieme a .uno sfogo sentimentale del Foscolo
fondato sui propri problemi amorosi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 12/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

SEPOLCRI
Nei Sepolcri (1806), poemetto in endecasillabi sciolti scritto per protesta
contro una legge napoleonica che impediva la sepoltura entro le mura,
illustra l’ispirazione che ha i vivi possono trarre dalle tombe dei grandi.
Vanno inoltre ricordate Le Grazie, incompiuto poema sulla gentilezza e
sulla bellezza come valori fondativi della civiltà; e la sua traduzione del
romanzo inglese Viaggio sentimentale di T. Shandy.
Ma giustamente la sua fama è affidata ad alcuni dei suoi sonetti, in cui si
cantano spesso temi personali e temi politici felicemente intrecciati.
Come nel caso del sonetto In morte del fratello Giovanni:

.
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 12/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

VINCENZO MONTI
Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, mi vedrai seduto
Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
Il fior de’ tuoi gentil ann caduto:
La madre or sol, suo dì tardo traendo,
Parla di me col tuo cenere muto:
Ma io deluse a voi le palme tendo;
E se da lunge i miei tetti saluto,
Sento gli avversi Numi, e le secrete
Cure che al viver tuo furon tempesta;
E prego anch’io nel tuo porto quiete:
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l’ossa mie rendete
Allora al petto della madre mesta.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 12/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

VINCENZO MONTI
La volubilità di atteggiamenti politici e letterari fu una caratteristica di V.
Monti (1754-1828). Dapprima timoroso di Naopoleone (Bassvilliana),
dopo la sua vittoria si schierò al suo fianco e poi a fianco dell’Austria. La
capacità di variare stile è ad esempio notevole: dal dantismo delle
Bassvilliana all’omerismo della traduzione dell’Iliade. Ed è proprio a
quest’ultima che la sua fama è affidata: alla ricreazione del poema
omerico (servendosi per altro di traduzioni, non potendo intendere il
greco). Fra le varie poesie non vanno però dimenticate quelle che
sembrano risentire di una temperie chiaramente romantica.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 12/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della
letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova,
Piccin, 2008, CAPITOLO XXXI. Il Parini; CAPITOLO XXXIII. Influssi
letterari stranieri; CAPITOLO XXXIV. La letteratura del periodo
napoleonico.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13
Titolo: ALESSANDRO MANZONI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ALESSANDRO MANZONI
Foscolo, Monti, Leopardi e molti altri scrittori furono influenzati dal
movimento culturale di diffusione europea che si chiamò Romanticismo.
Tuttavia in Italia la tendenza ebbe caratteri propri. Manzoni, forse il
maggiore rappresentante in Italia, formulò gli obiettivi della nuova
scuola, stabilendo che aspirava a scoprire e esprimere la verità storica e
la verità morale, non solo come fine, ma come la più grande ed eterna
forma di bellezza. Il realismo nell’arte è ciò che caratterizza la letteratura
italiana a partire da Manzoni.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13
Titolo: ALESSANDRO MANZONI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I PROMESSI SPOSI
Dapprima chiamato Fermo e Lucia, il capolavoro di Manzoni, sottoposto a vari
cambiamenti, fu poi intitolato I promessi sposi e pubblicato, con nuove varianti
soprattutto linguistiche, nel 1827 e nel 1840-42.
La novella è ambientata in Lombardia, tra il 1628 e il 1630.
Don Rodrigo impone al curato del villaggio, don Abbondio, di non sposare i promessi sposi
Renzo e Lucia, che sono costretti a fuggire dal paese, nonostante l’appoggio di padre
Cristoforo. Su ordine di don Rodrigo, l’Innominato rapisce Lucia, ma l’incontro con la
giovane e con il cardinale Borromeo gli scatenano una crisi di coscienza in base alla quale
libera la giovane. Intanto infuria la peste e don Rodrigo muore. I due giovani possono
finalmente sposarsi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13/S1
Titolo: Forma
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA
Senza dubbio l’idea del romanzo storico deriva dallo scrittore inglese
Walter Scott, però Manzoni ne cavò qualcosa di diverso da un romanzo
storico in senso stretto, ottenne invece un’opera autentica realista.
L’attenzione del lettore è assorbita completamente dalla potente e
oggettiva costruzione dei personaggi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13/S1
Titolo: Forma
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PERSONAGGI
Dal più grande al più accessorio dei personaggi, tutti loro possiedono una
forte verosimiglianza. Manzoni è capace di sviluppare un personaggio in
tutti i suoi dettagli e seguirlo in tutte le diverse tappe. Tanto che un
personaggio come Azzeccagarbugli, sebbene secondario, è rimasto
nell’immaginario collettivo come il simbolo dell’avvocato incapace e
imbroglione, che cerca di ottenere la clientela senza prospettare al
cliente la vera situazione in cui si trovano. Manzoni si immerge nei più
profondi anditi dell’animo umano, e tratteggia le più sottili realtà e
pieghe della psicologia
Oltre che nelle sue Odi, il tono satirico trova piena vita ne Il giorno
(prima ed. 1763), nel quale si immagina come un precettore che insegna
un giovane patrizio milanese i modi galanti, mettendo indirettamente a
nudo il frivolo e cinico modo di vivere dell’aristocrazia. A rendere chiara
l’ironia sta il contrasto fra la banalità della vita aristocratica e la composta
e classica impostazione del verso e dello stile.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13/S2
Titolo: RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

A proposito della parte della lezione appena letta si studi Vittorio Rossi,
Storia della letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F.
Casari, Padova, Piccin, 2008, CAPITOLO XXXV. Alessandro Manzoni e il
Romanticismo Senza dubbio l’idea del romanzo storico deriva dallo
scrittore inglese Walter Scott, però Manzoni ne cavò qualcosa di diverso
da un romanzo storico in senso stretto, ottenne invece un’opera
autentica realista. L’attenzione del lettore è assorbita completamente
dalla potente e oggettiva costruzione dei personaggi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13/S2
Titolo: RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIACOMO LEOPARDI
G. LEOPARDI (1798-1837) nacque nel paese di Recanati da famiglia
nobile. Ebbe sin da adolescente una conoscenza straordinaria delle lingue
e delle culture greca e latina, oltre che una sterminata erudizione.
Maturò presto un profondo scetticismo religioso, accompagnato a una
certa malinconia personale. Fra poesie, appunti e prose, costruì un
complesso pensiero che ha attirato l’attenzione di filosofi successivi
(Nietszche ad esempio).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13/S3
Titolo: LA FINITUDINE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA FINITUDINE

Nei Canti, via via ripubblicati con aggiunte e varianti, raccoglie varie
poesie che riflettono anche la trasformazione del suo pensiero. In esse, il
senso della finitudine dell’uomo, della sua impotenza viene messa in
scena in diverse situazioni: davanti alla giovinezza che terminerà, davanti
alla vita, che avrà fine; davanti all’essere umano in sé (come
nell’Infinito).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13/S3
Titolo: LA FINITUDINE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA REAZIONE
Il senso del limite può però produrre alcuni sussulti. Nell’Infinito, ad
esempio il senso della finitudine diventa contemplazione, sogno di ciò
che finito, limitato non è. Oppure nella Ginestra, una delle ultime poesie,
nella quale la nullità dell’essere umano davanti alla potenza inarrestabile
e ostile della Natura (rappresentata dal Vesuvio) può trovare una via
d’uscita solo in un auspicabile consorzio degli uomini, che dovrebbe far
lega comune.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13/S3
Titolo: LA FINITUDINE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA FORMA

Nelle poesie Leopardi rivisita la canzone dandole però una totale libertà
di rime, che cioè non seguono una struttura predeterminata. Il lessico è
alto e latineggiante, mai però oscuro.
Nella prose si ispirò alla prosa cinquecentesca (soprattutto Guicciardini),
della quale mantiene le ampie volute sintattiche.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13/S3
Titolo: LA FINITUDINE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

OPERETTE MORALI E
ZIBALDONE
Le Operette morali son una raccolta di brevi racconti e dialoghi
immaginari, che hanno come tema gli stessi delle canzoni, ma con la
possibilità di dispiegare una maggiore amara ironia.
Fra le molte altre opere di Leopardi, si deve ricordare, sebbene mai
pubblicata da lui in vita, lo Zibaldone di pensieri, che è una sorta di diario
di bordo del poeta-filosofo. Contiene considerazioni filosofiche,
filologiche, e descrizioni che si animeranno n poesie.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 13/S3
Titolo: LA FINITUDINE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICO
A proposito di questa lezione si studi Vittorio Rossi, Storia della
letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova,
Piccin, 2008, CAPITOLO XXXVI. Giacomo Leopardi; CAPITOLO XXVII. La
letteratura nel periodo delle Rivoluzioni.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 14
Titolo: Guicciardini introduzione
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

INTRODUZIONE

Francesco Guicciardini, pensando all’autore della Storia d’Italia, può


essere considerato il più grande storico italiano. Sia il metodo e
l’atteggiamento storiografico da lui assunto, sia i risultati di grande
pregio, e, benché pubblicata vent’anni dopo la sua morte (nel 1560), per
l’influenza esercitata, la Storia d’Italia non ha eguali. Basti pensare alla
grande periodizzazione fornita da lui in essa: che rimarrà la chiave di
interpretazione della storia della penisola per vari secoli

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 14
Titolo: Guicciardini introduzione
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PRECEDENTI

La più importante opera storiografica italiana non nasce certo dal nulla.
L’attività cronachistica e storiografica non si era sostanzialmente
interrotta durante il Medioevo, ma, soprattutto, l’umanesimo aveva
proposto storici di levatura eccezionale che avevano dato un certo spazio
alla valutazione e alla critica delle fonti. Essi, cioè, non avevano
semplicemente seguito una fonte da loro preferita, o perché a portata di
mano o perché ideologicamente più vicina, o cronologicamente più vicina
ai fatti narrati.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 14/S1
Titolo: VALLA E IL NUOVO METODO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

VALLA E IL NUOVO METODO

Un nuovo spirito filologico è percepibile in Coluccio Salutati ad esempio,


in Leonardo Bruni, nei quali si presenta occasionalmente il vaglio delle
fonti. In verità il grande maestro di metodo era stato Lorenzo Valla, che
della filologia aveva fatto lo strumento principe di indagine nel campo
storico e documentario, non solo linguistico. Esemplare il caso della
dimostrazione della Donazione di Costantino quale un falso ben
posteriore, appositamente forgiato dalla Chiesa per poter giustificare il
proprio potere temporale (in nome di una mai esistita donazione di un
territorio ad opera dell’Imperatore Costantino)

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 14/S1
Titolo: VALLA E IL NUOVO METODO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA FAMIGLIA GUICCIARDINI
Uno sguardo alla vita di Francesco Guicciardini (Firenze 1483-1540) sarà
più che stimolante al fine di una comprensione più articolata della sua
attività. La famiglia Guicciardini era da secoli una famiglia in vista di
Firenze, ricca per commerci, terreni, e di cariche pubbliche. Il senso
dell’appartenenza a un’antica casata fu sempre presente nella vita di
Francesco.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 14/S2
Titolo: GLI STUDI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GLI STUDI

Il padre Piero, sostenitore dei Medici, fu tuttavia assai interessato alla


vita culturale: fu amico di Marsilio Ficino (compare di battesimo di
Francesco); sostenne poi anche Savonarola.
Francesco cominciò a seguire corsi di giurisprudenza allo studio di Pisa
(che aveva sede a Firenze in quel momento), poi a Ferrara e poi a
Padova fino al 1505 e nello stesso anno si addottorò a Firenze, dove ave
già cominciato a insegnare Istituzioni civili.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 14/S2
Titolo: GLI STUDI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GLI INIZI DELLA CARRIERA

Per sette anni Guicciardini esercitò l’avvocatura difendendo istituzioni


religiose e cittadine. Nel 1508 sposa Maria, figlia di Alamanno Salviati,
cospicuo esponente del partito ottimatizio, cioè a dire uno dei capi
dell’opposizione a Soderini, capo del governo popolare. Nel 1512 è
nominato ambasciatore presso Ferdinando il Cattolico, e parte per la
Spagna. Intanto il governo popolare cadeva, e veniva lestamente
rimpiazzato dal ritorno dei Medici. Non andranno sottovalutati i rapporti
di feconda amicizia istaurati negli anni con intellettuali e politici quali
Francesco Vettori, e, soprattutto Niccolò Machiavelli, con il quale il
confronto intellettuale sarà profondo e continuo, esplicito o presupposto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 14/S3
Titolo: BIBLIOGRAFIA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

BIBLIOGRAFIA
A proposito di questo argomento si studi Vittorio Rossi, Storia della
letteratura italiana, edizione rivista e ampliata a cura di F. Casari, Padova,
Piccin, 2008, CAPITOLO XIII. La filologia e la letteratura; e CAPITOLO
XIX, Il Machiaveli e il pensiero politico nel secolo XVI (paragrafi 11, 12,
13, 14, 15).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 15
Titolo: A ROMA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

A ROMA
Al suo ritorno a Firenze Francesco riprende a fare l’avvocato. Nel 1515 è
membro della Signoria. Nel 1516 è a servizio del papa come avvocato
concistoriale, poi governatore di Modena, e poi anche di Reggio (1517),
finché fu fatto da Leone X (un Medici) Commissario generale dell’esercito
pontificio nella guerra contro la Francia, a fianco dell’imperatore (1521).
Furono anni di febbrile attività, impiegata soprattutto per far tornare
all’ordine aree cadute nell’anarchia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 15
Titolo: A ROMA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DURANTE LA GUERRA

Sotto il nuovo papa, il fiammingo Adriano VI, fu esautorato, tornando il


potere delle aree nelle mani dei signori locali (Guido Rangoni a Modena,
Alberto Pio a Reggio, Federigo Gonzaga a Parma).
Nominato presidente di Romagna dal nuovo papa Clemente VII (Giulio
de’ Medici) e dal gennaio 1526 ministro e consigliere a Roma, spingendo
Clemente alla lega di Cognac, filofrancese.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 15/S1
Titolo: LA LUOGOTENENZA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA LUOGOTENENZA
Come Luogotenente generale delle truppe pontificie dal giugno 1526
dovette assistere alla sconfitta della lega, al sacco di Roma e alla caduta
dei Medici a Firenze, dove si instaurò un governo repubblicano ostile alla
grande famiglia e a chi, come Guicciardini, l’aveva servita. Fu eletto un
gonfaloniere per un anno, Niccolò Capponi, di cui Francesco era
consuocero, ma pian piano Francesco si ritirò a vita privata presso la sua
tenuta di Finocchietto nel Mugello.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 15/S1
Titolo: LA LUOGOTENENZA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DI NUOVO A ROMA

Dopo la pace che Clemente ristabilisce con Carlo V, incoronandolo


imperatore a Bologna nel 1530, Guicciardini è richiamato a Roma. A
Firenze, però, unica città che non si arrende all’egemonia spagnola,
resistendo undici mesi all’assedio, si apre un processo a Guicciardini, che
viene condannato in contumacia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 15/S2
Titolo: A FIRENZE, A BOLOGNA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

A FIRENZE, A BOLOGNA

Caduta la repubblica fu inviato a Firenze, dove si occupò dell’epurazione


dei capi antimedicei. Nel 1531 fu nominato Governatore di Bologna. Per
conto del papa organizzò insieme ad altri undici esperti un governo
secondo i voti di Clemente: niente più Signoria, bensì un Consiglio di
quattro membri, eletto da un Senato ristretto di 48, e presieduto da
Alessandro de’ Medici, ormai padrone della città. Di questi divenne fidato
consigliere.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 15/S2
Titolo: A FIRENZE, A BOLOGNA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GLI ULTIMI ANNI


Allorché, assassinato Alessandro, Cosimo prese il suo posto, il ruolo di
Guicciardini diminuì molto di spessore, finché fu esautorato. Amareggiato
si ritirò a vita privata rifiutando il governatorato negli stati della Chiesa
offertogli da Paolo III (avversario dei Medici).
Nel 1539 soffrì di un grave malore, forse un colpo apoplettico e morì il 21
maggio 1540 avendo appena ultimato (seppure non rivisto per l’ultima
volta) l’ultima sua opera. la Storia d’Italia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 15/S3
Titolo: CONSIGLI DI LETTURA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONSIGLI DI LETTURA
Sulla vita di Francesco esiste una biografia che costituisce un classico
magistrale del genere: Francesco Ridolfi, Vita di Francesco Guicciardini,
Roma, Angelo Bardetti, 1960.
Un’ottima monografia è: Matteo Palumbo, Francesco Guicciardini.
Materiali per lo studio della letteratura italiana, Napoli, Liguori, 1988 (dal
quale attingeremo nel corso delle seguenti lezioni).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 16
Titolo: PREMESSA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PREMESSA

Tracciando l’intensa biografia di Francesco Guicciardini abbiamo


trascurato di accennare alle numerose opere alle quali via via mise mano,
rielaborò più volte e che in buon numero portò a termine, pur senza mai
darle alle stampe per la pubblicazione (ma almeno la Storia d’Italia era,
vedremo, nelle intenzioni dell’autore destinata alla tipografica).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 16
Titolo: PREMESSA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METODO DI LAVORO
Molte di esse furono, com’è da immaginarsi, scritte nei momenti di ozio e
di lontananza dagli impegni e dagli uffici politici e istituzionali (fatta
eccezione soprattutto della raccolta di riflessioni chiamata Ricordi).
Su esse torneremo, ma per ora cerchiamo di collocarle entro il percorso
di vita e di carriera dello statista e scrittore.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 16/S1
Titolo: PRIME OPERE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PRIME OPERE

Fra il 1508 e il 1528 Francesco, secondo l’abitudine delle famiglie in vista,


tenne una sorta di diario delle sue attività, le Ricordanze, dove annota
soprattutto incarichi, onorari, e cc. Sono importanti per la ricostruzione
della sua vita, soprattutto della sua carriera. Nel periodo in cui fu inviato
come ambasciatore in Spagna, nel 1512, scrisse la Relazione di Spagna.
La relazione stava divenendo quasi una sorta di genere “letterario” del
quale ci restano esempi eccellenti come quella, vivacissima, di Francesco
Vettori in Germania, fitta di digressioni narrative.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 16/S1
Titolo: PRIME OPERE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DIALOGO DEL
REGGIMENTO DI
FIRENZE
Nei momenti di ozio forzato che seguirono all’elezione di Adriano VI, fra i
due papi medicei (Leone X e Clemente VII), compose la prima stesura
del Dialogo del reggimento di Firenze, discussione su quale sia la forma
di governo migliore per Firenze. Su di esso Guicciardini tornò molte volte,
con revisioni e correzioni.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 16/S2
Titolo: DOPO IL SACCO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DOPO IL SACCO

Durante la repubblica fiorentina e della residenza in Finocchietto


compose tre orazioni, Consolatoria, Accusatoria e Difensoria in cui
prendeva la parte dell’accusa e della difesa attorno al proprio caso, per
discutere le accuse che gli venivano fatte dagli avversari politici. Forse
cominciò l’opera storiografica Le cose fiorentine. Di questi anni è la
stesura definitiva dei Ricordi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 16/S2
Titolo: DOPO IL SACCO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ULTIMI ANNI

Il confronto con l’amico Machiavelli stimolò nel 1530 la stesura delle


Considerazioni intorno ai Discorsi di Machiavelli. Solo nel 1537 si dedicò,
fino alla morte, alla sua opera di maggior impegno, una sorta di summa
delle proprie conoscenze della storia, la Storia d’Italia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 16/S3
Titolo: SUL SACCO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

SUL SACCO
Più volte è capitato di nominare l’evento del Sacco (cioè saccheggio) di
Roma del 1527, che fu l’apice di una serie di saccheggi in varie città
italiane a opera delle truppe di Carlo V imperatore di Spagna. Roma fu
particolarmente colpita e segnò un momento decisivo anche
nell’immaginario letterario e collettivo. Una rassegna dei riflessi artistici e
non solo di questo evento è nel calssico: André Chastel, Il sacco di
Roma. 1527, Torino, Einaudi, 2010. Classico affiancabile a quello di
Milard Meiss sugli effetti sulla cultura figuraiva della Peste del 1340:
Milard Meiss, Pittura a Firenze e Siena dopo la Morte nera, Torino,
Einaudi, 1982

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 17
Titolo: Storie fiorentine
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIE FIORENTINE

Come accennato, nessuna opera di Guicciardini era destinata alla


pubblicazione, fatta eccezione della Storia d’Italia, destinata alla stampa
(e, anche, forse, i Ricordi, destinati a una circolazione manoscritta anche
al di fuori della ristretta cerchia famigliare).
Cosicché anche le Storie fiorentine furono edite solo nel 1857, ed anche il
loro titolo, che non si trova nel manoscritto, è dovuto all’editore
moderno.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 17
Titolo: Storie fiorentine
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Già Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini avevano steso due storie di


Firenze, come del resto richiedeva il loro ruolo di cancellieri della
repubblica fiorentina.
Guicciardini mette mano all’opera nel 1508, ma non comincia da dove i
due predecessori avevano interrotto la narrazione: comincia invece dal
1378, anno del Tumulto dei Ciompi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 17/S1
Titolo: Periodizzazione
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il Tumulto dei Ciompi era stato un momento in cui le forze operaie e


artigianali della città di Firenze, o meglio i salariati del settore
della lavorazione della lana, principale materia prima di produzione e di
ricchezza, esclusi completamente dalla gestione politica della società,
si erano unite contro il popolo grasso e avevano istaurato un nuovo
governo. Rivolte simili si ebbero in tutta Europa, dove gli effetti
economici della Peste e il riassesto finanziario si era scaricato proprio sul
popolo magro (diminuzione di salari ecc.).
Ma un’alleanza del popolo grasso e del popolo minuto (non magro) fece
cadere il nuovo governo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 17/S1
Titolo: Periodizzazione
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Anche Machiavelli dà un’importanza notevole a questo momento storico,


che gli sembra uno delle molte dimostrazioni che la storia di Firenze
(come quella romana che egli tiene presente in controluce) è fatta
soprattutto di dissidi e lotte. Pertanto dissente esplicitamente, nella sua
Istorie fiorentine dai predecessori Bracciolini e Bruni.
Guicciardini da questo evento sceglie di prendere le mosse, operando
quindi non una scelta di impostazione annalistica che avrebbe
comportato una prosecuzione dei predecessori dal punto in cui avevano
interrotto, bensì scegliendo un punto di partenza che rivela una
personale riorganizzazione della visone della storia fiorentina.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 17/S2
Titolo: contenuto
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO
Il punto di partenza è quindi la narrazione del Tumulto dei Ciompi
(1378), un punto importante è poi la pace di Lodi, che mostra la capacità
diplomatica di Lorenzo de’ Medici nel riuscire a mantenere in equilibrio le
varie potenze italiane (Milano, Napoli, Venezia ecc.); di qui la narrazione
si fa più distesa e particolareggiata; ma è dal 1494, cioè dalla discesa di
Carlo V nella penisola, che l’esposizione degli eventi cambia forma,
inseguendo nomi, particolari, tutto, fino al 1509, anno della guerra della
riconquista di Pisa.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 17/S2
Titolo: contenuto
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

In questo incremento di passione e particolari si vede quanto la resa


della storia contemporanea è il principale obiettivo di Guicciardini, e con
esso la convinzione di uno scopo didattico, pratico della storiografia e
dell’opera storiografica. Storiografia come politica: “perché si pensava
che si potesse insegnare qualcosa circa la condotta politica, il
funzionamento delle istituzioni e l’azione del governo”, anziché una
“generica pedagogia morale” (Palumbo), “essa assume l’ufficio di un
buon governo, è il collaudo dei “buoni ordini [organizzazioni delle
istituzioni]”, e ciò costringe a una “precisione oggettiva” (Felix Gilbert).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 17/S3
Titolo: Fonti e tecniche
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FONTI E TECNICHE
Le fonti a cui Guicciardini attinge non sono ancora quella varietà a cui
farà riferimento nella Storia d’Italia. Sono invece archivi di famiglia ed
esperienze personali.
Ed eppure anche quest’opera ha un posto nello sviluppo della storiografia
rinascimentale.
Scrive il grande storico delle storiografia tedesco Eduard Fueter: “Colle
Storie fiorentine comincia la moderna storiografia analizzatrice, il
ragionamento politico della storia.” Ogni assimilazione ai modelli
precedenti risulta impropria e fuorviante.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 17/S3
Titolo: Fonti e tecniche
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

“Se si astrae dall’ordinamento cronologico, che risultava da sé dalla


materia stessa, non c’è nulla che ricordi il modo della scuola di Bruni. Le
introduzioni artistiche mancano completamente, e così pure i discorsi.
Sugli argomenti portati in discussioni pubbliche pro e contro una
decisione, G. riferisce col discorso diretto. Brevi capitoli prendono il posto
degli informi libri” (Feuter).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 18
Titolo: contenuto
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO
Unità e concordia fungono da costanti valori garanti dell’armonia e del
benessere collettivo. Ogni turbamento dell’equilibrio è portatore di effetti
negativi.
Ad esempio nel Tumulto dei Ciompi egli non vede tanto (come
Machiavelli) lo scontro di forze economico-sociali oppose, sì piuttosto
l’uso da parte di alcuni elementi dei potenti magistrati, “gli otto della
guerra” (nominati in casi straordinari per sei mesi) del popolo dei
salariati. Gli effetti furono sangue e stragi, la “ruina”.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 18
Titolo: contenuto
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quando il governo dei Ciompi fu rovesciato, la città, 1393, finalmente


unita, governata da “uomini da bene e buoni e valenti”, poté fronteggiare
pericoli e situazioni gravissime: come la costosissima guerra contro
Giovan Galeazzo Visconti (Milano), l’altrettanto costosa conquista di Pisa.
Quando agli “uomini da bene e buoni e valenti” si sostituirà Cosimo de’
Medici, si avrà una nuova decadenza, verranno cacciati molti nobili e
sollevati personaggi di oscure origini ma perciò più controllabili.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 18/S1
Titolo: Tirannia
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

TIRANNIA
La strada imboccata porterà alla tirannia di Lorenzo de’ Medici, verso il
quale G. ha una posizione doppia, in bilico fra il rifiuto del tiranno e la
fascinazione verso una persona che era riuscita a garantire il grande
valore, per Guicciardini, della concordia, dell’equilibrio, della pace.
Affidato al paradosso (e, dal punto di vista stilistico alla simmetria) il
momento in cui Lorenzo diviene padrone della città. Paradossalmente,
appunto, grazie al tentativo dei Pazzi di ucciderlo: muore il fratello con
cui avrebbe dovuto dividere l’eredità, gli si offre l’opportunità di eliminare
i nemici, il poplo diviene schiavo e gli amici sudditi:

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 18/S1
Titolo: Tirannia
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

“E questo è el fine delle divisioni e discordie civile: lo esterminio di una


parte; el capo dell’altra diventa signore della città; e’ fautori ed aderenti
sua, di compagni quasi sudditi; el popolo e lo universale ne rimane
schiavo; vanne lo stato per eredità e spesse volte di uno savio viene in
uno pazzo, che poi dà l’ultimo tuffo alla città” (G., Storie fiorentine)

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 18/S2
Titolo: Morte di Lorenzo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MORTE DI LORENZO
La morte di Lorenzo è un luogo importane dell’opera, nel quale si
intrecciano osservazioni politiche, psicologiche, storiche.
La morte viene annunciata da presagi sinistri e anomali (come G. farà,
però forse con più scetticismo, anche nella Storia d’Italia).
Interessante per il rapporto fra scelte e necessità ed etica la prima riga
del ritratto di Lorenzo: “Furono in Lorenzo molte e preclarissime virtù;
furono ancora in lui alcuni vizi, parte naturali, parte necessari”.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 18/S2
Titolo: Morte di Lorenzo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Di grande intelligenza, non fu però di altrettanta saggezza: “Ebbe buono


giudicio e di uomo savio, e nondimeno non di qualità di potersi
paragonare collo ingegno” e si notarono in lui scelte temerarie (la guerra
contro Volterra, l’ambasciata a Napoli, ecc.).
Il maggior difetto fu il “sospetto”, che però probabilmente non era
naturale ma dettato dal fatto che in fin dei conti le istituzioni della città
rimanevano elettive e teoricamente al di fuori del suo controllo (che
invece esercitava indirettamente).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 18/S3
Titolo: Dopo la morte di Lorenzo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DOPO LA MORTE DI LORENZO


“Il complesso giudizio guicciardiniano su Lorenzo, pur nella sua
sostanziale negatività, contiene tutti o quasi tutti gli elementi che
consentirono il ribaltamento della situazione nella Storia d’Italia, una
volta instaurata una problematica diversa e assunto quindi un nuovo e
differente punto di vista” (così lo storico F. Gaeta).
L’espulsone dei “savi”, cioè di quell’aristocrazia assuefatta e in grado di
governare, e alla quale i Guicciardini appartenevano, è il maggior crimine
che Lorenzo compie. Ed eppure riesce a garantire pace ed equilibrio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 18/S3
Titolo: Dopo la morte di Lorenzo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

La calata di Carlo VII sarà a questo punto un esito facile e inarrestabile.


Come una “peste”, come una “fiamma”, questo evento viene descritto già
da ora, come un evento apocalittico che costituisce la vera svolta
negativa della storia d’Italia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 19
Titolo: LA CRISI DELLE ISTITUZIONI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA CRISI DELLE ISTITUZIONI FIORENTINE

Vista l’importanza che le riforme delle istituzioni fiorentine ha nelle


discussioni degli intellettuali dell’epoca, sarà bene cercare di chiarire
schematicamente il quadro dei problemi, degli assetti istituzionali e delle
riforme proposte.
Nel farlo seguiremo il classico di Felix Gilbert, Machiavelli e Guicciardini.
Pensiero politico e storiografia a Firenze nel Cinquecento, Torino, Einaudi,
1970, parte prima, Politica, pp. 17-171 .

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 19
Titolo: LA CRISI DELLE ISTITUZIONI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I Medici avevano governato attraverso un’egemonia che era nascosta


dietro una facciata repubblicana sostanzialmente simile a quella stabilita
nel Trecento. “I magistrati di Firenze dovevano sottoporre le loro
proposte a una serie di consigli comprendenti in teoria i vari gruppi della
cittadinanza. Alcuni di questi – il Consiglio del comune e il Consiglio del
popolo – risalivano al tempo più antico della storia cittadina; il secondo
era stato aggiunto al primo, quando col crescere dell’importanza
economica di Firenze nuovi gruppi sociali avevano chiesto di partecipare
al governo. Altri consigli – il Consiglio dei settanta e il Consiglio dei cento
– erano stati istituiti dai Medici: composti in gran parte di patrizi fiorentini
favorevoli al regime mediceo avevano assicurato la piena tutela degli
interessi dei Medici.” (p.17)

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 19
Titolo: LA CRISI DELLE ISTITUZIONI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Alla caduta dei Medici questi ultimi due consigli furono aboliti (legge del
22-23 dicembre 1494). I primi due furono fusi nel Consiglio del popolo e
del comune, o Consiglio maggiore, su imitazione del senato veneziano
(per il quale si costruì un edificio apposito affrescato da Leonardo e
Michelangelo). Esso votava le leggi e solo le tasse da esso votate
potevano essere imposte. Ci si occupava di votare, non si discuteva o
deliberava; decideva i membri dei vari uffici esecutivi, che però non
spettavano a individui bensì a organi collettivi sorti via via per affrontare
singoli nuovi problemi, e che costituivano vere e proprie lobbies.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 19/S1
Titolo: SIGNORIA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

SIGNORIA

La Signoria, presieduta dal gonfaloniere, preparava tutte le proposte legislative,


deliberava su di esse e le sanzionava prima di sottoporle ai dodici buonomini e ai
sedici gonfalonieri e ai sedici gonfalonieri,e quindi al Consiglio maggiore per
l’approvazione.
Ai vari settori dell’attività di governo provvedevano vari organi, fra cui:
Consiglio dei dieci: politica estera e guerra;
Consiglio degli otto di guardia: amministrazione della giustizia;
Ufficiali di monte: finanze, debito pubblico, prestiti, tasse.
La durata dei mandati era sempre molto breve (i membri della Signoria perfino
solo due mesi). Man mano erano stati introdotti stipendi. Si sceglieva a
sorteggio e le restrizioni erano moltissime (non si potevano avere più membri di
una famiglia in carica, si doveva aver pagato le tasse, ecc.)

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 19/S1
Titolo: SIGNORIA
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONSIGLIO UNIFICATO

L’egemonia medicea si era basata soprattutto sulla possibilità di


influenzare gli “accoppiatori”, cioè gli addetti alla selezione dei nomi da
sorteggiare. Ma anche sulla capacità di mantenere separati i consigli e i
gruppi sociali di cui erano espressione. Con l’unificazione dei consigli si
ovviò a questo rischio. Un altro modo di evitare un’egemonia esterna fu
di aprire il Consiglio unificato a tutti coloro il cui padre o nonno erano
stati nel novero dei sorteggiabili nella Signoria, nei dodici buonuomini o
nei sedici gonfalonieri. Essi solo potevano accedere agli uffici pubblici.
Ciò fu un allargamento degli aventi diritto.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 19/S2
Titolo: CONSIGLIO UNIFICATO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONSIGLIO UNIFICATO

Non più agli “accoppiatori” era affidato il compito di affidare gli uffici
maggiori, bensì ai membri del Consiglio stesso.
Anziché stabilità, però, questo sistema portò instabilità. Sia per le lotte
interne al Consiglio (in cui erano entrati anche molti dei ceti medi, divisi
da un baratro economico dai ricchi mercanti e banchieri), sia, in misura
minore, per gli attacchi esterni di chi vi era escluso (sulla popolazione
votante, un cittadino su 4 o 5 faceva parte del Consiglio; la cittadinanza
di Firenze totale era sui 70 000 abitanti). Inoltre il numero dei membri
del Consiglio erano più degli uffici disponibili, lasciando molti delusi.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 19/S2
Titolo: CONSIGLIO UNIFICATO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Si accennava alla divisione interna del Consiglio in un gruppo sociale più


ricco e istruito (i primati) e uno meno agiato e meno istruito.
Normalmente le disfunzioni venivano dai moderati attribuite
all’arroganza e all’ambizione della frazione più agiata.
Per Guicciardini, invece, l’ambizione non è un peccato, e i primati sono
“cittadini savi e prudenti”, “nobili e prudenti” (così nelle Storie fiorentine),
mentre gli altri sono “uomini da pochi e ignoranti”, “uomini spicciolati e di
poca qualità”.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 19/S3
Titolo: POSIZIONI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

POSIZIONI

Di fronte a ogni problema grave la Signoria e gli altri organi governativi


indicevano delle “pratiche”, cioè pubbliche discussioni. Da esse ricaviamo
che davanti alla instabilità alcuni crederono che la soluzione fosse tornare
alle istituzioni originarie. Per alcuni questa riforma del 1494 era un ritorno
alle origini in effetti. Le disfunzioni erano dovute a carenze etiche, secondo
loro, a peccati, primo fra tutti l’ambizione. Sarebbe bastato applicare la
legge e affidare ai predicatori la correzione dei comportamenti
Altri vedevano le istituzioni come storicamente determinate, prodotto di
evoluzione, come ad es. Venezia e Roma antica.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 19/S3
Titolo: POSIZIONI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nello scenario ideologico entro il quale si discutevano le varie posizioni


avevano naturalmente un ruolo importante la “ragione”, ovvero ciò che
era controllabile dall’attività umana, ciò che era “necessità”, ovvero il
cumulo delle situazioni contestuali, e la “fortuna”, elemento che poteva
rompere il cerchio della necessità

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 20
Titolo: “MODO DI ORDINARE ecc.”
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MODO DI ORDINARE IL GOVERNO POPOLARE

L’organizzazione delle istituzioni politiche a Firenze costituisce un tema


caldo tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento.
Varie sono le proposte di diverso tipo che pubblicamente o privatamente
vengono avanzate.
Francesco Guicciardini, che ha dalla sua una competenza tecnica per via
della laurea in giurisprudenza e della pratica forense, fissa la sua prima
proposta in uno scritto che prende nome dal luogo spagnolo in cui si
trovava al momento della composizione.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 20
Titolo: “MODO DI ORDINARE ecc.”
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ricordiamo che Guicciardini fu inviato come ambasciatore alla corte


dell’imperatore Carlo V a Madrid nel 1512. E in occasione di quella
missione, oltre al Diario del viaggio in Spagna e alla Relazione di
Spagna, elaborò questa proposta: il Discorso di Logrogno, ovvero, più
propriamente, Modo di ordinare il governo popolare.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 20/S1
Titolo: CONTENUTO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO

L’assetto delle istituzioni fiorentine resterà un tema costante degli


interessi di Guicciardini, e qui se ne ha il primo quadro chiaro. Esso viene
steso nella parentesi di governo popolare prima che i Medici tornino,
appunto sempre nel 1512 a governare la città, ritorno che coincide con la
conclusione della stesura del trattato.
L’approccio è decisamente pragmatico, parte dalla situazione fiorentina
senza prendere esempi astratti come punto di riferimento; come avevano
invece fatto altri invocando gli antichi romani o il governo veneziano.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 20/S1
Titolo: CONTENUTO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Egli parte dalla crisi economica fiorentina e dalla debolezza rispetto alle
potenze straniere che si sono installate all’interno dell’Italia. Ciò condurrà
alla perdita della libertà.
Un altro punto di debolezza ”è che el viver nostro civile è molo difforme
da uno ordinato vivere di una buona repubblica, così nelle cose che
concernono la forma del governo, come nelli altri costumi e modi nostri:
una amministrazione che porta pericolo o di non diventare tirannide, o di
non declinare in una dissoluzione populare; una licenzia universale di fare
male con poco respetto e timore della legge e magistrati;

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 20/S2
Titolo: CONTENUTO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO 2

non essere aperta via agli uomini virtuosi e valenti di mostrare ed


esercitare la virtù loro, non proposti premi a quegli che facessino buone
opere per la repubblica ; una ambizione universale in ognuno a tutti li
onori, ed una presunzione di volersi ingerire in tutte le cose pubbliche di
qualunque importanzia; gli animi degli uomini effeminati ed enervati e
vòlti a uno vivere delicato e, rispetto alle facultà nostre suntuoso; poco
amore della gloria ed onore vero, assai alle ricchezze e danari. Queste
ragione mi fanno male sperare di noi ma non desperare, perché io
crederrei che se ne potessi sanare una gran parte e che se bene la cura
è molto difficile, non sia però impossibile.”

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 20/S2
Titolo: CONTENUTO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Sta agli “uomini savi” (che vuol dire ‘appartenenti all’aristocrazia cittadina’)
trovare una soluzione giuridica. Essi troveranno un’opposizione nei cattivi
costumi ormai inveterati. Ed eppure un aggiustamento parziale finale sarebbe
forse possibile, o per usare una metafora costante in G., sarebbe possibile
guarire parzialmente, se non proprio guarire completamente. Almeno si può
correggere il maggior rischio dell’ordinamento repubblicano: il rischio della
demagogia. Egli accetta il governo popolare non per astratto amore verso
questo ordinamento (sistema) bensì perché radicato nella specifica storia e
cultura di Firenze.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 20/S3
Titolo: ARGOMENTI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ARGOMENTI

Si parte quindi dal presupposto della liceità del governo popolare perché
culturalmente radicato a Firenze.
Al consiglio grande tocca la elezione dei magistrati; non però
l’elaborazione delle leggi.
Propone la nomina di un gonfaloniere a vita, per assicurare continuità e
coerenza al potere esecutivo, e propone la creazione di un senato,
composto di “uomini savi ed esperimentati”, che, grazie al loro sapere,
possano fungere da “testimone” e costituiscano l’autentica mente della
compagine statale. A questo senato spetta il potere legislativo.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 20/S3
Titolo: ARGOMENTI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E’chiaro come in questa visione di governo misto pesi il mito


dell’organizzazione della potentissima Venezia. Ed è chiaro anche il peso
che la tecnica, diciamo così, del potere ha nel pensiero di G.: tecnici sono
gli uomini “savi e esperimentati”.
Precisa poi fino al puntiglio regole elettive, prerogative e ruoli e limiti.
L’obiettivo di G. è comunque riformista, non di un rinnovamento radicale:
pesa in lui un presupposto negativo (forse savonaroliano) di un’umanità
comunque moralmente devastata da ambizioni e cupidigia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 21
Titolo: DEL GOVERNO DI FIRENZE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DEL GOVERNO DI FIRENZE DOPO LA RESTAURAZIONE DE’ MEDICI

Sul manoscritto del Discorso di Logrogno, con inchiostro diverso dal resto,
e quindi scritto in un secondo momento, si trova l’annotazione: “In Spagna
l’anno 1512 ed ero presso alla fine quando ebbi nuove che e Medici erano
entrati in Firenze”. Il che vuol dire che il discorso era quasi terminato
quando il governo popolare fu rovesciato dal ritorno dei Medici.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 21
Titolo: DEL GOVERNO DI FIRENZE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il trattato invecchiava di colpo. Ma, posta la sua attitudine da “tecnico”,


come abbiamo detto, si dispone a consigliare i Medici. In quest’operetta
cerca di individuare le ragione che hanno portato al ritorno dei Medici.
Paragona il primo arrivo dei Medici nel 1434 al secondo del 1512.
Scrive M. Palumbo:“Ci sono i partigiani di, che identificano il loro utile
con quello dei signori, ma, tra gli antagonisti, possono rientrare i savi,
adoperati dai Medici, ma attivi anche nella repubblica in forza della loro
reputazione,e e soprattutto la maggioranza del popolo, ferocemente
avversa.”

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 21/S1
Titolo: CONTENUTO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO

Continua M. Palumbo: “Rispetto a questa somma di elementi prende


forma il parere guicciardiniano. Lo stato della questione, come egli l’ha
impostata, lascia libere due vie: o governare con larghezza, a
somiglianza di un regime popolare, oppure fare quadrato con i sostenitori
più accaniti, e a questi soli distribuire onori, cariche e vantaggi.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 21/S1
Titolo: CONTENUTO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Guicciardini espone le ragioni a sostegno della seconda risoluzione, che


implica l’estremizzazione del conflitto e l’allargamento del solco tra
potere e cittadini. Questa tattica gli appare, tuttavia, rischiosa.
Egli sembra più propenso a indicare un percorso alternativo, per quanto
non offra motivazioni dettagliate al suo suggerimento” (M. Palumbo, F.
Guicciardini, Napoli, Liguori).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 21/S2
Titolo: DEL MODO DI ASSICURARE LO STATO ALLA CASA DEI MEDICI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DEL MODO DI ASSICURARE LO STATO ALLA CASA DEI MEDICI

In questa operetta, in un certo senso la continuazione logica della


precedente, Guicciardini considera il ritorno dell’egemonia medicea e,
insieme, il poco favore con cui era stata accolta, perfino fra i fautori
filomedicei.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 21/S2
Titolo: DEL MODO DI ASSICURARE LO STATO ALLA CASA DEI MEDICI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Tale difficoltà dei Medici fu però alleviata dall’elezione di Giovanni de’


Medici al soglio pontificio come Leone X (9 marzo 1513). I nemici dei
Medici si sentirono rassicurati perché i Medici ormai potenti non
avrebbero avuto bisogno di schiacciarli; il popolo contando sulle entrate
attraverso le imposte della Chiesa non temeva vessazioni economiche per
risanare i debiti dello stato; gli alleati della famiglia si sentono più sicuri
per via di vantaggi meno illusori.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 21/S3
Titolo: I SAVI CONSIGLIERI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I SAVI CONSIGLIERI

Ancora Guicciardini propone un gruppo di savi (aristocratici con


esperienza politica) come consiglieri dei Medici, in modo da radicare
meglio nel popolo il potere della famiglia.
Ancora una volta è evidente quanto G. sia pragmaticamente lontano da
ogni utopia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 22
Titolo: DIALOGO DEL REGGIMENTO DI FIRENZE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DIALOGO DEL REGGIMENTO DI FIRENZE

Questo dialogo fu iniziato nel 1521 e completato nel 1526. Rappresenta


“il più complesso e organico intervento guicciardiniano sull’assetto
costituzionale di Firenze” (M. Palumbo).
La riflessione, collocata fittiziamente nel 1494, anno delle svolta
istituzionale repubblicana, dopo la morte di Lorenzo, è in equilibrio fra
teorizzazione di ordinamenti politici ideali e reali.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 22
Titolo: DIALOGO DEL REGGIMENTO DI FIRENZE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

La forma è quella del dialogo, ormai classica. “Il Dialogo […] è


veramente tale per la piena coscienza, da parte del Guicciardini, che le
sue conquiste si sono affermate a spese di altre idee e concezioni. E’ da
questa consapevolezza che nasce la discussione e non il trattato” (E.
Scarano). Dialogo quindi in senso di disputa.
Il dialogo è immaginato avvenire fra il padre di Guicciardini, Piero,
Bernardo del Nero, rappresentante della vecchia nobiltà legata a Lorenzo
de’ Medici, pieno di esperienza pratica e non libresca, e vero l’alter ego di
Francesco; Piero Capponi, espressione del partito degli ottimati, e
Pagolantonio Soderini, seguace del Savonarola e sostenitore del governo
popolare.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 22/S1
Titolo: ARGOMENTI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ARGOMENTI

Si parte dal discutere il governo di uno, quello preferito da Marsilio


Ficino. Piero lo dice il peggiore e il migliore, a seconda di chi sia questo
uno. Di qui il dialogo ha una svolta: Bernardo propone di parlare non in
astratto ma facendo riferimento solo a casi concreti e reali, e propone,
per Firenze, solo due alternative: o governo di uno o del popolo. Esclude
quindi il governo dei pochi (degli ottimati) come storicamente
inadeguato.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 22/S1
Titolo: ARGOMENTI
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Si riprende poi, pressappoco, il sistema proposto nel cosiddetto Discorso


di Logrogno del 1512. Così lo riassume De Caprariis:
“nel sistema edificato dal politico fiorentino i vari poteri rimbalzano
simmetricamente l’uno sull’altro in un perfetto sistema di limiti: il
Consiglio grande ha il potere maggiore nel senso che è la guardia della
libertà ma ad esso fa argine il senato, perché le elezioni e le leggi più
importanti devono essere prima vinte in quest’ultimo e soltanto dopo
sottoposte al consiglio più popolare”

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 22/S2
Titolo: ARGOMENTI II
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO II

Continua De Caprariis: “D’altro canto il senato trova il suo controllo nel


gonfaloniere e nella pratica che governa, che decidono degli affari e
possono appellarsi al Consiglio grande: questi ultimi due organi sono a
loro volta controllati dal senato perché da esso sono eletti, cioè ne sono
espressione; essi, però, non potrebbero allearsi col senato a danno del
Consiglio grande poiché soltanto in questo s vincono certe elezioni
definitive, come quella del gonfaloniere e la definitiva approvazione di
molte leggi” (De Caprariis, Guicciardini. Dalla politica alla storia).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 22/S2
Titolo: ARGOMENTI II
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Espliciti sono poi gi apprezzamenti verso il governo di Venezia, che


sembra il perfetto equilibrio fra il governo di uno (il doge), dei pochi (il
consiglio minore), e dei molti (il consiglio maggiore).
E torna la figura del gonfaloniere a vita.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 22/S3
Titolo: ARGOMENTI III
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO III

Nella lotta fra plebei e patrizi, che per Machiavelli era stata la linfa della
forza dei Romani, Guicciardini vede invece una debolezza del sistema
politico romano. Il quale non fu salvato che dalla violenza e dalle armi.
Inoltre la maggior parte degli uomini erano esclusi dal governo.
In questo è una grande differenza fra i due pensatori politici: Machiavelli,
che rovescia la tradizionale idea della concordia e della pace come dato
positivo, e che vede invece la scissione e la lotta come motore del
miglioramento e della flessibilità delle istituzioni; e dall’altra Guicciardini
che si mantiene nel solco tradizionale della concordia quale garanzia di
progresso.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 22/S3
Titolo: ARGOMENTI III
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Tuttavia un punto di contatto con il segretario fiorentino si ha nella


consapevolezza realistica che per ottenere di risultati politici buoni spesso
si deve rinunciare a comportarsi secondo i precetti della religione
cristiana.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 23
Titolo: considerazioni
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONSIDERAZIONI INTORNO
AI DISCORSI DI MACHIAVELLI

L’amicizia con Niccolò Machiavelli e il confronto intellettuale continuo con


la persona e con le sue opere segnò profondamente la riflessione politica
di Francesco Guicciardini. Il riferimento alle idee del grande segretario
della repubblica fiorentina, che nel Dialogo del reggimento di Firenze era
implicito, si fa esplicito nelle Considerazioni intorno ai Discorsi di
Machiavelli. Esse sono un commento a passi dei Discorsi sulla prima
Deca di Tito Livio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 23/S1
Titolo: metodo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METODO

E’ il 1530. Guicciardini è ormai lontano dai giochi politici. Fra poco si


impegnerà nell’ultima redazione dei Ricordi.
Ora, si confronta con il pensiero storico-politico di Machiavelli.
Soprattutto il metodo trova riduttivo e semplicistico.
“Alla volontà di sintesi di Machiavelli egli contrappone la complessità
irriducibile delle cose e la conseguente impossibilità a costringerle negli
schemi rigidi di verità assolute” (M.Palumbo); “Contro la visione, la
passione e semplificazione di Machiavelli, Guicciardini pone ordine,
analisi, e su tutto distinzione” (M. Philips).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 23/S1
Titolo: metodo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

G. Entra nei meandri dell’argomentazione di Machiavelli e la smonta


analiticamente, quasi un collaudo tecnico delle singole tesi, nei dettagli.
Entra nei frammenti che estrae e li smonta, ne ramifica le possibili
distinzioni non visti o non sviluppati da Machiavelli. A ogni enunciato
categorico di Machiavelli egli oppone la particolarità minuziosa dei fatti,
che dimostrano falso il presupposto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 23/S2
Titolo: I Romani
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I Romani
Oltre che dissensi di metodo, vi sono poi dei punti in cui la riflessione di
Guicciardini si allarga a esporre un dissenso più ampio su punti centrali
per l’assetto filosofico-storico e di interpretazione della storia di Firenze,
d’Italiane d’Europa.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 23/S2
Titolo: I Romani
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Uno di questi è la visione di Roma. Come s’è detto, mentre Machiavelli


vede nella lotta patrizi/plebei una spinta alla flessibilità degli ordinamenti
statali e quindi al progressivo aggiustamento e miglioramento,
Guicciardini vi vede invece un motivo di instabilità. E per Guicciardini
l’instabilità è foriera solo di pessimi effetti. Tale instabilità fu infatti sedata
dal governo romano grazie alle armi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 23/S3
Titolo: contenuto
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO

Altro punto di dissenso è la funzione dello stato della Chiesa. Scrive


Palumbo: “Se per Machiavelli la Chiesa aveva ostacolato la formazione di
una monarchia nazionale, per Guicciardini, che non nega la giustezza
della diagnosi, la mancata unificazione ha prodotto, come suo rovescio
positivo, una fioritura di città quale non si sarebbe potuta avere
altrimenti. Accade così che la medesima causa produca identici effetti,
ma che questi siano valutati in maniera divergente, contrapponendo a un
giudizio perentorio una mediazione più sfumata e problematica“.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 24
Titolo: COSE FIORENTINE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

COSE FIORENTINE

“Nel tardo autunno 1527, trasferitosi dalla dimora di Finocchietto, dove


aveva scritto Consolatoria, Accusattoria e Defensoria, nella sua più
confortevole villa di S. Margherita a Montici, Guicciardini aveva messo
mano, prima delle Considerazioni, a un uovo componimento di
argomento storico, ancora connesso alle vicende fiorentine. Quest’opera,
che non fu portata a termine, è divisa in quattro libri, ma in realtà solo il
primo e parte del secondo furono pressoché organicamente ordinati,
mentre il terzo e soprattutto il quarto sono rimasti allo stato di abbozzo.”

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 24
Titolo: COSE FIORENTINE
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Anziché diminuirne l’importanza, lo stato di abbozzo accresce


l’importanza dell’abbozzo. Vediamo infatti all’opera lo storico proprio nel
suo laboratorio, nelle varie fasi del suo lavoro: dalla raccolta delle fonti
alla selezione di esse, alla scrittura alla correzione e all’aggiunta d note e
osservazioni.
Vediamo all’opera il futuro storico della Storia d’Italia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 24/S1
Titolo: CONTENUTO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO

Il titolo non è d’autore, è stato scelto da Roberto Ridolfi, che nel 1945
pubblicò l’opera dopo averla rinvenuta fra le carte dell’Archivio
Guicciardini.
Quanto ai limiti cronologici, il punto d’avvio è il 1375 (appena tre anni
prima il tumulto dei ciompi), e, almeno secondo il progetto, la narrazione
doveva raggiungere i tempi in cui lo storico si apprestava a scrivere.
Ma in verità non solo l’opera non va oltre il 1441, ma sin dal 1414 la
narrazione comincia a essere secca e appena schematizzata.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 24/S1
Titolo: CONTENUTO
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

“Scrive in grossi fascicoli di grandissimo formato, lasciando margini di


un’ampiezza inconsueta, nei quali viene notando dubbi, giudizi,
discordanze d fonti, notizie da aggiungere o da correggere. Alcune di
queste sono vere e proprie note critiche, dove si vedono spogliati e per
lo più citati con sigle, come si farebbe modernamente, il Villani, il
Malespini (una fonte che rifiuta però appena assaggiata, senza aspettare
i critici tedesch del XIX secolo), Marchionne Stefani, Leonardo Bruni, il
Poggio, Gino e Neri Capponi, Goro Dati, Niccolò Machiavelli: poi gli storici
non fiorentini: il Piccolomini, il Biondo, il Platina, il Sabellico e perfino il
Froissart.” (Ridolfi)

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 24/S2
Titolo: metodo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METODO

“E’ un apparato di fonti per quei tempi straordinariamente vario e


abbondante, in grandissima parte costituito da testi allora non divulgati
per le stampe. Di tutti questi autori fa uso esercitando il suo vigile acume
critico, come farebbe uno storico moderno. Su Marchionne Stefani
annota in margine: ‘Adverte che M (tale la sigla con cui lo distingue) è
assai fedele autore delle cose d quei tempi; dico di fuora…; ma in quelle
di drento è passionato’.” (Ridolfi)

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 24/S2
Titolo: metodo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

“Poi, non appagandosi di questi storici, eccolo, in cerca di fonti


documentarie: le Commissioni di Rinaldo degli Albizzi, delle quali egli
(non l’Ammirato come s’è creduto fin qui) è il primo storico a trarre
profitto, quelle tuttora inedite di Michele Castellani e una sterminata
schiera di carteggi offertagli dal domestico archivio” (R. Ridolfi).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 24/S3
Titolo: METODO II
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METODO II

Nel momento in cui si avvicina ai tempi a lui più prossimi le fonti (autori)
aumentano: “la stesura subisce un profondo mutamento che, prima
ancora che nel testo, più sommario e lacunoso, appare evidentissimo
anche nell’aspetto esteriore dell’autografo. Nel centro della pagina, in
uno spazio che diviene via via più ristretto, continua l’ordito della
narrazione, composto ormai quasi esclusivamente di spogli del Poggio e
del Buoninsegni, a volte in forma quasi di traccia, e corredato di rimandi
ad altre fonti (come i secondi Commentari del Capponi) con le quali si
proponeva di rinfittirlo; mentre nei margini, sempre più ampi, si
accumulano estratti e spogli di fonti documentari:

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 24/S3
Titolo: METODO II
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

“prima in corrispondenza e riferimento a quel po’ di testo che sta al


centro della pagina, poi affatto indipendentemente da esso” (Ridolfi).
Quanto alla forma, G. ricorre come gli storici classici alle orazioni dei
personaggi. Tecnica che avrà ben maggior spazio nella Storiad’Italia.
Quanto ai temi ricorrenti, i confitti in cui sempre ha versato Firenze
tornano quasi ossessivi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 25
Titolo: I Ricordi
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I RICORDI
I Ricordi sono un insieme di brevi appunti in cui Guicciardini cerca di
fissare la sua riflessione sulla vita e soprattutto sulla politica e la storia.
Per circa 20 anni Guicciardini riscrive, corregge, riformula queste
considerazioni.
Il primo nucleo è del 1512 (sono i Quaderni Q1 w Q2 conservati
autografi nell’Archivio Guicciardini) e conta circa una decina di ricordi,o,
come li chiama lui, “ghiribizzi”. Avevano carattere del tutto privato
(secondo anche il suo editore Spongano, che ne ha fornito un’edizione
critica che ne segue la genesi e ne mette a confronto le versioni).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 25
Titolo: I Ricordi
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Man mano il numero dei ghiribizzi supererà il 200.


Il termine ricordo contiene e supera altri termini pur utilizzati da
Guicciardini: proverbio, detto, massima. Nel ricordo, tutte questo viene
sottoposto a collaudo, a giudizio, come del resto l’autore fa con le sue
fonti storiche nelle sue opere storiografiche o come fa con le riflessioni a
margine dei Discorsi di Machiavelli.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 25/S1
Titolo: Metodo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METODO
“Il ricordo non arriva a conclusioni se non dopo e attraverso un
estenuato lavoro di scavo. E’ solo questa lenta opera di riflessione che
autorizza la validità di una tesi. Prima, o al di fuori, del suo svolgimento
con ci sono né presupposti, né leggi assolutamente plausibili o
incondizionate. E’ la ragione dimostrativa, con la ricchezza dei suoi
riferimenti, con l’attenzione alle implicazioni d ogni mossa, con la cautela
implicita in ogni passaggio e con la giustezza delle deduzioni progressive,
a costruire e a fondare una soluzione corretta” (M. Palumbo).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 25/S1
Titolo: Metodo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

La funzione riflessiva diviene il centro della scrittura, non tanto la


funzione didattica. Ciò li allontana anni luce dai libri di ricordi e
ricordanze della tradizione mercantile nella quale apparentemente pure si
inseriscono.
“La loro fisionomia speculativa schiude infatti la via al filone europeo che
troverà la sua più esplicita inaugurazione nei Saggi cronologicamente
vicini di Michel de Montaigne” (M. Palumbo).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 25/S2
Titolo: Contenuto
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO
Una spia indicativa della valenza speculativa dell’opera “è data dal rilievo
che gran parte fra i 221 testi della redazione C presenta un interesse
eminentemente teorico, o, comunque, generale”. La loro natura è infatti
eminentemente astratta, concettuale e non pragmatica. Si tratta
soprattutto di una questione da illuminare o di un enigma da decifrare,
oppure di un paradosso da sciogliere, e il ricordo, nel suo dipanarsi, si
sviluppa come indagine precisa e determinata del problema in esame.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 25/S2
Titolo: Contenuto
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

”All’interno di questo quadro procedurale e metodologico sono consentite


le più ampie possibilità.” Vari sono i temi: i sudditi (Ric.94), il principe
(Ric. 2), il funzionamento degli stati (Ricc. 212, 48, 109), andamento e
durata delle guerre (Ricc. 68, 127, 148), rapporto uomo/fortuna (Ricc.
30, 31), esatto significato di un proverbio o di un detto (Ricc. 33, 79),
irrazionalità dei miracoli (Ric. 123), ecc.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 25/S3
Titolo: Contenuto II
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONTENUTO II
Spiccano poi i ricordi sulla natura discontinua della storia, sull’assenza di
norme universali, sull’impossibilità di una regola unitaria e
sull’inevitabilità del destino (Ricc. 6, 110, 117, 138, 141).
L’etica i relativizza piegandosi al contesto, il valore del saggio è nella
“discrezione”, che pressappoco coincide con la capacità di “procedere
distinguendo la qualità delle persone, de’ casi e de’ tempi” (Ric. 186).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 26
Titolo: Storia d’Italia
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA
“L’ultima fase della vita di Guicciardini coincide con l’elaborazione
dell’opus magnum della Storia d’Italia. Le conquiste teoriche, che sotto
vari aspetti avevano caratterizzato i testi degli anni ’30, sono conservate
e trasferite nel nuovo, grande organismo. Il rapporto con le fonti, indice
di un lavoro storiografico consapevole delle difficoltà di ricostruire
l’identità del passato (sperimentato nelle Cose fiorentine), la volontà di
circoscrivere esattamente i fatti, secondo il loro profilo individuale
(sviluppata analiticamente nel confronto con Machiavelli attraverso le
Considerazioni), il riconoscimento del sopraggiungere repentino dei casi e
della loro sorprendente e variegata morfologia (ribadita nei Ricordi), si

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 26
Titolo: Storia d’Italia
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

“intrecciano nel tentativo di rappresentare, come suona l’incipit


dell’opera, la vicenda ‘delle cose accadute a la memoria nostra in Italia’.
L’occhio acuto, che nei Ricordi portava alla luce ragioni rimosse o
sottintese, diventa il mezzo attraverso cui lo storico si sforza di rendere
presente, come una zona ancora illuminata, gli avvenimenti appena
trascorsi. Egli aveva già avvertito, in un ricordo che è come la sigla del
suo programma, che l’obiettivo da raggiungere per una storico è fornire
ai lettori con la massima diligenza ogni elemento” (M. Palumbo), “in
modo che così avessi tutte le cose innanzi agli occhi chi nasce in una età
lontana come coloro che sono stati presenti: che è proprio el fine della
storia” (Ric. 143).
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 26/S1
Titolo: Ambizione totalizzante
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

AMBIZIONE TOTALIZZANTE
“Questa eliminazione della distanza tra vissuto e narrato è essenziale
perché scaturisca una giusta comprensione dell’accaduto. Disporre ‘tutte
le cose innanzi agli occhi’ impone, soprattutto per chi teorizza l’irriducibile
differenza tra tutti gli eventi, di raccogliere ogni particolare, di esaurire
ogni informazione, di colmare ogni vuoto. La descrizione della realtà si
fonda su un’importante ricerca, che permetta il controllo assoluto della
materia. Senza una solida documentazione, che salvi il racconto da ogni
confusione, non c’è garanzia di recuperarne la configurazione individuale
o le peculiarità specifiche

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 26/S1
Titolo: Ambizione totalizzante
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Uno stretto rapporto si allaccia così tra la ricostruzione effettuata nella


Storia e la disintegrazione teorica compiuta nei Ricordi. La negazione di
continuità tra passato, presente e futuro, non più considerati tessere d
un medesimo mosaico, svuota di contenuto morale il gesto dello scrivere.
Rendere presente ciò che è accaduto vale soprattutto a testimoniare ‘a
quanta instabilità, né altrimenti che uno mare concitato da’ venti, siano
sottoposte le cose umane’. E’ la prima, e forse la sola costante che
Guicciardini estrae dalle sue pagine. Come la serie dei Ricordi si sottraeva
a un uso dogmatico e meccanico, così la Storia d’Italia non vuole
trasmettere né modelli né valori. Essa racconta nei suoi sterminati venti
libri ‘la tragedia d’Italia’ (F. Gilbert), popolandola delle sue comparse.
Nell’esposizione di questa ‘ruina’, voluta dalla follia e dalla Fortuna, trova
la propria grandezza” (M.Palumbo).
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 26/S2
Titolo: Periodizzazione
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PERIODIZZAZIONE
L’arco cronologico occupato dalla Storia si estende dal 1494 al 1534,
dalla discesa in Italia di Carlo VIII alla morte di Clemente VII. In realtà,
come ha dimostrato R. Ridolfi, Guicciardini aveva iniziato la composizione
dagli avvenimenti conseguenti alla battaglia di Pavia del 1525, nella
quale il re di Francia Francesco I fu fatto prigioniero dall’imperatore Carlo
V, con la materia, cioè, che occupa, nella partizione finale, il XVI libro.
Progressivamente, però, gli dovette apparire necessario, sulla scorta
anche degli sviluppi finali dei fatti, risalire più indietro e inserire
l’emergenza a lui vicina in una catena di relazioni maggiormente estesa.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 26/S2
Titolo: Periodizzazione
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Così la causa prima, il trauma originario che aveva innescato un lungo


processo di alterazioni, diventa la discesa in Italia dei Francesi. Già in altri
luoghi, come nelle prime Storie fiorentine o anche nel Discorso di
Logrogno, questo episodio gli era apparso decisivo per i mutamenti che
aveva indotto. Ora tuttavia, per Guicciardini, si tratta non solo di
valutarne gli echi relativi a Firenze, ma assumerlo, decisamente, come
uno spartiacque, come un embrione che conteneva, in potenza, gli effetti
maturati nei quarant’anni di storia successiva. E’ questo giudizio che
permette di assegnare all’evento il valore di una rottura epocale.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 26/S2
Titolo: Periodizzazione
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Prima, c’è la pace di Lorenzo dei Medici, il sistema di alleanza e di


stabilità da lui costituito; dopo, attraverso una serie ininterrotta di
guerre, di conflitti, di diffidenze, di protagonismi esasperati, di desideri
smisurati e irragionevoli, c’è l’immobilità sepolcrale che segue al
congresso di Bologna, durante la quale, Carlo V (incornato imperatore da
Ckemente VII il 2 febbraio 1530) e gli altri dominanti decisero le rispettive
zone di dominio e di influenza.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 26/S3
Titolo: Storia tragica
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA TRAGICA
L’intero percorso narrativo della Sd’I, come ha osservato Emanuela
Scarano, tra due morti, entrambe a loro modo sinistre e simboliche:
quella di Lorenzo il Magnifico e quella di Clemente VII. A un
rappresentante dei Medici corrisponde un esponente della stessa
famiglia, ma incomparabilmente diverso da lui; alla magnificenza di fine
’400 segue la stasi funebre che chiude il primo trentennio del ’500, senza
nessuna luce all’orizzonte. In mezzo un lungo calvario di lotte, che non
hanno altra giustificazione che una cieca potenza.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 27
Titolo: Tecniche
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

TECNICHE
I quarant’anni che costituiscono l’oggetto della Storia occupano venti
libri. Secondo i dettami di ciò che i teorici umanistici intendevano per
“vera storia” e in accordo con il suo canone più ortodosso, egli adotta il
principio di trattare tendenzialmente argomenti o di natura politica o
concernenti fatti militari. A questa selezione di temi si accoppia un’altra
costante: quella di esprimere le idee dei personaggi attraverso “discorsi
diretti”, che, come si ricorderà, erano assenti nelle giovanili Storie
fiorentine ed erano invece già stati impiegati nelle Cose fiorentine.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 27
Titolo: Tecniche
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

D’altra parte, che egli sentisse fortemente il bisogno di vincolarsi a dei


parametri costituiti, è testimoniato da un altro e non secondario
riferimento. Al suo manoscritto Guicciardini premette un foglio, su cui
aveva trascritto un passo del De oratore di Cicerone, con l’indicazione
scrupolosa delle istruzioni che uno storico aveva l’obbligo di rispettare nel
presentare la sua materia. Questa specie di breviario minimo gli sembrò
racchiudere, anche per l’autorità dell’estensore, una summa delle regole
a cui attenersi nel lavoro.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 27/S1
Titolo: Cicerone
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CICERONE
Vale la pena riportare la traduzione del brano di Cicerone che fu tenuto
presente da Guicciardini come stella polare nell’ispirazione dell’opera, e
trascritto in un biglietto (anch’esso ritrovato da Ridolfi nell’Archivio
Guicciardini):
“La natura dell’argomento richiede ordine cronologico e descrizione dei
luoghi; e anche per le imprese importanti e degne di memoria si
espongano anzitutto i piani concertati, quindi la loro esecuzione e infine i
risultati, e dei piani si indichi che cosa ne approvi l’autore, e circa le
imprese compiute si dichiari non solo che cosa sia stato fatto o detto, ma

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 27/S1
Titolo: Cicerone
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

anche in che modo, e parlando dei risultati, se ne spieghino tutte le


cause, siano esse dovute al caso, alla prudenza o alla temerità; degli
uomini, poi, non solo le imprese, ma per quelli che eccellono per fama e
dignità, l’indole e la vita di ciascuno. Il linguaggio infine e lo stile sia
sciolto e fluente, e scorra con una certa uniforme placidità, senza le
durezze del parlare giudiziario e senza i motti pungenti dei discorsi
avvocateschi”

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 27/S2
Titolo: La Storia
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA STORIA
Spogliata di ogni aura, la Grande Storia diventa il teatro dove molteplici
volontà, diversamente legittimate, si scontrano per fondare la propria
grandezza. L’ambizione, che pure è sentimento vitale e indispensabile per
ogni politico, agisce, in questo scenario, con il suo volto perverso di
delirio e di sfrenata potenza. Così sfigurata, essa diventa, come
Guicciardini aveva già indicato nel ricordo 32, “perniziosa e detestabile”,
perché “ha per unico fine la grandezza”, e i principi soprattutto, “quando
se la propongono per idolo, per conseguire ciò che gli conduce a quella,
fanno uno piano della conscienza, dell’onore, della umanità e di ogni
altra cosa”

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 27/S2
Titolo: La Storia
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA STORIA
Analizzata nei termini di un conflitto di ambizioni “particulari”, l’opera si
snoda “come un tutto coerente” e diventa “una tragedia che sis volge in
un certo numero di atti” (F. Gilbert). A somiglianza del dramma barocco,
nel quale, secondo le parole di Walter Benjamin,”la storia si costituisce
non come il dispiegarsi di un’eterna vita bensì come il processo di un
inarrestabile decadimento”, così, per Guicciardini, essa si degrada e
incupisce. Dall’”antica felicità” degli anni di Lorenzo, che sono anche
come un prologo ideale e un antefatto, si scivola, lentamente,
sensibilmente, con l’allarmata certezza, nel luttuoso epilogo. Le tappe
intermedie tra l’origine e la conclusione sono stazioni dolorose, che
scandiscono un’irreversibile caduta.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 27/S3
Titolo: Storia come declino?
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA COME DECLINO ?


“Nell’apertura del libro VIII, che coincide con il 1508, ‘le infermità d’Italia’
si materializzano ‘in un corpo ripieno di umori corrotti’, per cui ‘uno
rimedio usato per provedere al disordine di una parte ne genera di più
perniciosi e di maggiore pericolo. E’ il sintomo più vistoso di un declino
ormai senza freno, allargatosi in forma così patologica da respingere ogni
antidoto, o da rovesciarlo in male.”

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 27/S3
Titolo: Storia come declino?
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Così ancora Matteo Palumbo, ma bisogna tuttavia precisare che i


concetti di crisi, declino e simili, che evocano una realtà biologica,
naturale, come se la storia fosse un organismo, sono forse dei concetti
che non appartengono a Guicciardini, e sono forse ben successivi. S i
rischia di attribuire un concetto che a noi sembra normale e che ci
preclude di vedere la vera filosofia della storia che presiede al pensiero
di Guicciardini.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 28
Titolo: Declino nella ciclicità
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DECLINO NELLA CICLICITA’


Tuttavia l’idea di ciclicità sembra essere parte della visione della Storia
guicciardiniana; e all’interno di questa ciclicità, che può essere trovata in
alcuni filosofi greci come Polibio e in un certo senso in autori cristiani, si
può inscrivere anche la fase della decadenza.
“Il corrompersi delle cose umane è, d’altra parte, un destino. Individui o
stati, città o regni, partecipano di una comune natura. La morte, ‘solita a
troncare spesso nelle maggiori speranze i consigli vani degli uomini”
(libro XII, cap. 9), è una fatalità inscritta in ogni vita sub-lunare; a questa
appartiene come una proprietà:

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 28
Titolo: Declino nella ciclicità
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

‘Non essere vergogna alle città preclare [= ‘famosissime’] se dopo il


corso di molti secoli cadevano finalmente [= ‘alla fine’] in servitù, perché
era fatale che tutte le cose del mondo fussino sottoposte alla corruzione;
ma la memoria della nobiltà e della grandezza loro dovere più presto
generare nella mente de’ vincitori compassione che accrescere acerbità e
asprezza, massime che ciascuno aveva a considerare, potere anzi dovere,
a qualche tempo, accadere a sé quel medesimo fine che è destinato che
accaggia [= ‘accada’] a tutte le città e a tutti gl’imperi’ (II,1)

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 28/S1
Titolo: Declino nella ciclicità
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL SAVIO
“Il ‘savio’ guicciardiniano, perduta ogni identificazione sociale, teorizzata
la resa alla forza soperchiante della Fortuna, si rinchiude nel cerchio del
proprio tramonto. Egli diventa un solitario luogo della coscienza, un
testimone che assiste a un miserevole spettacolo e ne racconta il
compimento. Non c’è rimpianto che basti o consolazione che salvi.
Accettata la propria impotenza a detenere l’evoluzione del tempo, si
impossessa del passato e lo trasforma in discorso.” (Palumbo)

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 28/S1
Titolo: Declino nella ciclicità
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

“Attraverso il movimento razionale del pensiero, egli perviene alla pura


nominazione delle cose, alla chiara dicibilità di ciò che è stato.” Si veda
ad esempio il rapporto organico fra fatale corruzione [= ‘corrompersi,
deteriorarsi’] delle città e memoria nel passo citato poco fa. Il saggio di
Guicciardini “non scopre sintesi giustificative, non custodisce ideali
dimenticati, ma insegue la dinamica degli avvenimenti, ne traccia
l’eziologia, i scruta nei dettagli con una volontà di completezza che a
buon diritto Giovanni Nencioni chiama ‘panoptica’”

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 28/S2
Titolo: Funzione della storiografia
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FUNZIONE DELLA
STORIOGRAFIA
“Al disordine della storia e all’irrazionalità dei suoi moti, Guicciardini
sovrappone l’ordine del proprio interpretare. La struttura intricata dei
fenomeni si riflette nel’architettura elaborata del periodare, nella ‘sintassi
tentacolare’ (Nencioni) che stringe insieme le varie e spesso opposte
ragioni generatrici di un comportamento o di una decisione. L’intrecciarsi
dei collegamenti, l’abbondanza dei nessi esplicativi tipica dello stile
guicciardiniano, la confluenza di motivazioni anche alternative intorno a

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 28/S2
Titolo: Funzione della storiografia
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

un medesimo oggetto, la ricerca insistita di una chiarezza mai evidente, si


offrono come il correlativo di un ‘senso prismatico e probabilistico del fatto
umano’ (Nencioni), pencolante tra il groviglio della sua genesi e l’intellegibilità
offerta dall’interpretante. La vocazione a una descrizione esaustiva ed
esauriente è completamente diversa dallo spirito delle cronache e della loro
minuta catalogazione. Queste crescono attraverso l’aggregazione puramente
aggiuntiva di aneddoti, notizie, circostanze, fidando in una verità di per sé
manifesta; l’opera guicciardiniana invece non presuppone nessuna armonia
teologica, ma è il segno di una filosofia della storia che cancella ogni idea di
progresso, di cammino verso un fine, resta vincolata al terreno accidentato e
sconnesso di quanto accaduto” (Palumbo)

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 28/S3
Titolo: Novità
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NOVITA’
L’opera di Guicciardini si fa coscienza di questa vicenda, comprensione e
spiegazione. Non c’è, nel suo orizzonte, un futuro immanente o
rassicurante, né una comunità di interlocutori da sollecitare o da
biasimare. C’è piuttosto un breve tempo, trascorso e immutabile, da
rendere presente, proiettandolo dinanzi agli occhi della mente. In questo
passato si è consumata una catastrofe e l’autore decide di fissarla ,
controllando ogni traccia, ascoltando tutte le voci e componendole lungo
il filo della memoria, personale e collettiva. Concatenando i fatti n una
serie che non posegga lacune, egli costruisce l’immagine dei suoi anni.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 28/S3
Titolo: Novità
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

La deliberazione di scrivere è connessa all’idea che egli intende


affermare. E’ solo in questa idea, e nella forma che la scrittura dona agli
avvenimenti, che si rivela il senso del vissuto. Al di fuori di quest’ordine
c’è il magma delle cose orride e insensate” (M.Palumbo)

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 29
Titolo: Proemio
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PROEMIO
Siamo ora in grado più che a sufficienza di avvicinare direttamente
l’opera. Cominciamo con il proemio, ovvero la parte iniziale che
Guicciardini scrisse e riscrisse molte volte (come del resto tutta l’opera,
che ebbe circa sei revisioni).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 29
Titolo: Proemio
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[1] Ioho deliberato di scrivere le cose accadute alla memoria nostra in


Italia, da poi che l’armi de’ franzesi, chiamate da’ nostri principi
medesimi, cominciorono con grandissimo movimento a perturbarla;
materia, per la varietà e grandezza loro, molto memorabile e piena di
atrocissimi accidenti: avendo patito tanti anni Italia tutte quelle calamità
con le quali sogliono i miseri mortali, ora per l’ira giusta d’Iddio ora dalla
impietà e sceleratezze degli altri uomini essere vessati. Dalla cognizione
de’ quali casi, tanto vari e tanto gravi, potrà ciascuno, e per sé proprio e
per bene publico, prendere molti salutiferi documenti;

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 29/S1
Titolo: …proemio
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

… PROEMIO
onde per innumerabili esempli evidentemente apparirà a quanta
instabilità, né altrimenti che uno mare concitato da’ venti, siano
sottoposte le cose umane; quanto siano pernitiosi, quasi sempre a se
stessi ma sempre a’ popoli, i consigli male misurati di coloro che
dominano, quando, avendo solamente innanzi agli occhi o errori vani o le
cupidità presenti, non si ricordando delle spesse variazioni della fortuna
e, convertendo in detrimento altrui la potestà conceduta loro per la salute
comune, si fanno, per poca prudenza o per troppa ambizione, autori di
nuove turbazioni.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 29/S1
Titolo: …proemio
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Un piccolo glossario sarà utile alla comprensione, soprattutto di alcuni


latinismi duri:
Accidenti: avvenimenti.
Cognizione: conoscenza.
Cupidità: cupidigia, desiderio smodato.
Detrimento: danno
Esempli: esempi.
Potestà: potere.
Salute: salvezza.
Salutiferi documenti: insegnamenti (da docere, ‘insegnare’), che recano
salute, salvezza.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 29/S2
Titolo: Commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

COMMENTO
Qualche nota di commento sparsa sulle cose accadute. L’historia nella
Rhetorica ad Herennium è gesta res, sed ab aetatis nostrae memoria
remota, mentre l’argumentum è ficta res quae tamen fieri potuit e la
fabula è quae neque veras neque veri similes continet res: i rispettivi
scopi sono: docere, movere, delectare.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 29/S2
Titolo: Commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

G. si appresta a narrare con un attacco superbo, Io, che peraltro


potrebbe anche richiamare quella civiltà fiorentina dei “Ricordi” in cui egli
era nato: ma a guardar bene in quell’incipit solenne affiora qualcosa che
ci sorprende non meno dell’opposizione fra “nostra vita” e “mi ritrovai” nel
portico della Commedia dantesca, giustamente rilevata e interpretata da
Singleton, ed è la compresenza di Io e di nostra, nostri. Dunque lo
storico assume su di sé una pluralità di esperienze sovrapersonali a lui
vicine e le ordina e interpreta secondo la “discrezione” sua individuale:
non è altro che il salto dai ricordi alle cronache, confitti nel soggetto
quanto dispersi nella molteplicità non dominata dagli eventi, alla
magnanimità della storia, tale perché è la mente tucididea di un individuo
a organizzarla» (Mengaldo 2008, p. 92-3).l

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 29/S3
Titolo: …commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

…COMMENTO
Ai tempi nostri (espressione latina). Circoscrive nel luogo della memoria
(più che nel tempo) e nello spazio le cose accadute (lat. res gestae):
nello spazio, l’Italia; nel tempo, l’arco cronologico coperto dalla propria
memoria (memoria nostra: ‘tempi nostri’, nel Tommaseo Bellini 103 con
ess. anche da Machiavelli), cioè delle quali è quindi stato testimone,
diretto o indiretto, lo stesso Guicciardini (1483-1540), dal 1492 al 1534. Il
diaframma della memoria (ribadito da memorabile) e il passaggio dal
passato prossimo (ho deliberato) al passato remoto (cominciarono)
marcano la distanza fra il momento dell’accadere, delle res gestae, e il
momento del narrare, dello scrivere.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 29/S3
Titolo: …commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Inoltre, Sd’I è un titolo imposto postumo dall’editore: non potrebbe


escludersi una maggiore aderenza al proemio e alla volontà di G. un
titolo come Le cose d’Italia.
L’opera fu infatti date alle stampe solo dopo venti anni dalla morte di
Guicciardini (nel 1560), nonostante la cura che egli dedicò a quest’opera,
scritta e rivista numerose volte, anche per adeguarla alle indicazioni
grammaticali delle Prose di Bembo faccia pensare che l’intenzione dello
scrittore fosse quella di pubblicarla.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 30
Titolo: Bembismo relativo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

BEMBISMO RELATIVO
Si accennava al Bembo. Nel 1525 Pietro Bembo pubblica le prose della
volgar lingua, nelle quali si prende posizione per una lingua fiorentina
vicina alla prosa della introduzione del Dedcameron per quanto riguarda
la prosa (e per, la poesia, Petrarca).
In alcuni suoi appunti conservati nell’Archivio Guicciardini lo storico
appuntò alcuni dubbi grammaticali che coincidono perfettamente con
alcuni punti trattati dal Bembo. Segno dell’attenzione che, come molti
altri scrittori e intellettuali del momento anche G. diede all questione.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 30
Titolo: Bembismo relativo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

La lingua di Guicciardini cambia infatti in quest’ultima redazione


seguendo molti dei precetti di Bembo. Non sa però rinunciare, come gli
farà notare il Corsi, che egli utilizza come revisore e consigliere, ad alcuni
fiorentinismi (invalsi dopo il Trecento).
Uno di questi, nonostante faccia parte degli appunti, è Cominciorono.
Forma fiorentina argentea, bandita da Bembo (1525) in favore della
forma due- trecentesca poi prevalsa cominciarono. Eppure, in un dubbio
grammaticale G. appunta: «Cominciorono, amorono, e simili della prima,
se per A o per O nella ante penultima». Altro dubbio fra deliberato e
diliberato.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 30/S1
Titolo: Fiorentinismo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FIORENTINISMO
G. va inserendo alcune modifiche nelle varie redazioni della Sd’I, secondo
le regole dettate da Bembo (Prose della volgar lingua, 1525), visto pure
che l’opera era destinata alla stampa; restano tuttavia molti fiorentinismi,
come questo, e molti latinismi (non esclusi molti latinismi grafici non
riportati dalle edizioni a stampa, compresa questa nostra, ma ancora
leggibili nel ms. dell’ultima redazione, Laurenziano Mediceo Palatino
166).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 30/S1
Titolo: Fiorentinismo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Contemporanei all’ultima redazione sono i dubbi grammaticali (su cui P.


Trovato, Gli appunti grammaticali di F. G. (1538-1540), in Storia della
lingua italiana. Il primo Cinquecento, Bologna, pp.274-82; sui rapporti
lingua e stampa, cfr. P. Trovato, Con ogni diligenza corretto. La stampa e
le revisioni editoriali dei testi letterari italiani (1470-1570), Bologna).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 30/S2
Titolo: retorica
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RETORICA
Fra i vari appunti che il Corsi fa all’amico c’è il velato rimprovero di
essersi trattenuto molto nel linguaggio figurato, nelle figure retoriche.
Non si può che confermare. Anche le eccezioni, infatti, non sono che
poca cosa. Non fanno che confermare la regola: L’aggettivo franzesi è
abusivamente riferito alle armi laddove il grado zero dell’espressione
sarebbe: le armi dei franzesi: quest’ipallage, insieme alla similitudine del
mare, è l’unico colore retorico del proemio.
L’immagine del mare in tempesta, però, merita una certa attenzione, e vi
ritorneremo.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 30/S3
Titolo: Stile
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STILE
Nota l’uso insistito dei suffissi superlativi, evitati solo per non produrre
ripetizione (noblissime…ingegni molto nobili; preclara…clarissima). Segno
dello stile grave, come anche l’accoppiamento di parole con la stessa
radice: memoria-memorabile, i vocaboli altisonanti (Calboli 1993, p.290,
che ntegra Marouzeau). Anzi, l’esempio di oratio gravis della Rethorica ad
Herennium ha proprio un atrocissimas calamitates, oltreché sceleris e
scelerati tutti vocaboli presenti nel proemio guicciardiniano. E così pure
l’immagine dell’incendio che giungerà in seguito. Nota che al tempo il
trattato non era attribuita a Cornificio bensì a Cicerone.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 30/S3
Titolo: Stile
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nota la costante ricerca della simmetria, della concinnitas: varietà e


grandezza; l’ira giusta d’Iddio e empietà e sceleratezze degli altri uomini;
vari e gravi; per sé proprio e per bene publico; salutiferi documenti e
innumerabili esempli; e così via. Per Mengaldo si tratta di una «tendenza
quasi maniacale a distinguere […] in obbedienza al principio
antimachiavelliano centrale nei Ricordi della discrezione (in senso
etimologico: capacità di distinguere) […] Non c’è nulla, negli accadimenti
e nelle loro cause, che per G. sia univoco o semplice. E forse il minimo
comune denominatore fra i fenomeni che abbiamo censito è la
ramificazione, dell’uno in due, dei pochi in molti, dei periodi che si
dilatano comprendendo in sé più frasi possibili, della linearità che
s’inverte o accoglie incastri. In altri termini, se Machiavelli tende a far di
due uno, Guicciardini fa dell’uno due; e se le disgiunzioni del primo sono,
come abbiamo visto, dilemmatiche, quelle dell’altro sono distintive e
sfumanti, non semplificano ma al contrario registrano la complicatezza
del mondo e della storia» (Mengaldo 2008, p. 92).
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 31
Titolo: Immagini
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IMMAGINI
Nonostante nel corso dell’opera le metafore e il linguaggio figurato sia
raro, come già notato dal primo lettore e consigliere di Guicciardini, il
Corsi, vi sono alcune eccezioni.
Una eccezione è l’immagine del malato per designare una situazione
negativa (in genere l’Italia), e dall’altra il medico (il politico). Un’altra è la
peste, e con essa il fuoco: entrambe immagini delle calamità abbattute
sull’Italia. La seconda ha naturalmente radici bibliche, la prima invece ha
radici nella storia vissuta e si collega alla prima, della malattia, che ha
radici anche letterarie (ad esempio in Polibio, lo storico greco).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 31
Titolo: Immagini
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ma l’immagine che Guicciardini nel proemio sceglie per rappresentare


l’Italia è quella del mare. Di un mare calmo (è l’apice della concordia
voluta da Lorenzo il Magnifico) che viene turbato dai venti delle armi
francesi.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 31/S1
Titolo: Pessimismo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PESSIMISMO?
La similitudine, ricordiamolo è:
“né altrimenti che uno mare concitato da’ venti”.

La similitudine richiama da vicino il celebre inizio di Lucrezio, specie


accostata all’aggettivo che definisce Italia (che è il figurato della
metafora): Suave, mari magno turbantibus aequora ventis, / e terra
magnum alterius spectare latore; / non quia vexari quemquamst iucunda
voluta, / sed quibus ipse malis careas quia cernere suave est. (De rerum
natura, II, 1-4), emblema dell’epicuereismo non solo latino ma anche
filtrato da Giovanni Grisostomo (vit. mon. 3,ii): della propensione ad
essere spettatore, alla teoria, sicurezza, estraneità e immobilità anziché
attore, dedito alla prassi, rischio, coinvolgimento, movimento

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 31/S1
Titolo: Pessimismo
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

(H. Blumenberg, Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora


dell’esistenza, Bologna, 1985 [ed. orig.1979]). Dentro quest’ottica G. è
perfettamente inseribile. Ritrovato da Poggio Bracciolini nel 1417 nella
badia tedesca di Fulda (ne abbiamo la copia di Niccolò Niccoli,
Laurenziano XXX 30), il De rerum natura e l’Astronomicum di Manilio
(anch’esso scoperto da Poggio) costituiranno il punto di riferimento
rispettivamente dei poemi del Pontano Meteora e Urania. Fu studiato da
Ficino, Poliziano, Marullo, e di Francesco Vettori resta un postillato a
Monaco: cfr. F.Gabotto, Della fortuna di Lucrezio specialmente nelle
traduzioni del suo poema, Tortona, Tipografia A. Rossi, 1918; su Lucrezio
e Bruno, cfr. N. Ordine, La cabala dell’asino. Asinità e conoscenza in
Giordano Bruno, pref. di E. Garin, Napoli, Liguori, 1987).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 31/S2
Titolo: Lucrezio
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LUCREZIO?
Con l’intenzione di insinuarne l’ateismo, Pomponazzi fu a torto
considerato da qualche umanista devoto francese «filosofus lucreticus»
(cfr. Raimondi, Primo commento, p.139 e sul significato di i termini
dell’ateismo nel Cinquecento, cfr. L. Febvre, Le Problème de l’incoryance
au XVIe siècle. La religion de Rabelais, Paris, 1947 (sull’etichetta
infamante, cfr. pp. 286-7). Questa similitudine con i suoi figuranti (mare,
venti) vanno poi accostati all’incendio che chiude il proemio. Il che
significa connetter questo epicureismo all’atmosfera apocalittica (cfr.
n.&), all’etica cristiana e all’astrologia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 31/S2
Titolo: Lucrezio
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Per Lucrezio e G. è la guerra il naufragio: Suave etiam beli certamina


magna tueri / per campos instructa tua sine parte pericli II,5-6; V,1430-5)
e è la terraferma il luogo della osservazione, dela sapienza distaccata:
Sed nihil dulcius est bene quam munita tenere / edita doctrina
sapientium templa serena II, 7-8). Buona parte della sfera degli epiteti
della Sd’I prenderà le tinte di questi poli del caldo e del freddo, e del
secco (cfr. n.&), a cui non sarà ignota la dimensione degli umori
ippocratici rivissuti nei sistemi astrologici dell’epoca, ai quali G. (come la
sua famiglia) fu tutt’altro che estraneo: senza dimenticare che Francesco
è acquario, segno della stabilità terrena

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 31/S3
Titolo: Conclusione
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONCLUSIONE
(cfr. Guicciardini e le scienze occulte:L’Oroscopo di Francesco
Guicciardini, lettere di alchimia, astrologia e cabala a Luigi Guicciardini, a
c. di R. Castagnola, con premessa di E. Garin, Firenze, 1990): il cerchio si
chiude con l’apologia lucreziana della stato e contraria al movimento
(costante di Guicciardini è la polemica contro la ricerca di cose nuove, cfr.
nn. &). Secondo Serres, per Lucrezio terra e aria sono abbastanza stabili
di per sé, riprendono ciò che danno e viceversa, mentre fuoco e acqua
sono costantemente dinamici (Serres, pp.71-2).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 31/S3
Titolo: Conclusione
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Probabilmente la digressione che abbiamo fatto è esagerata rispetto al


piccolo passo. Resti tuttavia come stimolo a considerare le valenze
sotterranee che certe connotazioni possono prendere nelle pieghe del
discorso.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 32
Titolo: L’orizzonte concettuale
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’ORIZZONTE
CONCETTUALE
Cerchiamo di rileggere il passo iniziale che abbiamo chiamato proemio e
di riorganizzarlo secondo parole chiave che sono più facilmente
memorizzabili ai nostri occhi.
Scrivere e memoria, due binomi fondamentali: tale il presupposto dello
storico. In effetti l’arco cronologico di questa opera non travalica l’arco
cronologico della vita di Guicciardini (1483-154).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 32
Titolo: L’orizzonte concettuale
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ciò implica la funzione della propria esperienza personale (nostra


memoria) quale fonte (autore nel linguaggio dell’epoca). Tale
atteggiamento è stato chiamato, con parola greca, autopsia nel caso di
autori come Tucidide, scrittori e narratori della storia a loro
contemporanea, e che avevano assistito personalmente agli eventi che si
accingevano a tramandare. In verità sappiamo che Guicciardini si avvalse
di numerose fonti storiche e archivistiche.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 32/S1
Titolo: L’orizzonte concettuale II
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’ORIZZONTE
CONCETTUALE II

La funzione, il fine della scrittura della storia è insegnare, fornire


insegnamenti (documenti). A ciò però non fa riscontro una oggettiva e
monolitica verità da trasferire in scrittura. Tutt’altro: campeggia la
instabilità delle cose umane.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 32/S1
Titolo: L’orizzonte concettuale II
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Cosa muove la Storia? Dapprima si annunciano l’ira giusta di Dio e


l’empietà e sceleratezze degli altri uomini.
Mentre l’evocazione di Dio come causa della storia non sarà ripresa nel
corso del proemio, lo sarà la sceleratezza. Si noti: degli altri uomini,
quasi a distinguere chi scrive e, virtualmente, con lui un gruppo di
innocenti che subiscono la scelleratezza altrui. Tanto più che subito
interviene un verbo caro a Lucrezio: vessare, quasi a rivelare
l’atteggiamento del saggio epicureo che osserva il naufragio dalla riva.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 32/S2
Titolo: L’orizzonte concettuale III
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’ORIZZONTE
CONCETTUALE III
Le sceleratezze vengono poi specificate come imprudenza (poca
prudenza) e troppa ambizione. Quanto all’imprudenza, sappiamo quale
importanza centrale abbia, nella riflessione guicciardiniana, la
discrezione, che è appunto la capacità di distinguere e valutare.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 32/S2
Titolo: L’orizzonte concettuale III
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Inoltre, le scelte, buone o brutte, spettano ad alcuni, pochi (ecco quindi


perché sceleratezze degli altri uomini ?): chi domina. I popoli, invece, la
subiscono.
Infine, collegata alla prudenza-discrezione, si veda la funzione ma
abbastanza valutabile, della fortuna, cioè dell’incalcolabile,
dell’imprevedibile.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 32/S3
Titolo: Popoli e dominanti
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

POPOLI E DOMINANTI
Cosa voglia dire popolo non è cosa facilmente risolvibile.
Si tratta di parole che possono essere riempite di significati diversi. Un
po’ come quelle parole che Gadda chiamava parole omnibus: tutto vi può
salire e scendere ad ogni momento, a seconda del contesto. Possiamo
farvi rientrare tutti tranne i regnanti, tutti tranne i regnanti e le classi
dirigenti, e così via via restringendone il significato.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 32/S3
Titolo: Popoli e dominanti
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Sarebbe lungo affrontare il problema in Guicciardini, e bisognerebbe


confrontare diversi testi suoi.
Qui basti la relativa insistenza fra i coloro che dominano e i popoli, che
serpeggia in tutto il proemio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 33
Titolo: Sd’I I,1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 1
Ma[1] le calamità d’Italia (acciocché io faccia noto quale fusse allora lo
stato[2] suo, e insieme le cagioni dalle quali ebbeno l’origine tanti mali)
cominciorono con tanto maggiore dispiacere e spavento negli animi degli
uomini quanto le cose universali erano allora piú liete e piú felici[3].
Perché[4] manifesto è che, dappoi che lo Imperio Romano, indebolito
principalmente per la mutazione degli antichi costumi[5], cominciò, già
sono piú di mille anni, di quella grandezza a declinare alla quale con
maravigliosa[6] virtú e fortuna[7] era salito, non aveva giammai sentito
Italia tanta prosperità, né provato stato tanto desiderabile quanto era
quello nel quale sicuramente si riposava l’anno della salute[8] cristiana
mille quattrocento novanta, e gli anni che a quello e prima e poi furono
congiunti.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 33
Titolo: Sd’I I,1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[1] «In Guicciardini è vitale ancora il vincolo del legame sintattico


esplicito, realizzato attraverso una costante esibizione di connettivi
testuali (congiunzioni, avverbi, pronomi relativi, ecc.) e in genere di
legami ‘a distanza’ che tengono coeso un congegno sintattico
estremamente dilatato» (R. Tesi, L’italiano, p.254). E appunto nota la
ricchezza delle subordinate: temporali (dappoi…perturbarla;
quando…turbazioni) «come si conviene a uno storico» (Mengaldo 2008,
p. 91), causali (avendo patito…vessati; avendo solamente…presenti),
consecutive (onde…apparirà) «vera e propria ossessione del G., inteso
sempre a comprendere le “ragioni” dei fatti o “casi” della storia, e
dunque a giudicarli (v. cognizione).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 33/S1
Titolo: Storia ciclica
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA CICLICA
Ma ancor più caratteristico è come le subordinate esplicite, con tratto
stilistico tipico dello storico, ne contengano in sé a scatola cinese delle
implicite (v. subito 2 ss., 5-6 ss.). Il periodo dunque è cosrtuito con una
precisa impostazione gerarchica, che gradua e subordina l’uno all’altro i
fatti secondo la loro importanza oggettiva e soggettiva: si guardi
soprattutto il finale, dove il quando è seguito da tre gerundive
coordinate, l’ultima delle quali contiene una participiale, per sboccare
finalmente nella frase verbale conclusiva che gli si riferisce, a sua volta
però specificata e rallentata da due complementi di causa alternativa
(o…o…): il tutto abitato anche da simmetrie entro la spirale (per… tre
volte).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 33/S1
Titolo: Storia ciclica
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

È un fatto generale che G. proceda secondo una tecnica a incastro che si


può formalizzare così: non A… B… ma AbA1…; ecco alcuni diquesti
incastri: chiamate…medesimi; per… loro; ora…uomini; né
altrimenti…venti. Sembra quasi che G. sia riuscito a trasformare,
gonfiandola ma mai in modo esornativo, una lingua fondamentalmente
lineare come l’italiano in una lingua tutta a sospensioni, cunei, dilazioni»
(ivi).
[2] Situazione. «Il termine stato ha nel lessico del tempo una notevole
estensione: può sì designare l’insieme delle strutture amministrative e
politiche, ma può indicare anche il partito al potere, la costituzione,
l’estensione territoriale di una certa entità politica […]. Tra gli interventi
compiuti da Guicciardini sul testo del Dialogo [del reggimento di Firenze]
figurano talora sostituzioni del termine stato con altri più appropriati
(governo, domini ecc.): una tendenza evidente, ma non sistematica,
verso una tecnicizzazione del lessico politico» (Varotti 1994, p.20 n.3).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 33/S2
Titolo: Storia ciclica III
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 33/S2
Titolo: Storia ciclica III
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 33/S3
Titolo: Ciclicità e suspense
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CICLICITA’ E SUSPENSE
Il paragone con la storia di Roma non è un abbellimento retorico. Si
tratta di un punto in cui si rivela una consueta modalità di pensare la
storia: una sorta di ruota della fortuna nella quale una entità storica
(Roma o Firenze o l’Italia) sono innalzate e poi abbassate.
Non è però automatico sovrapporre a questa immagine una immagine
ermeneutica più moderna di nascita crescita decadimento.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 33/S3
Titolo: Ciclicità e suspense
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

A ciò va aggiunto che il modo di prospettare la vicenda è reso più intenso


e appassionante dalla contrapposizione fra una visione idillica dell’epoca
laurenziana e del declino seguente.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 34
Titolo: STORIA D’ITALIA I, 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 3
[3] Nella quale felicità, acquistata con varie occasioni[2], la
conservavano molte cagioni: ma tra•ll’altre, di consentimento
comune[3], si attribuiva laude non piccola alla industria[4] e virtú di
Lorenzo de’ Medici[5], cittadino tanto eminente sopra ’l grado privato
nella città di Firenze che per consiglio[6] suo si reggevano le cose di
quella republica, potente[7] piú per l’opportunità del sito, per[8] gli
ingegni[9] degli uomini e per la prontezza de’ danari, che per grandezza
di dominio[10]. E avendosi egli nuovamente congiunto con
parentado[11], e ridotto a prestare fede non mediocre[12] a’
consigli[13] suoi Innocenzo ottavo pontefice romano, era per tutta Italia
grande il suo nome, grande nelle deliberazioni delle cose comuni
l’autorità.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 34
Titolo: STORIA D’ITALIA I, 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E conoscendo che alla republica fiorentina e a sé proprio sarebbe[14]


molto pericoloso se alcuno de’ maggiori potentati ampliasse piú la sua
potenza, procurava con ogni studio[15] che le cose d’Italia in modo
bilanciate si mantenessino che piú in una che in un’altra parte non
pendessino; il che, senza la conservazione della pace e senza
vegghiare[16] con somma diligenza[17] ogni accidente benché minimo,
succedere non poteva.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 34/S1
Titolo: NOTE A STORIA D’ITALIA I, 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NOTE A STORIA D’ITALIA I, 3


[1] Famoso (Latinismo tradizionale, Ghinassi 1957, p.109).
[2] Congiunture storiche.
[3] Consenso.
[4] Ingegno.
[5] Sul mito di Lorenzo cfr. F. Gilbert, Niccolò Machiavelli e la vita culturale del suo
tempo, Bologna, il Mulino, 1964; Id., Guicciardini, Machiavelli, Valori on Lorenzo il
Magnifico, in «Renaissance News», XI, 1958, pp. 107-14; E. Gusberti, Un mito del
Cinquecento: Lorenzo il Magnifico, Bologna, 1981.
[6]Per mezzo (per) le sue decisioni (consiglio, lat. consĭlĭum), o potere decisionale.
Lorenzo è considerato non un tiranno (come invece nelle Cose fiorentine), ma un
uomo influente per via della sua saggezza (come si traduce il consilium in latino
ciceroniano).
[7] Epiteto di republica.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 34/S1
Titolo: NOTE A STORIA D’ITALIA I, 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[9] Indoli.
[10] Territorio dominato.
[11] Sposato. Ma l’accento, più che sul matrimonio con una persona, è sull’unione con una
famiglia, secondo la cultura dell’epoca: cfr. D. Lombardi, Storia del matrimonio. Dal
medioevo a oggi, Bologna, 2008.
[12] poco (senza il valore spregiativo che ha per noi mediocre; lat.); essendo tre le spezie
de’ governi, di no, di pochi e di molti, el migliore di tutti è quello di nolti, el mediocre quello
di pochi, el manco bono quello di molti?, Gicciardini, DRF. Nota la litote (la negazione
dell’opposto per affermare una cosa, che qui sarebbe ‘molta’), è una figura molto diffusa
nella Sd’I. Cfr. nn.&&.
[13] Decisioni (consiglio, lat. consĭlĭum).
[14] Futuro nel passato, usato nelle proposizioni subordinate rette da un tempo al passato.
(E non si tratta di un condizionale, con cui tuttavia coincide la forma).
[15] Diligenza, cura, attenzione.
[16] Vegliare; seguire, vigilare su.
[17] Cura.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 34/S2
Titolo: Storia d’Italia I, 4-5
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 4-5


[4] Concorreva[1] nella medesima inclinazione[2] della quiete comune Ferdinando
di Aragona re di Napoli, principe certamente prudentissimo e di grandissima
estimazione; con tutto che molte volte per l’addietro avesse dimostrato[3] pensieri
ambiziosi e alieni da’ consigli della pace, e in questo tempo fusse molto
stimolato[4] da Alfonso duca di Calavria suo primogenito, il quale malvolentieri
tollerava che Giovan Galeazzo Sforza duca di Milano, suo genero, maggiore già di
venti anni (benché di intelletto incapacissimo), ritenendo solamente[5] il nome
ducale, fusse depresso e soffocato da Lodovico Sforza suo zio: il quale, avendo piú
di dieci anni prima, per la imprudenza e impudichi costumi della madre madonna
Bona, presa la tutela di lui[6] e con questa occasione ridotte a poco a poco in
potestà propria le fortezze, le genti d’arme[7], il tesoro e tutti i fondamenti dello
stato, perseverava nel governo; né come tutore o governatore[8], ma, dal titolo di
duca di Milano in fuora, con tutte le dimostrazioni e azioni da principe.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 34/S2
Titolo: Storia d’Italia I, 4-5
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E nondimeno Ferdinando, avendo piú innanzi agli occhi l’utilità presente


che l’antica inclinazione o la indegnazione[9] del figliuolo[10], benché
giusta, desiderava che Italia non si alterasse; o perché, avendo provato
pochi anni prima, con gravissimo pericolo, l’odio contro a sé de’
baroni[11] e de’ popoli suoi, e sapendo l’affezione che per la memoria
delle cose passate molti de’ sudditi avevano al nome della casa di
Francia, dubitasse che le discordie italiane non dessino occasione a’
franzesi di assaltare il reame di Napoli; o perché, per fare contrapeso alla
potenza de’ viniziani, formidabile[12] allora a tutta Italia, conoscesse
essere necessaria l’unione sua con gli altri, e specialmente con gli stati di
Milano e di Firenze.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 34/S2
Titolo: Storia d’Italia I, 4-5
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[5] Né a Lodovico Sforza, benché di spirito inquieto e ambizioso, poteva


piacere altra deliberazione, soprastando non manco[13] a quegli che
dominavano a Milano che agli altri il pericolo dal senato viniziano[14], e
perché gli era piú facile conservare nella tranquillità della pace che nelle
molestie della guerra l’autorità usurpata. E se bene gli fussino sospetti
sempre i pensieri di Ferdinando e di Alfonso d’Aragona, nondimeno,
essendogli nota la disposizione di Lorenzo de’ Medici alla pace e insieme
il timore che egli medesimamente aveva della grandezza loro, e
persuadendosi che, per la diversità degli animi e antichi odii tra
Ferdinando e i viniziani, fusse vano il temere che tra loro si facesse
fondata[15] congiunzione[16], si riputava assai sicuro che gli Aragonesi
non sarebbono accompagnati da altri a tentare contro a lui quello che
soli non erano bastanti a ottenere.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 34/S3
Titolo: NOTE A STORIA D’ITALIA I, 4-5
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NOTA SULLE EDIZIONI


Il brano riportato precedentemente è tratto da una edizione in via di
completamento a cura di Federico Della Corte per i tipi della Rizzoli (Biblioteca
Universale Rizzoli).
Essa si basa sulla edizione fornita da Ettore Mazzali per la Garzanti nel 1988, con
prefazione di Emilio Pasquini, che a sua volta riproduce il testo fornito dalla Saidel
Menchi per la Einaudi.
Questa edizione può essere a sua volta fatta discendere dalla capostipite delle
erdizioni moderne basate su una ripresa del testo autografo laurenziano 166, e
cioè l`edizione di Alessandro Gherardi (Sansoni , 1919-1920, in 4 voll.).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 34/S3
Titolo: NOTE A STORIA D’ITALIA I, 4-5
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

In precedenza infatti ci si rifaceva, a catena, alle edizioni a stampa precedenti


inaugurate dalla edizione postiuma Torrentino del 1561, priva di quattro brani
considerati “sconvenienti” (quello contro la chiesa, quello sulla scoperta dell
Nuovo Mondo, ecc.). E dalla edizione Giloito del 1564, che integrava quei brani.
Tutte queste edizioni tradivano la grafia e spesso il lessico orginario dello scrittore,
alontanandosi dal suo ultimo manoscritto (appunto il Laurenziano).
Purtroppo però furono introdotte, e mantenute dai seguenti editori, interruzioni
all’interno dei 20 libri, creando capitoli inesistenti, che furono (e sono tuttora)
presi per originali dagli editori e dai lettori. Si attribuisce una scansione narrativa e
cronologica al testo, che non corrisponde alla realtà.
Nella edizione Della Corte, oltre a trovarsi numerose note espolicative in più
rispetto al tradizionale corredo (qui rprodotte) verranno meno quelle scansioni
apocrife e fuorvianti.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 35
Titolo: STORIA D’ITALIA I, 6
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 6
[6] Essendo adunque in Ferdinando, Lodovico e Lorenzo, parte per i
medesimi parte per diversi rispetti[1], la medesima intenzione alla pace,
si continuava facilmente una confederazione contratta in nome di
Ferdinando re di Napoli, di Giovan Galeazzo duca di Milano e della
republica fiorentina, per difensione de’ loro stati; la quale[2], cominciata
molti anni innanzi[3] e dipoi interrotta per vari accidenti, era stata
nell’anno mille quattrocento ottanta, aderendovi quasi tutti i minori
potentati d’Italia, rinnovata per venticinque anni: avendo per fine
principalmente di non lasciare diventare piú potenti i viniziani;

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 35
Titolo: STORIA D’ITALIA I, 6
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

i quali, maggiori senza dubbio di ciascuno de’ confederati ma molto


minori di tutti insieme, procedevano con consigli separati da’ consigli
comuni, e aspettando di crescere della altrui disunione e travagli, stavano
attenti e preparati a valersi di ogni accidente che potesse aprire loro la
via allo imperio[4] di tutta Italia: al quale che aspirassino si era in diversi
tempi conosciuto molto chiaramente; e specialmente quando, presa
occasione dalla morte di Filippo Maria Visconte duca di Milano, tentarono,
sotto colore[5] di difendere la libertà del popolo milanese, di farsi signori
di quello stato; e piú frescamente[6] quando, con guerra manifesta, di
occupare il ducato di Ferrara si sforzorono.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 35/S1
Titolo: Storia d’Italia I, 6
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NOTE
[1] Molto spesso il soggetto segue il verbo, che, specie se «all’inizio dell’enunciato
e nel passato remoto, vede esaltato il proprio valore eventivo» (Nencioni 0000,
p.214), perché l’evento, in quanto per G. spesso giudice non imperito delle cose
(VIII.xiv.2), viene collocato in primo piano, al primo posto, con esso l’informazione
dell’elemento nuovo rispetto all’elemento conosciuto, all’elelmento dato (ivi).
[2] La parola fa risuonare il linguaggio di geometria, matematica (ad es. Tartaglia,
Nuova scienza, c.62v21); ma anche di astrologia, e dei pronostici. Tanto da entrare
nella parodia aretinesca: Il presente anno 1534, essendo signore dello ascendente
il marchese del Vasto […] molti militi gloriosi (come sarebbe a dire il duca di Malfi,
stallone generale delle donne sanesi) si inclineranno a’ profmi e a’ ricami (I.1).
[3] Mostrato: “Dimostrare” o “Mostrare” et simili (dubbio grammaticale di G.
numero 37, cfr.Trovato 1994, p.282).
[4] Incitato.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 35/S1
Titolo: Storia d’Italia I, 6
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[6] Lui: Giovan Galeazzo.


[7] Cavalieri con armatura pesante (francesismo: gens d’armes).
[8] Il governatore a Milano è l’equivalente del vicerè nel regno di Napoli, ma meno
inviso alla popolazione (tra i cui patrizi la competizione come feudatari è meno
sentita), come là vi è un organo per l’amministrazione finanziaria, economica, il
Magistrato camerale (equivalente della Sommaria), uno per la giustizia, le
Cancellerie civile e militare (come laVicaria e il Sacro Regio Consiglio), e un Gran
cancelliere (simile al segretario del Collaterale a Napoli). (Galasso 1972, pp.489-90)
[9] Diniego netto.
[10] Figlio (normale in toscano, senza valore diminutivo o vezzeggiativo).
[11] L’aristocrazia locale del Regno di Napoli, che cercava in tutti i modi una sua
autonomia ai danni del re. Memorabile la congiura dei baroni, appoggiati dal papa
(forse perfino dal Turco…), contro il re Ferdinando, sedata nell’agosto del 1486. Cfr
ad es. Volpe, Il Medio Evo, p.424-5.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 35/S2
Titolo: Storie d’Italia I, 6 Note
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[12] Temibile, che incute paura (latinismo semantico di uso non


infrequente); altrove G. usa formidoloso (cfr.&) e spaventevole (cfr.&).
[13] È la forma fiorentina diffusasi nel Trecento, già bandita da Bembo
(1525) a favore della forma due- trecentesca meno.
[14] Eletto dal Maggior consiglio, il senato, o consiglio dei pregati (o
pregadi), discuteva con particolare cura la politica estera di Venezia ma
anche i problemi politici e amministrativi (con un meccanismo decisionale
più veloce rispetto al sovrano Maggior Consiglio, che contava più
componenti).
[15] Solida. (Non implica necessariamente la proiezione nel futuro che ha
per noi).
[16] Unione. Ma la parola tiene del linguaggio astronomico e astrologico,
anche (‘dei corpi celesti, dicesi quando due due pianeti s’incontrano nel
medesimo punto’, TB5).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 35/S3
Titolo: Storia d’Italia I, 6 Commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NOTE
[1] Molto spesso il soggetto segue il verbo, che, specie se «all’inizio dell’enunciato
e nel passato remoto, vede esaltato il proprio valore eventivo» (Nencioni 0000,
p.214), perché l’evento, in quanto per G. spesso giudice non imperito delle cose
(VIII.xiv.2), viene collocato in primo piano, al primo posto, con esso l’informazione
dell’elemento nuovo rispetto all’elemento conosciuto, all’elelmento dato (ivi).
[2] La parola fa risuonare il linguaggio di geometria, matematica (ad es. Tartaglia,
Nuova scienza, c.62v21); ma anche di astrologia, e dei pronostici. Tanto da entrare
nella parodia aretinesca: Il presente anno 1534, essendo signore dello ascendente
il marchese del Vasto […] molti militi gloriosi (come sarebbe a dire il duca di Malfi,
stallone generale delle donne sanesi) si inclineranno a’ profmi e a’ ricami (I.1).
[3] Mostrato: “Dimostrare” o “Mostrare” et simili (dubbio grammaticale di G.
numero 37, cfr.Trovato 1994, p.282).
[4] Incitato.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 35/S3
Titolo: Storia d’Italia I, 6 Commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[6] Lui: Giovan Galeazzo.


[7] Cavalieri con armatura pesante (francesismo: gens d’armes).
[8] Il governatore a Milano è l’equivalente del vicerè nel regno di Napoli, ma meno
inviso alla popolazione (tra i cui patrizi la competizione come feudatari è meno
sentita), come là vi è un organo per l’amministrazione finanziaria, economica, il
Magistrato camerale (equivalente della Sommaria), uno per la giustizia, le
Cancellerie civile e militare (come laVicaria e il Sacro Regio Consiglio), e un Gran
cancelliere (simile al segretario del Collaterale a Napoli). (Galasso 1972, pp.489-90)
[9] Diniego netto.
[10] Figlio (normale in toscano, senza valore diminutivo o vezzeggiativo).
[11] L’aristocrazia locale del Regno di Napoli, che cercava in tutti i modi una sua
autonomia ai danni del re. Memorabile la congiura dei baroni, appoggiati dal papa
(forse perfino dal Turco…), contro il re Ferdinando, sedata nell’agosto del 1486. Cfr
ad es. Volpe, Il Medio Evo, p.424-5.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 35/S3
Titolo: Storia d’Italia I, 6 Commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[12] Temibile, che incute paura (latinismo semantico di uso non infrequente); altrove
G. usa formidoloso (cfr.&) e spaventevole (cfr.&).
[13] È la forma fiorentina diffusasi nel Trecento, già bandita da Bembo (1525) a
favore della forma due- trecentesca meno.
[14] Eletto dal Maggior consiglio, il senato, o consiglio dei pregati (o pregadi),
discuteva con particolare cura la politica estera di Venezia ma anche i problemi
politici e amministrativi (con un meccanismo decisionale più veloce rispetto al
sovrano Maggior Consiglio, che contava più componenti).
[15] Solida. (Non implica necessariamente la proiezione nel futuro che ha per noi).
[16] Unione. Ma la parola tiene del linguaggio astronomico e astrologico, anche
(‘dei corpi celesti, dicesi quando due due pianeti s’incontrano nel medesimo punto’,
TB5).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 36
Titolo: Storia d’Italia I, 6
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 6
[6] Essendo adunque in Ferdinando, Lodovico e Lorenzo, parte per i
medesimi parte per diversi rispetti[1], la medesima intenzione alla pace,
si continuava facilmente una confederazione contratta in nome di
Ferdinando re di Napoli, di Giovan Galeazzo duca di Milano e della
republica fiorentina, per difensione de’ loro stati; la quale[2], cominciata
molti anni innanzi[3] e dipoi interrotta per vari accidenti, era stata
nell’anno mille quattrocento ottanta, aderendovi quasi tutti i minori
potentati d’Italia, rinnovata per venticinque anni: avendo per fine
principalmente di non lasciare diventare piú potenti i viniziani;

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 36
Titolo: Storia d’Italia I, 6
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

i quali, maggiori senza dubbio di ciascuno de’ confederati ma molto


minori di tutti insieme, procedevano con consigli separati da’ consigli
comuni, e aspettando di crescere della altrui disunione e travagli, stavano
attenti e preparati a valersi di ogni accidente che potesse aprire loro la
via allo imperio[4] di tutta Italia: al quale che aspirassino si era in diversi
tempi conosciuto molto chiaramente; e specialmente quando, presa
occasione dalla morte di Filippo Maria Visconte duca di Milano,
tentorono, sotto colore[5] di difendere la libertà del popolo milanese, di
farsi signori di quello stato; e piú frescamente[6] quando, con guerra
manifesta, di occupare il ducato di Ferrara si sforzorono.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 36/S1
Titolo: Note
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 6 NOTE


Raffrenava facilmente questa confederazione la cupidità[7] del senato
viniziano, ma non congiugneva già i collegati[8] in amicizia sincera e
fedele: conciossiacosaché[9], pieni tra se medesimi di emulazione[10] e
di gelosia, non cessavano di osservare assiduamente gli andamenti l’uno
dell’altro, sconciandosi scambievolmente tutti i disegni per i quali a
qualunque di essi accrescere si potesse o imperio[11] o riputazione; il
che non rendeva manco[12] stabile la pace, anzi destava in tutti
maggiore prontezza a procurare di spegnere sollecitamente[13] tutte
quelle faville che origine di nuovo incendio[14] essere potessino.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 36/S1
Titolo: Note
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[1] Interessi.
[2] La confederazione.
[3] Prima.
[4] Governo; diritto di governo (mentre governo significa ‘tutela’, cfr.
n.&).
[5] Sotto l’apparenza (francesismo, sous le coleure).
[6] Recentemente.
[7] Cupidigia, sfrenato e intenso desiderio.
[8] Alleati.
[9] In quanto.
[10] Rivalità, invidia (voce dotta).
[11] Governo, diritto di governo; comando.
[12] È la forma fiorentina diffusasi nel Trecento, già bandita da Bembo
(1525) a favore della forma due- trecentesca meno.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 36/S2
Titolo: Note
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 6 NOTE

[13] Presto, velocemente, celermente (forse con una sfumatura di


‘accuratezza, diligenza’). Il tempo nella sua declinazione di ‘tempestività’
sarà un protagonista della Sd’I. Per considerazioni su questo aspetto del
tempo nel Rinascimento, si può partire da A. Tenenti, Temps et
«ventura» à la Renaissance. Le cas de Venise, in Histoire économique du
monde méditerranéen, 1450-1650. Mélanges en l’honneur de F. Braudel,
Paris, Privat, 1973).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 36/S2
Titolo: Note
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[14] Apocalittica, l’immagine del fuoco. Ma non estranea neanche al


repertorio di immagini di Lucrezio: Scilicet et non est lignis tamen insitus
igni, / verum semina sunt ardoris multa, terendo / quae cum confluxere,
creant incendia silvis. La pace del mare, l’unità della intimità, l’immensità
interiore è insidiata dalla pluralità di venti e faville. Questa connotazone
del mare è del resto pressoché archetipica: cfr. G. Bachelard, L’immensità
intima, in La poetica dello spazio, Bari 1975 [ed. orig. 1957].

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 36/S3
Titolo: Commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 4 COMMENTO


Andranno notate un paio di cose al riguardo del passo appena letto.
Innanzitutto la situazione di pace e prosperità, vista soprattutto attraverso la
specola di Firenze. A questo proposito andrà visto come Lorenzo de’ Medici
assume il ruolo, dentro questa narrazione, dell’artefice della concordia generale.
Questa visione sostanzialmente positiva di Lorenzo nell’opinione di Guicciardini è
in gran parte nuova. Nelle opere storiche precedenti e nei giudizi che in passato
aveva espresso la figura del magnifico era stata tratteggiata più con ombre che
con luci. Lo storico e politico Guicciardini non aveva risparmiato critiche
all’aspetto tirannico dello statista.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 36/S3
Titolo: Commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ciò può essere letto come una nuova opinion e maturata negli anni.
Certo è che qui la visione più acritica del Magnifico ha una funzione narrativa
molto efficace nell’ampio affresco che si apre ai nostri orizzonti di una Firenze,
un’Italia e un’Europa immerse in una pace al suo apice.
A proposito d questa pace va però notato che non si tratta di una pace casuale o
semplicemente dovuta alla bontà delle intenzioni di coloro che dominano. Al
contrario, si tratta di una pace, invece, dovuta al, precario, equilibrio di interessi
contrastanti: “per fine principalmente di non lasciare diventare piú potenti i
viniziani; i quali, maggiori senza dubbio di ciascuno de’ confederati ma molto
minori di tutti insieme, procedevano con consigli separati da’ consigli comuni, e
aspettando di crescere della altrui disunione e travagli, stavano attenti e
preparati a valersi di ogni accidente che potesse aprire loro la via allo imperio
ecc.”

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 37
Titolo: Storia d’Italia I, 7
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 7
[7] Tale era lo stato delle cose[1], tali erano i fondamenti della tranquillità
d’Italia, disposti e contrapesati in modo che non solo di alterazione presente
non si temeva ma né si poteva facilmente congetturare da quali consigli[2] o
per quali casi o con quali armi s’avesse a muovere tanta quiete,[3] quando, nel
mese di aprile dell’anno mille quattrocento novantadue, sopravenne la morte
di Lorenzo de’ Medici: morte acerba a lui per l’età, perché morí non finiti
ancora quarantaquattro anni; acerba alla patria, la quale, per la riputazione e
prudenza sua e per lo ingegno[4] attissimo a tutte le cose onorate e eccellenti,
fioriva maravigliosamente di ricchezze e di tutti quegli beni e ornamenti da’
quali suole essere nelle cose umane la lunga pace accompagnata.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 37
Titolo: Storia d’Italia I, 7
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ma e[5] fu morte incomodissima al resto d’Italia, cosí per l’altre operazioni le quali
da lui, per la sicurtà[6] comune, continuamente si facevano, come perché era
mezzo a moderare e quasi uno freno ne’ dispareri e ne’ sospetti, i quali per diverse
cagioni tra Ferdinando e Lodovico Sforza, príncipi di ambizione e di potenza quasi
pari, spesse volte nascevano.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 37/S1
Titolo: Storia d’Italia I, 7 note
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 7 NOTE


[1] Anziché il breve e solenne riepilogo dei fatti appena narrati come fa ad inizio
di libro, G. quasi sempre aggancia un libro alla materia precedente «con un
semplice richiamo con elementi deittici, una svelta uncinatura, una transizione ora
consecutiva ora additiva, ora avversativa» (Nencioni 0000, p.207). Qui, la
transizione, è consecutiva.
[2] Decisioni.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 37/S1
Titolo: Storia d’Italia I, 7 note
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

[3] Stato, tranquillità, contrapesati, quiete si contrappongono a alterazione e


muovere: la positiva situazione di stasi è tradotta verbalmente in definizioni
astratte di pura fisica
[4] Indole.
[5] Anche.
[6] Sicurezza.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 37/S2
Titolo: Storia dItalia , 7 Commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

STORIA D’ITALIA I, 7 COMMENTO


Pace, tranquillità. Poi, inaspettata, imprevedibile, l’irruzione della Fortuna,
sotto forma della morte di Lorenzo de’ Medici.
Imprevedibile, appunto: “non solo di alterazione presente non si temeva ma
né si poteva facilmente congetturare”.
E’ la rottura dell’equilibrio. O, quanto meno, per ora, l’incrinarsi di quella
superficie placida fatta di forze contrapposte e bilanciate.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 37/S2
Titolo: Storia dItalia , 7 Commento
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Anche stilisticamente avvertiamo un crescendo degli effetti d questa prematura e


imprevedibile morte:
acerba ripetuto due volte, e poi, incomodissima, con superlativo e riguardo a una
porzione di territorio più ampia: l’Italia.
Si noti poi come l’elemento cronologico, la data della morte, nella sua precisione,
inserito poi com’è dentro le fitte maglie della narrazione è ben lontano da costituire
una cornice cronachistica e annalistica.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 37/S3
Titolo: Superamento dell’annalistica
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

SUPERAMENTO DELL’ANNALISTICA

La letteratura critica sulla “Storia d’Italia” talvolta insiste a parlare di quest’opera


come un’opera che si mantiene fedele a una incorniciatura di tipo annalistico.
Secondo questa visione, cioè, la narrazione seguirebbe un filo cronologico. Ad
esso sarebbero sottoposta, quanto meno, la suddivisione in libri e dei capitoli ,
almeno nella maggior parte delle volte.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 37/S3
Titolo: Superamento dell’annalistica
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’opera così come è modernamente edita so presenta infatti suddivisa non solo in
20 libri, come in effetti è nel manoscritto: tali libri sono poi suddivisi a loro volta in
capitoli, che oscillano dai quindici ai diciotto. Mentre la prima suddivisione fu
consigliata dal Corsi, e accettata da Guicciardini, che prima aveva diviso l’opera in
19 libri, la seconda è invece dovuta agli editori ottocenteschi e da loro passata agli
editori moderni. Tale suddivisione spesso comincia con le indicazioni cronologiche
fornite dallo scrittore nell’opera, e finiscono per sottolineare quindi un’impostazione
annalistica che non corrisponde alla realtà.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 38
Titolo: Lez 38
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ROTTURA DELL’EQUILIBRIO
Perché non[1] prima entrato Piero nella amministrazione della republica che, con
consiglio direttamente contrario a’ consigli paterni né comunicato co’ cittadini
principali, senza i quali le cose gravi deliberare non si solevano, mosso dalle
persuasioni di Verginio Orsino parente suo (erano la madre e la moglie di Piero
nate della famiglia Orsina), si ristrinse talmente con Ferdinando e con Alfonso, da’
quali Verginio dependeva, che ebbe Lodovico Sforza causa giusta di temere che
qualunque volta gli Aragonesi volessino nuocergli arebbono per l’autorità di Piero
de’ Medici congiunte seco[2] le forze della republica fiorentina. [11] Questa
intelligenza[3], seme e origine di tutti i mali, se bene da principio fusse trattata e
stabilita molto segretamente, cominciò quasi incontinente, benché per oscure
congetture, a essere sospetta a Lodovico, principe vigilantissimo e di ingegno[4]
molto acuto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 38
Titolo: Lez 38
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

1] Non minore: la litote (la negazione dell’opposto per affermare una cosa, che qui
sarebbe ‘maggiore’), è una figura molto diffusa nella Sd’I. Cfr. nn.&&.
[2] Con sé.
[3] Intesa, accordo.
[4] Mente, facoltà mentali (ma altrove, latinamente, ‘indole’).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 38/S1
Titolo: S1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ROTTURA DELL’EQUILIBRIO COMMENTO

In un passo che non abbiamo inserito in questi stralci che stiamo leggendo,
Guicciardini ha appena parlato della morte del papa e dell’elezione di papa Borgia.
Ora, passa a parlare di come il figlio di Lorenzo, Piero, entri direttamente nella
politica fiorentina, e, soprattutto come rompa gli equilibri ai quali il padre aveva
con tanta cura atteso.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 38/S1
Titolo: S1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’errore do Piero, si noti, non consiste nel dichiarare un’ostilità verso una forza
politica, quanto, potremmo dire al contrario, l’errore consisterà nello stringere
un’amicizia troppo stretta verso una delle forze politiche dello scacchiere: il re di
Napoli. Questo scatenerà una reazione a catena, che sarà tamponata poi solo in
apparenza. Oramai, l’equilibrio è rotto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 38/S2
Titolo: S2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NARRARE E FARE STORIA


Il rapporto fra transizioni narrative e ossatura cronologica ci immette in un
discorso che riguarda il rapporto fra narrare e fare storia. Ossia in una riflessione
che si chieda quanto il modo di narrare influenzi l’immagine che ci facciamo dei
fatti avvenuti.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 38/S2
Titolo: S2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Uno di questi modi in cui il modo di narrare influenza l’immagine dei fatti è l’ordine
in cui gli avvenimenti vengono organizzati. Nel caso di Guicciardini, e nello specifico
del proemio che abbiamo letto, ad esempio, si ha l’annuncio della tragedia nelle
primissime righe e poi il salto indietro, il flashback, sulla situazione precedente alla
tragedia, la pace sotto la diplomazia medicea.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 38/S3
Titolo: S3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL CANTAFAVOLE
Insieme a correggere la visione di un Guicciardini vicino a una impostazione
annalistica della costruzione narrativa storiografica abbiamo quindi una visione
nuova di un Guicciardini che ordina gli avvenimenti non secondo un ordine
cronachistico, cronologico, annalistico a vantaggio invece di una riorganizzazione
che non può che essere narrativa e funzionale a una interpretazione degli eventi.
Un Guicciardini, insomma, che lavora su quello che in termini retorici si chiama
l’ordo e che non è quindi l’ordo naturalis, bensì artificialis, obbediente cioè a
un’interpretazione della storia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 38/S3
Titolo: S3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Al suo primo lettore, l’intellettuale umanista Corsi, al quale Guicciardini chiedeva


consigli sulla stesura dell’opera, lo storico parlava della sua opera come un
“cantafavole”, ovvero una raccolta di favole. L’amico Corsi, in un garbato gioco delle
parti, rifiutava questa definizione riduttiva.
Ma a guardar bene da parte dell’autore non c’era solo un atteggiamento di
modestia verso la sua faticata creazione, ma c’era, almeno in parte, nella scelta, fra
le varie etichette riduttive possibili proprio di quella, anche il desiderio di suggerire
come il gusto e lo spazio della narrazione avessero un peso preponderante nella
sua Storia d’Italia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 39
Titolo: Titolo 39
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NARRAZIONE E FARE STORIA


In queste righe dello studioso di letteratura Gian Mario Anselmi è ben sintetizzata
al questione narrazione-storiografia: “Nel momento in cui, nelle narrazioni storiche
(e di storiografia letteraria), i legami causali acquistano una tale preminenza,
quasi da tessuto connettivo tra pagina e pagina, il problema della esposizione

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 39
Titolo: Titolo 39
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

dei fatti secondo un certo ordine diviene il problema per eccellenza, cui tutto il
resto va ridotto”.
Così Anselmi in un libro dedicato alla storia della storiografia letteraria proprio dal
punto di vista delle modalità della narrazione, che diventano, però, come si è già
detto, il modo di presentare, interpretare e riconsegnare la storia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 39/S1
Titolo: S1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NARRARE E TEMPO
Il volume di Anselmi si intitola appunto Narrare Storia e storie. narrare il mondo,
Milano, Franco Angeli, 2013.
Ma di oper che affrontano questi argomenti se ne potrebbero consigliare in
grande numero.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 39/S1
Titolo: S1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Del resto il problema o i problemi connessi son almeno un paio.


Si tratta della concezione del tempo secondo una certa cultura o, ancora meglio,
secondo una o più filosofie che, con la loro lunga mano, costruiscono il modo di
concepire il tempo, e, dall’altra parte le tecniche narrative. Lo studio delle tecniche
narrative, infatti, normalmente contempla quello che è il rapporto fra storia e
discorso, per dirlo con Chatman, uno studioso che appunto al rapporto tra fatti
narrati e ordine del narrarli ha dedicato un libro ormai classico che reca proprio quel
titolo.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 39/S2
Titolo: S2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NARRATOLOGIA E FARE STORIA


Di qui si può allargare lo sguardo a tutta la letteratura critica sulle tecniche
narrative usufruite in ambito letterario.
Saymoor Chatman, Storia e discorso. La struttura narrativa nel romanzo e nel
film, Pratiche Editrice, [ed. orig. amer. 1978] 1981, si possono consigliare:
Gerard Genette, Figure III. Il discorso del racconto, Torino, Einaudi (ed. orig. fr.
1972) 1986.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 39/S2
Titolo: S2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Hamon, Semiologia lessico leggibilità del testo narrativo, Parma, Pratiche (trad. di
articoli apparsi in francese dal 1972 al 1977), 1977
Aldo Rossi, La combinatoria decameroniana: Andreuccio, «Strumenti critici». VII,
1973, pp. 1-51 poi ristampato in Aldo Rossi Il Decameron. Pratiche testuali e
interpretative, Bologna, Cappelli, 1982, pp. 49-81, 49-52.
Robert Scholes, Robert Kellogg, La natura della narrativa, Bologna, Il Mulino [ed.
or. amer. 1966] 2003.
Mario Baratto, Alessandro Serpieri, Cesare Segre, Giovanni Nencioni, Alberto
Cirese, Il testo moltiplicato. Lettura di una novella del “Decameron”, Parma,
Pratiche, 1982
Viktor Šklovskij, Teoria della prosa, Torino, Einaudi, [ed. orig. russa 1925] 1976.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 39/S3
Titolo: s3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

NARRARE E FARE STORIA II


AA.VV., I formalisti russi, a cura di T. Todorov, Torino, Einaudi, 1968.
Harold Weinrich, Tempus. La funzione dei tempi nel testo, Bologna, il Mulino, (ed.
orig. ted.1964), 1971.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 39/S3
Titolo: s3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Insieme a queste indicazioni possono essere utili letture che riguardano il senso
della storia e come questo senso sia cambiato nella concezione umana attraverso le
varie culture: ad esempio la cultura greca, la cultura romana classica, la cultura
cristiana ecc. Ad esempio un autore fondamentale nel mutare della concezione del
tempo fu S. Agostino. Tenere d’occhio tutte queste cose è essenziale alla
comprensione del fare storia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I RICORDI E
LA STORIA D’ITALIA
Molti sono i modi di leggere un`opera. Tentiamo ora di rileggere alcuni dei
“Ricordi” di Guicciardini in vista di una ripresa e prosecuzione della nostra lettura
della “Storia d`italia”. Un`osservazione preliminare sul titolo “Ricordi”. A differenza
di come sempre lo si interpreta, non vuol dire `’memorie’ bensì considerazioni da
memorizzare, memorabilia. Non a caso gli altri titoli con cui lo storico aveva
chiamato queste brevi e talora brevissime riflessioni scritte è stato “consigli” e
simili.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Cominciamo con il ricordo numero 22. Lo riporto per intero.


“Quante volte si dice:´se si fussi fatto cos¡, saria succeduta o non succeduta la
tale cosa`, che se fussi possibile vederne el paragone, si conoscerebbe openione
false”.
In una traduzione intralinguistica in italiano standard contemporaneo il ricordo
suonerebbe nel seguente modo:
“Quante volte si dice `se si fosse fatto così la tal cosa sarebbe successa o non
successa`, le quali, se fosse possibile verificarne la realizzazione alternativa, tali
opinioni si rivelerebbero false”.
Nella prima versione il ricordo suonava così:
“Quanto è fallace el commune ragionare degli uomini che tutto il dì dicono: `se
fussi stata la tale cosa o se non fussi stata la tale, sarebbe seguito el tale effetto!`
Perché, se si potessi sapere el vero, el più delle volte gli effetti sarebbono seguiti
e medesimi, ancora che quelle cose, che si presuppone che gli arebbono potuti
variare, fussino stati di altra sorte”.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40/S1
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I RICORDI E LA
STORIA D’ITALIA
Il ricordo colpisce al cuore il sogno di poter ridurre gli eventi e le vicende storiche
a una catena di cause ed effetti nella quale a una causa o comportamento
corrisponderebbe automaticamente un certo effetto e nessun altro. La bordata
contro questo approccio, che riguarda apparentemente la ricostruzione a
posteriori di fatti ed eventi, coinvolge anche quello speculare di una previsione dei
fatti futuri in base ai dati del presente.
È lo scetticismo di Gucciardini; che per alcuni è parso pessimismo.
Il futuro, dice Guicciardini, non è prevedibile meccanicamente. E ncompiere una
scelta sbagliata non dipende dall`aver compiuto un`analisi sbagliata.
Semplicemente perché non esistono analisi sicuramente corrette, e non esistono
alnalisi sbagliate.
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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40/S1
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Stando a questo ricordo, non possiamo mai verificare la possibilità della


correttezza dell`analisi alternativa, poiché le vicende storiche sono uniche: la
storia è andata come è andata, in un modo, non si ha la possibilità di vivere una
storia alternativa. Guicciardini, ameno qui non sembra giungere alle ipotesi
profondamente scettiche secondo le quali nemmeno una ipotesi sul futuro che
corrisponde agli eventi poi realizzati è confermata dalla storia. Sembra costeggiare
questo pensiero, però si muove attraverso situazioni simili.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40/S2
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA STORIA D’ITALIA
L`ozio e l`isolamento forzati dal potere politico che segnano gli ultimi anni di Guicciardini
sono il contesto indispensabile per ila sua opera finale, la Storia dÌtalia. Sebbene
Guicciardini possa vere una volta avuto la spaeranza di guidare Cosimo de`Medici, perfino
di dargli in sposa una figlia, il vecchio patrizio si ritrovò rispettato però privo di autorità
dopo molti anni di servizio in cui molto aveva sacrificato come molto aveva vinto. Il potere
lo aveva spogliato dell`idealismo, e il servizio ai dominatori assoluti, i Medici, aveva
dissolto la solidarietà di classe. Era ricco, naturalmente, ma senza figli, e alla sua morte la
sua ricchezza sarebbe stata divisa fra i suoi fratelli. Due dei fratelli, Jacopo e Girolamo,
avevano mantenuto gli interessi d`afffari tradizionali della loro classe. Luigi, il maggiore, si
era, d`altra parte, votato professionalmente alla politica, mentre un quinto fratello,
Bongianni, si era ritirato a un ozio colto e nobile nelle proprietà ereditate. Il patriziato stava
cambiando.
I figli di Pietro Guicciardini avevano, in gradi differenti, virato dagli ideali albertiani
accuratamente perseguiti dal loro padre. Piero aveva combinato attenti investimenti con
attenta politica.
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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40/S2
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Per lui, in significativo contrasto con i suoi figli, la politica era un dovere di classe
che lui si era sobbarcato spesso controvolgia e dal quale non si aspettò né
ricevette un profitto. Francesco ereditò la posizione del padre nella città, ma
economicamente e politicamente egli sembra essersi allontanato dalle tradizioni
che avava messo in cornaca da giovane e dalle virtù che aveva elogiato nel padre.
Quanto Guicciardini percepì questi cambiamenti rimane largamente una materia di
congettura. Perfino una relativamente concreta materia come la sua personale
visione dei Medici e la sua relazione con il loro regime non è facile da specificare
con sicureza. Guicciardini fu sopra tutto un uomo prudente e reticente. La sua
corrispondenza, che potremmo aspettarci rivelare di più il suo lato personale, è in
larga misura ufficiale, offrendo pochi indizi alla sua vita privata o al suo carattere.
E poiché l`insieme delle sue scritture riguarda gli intervalli di inattività, la sua
corripondenza raccolta, il Carteggi, è più nutrita negli anni di attività politica e
scarsa nei periodi di impegno letterario.
Quindi se cerchiamo di indagare la questione dei rapporti di Guicciardini con i
Medici, i Carteggi offrono poco per gli anni trenta ma nessuno per gli ultimi anni
della decade in cui la Storia fu di fatto composta.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40/S2
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Non c`è dubbio che dal 1530, dopo la caduta dell`ltima repubblica, Guicciardini
vide la sua fortuna interamente legata al successo politico dei medici. Ma ciò
conduce semplicemente a una futura domanda. Fu il regime dei Medici un regime
assoluto al quale Guicciardini si sentì legato come un servo ai suoi padroni? O
partecipò al nuovo governo come un partner, sebbene di minoranza, e mantenne
un senso di indipendenza? Chiaramante c`e dietro il nostro scopo il tentativo di
analizzare il carattere del governo dei Medici a Firenze dopo il 1530, ma possiamo
avere una impressione dai Carteggi del senso dei suoi diritti e dei doveri di
Guicciardini. In alcune di queste lettere sembra chiaro che, almeno nella propria
mente, Guiccardini mantenne una certa indipendenza, e che egli non vide i Medici
come autorità assolute alle quali doveva acconciarci a tutti i costi. Prova di questa
attitudine si trova nelle lettere di Guicciardini in connessione alla sua aspettativa di
essere di nuovo designato a Presidente della Romagna, il lucroso officio che aveva
tenuto prima dei problemi. Era ansioso di lasciarsi alle spalle quello che Ridolfi
chiama l`amaro di Firenze e cominciare a recuperare le sue fortune, che erano
andate perdute con le esazioni della Repubblica e la perdita dei suoi stipendi
ufficiali.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40/S3
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CIRCOSTANZE 1
Quando iniziarono i pettegolezzi che questo ufficio sarebbe stato dato al suo rivale Valori,
e l’offerta di una posizione ugualmente prestigiosa di governatore di Bologna non lo
tranquillizzò. Soprattutto in quanto si aspettava che a Bologna avrebbe mantenuto uno
standard più appariscente e costoso. Il lettore che scorra attraverso la sua lunga
corrispondenza rivive in parte l’agitata noia di Guicciardini mentre aspettava che
l’indeciso papa affidasse l’ufficio. Alla fine, accettato il governatorato di Bologna, irritato
da ulteriori ritardi, croma:oncesse alla sua ira di esplodere in una molto poco diplomatica
lettera a Roma:
«Credevo bastasi avermi tolto l’uficio del Monte così honorevolmente, come se io
havessi assassinato el comiune, havermi tractato nella Presidentia di Romagna della
sorte sapete voi, doppo havermi astrecto contro a mia voluntà a fare a Roma le querele
de’ Romagnuoli et messomi per questo verso una mitera in testa, sanza che hora mi
facessi questa altra, che in quattro mesi sarebbono pure troppe a ogni vile cencio. Io
sono risoluto a seguitare lo expedirmi totalmente per andare al governo, deliberato che
questa cosa habbia più presto qualunque fine che stare così.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40/S3
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Et se Sua Sanctità l intenderà altrimenti, gli rimanderò subito el breve del governo et
le patente a Cibo, et piglerò di me quello partito che Dio mi spirerà, il che non farò nè
per superbia nè per collera nè per mancare di cognoscere quello che importi el
governarsi così et quello che habbia a tirarsi drieto. Ma ancora che io stimi quanto è
conveniente la gratia di Sua Santità et la servitù con casa sua, tamen in tucte le
actione mie ho sempre stimato et sempre stimerò più l’honore mio che qualunque
altro rispecto et con questo stile et modo di vivere andrò insino alla morte et seguiti
che vogla» (Lettera del 19 maggio 1531).
Concludendo questa diatriba, egli chiede al suo corrispondente di vedere che
Clemente legga la sua lettera.
Naturalmente questa esplosione non rappresentaa il tono normale della
corrispondenza di Guicciardini con Roma, ma suggerisce almeno i limiti della sua
disponibilità. Sebbene l’esagerazione della sua reazione può condurci a sottovalutarla
come qualcosa di momentaneo e incontrollato, c’è un’altroindizio sulla stessa linea
nei Carteggi. I suoi commenti sulla forma futura del governo dei Medici, come
vedremo, non dimostra solo una volontà di dire ai Medici verità spiacevoli, ma anche
anche mostrare che le sue scelte politiche continuano a essere fondamentalmente
per i patrizi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 40/S3
Titolo: Lezione 40
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il restauro del ruolo dei Medici a Firenze aveva dato alla città un governo che nel
carattere aveva qualcosa di provvisorio. Clemente deteneva il potere reale ma era
papa e risiedeva a Roma, così né il suo officio né la sua ubicazione gli permettevano
di dare attenzione giornaliera a Firenze. Inoltre, Clemente sperava di evitare il
pericolo dei tumulti passati, che avevano visto la sua famiglia espulsa due volte dalla
città. Egli aveva intenzione di stabilire un regime più autocratico e meno vulnerabile,
ma era ansioso nello stesso momento di evitare di dare l’impressione di averlo
imposto su Firenze. Fu con la speranza che quindi altri lo facessero per lui che il
papa sollecitò un gruppo di fiorentini altolocati a riflettere su una nuova costituzione,
e certamente non fu nello spirito di una richiesta libera e liberale che fu richiesto il
loro consiglio. Guicciardini, essendo assente dalla città, diede il suo paere in un
numero di lettere nelle quali prende una posizione moderata. Più informalmente in
lettere scritte dopo che Clemente aveva compiuto il passo decisivo di sistemare
Alessandro, suo figlio illegittimo, come duca, egli diede ulteriori consigli e informò
Roma della reazione dei cittadini. Come spesso accade, Guicciardini non crede che
la forma della costituzione in quanto tale è il punto vitale. Possiamo presumere che
egli vide la costituzione quale una questione che, come altre astrazioni, non
dovrebbe meritare fiducia o attenzione.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CIRCOSTANZE 3
E’ difficile dire come questa immagine della relazione con i Medici cambia nell’ultima
parte della decade, il periodo del nostro maggior interesse. Il suo biografo, Francesco
Ridolfi, suggerisce un crescente allontanamento a partire dalla morte del suo vecchio
protettore, Clemente VII. E lo steeeo suggerimento di distanza può essere letto sotto la
superficie impersonale dell Storia. Alla fine la storia resta il nostro maggior indizio. Un
lavoro ‘oggettivo’ scritto scritto da un uomo anziano in pensione, questa storia pubblica
non mostra alcun compromesso con le realtà politiche del presente che ci si
aspetterebbe siano contenute da lettere politiche private. E non c’è alcun dubbio che
intendeva la sua storia comeil testimone supremo dei suoi pensieri. Qui egli mostra poco
amore per i suoi precedenti protettori, non perdona loro niente, e nel più brillante dei suoi
caratteri studia, rivela senza pietà tutte le inadeguatezze dei due papi Medici.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Del resto la corrente correva contro i patrizi che non volevano essere cortigiani.
L’ultima repubblica aveva mostrato che l’alternative all’assolutismo non era
l’oligarchia bensì il populismo savonaroliano. Non ci sarebbe stato ritorno all’ideale
che Lorenzo aveva simbolizzato di armoniose relazioni fra un reggitore non coronato
e il vecchio patriziato mercantile, un ideale che Guicciardini aveva condannato come
tirannico nei suoi primi giorni ma che vines la sua approvazione nei suoi più tardi, più
difficili giorni. Così dopo il 1530 non c’era scelta, per sè e per Firenze. Egli era uno
degli uomini guida del restaurato regime e apparve davanti all’Imperatore come
l’avvocato dei Medici contro gli esiliati repubblicani. E nel 1537 egli può ancora fare
quel futile tentative di imporre condizioni su Cosimo, un atto che inevitablmente
appare nei libri di storia come un gesto donchisciottesco, sebbene potrebbe essere
visto ugualmente come l’ultima espressione della tradizione della costituzione mista,
abbracciata da uno dei pochi della vecchia guardia non compromesso con la recente
repubblica né completamente devoto dell’assolutismo. In ogni caso, donchisciottesco
o no, l’inevitabile effetto della successione di Cosimo fu l’ulteriore isolamento
dell’anziano consigliere, già un nemico dei repubblicani esiliati. Quanto mai prima,
Guicciardini aveva il tempo e l’ncentivo per scrivere.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Alla fine, un’accettazione della polarizzazione politica al di là del cinismo,


pessimismo, o egoismo era l’unica risposta, oltre al pensionamento e ll’esilio, e la
Storia d’Italia era sia pensionamento che una sorta di autoesilio. Alcuni come Nerli,
trovarono facile acconciarsi all’assolutismo, dal momento che videro come
l’inevitabile soluzione al perenne problema fiorentino delle fazioni. Ma in Guicciardini
restano una tensione, una resistenza all’inevitabile, che riflette non solo la sua
biografia ma il destino collettivo dellas sua classe. La buia visione guicciardiniana
della storia, che molti da Montaigne in poi hanno trovato meritevole di obiezioni, è
piuttosto il personale pregiudizio di un uomo sempre acuto e cinico e ora divenuto
vecchio in tempi difficili. C’è anche un’espressione di disperazione di una classe
spiazzata che ha perso la sua indipendenza e potrebbe mantenere la sua dignità e i
suoi privilegi solo servendo un principe che una volta, non molto tempo fa, era stato
suo pari.L’opera di Guicciardini è un capolavoro isolato; la sua storia è un prodotto
della resistenza alla storia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41/S1
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CIRCOSTANZE 3
C’è un chiaro pattern nell’attività letteraria di Guicciardini. In gioventù scrisse perché la
politica non gli si era ancora dischiusa. A metà carriera la riprese di nuovo quando gli
eventi lo avevano temporaneamente allontanato dall’attività politica. Ora, allontanato di
nuovo e forse disamorato, scrisse per rivalsa. Ma non era solo il piacere di scrivere a
contare in tutte queste occasioni. C’era sempre qualcosa che voleva fare con la sua
scrittura – quache effetto da produrre, qualche decisione da preparare – perché
Guicciardini non era innanzitutto uomo di lettere. Con la sua penna poteva indulgere alla
passione per gli argomenti di un avvocato, al gusto dell’analisi di un intellettuale,
all’amore del fatto di un burocrate. Ora era questione di una grande retrospettiva in cui
potevano combinarsi tutte queste facoltà. Ovvio che dal punto di vista pratico non c’era
niente che poteva essere fatto per la tragica storia d’Italia dell’ultimo mezzo secolo.
Guicciardini non aveva una missione di profeta di un Machiavelli né la fede umanistica
nella lezione della storia. Ma la storia vivente poteva essere raccolta nella storia scritta,
poteva essergli data forma, analizzata e spiegata.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41/S1
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Poteva darsi la colpa con indipendente rettitudine non permessa a un amministratore


dei Medici. E così senza alcuna esitazione egli chiama per nome i suoi personaggi
negativi: i reggitori d’Italia, i Medici, gli Sforza, i Borgia, i Della Rovere e il resto,
inclusi i regimi di Firenze e Venezia. Nella scrittura, poi, poteva esserci una sorta di
risarcimento e un different tipo ti fama. Il fallimento dei propri consigli, che avevano
condotto al sacco di Roma, potevano eesere mostrati come una piccola parte di un
crollo enorme della politica italiana. Pezzo a pezzo si sarebbe visto che le tradizioni
degli stati italiani erano state abusate e la loro vitalità distruttafino all’inevitabile
conclusione raggiunta nello spettacolo di Roma saccheggiata e l’Italia in un umiliante
soggezione.
Trattando con un uomo della reticenza di Guicciardini dobbiamo avvicnarci alla sua
biografia intellettuale attraverso indizi e congetture, e pr questi ultimi anniquesta
limitazione è perfino più vera. La nostra migliore fonte, è la Storia d’Italia, e lì
troveremo più indizi ancora. Il primo di questi è la genesi del lavoro, come Ridolfi l’ha
rivelata. Guicciardini apre la sua storia con la propria decisione di scrivere delle
guerrre d’Italia dacché lo straniero era stato chiamato dagli stessi principi italiani. Ma
quando cominciò nel 1535 a scrivere la storia dei suoi tempi non le sue intenzioni.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41/S1
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Invece, nel lavoro preliminare ora conosciuto come ‘Commentari’, narra gli eventi che
seguirono la battaglia di Pisa, la decisiva sconfitta delle ambizioni della Francia in
Italia, e probabilmente intendeva proseguire la sua storia fino al sacco di Roma.
Chiaramente questa era una storia di importanza molto grande, ma soprattutto era
una storia in cui avev visto di prima mano e per le cui tragedie aveva qualche
responsabilità.
Ma a un certo punto che non possiamo fissure, egli arrive a vedere l’inisfficienza della
sua originaria cornice cronologica (e quindi concettuale), e individuò l’unità della
storia d’Italia dalla morte di Lorenzo. Le sue proprie azioni, quelle dei suoi padroni I
Medici, la Battaglia di Pavia e le conseguenze a Roma tutto ciò sarebbe stato
compreso solo se di queste più recenti calamità si ritraessero le origini. Solo una
volta costruita una spiegazione esaustiva del disastro del Sistema di stati dell’Italia
non si sarebbe compresa la presente egemonia spagnola e l’impotenza degli italiani.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41/S2
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CIRCOSTANZE 5
Quest asezione comincia con un ricordo della fredda e franca discussion degli interessi
del ‘Governatore’, come Guicciardini chiama sé stesso

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41/S2
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’impulso di G. A scrivere la storia dei suoi tempi fu certamente più che letterario,
sebbene la fama letteraria anche lo attrasse. Nel ‘Commentario’ aveva iniziato non
dove più tardi come storico avrebbe riconosciuto un inizio, ma dove la storia lo aveva
toccato più da vicino come partecipante alla storia. Ma non è solo nella genesi della
Storia d’Italia mostra i segni della posta personale di G. negli eventi che mette in
cronaca. In due occasioni ebbe un ruolo chiave in una crisi politica o militare, prima a
Parma e poi a Firenze. Qui, dove i suoi due ruoli convergono, dovrebbe essere
possibile apprendere qualcosa sulla relazione tra la stoira che G. visse e la storia che
scrisse.
Il primo dei due momenti riguarda la sua difesa di Parma. Guicciardini sta servendo
come Governatore di Modena e diviene Commissario anche a Parma. La morte del
suo protettore, Papa Leone, comunque, disturba sia la sua posizione personale e la
sicurezza dell’area. Egli presto si trova ad affrontare la forza superiore di Francia e
Venezia con solo un piccolo esercito e la gioventù di Parma disponibile alla protezione
della città. La sua preoccupazione principale è s eil nemico abbia l’artiglieria con sé;
se ce l’ha, Parma è inidifendibile, ma se non ce l’ha, la città può essere difesa con le
sue magre forze.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41/S3
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CIRCOSTANZE 5
La nostra sezione inizia con un rapporto della fredda e franca discussione degli interessi
del «Governatore», come G. chiama se stesso, senza naturalmente violare il decoro
indicando che egli è anche l’autore della storia. Avendo poca speranza di un ulteriore
impiego nella Chiesa ora che il suo protettore è morto (infatti si lascia intendere che egli
potrebbe avere ragioni per volere la Chiesa più umile) e non avendo famiglia o un
interesse personale a Parma, è raginevole che il governatore dovrebbe scegliere di
abbandonare la città piuttosto che correre personalmente il rischio dell’assedio.
Rivolgendosi agli abitanti, il Governatore deduce che la propria volontà di stare e
combattere prova la sua convinzione che il nemico non ha la necessartia artiglieria. Gli
abitanti sono incerti e sono intenzionati a evitare il sacco arrendendosi, ma il
Governatore li trattiene dal farlo finché è troppo tardi e loro sono costretti a difendere la
loro città. La città è quindi salva e G. può congratularsi per aver esposto volontariamente
se stesso a pericoli che non gli avevano portato alcun profitto eche egli poteva evitare
senza alcun tipo di disonore. (Il tutto nel librro IV della Storia d’Italia).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41/S3
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nonostante questa apparente vittoria dell’onore sull’interesse, la narrazione è fatta


continuamente in termini di utilità e di interesse, perché è facendo appello a queste
qualità che il Governatore riesce a sviare i cittadini e comprare abbastanza tempo.
Avendo una migliore informazione dei cittadini, egli è convinto che il nemico non ha
cannoni per l’assedio, nonostante le voci contrarie. Se la situazione fosse differente,
egli dice ai notabili della città, egli sarebbe il primo a voler partire. Quindi il
Governatore è abile a vincere usando argomenti razionale che fanno appello
all’utilità, la sua propria come quella di Parma. Fra le sue qualità vincenti c’è la
costanza che è erlogiata, non la sua virtù. Egli ha successo perché sa quel che sta
facendo, ha una comprensione migliore degli altri, e ha una buona conoscenza della
loro psicologia – e fondamentalmente per la sua forte posizione. Egli non è,
sottolinea, un soldato. Sebben la parola non sia usata, è la prudenza che crea i suoi
successi, una virtù politica piuttosto che un a virtù militare. Egli è in grado di
riconoscere che la vera minaccia per Parma non è l’impeto dei soldati ma il coraggio
dei cittadini.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 41/S3
Titolo: Lezione 41
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E alla fine, l’appello del Governatore ai suoi propri interessi la vince sulla sua
reputazione e onore. Nei Ricordi si dice che l’onore e la reputazione hanno una utilità
potente, e ora vediamo il contrario: che un appello alla utilità può anche portare
reputazione. L’uomo fortunato, ha scritto Guicciardini in quelle massime, è quello il
cui onore e interesse coincidono.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 42
Titolo: Lezione 42
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UN SECONDO
AUTORITRATTO
Il secondo maggior pezzo di autoritratto nella Storia d’Italia dischiude di più della
immagine di sé di G. Questa volta l’occasione è un fallimentare colpo di stato a Firenze
tentato da un gruppo di giovani nobili, un evento che avvenne appena prima del sacco di
Roma e fu l’annuncio della debolezza del regime dei Medici a Firenze (Storia d’Italia, V).
Dei giovani uomini riuscirono ad occupare la sala del comune, ma non poterono
sollevare la città alle armi come avevano sperato. Il cardinale di Cortona, che era
governatore di Firenze in nome di Clemente VII, si preparò a sconfiggere la ribellione con
l’aiuto dei soldati francesi nel campo vicino. Ma Cortona non pensò a quanto un conflitto
armato sarebbe costato alla città vulnerabile:

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 42
Titolo: Lezione 42
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

«Donde preparandosi pericolosa contesa, perché lo espugnare il palazzo non poteva


succedere senza la morte di quasi tutta la nobiltà che vi era dentro, e anche era
pericolo che, cominciandosi a mettere mano all’armi e all’uccisioni, i soldati vincitori
non saccheggiassino tutto il resto della città, si preparava sì molto acerbo e infelice
per i fiorentini; se il luogotenente con presentissimo consiglio non avesse espedito
questo nodo molto difficile (...)».
Fra questi due eventi Guicciardini è stato promosso e appare ora come il
luogotenente sebbene ancora una volta non è identificato come autore della storia.
Qui, nella propria città, la sua veloce azione previene un possibile scontro disastroso.
Avendo notato Federigo da Bozzole venire fuori del palazzo dopo un infruttuoso
negoziato con I ribelli, il luogotenente intercettò Federigo prima che potesse dire al
Cardinale della debolezza della posizione dei ribelli. Il luogotenente soppresse questa
informazione (che avrebbe spinto I soldati ad attaccare immediatamente) e, andando
nel palazzo lui stesso, fu capace di persuadere i giovani a rinunciare alla loro rivolta.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 42/S1
Titolo: Lezione 42
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

OSSERVAZIONE SUGLI
AUTORITRATTI
«Cosí, posato il tumulto, tornorono le cose allo essere di prima. E nondimeno (come è
piú presente la ingratitudine e la calunnia che la rimunerazione e la laude alle buone
opere), se bene allora ne fusse il luogotenente celebrato con somme laudi da tutti,
nondimeno e il cardinale di Cortona si lamentò, poco poi, che egli, amando piú la salute
de’ cittadini che la grandezza de’ Medici, procedendo artificiosamente, fusse stato
cagione che in quel dí non si fusse stabilito in perpetuo, con l’armi e col sangue de’
cittadini, lo stato alla famiglia de’ Medici; e la moltitudine poi lo calunniò che,
dimostrando, quando andò in Palagio, i pericoli maggiori che non erano, gli avesse
indotti, per beneficio de’ Medici, a cedere senza necessità.
Questa e è correlata con quella successiva: e la moltitudine. Il luogotenente viene
accusato da entrambi i lati. Il cardinale di Cortona e la moltitudine.»
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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 42/S1
Titolo: Lezione 42
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’autocompiacimento di Guicciardini in questo passo è stato rimarcato da molti.


Certo non è abitualmente modesto, ma la secchezza non la soddisfazione è il segno
del passo. La descrizione delle azioni del luogotenente segue da vicino le linee già
indicate a Parma. Prudenza, prontezza di reazione, una chiara conoscenza della
propria mente, e della posizione degli altri, queste qualità piuttosto che sfrontatezza
o valore sono i suoi strumenti essenziali. Ma la rivolta di Firenze aggiunge qualcosa
che manca all’assedio di Parma. A Firenze il luogotenente è cittadino e non
amministratore, e le sue azioni sono dirette verso il pubblico bene definito in termini
piuttosto diversi. Vero, una volta ancora egli era preoccupato di prevenire il massacro
di civili da parte dei soldati. Più ancora di questo, egli ora agisce negli interessi
dell’ordine e di cosa avrebbe definito buon governo. E prevedibilmente è attaccato da
destra e da sinistra oer averlo fatto. Gli autocrati hanno perso la loro occasione d’oro
di indurire l’assolutismo del regime, mentre i nemici hanno perso (per il momento) la
loro opportunità dideporre i medici. La posizione di Guicciardini qui è la difesa della
via di mezzo nel governo e agisce come protettore del popolo contro la rapacità dei
dominatori. Questo sembra coerente con le sue successive azioni al tempo della
successione di Cosimo.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 42/S2
Titolo: Lezione 42
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

OSSERVAZIONE SUGLI
AUTORITRATTI 2
Guicciardini molto chiaramente era sicuro della giustezza delle sue azioni, ma c’era poco
spazio per il compiacimento. Questa rivolta che egli aveva aiutato a detonare fu
prontmente seguita da un golpe vincente. Solo poco dopo le notizie del disastro di Roma
avrebbe mandato I Medici una volta in più fuori di Firenze e rimpiazzati con una rinata
repubblica. Abbiamo già considerato il corso delle relazioni di Guicciardini con questo
nuovo regime repubblicano, che finì tre anni dopo in un eroica ma futile difesa e
vittorioso solo nel ristabilire l’autocrazia dei Medici sin una posizione più stabile.
Sembrerebbe ovvio che Guicciardini non potesse essere che amaro a proposito di
questo incidente.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 42/S2
Titolo: Lezione 42
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Non solo era stato personalmente oltraggiato, come dice, per le sue buone opere,
ma riconobbe con sicurezza che queste violente oscillazioni nella politica fiorentina
aveva stabilmente eroso il terreno di mezzo su cui i regimi patrizi una volta si
reggevano. Egli era amaro, ma non sorpreso; ormai la conclusione cinica era
abituale per lui: «come è più presente la ingratitudine e la calunnia».

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 42/S3
Titolo: Lezione 42
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

OSSERVAZIONE SUGLI
AUTORITRATTI 3
Nella lettura di autori che hanno segnato svolte o inflessioni o sia pure semplici
rispecchiamenti del pensiero politico e dell’ideologia, siamo invitati a tenere presesenti e
a soppesare I concetti chiave espliciti e impliciti. Molti di questi sono oggi disusati,
abusati. Concetti come “prudenza, virtù, onore, glooria, fortuna, ecc.” Sono tutti concetti
che accomunano vari pensatori, padre fondatori della scienza politica moderna, ma che
in ognuno di essi si miscelano e si bilanciano in modo diverso, e appaiono in luoghi e
ordini diversi nei testi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 42/S3
Titolo: Lezione 42
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Un grande studioso di questa terminologia è Quentin Skinner, di cui si può veder fra
gli altri Le origini del pensiero politico moderno, Bologna, Il Mulino, 1989.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 43
Titolo: Lezione 43
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA SITUAZIONE ITALIANA
Ai tempi di Guicciardini eventi senza precedent sembrarono divenire quasi ordinari. La
maggior parte erano pien di disastri ma c’erano anche alcuni felici eventi. La scoperta del
Nuovo Mondo, per esempi, fece in modo che almeno in un caso almeno l’uomo modern
avev superato gli antichi. Ma questi segni ottimistici erano pochi e senza dubbio il peso
del cambiamento era di fatto deprimente. Come italiano, Guicciardini non aveva ragioni
di guardare ai cambiamenti avvenuti con il collasso dell’indipendenza italiana con altro
che disperazione. Come conservatore e patrizio fiorentino, egli naturalmente aborrì le
fluttuazioni politiche che diedero potere a Firenze alternativamente ai democratici e agli
autocrati e finalmente finì per consolidare il Granducato dei Medici. E, forse più
importante, scrivendo nei tardi anni Trenta del Cinquecento Guicciardini non aveva modo
di sapere cosa il nuovo ordine, se addirittura un ordine mai, sarebbe uscito da più di una
generazione di caos. Il cambiamento sembrava indipendente e incontrollabile. Il future
d’Italia restava nelle mani meno affidabili, quelle dei principi e della Fortuna.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 43
Titolo: Lezione 43
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Come politico conservatore, Guicciardini disprezzò e resistette al cambiamento, ma


come storico egli lo analizzò con imbattibili dettagli e dedicò tutti i suoi sforzi a questa
forza non benvenuta. Abbiamo già notato che dei due principali temi annunciati nella
pagina d’apertura della storia il primo è la trascinante instabilità delle cose umane,
che Guicciardini paragona a un mare battuto dai venti: «né altrimenti che un mare
concitato da’ venti». L’immagine del mare addita una immagine di cambiamento
come flusso continuo, un movimento di andirivieni senza destinazione o effetto
eccetto larovina del marinaio inesperto. Questa immagine di mutabilità è
probabilmente la più comune e certo la più convenzionale del modo di concepire di
Guicciardini il significato del cambiamento. C’è un concetto che collega l’intera
generazione di storici post-umanisti. Ma cosa va sottolineato di questa tematica
iniziale non è l’affermazione di instabilità, semmai quanto rapidamente l’apertura
convenzionale è spinta in un vortice di cause, colpa, errore, e Fortuna. L’esser pieno
di cambiamenti degli affari umani e l’imprudenza dei principi, temi gemelli di
Guicciardini, sono velocemente messi insieme in un singolo fascio. I principi
dimenticano quanto sia variabile la fortuna e quindi fanno del male a sé e ai loro
popoli.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 43/S1
Titolo: Lezione 43
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA FORTUNA E IL FATO
L’evocazione della Fortuna non è inattesa ma ancora importante. A volte la Fortuna
sembra essere un tipo di incertezza principale che confonde ogni tentativo di predire I
risultati degli eventi. Altrove alla Fortuna è data una apparenza e un modo femminili e
sembre deliberatamente sviare I piani meglio organizzati semplicemente al fine di
resistere allo sconfinare della ragione o del controllo umani. In entrambi I casi, la
mutazione continua è figlioccia della Fortuna; e in nessun luogo più che negli affari
militari l’imprevedibile è così prevedibile:“Ma è grandissima – come ognuno sa – in tutte
l’azioni umane la potestà della fortuna, maggiore nelle cose military che in qualunque
altra, ma inestimabile immense infinita ne’ fatti d’arme”. In un certo senso, ovviamente,
Fortuna è semplicemente una forma abbreviata di più complesse e specifiche
spiegazioni dell’incertezza della battaglia. E, anche, può essere una spiegazione
estrema, una spiegazione dell’inspiegabile. Ma Fortuna è chiaramente più che un
simbolo di un incidente e dell’errore umano, sebbene questi forniscono il materiale con
cui essa lavora. Fortuna è ostinata e random. E, come spiegazione Fortuna è evocate
come una motivazione parallela di eventi per i quali sono date più meticolose
spiegazioni. Chiamare un tipo di spiegazione strumentale e l’altro ornamentale è, credo,
imporre una chiarezza artificiale su una mente disturbata dall’incertezza su tali questioni.
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 43/S1
Titolo: Lezione 43
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Fortuna è una grande livellatrice. Assicura una sorta di rozza giustizia dando a tutti
gli uomini le stesse poche possibilità. Quando un uomo muore nella storia di
Guicciardini l’occasione è sottolineata da non da una biografia cos’ tanto come da
una attribuzione delle sue fortune. Quando la bilancia si posiziona per l’ultima volta la
domanda non è la biografica ‘che ha fatto’ – poiché quello è già nella sua storia – ma
‘come si è comportata la Fortuna con lui?’. Qui non c’è regola da applicare.
Prudenza, abilità, ambizione: quest possono dare a un uomo un posto nella storia,
ma non assicurano l’ultimo successo, come Guicciardini insegna discutendo gli
opposti destini di cattivi così esemplari come Alessandro Borgia e Lodovico Sforza.
La ascesa e la decadenza di furfanti spettacolari occupa una gran parte della Storia
d’Italia, ma c’è anche tempo per una idea di cambiamento più postivo. Per usare
l’immagine di Guicciardini, le insensate, ostili onde del mare sono accompagnate da
correnti e maree più costanti che possono essere crtografate. Questo tipo di
cambiamento ha direzione e velocità, sebbene Guicciardini nonfa mai una coerente
differenza, potremmo chiamarlo più facilmente fato che Fortuna. Che cosa il fato
dell’Italia sia già lo sappiamo dall’aver seguito la cronologia della spirale mortale
dell’indipendenza italiana. Ma la Storia non è così esplicita su questa questione di
cambiamento diretto come sono i Ricordi. Il numero 140 del testo B dei Ricordi
recita:
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 43/S2
Titolo: Lezione 43
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FATO E FORTUNA 2
«Le cose del mondo non stanno ferme, anzi hanno sempre progresso al cammino a che
ragionevolmente per sua natura hanno a andare e finire; ma tardano più che non è la
opinione nostra, perché noi le misuriamo secondo la vita nostra che è breve e non
secondo el tempo loro che è lungo; e però sono e passi suoi più tardi che non sono e
nostri, e sì tardi per sua natura che, ancora che si muovino, non ci accorgiamo spesso
de’ suoi moti: e per questo sono spesso falsi e giudici che noi facciamo».
Come nella pagina d’apertura della storia, ci si dice che il cambiamento è parte
inseparabile degli affari umani; ma contro il capriccio rappresentato dallo spesso citato
paragone con il mare, in questo passo Guicciardini scrive di un cambiamento diretto da
qualche principio teologico che inerisce alle cose stesse. Dove nella Storia gli affari umani
sono soggetti (sottoposte) a una pervasiva instabilità, qui il cambiamento è visto come
una sorta di ‘progresso’ verso una fine, un progresso che non è imposto sulla cosa
cangiante ma è per sua natura. Per questa ragione, Guicciardini può parlare di
ragionevolezza del cambiamento (a che ragionevolmente per sua natura). Come spesso,
comunque la sua intenzione è di renderci consapevoli.
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 43/S2
Titolo: Lezione 43
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Sebbene il fatto del cambiamento dia sicuro, la portata del cambiamento è facilmente
fraintesa. Il passo degli eventi può essere così lento che non siamo consapevoli del
movimento. Cambiare così lentamente da essere irriconoscibile non era
probabilmente un problema enorme nell’Italia del dopo-invasioni, ma il senso storico
di Guicciardini è sempre più ampio che l’immediato passato. Più importante, la sua
comprensione dei movimenti della storia possono procedere con glaciale lentezza è
parte del notevole riconoscimento che la vita individuale può essere regolata da
calendari diversi. Quindi, gli errori sorgono nel misurare gli eventi con la brevità delle
nostre vite piuttosto che «secondo el tempo loro che è lungo».
La versione finale di questo ricordo è costruito lungo le stesse linee ma incorpora
alcune importanti varianti:
«Se vedete andare a cammino la declinazione di una città, la mutazione di un
governo, lo augumento di uno imperio nuovo e altre cose simili – che qualche volta si
veggono innanzi quasi certe – avvertite a non vi ingannare ne’ tempi: perché e moti
delle cose sono per sua natura e per diversi impedimenti molto più tardi che gli
uomini non si immaginano, e lo ingannarti in questo ti può fare grandissimo danno:

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 43/S2
Titolo: Lezione 43
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

avertiteci bene, ché è uno passo dove dove spesso si inciampa. Interviene anche el
medesimo nelle cose private e particulari, ma molto più in queste pubbliche e
universali, perché hanno, per essere maggiore mole, el moto suo più lento, e anche
sono sottoposte a più accidenti».
Qui la nota di avvertimento è ancora più forte, essendo introdotta dall’inizio, e la
spiegazione del movimento lento in qualche modo differente. Guicciardini abbandona
ora la metafora biologica per il cambiamento che ha usato prima («la vita vostra... El
tempo loro») a favore di una tratta dalla fisica. Gli eventi pubblici più lentemente che
i privati perché possono maggiore massa o peso («maggiore mole»). Allo stesso
tempo il nuovo testo mette in conto sia i tipi di cambiamento che abbiamo discusso,
qui e là e come proposta, spiegando il passo lento degli eventi. Quindi, il movimento
delle cose è rallentato dallla loro natura e da vari ostacoli; e i fatti storici muovono
più lentamente che quelli privati, a parte che per il maggior peso, perché sono
soggetti a molti accidenti.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 43/S3
Titolo: Lezione 43
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL CAMBIAMENTO
L’ultima frase del ricordo appena letto ci conduce diretti di nuovo all’inizio della Storia: «a
queste instabilità... Siano sottoposte le cose umane». E c’è un ugualmente chiaro ponte
con la storia contenuto nelle righe d’aperura del ricordo. Nella versione precedente di
questo testo Guicciardini aveva parlato in astratto, prendendo «le cose del mondo» a
soggetto. Ora scende nel particolare e critica questa affermazione generale, riempiendo
la categoria astratta dei particolari tipi di cambiamenti ed eventi che ha in mente: il
declino di una città, il cambio di un governo, l’ingrndirsi di un nuovo impero, e così via.
Quanto vicino è questo al rosario di pesti che accompagnano i francesi in Asti:
«mutazioni di stati, sovversioni di regni, desolazioni di paesi, eccidi di città, crudelissime
uccisioni, ma eziandio nuovi abiti, nuovi costumi, nuovi e sanguinosi modi di
guerreggiare, infermità insino a quel dí non conosciute». La corrispondenza fra le parole
del ricordo e queste della Storia sottolinea solo che cosa è chiaro in un centinaio di
luoghi ed era già implicito nella nostra investigazione della cronologia della sconfitta: che
Guicciardini vedeva la sua storia come una descrizione di cambiamento e declino
pervsivi.
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 43/S3
Titolo: Lezione 43
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Più e più volte Guicciaridini annuncia il suo argomento in termini di una serie di
cambiamenti o paragona cose come erano a cose come diventarono. Esattmente
come possiamo prednere la lista di cambiamenti, per la maggior parte deplorevole,
che entra in Italia con gli eserctiti di Varlo VIII come emblematica dell’intera storia,
così possiamo trovare versioni più limitate di questa grande aapertura che introduce
episodi più piccoli. L’introduzione del tema maggiore ha un peso e un’urgenza che
proviene dall’essere nel cuore di qualcosa, ma proprio per questa ragione la
ripetizione di più quieti, piccoli esempi può dirci di più.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 44
Titolo: Lezione 44
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MICROSTORIE E
CAMBIAMENTO
Presto considereremo uno schema ricorrente nella Stori d’Italia, in relazione a bisogni di
una narrativa costruita attorno al fattore cambiamento. Per il momento ho voluto
semplicemente sottolineare il fatto che i temi di Guicciardini sono dinamici e tendono ad
annunciarsi come una serie di cambiamenti.
Un pezzo finale di prova potrebbe aggiungersi qui: il frequente uso della storia in piccola
scala. Queste miniature sono costruite sulle stesse linee che la narrativa maggiore, e
sono generalmente impiegate per riempire lo sfondo di una situazione importante. Un
famoso esempio è la breve storia del papato del Libro IV (censurata nella primissima
edizione). Come le affermazioni tematiche a cui abbiamo accennato, queste microstorie
indicano un rifiuto dello storico di mezzi statici di presentare il suo racconto. Perfino
elementi introdotti da fuori della narrazione maggiore sono lasciati entrare come prodotti
finali di un’altra sequenza storica e non semplicemente accettati come dati.
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 44
Titolo: Lezione 44
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il cambiamento, se è pensato come flusso o progressione, come puramente


distruttivo o determinato, è chiramente un tema maggiore, quasi soffocante nella sua
ubiquità. La conclusione sembra essere che «non è certo opera perduta o senza
premio il considerare la varietà de’ tempi e delle cose del mondo».
Ma come molte volte Guicciardini si ferma poco a estrarre una prescrizione dal suo
studio di cambiamento. Sebbene sia desideroso di affermre il valore di contemplare il
cambiamento, non indica esplicitamente quale lezione siamo tenuti ad apprendere.
Siamo lasciati, presumiblmente, a contemplare la sua storia e tirare le nostre
prudenti conclusioni.
Non solo il cambiamento è un tema attorno il quale le narrazioni si organizzano. Ampi
aspetti della forma narrativa riflettono un’idea implicita di cambiamento e incontra i
bisogni di una storia nel quale il cambiamento è un fatto predominante. Quindi la
nostra contemplazione della mutabilità della storia deve estendersi al di là della
logica esplicita della Storia d’Italia e comprendere il suo linguaggio e il suo ordito.
Passeremo quindi a considerare velocemente questi aspetti più formali della tecnica
narrativa.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 44/S1
Titolo: Lezione 44
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il PASSO NARRATIVO
La comprensione di Guicciardini della dimensione degli eventi dele suo tempo lo avevno
condotto a a stabilire uno scopo straordinariamente visto per la sua storia, un ventaglio
che include ogni angolo d’Italia e spesso anche il resto del continente. Ma le sue
esperienze come diplomatico e le sue battaglie intellettuali dei Ricordi e delle Cose
fiorentine lo convinsero che la storia richiedeva una ricerca dettagliata e esaustiva. Solo
un possesso completo del processo storico, atomo ad atomo, potrebbe soddisfare lo
scetticismo storico dell’autore delle Considerazioni. Questi due requisiti, dettaglio e
scopo, non sono incompatibili, ma sono certamente in tensione. Ai nostri tempi è
normalmente previsto che un campo più ampio implichi automaticamente un dettaglio
meno intimo; ma nessuno si lamenta che l Storia sia troppo generica o troppo vaga.
La soluzione di Guicciardini delle tensioni contrarie di profondità e scopo non fu di trovare
un compromesso bensì di combinarle in un nuovo ordine narrativo. C’è una soluzione
che accresce la domanda del lettore, ma lo ricompensa bene. Indispensabile centro vitale
della storia sono immagini accuratamente dettagliate, e nessuno che consideri l’economia
di Guicciradini a raccontare singoli avvenimenti potrebbe fare la solita accusa di prolissità.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 44/S1
Titolo: Lezione 44
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Un quadro succede all’altro rapidamente. Non possiamo accomodarci in una visione


degli affari fiorentini perché siamo subito a Napoli con i francesi. Non possiamo
seguire Lodovico Sforza direttamente da intrigo a intrigo; ci sono molte altre cose
che cercano di anticipare il Moro come il saggio della diplomazia italiana, e dobbiamo
osservarle tutte. Non c’è perfino abbastanza ininterrotto spazio per la esposizione
sistematica delle visioni dell’autore stesso; come gli altri personaggi di questa vasta
storia, Guicciardini stesso appare occasionalmente, commentando la morte dei
Borgia, o l’umiliazione delle donne di Roma, o presage che segnano un nuovo anno.
L’insieme è dato dal suggerimento di molte parti. La camera costantemente mette a
fuoco particolari. A nessun angolo si consente di dominare e essere identificato con
la vera prospettiva. Allo spettatore si richiede di conseguenza di esere più duttile, più
energico, perché deve seguire il montaggio. Non ci sono lunghi quadri in cui ci si può
rilassare e ascoltare a metà. E ancora questo costante movimento di luogo in luogo
costruisce il senso dell’insieme. L’autore raramente ha bisogno di riferirci la
prospettiva più larga perché siamo lontani solo poche pagine da altri elementi della
storia. Siamo presto habitués della corte di Milano o Francia o Napoli. Abbiamo
ascoltato molti discorsi nel senato veneziano, marciato con molti eserciti, e sentito lo
shock di scontri politici a Firenze.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 44/S2
Titolo: Lezione 44
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CAMBI DI SCENA
La tecnica narrativa non è qualcosa che può essere isolato da altri elementi della storia.
Non appare nella prima frase di ogni paragrafo e scompare dagli altri. Né lo scrittore ci
provvede di una affermazione precisa su come crede che le storie dovrebbero essere
raccontate.Dobbiamo trovare la nostra strada.
Contando i nomi dei luoghi, ciascuno dei quali scenari di un evento descritto nella
narrzione, arriviamo a una specie di indice della velocità narrativa. Il numero di questi
nomi di luogo, si evince, è notevole: cinquanuno in novanta pagine. Sebbene si potrebbe
discutere su singoli casi, la dimensione non è in dubbio. E qusti luoghi coprono l’intera
penisola come Francia, Spagna e Germania. La rapidità e ripetizione delle visite può
prenderci di sorpresa: sei volte a Milano e sei a Pisa, sette a Firenze in un libro (III).
La nostra analisi dà un quadro di un movimento che è quasi inverosimile: una enorme
ricollocazione meno che a ogni due pagine. E ancora una normael lettura del testo non
produce questa fretta; piuttosto ci impressione con la sua calma, lucidità e controllo
stretto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 44/S2
Titolo: Lezione 44
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Alcuni hanno attribuito a Guicciardini u nna compostezza olimpica. Nella Storia, una
maniera controllata, razionale, perfino riflessiva, opera su una tesa e complessa
struttura narrativa. Il lettroe attento sente un eccitazione e un dinamismo nella
narrativa che devono essere fatti risalire alla rapidità straordinaria della falcata di
Guicciardini. Egli sente anche una sicurezza che può solo essere misura della grande
intelligenza dello storico. Il prodotto è tensione e equilibrio dinamico. Non è difficile
trovare eplicite espresioni del reticolo soggiaente, specie se guardiamo agli inzi dei
capitoli che i moderni editori hanno tagliato nlla continuità narrativa. Guicciardini era
chiaramente consapevole delle possibilità drammatiche del suo tipo di narrazione
veloce. Qui lascia due eserciti sul punto di darsi battaglia in un movimento sospeso.
Tornerà, ma solo dopo un viaggio inFrancia per investigare perché l’aiuto della
Francia nonstava giungendo in tempo per aiutare i suoi soldati a Napoli. E così il
brano riprende: «Maggiori pericoli si dimostravano in questo tempo in Lombardia per
i movimenti de’ franzesi, assicurati per allora da’ minacci degli spagnuoli»

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 44/S3
Titolo: Lezione 44
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RITMO E CRONOLOGIA
L’irrequietezza sembra essere la caratteristica dominante della narrazione di
Guicciardini, almeno riguardo alla geografia. Irrequietezza è a sua volta molto vicina al
nostro argomento, che è il cambiamento. E c’è una intima connessione. Un modo di
raccontare come questo, flessibile e veloce, è l’ideale per descrizini ravvicinate di
cambiamento. E la struttura dinamica deve contribuire mimeticamente al nostro senso di
cambiamento.
Paragonato a questo sottile ma pervasivo ritmo, la convenzione formale della narrativa
annualistica ha poco significato. I cambiamenti di anno sono segnalati solo se gli
corrisponde un evento molto significativo. In sé non è un evento. L’interruzione dei libri
avviene solo in corrispondenza con fasi di guerra in Italia. Più spesso la rottura della
continuità avviene se c’è una rottura corrispondente in guerre.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 44/S3
Titolo: Lezione 44
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Finora ci siamo occupati della macro-struttura della Storia d’Italia, il modo in cui
Guicciardini conduce il suo lettore e le sue ricerche da evento a evento. Ma la
costruzione in una scala minore è altrettanto importante, e in certo senso è un
argomento più difficile da affrontare. E’ certo impossibile essere onnicomprensivo
perché significherebbe riprodurre I dettagli di tutti I libri. Il meglio che possiamo fare
è trovare un esempio che concentra alcune tipiche caratteristiche in uno spazio
gestibile, e il capitol 13 del Libro II è ben utile a questo proposito. Cominciamo a
leggerlo e poi lo commenteremo:
“Né pare, dopo la narrazione dell’altre cose, indegno di memoria che, essendo in
questo tempo fatale a Italia che le calamità sue avessino origine dalla passata de’
franzesi, o almeno a loro fussino attribuite, che allora ebbe principio quella infermità
che, chiamata da’ franzesi il male di Napoli, fu detta comunemente dagli italiani le
bolle o il male franzese; perché, pervenuta in essi mentre erano a Napoli, fu da loro,
nel ritornarsene in Francia, diffusa per tutta Italia: la quale infermità o del tutto nuova
o incognita insino a questa età nel nostro emisperio, se non nelle sue remotissime e
ultime parti, fu massime per molti anni tanto orribile che, come di gravissima
calamità, merita se ne faccia menzione. perché scoprendosi o con bolle bruttissime,

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 44/S3
Titolo: Lezione 44
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

le quali spesse volte diventavano piaghe incurabili, o con dolori intensissimi nelle
giunture e ne’ nervi per tutto il corpo, né usandosi per i medici, inesperti di tale
infermità, rimedi appropriati ma spesso rimedi direttamente contrari e che molto la
facevano inacerbire, privò della vita molti uomini di ciascuno sesso e età, molti
diventati d’aspetto deformissimi restorono inutili e sottoposti a cruciati quasi perpetui;
anzi la maggiore parte di coloro che pareva si liberassino ritornavano in breve spazio
di tempo nella medesima miseria; benché, dopo il corso di molti anni, o mitigato lo
influsso celeste che l’aveva prodotta cosí acerba, o essendosi per la lunga
esperienza imparati i rimedi opportuni a curarla, sia diventata molto manco maligna;
essendosi anche per se stessa trasmutata in piú specie diverse dalla prima.
Calamità della quale certamente gli uomini della nostra età si potrebbono piú
giustamente querelare se pervenisse in essi senza colpa propria: perché è
approvato, per consentimento di tutti quegli che hanno diligentemente osservata la
proprietà di questo male, che o non mai o molto difficilmente perviene in alcuno se
non per contagione del coito.”

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 45
Titolo: Lezione 45
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LETTURA DEL BRANO 1


Su scala ridotta questo passo esibisce le stesse caratterisitiche organizzative che
abiamo osservato prima nella Storia come un insieme. Per buona parte, naturalmente,
questo è predeterminato dala selezione in sé, dal momento in cui abbiamo scelto un
passo in cui molto pocco accade. MA la pagina citata sopra dimostra in forma
concentrata la rapidità, la forza e l’efficacia dell’arte narrativa di Guicciardini. E, come
detto sopra, c’è una quantità di microstorie avviluppate nella Storia d’Italia.
Guicciardini comincia dicendoci quanto bene la miniatura si inserisca nella storia più
ampia: essa segue come una sorta di coda. E ancora la sifilide è relazionata alle altre
calamità narrate nella Storia perché, come molti cambiamenti disastrosi, sembra essersi
originata con l’arrivo dei francesi. «Sembra» un parola importante perché di fatto,
nonostante la credenza popolare, il male non ebbe il suo inizio nella invasione. Quindi in
due frasi egli ha messo in posizione la sua piccola storia, e dall’inizio siamo messi in
allerta sulla complessità del suo atteggiamento verso gli eventi che egli sta per
descrivere.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 45
Titolo: Lezione 45
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Guicciardini inizia non con le origini ma con gli effetti della malattia. Per metterla in
modo diverso, comincia con il suo impatto sulla storia. E la descrive nel contest degli
altri mali d’Italia. Come molti aspetti della vita italiana, non aveva un precedente
prima delle guerre. Poi descrive i sintomi, concentrandosi ancora sulla realtà
dell’evento. Trova tempo per castigare I dottori, membri di una professione che egli
in genere considera poco utili. In modo ignorante essi aggravano piuttosto che
alleviare la malattia; e da questo punto di vista possono essere paragonati ai principi
d’Italiache in modo simile portano il disastro sulla loro gente. L’analogia non è
esplicita, naturalmente, ma questo tipo di fallimento del razionalismo o della
prudenza da parte dei dottri, principi, astrologi, e altri è molto importante per
Guicciardini.
La sezione centrale fondamentalmente tratta del cambiamento. La malattia diventa
meno virulenta e ha prodotto autonomamente vari problem collaterali. La
spiegazione di Guicciardini, addita negli astri la prima causa del male ma poi nella
lascivia la seconda causa. Se la prima causa è indipendente dalla scelta umana, nella
seconda si intravede la colpa umana. Approfondiremo questo nella prossima lezione.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 45/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LETTURA DEL BRANO 2


L’epidemia non poteva diffondersi senza il coito, ovviamente un atto riprovevole dal punto
di vista del moralista Guicciardini. I Francesi non sono i colpevoli bensì i peccatori, e ai
francesi non si può che attribuire la colpa di aver diffuso ulteriormente il morbo nella lor
marcia di ritorno nella loro terra.
Lo spirito razionalistico è poi ben visibile nel fare il punto da una parte delle
misinterpretazioni dell’uomo, che tenta di proiettare nell’altro la responsabilità degli eventi
negativi (i Francesi suoi Napoletani, gli Italiani sui francesi); e dall’altra parte nel fornire
l’origine reale dell’epidemia (le conquiste nel Nuovo Continente).
Infine Guicciardini finisce con una nota di caratteristica (sebben rara) idealistica
ingenuità, con la visione delle fortunate isole dove i nativi devono solo bere un sorso di
un infuso tratto da una pianta per curarsi. Come promesso, Guicciardini ritornerà alla sua
America idilliaca più tardi nella storia in cui ristabilisce lo stesso tono.
Ma, attenzione: la visione positiva dell’uomo allo stato selvaggio ha una funzione
fondamentale nello scenario ideologico dell’epoca e di Guicciardini.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 45/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Infatti, laddove altri potrebbero vedere nel selvaggio la prova della connaturata
cattiveria umana, Guicciardini vi vede la prova invece della fondamentalmente bontà
della natura umana. Il rovescio di questa posizione è quindi nel vedere la cattiveria e
il peccato come qualcosa di sovrastrutturale, culturale: una scelta umana. Ancora una
volta la scelta dell’uomo assurge a elemento fondamentale dello sviluppo della storia
e della sua narrazione. Diciamolo all’ingrosso: la questione del libero arbitrio, che
non aveva mai di essere discussa, nel periodo delle lotte di religione e della diffusione
del luteranesimo era divenuta una problmatica scottante e di interesse non più dei
teologi o di chi avesse interesse teologico, bensì di interesse di qualunque
intellettuale.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 45/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LETTURA DEL BRANO 3

In questa breve storia della sifilide c’è tanto di Guicciardini che è caratterisitico delle idee
di Guicciardini quanto dei suoi metodi. Di fatto in un unsieme tanto concentrato è difficile
separare le due cose. Il suo desiderio di completezza, sorprendente in un passo così
breve, di saggezza, di una spiegazione che non lasci aspetti non esaminati e che pure
non esprime il giudizio finale, tutto meravigliosamente unito dalla tipica velocità di G.
Caratteristico è anche il suo ironico divertimento davanti al confondere, accusare, ai nomi
della malattia, chiamato dai francesi il mal di Napoli e comunemente noto agli italiani
come mal francese. Colpisce la similarità della struttura a cosa abbiamo visto prima. Qui
abbiamo in miniatura l’esplicito interesse per il cambiamento, e il cambiamento è
implicito anche nel tracciare la storia dell’evento fino alla sua sorgente.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 45/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Come tipico ci viene dat una spiegazione multipla che fornisce uno schema di analisi
più libero e più felssibile. E’ presente perfino lo svariare geografico così tipico della
tecnica narrative di base di Guicciardini. Soprattutto, lo stesso senso del movimento e
ritmo soggiace alla spedita narrazione. Ma sebben l’evento sia descritto e definito con
la più grande esconomia di mezzi, l’impressione (tipica dei libri di testo, ad esempio)
che stiamo puramente leggendo un précis di un testo più elaborato è completamente
assente. Qui tutti gli elelemnti essenziali sembrano essere presenti e originali.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 45/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONSIGLI DI LETTURA
L’attenzione alla sifilide non deve stupire. Essa fu un’epidemia di diffusione enorme, che
si infiltrò in tutte le maglie della popolazione. La soluzione medica che finalmente si
pensò di aver trovato la soluzione venne quindi a costituire una delle maggiori scoperte
dell’epoca, e come tale fu cantata in poemi, dipinti, ecc.
Su queste scoperte, per quanto riguarda il dato più strettamente antropologico e
culturale fornirò ora alcuni consigli di lettura di classici.
Sulla sifilide si può vedere:
C. Quétel, Il mal francese, Milano, Il Saggiatore, 1993.
Le altre fondamentali scoperte furono quella del nuovo continente, della bussola, ad esso
correlata, la polvere da sparo e la stampa. A parte l’ultima di tutte le altre Guicciardini
tratta in pagine fulminanti nella Storia d’Italia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 45/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

La scoperta dell’America è intrecciata nella mitografia di quel male e trattata nel


nostro passo.
T. Todorov, La scoperta dell’America: il problema dell’altro, Torino, Einaudi,
S. Greenblatt, Meraviglia e possesso: lo stupore di fronte al mondo nuovo, Bologna,
Il Mulino, 1994.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 46
Titolo: Lezione 46
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL RITRATTO 1
D quando Boccalini inventò la storia del criminale che prefer servire nelle galee piuttosto
che leggere il racconto di Guicciardini delle guerre pisane, i lettori che si confrontarono
con la meno ardua scelta fra una buona stori e una grande storia hanno seclto la
soluzione più facile. Perfino il lettore più serio, comunque, può essere intimidito dalla
grande lunghezza della Storia d’Italia e avrà bisogno di mettere a fuoco la sua lettura su
passaggie chiave e problem. I du estudi che seguono sono un tentative di esemplificare I
temi di queste lezioni su un livello più concreto che consente una messa a fuoco più
ravvicinata.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 46
Titolo: Lezione 46
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il modo più chiaro di vedere le qulità della Storia d’Italia è spesso di andare dietro
nelle prime Storie fiorentine. Lì troveremo I semi di future sviluppi ma, più
drammaticamente, alcuni sorprendenti contrasti con il risultato finale della Storia
d’Italia.
Il ritratto di Lorenzo il Magnifico è spesso isolato come il pezzo più fine della scrittura
della prima storia di Guicciardini. Ceto è la descrizione di carattere più rifinita e
sostenuta nei primi lavori, un tipo di esercizio su una scena famosa su cui non tornò
più nella sua storia matura. Se lo si accetta per quell che è, static e in qualche mosto
concepito dal di fuori, questo ritratto è una cosa raffinata, e costituisce un’ampia
prova dell’abilità del giovane storico di eseguire alla perfezione aspetti dello stile
storico-geografico ereditato. In dieci pagine di descrizione morbidamente tracciata
Guicciardini dispone davanti ai nostril occhi un dipinto bilanciato e raffinato di un
despota illuminato, un uomo il cui unico vizio reale agli occhi di Guicciardini fu quello
di aver private la sua città della sua libertà repubblicana.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 46/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LETTURA DEL BRANO 2


Il tipo di ritratto è disposto dalla frase d’apertura:
«Furno in Lorenzo molte e preclarissime virtù; furono ancora in lui alcuni vizi, parte
naturali, parte necessari. Fu in lui tanta autorità, che si può dire la città non fussi a suo
tempo libera, benché abondantissima di tutte quelle glorie e felicità che possono essere
in un città, libera in nome, in ftto ed in verità tiranneggiata da uno suo cittadino».
Questo equilibrio di virtù e vizi, di gloria e non libertà, non è mai disturbata, disputata, o
sviluppata nelle dieci pagine piene del ritratto di Lorenzo. Il successivo passo apporta alla
formulazione già precisa soltanto sulla scorta di una esemplificazione. Il ritratto di
Lorenzo è coerente per tutto il passo: è un tiranno, ma il migliore possibile dei tiranni.
La procedura di Guicciardini sarebbe stata completamente famigliare a un pubblico
umanista letterato fiorentino. Il carattere è descritto come un’accumulazione di virtù e
vizi, esposti uno accanto all’altro, e non come crescita di esperienza, acquistia strato a
strato.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 46/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il ritratto è cosè preconcepito che non comincia con un delle molte virtù che Lorenzo
possedeva, ma con quela che non possedeva: la fama militare. Questo deve esergli
scusato, dice il giovane storico, come mancanza di tempo e non dell’uomo.
L’esistenza di questa categoria vuota e l’esplicito riferimento agli antich (“che
recarono tanto fama negli antichi”) indica chiaramente che dietro la descrizione
individuale di quest’uomo risiede una generic prescrizione di cosa un grande uomo
dovrebbe essere e cosa è un ritratto. L’ulteriore descrizione del carattere procede in
termini di ctegorie di virtù e vizio che non sempre sno predominantemente o
particolarmente di natura politica. Il punto di partenza sembra essere che la
grandezza di un uomo come Lorenzo risiede nella amplificazione della umanità
commune poiuttosto che in qualche monopolizzazione più specificamente politica di
qualità eroiche. Inoltre, I valori morali sono assunti per essere autoevidenti e non
ambigui. Se Lorenzo spende molto tempo facendo il donnaiolo questo è chiarmente
una cosa brutt, non perché sia un qualche segno che sia distratto dai suoi doveri
pubblici o che la donna abbia un’influenza nella politica, ma semplicemente perché
non è dignitoso in un uomo dell’età e della posizione di Lorenzo continuar ein questo
modo.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 46/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL RITRATTO 3
D’altra parte, la preferenza di Guiccirdini verso certe virtù e vizi crea una sorta di
chiaroscuro. Quindi il bisogno di Lorenzo di eccellere in tutte le cose lo conduce sia
verso buone che brutte azioni, e c’è una chiara connessione tra la sua liberalità e il suo
bisogno di attingere al denaro pubblico. Perfino così, queste complessità sono già
implicate nelle guide linne iniziali («furono in lui alcuni vizi, parte naturali, parte
necessari») e sono riprese ancora più chiaramente nella sintesi:
«Ed insomma bisogna conchiudere che sottolui la città non fussi in libertà, nondimeno
che sarebbe impossibile avessi avuto un tiranno migliore e più piacevole; dal quale
uscirono per inclinazione e bontà naturale infiniti benei, per necessità della tirannide
alcuni mali ma moderati e limitti tanto uanto la necessità sforzava».
La descrizione di Lorenzo come tiranno ma il tiranno migliore possibile è una formula
tanto precisa quanto meglio non si potrebbe domandare. E’ anche una formula
complessa. Il carattere di Lorenzo in sé non è particolaremente complicate; egli è visto in
termini espliciti di libido, liberalità, ansia di eccellere, grande intelligenza ma meno
discrezione, orgoglio ecc.
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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 46/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Né l’ombra del vizio dietro le virtù di Lorenzo complica la rappresentazione, poiché è


lo standard del procedimento umanista rappresentare un carattere come un equilibrio
di qualità buone e cattive.
Ma cosa è complesso fino al punto dell’ambivalenza è l’attitudine di Guicciardini verso
un uomo che, più che mostrare quelle virtù e quei vizi, possedeva una egemonia
illegittima sulla città. L’atteggiamento del giovane storico verso il tiranno Medici era
necessriamente qualificato dalla lealtà alla sua classe, uomini I cui obiettivi e valori
non erano fondamentalmente diversi da quelli dei Medici, ma che per la stessa
ragione aborrivano l’esaltazione di uno di loro al di sopra del resto, e che
lamentavano amaramente (come fa Guicciardini qui) che l’asesa del tirann portò con
sé l’ascesa di molti uomini di più bassa condizione. Dalll’altra parte, posto nel contest
della storia recente, Lorenzo assunse valore simbolico come figura dell’epoca
precedente alla caduta. Visto dalla distanza di pochi anni ma nondimeno attraverso
un abisso pauroso, Lorenzo rappresentava per la successiva generazione la
apparente perdita di ordine, pace e equilibrio. Lorenzo assunse quindi i colori del
tramonto e divenne il simbolo della superiorità culturale italiana e della capacità
diplomatica in una età ora persa, quando, come dice Guicciardini, la politica era
ancora fatta di studio.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 46/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL RITRATTO 4
L’ambivalenza del ritratto rifeltte un doppio focus. Il ritratto del Lorenzo storico è solo
metà dello sforzo, l’altra metà del quale è la presentazione del verdetto morale/politico
dell’autore. Questa seconda intenzione appare più chiaramente nel paragone fra
Lorenzo e suo nonno Cosimo, che è il culmine della descrizione. Un tale paragone non
ha propositi narrativi. Come la difesa della amncanza di fama militare di Lorenzoche
avviò lo studio, il paragone conduce il ritratto fuori del suo contesto storico,
implicitamente collocando il ritratto in una galleria di pitture di uomini famosi. Il ritratto
esiste, quindi, non per una narrazione ulteriore maa per invitare al giudizio. Questo
proposito è implicito nel metodo umanistico in sé che astrae l’evento dal suo contesto
nella storia al fine di esaminarlo in termini di caterie preesistenti. L’ambivalenza entra in
questo caso perché c’è una forte tensione fra il giudizio morale/politico (che Lorenzo è un
tiranno) e il contesto storico, nel quale è visto come colui che mantiene la pace.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 46/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il metodo di Guicciardini in questa storia giovanile invita il suo pubblico a partecipare


a un livello morale. Allo stesso tempo, egli limita quella partecipazione duramente
fornendo il verdetto finale sin dall’inizio. Le due metà di questa formula, che Lorenzo
fu un tiranno e che fu il migliore dei tiranni, stabilizza effettivamente l’ambivalenza
che Guicciardini sente verso il suo tiranno panglossiano. Questa stessa formula è
assestata in pagine e perfino prose intere libere di tensioni e sorprese la cui funzione
non è di mandare Avanti l’azione storica bensì di decorarla. Solo una narrative che sia
staticamente concepita potrebbe accettare un tale ornament con facilità.
Abbandoniamo ora l’analisi di quete pagnie del ritratto di Lorenzo, per metterle dalla
prossima lezione a confronto con le tecniche del ritratto nella Storia d’Italia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47
Titolo: Lezione 47
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL NUOVO RITRATTO DI
LORENZO1
Quando torniamo dalla giovanile storia alla Storia d’Italia, torviamo un cambio di
immagine di Lorenzo presentato da mezzi diffferenti. Nel suo saggio sul cambiamento
della valutazione di Lorenzo nelle scritture fiorentine, Feliz Gilbert suggerisce che il
ritratto favorevole di Lorenzo nella Storia d’Italia dovrebbe essere vito in termini di
riasssestamento dell base morale della politica che prende luogo nei dialoghi politici.
Nella visione di Gilbert, l’ambivalenza di Guicciardini verso Lorenzo sparisce quando
riconosce che tutta la politica che è basata sulla forza del potere è una forma di
usurpazione. Quindi la domanda se Lorenzo fosse un tiranno diventa non politica e non è
più posta. Mentre questa analisipuò essere vera per la scrittura politica, non fornisce il
miglior punto di partenza per guardare a Lorenzo nella Storia; qui considerazioni
storiografiche dovrebbero venire prima.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47
Titolo: Lezione 47
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E Gilbert va in qualche modo verso il porle per prime quando scrive:


“Questo ritratto di Lorenzo è stato detto una ‘trasfigurazione’ [da De Caprariis], in
quanto in esso Lorenzo assume dimensioni quasi sovraumane. L’amplificazione della
figura del Magnifico era il risultato della prospettiva in cui veniva collocate. La scena
su cui egli aveva agito non era più Firenze, ma l’Italia intera; la funzione da lui
felicemente esercitata non era stata più quella di governare uno stato cittadino, ma
quella di mantenere la pace in Italia” (F. Gilbert, Machiavelli e Guicciardini. Pensiero
politico e storiografia a Firenze nel Cinquecento, Torino, Einaudi, 1970, pp. 107-8).
E’ chiaro che Lorenzo appare in una luce più positive nella storia successive piuttosto
che nella precedente, m c’è anche un cambiamento nel metodo di presentazione
stessa. Infatti, dato il contrasto nel fine delle due opere, sarebbe sorprendente se
Lorenzo fosse trattato nello stesso modo le due volte. I personaggi di una storia,
come I personaggi di una finzione, devono servire al proposito dell’autore e al
disegno di questa storia. Il modo in cui il carattere è modellato è un element
dell’intero disegno.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL NUOVO «RITRATTO»
DI LORENZO 2
Tanto per cominciare, la parola ritratto stessa è usata in modo discutibile. Lorenzo non
diviene il soggetto di uno studio particolare nella Storia, e il lettore che si aspetta l’estesa,
personalizzata descrizione delle Storie fiorentine sarà deluso. Questa volta Lorenzo è
lasciato quasi senza personalità e senza individualità. Ci sono due occasioni in cui entra
nella storia in modo significativo, e entrambe le volte è visto come un membro di un
gruppo. Nelle prime pagine del primo libro Lorenzo sta in compagnia di papa Innocente e
Ferdinando di Napoli e i tre leaders sembrano quasi intercambiabili. Insieme
simbolizzano una generazione di prudenti uomini di stato ora in via di sparizione. Si
ergono come colonne di un portale attraverso il quale il lettore entra nel mondo
dell’esperienza e della storia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Più tardi, quando la famiglia Medici è espulsa da Firenze, Lorenzo è di nuovo


ricordato. Questa volta il contesto è la sua famiglia, come prima era la sua
generazione. Una volta di più la figura di Lorenzo è appiattita e generalizzata, ma ora
il suo valore simbolico è reso esplicito. Lorenzo era grandemente ammirto, scrive
Guicciardini, «In grande estimazione... La quale dopo la morte si convertì in memoria
molto chiara, parendo che insieme con la sua vita la concordia e la felicità d’Italia
fussiono mancate». Questa è meno questione di nostalgia che di autocoscienza di
Guicciardini circa lo specifico ruolo che egli aveva assegnato a Lorenzo nella storia
(e la parola chiave è parendo). Anche nelle Storie fiorentine Guicciardini aveva reso
chiaro il riconoscimento dell’elemento mitico di Lorenzo, ma Lorenzo come simbolo
di pace e Lorenzo il tiranno vissero difficilmente insieme. Nella Storia d’Italia
Guicciardini è interessato solo al simbolo; un ampio schizzo della personalità è
evitato e la personalità di Lorenzo è lasciata magnificente ma appropriatamente
vaga.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47/S2
Titolo: Il nuovo ritratto di Lorenzo de' Medici
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47/S2
Titolo: Il nuovo ritratto di Lorenzo de' Medici
Attività n°: 1

IL NUOVO «RITRATTO»
DI LORENZO 3
Questo Lorenzo, poi, è anche più statico del precedente, e dire che agisca è
un’esagerazione. Guicciardini non ha tanto messo Lorenzo in prospettiva quanto lo ha
usato per creare una prospettiva. Lorenzo incornicia l’azione, fornendo un’entrata nel
libro e un punto fisso che misura la profondità dello spazio dietro. Tale scorcio lascia
tempo solo per figure simboliche o bidimensionali, non per personalità storicamente vere.
Dopo solo sei pagine della Storia, veniamo al punto cardine dell’opera, il punto fisso:
«Tale era lo stato delle cose, tali erano i fondamenti della tranquillità d’Italia, disposti e
contrapesati in modo che non solo di alterazione presente non si temeva ma né si poteva
facilmente congetturare da quali consigli o per quali casi o con quali armi s’avesse a
muovere tanta quiete».
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47/S2
Titolo: Il nuovo ritratto di Lorenzo de' Medici
Attività n°: 1

Questa descrizione è, naturalmente, deliberatamente, drammaticamente ingenua. E


poi nella prossima frase tutto d’un fiato attraversiamo il punto d’equilibrio, e non ci
arrestiamo dall’immersione per tutto il resto della storia: “Quando, nel mese di aprile
dell’anno millequattrocentonovantadue, sopravvenne la morte di Lorenzo de’ Medici”.
Qui, il primo di così tanti cambiamenti, la narrativa comincia veramente. Ma a
differenza delle Storie fiorentine in cui il ritratto di Lorenzo interrompeva la storia con
una cesura pesante, la breve descrizione simbolica di Lorenzo nella storia più tarda
svolge perfettamente la sua funzione. Tutti gli inizi e le fini nella letteratura sono
artificiali (su questo punto si può vedere Frank Kermode, Il senso della fine, Milano,
Rizzoli, 1972); per quanto ampia sia la sua imagine, Lorenzo è solo una pietra che
segna l’inizio della via.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47/S2
Titolo: Il nuovo ritratto di Lorenzo de' Medici
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca, riportando anche proprie esperienze di lettura,


sull’inizio e sulla fine delle opere narrative (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al docente caricandolo
nell’eportfolio, dove riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL NUOVO «RITRATTO»
DI LORENZO 4
Evidentemente dobbiamo guardare oltre per qualcosa da affiancare al primitivo ritratto di
Lorenzo, ma non è difficile trovare un qualcosa di paragonabile. Il più notevole brano di
studio di un personaggio nella Storia d’Italia si confronta di nuovo con i Medici, questa
volta i papi Leone e Clemente, e sembra negare ogni caratteristica della scrittura
precedente. Una struttura che era piatta e equamente distribuita e uno stile che mancava
di tensione o autocoscienza ora diviene intenzionale e dinamico. La tendenza a
diffondersi in stile e contenuto è rimpiazzata da una nuov concentrazione affidata a frasi
che sono complessamente strutturate. Soprattutto, un quadro tradizionale designato per
ornare la narrativa è trasformato in una breve spirale al cui interno la narrativa, lungi dal
consentire alla storia di perdere il passo, porta nuova energia agli eventi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 47/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Cominciamo con l’ultimo di questi punti. A differenza del primo ritratto, che era
presentato alla morte del soggetto, lo studio di Clemente è parte di una concreta
investigazione dei fattori che hanno influenzato un importante decisione
diplomatica, e è perfettamente inegrato alla narrativa. Brevemente, Roma
affrontava la dubbiosa scelta se unirsi o opporsi a una lega contro l’imperatore. I
pro e i contro della decisione sono stati già discussi in tal modo da enfatizzare le
difficoltà di entrambe le strde; e alla natural irresoluzione di Clemente, il
battibecco dei suoi consiglieri aggiunge ulteriore confusione. Con questo come
punto di partenza, il ritratto punta non tanto a spiegare l’eventuale scelta di
Clemente di unirsi alla Lega quanto a mostrare la inutilità di ogni politica così figlia
di debolezza e indecisione.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

IL RITRATTO DI PAPA
LEONE X
Il proposito di Guicciardini lo conduce ben al di là di un’isolata analisi della personalità di
papa Clemente. La promessa, che ora si rivela, che papa Clemente mostrò quando era
ancora cardinale è presentata come il retroterra essenziale del suo fallimento come
papa. Questo in cambio reclama una qualche descrizione del cugino Leone, il papa che
Clemente aveva prima assistito in modo così brillante. La rete d’indecisione si amplia poi
ulteriormente fino a includere i due principali consiglieri di Clemente, che lo servono così
male quanto una volta egli aveva servito bene Leone. Nello stesso modo, il contrappunto
dei due Medici, nel quale le virtù di ciascuno mettono ironicamente in rilievo la debolezza
dell’altro, è seguito dal più semplice contrasto dei due inutili consiglieri.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

Se uno si fosse aspettato qui un ritratto isolato come nelle Storie fiorentine, la
presenza di queste due figure minori sarebbe un’intrusione, una caduta del decoro
del ritratto. Ma le convenzioni umanistiche del precedente ritratto non servono più al
proposito di Guicciardini, che consiste ora nell’analizzare l’interazione di personaggi
come spiegazione di eventi. E, a parte il suo lungo ritardo ad arrivare a una
decisione, la prova concreta della debolezza di Clemente è la sua fiducia nei
consiglieri che non hanno a cuore il suo interesse e aggravano le difficoltà con il loro
discutere.
Tutti questi pezzi sono elementi essenziali del puzzle della inattività di Clemente. Non
c’è discontinuità nel tema perché la precedente relazione con Leone si rivela alla fine
come quella di un consigliere, non – come si crederebbe inizialmente – il potere reale
dietro il trono di San Pietro. Clemente era solo l’esecutore delle idee di Leone
(“esecutore e ministro de’ suoi disegni”), scrive Guicciardini. Ironicamente, la
precedente eccellenza di Clemente nel ruolo di consigliere diviene lo standard sul
quale misuriamo gli errori dei suoi due ministri che badano solo a sé stessi, e del
papa privo di volontà che li impiega.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sul ritratto nella


narrativa (max una cartella). Può basarsi anche
su letture personali.
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL RITRATTO DI PAPA
LEONE 2
Visto ciò che si è detto, nessun meraviglia quindi che quando Clemente alla fine giunge a
una decisione a favour della Lega è “più perché era necessario deliberare qualche cosa
che per risoluzione e giudicio fermo, trovndosi massime I termine che anche il non
deliberare era speci di deliberare”. Questa è la fine dello studio del personaggio, e qui,
esattamente al punto in cui lo abbiamo lasciato solo un piccolo spazio prima, la
narrazione principale riprende, ma con una chiarezza aggiuntiva.
Questa stretta integrazione dle personaggio alla narrazione riflette la subordinazione del
personaggio di Guicciardini all’azione. Egli mette alla prova l’espletamento di Clemente
del suo officio, specificamente la decisione sulla Lega stata troppo tempo pendente,
mentre assume che I tratti sottolineati della personalità di Clemente siano più o meno
costanti. Quindi l’attenzione è indirizzata su come le stesse caratteristiche conduconoal
successo e ora conducono al fallimento un papa.
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Questo procedimento è coerente con una massimo preferita di Guicciardini, una che
sigilla la sua vision finale di Clemente alla sua morte e che conclude la Storia:
“Perché è verissimo e degno di somma laude quell proverbio, che il magistrate fa
manifesto il valore di chi lo esercita”. L’intenzione di Guicciardini, poi, non è tanto di
riassumere il carattere di Clemente quanto di rivelare quelle delle sue qualità che
divennero evidenti nella sua carica. Il carattere non è indipendente dal contest
dell’azione e non può, quindi, essere risassunto tutto in un punto. Quindi il passaggio
che siamo andati discutendo, sebbene elaborato, è solo una parte del continuo studio
dell’uso del potere da parte di Clemente. Questa subordinazione del carattere
all’azione dà al carattere un importante e continuo ruolo nella determinazione degli
eventi e, paradossalmente, incrementa il suo valore di spiegazione. Allo stesso
tempo, la caratterizzazione perde necessariamente una certa rotondità. Se ciò serve
alla narrazione politica, una descrizione della personalità deve mettere a fuoco da
vicino la vita politica e omettere un più ampio apprezzamento umanistico delle virtù e
dei vizi di un uomo. Il ritratto di Clemente è molto più limitato di quello di Lorenzo,
ma è questo fatto che consente la concentrazione che lo rende efficce.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S2
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S2
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

IL RITRATTO DI PAPA
LEONE
Il ritratto di Lorenzo era concepito in qualche modo astrattamente in termini di categorie
ereditarie che erano moralmente non ambigue e universali. Queste categorie esistono
indipendentemente dall’individuo e consentono allo storico di fare paragoni attraverso la
storia come quello che Guicciardini traccia fra Lorenzo e suo nonno Cosimo. Questo
esercizio sembra sorprendentemente antistorico e disorganico quando posto a contrasto
con il paragone su cui Guicciardini costruisce l’analisi di Clemente. Qui non è questione di
giustapporre due astrazioni al fine di sottoporle ciascuna a una scala comune, magari di
eroismo. Al contrario, il primo obiettivo di Guicciardini è separare le due personalità
intrecciate al fine di comprendere e separare le caratteristiche di ciascuno.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S2
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

Quando il maggior punto del ritratto duale è mostrare quanto ciascuno ha bisogno
dell’altro; a volte, dice Guicciardini, la combinazione dei due opposti funziona molto
bene (“convenga bene insieme la mistura di due contrari”). Separando i due egli
rivela la debolezza di ciascuno senza l’altro. Mentre Leone viveva, Clemente sottrasse
la maggior parte del merito al cugino pigro e gaudente; quando Clemente stesso
diventa papa, la memoria della forza di Leone richiama i punti di forza di Leone per
accentuare il fallimento di Clemente. Nessuno dei due esce da questo pragone
ironico.
Potremmo parlare di una doppia correctio, laddove la correctio è una figura retorica
costantemente utilizzata da Guicciardini.
Le chiare categorie morali del ritratto di Lorenzo sopravvivono solo in forme distorte
e ironiche che non possono accontentare le acute osservazioni dello storico. Quindi,
come Lorenzo, Leone è descritto come “un uomo di somma liberalità; se però si
conviene questo nome a quello spendere eccessivo che passa ogni misura”, ma con
la ironica restrizione: “Non dico di bontà apostolica, perché ne’ nostril corrotti
costumi è laudata la bontà del pontefice quando non trapassa la malignità degli altri
uomini”.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S2
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulle Vite parallele


di Plutarco (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S3
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S3
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

IL «RITRATTO» DI PAPA
LEONE
Successivamente si dice che Leone possedeva uno spirito veramente regale che sarebbe
stato meraviglioso perfino in uno che era disceso da una lunga linea di re e imperatori.
Se l’ironico attacco non è sufficientemente chiaro, Guicciardini prosegue a dire che con la
magnificenza egli degradò l’autorità spirituale del papato e mise a soqquadro lo stile della
corte. E spendendo troppo egli rese necessario essere sempre alla ricerca di denaro con
mezzi straordinari: un’eco del maggior disastro del pontificato di Leone, l’affaire delle
indulgenze. Pesantemente sarcastico ora, Guicciardini dichiara che la dissimulazione fece
sembrare Leone un principe meraviglioso:
“Non dico di bontà apostolica, perché ne’ nortri corrotti costume è laudata la bontà del
pontefice quando non trapassa la malignità degli altri uomini”.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S3
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

Quindi Guicciardini gioca con le categorie morali tradizionali, in modo simile


inapplicabile al suo oggetto presente, e consente allo schema umanista di
sopravvivere nel suo stile maturo solo come un’eco ironica.
Ora che abbiamo visto come è descritto Leone nel suo confronto con Clemente,
possiamo passare ad osservare il ritratto di Clemente, sullo sfondo di quello di Leone
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 48/S3
Titolo: Il ritratto di papa Leone X
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulle indulgenze e


su come esse venivano gestite (max una
cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

IL RITRATTO DI PAPA
CLEMENTE 1
L’esplorazione di Guicciardini del carattere di Clemente è anche ironica in senso
differente. Come già detto, i tratti sottostanti della personalità di Clemente rimangono più
o meno costanti, tuttavia i suoi punti di forza come cardinale si rivelano come la sua
debolezza come papa. Ma nel passo che siamo andati discutendo Guicciardini trattiene da
noi questa rivelazione e gioca sulla naturale aspettativa che un grande cardinale sarà un
papa ancora più grande. Considerando e ripetendo per il lettore decadi di ondeggianti
fortune, Guicciardini costruisce la nostra fede nella promessa di Clemente mettendolo in
gioco contro Leone, dei successi del quale egli sembra avere il merito, soltanto per far
esplodere i nostri pregiudizi e la falsa reputazione quando Leone è morto e Clemente
stesso è papa. Leone, che all’inizio del passaggio è sminuito al fine di farne un
complemento della saliente fama di Clemente, appare alla fine come l’uomo più grande.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

Naturalmente, il punto reale di Guicciardini non è di misurare l’uno contro l’altro ma


mostrare che insieme essi hanno un’adegutezza alla carica che nessuno da solo
possiede.
Quindi, dice Guicciardini, Clemente comincia il pontificato con l’aspettativa nella
mente di ognuno che egli farà cose più grandi di quanto siano mai state fatte prima:
“Ma si conobbe presto quanto erano stati vani i giudizi fatti di Lione e di lui. Perché in
Lione fu di grande lunga piú sufficienza che bontà, ma Giulio ebbe molte condizioni
diverse da quello che prima era stato creduto di lui: con ciò sia che e’ non vi fusse né
quella cupidità di cose nuove né quella grandezza e inclinazione di animo a fini
generosi e magnanimi che prima era stata l’opinione, e fusse stato piú presto
appresso a Lione esecutore e ministro de’ suoi disegni che indirizzatore e
introduttore de’ suoi consigli e delle sue volontà. E ancora che avesse lo intelletto
capacissimo e notizia maravigliosa di tutte le cose del mondo, nondimeno non
corrispondeva nella risoluzione ed esecuzione”
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulle procedure di


elezione dei cardinali e del papa (max una
cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S1
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S1
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

IL RITRATTO DI PAPA
CLEMENTE 2
Soltanto nel corso della descrizione è veramente liberato dal manto dell’apparenza.
Restringendo accuratamente ed espandendo la comprensione del lettore, Guicciardini
giunge a un giudizio finale in un’atmosfera non tanto di sorpresa quanto di certezza, e il
lettore, sentendo che ha compreso l’illusione, è costretto a consentire.
Il nuovo stile di Guicciardini di caratterizzazione sembra richiedere una nuova relazione
con il suo lettore. I valori universali e le line armoniose non complicate del primo ritratto
non avrebbero costituito alcun problema per un pubblico abituato alle convenzioni
umanistiche. Nella descrizione di Lorenzo non c’era bisogno di concessioni al tempo e allo
spazio perché sia lo storico che il suo pubblico ricorrevano a un’idea ereditaria e
apparentemente universale di uomo; e questo a dispetto del fatto che il giovane
Guicciardini scrisse da un punto di vista di patriottismo partigiano e di classe.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S1
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

Ma ora, quando restano solo trace di umanesimo, Guicciardini concentra la sua


attenzione sul lettore in un modo mai fatto prima. Manipola l’accesso all’informazione
del suo lettore, costruendo e distruggendo le sue aspettative attraverso svariati livelli
di comprensione. Questi livelli, a differenza delle cateogrie morali del primo ritratto,
sono organizzati drammaticamente per dare convinzione all’affondo finale. Il pubblico
convenzionale delle Storie fiorentine è chiaramente non adatto a questa analisi del
carattere meno universale e più concretamente politico. Opera più privata delle sue
precedenet, insegnando meno pubbliche verità, la Storia d’Italia in un senso richiede
un lettore piuttosto che un pubblico.
Il pubblico convenzionale non scompare interamente, comunque, ma è interiorizzato
nell’opera come pubblica opinione. Come sottolineato sopra, è la reputazione, non la
personalità di Clemente che cambia: e la reputazione necessita un riflettore. La falsa
aspettativa dell’uomo circa cosa Clemente compirà è tanto importante per il disegno
di Guicciardini quanto la realtà che veramente adempie. La pubblica opinione, qui
come altrove nella storia, è richiamata per stabilire la visione convenzionale e
superficiale.
Lo storico, naturalmente, conosce la verità lungo tutta la narrazione, ma il suo lettore
ideale deve essere prima catturato e poi liberato dalla ingenuità della pubblica
opinione: “Ma si conobbe presto quanto erano stati vani i giudizi fatti di Lione e di
lui”.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S1
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulla narratologia


(max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S2
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S2
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

IL RITRATTO DI PAPA
CLEMENTE 3
La qualità di questi cambiamenti può essere più vivida richiamandoci a un caso analogo:
il cambiamento nello spazio architettonico fra il primo e il secondo Rinascimento. Il
ritratto di Lorenzo, come un palazzo fiorentino del Quattrocento, è lineare, con linee
armoniose e chiare e perfino accenti che aggiungono un equilibrio statico. Dal palazzo del
Quattrocento si diparte una strada o una piazza ampie. I muri piatti con la loro
decorazione superficiale definiscono la linea della strada esattamente e da ogni luogo
sulla strada principale la frontalità del palazzo è intatta. Per contrasto, la presentazione di
Guicciardini del carattere nella Storia d’Italia sembra richiamare la nuova prospettiva e il
senso di movimento che Michelangelo crea nel Campidoglio.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S2
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

Come Michelangelo, Guicciardini costruisce sulle strutture tradizionali ma diverge da


loro per creare un nuovo dinamismo attraverso l’uso di forme più muscolari,
accentuate, e anticlassiche – le virtù ambivalenti, le osservazioni particolari, il
mischiarsi di svariate figure (contrario al decorum) che abbiamo incontrato nel
successivo ritratto.
E, come abbiamo visto, c’è ora un nuovo senso di movimento, il risultato della
consapevolezza dello storico del suo lettore e la manipolazione della sua aspettativa
e comprensione. In modo simile, Michelangelo, non c’è da dirlo, creò forme nuove e
anticlassiche di grande potenza. Il vocabolario dei suoi edifici è molto più scultoreo:
nicchie, false finestre, portici aperti creano un nuovo spazio e una tensione senza
precedenti fra gli elementi architettonici.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S2
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sullo stile


architettonico di Leon Battista Alberti e su
Bramante (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S3
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S3
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

IL RITRATTO DI PAPA
CLEMENTE 4
E un’analisi della nuova qualità di movimento possiede una notevole analogia per
l’esperienza del lettore della Storia:
“L’offerta di vie alternative impone una ambivalenza anticlassica: mentre il visitatore
entra nella piazza, e poi la piazza del Senato, in asse, il suo progresso diretto è sbarrato
prima dala statua, e poi dall’entrata nella scalinata a doppia rampa. Non è solo forzato a
scegliere fra due vie ugualmente efficienti, ma è distratto da una pavimento stellato
prorompente che suggerisce un movimento di tipo diverso, lungo percorsi curvilinei e
lontano dal centro. Egli diviene quindi intensamente coinvolto nell’assetto architettonico
fino a un livello mai richiesto dalla pianificazione del primo Rinascimento. Forzando
l’osservatore in una soluzione personale di questo paradosso, Michelangelo dotò un
movimento, che normalmente è solo un modo di andare da un posto all’altro, di
implicazioni estetiche”
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S3
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

(James Ackerman, The Architecture of Michelangelo, Harmondsworth, Middlesex,


Penguin1969, p.156)
Le linee che si irraggiano nella piazza michelangiolesca provvedono un magnifico set
alla statua centrale, ma aiutano a mascherare la forma non ortodossa di questa
piazza disposta in cima a una villa. E per il visitatore che si è fatto strada sui gradini
del Campidoglio queste linee tagliano ora il suo sentiero piuttosto che indicare la
direzione che dovrebbe prendere. Per contrasto le linee dritte del palazzo ideale del
Quattrocento, come la rete di vizi e virtù del ritratto di Lorenzo, dosano uno spazio
coerente e facilmente compreso. Allo spettatore di Michelangelo, come al lettore di
Guicciardini, si presenta una serie di visioni parziali, egli attraversa uno spazio
irregolare organizzato meno dalla geometria che dal dramma.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 49/S3
Titolo: Il ritratto di papa Clemente
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sul Manierismo e


su Michelangelo (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

IMPETO
Le preoccupazioni di un autore sono spesso rivelate da una parola o da una frase
ricorrenti. L’attenzione di Guicciardini al cambiamento, che abbiamo visto riflessa nella
struttura narrativa della Storia d’Italia, è manifestata una volta in più dall’uso ripetuto e
insistito della parola impeto. Le sue applicazioni sono diverse ma peculiari. È applicato a
individui, nazioni e gruppi, alla Fortuna, forze storiche, macchine militari, e perfino
emozioni. Ancora, è applicato a ciascuno di questi selettivamente e profusamente. Più di
tutto, sebbene impeto sia spesso contrapposto a valori molto apprezzati come prudenza,
ha a che fare molto con il successo: lo sfuggente idolo del pensiero politico fiorentino.
Insomma, impeto cristallizza attorno a sé alcuni elementi significativi della storia, e non
meno di questi gli elementi del cambiamento.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Impeto acquista molte connotazioni nella Storia. Nella fisica medioevale l’idea di
impetus svolgeva un ruolo importante nella teoria del moto. Secondo questa teoria, il
movimento di un proiettile è calcolato secondo il suo impeto, e tale impeto era
acquisito dal semplice fatto stesso di essere in moto. L’impeto, quindi, è un’energia
contenuta all’interno di un corpo in moto, un’idea che aiutava a risolvere il problema
di perché un corpo in movimento non si fermava immediatamente quando la forza
originale del movimento era tirata indietro. È ovvio che le idee avrebbero trovato un
posto nella discussione di balistica. E da lì non è difficile immaginare che impeto
passi nel vocabolario di un osservatore della materia militare come Guicciardini.
Guicciardini trova nuovi usi di questa parola al di là delle più strette definizioni della
fisica, ma perfino nella parola della storia impeto non perde mai il suo significato
centrale di un tipo di energia contenuta in corpi, o in uomini.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sull’artiglieria e la


polvere da sparo e la lor importanza nella storia
(max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S1
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S1
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

IMPETO 2
La parola entra nella storia con l’invasione francese e, con un manipolo di eccezioni
significative, rimane associata ai francesi attraverso tutto il primo libro. Incontriamo la
parola, per esempio, in una descrizione del giovane, meno che splendido re francese:
“Giovane d’anni ventidue, e per natura poco intelligente delle azioni umane, era
traportato da ardente cupidità di dominare e da appetito di gloria, fondato più tosto in
leggiera volontà e quasi impeto che in maturità di consiglio”. Questo stesso senso
negativo di impeto è ripetuto solo poche pagine dopo quando molti in Italia, avendo
ascoltato delle preparazioni francesi, prendono il pericolo alla leggera perché la
spedizione sembra provenire dall’impulso giovanile (impeto giovanile) piuttosto che da
scelta ponderata (fondato consiglio). Quindi l’impeto sembra una caratteristica individuale
e di poco peso, ma poche pagine dopo sembra in modo più impressionante una
caratteristica nazionale dei francesi.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S1
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Re Carlo ha chiesto aiuto ai fiorentini, ma gli ambasciatori fiorentini, nonostante le


loro ragionevoli giustificazioni per il ritardo, “nondimeno erano con impeto franzese
stretti a prometterlo, minacciando altrimenti di privargli del commercio”. Il francese
usa la potente minaccia di un esproprio del commercio francese, ed eppure sembra
chea parte la minaccia commerciale, per la quale i fiorentini devono essere stati
preparati, c’è qualcosa di una qualità meno tangibile che spaventa gli ambasciadori
fino ad arrendersi.
Impeto è particolarmente associato con gli eventi militari e le macchine. L’artiglieria,
soprattutto, possiede impeto, e questo è un aspetto della sua terrificante novità. Non
dimentichiamo, en passant, che l’artiglieria, o meglio la polvere da sparo fu una delle
scoperte del Rinascimento, che furono giustamente considerate come una rivoluzione
del modo di vivere e della storia.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S1
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulla parola


impeto sul Dizionario della Lingua Italiana di
Tommaseo on line (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S2
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S2
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

IMPETO 3
Si diceva di impeto e artiglieria. Guicciardini fornisce una breve storia dell’artiglieria nel
primo libro, nel quale descrive come “sì orribile tuono e impeto stupendo” di questi
cannoni faccia sembrare le armi degli antichi ridicole. Questa affermazione della
superiorità dei moderni sugli antichi, presa in sé, è interessante; ma cosa ci interessa è
l’ovvio senso che la minaccia dei cannoni è più grande dell’impeto distruttivo delle palle
del cannone. Il limitato significato militare sembra più chiaro, comunque, poco dopo,
quando Guicciardini si riferisce alla rapidità e all’impeto con cui i francesi erano capaci di
far fuoco con i loro più avanzati cannoni. Come l’artiglieria, le mine anche hanno grande
impeto, presumibilmente a causa della loro forza esplosiva. I soldati, comunque, sono
raramente descritti come dotati di impeto. Un riferimento all’impeto dei soldati è
illuminante perché eccezionale; si riferisce a un accidente nel quale un soldato privato
minaccia un potente cardinale.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S2
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Gli eserciti nel loro insieme, la massa, forti individui, le mischie della battaglia, la
prosperità, la Fortuna, tutto può essere caratterizzato come dotato di impeto. Quindi,
né la stagione né alcun’altra difficoltà può trattenere l’impeto di re Carlo, qui una
caratteristica più personale o psicologica che una forza. Ma poche pagine dopo si
dice che i fiorentini erano mal preparati a difendersi “da tanto impeto”, e Firenze è
occupata dai francesi. Impeto è dal lato degli italiani per la prima volta nel famoso
incidente della spavalda sfida di Capponi all’esercito occupante francese. Firenze fu
salvata da grandi difficoltà, dice Guicciardini, dalla virtù di Capponi. Con gesti
impetuosi Capponi rabbiosamente sfidò i francesi dicendo: «Poiché si domandano
cose sí disoneste, voi sonerete le vostre trombe e noi soneremo le nostre campane.»
E con lo stesso impeto con cui aveva lanciato questa sfida, lui e i suoi compagni
corsero fuori dalla stanza del negoziato. Questa dimostrazione di impetuosità e
eroismo recuperò parte del rispetto che la codardia di Piero de’ Medici aveva fatto
loro perdere.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S2
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

La risposta di Capponi ricorda molti motti di


spirito nelle novelle fiorentine. Lo studente faccia
una ricerca sul motto di spirito nella novella
toscana (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S3
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S3
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

IMPETO 4
In questo incidente gli eserciti non erano direttamente coinvolti ma solo come minaccia,
dal momento che il rintocco delle campane avrebbe sollevato una cittadinanza in armi.
Questo potenziale di violenza è sempre presente nella popolazione. Ecco spiegato perché
i francesi mancano di buona fanteria perché, temendo l’impeto del popolo, hanno tenuto
il popolo disarmato. Naturalmente non è sempre possibile reprimere questa violenza. Il
giovane re Ferdinando di Napoli, il solo italiano nel primo libro a parte Capponi e il futuro
papa Giulio II che dimostra qualità eroiche e impetuose, decide che è impossibile salvare
il suo trono contro l’”impeto tanto repentino della fortuna”. Egli si arrabbia tanto,
comunque, all’udire del sacco delle sue scuderie, che esce a sfidare la folla; e il titolo
reale si dimostra sufficiente a fermare l’impeto del popolo.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S3
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Nella prossima pagina, impeto torna dalla parte di Ferdinando come prova della sua
virtù riprendendosi indietro un castello da un castellano ribelle. L’uomo aveva
domandato che il giovane re entrasse solo, ma quando Ferdinando entrò, si abbattè
sull’impudente ufficiale “con tanto impeto” che la sua ferocia e la memoria
dell’autorità regale gli fecero recuperare il suo castello. Qui il coraggio personale e la
tradizionale autorità danno a Ferdinando un impeto che è molto simile al charisma. A
dispetto di questi eroismi minori, l’impeto rimane laragamente monopolio francese;
con Ferdinando allontanatosi da Napoli, il resto del regno cade nelle mani dei francesi
come uno “impetuosissimo torrente”.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 50/S3
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulla famiglia


Capponi (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

IMPETO 5
Il carattere più impetuoso della storia, il più colorito e caparbio, il più paradossalmente
affermato, e infine il più dannoso per la causa italiana è papa Giulio. Il suo impeto è
drammatizzato dall’inizio, molto prima che diventi papa o assuma un maggior ruolo nella
Storia. Guicciardini parafrasa nel primo libro un discorso inviato da Giulio ai francesi, e
poi per aggiungere realismo alla parafrasi (una tecnica, bisogna notare, che spesso
preferisce alle più elaborate convenzioni dell’oratoria formale) aggiunge una descrizione
dell’oratore del suo modo di parlare: “Queste cose” scrive Guicciardini “dette in sostanza
dal cardinale ma, secondo la sua natura, più con sensi efficaci e con gesti impetuosi e
accesi che con ornato parlare”. Lo storico chiaramente sentì che c’era una forza nell’uomo
che le sue parole sole non potevano trasmettere, e questa impetuosità rimane la nota
dominante del carattere di Giulio attraverso tutta questa storia.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

L’esempio più notevole, forse, è la militanza di Giulio all’assedio di Mirandola,


un’azione, dice Guicciardini, inaudita attraverso tutti i secoli. Dal momento che
l’attacco non stava andando abbastanza bene secondo le sue esigenze, Giulio decise
di rafforzare l’assedio con la sua presenza. Ponendo il suo impeto e desiderio
(“L’impeto e l’ardore dell’animo”) prima di ogni altra cosa, egli non sarebbe stato
trattenuto dal pericolo reale per la sua propria persona o dal dare un cattivo nome al
papato. Criticò i suoi capitani con “impetuosissime parole” e con non minor impeto
svolse la carica, con le parole e con i fatti, di un capo militare.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulla famiglia della


Rovere (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S1
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S1
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

IMPETO 6
Sebbene per il rispetto della semplicità abbiamo sondato solo il primo libro, questa lista
potrebbbe essere allungata ricorrendo a tutti i libri della Storia; ma ciò sarebbe esagerare
l’importanza dell’esercizio. Nessuna dottrina potrebbe costruirsi attorno all’uso
guicciardiniano di impeto come è stato fatto attorno alla virtù di Machiavelli, ma l’analisi
sopraesposta di esso rivela svariati importanti punti. In primo luogo, impeto è una parola
dinamica, mai lontana da forza e movimento. Qui, ovviamente, è la connessione con il
più ampio tema del cambiamento. La semplice ripetizione di impeto per così tante pagine
della Storia, e non notevole nelle prime storie di Guicciardini o in quelle dei suoi
contemporanei, suggerisce la sua preoccupazione per la turbolenza. In secondo luogo,
impeto è molto spesso associata al successo, particolarmente militare ma anche politico.
L’energia stessa crea il suo proprio successo e lo fa in modi indefiniti, perfino misteriosi.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S1
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Di solito è strumentale in un’azione vittoriosa, come nella marea della vittoria che
spazza via un esercito, o lo spaventoso impeto della nuova artiglieria, che è
terrificante quanto distruttivo. Spesso, anche il successo crea il suo proprio impeto e
può condurre a difficoltà, come quando un esercito prematuramente ricco di vittorie
non può essere trattenuto dal saccheggio, consentendo quindi al nemico di evitare
una sconfitta completa.
E nel caso di certi uomini impetuosi, Piero Capponi o Giulio II, l’impeto sembra di
fatto sostituire forze più convenzionali. Per loro l’impeto diventa una causa diretta di
successo. Infine, è importante ricordare che la parola non perde mai il valore
negativo con cui viene introdotta. Impeto è contrapposto in ogni aspetto a prudenza,
e tuttavia entrambi sono chiavi del successo. Non c’è dubbio che personalmente
Guicciardini era impegnato nella via della prudenza, ma l’impeto è spesso più decisivo
nella politica reale della sua storia.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S1
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sul concetto di


prudenza nel Cinquecento (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IMPETO 7
Il riconoscimento dell’efficacia del puro impeto è un tipo di giudizio storico; in un’epoca di
declino della forza politica e militare in Italia la mera energia può ottenere delle vittorie.
Che queste vittorie erano spesso finte o in fin dei conti perfino disastrose conferma solo il
bisogno del tipo di intelligenza politica di Guicciardini. Nondimeno, i soli momenti eroici,
le vittorie più impressionanti sebbene di vita breve, furono create da impetuosi folli come
Giulio o I difensori dell’ultima repubblica fiorentina. La luogotenenza di Guicciardini,
d’altra parte, condusse al sacco di Roma.
La basica dicotomia era stata tracciata prima. Quando Guicciardini lamentava nelle Storie
fiorentine la fine di un’epoca in cui i politici ancora si facevano nello studio, egli aveva già
cominciato la sua ricognizione di tutta una vita delle più lugubri realtà che seguirono
l’invasion francese – gli orribili armament, l’avidità sfrenata, la vittimizzazione di
popolazioni civili e la distruzione di città, la profanazione di cose sacre, in somma, il lungo
catalogo di piaghe che circolarono e si moltiplicarono nel fiume di sangue de’Italia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ma non fu che quando scrisse la Storia d’Italia che trovò una parola da opporre alla
politica dello studio, di Lorenzo, e di equilibrio e ragione. Nelle pagine prescrittive dei
Ricordi, la prudenza è ancora central; nelle pagine descrittive della Storia egli ci
fornisce la politica dell’energia e dell’irrazionalità e successo dell’impeto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S3
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S3
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

CONSIGLI DI LETTURA
PER LO STUDENTE
CURIOSO
L’analisi qui abbozzata del ruolo della parola impeto nella narrazione di Guicciardini
potrebbeessere considerate un caso di analisi semantica, ovvero di dettagliato studio del
significato che una parola assume in vari luoghi e nell’insieme del discorso di un autore.
L’analisi è fruttuosa, naturalmente, se si intuisce che si tratti di una parola chiave, per
ricorrenza e per ruolo, all’interno di quell discorso.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S3
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Analisi semantiche sono state più o meno sempre fatte. Più rare sono state le analisi
semantiche approfondite di parole chiave all’interno di un’opera, un corpus di opere,
di un autore, al’’interno, insomma, del suo “discorso”, come l’abbiamo chiamato.
Tra i filosofi e nell’ambito delle polemiche fra questi si sono naturalmente date analisi
di questo genere. In un ambito vicino al nostro, cioè di tipo ideologico, ad esempio,
si può pensare all’opera del giovane Marx, L’ideologia tedesca, nella quale la
polemica è affidata proprio all’analisi di termini-chiave e alla funzione sotterranea
svolta da essi nella costruzione degli scenari ideologici dei pensatori bersagliati.
Stando però a opere e a utri più vicini a noi, si dovrà ricordare lo studioso della
formazione del pensiero politico, Quentin Skinner, che nelle sue opere ha utilizzato
precipuamente questo metodo.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 51/S3
Titolo: Impeto
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca su Quentin


Skinner e sul suo metodo (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52
Titolo: Il linguaggio
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52
Titolo: Il linguaggio
Attività n°: 1

IL LINGUAGGIO
Nel secolo passato, quando la prosa narrativa di respiro più grande è stata lontana dalla
forma letteraria commune, gli storici hanno ampiamente abbandonato il loro impegno a
raccontare storie. Nel secolo XVI, al contrario, l’arte della prosa narrativa era ancora agli
inizi, ma gli storici erano fra i suoi praticanti di riferimento. L’arte dello storico è letteraria
quanto analitica. Lo straordinario risultato intellettuale di Guicciardini non può essere
separato dal modo in cui il suo grande libro opera sul lettore. Il vasto schema cronologico
della Storia d’Italia, la sua preoccupazione per il declino e caduta d’Italia, la sua
esitazione sui limiti della comprensione storica, tutte queste cose sono assorbite come
parte della disciplina imposta dall’autore. Noi rispondiamo a questo stile e tono, al suo
senso del decoro e del pubblico, e così facendo accettiamo e comprendiamo le
dimensioni più ampie della sua storia.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52
Titolo: Il linguaggio
Attività n°: 1

Il linguaggio di Guicciardini è la sua firma. Complesso, manierato, freddamente


toccante, è soltanto suo e adatto soltanto al suo compito. Il lettore che è familiare
con la più semplice dizione e i periodi meno elaborati di uno storico contemporaneo
come Nerli, o che giunge alla Storia d’Italia dai ritmi più energici della prosa di
Machiavelli è immediatamente colpito dalla elaborazione e complessità delle più lente
frasi di Guicciardini. Il suo stile, dice il più ambizioso dei suoi traduttori, è
“Jamesiano, proustiano – cioè a dire, i suoi significati basilari risiedono nelle
definizioni” (Sidney Alexander). Piuttosto che ordinarsi, le sue frasi si complicano
man mano che procedono, filando una tela di frasi definitorie come se cercassero di
afferrare quelle sottili distinzioni su cui i Ricordi insistono. A volte queste frasi
distendono la continuità e l’attenzione fino al punto di rottura. Ma, a differenza dalla
prosa dei tradizionali stilisti che pure indulgono in periodi prolissi, non è ossessionato
dalle convenzioni retoriche di simmetria e equilibrio. L’orecchio, in effetti, sembra
essere ignorato a favore dell’occhio silenzioso.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52
Titolo: Il linguaggio
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulle massime e


sugli aforismi (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LINGUAGGIO 2
Queste frasi lente sono la prova dello sforzo guicciardinano teso a mettere insieme in una
struttura singola I molti elementi necessary a descriver un singolo evento. E siccome le
sue descrizioni sono tipicamente sia esattamente precise sia tuttavia infinite, in esse ci
presenta così spesso motivazioni simultaneamente da cui scegliere, così le sue frasi
devono trasportare un numero di argomenti insieme. Quindi, queste strutture non
terminano una risoluzione appagante (sebbene a lungo ritardata per effetti retorici) del
period di Cicerone. La loro complessità non è risolta dentro la frase, ma è
frequentemente trasportata attraverso le formalità dell’interpunzione così che Guicciardini
sembra scrivere per paragrafi piuttosto che per frasi. A volte infatti una singola frase può
raggiungere il paragrafo di lunghezza, ma più spesso le frasi sono allacciate da
congiunzioni che non creano più interuzione di quella fra due frasi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Questo stile è stato descritto come “labirintino”, ma ciò suggerisce confusione


piuttosto che controllo. Al contrario, nonostante tutta la complessità, la prosa di
Guicciardini a volte ha la limpidezza senza vento dei giorni di sole in inverno:
“Niuna cosa è certamente piú necessaria, nelle deliberazioni ardue, niuna da altra
parte piú pericolosa, che ’l domandare consiglio; né è dubbio che manco è
necessario agli uomini prudenti il consiglio che agli imprudenti; e nondimeno, che
molto piú utilità riportano i savi del consigliarsi. Perché: chi è quello di prudenza tanto
perfetta che consideri sempre e conosca ogni cosa da se stesso e nelle ragioni
contrarie discerna sempre la migliore parte? Ma che certezza ha, chi domanda il
consiglio, d’essere fedelmente consigliato? Perché chi dà il consiglio, se non è molto
fedele o affezionato a chi ’l domanda, non solo mosso da notabile interesse ma per
ogni suo piccolo comodo, per ogni leggiera sodisfazione, dirizza spesso il consiglio a
quel fine che piú gli torna a proposito o di che piú si compiace; e essendo questi fini il
piú delle volte incogniti a chi cerca d’essere consigliato, non s’accorge, se non è
prudente, della infedeltà del consiglio.”

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52/S2
Titolo: Lezione 52
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LINGUAGGIO 3
“Cosí intervenne a Piero de’ Medici: perché i viniziani, giudicando che l’andata sua
faciliterebbe a Carlo il ridurre le cose di Firenze a’ suoi disegni, il che per lo interesse
proprio sarebbe stato loro molestissimo, e però consigliando piú tosto sé medesimi che
Piero, efficacissimamente lo confortorno a non si mettere in potestà del re, il quale da lui
si teneva ingiuriato. E, per dargli maggiore cagione di seguitare il consiglio loro, gli
offersono d’abbracciare le cose sue e di prestargli, quando il tempo lo comportasse, ogni
favore a rimetterlo nella patria; né contenti di questo, per assicurarsi che allora di Vinegia
non si partisse, gli posono, se è stato vero quel che poi si divulgò, segretissime guardie.»
L’elaborazione è qui meno labirintina che tolemaica; e riconosciamo ancora l’autore
ossessionato dai paradossi dei Ricordi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52/S2
Titolo: Lezione 52
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Lo stile di Guicciardini è modellato da questo compito. Spesso analitico fino al punto


di essere di sangue freddo, non descrive colori, non dipinge paesaggi, e tenta molte
poche caratterizzazioni fisiche di alcun tipo. Il suo è un linguaggio che raccoglie e
passa al setaccio. Corio può impiegare sette pagine della sua sconnessa storia di
Milano per descrivere l’incoronazione meticolosamente colorata del papa Alessandro
VI. Machiavelli, ugualmente vivido ma con una vena convenientemente più lugubre,
descrive per esteso la furiosa mutilazione di due uomini da parte di una folla che
dilaniò, morse e perfino assaggiò la carne delle sue vittime. (Si veda il racconto
dell’espulsione del duca di Atene da Firenze nel capitol 37 del secondo libro delle
Storie fiorentine. L’interesse per la caratterizzazione fisica è derivate da Villani). Per
quasi duemila pagine, invece, Guicciardini va diretto al suo scopo. Si nota solo un
riferimento estetico – l’apprezzamento per la bellezza della Certosa di Pavia – in tutte
quelle pagine. Nerli cita versi e Corio cita in latino, ma per Guicciardini, e da parte
sua, non ci sono distrazioni.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52/S3
Titolo: Il linguaggio
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52/S3
Titolo: Il linguaggio
Attività n°: 1

LINGUAGGIO 4
Un manipolo di similitudini che paragonano eventi al fuoco, semi, e malattie sono
generosamente ripetute. Ma, come si è accennato, non sono decorative: costituiscono un
Sistema ben coerente. Perfino il colloquialismo delle Storie fiorentine se n’è andato. Quel
che è rimasto è l’incessante pressione intellettuale che sentiamo frase dopo frase e
pagina dopo pagina. Questa è la nostra ricompensa in luogo di tutti i versi, le metafore, e
le descrizioni colorite degli altri narratori.
Ma non voglio esagerare; certamente insieme alla autorevolezza intellettuale c’è anche la
passione. Forse l’esplosione più notevole è quella che saluta la morte di Alessandro VI, il
papa Borgia. Il suo corpo, avvelenato dal suo proprio vino, è descritto come “nero,
enfiato e bruttissimo” e tutta la popolazione venne a vederlo morto. Vale la pena di
essere riportato, ricordando come fu questo il passo che Pasolini, in un’antologia del
realismo italiano, scelse come rappresentante del raramente realistico stile
guicciardiniano:
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52/S3
Titolo: Il linguaggio
Attività n°: 1

“Concorse al corpo morto d’Alessandro in San Piero con incredibile allegrezza tutta
Roma, non potendo saziarsi gli occhi d’alcuno di vedere spento un serpente che con
la sua immoderata ambizione e pestifera perfidia, e con tutti gli esempli di orribile
crudeltà di mostruosa libidine e di inaudita avarizia, vendendo senza distinzione le
cose sacre e le profane, aveva attossicato tutto il mondo; e nondimeno era stato
esaltato, con rarissima e quasi perpetua prosperità, dalla prima gioventú insino
all’ultimo dí della vita sua, desiderando sempre cose grandissime e ottenendo piú di
quello desiderava.”
Qui la piena forza dell’imponente sforzo di Guicciardini, di solito riservato a eventi di
capitale importanza, è diretto a un singolo individuo; perfino così lo storico è
immediatamente trascinato in una riflessione più ampia sulla illusorietà delle opinione
dell’uomo e sul paradosso del successo terreno.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 52/S3
Titolo: Il linguaggio
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulle metafore e


sulle similitudini e sul loro uso nella prosa non
letteraria (max due cartelle).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

LINGUAGGIO 5
Ed ecco la considerazione generale alla quale si abbandona Guicciardini, dopo la
descrizione del corpo del papa:
“Esempio potente a confondere l’arroganza di coloro i quali, presumendosi di scorgere
con la debolezza degli occhi umani la profondità de’ giudíci divini, affermano ciò che di
prospero o di avverso avviene agli uomini procedere o da’ meriti o da’ demeriti loro:
come se tutto dí non apparisse molti buoni essere vessati ingiustamente e molti di pravo
animo essere esaltati indebitamente, o come se, altrimenti interpretando, si derogasse
alla giustizia e alla potenza di Dio; la amplitudine della quale, non ristretta a’ termini brevi
e presenti, in altro tempo e in altro luogo, con larga mano, con premi e con supplíci
sempiterni, riconosce i giusti dagli ingiusti.”
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

Il papa è ancora di più un mostro per essere, contrariamente alla norma umanista,
un esempio di vizio premiato. E parte della passione con cui Alessandro è
condannato continua nella denuncia di coloro che gudicano troppo
semplicisticamente. Nel giro dignitoso delle ultime righe, tuttavia, ogni tipo di rabbia
personale è dimenticata. Qui, in linguaggio che è insolitamente semplice e nudo
come la condanna di Alessandro era inusualmente elaborata, abbiamo una raro
sguardo di Guicciardini che muove verso una più alta visione morale della storia.
Momentaneamente almeno, la storia diviene intatta, un evento che avviene agli occhi
di Dio, e che non può essere giudicata follemente da nozioni fanciullesche di
ricompensa e punizione. Nel nome di un più remoto Dio, Guicciardini lascia
da parte l’intera tradizione didattica della storiografia fiorentina da Villani
in poi.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulla conoscibilità del giudizio divino (max
una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al docente caricandolo
nell’eportfolio, dove riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CHI DICE «IO» 1


Momenti come questi sono cruciali in un grande libro. Dimostrano la scelta e il potere
dell’autore e quindi aiutano a stabilire la sua autorità. Quindi sebbene sia ben più tipico di
Guicciardin virre contro il vento e poi corrergli davanti, il grande sforzo è tuttavia
caratteristico. E questo passaggio è carratteristico per un altro aspetto. Raramente nella
Storia d’Italia la corrente tranquilla della narrazione è interrotta da una presenza
dell’autore. Perfino in questo intervento, Guicciardini parla con la obiettiva maestà della
storia stessa. In modo simile, per tutta la stora l’autore rimane distante e impersonale.
Possiamo aspettarci proprio l’opposto dale frasi d’aperture del libro, che annuncia le
intensioni dell’autore e cominciano con un empatico “Io”. Ma è come se una volta aver
preso la decisione di metter il suo mondo in moto l’autore sente non necessario riferirsi a
sé stesso di nuovo. Perfino questa aperture è breve e oggettiva se paragonata alle difese
a cui storici come Corio, Bembo o Vettori improntano le loro opere. E una delle tendenze
principali del “Commentario” è la soppressione della prima persona.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Occasionalmente la prima riga troverà un’eco nelle affermazioni progrsmmatiche che


annunciano che è ora necessario che ci venga detto il retroterra di una situazione o
un’altra, ma queste interruzioni sono poche e impersonali. Egli non si ferma mai a
chiacchierare come altri fanno, non ci prende mai da parte per una confidenza o si
rivolge a noi retoricamente. L’autore non si identifica con Firenze, molto meno con il
personaggio storico Francesco Guicciardini, luogotenente papale. Da questo punto di
vista come in altri Guicciardini ci ricorda Tucidide, uno storic altrettanto coinvolto
negli eventi che racconta e ugualmente assente dalla sua propria narrrazione. Al
contrario, Nardi scivola (non molto silenziosamente) fra tripli ruoi di autore,
testimone, e attore, così che la sua storia in alcuni momenti si carica di
caratteristiche addizionali di cronaca o memoria. Si vedano di Nardi, le Istorie della
città di Firenze, soprattutto il suo resoconto del suo ruolo nel “tumulto di venerdì”.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S2
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S2
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

CHI DICE «IO» 2


Le veramente poche occasioni nelle quali rivela la sua identità sono interessanti. Il primo
autoriferimento che troviamo ricorda il suo incarico come giovane ambasciatore
fiorentino in Spagna: “imbasciadore Francesco Guicciardini, quello che scrisse questa
istoria, dottore di legge, ancora tanto giovane che per l’età era, secondo le leggi della
patria, inabile a esercitare qualunque magistrato” (Sd’I III, 10, dove magistrato vale
‘magistratura’). Un quarto di secolo più tardi il suo orgoglio per il giovanile incarico era
ancora incontenibile e filtra nell’autoritratto, mentre il suo ruolo molto più ampio come
governatore e luogotenente papale è coperto da adeguata anonimità. Non la modestia,
naturalmente, ma il decorum governa la sua decisione. Una seconda intrusione, motivata
da pietà filiale, è la sua identificazione di Piero Guicciardini come suo padre:
“gl’imbasciadori fiorentini, tra’ quali fu Piero Guicciardini mio padre” (Sd’I, II, 8.11).
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S2
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

Nel diciassettesimo libro si meravglia del fatto che Ieronimo Morone si lasciò
accogliere dal Marchese di Pescara e catturare dal momento che ricorda bene che
Morone gli aveva detto che non c’era un uomo in Italia più sleale e diabolico del
Pescara.

Dal momento che gli ultimi libri non furono completamente rivisti, tuttavia, è
probabile che Guicciardini avrebbe portato questa osservazione in linea con la sua
pratica usuale.
E tuttavia la presenza implicita di Guicciardini è sentita ovunque nella storia. Né le
sue frasi individuali né la linea della sua narrativa si spiega con la logica naturale e
priva di sforzi di più classici lavori. La volontà delle sue strutture e del suo stile
rivelano e rendono più precisa possibile la verità come la trova. L’autore rivela la sua
presenza in questo, anche quando con molta attenzione occulta la sua personalità.
L’ordine di Guicciardini, poi, è un ordine imposto che riconosce implicitamente i limiti
della ragione e la frammentaria natura dell’esperienza.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S2
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulla parola


magistrato nel Dizionario della lingua Italian di
Tommaseo online (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S3
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S3
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

LETTORE IMPLICITO E
LETTORE REALE
A incontrare questo autore nascosto, isolato in qualche fredda torre dell’immaginazione
che sembra consentirgli una visione degli eventi in tutti gli angoli d’Italia, è un altrettanto
isolato lettore. Ciò contrasta acutamente con il campanilismo delle Storie, una fedeltà che
univa lo storico al suo pubblico in implicita intesa. In quel giovanile lavoro “noi” e
“nostro” uscivano facilmente dalla penna di Guicciardini per la sua intimità inconsapevole
dell’identificazione con Firenze. Nella Storia d’Italia, invece, il pubblico implicito è
enormemente allargato e il lettore reale è molto più solo. Un indicatore ironico di questa
espansione di pubblico è il modo in cui i lettori legati ad alcuni territori qui e là nella
penisola si offesero per la visione guicciardiniana e si sollevarono a difendere le loro città.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S3
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

E a questa categoria possiamo aggiungere gli attacchi degli esiliati fiorentini e la


censura degli offensivi passaggi da parte della Chiesa. Sembrerebbe che Guicciardini
fosse capace di offendere tutti allo stesso modo. Per questa letteratura si può vedere
V. Luciani, Francesco Guicciardini and his European Reputation.
Come già notato, questa storia della maturità implica non tanto un pubblico quanto
un lettore. Come la prima persona singolare, la terza plurale appare soprattutto nelle
righe di apertura del libro e poi scompare.
Gli stranieri, dice Guicciardini, sono stati chiamati “dai nostri principi medesimi” e
quindi dall’inizio egli circoscrive il lettore all’Italia piuttosto che a Firenze. Ma non
possono esserci dubbi sul fatto che la identità più ampia prende il posto
completamente di quella più ristretta. Ci sarebbero voluti secoli prima che un tale
riferimento potesse creare relazioni di simpatia fra uno scrittore e il suo lettore
sconosciuto che potesse soppiantare il circolo ristretto delle mura cittadine. L’Italia è
ancora una astrazione emotiva, sebbene la perdita d’indipendenza aveva rafforzato
un senso di cultura comune e fato commune.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 53/S3
Titolo: Voce narrante, lettore implicito e lettore reale
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sul concetto di


lettore implicito per la narratologia (max una
cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54
Titolo: Lezione 54
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’INFLUENZA DELLA
STORIOGRAFIA CLASSICA
È generalmente accettato che Guicciardini fece un salto di qualità quando abbandonò gli
orizzonti municipali delle precedenti scritture storiche, ma non sono esaminate spesso le
implicazioni di questo progresso. L’estensione della sua ricerca, la complessità della sua
narrativa, e non ultimo il freddo distacco della sua presenza sono tutti impliciti. Qualcosa
si è perso e qualcosa si è acquisito nella evoluzione da storico di Firenze a storico
d’Italia. Forse è utile vedere l’uso guicciardiniano delle convenzioni classsiche alla stessa
luce. Se Guicciardini si era sporto da una tale altezza al fine di raggiungere una
prospettiva italiana, fu in grado di sostenersi in quella più rarefatta atmosfera prendendo
in prestito le due maggiori convenzioni della scrittura storica classica.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54
Titolo: Lezione 54
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Abbiamo prima ridotto l’importanza della discussione sui discrosi retorici e sulla
narrativa annalistica perché non considero la prima come anomala e la seconda come
strutturalmente molto importante. Ma c’è un altro aspetto di questi prestiti classici
che dovremmo considerare. Dando forma a eventi vicini con le forme classiche di un
venerabile passato, Guicciardini, come i suoi predecessori umanisti, guadagnò un
senso della prospettiva senza il quale la sua narrativa potrebbe non essere così vasta
e misurata. Egli non poteva rimanere sempre distante dai grandi cambiamenti della
sua vita, ma nel tono nobile e serio del classicismo poteva trovare autocontrollo.
La solennità è l’effetto desiderato. Molti degli aspetti che abbiamo osservato
giungono alla ricerca di uno stile che presterà dignità alla storia. Guicciardini è colpito
dall’importanza degli avvenimenti che descrive e attraverso la formalità e l’artificialità
del suo linguaggio ci colpisce con la stessa idea.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S1
Titolo: Illusione e realtà
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S1
Titolo: Illusione e realtà
Attività n°: 1

ILLUSIONE E REALTÀ
Ma se la dignità del linguaggio non viene mai meno, non si può dire lo stesso del
“decorum”. Certamente ci sono volte che sentiamo fortemente la sua presenza, come
nella maestosità retorica delle pagine d’apertura. Lì la grandezza del tema sovrasta ogni
cosa personale, ironica, eccentrica. Ma come procediamo osserviamo la complessità
irrequieta della narrativa di Guicciardini. Nulla di decoroso è nella sua rapidità, né
alcunché di classico nella sua mancanza di linee dritte. E anche questa geografia
incrociata ha i suoi equivalenti analitici e morali. In Bruni o perfino in Machiavelli hanno
cause definite e un significato chiaro. Nelle loro storie c’è un tipo di spazio narrativo che
è razionale ed aperto. I motivi dietro un evento, l’evento, e il significato dell’evento sono
attentamente allineati su chiare ortogonali che convergono su una lezione morale o
politica come verso un punto di fuga.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S1
Titolo: Illusione e realtà
Attività n°: 1

Si può verificare che anche Guicciardini usava questa tecnica nella sua prima
storiografia. La storia della congiura dei Pazzi era detta chiaramente, e poi era
elaborato il significato, prima per il governo di Firenze e poi per la politica della
cospirazione in generale. Le linee rette di questa progressiva astrazione erano
ugualmente evidenti nel ritratto di Lorenzo, dove buone e cattive caratteristiche
potevano essere definite facilmente perché erano astrazioni morali che non
dipendevano dallo specifico contesto storico. Queste chiare categorie erano poi
combinate con l’equilibrio e l’attenzione di un’attenta sistemazione di collocazione.
Abbiamo già mostrato come si trasforma la ritrattistica della sua tarda storiografia. La
semplice linearità dell’opera giovanile è andata e con essa un tipo di sollievo e
speranza. A paragone, il nuovo metodo di studio è un intrigo in cui cambiamenti
radicali dei punti di vista sono compressi in poche pagine. Laddove la chiarezza era
l’impronta del primo, illusione e realtà divennero il tema della seconda, e paradosso il
suo umore.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S1
Titolo: Illusione e realtà
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sul concetto di


decorum nella retorica (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’INFLUENZA DELLA
STORIOGRAFIA CLASSICA 3
Il solllievo con cui una singola formula potrebbe definire un uomo è persa, e ora siamo
colpiti dalle difficoltà di giudizio, l’illusiorietà delle aspettative, e l’incapacità dei
governanti. La scrittura è molto più compressa e il suo schema più dinamico. L’intero
esercizion dipende dal tipo di tensione fra le personalità di due papi. E quando Leone
muore, lo speciale carattere di Clemente è descritto in termini di contraddizioni interne
che ora rimpiazzano quelle esterne. Tanto nella sua concretezza come nella sua
complessità, il doppio ritratto si distingue dal suo precedente.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Clemente e Leone non sono accomodati inuno spazio pre-esistente definito da


standard universali di condotta. Piuttosto sono giudicati da standard di successo
storici o fallimento che possono solo chiarirsi con il progresso della narrazione in sé.
Da qui abbiamo il paradosso che l’astemio e intelligente Clemente si rivela col tempo
essere un fallimento in termini storici concreti, sebbene in astratto è certamente più
virtuoso del pigro, gaudente Leone.
Simili osservazioni possono farsi sulla motivazione e spiegazione degli eventi. Qui di
nuovo vediamo una confusione di spazio narrativo. Nella cronaca di Giovanni Villani
gli eventi della cronaca terrena riflettono direttamente la divina provvidenza
el’influenza astrologica. Quindi perfino se la sua storia manca della lucidità che gli
umanisti darebbero alla scrittura storiografica, vi è una morale inequivocabile perché
c’è sempre una diretta e semplice relazione fra l’evento e il mondo morale che
riflette. Gli umanisti portano nella storiografia una moralità più sofisticata insieme a
tecniche narrative più classiche. In unc erto senso la narrazione era resa libera di
rispondere ai suoi propri bisogni perché non si richiedeva più che gli eventi umani
rispecchiassero un mondo non storico.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S3
Titolo: Illusione e realtà
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S3
Titolo: Illusione e realtà
Attività n°: 1

L’INFLUENZA DELLA
STORIOGRAFIA CLASSICA
4
Nondimeno, il loro didattismo era tanto forte quanto quello di Villani, e proprio questo
vero didattismo, che ora si colloca dentro alla storia piuttosto che oltrepassarla, aiuta a
conferire ulteriore chiarezza agli eventi. Le lezioni morali e politiche che la stopriografia
umanistica insegna lega insieme eventi in unità ben comprese e dà al lettore un nucleo di
significato da seguire. Ma in Guicciardini le vestigia del didatticismo non hanno tale
effetto, e una molteplicità di spiegazioni sovrapposte connette gli eventi.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S3
Titolo: Illusione e realtà
Attività n°: 1

Ci sono, naturalmente, lezioni nella Storia d’Italia, la malvagità dei principi e


l’instabilità delle cose umane essendo il più esplicito. Ma il significato di questi
“salutiferi documenti” è meditativa piuttosto che didattica, passiva piuttosto
che attiva. Illuminano il lettore, ma non lo armano. In ciò essi sono coerenti con il
carattere cauto e paradossale dei Ricordi, molti dei quali infatti fanno la loro
comparsa come massime nella storia.
Quali sono le conseguenze della nostra conoscenza di queste lezioni? Nella sfera
pubblica forse nessuna. Guicciardini ci offre una comprensione che è privata per
l’inidividuo politico, sebbene il soggetto sia completamente pubblico. Egli ci mette in
guardia circa la complessità della storia e della politica, richiedendo prudenza,
previdenza, razionalità, umiltà in faccia alla Fortuna. Lui stesso uomo privato ancora
una volta, scrive senza pubblico incarico. Non rivolgendosi a nessun sistema di
governo o gruppo collettivo riconoscibile, Guicciardini parla a un lettore in qualche
modo distaccato dai pubblici dibattiti dell’umanesimo, e a differenza di Bruni egli né
fa una pubblica celebrazione del passato né fa prescrizioni per il futuro. Come lettori
individuali siamo incaricati di tracciare le nostre conclusioni. La storia diventa
meditazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 54/S3
Titolo: Illusione e realtà
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca nel Dizionario della Lingua Italiaa di Tommaseo
sulle parole “salutifero” e “documento” nel sendo usato da Guicciardini (max
due cartelle).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al docente caricandolo
nell’eportfolio, dove riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

ANTICLASSICISMO ?

In breve, la Storia d’Italia manca di spirito pubblico, della compostezza o della chiarezza
che ci aspetteremmo da un’opera scritta nello spirito del classicismo. C’è grandeur ma
non semplicità. Ci sono troppe questioni e troppe poche lezioni, troppi argomenti e non
abbastanza spazio, troppo paradosso e troppa poca certezza, troppo movimento e troppo
poco riposo, troppo sforzo e molto poco sollievo. In tutti questi aspetti Guicciardini ha
duramente modificato le tradizioni dell’umanesimo, sebbene la sua continua dipendenza
è altrettanto ovvia.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

Non è fantasioso riconoscere, secondo alcuni studiosi, in questo una certa analogia
con la tensione nelle arti visive contemporanee, normalmente chiamata ‘Manierismo’.
Nuovi argomenti chiamati a essere esperimentati nella forma. Guicciardini affrontò un
nuovo vasto argomento e dotò la storiografia di uno speciale tipo di veridicità.
Proprio come Machiavelli aiutò la politica a divorziare dai codici morali tradizionali,
così Guicciardini nello stesso momento minò sia gli usi morali che politici della storia
che sono state le basi della storiografia umanistica. Adottando la descrizione del
calssicismo di Walter Friedlaender nel suo famoso saggio sul classicismo e
anticlassicsmo nell’arte del sedicesimo secolo, possiamo dire che anche la storiografia
umanistica aveva un elemento ideale e una sottolineatura etica. Vi si ricerca anche
uno spazio che esprima una realtà superiore purificata di tutto ciò che sia
accidentale. Naturalmente, la storia non può mai purificarsi di tutto ciò che è
accidentale nel senso in cui può farlo l’arte, ma può cimentarsi in una costante
confronto dell’accidentale con l’eterno, del particolare con l’universale.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sul concetto di


classicismo e anticlassicismo (max due cartelle).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ANTICLASSICISMO
DI GUICCIARDINI ?
Il didatticismo dell’umanesimo fornisce il necessario legame fra la storia come studio dei
particolari e una più alto mondo normativo di etica politica. Una volta che quel legame
sia tagliato, come in Guicciardini, la storia è resa libera di inseguire il particolare ad
infinitum, con risultati non interamente felici. La storia di Guicciardini ha il più libero e
apparentemente capriccioso ritmo della pittura manierista perché ha ben perduto
l’obbligo all’universale. La sua osservazione è ossessivamente affilata in questo aspetto
dalla tendenza a identificare il particolare alla verità.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ma i suoi particolari sono così concreti perché le sue astrazioni sono così vaghe. Le
astrazioni e le più alte forze restano, ma non costituiscono più un elemento
unificante. L’etica resta paradosso. Da qualche parte un Dio remoto giudica. La
Fortuna entra nella storia molto più frequentemente che mai, ma la complica solo. Il
più universale elemento della storia è il più imprescrutabile.
L’o storico umanista, e a un minor livello anche il cronista, aveva due funzioni,
entrambe pubbliche: il suo compito era di commemorare e insegnare. Le lezioni di
Guicciardini sono poche e negative, e la storia egli la commemora come una tragedia
che non diventa mai eroica. Più un dramma moderno che greco, pieno di uomini
meschini e opportunità sfumate. La grandeur della storia risiede completamente nel
suo vasto scopo, che è il contributo proprio dello storico. Solo esso era stato capace
di unificare così tanti accadimenti in una narrazione così ampia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S2
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S2
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

LA RECEZIONE
Ma vediamo quali furono le prime reazioni dei lettori della Storia d’Italia. Innanzitutto vi
fu la reazione di Giovanni Corsi. Quando andò a sostituire Guicciardini nell’ambasceria
in Spagna, il futuro storico accolse l’amico dall’intensa curiosità letteraria con una
lettera in cui lo avvertiva che alla corte spagnola circolava il detto “loco como un
letrado”. Ora il Corsi apprezza l’opera, consiglia di leggere una lettera di Cicerone sulla
storiografia e un pochino rimprovera Guicciardini per un’eccessiva indulgenza a latinismi
e fiorentinismi. Ma la prima più lunga considerazione sulla Storia d’Italia è quella di
Tommaso Porcacchi: scrittore, curatore di edizioni, traduttore. Rappresentante tipico di
quella nuova figura di letterato prestata alla ruggente industria della stampa. Si tratta
di una nota che accompagna la riedizione Angelieri 1574 a cura dello stesso Porcacchi,
vale la pena di essere letta per intero, nonostante segua già di trent’anni la stesura
dell’opera. (la si può leggere nell’originale in
http://books.google.es/books?id=TzA8AAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl=es&source=
gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false).
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S2
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

L’esempio del Porcacchi sarà esemplare cnhe per comprendere come si leggeva in
genere all’epoca in cui la “Poetica” di Aristotele, le cui traduzione in latino erano
sempre più prestigiose e diffuse e corredate di commenti, costituiva il vademecum
del critico.
Giudicio di Tomaso Poracchi da Castiglione Arrentino sopra l’Historia di M. F.
Guicciardini Gentil’huomo fiorentino. Nel quale si discopre tutte le bellezze di questa
Historia. In Venezia, appresso Giorgio Angelieri, MDLXXIIII.

Stimo, che sì come io non mi sazio di rileggerla e d’essaminarla, così altri sia tratto
dalla medesima ingordigia, tanto che sono entrato per ciò in conclusione che dalla
Lettura di questa Historia ne avvenga quello che diceva Socrate presso Platone nel
Fibelo avvenir del Bene: cioè ch’esso non può esser compreso in una idea, ma per lo
meno con tre: la quale similitudine già che così improvisamente m’è sovenuta,
piacemi che sia principio e fondamento a questo mio discorso: e tanto farò io che
siano le idee di questa historia, quante sono quelle che Socrate ha collocate nel
Bene: cioè Bellezza, Misura e Verità.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S2
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca su Tommaso


Porcacchi e sui correttori di bozze del
Cinquecento (max due cartelle).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S3
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S3
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI
Le quali se mostrerò che ciascuna separatamente e tutte insieme ci sian poste, verrà
quasi provato e concluso che l’historia del Guicciardino sia il Bene di Socrate: il che però
non è l’oggetto mio, già che io miro solo a ragionar dell’eccellenza d’essa, e che (per
quanto stimo io, che solo scrivo quel che a me ne pare) essa è dignissima di singolar
gloria. Or convien dunque (come ho detto) che in più d’un discorso si comprendano
nell’historia presente questi tre capi: della Bellezza, della Misura e della Verità: i quali
allora chiaramente saranno intesi, quando io avrò dichiarato in che ciascuno d’essi
consista.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S3
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

La Bellezza dell’historia consiste principalmente nelle ragioni, di poi nel giudicio, nelle
descrizioni, nelle concioni, nella gravità delle sentenze, e nella diversità
dell’eloquenza: le quali rendono l’historia non solamente bella, ma ancora utile. Per
le ragioni s’intende che tu non esprima mai il tuo concetto, se non hai trovato le
prove da sostentarlo. Per le ragioni si intende anco che se nell’historia tu induci un
Principe, ch’abbia voluto mover guerra ad un altro, tu sappia le ragioni che a quella
guerra l’hanno indotto e le descriva: e in questo modo vengono rivelate e discoperte
le pretensioni dei Pinicipi sopra gli stati altrui.
In questa parte il Guicciardino è tanto eccellente, che non mai scrive alcuna cosa
che’egli con la ragion non te la sostenga; mai non espone il desiderio d’un Prinicipe,
o d’un Potentato, ch’ei non discopra il segreto del suo consiglio, la cagione, così
apparente, come occolta, che lo mova: e in questo, avendo con lungo studio rivoltato
l’historia di diverse nazioni, non tace le pretensioni antiche e nuove sopra gli stati di
questo o di quel Principe.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 55/S3
Titolo: Anticlassicismo? Recezione
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sull’influenza della


Poetica di Aristotele nel Cinquecento (max due
cartelle).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 56
Titolo: Lezione 56
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL PORCACCHI


Il Giudicio consiste, non pure in osservar le leggi, ch’appartengonon all’historico, delle
quali ragionerò quando tratterò della Misura; ma ancora nell’ordine, o disposizione, in
saper prender gli uomini, et presi mantenerli, o variarli, secondo che si trovano costanti,
instalili, o varii. L’ordine di che qualità sia, tutto sarà da me abbracciato in quel capo della
Misura: sì che et da queste cose dette, et da quelle che poco appresso per me si
diranno; sarà chiaro, che il giudicio dell’Auttor presente, è stato singolare. Nelle
descrizioni tanto dei luoghi quanto de’popoli, delle leggi, e delle consuetudini loro è
alcune volte così disposto che tu più tosto il riputaresti lascivo Poeta, che grave
Historico: ma però essendo in questa parte la poesia et l’historia molto conformi, tu non
hai che potere oppenergli. Sono in questa veramente (come ho detto) la poesia et
l’historia conformi, e in alcune parti altre anchora: le quali affin che bene possano esser
intese: non m’è punto grave con verità riferire.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 56
Titolo: Lezione 56
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Propone la poesia, propone anco l’historia di quel che’essa deve trattare: et se ciò
abbia fatto il Guicciardino, o no, il principio del libro primo di questa historia lo farà
manifesto: ove propon di scriver le cose accadute alla memoria sua in Italia, da poi
che l’arme de’ Francesi, chiamate da’ Principi Italiani, cominciarono a perturbarla.
Usa la poesia, et usa l’historia i generi demostrativo, e deliberativo: quello dannando
i vizii, e lodando le virtù; questo introducendo parlamenti et consulte. Et chi è più
acerbo, et più rigido nel dannare indifferentemente i vizii altrui di quel ch’è questo
Auttore? Chi all’incontro più efficace nelle lodi delle virtù? Ma l’uno etl’altro però fatto
con tal contrapeso, che tu non hai giusta ragion di biasimarlo come troppo
appassionato, nè ch’esca fuori de terminidella modestia. Havvi etiandio il genere
giudiciale alcune volte, il qual niuno è, che non sappia che di rado si disgiugne dal
deliberativo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 56/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL PORCACCHI


Attendono la poesia, et l’historia ad osservare la prudentia, e ’l decoro: onde tu non
leggerai in questo Auttore cosa sproportionata; se però non ci legga anco il parere
et giudicio suo, accioché tu comprenda, ch’ei la conosce per tale. Leggi nel lib. 3 a
c. 96 il successo di francesco Duca di Candia, fatto ammazzar da Cesare Borgia
suo fratello, et le cagioni questo: et riconosci in quel caso, del quale pochi ne sono
più disproportionati, la prudenti, e il decoro della historia et dell’historico, overo egli
come d’altri accidenti tali, si riporta alle voci, et alla fama, secondo che scrive di
quelle 40 gentildonne, che nella presa di Capua, il medesimo Valentino si scele per
le più belle, e dele altre, che per non perder l’honore, si gettaron ne’ pozzi, e nel
fiume: il che è nel 5 a c. 139 et questo medesimo ch’io qui ti addito; non ti è
prohibito considerare in infiniti altri luoghi, già che a me basta ddurne due o tre per
essempio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 56/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Eguale è lo sforzo che fa l’historiacon quel che fa la poesia, ingegnandosi l’una e


l’altra d’insegnare, di dilettare, di commovere, e di giovare: ma tanto più questo
effetto lo fa l’historia, quanto ella ci ammaestra ne’ governi publici e ne’ privati. La
qual cosa sapendo il Guicciardino fin nel primo principio persuase: quando egli disse
che dalla varietà e grandezza degli accidenti, che’egli era per descrivere, si sarebbon
potuti prender molti e salutiferi ammaestramenti et essempi. L’una et l’altra è sforzata
alcune volte ripigliar le cose lontane et antiche, perchè meglio s’intendano le presenti
et moderne: il che., se in questa historia venga osservato; il luogo citato a c. 6 dell
primo libro, ove parla del regno di Napoli, così di qua, come di là dal Faro; lo dichiara
aperto: nel qual luogo ricercando dal MDDLXIV in qua l’historie vecchie; da tanto
lontani tempi piglia il suo principio per venire a provar le moderne ragioni degli
Angioini o de’ Re di Francia in quel Reame.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 56/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL PORCACCHI


Eguale è lo sforzo che fa l’historiacon quel che fa la poesia, ingegnandosi l’una e
l’altra d’insegnare, di dilettare, di commovere, e di giovare: ma tanto più questo
effetto lo fa l’historia, quanto ella ci ammaestra ne’ governi publici e ne’ privati. La
qual cosa sapendo il Guicciardino fin nel primo principio persuase: quando egli
disse che dalla varietà e grandezza degli accidenti, che’egli era per descrivere, si
sarebbon potuti prender molti e salutiferi ammaestramenti et essempi. L’una et
l’altra è sforzata alcune volte ripigliar le cose lontane et antiche, perchè meglio
s’intendano le presenti et moderne: il che., se in questa historia venga osservato; il
luogo citato a c. 6 dell primo libro, ove parla del regno di Napoli, così di qua, come
di là dal Faro; lo dichiara aperto: nel qual luogo ricercando dal MDDLXIV in qua
l’historie vecchie; da tanto lontani tempi piglia il suo principio per venire a provar le
moderne ragioni degli Angioini o de’ Re di Francia in quel Reame.).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 56/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nella poesia e nell’historia gli accidenti sùbiti, e improvisi, i casi varii, e incerti, ch’ora
son pieni di timore, hora di speranza, talvolta d’allegrezza, et tal di dolore, sono
spessi e frequenti. L’historia ci manifesta l’ira divina: ma a questo aggiugne la poesia
e i consigli de gli Dei; le discordie loro; et quel ch’essi di lor mano operano. Con
questa recita l’historia i prodigi: et se è d’Ethnici, placa l’ira de gli Dei co’ voti, con le
supplicazioni, co’ sacrifici, et con ogni altro mezzo, che le risposte de gli Oracoli
habbiano insegnato. Ma l’historia de’ Christiani, come ha recitato i prodigii, accioché
non paia, che noi prestiamo fede, a simili predittioni, alle quali non debbiamo in alcun
modo prestarla, non si diffonde in altro: perché, se pure in alcuna parte i popoli
restino per quei prodigi spaventati, sempre suppone l’historico Christiano, che la
Santa madre Chiesa con le processioni, co’ digiuni, con le limosine, e con l’altre
opere pie ci implori il rimedio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 56/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL PORCACCHI


Però quando questo historico ha nel lib. XI a c. 318 fac. 2 al fine, e nella seguente
319 parlato de’ prodigi occorsi in Fiorenza; egli non soggiugne poi altro in simil
proposito. La poesia e l’historia sono ugualmente vaghe delle digressioni, delle
amplificattioni, et delle varietà, in far la scelta delle cose, et delle parole, in
collocarle et disporle in atta e convenevol sedia et positura: benché in più riservo ciò
faccia l’historia che la poesia: la quale è più lasciva donzella, dove quella è più
riservata matrona, contenta d’un culto et ornamento honesto, senza liscio, o
adombramento alcuno, ma schietto e reale. Hanno fr aloro altre convenientie, ma
queste a me bastino per mostrar che questo nostro Historico ha saputo, secondo i
tempi e le leggi, nelle descrizioni esser lascivo e temperato a tempo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 56/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Consiste dopo questo la bellezza dell’historia nelle concioni: la qual parte potrebbe
agevolmente movermi a credere c’avesse eziandio conformità con la poesia; il
proprio della qual è narrar più tosto come ella era da esser fatta, che come fu fatta.
Onde noi vediamo che l’historico, mentre che induce a parlare uomini di diverse
nazioni, et maniere di vivere, gli può fingere a piacer suo, secondo che più gli par
convenirsi, et assomigliarsi al vero: e gli fa parlar, non come parlarono, ma come in
effetti eran tenuti et obligati a parlare. Per questo rispetto si legge nel libro primo di
quella historia l’Oration fatta dal conte Carlo Balbiano conte di Belgioioso
ambasciator per Lodovico Sforza duca di Milano a Carlo ottavo re di francia per
essortarlo a venire in Italia all’acquisto del regno di Napoli, la qual (come io ho
notato in margine a c. 3) si legge ancho nel Giovio, ma formata l’una diversa
dall’altra. Così nel lib.8 è l’orazione del Doge Loredano per mandar dugento nobili
alla difesa di Padova: in nome del qual il Mocenigo e il Giustiniano ne fingono
ciascuno una nella sua historia, che da questa molto son diverse: il che è notato a c.
230.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI
In queste concioni è collocato quasi tutto l’artificio, ch’ha da usar l’historico, perché
l’historia riesca bella, et commendata per li precetti dell’arte: però ha da saperle
formar, come conviene al genere, in che versa: nel qual caso, quanto sia degno di
lode il Guicciardino, l’orationi da lui introdotte, et massimamente quelle del genere
deliberativo, parlano per sé medesime, e discoprono i loro colori e artifici, ellora
sopra tutto. Quando vi sono introdotte le risposte, come in molti luoghi ha fatto, ma
per mio parere (che è debole e di poco valore) ottimamente nel libro 16 a carte 482
in quella di Mercurio Gattinara gran cancellier di Carlo V, che persuadeva
l’Imperatore a unirsi co’ principi italiani, senza curarsi dell’union del re Francesco
prigione; et per risposta in contrario in quella di don Carlo di Lanoia vicerè di Napoli.
Restaci in ultimo da conoscere in ultimo la Bellezza dell’historia nella gravità delle
sentenze e nella diversità dell’Eloquenza.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Quelle di che qualità siano e se sparse frequenti, o a tempo per tutto il corpo di
quest’opera; si può comprendere dal racconto ch’io ne ho fatto et separatamente ho
posto innanzi a questo mio Discorso. Ma la diversità dell’eloquenza in questo Auttore
non è punto inferiore all’altre bellezze di che è adorno. Perciocchè con essa move
tutti gli affetti, la maraviglia, il plause et le voci. Egli non è libero, come il poeta, nella
parole, in maniera che si diletti formare di nuove, o prenderne dalle lingue forestiere,
se non quanto noi vediam esser permesso alla nostra lingua, perchè venga
arricchita, servirsi della Latina, secondo che la Latina ha fatto della Greca. E in ciò il
Guicciardino ha avuto tanto grande avertimento a esprimere i suoi concetti con
parole proprie, e significative, che non ha schifato di servirsi della Latine, come noi
vediamo che il Bembo et molti altri con gran licenza, libertà, et giudicio se n’hanno
servito. Per questo rispetto ha usato Costernazione, per totalmente spiegar l’effetto
che fa la paura in noi, quando in un certo modo ci aliena l’animo: la qual voce è
latina, conforme a molte altre che ci ha sparse giudiciosamente, senza che io ne
formi catalogo.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sui tre generi di


orazione (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI
Ha usato Inciprignito, voce propria di Fiorenza, che vuol dire pieno d’odio, mal
disposto per offese ricevute, et altre tali. Nel resto veramente egli è grave, copioso,
florido, erudito et dolce: et essendo simile particolarmente a se stesso, mai non è
rimesso, mai non è secco, mai non è sterile: ma pieno, corrente, accorto, et
vehemente: in maniera che quando tu lo paragoni con molti altri historici di chiaro
nome, questo solo tu reputi historico, et a lui solo ti accosti: et essendo l’impresa
dello scrivere historia conveniente al buon e grande Oratore, tu per questa non
reputi il Guicciardino meno eccellente Orator che historico.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Ha la copia de’ concetti et delle cose: ha (per tornare a dirlo) le parlole belle a scelta;
ha le locuzioni esquisite et leggiadre, le figure libere et quasi poetiche: e insomma di
un accomodato corso di dire, co’il quale procede alla narrazion delle cose fatte,
essornando a tempo co’ debiti colori; per li quali ornamenti di tanto ell’è superiore
all’altre, che non gli hanno, che questa per ciò veramente historia, et quelle Annali
piuttosto meritan d’esser chiamati. Periocchè gli Annali solamente ci discoprono le
cose fatte di più anni, osservato anno per anno, senza render alcuna ragione
de’consigli et delle cagioni, che indussero a far le dette cose: dove l’historia alla
narrazion delle cose fatte aggiugne i consigli et la cagione perchè furon fatte: le
quali, se tu removessi, altro non sarebbe l’historia che novella. Ma è tempo homai ,
ch’io venga a dir della Misura, seconda idea del bene.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulla parola


inciprignito nel Dizionario della Lingua Italian di
Tommaseo online (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: LA MISURA:
ELEZIONE
La Misura, secondo articolo, ch’io ammiro in quest’opera, è la legge dal
Guicciardino observata e dagli scittori per precetto assegnata. Questa ha molti e
diversi capi, coi quali dev’esser considerata: però io descrivendoli a un per uno, gli
proverò tutti, per quanto sarà in me, in questo historico. Il primo capo, o precetto di
questa misura et legge historica, è che si deve far elezion di soggetto nobile et
memorabile, non basso o vile: et, come a tanta disposizion è preceduta l’elezione,
devesi anco procurar informazion vera, buona et minuta di tutte le cose,
guardandosi dalla falsità et dalle bugie, vizio enormissimo in ogni historico.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Et non basta guardarsi dalle bugie, ma convien anco non tacer la verità per amore,
per odio, per adulazione, per infamazion sinistra, o per ignoranza pura: perciocchè
se tu la taci, sei riputato maligno, massimamente se ciò avviene per odio, o per
adulazione; se per informazione non buona, per negligente; se per ignoranza, inetto.
L’elezion del Guicciardino fu di scrivere (come ho detto) historia delle cose avvenute
in Italia alla memoria sua, dopo che cominciò questa Provincia dall’armi forestiere,
per instigazione de’nostri Prinicipi, a esser perturbata, come già s’è tocco, et egli ha
scritto nel principio: et questa vien chiamata historia particolar d’Italia: accioché sì
come Giuseppe Hebreo, Egesippo, et Giusto Tiberiese scrissero l’antichità, et
l’historie Giudaiche, sì come Metastene, Ctesia, Agatarco, Crito e Procopio trattaron
delle cose particolari degli Assiri, de’ persi e de’ Medi; Filisto Siracusano degli Egitii,
Xanto e apollonio de’ Lidi et de’ cari; Darete et Ditte de’ Troiani; Damaste, Thucidide,
Xenofonte et altri de’ Greci; Filisto e Crito de’ Siciliani; et altri delle loro, o delle altrui
provincie; così egli con l’essempio degli altri antichi e moderni, nato Italiano, delle
cose successe in Italia, a’ tempi suoi formasse historia.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulla parola Italia


e il significato assunto nei secoli (max una
cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL PORCACCHI:


MISURA: ELEZIONE
Il soggetto del Guicciardino è nobile, et per la varietà et per la grandezza de’ casi
molto memorabile; già che Italia per tanti anni ha patito accidenti varij, gueraaa
orribii et atroci, et in somma tutte quelle calamità, con le quali (uso le parole di lui)
sogliono i miseri mortali, ora per la giusta ira di Dio, era l’impietà e sceleratezze
degli altri esser travagliati.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 57/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Che l’informazioni, che egli s’ha procurato, siano boune deve supporsi di sì;
quando ei fu uomo di stato, ebbe cariche gravi et importanti delle guerre che
scrive, et fu amico intrinseco de’ sommi Pontifici, da’ quali potè apprender la
cognizion vera et reale di quanto presa a trattare, di maniera che, o per averle
trattate esso, o per esser intervenuto, ove le più si trattavano, facile gli fu venire
in congizion di quello cha ad altri era occolto. Fue oltra di ciò egli molto
accurato, et diligente in investigar le memorie publiche delle città: nella quali
non gli veniva tenuto serrato alcuno archivio, per l’autorità et grandezza sua.
Puossi anchora da questi due luoghi dell’historia sua (per tacer gli altri)
comprender, o quanto bene egli fosse informato, o quanta commodità havesse
di bene informarsi. Il primo è nel lib. 7 a car. 201 dove per l’annotazion da me
fatta si vede che fin delle cose successe in Lamagna nella Dieta di Massimiliano
Imperatore in Costanza, egli fu meglio ragguagliato che non furono gli scrittori
oltramontani, che de’ fatti di quell’Imperatore scrissero.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58
Titolo: Lezione 58
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL PORCACCHI:


MISURA: ELEZIONE

Perciocché essi dicono che in quella Dieta Cesare trattò solo di far guerra a’
Viniziani: dove il Guicciardino racconta, et conclude, che fosse contra il re di
Francia: et ciò viene inferito per le deliberazioni di quella Dieta, che da lui son poste
in quella medesima carta. L’altro luogo è nel libro nono a carte 253, dove recitava la
deliberazione del Marchese di Mantova, prigion de’ Viniziani, dice che per tutta Italia
fu creduto che il papa fosse stato cagione di farlo liberare.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58
Titolo: Lezione 58
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nondimeno ch’egli intese già da autore degno di fede, et per mano del quale
passava allhora tutto il governo dello stato di Mantova, che fu ricorso a Biaiziet
Principe de’ Turchi: il quale minacciò col Balio de’ mercanti viniziani et operò sì che,
per non irritarlo, fu da essi liberato: la quale opinione (secondo che nell’annotazion
sopra quel luogo ho recitato) non tocca da alcun altro, né dagli scrittori veniziani, né
dal Giovio, né dall’Equicola, se fu vera; chiara cosa è che non poteva essere intesa
per altra via, che di persone grandi, auttorevoli, et di manegtgio. A questo ch’ho detto
aggiugni ancho et non t’incresca di veder quanto io ho notato nel libro 16 di questa
historia a car. 468 fac. 2.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: MISURA:
ORDINE
Scrive egli poi (et questo è l’altro capo) l’historia ordinatamente, dicendo dove,
quando, in che modo et da chi le cose fuon fatte: et non ne pretermette alcuna di
sostanza o di momento, anzi se talvolta occorre d’alcuna parlar, che a chi legge possa
parer umile, egli con la debita, ma breve scusa la tocca, sì come è nel lib. I a car. 29,
dove scusandosi Piero de’ Medici, che in andando incontrar Lodovico Sforza; esso
Lodovico haveva fallita la strada, e rispondendogli argutamente lo Sforza esser vero
ch’uno de’ due l’haveva fallita; ma che Piero per ventura era stato quello; avanti ch’ei
la scriva fa un poco di premessa a difesa sua, dovendo scriver cosa ch’in se
medesima è humile, se bene uscita di bocca di persone grandi.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Il simil fa se ha da raccontare alcuna cosa ch’abbia sembianza di favola,


rimettendola alla fama, senza affermarla per vera, ma lasciando che ciascuno la
giudichi a modo suo. Così nel medesimo libro primo a carte 35 scrive dello spirito di
Ferdinando re di Napoli, che apparve tre notti in diversi tempi a Jacopo primo
cerusico di corte; dove egli di ciò si riporta alla fama, se però è lecito (dice) tali cose
del tutto non disprezzare: e in questo ordine di cose, recitate, come avvennero
d’anno in anno, non proponendo mai le cose, che devono esser preposte, né per il
contrario; discopre egli il giudicio suo, chè nello historico molto necessario, come
dissi al secondo articolo della prima idea, che trattò della bellezza dell’historia: il qual
guidicio ha da farsi conoscere anco, come ministro della prudenza nel sapere o
appovare o damnare i consigli, e i partiti presi, te l’essecuzioni; perciocchè chi legge
deve saper fuora d’ogni dubbio quale essempio abbia da lui a esser seguitato, et
qual fuggito.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sui concetti di Ordine e Misura nella retorica
classica (max due cartelle).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al docente caricandolo nell’eportfolio,
dove riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: MISURA:
ORDINE
Non mi è però nuovo che molti assegnano per precetto che ciò dall’historico deve
del tutto essere schifato: atteso che vogliono che chi legge habbia il proprio giudicio
libero, et non punto occupato da colui che scrive. Ma questa controversia ha ragioni
per l’una e per l’altra parte: di che non mi appartiene punto ragionare. Credo io
nondimeno che non errino coloro i quali ti additino di che qualità essempio sia il
recitato: la qual cosa meglio non possono additare, che, o co’l quasi approvare, o
co’l quasi dannare, anzi molte volte co’l totalmente approvare, et co’l totalmente
dannare.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Ha questo Auttore nel lib. primo a carte 36. descritto che da’ francesi fu presa
per forza la terra di S. Giovanni, terra del Marchese di Pescara posta su i
confini del Regno, forte di sito, di munitione, et di difensori: et deto che fu
abbruciata et saccheggiata : dove fu ancho usata ogni altra specie di barbara
ferità. Queste parole vengono dannate da’ francesi, i quali si trovano perciò
tassati d’esser barbari e fiere: et ne danno carico al Guicciardino, secondo che
lo diedero ancho al Giovio, quando i guasconi e gli svizzeri a Mordano di
Romagna ammazzaron (come ei dice) con barbara crudeltà i bambini fin nelle
culle. In quel luogo il Giovio per sé medesmo si difende in una lettera sua a M.
Girolamo Anghiera: et in questo non merita il Guicciardino punto d’essere
imputato; come colui che recita le crudeltà usate nella presa del Monte di S.
Giovanni per ciò essere all’hora in Italia reputate da’ barbari et da fiere, perché
erano inusitate, e non si era costumato nelle guerre, e nelle vittorie altro atto
crudele che spogliare e poi liberare i soldati vinti, pagate ch’avessero le taglie.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia la parafrasi del passo qui


riportato di Porcacchi.
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL PORCACCHI:


MISURA: ORDINE
Dopo questa narrazione che biasimerà il giudizio di questo auttore. Quando ei discorre
che nella difesa del Regno di Napoli non fui dimostratà né virtù né animo né consiglio, né
cupidità d’onore, né potentia, né fede? Il che io tanto più audacemente affermo quanto
so esser nell’historia quest’altra legge, che l’historico deve spiegare, se i successi siano
per accidente di fortuna, per rpopria scientia e industria di chi gli maneggia, o per
temerità occorsi: e in questa narrazione non pure non tace i fatti degli huomini egregi e
più nominati, ma né anchora le nature e i costumi di essi: il che fa con tanta arte, che non
pecca né nell’eccesso né nel difetto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 58/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Solo può parer che questo Auttore abbia tal volta mancato in descivere minutamente
i particolar d’alcuna fazion di guerra, sicome io molte volte ho notato in margine che il
Giovio et gli altri sono stati più diffusi. Ma è di tanto maggior momento la narrazion
de’ consigli e’ trattamenti secreti a benefincio de gli stati, al qual mira l’historia, che
non è quella di chi habbia ferito tutti i soldati a un per uno, chi nel viso, chi nel petto,
chi nelle cosce, che può essser sopportato pazientemente questo desiderio;
massimamente non lasciando egli le cose sustanziali, e principalissime. Riprende a
tempo e a luogo, per accidente e in proposito, e non in bella pruova, né per
professione: ma in questa parte ancho vien tenuto alquanto mordace. Tuttavia la
mordacità in niun luogo si discopre più che in dichiararti le nature de gli uomini; di
maniera che questo non gli può essere ascritto a mancamento. Se altre volte ,o fa,
egli modestamente punge, con misura, et convenevolezza, e se pure a chi tocca, par
ch’egli esca del convenevole; egli conferma con le ragioni l’opinion sua, o pungente,
o mordace; overo la scrive come cosa d’altri detta.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: BELLEZZA

Non loda di soverchio; sì che le date lodi siano rincrescevoli, né indizio d’adulazione al
lodato, come d’Aristobolo si dice con Alessandro, d’Hermodoto con Antigono, e d’alcuni
altri con Antioco Epifane re di Soria: ne biasima in guisa che tu creda ch’ei voglia più
tosto accusar che scrivere historia, come si vede per l’historia di Polibio, che né l’uno e
nell’altro di questi vizii son tassati Fabio e Filino, l’uno romano e l’altro cartaginese: i quali
in tal maniera della guerra cartaginese scrissero che uno in tutto lodava i romani e
biasimava gli avversari, dove l’altro all’opposito dannando i romani lodava solo i
cartaginesi.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Che il Guicciardino s’alzi talora con le sentenze, e sia trasportato da quel vento
poetico che deve (secondo i precetti dell’historia) spignere in alto la nave historica,
da quel raccolto di sentenze ch’ho citato sopra e ho posto avanti a questo mio
Discorso, ti sarà lecito con giuduizio discorrerlo e comprenderlo; sì come ancora per
te medesimo avertirai da tutta quest’opra ch’egli non è stato ignorante punto d’alcuna
di quell virtù ch’al buono istorico son necessarie sapere: percioché eggli era ben
fornito prima di queste tre eccellentissime doti, ingegno giudizio e memoria, così
acquistato per dono particolar di Dio, come ridotte a perfezione con l’uso, con
l’osservazioni, e con lo studio. D’ingegno fu egli quale da Platon vediamo che nel
settimo Dialogo del Giusto è desiderato; cioè d’acuto e felice alla cognizion delle
dottrine e delle cose: e con la forza d’esso poté fare e acquistar quel tanto che al
proposito fine apparteneva. Il giudizio in lui fu mirabile, talché per questo innanzi
all’età ebbe dall pèatri quei carichi che per le leggi ancor non se gli potevano
conferire.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una parafrasi del passo di


Porcacchi qui riportato (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
Ebbe governi di stati et eserctiti, e in tutti riuscì di giudizio intero, e non punto macchiato:
ma quale nell’istoria da lui fosse usato; è compreso nell’osservanza delle elggi istoriche,
delle quali ho mostrato fin qui ch’egli è stato osservantissimo. Insomma per queste virtù
ebbe il Guicciardino così gran nome che Messer Claudio Tolomei, uomo giudizioso e
letterato, non dubitò chiamarlo uno de’ principali savi d’Italia, che così scrive egli, ch’ei
s’aveva guadagnato il nome. Nella memoria fu molto eccellente: e io mi ricordo aver
molte volte sentito dire a uomini religiosi, gravie auttorevoli ch’egli usò spesso di scrivere
e a dettare a molti in un medesimo tempo. Fu grande oratore, la qual virtù all’istorico è
sommamente necessaria: e però tu vedi che le concioni introdotte da lui giovano a chi
legge, hanno molto decoro, e son piene d’artificio, come ho detto trattando della
Bellezza.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Così a tempo v’intrapone alcuni conforti, che da lor medesimi nascono, e dependono
commodamente dalla materia: ma in quelle e in questi sempre ha riguardo a chi
parla, a chi ascolta, al soggetto di che si parla, al luogo e al tempo. Usa le divisioni e
gli argomenti; tratta delle cose morali e delle politiche; sa descrivere i siti; parla delle
fortificazioni quanto e quando bisogna: e insomma, per venir alla conclusion di
questo articolo, tu non potrai dire ch’egli non abbia saputo tutte quelle virtù che a
perfetto istorico appartengono, sino all’essere stato uomo di guerra, con auttorità
somma negli esserciti: tal che aiutato da queste regole, da questi ordini, e da queste
leggi, aggiunto il continuato studio e la non mai stanca diligenza ha potuto questo
auttore all’istoria sua procacciar dignità, grandezza e maestà, e a sé medesmo nome
di perfetto istorico.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una parafrasi del passo di Porcacchi qui riportato (max
una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al docente caricandolo
nell’eportfolio, dove riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
La Verità, terza et ultima idea da me porposta et ammirata in questa historia, è senza
dubbio, e deve essere il principal fondamento, sopra il quale chi scrive ha da fondar tutta
la sua gloria. Perciocchè ha da raccontar le cose come sono state, et secondo che sono
avventure; et non o al contrario, o diversamente per compiacer ad altri e a se medesimo;
altramente non historia , ma narrazion favolosa verrebbe reputata.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

In questa parte l’universal consentimento di chi legge concede fra tutti gl’historici
moderni gran lode al Guicciardino, come a veridico et sincero: e io, che m’ho dilettato
sempre in tutti i luoghi, ove ho conservato, e con tutte le persone di giudizio, con le
quali ho avuto familiarità, d’intender quel che realmente se ne giudichi, ho trovato
molti che in questo capo della Verità hanno voluto assomigliarlo a Giuseppe Ebreo
istorico antico: il quale fu tanto incorrotto, c’essendo giudeo per religione, fece
nondimeno grave e lodevol testimonio del Salvator nostro Giesù Cristo.
L’assomigliano anco a costui per l’eccellenti virtù che in esso furono: somma
erudizione, grandissima integrità, e singolar prattica delle cose: alla quale
aggiungono la similitudine de’ carichi, che Giuseppe fu prefetto di Galilea, e il
guicciardino della Romagna, di Modona e Reggio, di Bologna, e luogotenente del
papa.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una parafrasi del passo di


Porcacchi qui riportato (max una cartella).
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S3
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S3
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
Quegli fu tanto caro a Tito Vespasiano Imperatore che nella ruina di Gierusalem gli fece
gratia, ch’ei salvasse ciò che volesse; gli assegnò possessioni della Giudea e gli donò la
propria casa, nella quale essa aveva abitato, avanti che fosse principe: i quali doni gli
furon poi tutti confermati da Domitiano. Questi fu così grato (per tacer gli altri principi) a
papa Leon X che da lui essendo stato preposto a’ governi detti, ci fu poi ancora
confermato nel tempo di Adrian VI e di Clemente VII sommi pontefici: ma tanto fu egli
lontano da l’impetrar da essi roba, o beneficii, che ad altro mai non mirò che ad
arricchirsi di gloria, nata dalle oneste e virtuose sue operazioni, e avendo potuto ampliar
di grandissimi tesori le sue facoltà; lasciò ricchezze meno che mediocri, tuttoché per
natura fosse stato molto assegnato nelle spese.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S3
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

L’istoria di Giuseppe per l’artificio, per la prudentia e per la verità fu da Tito publicata
con l’impronto del suo suggello nella libreria sua, accioché fosse esposta alla
lezione, e al giudizio d’ogniuno: e questa del Guicciardino stampata in pochi anni, e
ristampata molte e molte volte: tanto diletta egualmente a tutti che le nazioni
forestiere l’hanno ridotta nella lingua latina, perché sia intesa anco da chi non
possiede la favella nostra: e aggiugne il dotto e giudizioso P.M. Remigio fiorentino
nella vita che di lui eccellentemente ha scritto d’aver udito che si traportava anco
nella francese e nella spagnuola. In questa parte dunque della verità egli è molto
comendato: il che allora massimamente può esser manifesto quando tu leggi in che
modo egli molte volte danna i consigli e le volontà degli uomini della propria patria: in
che modo riprende i costumi e il governo di quei principi e potentati supremi da quali
esso dependeva; sì che non pure non volse scriver in grazia d’essi per adulargli, ma
egli alla libera gli tassò, e dove occorse vituperarli (non si scordando però punto la
debita modestia) gli giudicò degni di biasmo: argomento non piccolo, che non volse
per alcun rispetto lasciarsi temperar la penna con l’oro o con altra sorte di
corrompimento.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 59/S3
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una parafrasi del passo di


Porcacchi qui riportato.
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
che se per questo vien sommamente di verità commendato Tucidide, che, per essere
ateniese e non lacedemonio, aveva nondimeno lodato i lacedemoni alla sua patria nimici,
non deve perciò minore argomento di verità esser nel Guicciardino l’aver, quando pè
stato bisogno, senza rispetto biasimato i suoi concittadini. Sono alcuni altri i quali
all’incontro lo biasimano per mendace, rispetto alla diversità che si trova fra lui e gli altri
istorici e scrittori da me citati nelle annotazioni: e dicono che la verità è una sola,
scrivendo questo autore diverso dali altri, convien ch’’abbia scritto le bugie.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Ma questo vizio non può esser più imputato a lui che agli altri, ne’ quali la diversità si
conosce: e più simile al vero è ch’abbiano errato quelli scrittori, a’ quali non era
permesso informarsi di tutti i consigli secreti, che il Guicciardino, uomo che gli ha
trattati, e per mezzi principali gli ha saputi e intesi. Ma quale è quel’istoria così antica
come moderna (delle profane parlo, lasiando star l’ecclesiastiche e sacre) nella qual
tu non trovi diversità dall’altre, che del medesimo soggetto abbiano che darti da
leggere? Giuseppe nel libro primo contra Appione a due cagioni riferisce l’imperizia
de’ greci nel’istorie più antiche. La prima, che s’erano applicati a scrivere per
l’ignoranza dell lettere, e però avevano lasciato campo libero di mentire a quei
posteri che d’alcuna cosa antica avessero voluto trattare. L’altra, che gli uomini
privati, preso assunto di scrivere più per gloria che per studio di verità, finsero molte
cose ciascuno a modo suo, per parer più veraci di tutti nel discordar dagli altri.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una parafrasi del passo di


Porcacchi qui riportato.
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
Di qui nacque (dice egli) quella maravigliosa contrarietà che si vede nell’istorie. Ellanico
corregge Acusilao nelle genealogie, Timeo Eforo, e timeo è ripreso da chi venne dopo.
Csì manetone egizio e molti altri riprendono Erodoto. Girolamo Cardiano, che scrisse
l’imprese fatte de’ re di Macedonia Epirotti; da pausania negli Arcadici è ripreso d’aver
lodato più che non meritava Antigono, e d’aver contra la verità scritto che Lisimaco
violasse i sepolcri de’ re in Epiro. Polibio uomo greco spesse volte tassa come bugiardi
Fabio e Filino, nominati da me in questo discorso: l’uno come troppo affezionato a’
romani contra i cartaginesi e l’altro come di questi parziale e di quelli acerbo nimico.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Così a tempo v’intrapone alcuni conforti, che da lor medesimi nascono, e dependono
Diodoro siciliano nella prefazione del libro 20 della sua libreria e Suida disputano
contra alcuni istorici. Cornelio Tacito non è egli ripreso d’avere scritto che i giudei
discendessero dal monte Ida di Candia e che però latinamente venissero detti Iudei?
Ma questo luogo mi farebbe trascorrere in più licenza di parole che non deve: però
frenandomi dico ch’essendo credibile ch’abbia più detto il vero colui ch’ha avuto
l’informazioni migliori; al Guicciardino doverà senza dubbio aversi più fede, come a
meglio informato. Ma alcuni lo riprendono gravemente ch’egli abbia mostrato odio
contra Virginio Orsini, contra i Sanseverini, e contra altri: ma principlamente contra
Francesco Maria Della Rovere duca d’Urbino, sì come ho notato in una postilla nel
libro 16 a carta 479.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S1
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una parafrasi del passo di


Porcacchi qui riportato.
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
E Giovanni Simonetta scrittor di quei tempi, che si trovò a tutte le guerre maneggiate da
quel principe, tassa il Guicciardino che portasse odio al duca: primo per le dependentie
ch’esso ebbe con papa Leone, che fu nemico al duca; e poi perché quando egli ebbe
nell’essercito della Lega titolo di luogotenente del papa, il duca d’Urbino, general de’
viniziani, ma presso cui era infatti il governo degli esserciti, ebbe una volta gravi parole
co’l Guicciardino, e lo riprese che troppo di sé presumesse con altre parole che da coui
sono scritte: per le quali dice ch’egli o dissimulò tacendo la gloria di quel principe o tentò
d’oscurarla scrivendo.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Dice egli anco d’aver veduto quella lettera di Niccolò Machiavelli a Bartolomeo
Cavalcanti, ch’io in quel luogo ho citata: per la qual si vede non buona disposizion
d’animo verso il duca d’Urbino. Io (qual si sia la verità) lascio di ciò il giudizio a chi
legge: perché mia intenzione è stata nelle margini di questa istoria confrontar le cose
scritte dal Guicciardino conle scritte da altri, e lasciar ch’altri a suo beneplacito dia di
ciò sentenza: e in questo discorso ho mirato a dire il parer mio (onde perciò l’ho
chiamato giudizio) affinché si vegga, per quanto io tengo, che per le leggi questa
istoria è degna di somma lode. Et se in alcuni cpai mancasse (che non lo so) di
verità, essa è ben nel resto tanto più verace dell’altre di quei tempi, che a questa
sola viene attribuita la palma della verità, e solo al Guicciardino è conferito il titolo di
verace istorico moderno.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S2
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una parafrasi del passo di


Porcacchi qui riportato.
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S3
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

ESERCITAZIONE
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S3
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
Sono molti altri che in altri particolari lo vengono riprendendo: e presso i viniziani
gravemente vien dannato d’avere (come dicono) contra la verità introdotto nel libro 8
Antonio Giustiniano fare un’orazione di soverchio umile e demessa a Massimiliano
Imperatore: nel che si prova con una lettera di un secretario Braccio (se la memoria non
m’inganna) scritta in quei tempi , per la quale apparisce che quella orazione mai non fu
recitata: il che conferma Pietro Giustiniano nel libro 10 delle sue istorie, come in quel
libro a c. 222 ho scritto, dicendo che da Cesare gli ambasciatori Giustiniano e Mocenigo
non furono ammessi né adcoltati: segno manifesto che l’orazion non fi fatta, come quivi il
Guicciardino scrive affermativamente che fosse.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S3
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Ma io non ho preso a scrivere apologie, tanto più sapendo di non lo poter fare, per
non aver piena instruzion del vero: e però resti questo carico su le spalle di chi sia
meglio informato, ch’io, sì come affezionatissimo a questo istorico, mi contento di
tornare più e più volte a replicare che in quest’articolo della Verità egli è degno di
molta lode; né per poche macchie, sparse (come dice Orazio) o per incuria o per
poco avvertimento dell’umana natura, deve esser lacerato (se però elle vi sono) tutto
il corpo di questa mirabil composizione. E veramente tu hai da tener imortali oblighi
al Guicciardino, se vai considrando l’utile che dalla lezion della sua opera puoi
raccogliere: percioché se dagli antichi fu trovata l’istoria non solamente per salvar
dall’oblivione e consacrare all’imortalità l’imprese fatte, ma ancora perché gli uomini
ammaestrati da questi essempi imparassero a imitar le virtù e schifare i vizii, tu
liberamente puoi dir di questa quel medesimo: che sotto la persona d’Alcinoo disse
Omero nel nono dell’Odissea dell’espugnazion di Troia, cantata da Demodoco
musico.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 60/S3
Titolo: Giudizio del Porcacchi
Attività n°: 1

Lo studente faccia una parafrasi del passo di


Porcacchi qui riportato.
Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al
docente caricandolo nell’eportfolio, dove
riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 61
Titolo: Lezione 61
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
Tanta (dice) è la benignità dell’immortale Iddio verso la generazion mortale, che dopo
molti altri aiuti datici per bene e liberamente amaestrar la vita nostra, ci ha voluti instruire
e avisar con gli essempi quotidiani de’ casi e dell’azioni umane. E scrivono alcuni che
Scipione Africano non per altro ascese a tanta gloria e grandezza di guerra, che per aver
ben letto, studiato, e fermatasi nell’animo la Pedia di Ciro scritta da Xenofonte, non tanto
vera quanto espressa all’idea d’un re giustissimo e fortissimo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 61
Titolo: Lezione 61
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Così Alessandro Magno per l’istoria d’Achille, Cesare per quella d’Alesandro,
Temistocle per Milziade e Carlo V Imperatore dicono che s’accese alla gloria per
l’istoria di Filippo Comineo monsignor di Argentone de’ fatti di Lodovico XI re di
Francia. Che? Il diletto de l’istoria ha fin guarito dell’animo e del corpo. Testimioni ne
sono fra gli altri Alfonso, e Ferdinando re di Spagna e di Sicilia: uno de’ quali dal
legger Tito Livio e l’altro dall’istoria di Q. Curzio ricuperarono quella sanità, che per
opera de’ medici mai non avevan potuto. Lorenzo de’ Medici padre delle lettere
scrivono parimente che dell’istoria di Corrado III dalla sua infermità fu fatto sano: et
massimamente quando ebbe letto quel bellissimo esempio che, avendo l’imperator
Corrado con lungo assedio travagliato Guelfo, duca di Baviera, né mai potutosi
rimuover dall’ostinazion sua di ruinar la città, all’ultimo, vinto dalle preghiere delle
gentildonne, concesse loro ch’elle si potessero partire inviolate, con questo patto:
che niente cavasssro fuor della città, se non quanto ciascuna potesse in una volta
sola portar sulle spalle.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 61/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
Allora esse, non so se con maggior confidenza che pietà, portaron fuora su le proprie
loro spalle il duca, i mariti, i figluoli, i padri e le madri. Di che prese l’imperator tanta
contentezza che, piangendo per dolcezza, non pur si spogliò dell’ostinata sua crudeltà,
ma ancora perdonò alla città e fece pace e amicizia co ’l duca suo acerbissimo nimico.
Ma io sento dirmisi con questi essempi che ogni istoria fa questi effetti, non questa del
Guicciardino sola: al che rispondo esser vero che da ogni istoria bene scritta
s’apprendono simili frutti, ma tanto più da questa, quanto tu impari ancora a governare gli
stati da’ consigli, da’ discorsi, et dalle prattiche secrete, che costui ti fa manifeste; nella
qual parte sicuramente può esser lodato sopra molti altri.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 61/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Dionigi Alicarnasseo, oltre il temperato genere di dire e la purità attica, scrisse


l’antichità de’ romani dal principio della città con tanta diligenza che mostrò d’aver
superato tutti i greci e i latini. Perciocé quanto da’ latini, come cosa troppo volgata, fu
disprezzato come diremmo i sacrifcii, i giuochi, i trionfi, l’insegne de’ magistrati, tutta
la disciplina de’ romani, in governar la republica, il censo, gli auspicii, i comizii, tutta
la difficil division del popolo in classi e in tribù, e finalmente l’auttorità mdel senato, gli
ordini della plebe, gl’imperii de’ magistrati e la potestà del popolo: da lui solo parmi
che fosse accuratissimamente scritto e trattato. Appiano alessandrino solo di tutti gli
stroici propone innanzi agli occhi, come in una tavola dipinte le province de’ romani,
le ricchezze, gli esserciti, e la descrizion di tutto l’imperio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 61/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

GIUDIZIO DEL
PORCACCHI: VERITÀ
Strabone anco, Plinio e Ruffino trattarono delle provincie, ma non parlarono dell’entrate e
delle ricchezze. Cornelio Tacito ci ha recato grande aiuto a intender l’antichità de’ romani.
Percioché essendo da lui state scritte le cose fatte dal tempo di Tiberio fino a Nerva,
trattò tutte le grandissime, le mezzane, e le minime imprese con grandissima cura e
diligenza.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 61/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Dopo la vittoria attiaca non è alcuno istorico il quale più copiosamente abbia trattato
gli ordini militari o civili: perciochè egli fiorì nella guerra e nella disciplina civile. Così
parimente si può discorrer degli altri, che alcuni per la verità altri perché sono stati
brevi, chi per la diligenza, chi per l’ordine, taluno per la prudenza; quello per saper
ben descrivere i luoghi questo i tempi; chi per lo stile, chi per l’arte, chi per una virtù,
chi per molte, sono stati ciascun nel suo genere eccellentissimi, degni d’esser letti e
lodati. Ma il Guicciardino, come che di tutte riporti molta lode, avendo (come ho
mostrato) ottimamente osservato le tre idee, della Bellezza, della Misura, et della
Verità, nondimeno da questa, cioè d’aver saputo et palesato i desideri de’ Capitani, i
disegni de’ Principi, in concetti de’ Re, de gli’Imperatori etde’ Papi, e i fondamenti de’
loro pensiere, pare che senza controversia egli abbia guadagnato maggior gloria, e
in ciò a nuino altro sia più simile che a se medesimo; già che non so meglio ad
alcuno agguagliarlo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 61/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LETTURE OBBLIGATORIE
A questo punto lo studente avrà accumulata abbastanza conoscenza del Guicciardini da
passare a leggere uno a scelta dei seguenti libri a scelta:
G.M. Barbuto, La politica dopo la tempesta. Ordine e crisi nel pensiero di Francesco
Guicciardini, Napoli, Liguori, 2002
Oppure
G. Cadoni, Un governo immaginato: l’universo politico di Francesco Guicciardini, Roma,
Jouvence, 1999
Oppure
P. Carta, Francesco Guicciardini fra diritto e politica, Padova, CEDAM, 2008.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 61/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Per la seguente parte del corso, relativa a Dante, sarà obbligatorio lo studio di uno a
scelta dei seguenti libri:
E. Auerbach, Studi su Dante, Milano, Feltrinelli, più volte ristampato.
Oppure
T. Barolini, La “Commedia” senza Dio, Milano, Feltrinelli, 2003 (seconda edizione 2013)
Oppure
M.Santagata, L’io e il mondo: un’interpretazione di Dante, Bologna, Il Mulino, 2011.

Inoltre la lettura dei seguenti canti nel commento di Sapegno, o di Bosco Reggio o di
Ch. Singleton (ongi eventuale altro commento usato andrà concordato via email con il
docente):

Inferno: canti I, II, V, X, XIII, XV, XXVI, XXXII vv.124-139 – XXXIII vv.1-78
Purgatorio: canti I, I, V vv. 130-136
Paradiso: canti I, III, XVII, XXX

Infine è obbligatorio lo studio di tutti gli allegati alla presente lezione reperibili nei
supporti didattici del corso.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 62
Titolo: Lezione 62
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA SOSTANZA DELLE
COSE VEDUTE 1
In queste prossime lezioni seguiremo da vicino un classico della critica dantesca, che ci
servirà a entrare in profondità nel funzionamento della Divina Commedia, o, come
sarebbe meglio dire, Comedia, senza il fortunato aggettivo divina, che fu aggiunto da un
letterato del Cinquecento, Lodovico Dolce (un collega del Poracchi, per intenderci).
Il classico che costeggeremo è La poesia della Divina Commedia, di Charles S.
Singleton, pubblicato dalla casa edtirice Il Mulino di Bologna nel 1978, mettendo insieme
due saggi pubblicati in inglese alcuni anni prima (Commedia. Elements of Structure e
Journey to Beatrice, entrambi editi a Cambridge, Mass. dalla Harvard University Press,
rispettivamente nel 1957 e nel 1958).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 62
Titolo: Lezione 62
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nella sua lettura della Divina Commedia Singleton parte dalle premesse contenute
nella epistola latina che Dante scrive al suo protettore Can Grande Della Scala. Va a
questo proposito precisato che non tutti sono d’accordo nell’accettare la paternità
dantesca di questa epistola. Tuttavia, Singleton, con molti altri, lo è.
In grande presupposto della impostazione mentale e cultruale di Dante, come del
suo tempo è compendiabile in una frase della epistola: “Quale la relazione di una
cosa con ciò che esiste, tale la sua relazione con la verità”. Si tratta di una frase
reperibile in Alberto Magno, e che è una sorta di rivsitazione di concetti di Aristotele.
In questa frase è contenuta tutta la dimensione analogica in cui Dante si muove. È
il principio generale in virtù del quale il poema si pone in relazione con l’esistente e
rivela la sua verità. Si tratta del simbolismo in quanto concepito in modo da essere
utilizzato a immagine del mondo reale creato da Dio, il quale non deve avere
importanza in sé, nella sua materialità, bensì come libro divino in cui le cose sono
anche segni. In questa relazione, si badi, consiste nientemeno che la verità.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 62/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA SOSTANZA DELLE COSE


VEDUTE: SIMBOLISMO
Torneremo sull’effetto che questa concezione medioevale della realtà ha sul modo di
leggere la Bibbia e concepire la storia e la stessa realtà. Ora, gettiamo uno sguardo al
poema, a come il modo di concepire il poema viene da questo assetto mentale influenzato.
A differenza di quelle tre dimensioni fondamentali per l’epoca (Scrittura Relatà e Storia), il
poema è fictio, finzione, infingimento. La distanza che separa il poema da questi tre
inevitabili modelli costituisce la condizione stessa per cui esso può essere vero. Nella
concezione cristiana, sia la distanza sia la relazione sono quelle che devono intercorrere tra
ogni cosa creata e l’esistente.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 62/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E tuttavia nulla nella Divina Commedia dichiara il poema come fictio: le vicende sono
trattate come se fossero accadute davvero. Il patto di credibilità che Dante stabilisce
non è con il lettore: facendo appello a una verità religiosa indiscutibile, cioè
l’esistenza delle anime dopo la morte nell’Inferno, nel Purgatori, nel Paradiso, Dante
non può certo avere necessità di stabilire un patto di credibilità con il lettore, cioè con
il cristiano (non si danno altre possibilità). Il consenso non deve stabilirsi fra Dante e
un lettore, bensì fra l’uomo e un corpo dottrinale ritenuto la verità rivelata all’uomo da
Dio.
Indaghiamo le vie dei questa distanza. Cominciamo dal simbolismo.
Nella Vita Nuova ad esempio Dante aveva portato avanti una narrazione che si
avvaleva del simbolismo, dove il dio d’Amore, spiega danti nel cap. XXV, non è
certo un dio, né haun’esistenza in sé: “Amore non è per sé sustanzia, ma è uno
accidente in sustanzia”, che, detto in altri termini diversi da quelli della filosofia
scolastica significa che l’amore non è una persona, bensì una qualità che si
manifesta nelle persone.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 62/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA SOSTANZA DELLE COSE


VEDUTE: INCARNAZIONE
Come ad esempio per Platone, che aveva trattato in modo per certi versi simile il mito,
“la scena di questo mondo è una scena aperta in alto, una scena che guarda verso un
Dio o verso un Bene trascendente che fa pur sempre parte dell’azione”. Ed ecco che nel
capitolo XXV della Vita nuova il dio d’Amore di tutta la tradizione trovadorica viene
smascherato e messo da parte. Anzi, a ben vedere la definizione di questa entità – nota
Singleton – vedremo che corrsiponde a ciò che S. Agostino e S. Bernardo di Chiaravalle
definiscono come Caritas quale si incontra nell’uomo: “accidente in sustanzia”. Essendo
un dono di Dio essa è in terra, nell’uomo, un accidente.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 62/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Pur distruggendo questo tipo di simbolismo, Dante prosegue però su un terreno di


analogia. Una analogia che ha delle caratteristiche particolari, e che chiameremo
allegoria. Essa non è estrinseca, è invece “deliberatamente ed intenzionalmente
intessuta nella struttura stessa dell’opera poetica” (Singleton). Il mito di Dante è
assolutamente inseparabile dalla verità riconosciuta dal poeta o dal suo tempo.
Una di queste verità è quella centrale, ed è un ben noto articolo di fede: ciò che Dio
ha creato direttamente non può morire (nel caso di Adamo, oltre all’anima anche
la carne). Si tratta di una concezione universalmente condivisa dal cristinao
ortodosso. Incarnazione e Resurrezione hanno santificato il corpo umano: il nostro
corpo sarà fisicamente nell’al di là. Mentre ora vediamo – con le parole di San Paolo
ai Corinzi “per speculum in aenigmate”, cioè come in un enigma nello specchio, dopo
il Giudizio vedremo “facie ad faciem”, faccia a facci, direttamente.
La verà libertà che Dante si prende, dice Singleton, non è di immaginare persone
nell’al di là, la verà libertà è invece nell’immaginarli prima del Giudizio Universale e
della Resurrezione.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 62/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA SOSTANZA DELLE
COSE VEDUTE
Quindi, Dante si prende la libertà di voler vedere facie ad faciem. Perché?
Secondo Singleton per Dante il poeta ha il dovere di mettere davanti agli occhi dell’uomo
il loro mito: è la directio voluntatis che spetta al poeta, secondo il Dante della Divina
Commedia. Far vedere è parte fondamentale della capacità mitopoietica del poeta.
Questo non vuol dire che Dante fu nell’al di là o pensa di esservi stato 8come ad
esempio alcuni, pur con buone ragioni hanno argomentato). Nessuna ingenuità in Dante.
Dante è il poeta responsabile del proprio mito secondo verità.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 62/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E tuttavia nulla nella Divina Commedia dichiara il poema come fictio: le vicende sono
trattate come se fossero accadute davvero. Il patto di credibilità che Dante stabilisce
non è con il lettore: facendo appello a una verità religiosa indiscutibile, cioè
l’esistenza delle anime dopo la morte nell’Inferno, nel Purgatori, nel Paradiso, Dante
non può certo avere necessità di stabilire un patto di credibilità con il lettore, cioè con
il cristiano (non si danno altre possibilità). Il consenso non deve stabilirsi fra Dante e
un lettore, bensì fra l’uomo e un corpo dottrinale ritenuto la verità rivelata all’uomo da
Dio.
Indaghiamo le vie dei questa distanza. Cominciamo dal simbolismo.
Nella Vita Nuova ad esempio Dante aveva portato avanti una narrazione che si
avvaleva del simbolismo, dove il dio d’Amore, spiega danti nel cap. XXV, non è
certo un dio, né haun’esistenza in sé: “Amore non è per sé sustanzia, ma è uno
accidente in sustanzia”, che, detto in altri termini diversi da quelli della filosofia
scolastica significa che l’amore non è una persona, bensì una qualità che si
manifesta nelle persone.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 63
Titolo: LEZIONE 63
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA MITOPIESI
Il modo in cui Dante vede e scopre le persone nell’al’di là ha qualcosa di fondamentale e
di assoluto, che richiama la Genesi. Qualcosa di mitico, più che di poetico. Ciò si deve al
fatto che la visione deriva dalla fede. Prima si muove la fede e poi l’occhio vede. Tant’è
vero che non si tratta di un giudizio personale su uomini conosciuti o meno. All’Inferno
Dante vede anche amici come Brunetto Latini, suo maestro, e se ne stupisce. La cosa
non dipende da Dante. Si tratta di una visione, non di cose come desidereremmo che
fossero, ma di cose come esse sono. Non si trovano in uno spazio illusorio. Sono in uno
spazio che dio vede.
Era una formula d’uso corrente e immediatamente riconoscibile: fides quaerens
intellectum o, in un’altra versione praecedit fides, sequitur intellectus (‘la fede precede,
l’intelletto segue’). Singleton propone una formula in grado di definire la qualità del
poema dantesco: fides quaerens visionem: precedit fides, sequitur visio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 63
Titolo: LEZIONE 63
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quindi, l’esistenza delle persone dopo la morte è un dato di fatto della cultura
medioevale. A questo Dante aggiunge la sua personale poetica ed etica, secondo la
quale al poeta spetta il compito di mostrare la verità, dentro gli schemi di analogia e
allegoria che ora andremo esplorando, sempre insieme al Singleton.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 63/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

VIAGGIO
Quindi, come si diceva, il significato letterale della Commedia è lo status post mortem
dell’essere umano: di per sé, quindi, un significato letterale che è concepibile all’interno
della cultura medioevale e distante dalla nostra cultura.
Nel fatto letterale noi possiamo contemplare la giustizia di Dio: lo stato delle anime post
mortem dimostra infatti la giustezza della posizione. L’emisfero di luce che nel limbo
circonda i pagani virtuosi, l’eterno lacerarsi e mutilarsi dei seminatori di scandalo e di
scisma, le palpebre cucite degli invidiosi e così via con le pene varie: in tutto ciò non si
cerca di convincere gli uomini né di giustificare agli uomini le vie del Signore. Non
abbiamo nessuna perorazione in difesa di Dio. Non ce n’è bisogno. Non siamo infatti in
un mondo laico, siamo nel Medioevo cristiano.
Su questo punto, cioè sulla distanza fra noi e la cultura medioevale e su come tentare di
colmarla Singleton ha osservazioni interessanti su cui cercheremo di tornare.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 63/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Va ora aperto il discorso sull’allegoria.


Per comprenderla si può partire da una circostanza fondamentale del poema. E cioè:
nulla nel poema è statico. I personaggi centrali: Dante, Beartrice, Virgilio ecc. Sono in
movimento. Il viaggio, l’itinerario, il “cammin”, come si dice nel primo verso
dell’opera, è un elemento fondamentale di tutto il poema. Si vedrà quanto il libro
dell’Esodo sia fondamentale per la comprensione di Dante e del suo poema.
Con il viaggio assumono un’importanza fondamentale le guide: Virgilio, prima,
Beatrice poi, e infine S. Bernardo.
In particolare Beatrice ha una funzione di guida che va ben oltre il viaggio a Dio di un
singolo individuo: Beatrice ha una parte nel viaggio a Dio possibile a tutto il genere
umano.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 63/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I DUE VIAGGI
Si parlava del viaggio.
Nella Epistola a Can Grande, prevenedo obiezioni sulla realtà del suo viaggio in
Paradiso, Dante fa riferimento ad alcuni autori: S. Agostino, Riccardo da S. Vittore, S.
Bernardo di Chiaravalle:
“Et ubi ista invidis non sufficiant, legant Richardum de Sancto Victore in libro de
Contemplatione, legant Bernardum in libro De Consideratione, legant Augustinum in libro
De Quantitate Anime et non invidebunt” (Epistola XIII).
Facendo appello a questi autori, Dante fa appello ad autori che intendono parlare di un
viaggio che ha luogo qui, in questa vita.
Si tratta di un viaggio a Dio della mente e del cuore in questa vita, una possibilità offerta
a tutta la specie umana. Secondo Singleton, questa è l’allegoria, nonostante nella
Epistola Dante non la chiami così.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 63/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quando, per esempio, Virgilio deve rimproverare colui che gli è stato affidato perché
s’attarda ad assistere al volgare alterco tra Maestro Adamo e Simone, Virgilio dice:
E fa ragion ch’io ti sia sempre allato,
se più avvien che fortuna t’accoglia
dove sien genti in simigliante piato.
Che vuol dire: ‘È ragionevole che io ti stia sempre accanto, se ti avvenisse che il
caso ti conduca dove si trovino persone in un litigio [piato] simile”.
Sarà difficile pensare che Virgilio intenda dire (o intenda semplicemente dire) che ciò
ha probabilità di ripetersi nel corso di quel viaggio, quel singolo, preciso viaggio.
Virgilio intende, ovviamente, questo viaggio, il “cammin di nostra vita”, il cammino
che a tutti noi pellegrini sulla terra spetta di compiere. Il cammino al quale Dante
dovrà far ritorno. È qui dove egli dovrà stare attento, in futuro, che Virgilio gli sia al
fianco. Virgilio, come Beatrice, ha dunque un doppio ufficio di guida, in un viaggio
nell’aldilà e in un viaggio qui e ora.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 63/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’’IO’ E IL ‘ME’
Introducendo questa apparentemente ovvia distinzione fra il viaggio di ora e il viaggio di
allora, il qui e il là, Singleton intuì una distinzione che gioca una parte fondamentale nella
Commedia e ciò quella fra il Dante che sta compiendo il viaggio nell’aldilà e il Dante che
scrive e che lo ha già compiuto. Il Dante personaggio dell’allora, del là, del suo, che si
trova in un luogo non fisico, e il Dante poeta, dell’ora, del qui, del nostro.
La torsione fra nostra vita e mi ritrovai dei primi due versi del poema è fondamentale e
racchiude questo andirivieni.
Della scena e del viaggio nel prologo possiamo dire che sono la scena e il viaggio di
nostra vita. Ma oltre la porta dell’Inferno ciò non è più possibile. Da quel punto in poi il
viaggio è un evento troppo eccezionale perché possa comportare altro che un
possessivo singolare. Esso avvenne quella volta, là, e fu il viaggio di quell’uomo, mentre
nel prologo (anche se il tempo dei verbi è il passato) , fintantoché possiamo concepirlo
come “nostro”, il viaggio ha luogo – per quanto riguarda il tempo – in una specie di
“presente nel presente”, e ogni uomo (Everyman) ne è l’attore.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 63/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quando, per esempio, Virgilio deve rimproverare colui che gli è stato affidato perché
s’attarda ad assistere al volgare alterco tra Maestro Adamo e Simone, Virgilio dice:
E fa ragion ch’io ti sia sempre allato,
se più avvien che fortuna t’accoglia
dove sien genti in simigliante piato.
Che vuol dire: ‘È ragionevole che io ti stia sempre accanto, se ti avvenisse che il
caso ti conduca dove si trovino persone in un litigio [piato] simile”.
Sarà difficile pensare che Virgilio intenda dire (o intenda semplicemente dire) che ciò
ha probabilità di ripetersi nel corso di quel viaggio, quel singolo, preciso viaggio.
Virgilio intende, ovviamente, questo viaggio, il “cammin di nostra vita”, il cammino
che a tutti noi pellegrini sulla terra spetta di compiere. Il cammino al quale Dante
dovrà far ritorno. È qui dove egli dovrà stare attento, in futuro, che Virgilio gli sia al
fianco. Virgilio, come Beatrice, ha dunque un doppio ufficio di guida, in un viaggio
nell’aldilà e in un viaggio qui e ora.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 64
Titolo: LEZIONE 64
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

TRASUMANAR 1
Il problema di Dante è, nel prologo, cioè in quel primo canto fuori dai 99 seguenti, di
riuscire a lasciare una scena che non occupa spazio fisico e pervenire a una scena che
ne occupa; è di riuscire a trasferire un viandante da una scena in cui questi funziona in
una dimensione che può comportare un plurale (nostra vita), un noi, a una scena e a un
viaggio in cui il suo ruolo non ammette che il singolare. Il nostro viaggio deve diventare il
suo viaggio, e suo deve scaturire da nostro. Un viaggio letterale e assolutamente reale
di un uomo vivo, di un uomo in carne e ossa, deve prendere le mosse da un luogo che
non è un luogo fisico. È il viaggio verso la scena di cui possiamo dire “allora”, “là”, e “suo”
dovrà lasciarsi dietro un’altra scena di cui possiamo parlare dicendo “ora”, “qui”, “nostro”.
Ci sis ta incamminando verso una porta dell’Inferno che non è una metafora e verso un
viaggio che non è neanch’esso una metafora.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 64
Titolo: LEZIONE 64
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Osserviamo i versi 22-29 del prologo (Inferno I):

E come quei che con lena affannata,


uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a l'acqua perigliosa e guata,

così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,


si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva.

Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso,


ripresi via per la piaggia diserta [...].

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 64
Titolo: LEZIONE 64
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

‘E come colui che con il fiatone esce fuori dall’acqua e giunge alla riva, si
volge all’acqua percolosa e osserva, così il mio animo, che fuggiva ancora,
si volse dietro a osservare il passaggio al quale nessuno avweva mai
sopravvissuto. Poi che ebbi riposato un poco il corpo stanco, ripresi il
cammino per la spaiggia deserta..’

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 64/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ALLEGORIA
Una situazione simile a questo trasumanar, come Singleton chiama questa situazione,
utilizzando un neologismo di Dante che significa letteralemnte ‘superare il limite umano’,
la si può trovare nella Bibbia, la Scrittura, come Dante la evoca nella lettera a Can
Grande. In essa Dante ricorda con precisione il Salmo 113 della Vulgata.
Rileggiamo il passo della Lettera, traducendolo dla latino in italiano:

«Per chiarire quanto stiamo per dire, occorre sapere che non è uno solo il senso di
quest'opera: anzi, essa può essere definita polisensa, ossia dotata di più significati.
Infatti, il primo significato è quello ricavato da una lettura alla lettera; un altro è prodotto
da una lettura che va al significato profondo. Il primo si definisce significato letterale, il
secondo, di tipo allegorico, morale oppure anagogico. E tale modo di procedere, perché
risulti più chiaro, può essere analizzato da questi versi: "Durante l'esodo di Israele
dall'Egitto, la casa di Giacobbe si staccò da un popolo straniero, la Giudea divenne un
santuario e Israele il suo dominio".

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 64/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Se osserviamo solamente il significato letterale, questi versi appaiono riferiti


alll'esodo del popolo di Israele dall'Egitto, al tempo di Mosè; ma se osserviamo
il significato allegorico, il significato si sposta sulla nostra redenzione ad opera di
Cristo. Se guardiamo al senso morale, cogliamo la conversione dell'anima dal lutto
miserabile del peccato alla Grazia; il senso anagogico indica, infine, la liberazione
dell'anima santa dalla servitù di questa corruzioe terrena, verso la libertà della gloria
eterna. E benchè questi significati mistici siano chiamati con denominazioni diverse,
in generale tutti possono essere chiamati allegorici, perché sono traslati dal senso
letterale o narrativo. Infatti allegoria viene ricavata dal greco alleon che, in latino, si
pronuncia alienum, vale a dire diverso.»

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 64/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’ALLEGORIA DEI
TEOLOGI
Anche nel Convivio Dante parla di questa specie di allegoria – che definiremo come
allegoria dei teologi – per distinguerla da un’altra che lì chiama allegoria dei poeti: per
intenderci: il dio Amore della poesia trovadorica e di buona parte della Vita nova, prima
che Dante lo sveli e lo metta fuori gioco nel capitolo XXV. L’allegoria dei poeti è quella
della favola, della parabola, e quindi può rivenirsi anche nelle Scritture, è un modo di
trattare in cui il primo senso, quello letterale, è escogitato, inventato, è una fictio nel
significato originario della parola, e ha come fine quello di nascondere e, nascondendo,
trasmettere una verità.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 64/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Non così avviene per l’altro modus tractandi, come si può veder dall’esempio
utilizzato da Dante. In questo altro modo, nella allegoria dei teologic, il primo senso è
storico, e non fittizio. I figli di Israele lasciarono davvero l’Egitto al tempo di Mosè.
Questo senso sussiste da sé. È nel senso letterale che si distinguono secondo
Singleton le due allegorie.
L’allegoria di Dante si fonda su un modello concreto: quello della Scrittura. Nella
Scrittura il senso storico pur mantenendo tutta la sua forza intrinseca, è in grado di
produrre un altros enso. Può farlo, ed effettivamente lo fa, a intermittenza.
Quando nella Scrittura è presente l’altro senso, esso c’è semplicemente perché ve lo
ha voluto Dio. Solo Dio può usare gli eventi come parole, facendo sì che significhino
qualcos’altro. In questo caso, ad esempio, solo Dio può far sì che l’Esodo dei figli
d’Israele (l’evento reale) significhi il nostro viaggio in terra.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 64/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IMITARE LE SCRITTURE
Un poeta non ha il potere di Dio e non potrà presumere di scrivere come Lui. Potrà però
imitarne il modo di scrivere. Potrà costruire un senso letterale-storico, un viaggio
oltremondano (anche questo un Esodo!) che sia, nella fictio del suo poemam ciò che il
senso letterale di Dio è nel Suo libro (e con l’aiuto di dio avrà il potere di renderlo reale).
Ed egli costruirà come quello divino anche l’altro senso, l’allegorico o mistico – un
senso che rigurada il nostro viaggio, il nostro cammino verso la salvezza, qui nella vita
terrena.
Il poeta ha però uno svantaggio: non può contare sulla stessa fiducia illimitata che la
Scrittura gode presso il fedele. Il poeta allora organizzerà il poema in modo tale che il
lettore pervenga al senso letterale solo dopo essere passato attraverso il secondo senso,
il senso riflesso: è il viaggio nell’al di là che richiamerà il viaggio del qui ed ora. Ciò
avverrà grazie al prologo, il primo canto, disponendo il viaggio come il riflesso del viaggio
letterale.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 64/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quando, per esempio, Virgilio deve rimproverare colui che gli è stato affidato perché
s’attarda ad assistere al volgare alterco tra Maestro Adamo e Simone, Virgilio dice:
E fa ragion ch’io ti sia sempre allato,
se più avvien che fortuna t’accoglia
dove sien genti in simigliante piato.
Che vuol dire: ‘È ragionevole che io ti stia sempre accanto, se ti avvenisse che il
caso ti conduca dove si trovino persone in un litigio [piato] simile”.
Sarà difficile pensare che Virgilio intenda dire (o intenda semplicemente dire) che ciò
ha probabilità di ripetersi nel corso di quel viaggio, quel singolo, preciso viaggio.
Virgilio intende, ovviamente, questo viaggio, il “cammin di nostra vita”, il cammino
che a tutti noi pellegrini sulla terra spetta di compiere. Il cammino al quale Dante
dovrà far ritorno. È qui dove egli dovrà stare attento, in futuro, che Virgilio gli sia al
fianco. Virgilio, come Beatrice, ha dunque un doppio ufficio di guida, in un viaggio
nell’aldilà e in un viaggio qui e ora.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 65
Titolo: LEZIONE 65
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

SIMBOLISMO:
DIMENSIONE SOGGETTIVA
Torniamo alla questione del viaggio. Se Dante avesse scelto di narrare una visone
diretta, ispirata, avrebbe escluso l’opzione del viaggio. Anzichè essere un itinierario nel
tempo,ci saremmo trovati davanti a una vissione immeidata. E invece, l’elemento
principale della sua grandiosa visione dell’aldilà è proprio un viaggio, e dallo schema di
questo viaggio scaturisce una ricchezza di significato, una dimensione di significato che,
come si è visto, riguarda e coinvolge anche noi. Dante è il viator e il suo viaggio è narrato
in prima persona. Quell’”io” è rappresentato come una pozzibilità offerta a te, a me, al
ostro viaggio in terra.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 65
Titolo: LEZIONE 65
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quindi, quella che abbiamo chiamato allegorica potrebbe essere anche definita la
dimensione soggettiva del poema: nella totalità della struttura, essa sarebbe quella
parte che introduce uno spettatore e dà conto del mod in cui si è attuato il vedere,
l’osservazione dello status animarum. E su questo che è l’aspetto soggettivo del
poema, l’Epistola ha poco da dire.
Di contro a tale aspetto, noteremo che ciò che l’Epistola definisce come secondo
argomento del poema rientra invece completamente in una messa a fuoco oggettiva:
si tratta non del vedere, ma del veduto. Ed è qui, in questa dimensione oggettiva
della visione secondo cui Dante ha preferito considerare il suo subiectum, che noi
possiamo parlare di simbolismo distinto dall’allegoria.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 65/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PELLEGRINI
Nel secondo canto del Purgatorio, un gruppo di anime vengono traghettate e si
avvicinano a Dante e Virgilio. Cantano In exitu Israel de Aegypto, lo stesso passo biblico
evocante il viaggio ricordato nella Epistola. Chiedono informazioni sul percorso;
E Virgilio rispuose: “Voi credete
Forse che siam esperti d’este loco;
Ma noi siam peregrin come voi siete”
(Purgatorio, II, 61-63)
Virgilio li riconosce quindi come pellegrini (peregrini) e pone anche se stesso e Dante
nella medesima categoria.
Poiché la Commedia è allegorica e poiché negli eventi del viaggio nell’aldilà può vedersi
riflesso il nostro viaggio in terra, noi siamo invitati a considerare l’episodio come se esso
avesse luogo nella vita terrena.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 65/S1
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Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quando, per esempio, Virgilio deve rimproverare colui che gli è stato affidato perché
s’attarda ad assistere al volgare alterco tra Maestro Adamo e Simone, Virgilio dice:
E fa ragion ch’io ti sia sempre allato,
se più avvien che fortuna t’accoglia
dove sien genti in simigliante piato.
Che vuol dire: ‘È ragionevole che io ti stia sempre accanto, se ti avvenisse che il
caso ti conduca dove si trovino persone in un litigio [piato] simile”.
Sarà difficile pensare che Virgilio intenda dire (o intenda semplicemente dire) che ciò
ha probabilità di ripetersi nel corso di quel viaggio, quel singolo, preciso viaggio.
Virgilio intende, ovviamente, questo viaggio, il “cammin di nostra vita”, il cammino
che a tutti noi pellegrini sulla terra spetta di compiere. Il cammino al quale Dante
dovrà far ritorno. È qui dove egli dovrà stare attento, in futuro, che Virgilio gli sia al
fianco. Virgilio, come Beatrice, ha dunque un doppio ufficio di guida, in un viaggio
nell’aldilà e in un viaggio qui e ora.
È nella figura di questi pellegrini che ci vien chiesto di immedesimarci e di riscoprire
la nostra vera condizione di Cristiani. Tutti siamo impegnati in un viaggio, anzi,
meglio, in un pellegrinaggio: lo sappiamo da innumerevoli passi della Scrittura.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 65/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PELLEGRINAGGIO
Una delle fonti principali di questa visione di noi come pellegrini è l’Epistola agli Ebrei,
che comincia con quella che Dante accettava come definizione di fede (“sustanza di
cose separate ed arghomento delle non parventi”), passa poi in rassegna, da Abele a
Abramo, i patriarchi, ai quali la fede era stata data, e conclude parlando così di tutti
costoro:
“Iuxta fidem defuncti sunt omnes isti, non acceptis repromissionibus, sed a longe eas
aspicientes, et salutantes, et confientes, quia peregrini et hospites sunt super terram. Qui
enim haec dicunt, significant se patriam inquirere. Et si quidem ipsius meminisset de quia
exierunt, habebant utique tempus revertendi. Nunc autem meliorem appetunt, id est,
caelestem. Ideo non confunditur Deus vocari Deus eorum: paravit enim illis civitatem”
(Epistola agli Ebrei, 11, 13-17).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 65/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Una città è preparata per i crisitiani, nell’aldilà.


Il canto dell’Esodo rivela tutto ciò altrettanto bene. Ora queste anime si son lasciate
alle spalle l’Egitto (che, come dice S. Agostino, rappresenta il mondo, cfr. Enarratio in
Opsalmum CXIII (PL, 37.1417). E le parole che Virgilio risponde loro collocano anche
lui e Dante entro l’immagine: “noi siam peregrin come voi siete”. Si può inoltre
osservare che mai nel viaggio attraverso l’Inferno il poema aveva fatto capire che
Dante e Virgilio fossero dei pellegrini. E ciò è di per sé tanto più degno di nota in un
poema la cui stessa struttura in forma di viaggio riposa su quel motivo. Soltanto qui,
a questo punto in cui Virgilio deve dichiararsi non esperto del luogo, i viandanti
diventano pellegrini. A differenza dell’Inferno, questo è un luogo “cristiano”. Qui in
Purgatorio può riflettersi come da nessuna’altra parte la condizione fondamentale del
pellegrino cristiano, poiché qui anche le anime sono pellegrine.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 65/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

PELLEGRINAGGIO 2
Quella terzina del secondo canto che descrive Dante e Virgilio sulla spiaggia di questo
nuovo regno contiene un preciso riferimento proprio a quella disposizione interiore che fa
di qualsiasi Cristiano un pellegrino:

Noi eravam lunghesso mare ancora,


Come gente che pensa a suo camino,
Che va col cuore e col corpo dimora.
(Purgatorio, II, 10-12)

Noi vivi siamocostretti ad attendere ancora un po’ in questa vita. Nondimeno il nostrio
cuore sarà sempre in moto verso la’lto, sempre in viaggio verso una terra promessa. Il
nostro dovrà essere sempre il cuore inquieto del Cristiano: “quia fecisti nos ad te et
inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te” (S. Agostino, Confessiones, I, 1).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 65/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Tutte queste considerazioni si dimostrano oltremodo pertinenti quando vediamo


queste anime (e quest’uomo vivo) farsi così assorte nell’ascoltare il canto di Casella.
Dobbiamo infatti renderci conto che se qui ci fosse solo il senso letterale, molta parte
del significato andrebbe persa. Preso letteralmente, come semplice incidente
accaduto in Purgatorio, non c’è nulla di particolarmente sorprendente nel fatto che
Catone venga a disperdere questi “spirito lenti” per avviarli al cammino che li aspetta.
Queste anime sono qui per purgarsi dei loro peccati, per prepararsi a salire alla
beatitudine celeste, proprio come Dante che è giunto qui per affrettarsi verso la
stessa meta.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 66
Titolo: LEZIONE 66
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

USARE E NON GODERE


Catone, il traghettatore delle anime, le scaccia nel momento in cui cominciano ad
apprezzare il musico Casella che intona una poesia di Dante. Disperde questi spirit lenti
per riavviarli al cammino che li aspetta.
Perché?
La risposta non è certo difficile, quando ci ricordiamo (e il grido di Catone ce lo
rammenta) che in questa vita la nostra condizione di Cristiani è die ssere come pellegrini.
E il nostro pensiero corre a quella distinzione operata da S. Agostino tra usare (uti) e
godere (frui).
Da nessuna parte, forse, più chiaramente che in questo episodio del Purgatorio, ci è dato
esperire quale posto occupi l’opera d’arte nella concezione cristiana medioevale. Vale la
pena rileggere il passo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 66
Titolo: LEZIONE 66
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E io: «Se nuova legge non ti toglie


memoria o uso a l'amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie,
di ciò ti piaccia consolare alquanto
l'anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, è affannata tanto!».
'Amor che ne la mente mi ragiona'
cominciò elli allor sì dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona.
Lo mio maestro e io e quella gente
ch'eran con lui parevan sì contenti,
come a nessun toccasse altro la mente.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 66/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MONDO-LIBRO
Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: «Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto».
Come quando, cogliendo biado o loglio,
li colombi adunati a la pastura,
queti, sanza mostrar l'usato orgoglio,
se cosa appare ond' elli abbian paura,
subitamente lasciano star l'esca,
perch' assaliti son da maggior cura;

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 66/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

così vid' io quella masnada fresca


lasciar lo canto, e fuggir ver' la costa,
com' om che va, né sa dove rïesca;
né la nostra partita fu men tosta.
(Dante, Purgatorio, II, 106-133)

Riguardo all’uso che si riteneva doversi fare delle cose di questo mondo, ricorderemo
che era abbastanza comune concepire l’universo creato come un libro scritto da Dio
perché l’uomo lo leggesse. Così dicono, fra glia altri, Ugo di S. Vittore, S. Agostino,
S. Vittore. Le cose più visibili sono temporali, eterne invece quelle che non si
vedono: “non contemplantibus nobis que videntur, sed quae non videntur. Quae enim
videntur, temporalia sunt; que autem non videntur, qeterna sunt” (Epistola Ai romani
1, 20).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 66/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

MONDO-LIBRO
Ogni qual volta accada che le cose della natura siano viste soltanto come cose, che
l’occhio si posi su esse come su un punto limite, la coscienza religiosa dei secoli che
vanno da S. Agostino a Dante insorgerà a condannare ciò come qualocsa di molto
grave. Poiché le cose non sono soltanto cose. Le cose dell’universo sono cose e
segni al tempo stesso.
Leggere le cose transeunti, passeggere, come cose che alludono a fatti eterni è
accettare la nostra stessa condizione di esseri di pasaggio, transeunti, in questa terra: la
nostra condizione di pellegrini.
Il segno è nella ocsa e dalla cosa è presentato. È stato Dio a porvelo. Non è l’uomo ad
aggiungervelo, ricavandolo dalla sua mente e dal suo cuore. L’uomo lo scopre. Le cose
non sono fini in sé stesse. Le cose esistono per essere usate (uti), e non èerché in esse
ci si acquieti (frui).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 66/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nessun oggetto nel campo visivo del pellegrino può avere in sé valore finale.
Èquesto ciò che afferma la coscienza cristiana medievale, e tale affermazione
costituisce da sola la base del simbolismo di quell’epoca.
Ma, come vedremo, non è solo questo mondo a essere visto in questi termini, bensì
anche il mondo ultraterreno.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 66/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il MONDO
ULTRATERRENO-LIBRO
Le cose vedute sulla scena dell’aldilà sono come le cose che vediamo sulla scena di
questo mondo, e ciò rientra semplicemente nel realismo della visione dantesca.
Così, anche nel mondo ultraterreno, non diversamente che in questo mondo (quando
l’occhio dell’uomo non sia ottenebrato), le cose vedute additeranno le cose invisibili di
Dio. Anche nello spazio escatologico, le cose sono cose e segni al tempo stesso. I segni
sono i premi e i castighi, che vengono da Dio e manifestano la Sua giustizia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 66/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

È questa la dimensione della Commedia che faremo bene a distinguere


dall’allegoria, perché, come si può vedere, distintei sono i modelli di ciascuna, nella
loro realtà e per la loro natura: il simbolismo è il modo in cui Dante imita la struttura
del mondo reale.
L’allegoria è il modo in cui egli imita la struttura dell’altro libro di Dio, la Sacra
Scrittura. Se solo guarderemo il mondo nel modo in cui lo concepiva lui, ci
renderemo conto che l’arte di questo poeta religioso è essenzialmente realistica.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 67
Titolo: Lezione 67
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL DOPPIO VIAGGIO
L’allegoria dantesca si basa sul fatto che abbiamo dava nti la narrazione di un viaggio.
Solo che ad esso si tolga questa parte, e l’intera struttura andrà in pezzi. Ad esso si
collega anche l’altra dimensione delle cose vedute. I segni non avrebbero alcuno scopo
da realizzare. Non troverebbero corrispondenza in nessun cuore inquieto.
Le cose che si vedono nel viaggio nell’aldilà puntano coi loro segni verso l’alto, verso
Colui che giudica e premia o castiga; mentre l’andare di Dante, il viaggio come tale,
punta indietro al cammino di «nostra vita» e al viaggio che si compie.
Siamo davanti, certo, a un doppio viaggio. Dove l’uno è il riflesso dell’altro. Essi sono
inequivocabilmente distinti quanto al tempo e allo spazio.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 67
Titolo: Lezione 67
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ne conseguono due dimensioni diverse. Innanzitutto quello del tempo.


Un tempo è quello dell’anno 1300, la Settimana Santa, e, via via che procediamo nel
cammino, siamo informati anche sull’ora del giorno e della notte.
Di esso è protagonista Dante Alighieri, fiorentino, «natione, non moribus» (di nascita,
non di costumi).
Vi è poi lo spazio e il tempo rifelsso. Si tratta del viaggio della mente, della mente di
chiunque. Singleton parla di Whicheverman, ‘Qualsiasi uomo’, quale protagonista
di questo viaggio rifelsso (piuttosto di Everyman, ‘Ogni Uomo’): poiché non tutti gi
uomini ma gli uomini toccati da grazia possiono compierlo. E possono compierlo in
qualsiasi momento, «quandunque» scrive Singleton, in un tempo allegorico, che è
indiffirentemente passato, presente, futuro. Si tratta di un itinerarium mentis,
itinerario del cuore e della mente.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 67/S1
Titolo: Lezione 67
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ITINERARIO-
CONVERSIONE
Quello che abbiamo chiamato itinerarium mentis è dalla teologia medievale vissuto
innanzitutto come una conversio, ‘conversione’, e veniva, proprio come un vero
viaggio, suddivisa in tappe. Il legame fra itinirearioe conversione consiste nel fatto che lo
scopo dell’itinerario è nell’indurre a fare, induree a un comportamento. In altri termini è
morale un significato ravvisabile da tutti coloro cui può accadere di trovarsi in una selva
oscura ed amara di peccato. Quindi: peccato-grazia-itinerario-conversione.
A sua volta, si diceva, la conversione seguiva normalmente uno schema riconoscibile,
per gradi e tappe, fino al suo compimento.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 67/S1
Titolo: Lezione 67
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Qui dobbiamo renderci conto di un principio che ha validità generale nella


Commedia: il poeta non ha inventato la dottrina: la segue.
Al suo tempo, ormai, secoli di meditazione avevano determinato quale avrebbe
dovuto essere nella sua essenza il percorso di un viaggio a Dio, che si compia
nell’anima e in questa vita. L’allegoria di Dante, quindi, si attua sempre nei modi di
un’evocazione: richiama alla mente ciò che è familiare.
Vedremo ora in cosa consiste per la teologia ortodossa dell’epoca questa
conversione dal dolore e dalla miseria del peccato allo stato di grazia, come
avvenimento reale dell’anima.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 67/S2
Titolo: Lezione 67
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

ITINERARIUM MENTIS
Abbiamo fatto riferimento a questa espressione della teologia, itinerarium mentis.
Cerchiamo di spiegarla. «Mente» non traduce bene il termine latino mens. «Anima» va
meglio, o anche «mente e cuore», in quanto il cuore vi è certamente implicato. Per S.
Agostino vi è profondamente implicato. Ma anche S. Tommaso riconosce debitamente
l’importanza che S. Agostino aveva annesso alla parte affettiva, quale elemento
principale («Charitas viae potest augeri. Ex hoc enim dicimur esse viatores quod in
Deum tendimus, qui est ultimus finis nostrae beatitudinis. In hac autem via tanto magis
procedimus, quanto Deo magis propinquamus; cui non appropinquantur passibus
corporis, sed affectibus mentis. Hanc autem propinquitatem facit charitas, quia per ipsam
mens Deo unitur. Et ideo de ratione charitatis viae est ut possit augeri; si enim non
posset augeri, iam cessaret viae processus» (Summa Theologica, II.II, q. 24, a.4, resp.).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 67/S2
Titolo: Lezione 67
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

S. Tommaso insiste però nell’affermare che «anima conjungitur Deo per intellectum
et affectum»: l’anima si congiunge a Dio tramite la mente e l’affetto. Né tale opinione
appartiene solo a S. Tommaso. Infatti la verità comunemente riconosciuta è che
l’anima razionale op intellettiva (la parte immortale della creatura umana, cioè) è
interamente formata da queste due facoltà: intelletto e volontà. L’intelletto «vede» o
conosce, la volontà ama; oggetto dell’uno è la verità, dell’altra il bene. Le due facoltà
cooperano nei loro moti, in quanto la funzione dell’intelletto è di discernere il suo
oggetto e di presentarlo alla volontà, affinché quest’ultima si metta in moto per
conseguire l’oggetto percepito sotto forma di bene. La priorità, è quindi, dell’intelletto.
Senza la facoltà discernente dell’intelletto, l’amore nell’anima è veramente cieco.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 67/S3
Titolo: Lezione 67
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LE TAPPE
Dalla lettura del Paradiso è infatti evidente come la beatitudine consista in primo luogo
nell’atto della visione (vale a dire, dell’intelletto), e non dell’atto di amore che alla visione
«poscia seconda», ‘che poi segue’:

E déi saper che tutti hanno diletto


Quanto la sua veduta si profonda
Nel vero in che si queta ogne intelletto.
Quinci si può veder come si fonda
L’esser beato ne l’atto che vede,
Non in quel ch’ama, che poscia seconda.
(Paradiso, XVIII, 106-111)

Le parole di Beatrice sulla priorità dell’intelletto si accordano con la dottrina di S. Tommaso,


e, alla fine, è la volontà a muoversi verso il possesso dell’oggetto percepito, completando
così l’atto nella sua totalità. Certo, si capisce come, nel caso di una azione morale, la
volontà sia la cosa più importante.
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 67/S3
Titolo: Lezione 67
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

In un viaggio come quello che Dante ha rappresentato in allegoria, la prima meta,


quella conseguita sotto la guida di Virgilio, viene annunciata in termini che fanno
riferimento alla volontà e alle sue condizioni. Sono infatti queste le parole con cui
Virgilio congeda Dante, dopo averlo condotto fin dove è in grado di condurlo:

Libero, dritto e sano è tuo arbitrio,


E fallo fora non fare a suo senno
(Purgatorio, XXVII, 140-141)

Cioè: ‘La tua scelta è libera, sana, diretta e sana e sarebbe [fora] non fare secondo
la ragione’. Qui entrambe le facoltà sono tenute bene in vista. L’arbitrio sarà la
volontà, ma il senno della volontà, la parte che discerne, sarà la ragione o intelletto.
Se Virgilio conduce alla volontà, Beatrice conduce alll’intelletto. Vedremo meglio, ora,
oltre che il pasaggio dal primo al secondo, cosa significhi l’arrivo di una terza guida:
S. Bernardo.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 68
Titolo: Lezione 68
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LE TRE LUCI 1
Si ricordava poco fa come nell’itinerario attraverso i tre regni dell’aldilà si avvicendino
(senza corrispondere esattamente a ogni passaggio di regno), tre guide. Virgilio, prima,
poi Beatrice e infine S. Bernardo. Esse corrispondono a tre conversioni e, vedremo ora,
a tre luci. Del resto i teologi pèarlano di «tre status» parlando dei «tria bona», o di
«triplex perfectio».
Ma torniamo alla luce. La visione è una funzione dell’intelletto, ed è possibile solo se
interviene una luce.
Il pellegrino porta a temine il suo viaggio a Dio, procedendo prima con Virgilio, poi con
Beatrice e infine con s. Bernardo, e in ciò si manifesta un ordine implicante una
gradazione gerarchica. Il più basso conduce al più alto: Virgilio a Beatrice in vetta al
monte Purgatorio, Beatrice a S. Bernardo sull’ultimo vertice dove Dio è veduto nella Sua
essenza.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 68
Titolo: Lezione 68
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Più volte nella Commedia, Virgilio e Beatrice vengono considerati come luci. In tali
casi, tuttavia, il poema li presenta sempre nle modo caratteristico alla poesia:
indirettamente e allusivamente, per accenni e sotto metafora. Ad esempio, in quanto
guide entrambi sono chiamati «soli», che illuminano il viaggio di Dante.
C’è anche la questione dei limiti di Virgilio: egli dichiara più volte e in più punti di non
poter discernere più oltre: Dante deve attendere la guida di Beatrice. I problemi sono
sempre di materia concernente la fede o la verità rivelata.
Per uno dei molti casi, si legga:

Ed elli a me: “Quanto ragione qui vede,


Dir ti poss’io; da indi in là t’aspetta
Pur a beatrice, ch’è opra di fede”
(Purgatorio, XVIII, 46-48)

È proprio il cumularsi di questi indizi che rivela lo schema allegorico


dell’itinerarium.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 68/S1
Titolo: Lezione 68
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LE TRE LUCI 2
Il lettore colto dell’epoca, in possesso delle basilari informazioni sul viaggio a dio
secondo tommaso, riconosceva perfettamente l’allegoria del viaggio di Dante. Vi
riconosceva questo viaggio dell’intelletto; e l’allegoria del poeta chiaramente riguarda
l’intelletto, essendo un moto della mente od opera, per mezzo e sotto la guida di tre
specie di luce (sussistono tutte queste possibilità). La definizione di S. Tommaso
contempla anche la possibilità di un’esperienza mistica: evento cui corrisponde l’arrivo di
S. Bernardo.
Ma, si badi, non si tratta di riconoscervi la teologia di S. Tommaso, poiché questi in verità
sintetizzava una lunga tradizione teologica concordemente accettata. Lo schema delle
tre luci e di tre specie di visione era anzi costruito, per così dire, entro la struttura stessa
dell’esistenza, dove si distinguono vari gradi di esseri.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 68/S1
Titolo: Lezione 68
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ciò che apprendiamo è quindi che: mediante una di queste luci e in uno di questi
modi (il più alto) Dio conosce Se stesso, e siffatta luce è naturale a lui solo; mediante
la specie di luce e di visione immediatamente più bassa (quella mediana) gli angeli
conoscono Dio in un modo a loro naturale; infine c’è una terza luce (la più bassa) e
un terzo modo di vedere Dio, che è naturale all’uomo. Ci sono allora due modi di
visione e due specie di luce mediante cui si vede Dio, che sono al di sopra del modo
di conoscerLo naturale all’uomo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 68/S2
Titolo: Lezione 68
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LE TRE LUCI 3
Il terzo livello: Dio. Dio è Egli stesso la luce mediante cui Egli vede Sé. Ma questa Sua
luce Egli può darla ad alcune creature, affinché «nella sua luce possano vedere la luce»,
conoscendoLo in visione diretta, per essentiam. Questa vista è la beatitudine ultima
dell’uomo, la beatifica Visione in cui si acquietano e si soddisfano tutti i desideri della
creatura razionale.
Tale alta visione possono conseguirla soltanto i beati del paradiso: il lumen gloriae è il
solo che permetta la vista di quet’ordine sommo.
Il cambiamento di guida è un chiaro segno di un cambiamento di luce, di un trapasso da
quello che possiamo pensare essere il nome di Beatrice in quanto «luce» (qualunque
esso sia), a quella che, nello schema ormai familiare, possiamo riconoscere come ultima
delle tre luci, il lumen gloriae.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 68/S2
Titolo: Lezione 68
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Arrivare in patria dopo l’itinerarium in via significa porre termine al nostro


pellegrinaggio in via: significa passare dalla condizione di homo viator a quella di
homo comprehensor; e ciò che si comprende o possiede, è, naturalmente, la visione
di Dio nella Sua essenza.
Alla fine del poema Dante in un primo momento vede i santi e gli angeli come
comprehensores, vede come tutti trovino qui la loro pace nel lumen gloriaeche
scende dall’alto; ma, essendo ancora in via, per il momento egli non partecipa
direttamente di quella luce.
Per Dante viator, il segnale del trapasso dalla visione riflessa alla visione diretta
mediante il lumen gloriae, è dato da S. Bernardo alla fine del canto XXXII.
Ciò non toglie che la visione avvenga ancora in via, durante l’iter: altrimenti il viaggio
diventerbbe puramente letterale e cesserebbe di esistere nella duplice messa a
fuoco dell’allegoria.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 68/S3
Titolo: Lezione 68
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LE TRE LUCI 4
La fine viene raggiunta solo con la fusione. Fino a quel momento si mantiene la
distinzione fra chi è in via e chi è in patria.
A questo punto si potrebbe fare un’osservazione: s eil poema di Dante fosse soltanto una
visione dello «status animarum post mortem», dovrebbe concludersi con lo spettacolo
dei santi in gloria. Ma proprio perché v’è anche la linea di un viaggio che va portata a
compimento, esso non si conclude con la rappresentazione dello «status animarum post
mortem»: termina invece dove termina il viaggio.
La fine del viaggio è raffigurata come tensione, sforzo vigoroso per possedere questa
eccezionale esperienza, fino a che essa non svanisce. Perché? perché tale è sempre il
carattere dell’esperienza che può avere Dio nella Sua essenza, chi si trova ancora in
questa vita, in via.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 68/S3
Titolo: Lezione 68
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Così era stato per S. Paolo, e così senza dubbio era stato anche per lo stesso S.
Bernardo, che secondo quanto afferma il poema, «contemplando, gustò di quella
pace» (Paradiso, XXXI, 111). Ciò che infatti lo abilita a far da guida quassù. È
l’esservi stato in precedenza, quando era ancora in via, homo viator tra i vivi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

LUCE DELLA GRAZIA 1


La seconda luce, o guida, che di fatto nel poema è Beatrice, è quella
che i teologi hanno variamente chiamato: lumen gratiae, lumen
sapientiae, lumen fidei, o revelatio (rivelazione). Ad esempio quando S.
Tommaso parla dei tre modi di arrivare a congiungersi a Dio, parla di un
secondo modo dicendo: “divina veritas, intellectum humanum
excedens, per modum revelationis in nos descendit”, ‘la divina verità,
che eccede l’intelletto umano, discende in noi per la via della
rivelazione’.
S. Tommaso non favorisce molto questa modalità, che invece perde
molta importanza nel poema dantesco.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

Il poeta deve vedere (perché a nostra volta anche noi possiamo


vedere): deve quindi insistere nel dire che l’uomo apprende solo
dall’esperienza sensoriale, anche a queste altezze trascendentali. Ecco
allora che tutto il regno del Paradiso, attraverso cui guida Beatrice,
deve discendere (condiscendere!) per parlare a lui (a noi)
sensibilmente, in modo sensibile, usando e mettendo in evidenza i
sensi.
Comunque, nonostante tutta la ricca esperienza sensoriale fatta in
questa alta sfera in cui guida Beatrice, il poeta ha messo
inequivocabilmente in chiaro che il viaggio con lei «oltrepassa l’umano
intelletto». Passare dalla guida di Virgilio a quella di Beatrice significa,
se lo misuriamo col solito schema, passare da un viaggio mediante la
prima delle tre luci a un viaggio mediante la seconda luce, e del
trapasso i segni sono molti ed estremamente espliciti.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sui concetti di Luce nell’estetica di S.


Tommaso e di Grazia in S. Tommaso e S. Agostino. E se desidera, la
carichi sull’eportfolio.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69/S1
Titolo: Lezione 69
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA LUCE
DELLA GRAZIA 2
Così in vetta al monte, quando Beatrice ha sostituito Virgilio, il pellegrino Dante pone una
domanda intesa a far rilevare il confine delle due luci-guide, appena oltrepassato:

Ma perché tanto sovra mia veduta


vostra parola disïata vola,
che più la perde quanto più s’aiuta?
(Purgatorio, XXXIII, 82-84

Parafrasi: ‘Ma perché il senso delle vostre parole, tanto da me desiderate (desiate), è
tanto al di sopra della mia capacità di comprensione che più essa (la capacità di
comprensione) si affanna tanto più la perde (la parola).
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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69/S1
Titolo: Lezione 69
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Beatrice risponde che egli è ormai giunto a una “scuola del tutto diversa da quella
“umana” di Virgilio:

«Perché conoschi», disse, «quella scuola


c’hai seguitata, e veggi sua dottrina
come può seguitar la mia parola;
e veggi vostra via da la divina
distar cotanto...»
(Purgatorio, XXXIII, 85-89)

Parafrasi: ‘«Affinché tu conosca», disse «quella scuola che hai seguito, e vedi come
la sua dottrina possa seguire la mia parola; e vedi la vostra via distare tanto dalla via
divina»’.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69/S2
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

ESPERIENZA
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69/S2
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

LA LUCE DELLA GRAZIA 3


Tutte le implicazioni e l’essenza stessa del passare dalla “scola” di
Virgilio a quella di Beatrice non potrebbero esser affermate con maggior
vigore di quanto lo sono nel primo canto del Paradiso, con il verbo che il
poeta ha inventato per denotare quel “passare oltre”: trasumanar. Si
tratta di un verbo coniato da Dante, e per ciò già notevole.
È poi importante il punto preciso del poema in cui compare il verbo (da
Dante mai usato altrove): nel primo canto del Paradiso, Dante «puro e
disposto a salire alle stelle», ha cominciato a innalzarsi con Beatrice
dalla cima del monte verso il cielo:

Trasumanar significar per verba


non si poria; però l’essemplo basti
a cui esperïenza grazia serba.
(Paradiso, I, 70-72)
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69/S2
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

Parafrasi: ‘Non si potrebbe esprimere con parole (per verba)


l’oltrepassare la soglia umana (trasumanar); perciò basti l’esempio
di colui al quale la grazia riserva quest’esperienza’. (Nota che
l’esempio di cui si parla è quello di Glauco, narrato nelle
Metamorfosi di Ovidio, che si trasforma da essere terrestre a essere
marino mangiando un’erba.)

L’itinerarium sta ora oltrepassando l’umano.


Il moto (su entrambi i livelli di significato) avverrà per lumen gratiae,
per mezzo di una specie di grazia non copncessa a Virgilio. Tutto il
contesto della terzina si arricchisce del significato che vi introduce
questo verbo.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69/S2
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

Lo studente faccia la parafrasi del primo canto del Paradiso.


Se lo desidera potrà sottoporre l’elaborato al docente caricandolo
nell’eportfolio, dove riceverà una valutazione.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69/S3
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

LA LUCE DELLA GRAZIA 4


Di fatto l’esempio di Glauco, tratto dalle Metamorfosi, coincide anche
con i continui richiami a una visione come attraverso l’acqua.

Nel suo aspetto tal dentro mi fei,


qual si fe’ Glauco nel gustar de l’erba
che ’l fe’ consorto in mar de li altri dei.
(Paradiso, I, 67-69)

Parafrasi: ‘Davanti a lei (nel suo aspetto) mi feci (fei) dentro tale quale si
fece Glauco assaggiando l’erba che lo fece congiungere in mare con gli
altri dei’.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69/S3
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

Ora se vediamo cosa S. Tommaso osserva a proposito della


seconda delle tre luci (corrispondente appunto a Beatrice), vedremo
che il teologo la definisce come la luce naturale degli angeli. Questo
mare, allora, è l’elemento naturale a queste alte creature; e poiché
Dante, come Glauco, diventa «consorto in mar de li altri dei»,
dovremo intendere che gli altri dei sono le creature angeliche, di cui
questa sublime regione è il vero regno e la cui luce naturale è, nella
scala, la seconda delle tre.
Una luce naturale agli angeli è necessariamente transumana, un
grado al di sopra dell’umano. La regione degli angeli è questa
mediana, qui è il loro mare.
Beatrice è quindi il lumen gratiae dei teologi. Torna quindi il valore
del suo nome in primo piano. La grazia corrispondente alla luce
mediana significa, infatti, grazia santificante.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 69/S3
Titolo: LA LUCE DELLA GRAZIA
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sul significato degli angeli nella


cultura cristiana e islamica, e, se lo desidera, carichi l’esercitazione
sull’eportfolio.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 70
Titolo: Lezione 70
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA LUCE DELLA GRAZIA 5


Avremo la prova del fatto che Beatrice andrà identificata nella grazia beatificante nel
momento in cui – come vogliono i teologi – egli appare: appare infatti insieme alla carità
e le altre virtù: esse sono le sue ancelle.
Si potrà leggere almeno un passo, per la limpida maniera in cui esso parla della grazia
come luce che accende l’amore, e poi della «scala», ossia del modo di ascendere
mediante luce e amore (cioè intelletto e volontà) congiunti. Questi versi rivolti a Dante nel
cielo del Sole, sono pronunciati da un’autorità, essendo proprio l’anima di s. Tommaso
d’Aquino a parlare:

e dentro a l’un senti’ cominciar : «Quando


lo raggio de la grazia, onde s’accende
verace amore e che poi cresce amando,

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 70
Titolo: Lezione 70
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

multiplicato in te tanto resplende,


che ti conduce su per quella scala
u’ sanza risalir nessun discende...»
(Paradiso, X, 82-87)

Parafrasi: ‘e dentro a uno die ssi sentìi cominciare: «Quando il raggio della grazia,
del quale si accende l’amore vero e che amando va crescendo, risplende in te tanto
moltiplicato da condurti su per quella scala dove (u’) senza risalire nessuno vi
discende»’.

Beatrice è lumen gratiae, e neon v’è dubbio che la visione mediante tale luce serva
ad accendere la specie d’amore che è «verace», dato che l’altro suo nome è carità. Il
moto su per la scala si compie così ad opera di luce e amore, di intelletto e volontà
congiunti.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 70/S1
Titolo: Lezione 70
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

VIRGILIO LUMEN
NATURALE 1
Quale luce rappresenta Virgilio, nella terminologia dei teologi?
Durante la sua guida, non sembra aversi alcuna contemplatio invisibilium, cioè visone di
cose celestiali invisibili; eppure, nell’azione del poema, virgilio risulta essere la specie di
luce concessa ai “filosofi”, ai quali mancava la seconda e più alta uce della fede e della
grazia santificante.
Virgilio, come guida, può rappresentare (e in concreto rappresenta) un primo moto verso
Dio per lumen naturale, anche se la contemplatio invisibilium non è parte importante o
preminente di tale moto.
Saremo allora in grado di osservare che, come prima guida, Virgilio ha una funzione sia
sul cammino della volontà che su quello dell’intelletto.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 70/S1
Titolo: Lezione 70
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Basta rilevare che egli, al pari di beatrice, è chiamato sole, luce, lume; che anche lui,
come Beatrice, è detto costituire una scola.
Se il moto con Beatrice è transumano, il moto con Virgilio deve essere allora un
umanar entro la proporzione della natura umana.
Andrà infatti notato che le formulazioni di San Tommaso impongono alla luce più
bassa molte limitazioni e caratteristiche specifiche. Innanzi tutto, è una luce naturale
all’uomo, rimansta all’uomo anche dopo il peccato originale e la conseguente
privazione della grazia santificante. È quindi la luce che permise ai “filosofi” di
scorgere le verità che essi riuscirono a scorgere; essendo infatti sprovvisti della luce
della fede (o della rivelazione o della grazia santificante), essi potevano procedere
sul cammino dell’intelletto soltanto con la luce naturale della ragione.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 70/S2
Titolo: Lezione 70
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

VIRGILIO LUMEN
NATURALE 2

Questa luce naturale fu l’unica guida in via per i “filosofi”. Perttanto Platone, Aristotele e
tutti gli altri virtuosi pagani che “non peccaro”, possedettero questa luce naturale all’uomo
e non altra luce dell’intelletto che questa. Virgilio, va ricordato, nel Medioevo godeva di
una speciale stima. Non solo basata sulle oper e poetiche, ma anche su un mito che si
era creato attorno alla sua persona.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 70/S2
Titolo: Lezione 70
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Da ciò consegue che i “filosofi” non potranno mai godere di quella luce più alta che è
Beatrice, connessa ai “santi” in via; né, si capisce, potranno mai vedere mediante
l’altra luce, ancor più alta, della gloria, che costituisce la beatitudine ultima dell’uomo.
Quanto fu negato loro in vita, lo è per l’eternità, ed ogni lettore sa quale pathos
conferisca alla figura di Virgilio questa amara verità.
La guida di Virgilio è considerevolmente estesa, se si sommano i canti. Dura infatti
per quasi due terzi dell’intero viaggio, attraverso l’Inferno e fino in vetta al Purgatorio.
Non ci resta che pasare ora a considerare l’altra faccia di queste tre figure. Dopo
l’aspetto di guide, l’aspetto di conversioni. A ciò ci dedicheremo in alcune delle
prossime lezioni.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 70/S3
Titolo: Lezione 70
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LE TRE CONVERSIONI

Ora andremo a occuparci, come promesso, del moto della volontà distintamente
considerato da quello dell’intelletto; di quel moto, cioè, che è un volgersi della volontà
verso Dio. Questo è il significato specifico di «conversione» per la teologia dell’epoca di
Dante, e per S. Tommaso. Il significato si noterà è sensibilmente diverso da quello
odierno, che descrive il rivolgersi a Dio da uno stato di peccato.per l’epoca descriveva il
mdood elle creature di volgersi a Dio.
Se «conversione» viene intesa in questa accezione, ci rendiamo subito conto
dell’attinenza che essa ha con il concetto di itinerarium ad Deum.
In esso non interessa soltanto l’intelletto (legato alla luce, ricordiamo) oppure soltanto la
volontà (legata all’amore).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 70/S3
Titolo: Lezione 70
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Al vertice è piuttosto evidente la coordinazione di un moto d’amore con un moto


dell’intelletto, che è invece questione di luce.
Prima c’è il moto dell’intelletto mediante la luce; poi è la volontà a muoversi verso Dio
per possederLo in amore, e questo è il termine dell’ultima conversione, la beatitudine
finale di tutte le «alte creature», angeli ed uomini.
Nel poema, la conversione suprema di cui parla ad es. Tommaso avviene pertanto
nel punto in cui, al posto di Beatrice, sottentra come guida S. Bernardo.
Lumen gloriae, gratia consummata, e «conversione suprema» sono allora facce
differenti dello stesso evento. Esse avvengono in un unico momento. Ma, se nei
beatie negli angeli la volontà si mantiene stabile, nel raptus di Dante – ci dice qua e
là lo stesso poeta – la volontà viene e va.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 71
Titolo: Lezione 71
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA CONVERSIONE CON
BEATRICE 1: LE VIRTU’
La seconda conversione ha luogo con Beatrice: come nella via più alta, vi si scorge
senza difficoltà la coordinazione della “luce”. Nell’allegoria delle tre luci, mentre Virgilio e
Beatrice sono essi stessi le due luci inferiori, S. Bernardo non è l’ultima luce (e non
avrebbe potuto esserla in nessun modo, per i motivi a suo tempo indicati). Ma l’avvento
di Beatrice non è semplice avvento di luce. In virtù della grazia che ella è 8in allegoria),
la natura tutta si trasforma, innalzata al di sopra dei limiti naturali all’uomo: si compie in
trasumanar, non nel solo inteleltto, ma anche nella volontà.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 71
Titolo: Lezione 71
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Che una nuova specie di luce e una nuova disposizione della grazia santificante
(coincidente con l’avvento di Beatrice), è provato dalla presenza nel suo seguito
delle due virtù: fede e carità: l’una concerne infatti la visione, l’altra la volontà.
Entrambe sono dono speciali di Dio, che accompagnano il dono della grazia
santificante mediante la quale Egli dirige verso Sé volontà e intelletto insieme. Per
mezzo della fede ci è concesso (mentre siamo ancora in via) di conoscere Dio quale
nostra ultima e vera Beatitudine. Per mezzo della carità aderiamo a Dio con un
amore che arriva a Lui in quanto Egli è tale Beatitudine. Così, tra le sette virtù che
accompagnano Beatrice come ancelle, ce ne sono due, fede e carità, da
considerarsi le più importanti di tutte

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 71/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

CONVERSIONE CON
BEATRICE 2: I COLORI
DELLE VIRTU’
Possiamo notare che i colori che distinguono e dividono la processione trionfale che
precede l’apparizione di Beatrice: bianco, verde e rosso - «fides, spes, charitas: tria
haec». Nessuno, inoltre, dimenticherà come l’Apostolo Paolo avesse concluso che, delle
tre, la più grande è la carità, e con l’Apostolo il poeta – come era prevedibile – dimostra il
più pieno accordo. Il colore dominante nell’abbilgiamento di Beatrice è il colore della
carità

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 71/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Beatrcie è «vestita di color di fiamma viva», il che vuol dire che la maggiore delle
virtù che accompagnano la grazia santificante, deve essere la carità, che è amore.
Non andrà dimenticato che per tutto il Medioevo e anche dopo, la scelta dei colori
nell’abbigliamento (come nell’araldica) aveva un significato ben preciso e
perfettamente riconoscibile all’uomo comune. Pertanto questa scelta di affidare
speciali colori con specifici significati non è una scelta preziosa di un poeta, bensì
affonda le radici entro la cultura materiale del tempo, e in particolare in quello che
costituisce il sistema della moda e il suo codice. (Notiamo a questo proposito che i
colori della bandiera italiana corrispondono ancora, alla fine del Mille Ottocento, allo
stesso sistema di significati dei colori).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 71/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LE VIRTU’:
LA CARITA’

La carità (come la grazia mediante cui la carità è data) comporta un innalzamento delle
facoltà dell’uomo al di là di quanto è naturale e proporzionato al suo essere. Per la sua
origine e per la sua fonte, è transumana, essendo un amore accessibile all’uomo solo se
concesso da un potere superiore a lui e trascendente i suoi limiti di uomo: cioè, se è
concesso da Dio. Con la carità soltanto si acquista merito presso Dio. Essa è la radice
stessa del merito.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 71/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quanto stiamo osservando, in altre parole, non è che un punto di dottrina


saldamente stabilito: la seconoda conversione è una conversione mediante la grazia
santificante e le virtù infuse, fra le quali predomina la carità (rappresentata,
ricordiamolo, anche dal bianco). Poiché rappresenta la grazia, Beatrice appare sulla
vetta del monte, e con lei c’è la virtù senza di cui tutto tiventa vuoto, senza merito
davanti a Dio. Tale è la conversione centrale, la seconda nello schema ternario.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 71/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA CONVERSIONE CON
VIRGILIO 1
Dai teologi ci vien detto che nella prima conversione un uomo si prepara a ricevere la
grazia (e con ciò S. Tommaso, lo sappiamo, intende la grazia santificante), la quale
giunge al momento della seconda conversione ed è meta della prima.
Il punto centrale e di maggior interesse consiste precisamente nella linea distintiva, se
una ve n’è, da tracciare tra natura e grazia, riguardo alla preparazionme necessaria per
ricevere la grazia santificante.
Nel modo in cui trattano il problema S. Tommaso e il suo maestro Alberto Magno (per
fare due nomi rappresentativi), si può avvertire in più di un punto l’influenza del pensiero
aristotelico. Ne sono segni rivelatori i termini in cui è costantemente posta la questione
della prima conversione: forma e materia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 71/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

A quell’epoca qualsiasi idea che implicasse un proceso sarebbe stata quasi


certamente concepita secondo lo schema della genratio aristotelica. Non desta
sorpresa, perciò, scoprire che il disegno principale dell’allegoria del poeta fu in
concreto largamente determinato da questa concezione.
La generatio è essenzialmente un movimento verso la forma. Suona così,
letteralmente, la definizione più generale del termine: «generatio est motus ad
formam» (S. Tommaso).
Il primo obiettivo del moto è una condizione di «disposizione a ricevere la forma».
Nel nostro caso, la «materia» che deve essere formata sarebbe sicuramente l’anima
o una delle sue facoltà, come vedremo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 72
Titolo: Lezione 72
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA CONVERSIONE CON
VIRGILIO 2
È interessante notare che prima che l’intera questione della ricezione della grazia
santificante nell’anima fosse rifusa entro questo stampo aristotelico, non v’era alcuna
chiara formulazione del problema della preparazione alla grazia. C’erano state altre
discussioni sollevate da posizioni pelagiane o “semi-pelagiane”, circa l’initium fidei e via
dicendo, ma la nozione di un processo che fosse praeparatio o dispositio alla grazia,
assunse una chiara fisionomia solo quando si affermò il concetto aristotelico di un
processo di generazione attraverso cui la materia riceve la forma.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 72
Titolo: Lezione 72
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il settore della Commedia in cui guida è Virgilio è di praeparatio ad gratiam; e se il


concetto aristotelico di generatio non avesse assunto tanta importanza nel pensiero
del tempo del poeta, lo svolgimento del viaggio srebbe stato completamente diverso.
Ma cosa dobbiamo intendere per materia?
La materia che riceve la forma (quando la forma sia la grazia abituale), è, parlando in
generale, l’anima. Oppure, poiché si è detto che la grazia santificante «informa» la
natura stessa dell’uomo, innalzandola ad una condizione soprannaturale, per materia
può intendersi semplicemente la natura umana. Ma in un senso più ristretto (che in
nulla contraddice, tuttavia, l’altra visione più generale), la materia che in questo caso
riceve la forma è la volontà. Ecco eprché tutto il problema rientra propriamente nella
nozione di conversione, che della è volontà moto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 72/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA CONVERSIONE CON
VIRGILIO 3
Vediamo chiaramente delineato un primo periodo di preparazione alla grazia, o (dal
momento che S. Tommaso, come glòi è caratteristico, sta procedendo anche qui dal più
alto al più basso) un primo modo inferiore in cui la volontà viene disposta al bene: questa
è inequivocabilmente la prima conversione, quale era tratteggiata nella precedente
definizione generale di tutte e tre. Ora, in questa prima fase in cui l’uomo dispone se
stesso 8eccoci di nuovo al concetto particolare), non occorre supporre, ci dice S.
Tommaso, che nell’operazione sia presente il dono della grazia santificante, «quia sic
procederetur in infinitum».

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 72/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Possiamo notare che, in vista della forma che doveva assumere la Commedia,
aveva effettivamente una certa importanza «utrum subito vel paulatim aliquis ad
perfectam praecipitationem perveniat». Si tolga la preparazione graduale e tutto
l’Inferno, nonché quasi tutto il Purgatorio, nella misura in cui sono stati concepiti
come un viaggio, dovranno svanire. E Virgilio non avrebbe più alcuna funzione nel
poema.

Conseguire la grazia santificante è l’adempimento di un processo di giustificazione


(di cui parlermo poi), e il moto verso tale fine è una praeparatio a ricevere la grazia.
In quanto tale, esso è la prima delle tre conversioni. Nell’azione del poema questo
moto avviene sotto la guida di Virgilio, e va inteso pertanto come evento compreso
entro i confini del naturale. È, ricordiamolo, un umanar. Tuttavia, come s’è visto,
dobbiamo anche ammettere che il moto è diretto a Dio.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 72/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA CONVERSIONE CON
VIRGILIO 4
La “scala” consta di tre settori, e va concepita sia in termini di luce che di moto della
volontà. Virgilio guida attraverso il primo settore, compreso entro la «natura» e i confini
naturali, e preparazione al secondo più alto, che è quello di Beatrice. Se Dio non offrisse
il Suo aiuto a questo modo, estendendolo giù fin entro l’ordine na turale, non avremmo
da affrontare il problema di una prima fase di Guida attraverso tale ordine.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 72/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quindi, la prima conversione, quella attraverso Virgilio, diciamo così, è diretta a ciò
che è soprannaturale (la grazia santificante): la grazia santificante è lo scopo della
prima conversione. E tanto più essenzialmente vi è diretta, essendo una
preparazione (preparatio) per ricevere proprio quella grazia. S. Tommaso spesso usa
anche un altro termine per questo aspetto della questione: habilitas ad gratiam. In
questo caso, infatti, la «materia» è una natura capace di ricevere la «forma», quando
vi sia preparata. Tale «preparazione a ricevere» è la prima delle tre conversioni.
Abbiamo fatto riferimento a quella che abbiamo chiamato «giustificazione», concetto
importante che dovremo prendere ora in considerazione e affrontare con attenzione.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 72/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE 1

La giustificazione può definirsi un «moto verso la giustizia». S. Tommaso, ad esempio,


scrive: «Justificatio est motus ad justitiam». Se ogni moto va interpretato secondo la
Fisica aristotelica e il concetto di generatio, anche questo moto lo sarà. Il movimento
termina allorché la forma (la grazia) è ricevuta dalla materia (la volontà) che ad essa era
stata preparata. Bisogna quindi pensare a un processo che si estende nel tempo e
presenta due successivi momenti o fasi, il primo di preparazione, il secondo, conclusivo,
di adempimento, quando la forma è raggiunta.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 72/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

O superbi cristian, miseri lassi,


che, de la vista de la mente infermi,
fidanza avete ne’ retrosi passi,
non v’accorgete voi che noi siam vermi
nati a formar l’angelica farfalla,
che vola a la giustizia sanza schermi?
Di che l’animo vostro in alto galla,
poi siete quasi antomata in difetto,
sì come vermo in cui formazion falla?
(Purgatorio, X, 121-129)

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 72/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Parafrasi: ‘O cristiani peccatori di superbia, poveri infelici, che, avendo la vista


mentale ammalata, avete fiducia di passi che vi fanno procedere all’indietro, non vi
rendete conto che noi uomini siamo tutti bruchi, nati per dare vita alla farfalla
angelica, che, senza più nessun impedimento, vola verso la giustizia?
Di cosa può essere tanto superbo [in alto galla] il vostro animo, poi che siete quasi
insetti non formati, così come il verme non formato a pieno?’ (Purgatorio, X, 121-
129)

È, questo, il processo di giustificazione.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 73
Titolo: LA GIUSTIFICAZIONE
Attività n°: 1

LA GIUSTIFICAZIONE 2
Che cosa affermi della superbia e dei suoi effetti la metafora contenuta
in questi versi, è abbastanza evidente: la superbia ci ferma prima che
si compia la nostra piena formazione, ci arresta a un primo stadio di
imperfetto sviluppo. Dovremmo essere come farfalle: restando invece –
in preda alla superbia – allo stadio di larve, mai saremo le alate
creature per diventare le quali fummo creati.
Ma, dove è che Dante passa, mantenendo la sua metafora, da larva a
farfalla? La risposta è facile: ciò avviene quando Dante passa da
Virgilio a Beatrice; ed è chiaro, considerando attentamente l’immagine,
che, se non fosse passato a Beatrice, Dante non avrebbe mai avuto le
sue «ali».
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 73
Titolo: LA GIUSTIFICAZIONE
Attività n°: 1

Lo studente faccia una ricerca sulla parola “giustificazione” nel


Dizionario Italiano di Tommaseo-Bellini on line, e se desidera, la carichi
sull’eportfolio.
Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 73/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE 3
Adamo perdette il dono della giustizia quando perdette l’Eden, e i suoi discendenti, nascendo, non son più posti su
questa cima: nascono invece in una condizione decaduta. La giustizia non è più concessa a nessuno per semplice
generazione, perché nessun uomo dopo Adamo è senza peccato, sia esso quello originale o quello proprio individuale.
Il viaggio di Dante a Beatrice sulla vetta è di fatto un ritorno all’Eden e, in certo senso, alla giustizia.
C’è un uomo che si solleva dalla propria natura peccaminosa e dal carico dei suoi peccati personali, per conseguire la
giustizia. Prima che nell’anima possa esser ricevuta la giustizia (che in tal caso è la forma), bisogna liberarsi del
peccato e delle sue conseguenze.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 73/S1
Titolo: STUDIO 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E, dal momento che la generatio è definita un moto, bisognerà ovviamente intendere che la
materia preparata a ricevere la forma è l’anima, o più esattamente, come vedremo, la volontà,
dato che il significato specifico di giustizia è retto ordine della volontà.
La meta essendo quindi la giustizia, questo moto sarà appropriato chiamarlo giustificazione, e in
questa specie più semplice di generazione, sarà specificamente conosciuto come justificatio
impii.
Tale viaggio è costituito di fasi, di tappe. A queste volgeremo ora l’attenzione.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 73/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE 4

Tale è il viaggio all’Eden e a Beatrice, e se abbiamo compreso questo, possiamo distinguerne le fasi.
Finché la guida è Virgilio, il moto è di preparazione. In questa prima fase, che si estende dall’inizio nella selva oscura di
peccato lungo tutto il percorso fino in vetta al monte, una materia viene disposta a ricevere la forma, un’anima è
preparata alla giustizia.
Il pellegrino è condotto attraverso il Purgatorio di cornice in cornice,e, man mano che procede, è sgravato dal peso di
un peccato e dalle conseguenze di esso.
Gli impedimenta a che sia ricevuta la forma, sono rimossi, come direbbe S. Tommaso,; e ci sono via via varie
espressioni metaforiche a indicare cosa siano quegli ostacoli: «note», «nebbia», «velo», depositati nell’anima o nella
volontà dagli atti peccaminosi.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 73/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Le sette «P» descritte sulla fronte di Dante sono il segno visibile degli impedimenta, sono impronte che devono
essere (e sono) cancellate nella lunga, ardua salita, una per ogni cornice del Purgatorio. Quando Dante
finalmente perviene «in su ‘l grado superno», in vetta, esse sono state tutte rimosse.
Si tengano presenti questi versi, alcuni dei quali abbiamo già ricordato:

Come la scala tutta sotto noi


fu corsa e fummo in su ’l grado superno,
in me ficcò Virgilio li occhi suoi,
e disse: "Il temporal foco e l’etterno
veduto hai, figlio; e se’ venuto in parte
dov’io per me più oltre non discerno.
Tratto t’ ho qui con ingegno e con arte;
lo tuo piacere omai prendi per duce;
fuor se’ de l’erte vie, fuor se’ de l’arte.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 73/S2
Titolo: STUDIO 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Vedi lo sol che ’n fronte ti riluce;


vedi l’erbette, i fiori e li arbuscelli
che qui la terra sol da sé produce.
Mentre che vegnan lieti li occhi belli
che, lagrimando, a te venir mi fenno,
seder ti puoi e puoi andar tra elli.
Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:
per ch’io te sovra te corono e mitrio".
(Purgatorio, XXVII, 124-142)

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 73/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE 4
La giustizia a cui ha condotto Virgilio e che egli così annuncia, è una giustizia che non oltrepassa i limiti della
definizione aristotelica.
È questa la giustizia che Virgilio è in grado di discernere: i suoi limiti coincidono esattamente con i limiti dell’antica
sapienza pagana, la sapienza dei «filosofi».
È qui evidentissimo quale sia il deliberato proposito del poeta. Virgilio può guidare solo fino a dove arriva il lumen
naturale, la sola luce concessa in vita a lui e a coloro che con lui dimorano nel Limbo.
Le fasi della «giustificazione», come sappiamo, sono due: 1) preparazione a ricevere la forma; 2) ricezione della forma.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 73/S3
Titolo: STUDIO 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Si attende Beatrice: beatrice sta per venire. Dante è ora pronto al suo avvento imminente. È lei la
meta a cui Virgilio lo ha condotto. Tuttavia, quando ella finalmente appare, Virgilio non è più al
fianco di Dante. Meta a cui egli ha guidato, Beatrice è assolutamente al di là delle sue facoltà.
Passare da Virgilio a Beatrice deve significare passare dalla prima luce, naturale, alla seconda,
sovrannaturale; significa che da una prima conversione si passa a una seconda, in cui l’anima
acquista la giustizia meritoria, concessa con la grazia santificante e le virtù infuse.
Gratia justificans: quale importante guadagno facciamo rendendoci conto che a questo punto
Beatrice spetta tale nome, lo vedremo fra poco.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 74
Titolo: Lezione 74
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’AVVENTO
DI BEATRICE 1
Quando beatrice compare (Purgatorio, XXIX-XXX) sulla vetta del Purgatorio, l’accompagnano segni
ed indizi dell’Avvento di Cristo. Si tratta di un’analogia.
Il poeta ce la rappresenta come sole nascente, che è la ben nota figura stabilita per la venuta di
Cristo. Cristo è, però rappresentato dal grifone. Si tratta, appunto, di un’analogia. Beatrice viene,
avvolta dalla sua nube di gloria, a giudicare il suo fedele.
Inoltre, quando ella emette il suo giudizio, le accuse che muove a Dante ci riportano alla mente tutta
l’esperienza della Vita Nuova: come, in quell’opera giovanile, nella parte che aveva avuto nella vita del
poeta, beatrice avesse mostrato una miracolosa somiglianza con Cristo.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 74
Titolo: Lezione 74
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Come, cioè, nella visione narrata al centro del «libello», ella fosse stata vista morire circondata da segni che non
potevano non far ricordare la morte di Cristo, e salire poi al Cielo accompagnata dagli angeli e dal grido di
«Osanna», in un’ascensione molto simile a quella di Lui. Risulta da ciò evidente che l’analogia Beatrice-Cristo,
varca i confini della Vita Nuova, estendendosi negli ultimi canti del Purgatorio. Ecco il motivo per cui la venuta di
Beatrice su questa vetta può rivelarsi come una seconda venuta.
Nei Sermoni de Tempore di S. Bernardi di Chiaravalle ad esempio si celebra con speciale venerazione la Beata
Vergine, quale tramite sia della discesa del Redentore a noi sia della nostra ascesa a Lui. A questo riguardo
(come per altri ancora), è abbastanza evidente quali fossero le particolari devozioni di questo contemplativo e
mistico.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 74/S1
Titolo: Lezione 74
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’AVVENTO
DI BEATRICE 2
Predicando l’Avvento S. Bernardo si mostra costantemente sollecito a mantenere quell’evento in una
dimensione temporale che sia tanto di presente che di passato. E in ciò molto lo aiuta il verbo latino
che vale per i due tempi: venit, e che costiutisce un problema insolubile per il traduttore.
È abbastanza palese quale sia la preoccupazione del predicatore: mantenre l’Avvento sia al presente
che al passato, considerarlo come un avvenimento che può ripetersi nell’anima più di una volta, porre
in particolare rilievo la sua attualità. «Sicut... venit semel in carnem visibilis, ita quotidie...in spiritu
venit et invisibilis».

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 74/S1
Titolo: Lezione 74
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Questo dar risalto alla quotidianità dell’evento (un’accentuazione che qualcuno ha definito
tipicamente cistercense) porta a distinguere in tre Avventi: quello del Cristo storico, l’ultimo arrivo
di là da venire, e quello quotidiano dentro lo spirito.
Come molti dei suoi confratelli avranno saputo, questo secondo avvento non è invenzione di S.
Bernardo. Si direbbe tuttavia che egli debba la sua fama e venga ricordato proprio per la
particolare accentuazione che poneva su di esso e sul triplice Avvento di cui questo, spirituale ed
occulto, è quello intermedio. Si può osservare che più di un secolo dopo, scrivendo uno speciale
trattato sull’Umanità di Cristo e sul Sacramento della Redenzione nel corso del quale parla
dell’Avvento. S. Tommaso ricorda S. Bernardo come colui che ne aveva affermato la triplicità.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 74/S2
Titolo: Lezione 74
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’AVVENTO
DI BEATRICE 3
Ma se ciò che viene nel secondo avvento (in mentem) può a buon motivo essere chiamato Grazia
Santificante, questo non è però il suo unico nome. Sia S. Tommaso che S. Bernardo riconoscono
infatti che può averne anche un altro: Sapientia, che in questo caso funge ovviamente da anello di
congiunzione tra il nome di Grazia Santificante e quello di Cristo.
Ma fino a che non avevamo trovato questo schema, prima in S. Bernardo e poi in S. Tommaso, con ci
veniva in mente di indagare se l’avvento di beatrice potesse rivelare una somiglianza con tre avventi
di Cristo. Lo vediamo ora che ci siamo accorti dello schema. Beatrice viene come venne Cristo – in
gloria, a giudicare.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 74/S2
Titolo: Lezione 74
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I tre avventi di S. Bernardo sono distinguibili, innanzi tutto, in base al tempo: nel passato il primo,
nel futuro il terzo, nel presente quello intermedio, che, però, diversamente dagli altri, ha luogo non
una sola volta, ma molte; e se si deve insistere sul fatto che il suo tempo è il presente, deve
trattarsi allora di quel tempo presente che è sempre presente in quanto continua a ripetersi come
presente.Quando ha luogo questo secondo avvento? S. Bernardo rispondeva: tutte le volte che
l’anima di un cristiano v’è preparata; quando, cioè, in un’anima prevale la giustizia.
Quando Cristo viene nell’avvento che S. Bernardo considera intermedio, con lui vengono anche
la Sapienza coi suoi sette pilastri e la Grazia Santificante accompagnata da tutte le virtù infuse. In
questo mistico avvento, sono questi gli altri nomi di Cristo; questo, quando il tempo dell’avvento è
presente, deve essere il fondamento su cui si regge l’analogia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 74/S3
Titolo: Lezione 74
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’AVVENTO
DI BEATRICE 4

Beatrcie non è Cristo. Solo proporre una simile identità sarebbe un vero e proprio sacrilegio, e, del
resto, nella processione, come si è detto, Cristo è rappresentato dal Grifone.
Ecco allora che la figura del sole nascente sotto cui Beatrice infine appare, dritta sul suo carro
trionfale, è l’immagine più rivelatrice che il poeta potesse trovare non solo per affermare l’analogia del
suo avvento con quello di Cristo che ha luogo nel presente, ma anche per sottolineare il fondamento
stesso su cui poggia l’analogia: l’avvento della Luce. La Grazia viene come luce: così infatti, per
tradizione lunghissima, l’aveva concepita la teologia cristiana.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 74/S3
Titolo: Lezione 74
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Dovunque sono visibili le corrispondenze. Qaundo osserviamo che nel suo ragionamento S. Bernardo, dal
secondo avvento di Cristo passa a menzionare la Sapienza e i suoi sette pilastri, le sue parole richiameranno alla
nostra mente Beatrice che viene, accompagnata dalle sue sette ancelle: le sette Virtù infuse, che dichiarano
esplicitamente di essere state «ordinate a lei per sue ancelle», ancor prima che ella «discendesse al mondo».
Quando il viaggio tocca la vetta del Purgatorio, Virgilio, che lo ha guidato per tutta òa lunga ascesa, ricolge a
Dante le parole del congedo definitivo: Dante non ha più bisogno di lui, avendo ormai raggiunto la meta a cui
Virgilio era in grado di condurlo. Ciò che ha conseguito è la giustizia. E le stesse parole che affermano ciò, danno
anche l’annuncio dell’imminente venuta di Beatrice. Justitia praeparatio sedis tuae!

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 75
Titolo: Lezione 75
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE
DELLA STORIA 1

Era stato S. Agostino ad osservare che nell’anima si può, in certo modo, distinguere l’esistenza di tre dimensioni
temporali, le stesse che, a quanto pare, aveva in mente Dante, quando rappresentò la venuta di beatrice
analaogicamente alla triplice venuta di Cristo: i tempi del pasato per Agostino sono come tre presenti, in quanto tutti
pensati e sentiti in un presente:

«fortasse proprie diceretur, Tempora sunt tria, praesens de praeteritis, praesens de paresentibus, praesens de futuris.
Sunt enim haec in anima tria quaedam, et alibi ea non video: praesens de praeteris memoria, praesens de
praesentibus contuitus, praesens de futuris expectatio.»

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 75
Titolo: Lezione 75
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nell’avvento di beatrice c’è una memoria, c’è il ricordo di quel grande evento storico che segna la linea divisoria
del nostro calendario. Quell’Evento, che è l’Avvento di Cristo, rivela la sua presenza nell’avvenimento che in
senso letterale ha luogo l’anno 1300 d.C.
Nella venuta letterale di Beatrice si rivela quell’avvento di Cristo che si compie nel presente, quando Egli viene
nell’anima preparata a riceverLo. Ma ora, nello stesso evento letterale, dobbiamo prendere atto della «presenza di
cose passate». I tempi delle due presenze sono distinti; rispettivamente diversa è la scena su cui, in ciascun
caso, ha luogo l’azione. Mentre l’avvento di Cristo che si compie «ora» (in quel presente che è un «quandunque»)
avviene nell’anima individuale ed è segreto – non vi è chi lo veda, l’avvento di Cristo nel passato, il Suo primo
avvento, ebbe luogo sulla grande scena della storia, e una volta sola: dove e quando Egli venne a giustificare tutti
gli uomini.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 75/S1
Titolo: Lezione 75
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE DELLA
STORIA 2

Nella seconda giustificazione, come sappiamo, ci sono due elementi fondamentali: prima
una preparazione, poi ciò per cui è stata compiuta la preparazione. Oppure, secondo lo
schema aristotelico della generatio, si può dire che una «materia» è preparata a ricevere
una «forma». Virgilio guida fino alla vetta del monte e il suo guidare è una preparazione;
egli conduce alla giustizia, raggiunta la quale, è concessa la «forma»: Beatrice come
grazia santificante.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 75/S1
Titolo: Lezione 75
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Non risulterà chiaro come linea di questo evento assomigli alla grande linea visibile della storia, finché non si
sappia che due fasi analoghe sono distintamente discernibili anche in quest’altro caso: anche il primo avvento di
Cristo fu precedeuto da un periodo di preparazione. La scena cambia, cambiano gli attori. Al posto dell’individuo
Dante (o di «chiunque») sottentra tutto il genere umano; al posto di beatrice (o di Cristo nel Suo avvento segreto)
sottentra Cristo nel Suo primo avvento, quando venne a giustificare l’umanità tutta. In questo processo storico,
Dante raffigura il genere umano e Beatrice Cristo. Ci rimangono ora Virgilio e un periodo di preparazione. Che
cosa rappresenta Virgilio, se lo si trasferisce sulla scena della storia? Si può parlare di preparazione all’Avvento,
di guida all’Avvento, nella storia?

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 75/S2
Titolo: Lezione 75
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE DELLA
STORIA 3

A determinare questa scelta è un’esigenza nascente da un certo schema della storia, piché nella giustificazione
che ebbe luogo sulla scena della storia, fu il popolo romano a portare il mondo alla giustizia, proprio come fa
Virgilio con Dante; e la giustizia a cui Roma condusse il mondo, risultò essere proprio la preparazione della venuta
di Cristo tra gli uomini.
Quando anche su questo piano dell’allegoria storica, si sia trovato il significato di Virgilio quale guida alla giustizia,
ogni figura dell’azione acquista esattamente l’altro significato che le compete. Dante è l’umanità, Beatrice è Cristo,
Virgilio è Roma che conduce a quella giustizia che fu raggiunta finalmente sotto Augusto e che era la preparazione.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 75/S2
Titolo: Lezione 75
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quanto ai titoli di merito di Virgilio per questo compito, possiamo tranquillamente dire che nessun altro
personaggio storico di quel tempo avrebbe potuto rappresentare Roma altrettanto bene di Virgilio, poeta
dell’Impero. Il Virgilio a cui dobbiamo pensare è fra l’altro quello della quarta Egloga (ne scandiamo gli accenti
ene segnamo le cesure):

Sìcelidès Musaè, | paulò maiòra canàmus!


Nòn omnìs | arbùsta iuvànt | humilèsque myrìcae;
sì canimùs silvàs, | silvaè sint cònsule dìgnae.
Ùltima Cùmaeì | venìt iam càrminis aètas;
màgnus ab ìntegrò | saeclòrum nàscitur òrdo
Iàm redit èt Virgò, | redeùnt Satùrnia règna,
iàm nova prògeniès | caelò demìttitur àlto.
Tù modo nàscentì | puerò, quo fèrrea prìmum
dèsinet àc totò | surgèt gens àurea mùndo,
càsta favè Lucìna: | tuùs iam règnat Apòllo.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 75/S2
Titolo: Lezione 75
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Tèque adeò | decus hòc aevì, | te cònsule, inìbit,


Pòllio, et ìncipiènt | magnì procèdere mènses;
tè duce, sì qua manènt | scelerìs vestìgia nòstri,
ìnrita pèrpetuà | solvènt formìdine tèrras.
Ìlle deùm | vitam àccipièt | divìsque vidèbit
pèrmixtòs heròas | et ìpse vidèbitur ìllis,
pàcatùmque regèt | patriìs virtùtibus òrbem.
Àt tibi prìma, puèr, | nullò munùscula cùltu
èrrantìs hederàs | passìm cum bàccare tèllus
mìxtaque rìdentì | colocàsia fùndet acàntho.
( EglogaIV, vv. 1-20)

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 75/S3
Titolo: Lezione 75
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE
DELLA STORIA 4
Leggiamo ora la traduzione della quarta egloga virgiliana:

O Muse di Sicilia, eleviamo un po’ la materia


del canto! Non a tutti piacciono arbusti e le basse
tamerici; se cantiamo i boschi, siano degni di un
console. L’ultima epoca del responso di Cuma è
giunto; nasce da capo il gran ordine dei secoli.
La Vergine ormai torna, i regni di Saturno tornano
già una nuova stirpe scende dall’alto dei cieli.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 75/S3
Titolo: Lezione 75
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Tu, pura Lucina, sii propizia al nascituro, per cui


per la prima voltà finirà il periodo delle guerre e si
alzerà l’età dell’oro; già il tuo Apollo è sul trono.
Sotto il tuo consolato, o Pollione, del resto, inizierà
quest’età gloriosa e lo scorrere dei mesi felici;
mentre sei al potere, il vano ricordo delle nostre
colpe libererà le terre dalla paura eterna.
Quello sarà come un dio, e vedrà eroi mescolati
agli dei, e lui stesso sarà visto in mezzo a loro, e
governerà un mondo pacificato con le virtù dei padri.
Ma per te, fanciullo, la terra non coltivata darà come
primi regalucci le edere flessibili e la baccara
e la colocasia mischiata all’acanto felice.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 76
Titolo: Lezione 76
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE
DELLA STORIA 5
Era stato lo stesso Vrigilio, quindi, secondo Dante ad avvedersi che sotto Augusti il
mondo era, per la giustizia che vi regnava, nella sua migliore disposizione. Così scrive
Dante nel De Monarchia:

“Preterea, mundus optime dispositus est cum iustitia in eo potissima est. Unde Virgilio
commendare volens illud seculum quod suo tempore surgere videbatur, in suis Bucolicis
cantabat: «Iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna». «Virgo» namque vocabatur
Justitia, quam etiam Astream vocabant; «Saturnia regna» dicebant optima tempora, que
etiam «aurea» nuncupabant.”

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 76
Titolo: Lezione 76
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Abbiamo qui la prima fase della giustificazione: il mondo è «disposto» in giustizia


sotto il dominio di Roma.
Nelo stesso passo, Dante afferma poi la necessità della monarchia (o impero
individuale) per la igliore disposizione del mondo. Solo in un impero universale come
fu quello di Roma può esservi giustizia perfetta, e il mondo è nella sua migliore
disposizione quando si trova in una condizione del genere. A questo punto, se non
abbiamo dimenticato lo svolgimento letteraledel poema in cui Virgilio è guida,
penseremo alle ultime parole che egli rivolge a Dante «perch’io te sovra te corono e
mitrio». Nion è forse un’«incoronazione», questa, intesa ad evocare la figura di
quell’Imperatore che nelle aspettative di Dante sarebbe venuto ad assidersicome
supremo reggitore del mondo, e per opera del quale avrebbe dovuto imporsi l’ordine
della giustizia?

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 76/S1
Titolo: Lezione 76
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE
DELLA STORIA 5
Così scrive Dante nel De Monarchia:

«Iustitia potissima est solum sub Monarchia: ergo ad optimam mundi dispositionem
requiritur esse Monarchiam sive Imperium. Ad evidentiam subassumpte sciendum quod
iustitia, de se et in propria natura considerata, est quedam rectitudo sive regula obliquum
hinc inde abiciens.»

Per capire come a questo proposito l’evento letterale della Commedia stia a fondamento
dell’allegoria, mette conto osservare che nel capitolo successivo del De Monarchia Dante
passa a parlare del libero arbitrio.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 76/S1
Titolo: Lezione 76
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’idea di giustizia porta evidentemente con sé l’idea di libertà, in questo senso:


giustizia nello stato e libertà nella volontà. Dalla scena della storia si passa alla
scena dell’anima, e così è nel poema. Virgilio, congedando Dante, nel momento
stesso che lo «corona», gli dice che ora egli ha riacquistato il suo libero arbitrio:

Libero, dritto, e sano è tuo arbitrio,


E fallo fora non fare a suo senno:
Perch’io te sovra te corono e mitrio.
(Purgatorioi, XXVII, 140-142)

Giustizia, retto ordinamento, libero arbitiro: sono le condizioni in cui l’anima (o il


mondo), è meglio disposta a «ricevere»: ma a ricevere cosa?
Nell’azione letterale, Beatrice, che viene dall’uomo preparato a riceverla.
Nell’allegoria morale, Cristo, nel Suo avvento segreto nell’anima.
Nel processo storico, era Cristo nel suo primo Avvento a dover esser ricevuto:
per la Sua venuta era stata compiuta quella preparazione.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 76/S2
Titolo: Lezione 76
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE
DELLA STORIA 6
Non solo: dobiiamo anche sapere che era stato proprio Virgilio a dare l’annuncio
profetico che Cristo sarebbe venuto in quella giustizia che Roma aveva instaurato come
preparazione a Lui. Virgilio visse in quel tempo di giustizia, dimodoché, quanto di essa
egli scrisse nella Quarta Egloga, è profezia meno di quanto non sia realtà. Ma i versi
successivi promettono la venuta nella nuova età dell’oro di un fanciullo, di una «nova
progenies». Virgilio non visse abbastanza a lungo per conoscere il reale significato della
sua promessa; un brevissimo intervallo di tempo gli impedì di sapere la verità, poiché
infatti egli morì diciannove anni prima dell’Avvento.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 76/S2
Titolo: Lezione 76
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Come del resto anche nel Convivio si delinea un’interpretazione della storia quale se
Cristo nacque durante l’impero di Roma perché venne in essa come in luogo
preparato e fu il suggello apposto a tutto il disegno. Nella storia era nitidamente
visibile la linea di un grande movimento verso la giustizia e la redenzione dell’uomo.
Roma era stata lo strumento con cui si era compiuta la «preparazione», proprio nel
modo decretato dalla Divina Provvidenza.
Si ha, quindi, un piano letterale, nel quale Virgilio è chiamato dal Cielo per guidare
Dante a una giustizia che lo prepari alla venuta di Beatrice. È quindi la guida di un
pagano (Virgilio), per tutto il primo settore, a sostenere questo significato sull’altro
piano, quello morale.
Nell’allegoria morale, l’evento nell’anima vede un procedere verso Dio, grazie alle
tre, luci-guide, delle quali la prima era un lumen naturale.
Sul piano storico, infine, osserviamo ora la stesa corrispondenza: fu un popolo
pagano, fu Roma, a condurre il mondo alla giustizia e a una perfetta disposizione a
«ricevere».

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 76/S3
Titolo: Lezione 76
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA GIUSTIFICAZIONE
DELLA STORIA 8
È quindi chiaro che occorrerà tenere in mente tre distinte linee di eventi, se vogliamo
leggere il viaggio a Beatrice in tutta la portata dei suoi significati. Un diagramma potrà
aiutarci:

I. Nell’era a. C. I Romani portarono il mondo alla giustizia Venne Cristo Senso storico
II. Tutte le volte che un’anima raggiunge la giustizia Viene “Cristo” (Grazia Santificante) Senso morale
III. Nell’anno 1300 d. C. Virgilio guida Dante alla giustizia Viene Beatrice Senso letterale

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 76/S3
Titolo: Lezione 76
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nell’evento letterale dell’ascesa alla Montagna del Purgatorio, Virgilio conduce Dante
da Beatrice (I). In ciò vedremo lo schema di un’azione morale (II), un moto verso la
giustizia e l’avvento: la guida di Virgilio è un primo moto di preparazione sotto il
lumen naturale, e ad esso sussegue l’avvento in cui viene concessa la grazia
santificante. La giustizia interiore è raggiunta; ora nell’anima preparata a riceverLo
viene Cristo nel Suo avvento segreto. Nell’evento letterale si riflette, poi, anche la
linea di un altro evento (III), che ha luogo sulla più ampia scena della storia, in cui è
Roma che guida alla giustizia e Cristo viene nel Suo primo avvento.
La commedia vuole essere un’imitazione della realtà, rispecchiare la vera natura del
mondo reale, in cui esistono delle effettive correlazioni tra diversi ordini di esistenza.
La mente medioevale è ancora aperta a questo tipo di ragionamento; confida nella
sua validità, perché intimamente convinta della realtà delel correlazioni vigenti tra
ordini separati di esistenza.
Dante non costruiva il poema su un disegno nuovo, né tesseva trame romanzesche
di sua invenzione: tutto era perfettamente naturale entro la sua cultura pre-
rinascimentale.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 77
Titolo: Lezione 77
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA VITA
CONTEMPLATIVA 1
Guardaci ben! Ben son Beatrice.
Come degnasti accedere al monte?
Non sapei tu che qui è l’uom felice?
(Purgatorio, XXX, 73-75)

Parafrasi: ‘osserva bene! Sono Beatrice. Come osasti giungere al monte? Non sapevi
che qui si trova l’uomo felice?’

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 77
Titolo: Lezione 77
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Siamo nell’Eden, dove i nostri progenitori per un tempo brevissimo vissero in perfetta
felicità: l’affermazione «qui è l’uom felice» acquista perciò un significato più profondo.
Qui l’uomo fu felice, ed ora si ha un ritorno a questo luogo.
È questa, dice Virgilio, una meta ambita non solo da Dante, ma da tutti i mortali:

Quel dolce pome che per tanti rami


cercando va la cura de’ mortali
oggi porrà in pace le tue fami.
(Purgatorio, XXVII, 115-117)

Che cosa sarà il dolce pome (‘dolce pomo, frutto’) che i mortalic ercnao per tante vie
(per tanti rami), se non la felicità?
Al tempo di Dante l’indagine sulla natura della felicità compiuta da Aristotele
nell’Ethica Nichomachea era nota a tutti i filosofi e teologi.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 77
Titolo: Lezione 77
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quanto al poeta , sappiamo, in particolare dal Convivio, che in questa materia egli
accettava come verità indiscutibile la formulazione finale del Filosofo. Aristotele
aveva concluso l’analisi dell’intero problema con la definizione che Dante cita
ripetutamente in quella sua opera: «[...] sì come dice lo filosofo nel primo de l’Etica,
dicendo che “Felicitade èoperazione secondo virtude in vita perfetta”» (Convivo, IV,
xvii, 8).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 77/S1
Titolo: Lezione 77
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA VITA
CONTEMPLATIVA 2
Operazione, quindi. L’«operazione» è attività, e segnatamente un’attività interiore, che
può definirsi «manenens in ipso agente», cioè immanente a chi agisce, meglio che non
«in materiam exteriorem procedens», cioè procedente dalla materia fisica esteriore.
Di questo tipo è l’attività artistica, che ha per oggetto fini estrinseciall’uomo, mentre il fine
di quell’operare che è la felicità, è un fine interiore. È, in altre parole, agere, in quanto
distinto da facere.
La felicità che cerchiamo come fine ultimo è perciò riposta nell’attività interiore, nella vita
dell’anima, dove risiedono le virtù. Tale è la conclusione di Aristotele, che si fonda sul
principio generale per cui tutte le creature, più di ogni altra cosa, desiderano la propria
perfezione, e questa, per l’uomo, deve consistere in una «operazione secondo virtude»

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 77/S1
Titolo: Lezione 77
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

È evidente che in base a tale definizione, la felicità è qualcosa che s’inquadra


perfettamente in uno schema di allegoria morale, dal momento che tale allegoria è
sempre in termini di agere, di azione o moto dell’anima.
In Aristotele, inoltre, il moto verso tale fine dobbiamo concepirlo in termini di
generatio, di processo da potenza ad atto, da materia a forma.
(agere → moto → generatio).

Nell’Etica Aristotele riconosce che sono stati ipotizzati e perseguiti tre modi per
raggiungere la felicità: il piacere; la vita politica attiva; la vita contemplativa-
speculativa. La prima è però più animale; la scendo è buona e tipicamente umana.
Ma la terza è la migliore, benché «superhumana».
Gli fa eco Dante nel De Monàrchia e nel Convivio, dicendo che si può seguire la
felicità seguendo qualsivolgia dei due «rami», ma la felicità èerfetta è riposta nella
vita contemplativa, anche se la piena perfezione di tale vita non è raggiungibile in
terra.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 77/S2
Titolo: Lezione 77
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA VITA
CONTEMPLATIVA 3
Tutto è sillogistico qui, tutto consegue dalle premesse secondo una logica rigorosa.
Bisogna chiedersi: perché esiste l’uomo? L’uomo esiste per realizzare la propria natura
nella sua facoltà più elevata, cioè, nella contemplazione. Ma tale meta può raggiungersi
solo a condizione che prevalgano giustizia e pace (come Dante insiste a dire soprattutto
nel De Monarchia, invocando una monarchia universale). Ecco così che il ragionamento,
arrivato alla conclusione, ritorna indietro a ciò che della conclusione è il presupposto.
E così come nella storia, dove Roma fu il presupposto e la preparazione dell’Avvento di
cristo, los tesso avviene nell’anima, quando vi ha luogo la giustificazione: prima la
giustizia, poi l’avvento della grazia: justitia praeparatio sedis tuae!

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 77/S2
Titolo: Lezione 77
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’unica cosa che sembra far differenza è che il ragionamento di Aristotele, a


conclusione di tutto l’evento, porrebbe la contemplazione, piuttosto che un
«avvento», quale che esso sia. Ma ben ci avvediamo che questa non è una difficoltà
insuperabile, poiché, in senso cristiano, «contemplazione» può essere sinonimo di
Sapientia. Nel qual caso abbiamo di nuovo la solita successione: giustizia come
disposizione o preparazione a ciò che segue, sia Cristo, Sapientia, Contemplazione
o lumen gratiae: nell’allegoria del poema, Beatrice può infatti avere più di un nome.
Appena Dante si sveglia da un breve sonno, durante il quale sogna i personaggi
biblici di Lia e Rachele, Virgilio fa la sua promessa: il «dolce pome» cercato dai
mortali sarà colto oggi. Come Marta e Maria nel Nuovo Testamento, citate da Dante
Nel Convivio, Lia e Rachele rappresentano due mdi di vita: la vita attiva e la vita
contemplativa.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 77/S3
Titolo: Lezione 77
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA VITA
CONTEMPLATIVA 4
Ma come nell’Antico Testamento, Rachele (la vita contemplativa) non annulla il valore di
Lia (la vita attiva). Anzi. Giacobbe prima dovette lavorare per Lia e poi per Rachele. La
perfezione della vita attiva deve precedere la perfezione della vita contemplativa.
I due momenti erano visibili sia sul piano dell’allegoria morale che su quello dell’allegoria
storica, tranne che in questi due casi si trattava evidentemente di conseguire prima la
giustizia, adempimento della prima fase e necessaria preparazione alla successiva.
A dirci che Lia è «giustizia», è un mistico, un contemplativo cui è riservato un posto
d’onore tra i sapienti del Paradiso e le cui opere erano ben note a Dante.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 77/S3
Titolo: Lezione 77
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Questo sostiene, infatti, Riccardo di S. Vittore, in De praeparatione animi ad


contemplationem. Leggiamone un passo:

«Duas namque, ut legitis, uxores Jacob habuisse cognoscitur. Una Lia, altera Rachel
dicebatur: Lia fecundior; Rachel formosior. Lia fecunda, sed lippa; Rachel fere
sterilis, sed formosa singularis. Sed jam, quae sint istae duae uxores Jacob,
videamus, ut qui sint earum filii facilius intelligamus. Rachel doctrina veritatis, Lia
disciplina virtutis. Rachel studium sapientiae, Lia desiderium justitiae.»

Traduzione: ‘Come si legge, si sa che Giacobbe ebbe due mogli. Una Lia, l’altra
Rachele: Lia più feconda, Rachele più bella. Lia feconda ma brutta; Rachele quasi
sterile, ma straordinariamente formosa. Ma vediamo bene ora chi siano queste due
mogli di Giacobbe, affinche vediamo piùfacilemente chi siano i loro figli. Rachele è la
sapienza della verità, Lia la disciplina della virtù. Rachele lo studio della sapienza,
Lia il desiderio di giustizia’.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 78
Titolo: Lezione 78
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA VITA
CONTEMPLATIVA 5
S. Gregorio, che si dedicò a interpretare quel passo veterotestamentario insiste a dire
che giacobbe prima prese in moglie Lia, poi Rachele: cioè la vita attiva viene prima ed è
preparazione alla contemplativa.
Inoltre, la tradizione cristiana dà particolare rilievo a un punto che non possiamo
aspettarci di trovare in Aristotele: quello cioè, ove si insiste sul fatto che non ereditiamo
dalla caduta di Adamo una natura corrotta, che tutti i mortali ora scontano le
conseguenze di questa condizione decaduta. Perduta la giustizia di cui era stato dotato
Adamao, ora siamo perennemente agitati da una tempesta di disordinate passioni.
Desideriamo tutti ardentemente, seppure per lo più invano, che la tempesta s’acquieti;
agognamo alla pace che solo può venire in una volontà rifatta libera, dritta e sana, con
un retto ordine interiore nell’anima.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 78
Titolo: Lezione 78
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

La tempesta è nella volontà disordinata chiamata «cupidigia»:

Oh cupidigia, che i mortali affonde


sì sotto te, che nessuno ha podere
di trarre li occhi fuor de le tue onde!
(Paradiso, XXVII, 121-123)

Parafrasi: ‘Oh cupidigia [desiderio smodato], che affondi i mortali così sotto di te che
nessuno può trarre gli occhi e vedere fuori dalle tue onde!’

La cupidigia è l’iopposto della giustizia, e trarre gli occhi fuori dalle sue onde significa
cominciare a desiderare la giustizia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 78/S1
Titolo: Lezione 78
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA VITA
CONTEMPLATIVA 6
Stiamo toccando con insistenza temi trattati a fondo da Dante nel Convivio e, soprattutto,
nel De Monàrchia, che più volte abbiamo infatti evocato.
La giustizia di cui parla Dante nel trattato politico è l’ordine monarchico universale.
Oppure, considerando ciò che avviene nell’anima, preparazione e prima condizione
necessaria per la contemplazione è che la giustizia regni nella volontà.
Uil mare procelloso delle passioni, come si sa, è conseguenza del corpo corruttibile che
ereditiamo dal peccato originale. Quella tempesta che abbiamo dentro è un perenne
memento della Caduta, della giustizia e del retto ordine della primitiva condizione umana
perduti col peccato.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 78/S1
Titolo: Lezione 78
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quindi, secondo uno schema:

Peccato originale → corpo corruttibile → cupidigia (VS giustizia).

La vera felicità si trova sul vertice, e se questo ce lo immaginiamo composto di due


punte, la punta più alta è la vita contemplativa. Prima si raggiunge la punta meno
elevata della vita attiva, e di lì si procede poi verso la più elevata. Prima dobbiamo
pervenire alla giustizia, alla perfezione della vita attiva.
Facciamo un passo indietro e procediamo ora a leggere con attenzione i versi che
narrano il sogno di Dante:

Ne l'ora, credo, che de l'orïente,


prima raggiò nel monte Citerea,
che di foco d'amor par sempre ardente,
giovane e bella in sogno mi parea
donna vedere andar per una landa
cogliendo fiori; e cantando dicea:
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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 78/S1
Titolo: Lezione 78
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

"Sappia qualunque il mio nome dimanda


ch'i' mi son Lia, e vo movendo intorno
le belle mani a farmi una ghirlanda.
Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno;
ma mia suora Rachel mai non si smaga
dal suo miraglio, e siede tutto giorno.
Ell'è d'i suoi belli occhi veder vaga
com'io de l'addornarmi con le mani;
lei lo vedere, e me l'ovrare appaga".

(Purgatorio, XXVII, 94-108)

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 78/S2
Titolo: Lezione 78
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA VITA
CONTEMPLATIVA 7
Nel sogno di Danta vien fatta la promessa che il pellegrino conseguirà la vera felicità
«oggi»; la stessa cosa promette Virgilio, quando parla del «dolce pome»:

E già per li splendori antelucani,


che tanto a' pellegrin surgon più grati,
quanto, tornando, albergan men lontani,
le tenebre fuggian da tutti lati,
e 'l sonno mio con esse; ond'io leva'mi,
veggendo i gran maestri già levati.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 78/S2
Titolo: Lezione 78
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

"Quel dolce pome che per tanti rami


cercando va la cura de' mortali,
oggi porrà in pace le tue fami".
(Purgartorio, XXVII, 94-108)

Possiamo ormai interpretare il sogno con migliore cognizione di causa, vedendo


come esso si realizzi nella azione successiva. Se Lia è desiderium justitiae e la
giustizia risiede nella volontà, la necessaria conseguenza è che Virgilio conduce a
Lia. Fuori del sogno, nella svolgimento del poema, non c’è un personaggio che
rappresenti Lia: c’è soltanto il pieno conseguimento, sotto la guida di Virgilio, di ciò
che Lia significa.
Virgilio conduce Dante a una condizione in cui nella sua volontà prevale la giustizia.
Virgilio lo ha dunque condotto da Lia, perché Lia deve essere la nostra prima meta.
Ella è la perfezione attiva, è giustizia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 78/S3
Titolo: Lezione 78
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA VITA
CONTEMPLATIVA 8
Prima Lia, poi Rachele. Prima la giustizia, poi la contemplazione. In vetta si realizza un
sogno, e se siamo in grado di scorgere i termini del suo realizzarsi, riconosceremo
ancora una volta il solito schema a due fasi, la prima delle quali è una preparazione,
un’introduzione alla seconda.
Posto che lassù c’è l’Eden, prendiamo atto di come, in un certo senso, possa dirsi che
Dante ritorna alla primitiva condizione di Adamo. L’uomo fu creato per uno scopo:
Adamo, il primo uomo, fu creato con lo scopo della vita contemplativa (ed è per questo
che la sua cacciata fu l’inizio del lavoro, anche).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 78/S3
Titolo: Lezione 78
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Egli peccò per cupidigia, perché non tenne a freno le passioni. Posato che Dio gli
aveva lasciato la libertà di peccare.
Virgilio conduce Dante alla giustizia, preparazione alla contemplazione, che sarà
rappresentata da Beatrice. Nei termini del sogno: da Lia a Rachele. In questo viaggio
si ristabilisce il retto ordine delle passioni e delle facoltà inferiori.
Vediamo allora di insistere su questo tragitto.
Ma prima recuperiamo le fila essenziali del nostro discorso, stando all’allegoria
morale.
Nellos chema delle tre luci, passare dalla guida di Virgilio a quella di Beatrice
significa passare da una luce naturale a una soprannaturale, lumen fidei et gratia
santificans. Nello schema delle tre conversioni, l’analogo trapasso sta a significare
che da un primo orientamento naturale e proporzionato alla natura umana, la volontà
passa a un altro orientamento, con Beatrice, ed eccedente la natura umana, dato
che si tratta di una conversione resa possibile da grazia e carità.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 79
Titolo: Lezione 79
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA SAPIENZA 1

Ora, mentre la giustizia di Virgilio è quella che potevano concepire i «filosofi», è la


giustizia come la intendevano Aristotele e Platone, la giustizia che si raggiunge con
Beatrice trascende quanto potevano concepire quelli: è la giustizia di cui parla l’Apostolo,
quella che Cristo portò all’umanità peccatrice per sua redenzione.
Ora che abbiamo visto come la meta sulla vetta, considerata attraverso un sogno e la
promessa fatta da Virgilio sia la felicità (secondo la dfinizione aristotelica), anche a
questo livello di significato possiamo osservare lo stesso trapasso: un trasumanar. Il
sogno riguardante Lia e Rachele si realizza sulla vetta: si perviene a Lia quando si
consegue la giustizia alla quale guida Virgilio; si perviene a Rachele, che è la
contemplazione, quando appare Beatrice.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 79
Titolo: Lezione 79
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Tuttavia, abbiamo appena fatto questa affermazione, che siamo costretti a


riconoscere che Lia, in quanto vita attiva e giustizia, è raggiunta, in maniera perfetta,
solo con Beatrice. Quindi, se Lia è giustizia o, come aveva detto Riccardo da S.
Vittore, «desiderium justitiae», eccoci nuovamente di fronte al solito elemento
strutturale: il sogno ha al sua piena realizzazione non con Virgilio ma con Beatrice.
Non con Virgilio, ma con Beatrice, si raggiunge la giustizia della vita attiva nella sua
piena perfezione.
Il segno inequivocabile di ciò va scorto nel fatto che, quando Beatrice appare, ad
accompagnarla ci sono le virtù della vita attiva; o, meglio, tanto le virtù della operatio
attiva che quelle della operatio contemplativa.
Come ancelle al seguito di Beatrice, esse non possono che rappresentare le virtù
cardinali di un ordine che trascende le facoltà di Virgilio, un ordine «transumano»,
ignoto ai filosofi perché inconoscibile per lumen naturale. Lo conferma il colore
stesso delle loro vesti: indosso a tutte e quattro è infatti visibile il rosso della carità.
Esse sono perciò le quattro virtù morali infuse: prudenza temperanza fortezza e
giustizia, e non le virtù acquisite, che nella cultura pagana hanno gli stessi nomi.

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Lezione n°: 79/S1
Titolo: Lezione 79
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA SAPIENZA 2

Esse conducono Dante dall’altro gruppo, quello delle tre virtù teologali: fede speranza e
carità, che aguzzano la vista del pellegrino, perché guardando negli occhi Beatrice, egli
possa contemplarvi una verità d’ordine sovrumano.
Ora, queste tre sono le virtù della vita contemplativa. La vita attiva (le virtù cardinali)
precede e conduce alla vita contemplativa (virtù teologali).
Esse sono le virtù della contemplazione. I loro colori, bianco rosso e verde, significano
rispettivamente fede speranza e carità. Va inoltre osservato che questi che sono i loro
colori, informano tutta la processione, e sono pure i colori della veste e della corona di
Beatrice.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 79/S1
Titolo: Lezione 79
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Queste virtù sono peculiarmente cristiane. Esse sono date dall’alto e da un ordine
che oltrepassa l’umano. Tale è anche la Donna al cui seguito esse vengono: beatrice
è mandata dall’alto. Beatrice è infatti Sapienza de sursum descendens, discendente
dall’alto: ecco perché anche le virtù che l’accompagnano devono essere quelle
concesse e non quelle acquisite per sforzo umano.
Quando Dante incontra Beatrice vi riconosce la filosofia:

O donna di virtù, sola per cui


L’umana spezie eccede ogne contento
Di quel c’ha minor li cerchi sui
(Inferno, II, 76-78)

Parafrasi: ‘O dominatrice delle virtù, per merito della quale soltanto, l’umanità
oltrepassa tutto quanto è contenuto dal cielo sublunare’.

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Lezione n°: 79/S2
Titolo: Lezione 79
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA SAPIENZA 3
Questo è in senso letterale il modo in cui Virgilio riconosce Beatrice, quando ella scende
da lui nel Limbo. Non essendosi conosciti nel modno sublunare, il poeta risolve la
difficoltà facendo sì che Virgilio riconosce Beatrice nell’unico modo in cui poteva
effettivamente conoscerla – come Madonna Filosofia, figura familiare a quei pagani che,
vissuti prima di Cristo, in vita ebbero solo il lumen naturale.
Comprendiamo più chiaramente ciò, se ricordiamo che la concezione di un’ascesa della
mente o dell’anima alla regione soprastante il cerchio della luna, non era ignota ai
pagani, risalendo forse almeno a Pitagora.
Dal primo terzo del primo secolo a. C., le dottrine del neopitagorismo sulle generazioni
umane e il destino delle anime si erano ampiamente propagate, grazie soprattutto
all’insegnamento di Posidonius d’Apamée (135-51 a.C.).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 79/S2
Titolo: Lezione 79
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Stabilendo una distinzione radicale fra l’Altro e Dio, cioè a dire tra la Natura e Dio, fra
il mondo sublunare, che è il dominio della natura, e il mondo etereo, dove sono
immersi gli astri, che è il luogo dell’Unità divina; poi, affermando che l’anima
immortale emana da Dio e preesiste alla Natura nella quale s’incorpora, Posidonius
ha riabilitato il dualismo di Pytagora al centro del Portico, et professato a sua volta
che le anime cadono dal cielo nella generazione, per risalire poi, secondo il credo
della setta, verso le sfere eterne, loro patria divina... Il dogma era circolato già presso
gli autori che precedettero direttamente Virgilio.
Questa idea di una linea divisoria fra mondo sublunare e mondo etereo fu dura a
morire. Pensiamo che perfino Galilei dovette trovarsi in condizioni di doverla
smontare.
Ora, Dante si innalza alle sfere soprastanti la luna, alla regione che non conosce
mutamento.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 79/S3
Titolo: Lezione 79
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LA SAPIENZA 4
Con Beatrice, dante si innalza alle sfere soprastanti la luna, alla regione che non
conosce mutamento.
Vedremo in beatrice la Sapienza creata, ma solo dopo che Virgilio avrà abbandonato la
scena dell’azione. Quando invece ella scende nel Limbo, noi la vediamo con gli occhi di
Virgilio (è infatti lui a riferire il loro colloquio): la conosciamo nella prospettiva e secondo il
lumen del poeta latino. Quella di Virgilio è la prospettiva dei filosofi antichi che non
conobbero Cristo; egli vede mediante il lumen naturale, e pertanto non può vedere in
Beatrice i significati peculiarmente crisitani. Per Virgilio, Beatrice è la donna «sola per
cui» l’uomo sale al regno translunare: è la Filosofia o la Contemplazione. Ma non è e non
può essere la Sapientia in senso cristiano, e neppure la Grazia, nomi e concetti ignoti a
Virgilio. E, per ora, vediamo Beatrice attraverso il punto di vista, di Virgilio. E’ Virgilio che
vede e interpreta, indirettamente, attraverso la voce di Dante. Beatrice si rivelerà come la
Sapienza soltanto quando Virgilio non può più vederla. E noi la vedremo sotto altri occhi.
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 79/S3
Titolo: Lezione 79
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nella concezione cristiana (ignota ai “filosofi”) è qualcosa di dato: è un dono del Dio
vivente dei cristinai, e discende dall’alto, innalzando l’uomo al modo stesso della grazia,
e, in definitiva, non è davvero possibile distinguerla chiaramente dalla Grazia
Santificante. Aristotele non aveva pensato che nell’ascesa alla speculazione potesse
intervenire l’amore. Ma nel mondo cristiano vi interviene. E la Sapienza in cui intervien
l’amore è la Sapienza cristiana. Beatrice discende, è luce e amore.
Passando dalla guida di Virglio a quella di beatrice, il pellegrino lascia il lumen naturale e
consegue il lumen gratiae. Ma quel che importa rilevare è che, nel poema, Beatrice viene
contemplata prima secondo una e poi secondo l’altra luce. In presenza ein assenza di
Virgilio, il cui punto di vista di guida ci filtra la visione di Beatrice. Contemplatio aequivoca
est, dice S. Tommaso, e ciò ripropone la Commedia. Da una parte c’è la contemplazione
dei filosofi, per lumen naturale, l’ascesa mediante le facoltà naturali; dall’altra c’è la
contemplazione resa possibile da una facoltà (virtù) sovrumana.
In beatrice si raggiunge una Sapientia che include Madonna Filosofia ma al tempo
stesso la trascende, essendone la perfezione.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 80
Titolo: Lezione 80
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIMPIANTO DELL’EDEN
Fra i padri della Chiesa (S. Agostino, S. Tommaso, S. Ambrogio ecc.) era diffusa l’idea
che il Paradiso Terrestre, l’Eden esistesse ancora e che fosse in un luogo ancora
scoperto della Terra. Infatti Adamo ed Eva ne erano stati cacciati ma il luogo doveva
essere ancora lì. S. Agostino ad esempio si adoperò nel su De Genesi ad Litteram (La
Genesi alla lettera) a confutare pensatoric ome Filoe ed origine che della Genesi davano
un’interpretazione allegorica, facendo dell’Eden solo una situazione dell’anima.
Prendiamo il solito S. Tommaso come esempio: «Locus ille seclusus est a nostra
habitatione aliquis impedimentis vel montium, vel marium, vel alicuis aestuosae regionis,
quae pertransiri non potest. Et ideo scriptores locorum de hoc loco mentionem non
fecerunt».

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 80
Titolo: Lezione 80
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Anche il poeta credeva che il Giardino esistesee ancora, almeno fino all’anno 1300: e
nulla v’era che gli impedisse che esso sarebbe contiuato ad esistere per un tempo ben
più lungo.
“Ritornando” nell’Eden, Dante comincia quindi a partecipare, in un certo senso, di quella
condizione che l’uomo vi aveva goduto prima del peccato originale: esperienza di cose
immortali, di ciò che è al di sopra del regno della generazione e della corruzione.
Nell’Eden, i segni dell’immortalità, di ciò che non è caduco, sono dovunque. Qui, come
nella regione ipreluunare, gli elementi cessano di farsi contrasto. Non ci sono
perturbazioni atmosferiche e la dolce aura mattutina che Dante sente accarezzare il suo
viso, è «senza mutamento in sé».

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 80/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIMPIANTO PER L’EDEN 2


Nella concezione di Dante, l’Eden si trova in un emisfero «meridionale» coperto d’acqua,
opposto a un emisfero «settentrionale» di terre. Centro esatto del primo è l’Eden, proprio
come Gerusalemme è il centro esatto del secondo. La montagna sulla cui vetta c’è
l’Eden è dunque diametralmente opposta a Gerusalemme.
In tal modo l’Eden, che fu per l’uomo il luiogo della primitiva felice condizione di perfetta
rettitudine e del suo primo peccato, poteva immaginarsi equilibrato nell’altro emisfero –
come su una grande bilancia – da Gerusalemme, il luogo dove l’uomo fu redento dal
peccato originale e reintegrato nella sua rettitudine:

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 80/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E se’ or sotto l’emisperio giunto


ch’è contraposto a quel che la gran secca
coverchia, e sotto ’l cui colmo consunto
fu l’uom che nacque e visse senza pecca.
(Inferno, XXXIV, vv. 112-115)

Parafrasi: ‘E ora sei giunto sotto l'emisfero che è opposto a quello che copre le terre
emerse, e dove, sotto il punto più alto (colmo) dell'emisfero celeste, fu ucciso l'uomo che
nacque e visse senza peccato (Gesù, quindi, è Gerusalemme).’

E in questo quadro si potrebbe scorgere una ricchezza anche maggiore di significato,


pensando che Satana, quando precipitò a capofitto dal Cielo, cadde sull’emisfero
meridionale del globo, facendo ritrarre inorridita la terra e producendo, come per
spostamento, la montagna dell’Eden e l’emisfero di acque che la circonda.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 80/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIMPIANTO PER L’EDEN 3


È a molti apparso chiaro il rimpianto per le quattro stelle che Dante cede per la prima volta
quando volge lo sguardo al cielo di quell’emisfero meridionale in cui si trova l’Eden:

I’ mi volsi a man destra, e puosi mente


a l’altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch’a la prima gente.

Goder pareva ‘l ciel di lor fiammelle:


oh settentrional vedovo sito,
poi che privato se’ di mirar quelle!
(Inferno, I, 22-27)

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 80/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Parafrasi: ‘Io mi rivolsi alla mia destra e osservai l’altro polo (australe), vedendo quattro
stelle che nessuno ha mai visto eccetto i primi progenitori. Il cielo sembrava godere delle
loro piccole fiamme: o emisfero boreale, sei davvero desolato non potendo ammirare
quelle stelle!’

Più avanti nel poema, punti che offrono una più chiara prospettiva, ci daranno – vedremo –
la certezza che queste quattro stelle, nel loro significato allegorico, sono le quattro virtù
cardinali. Ma quale sia il significato allegorico di questi sei versi, è questione da rinviarsi a
quando avremo esaminato il loro significato letterale.
Il senso della prima terzina diventa immediatamente chiaro sul piano letterale, solo che si
tenga in mente la posizione dell’Eden nella geografia di Dante non che il disegno del suo
viaggio. Al punto in cui siamo, Dante, dal fondo dell’abisso dell’Inferno, dopo essere
disceso e risalito luingo il corpo di Satana, passando per centro della Terra, è stato
condotto da Vergilio a rivedere le stelle. Nel crepuscolo che precede l’alba, Dante e
Virgilio, usciti dal buio cunicolo, si ritrovano sulla spiaggia di un’isola, alle estreme pendici
del monte del Purgatorio sulla cui vetta c’è l’Eden.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 80/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

RIMPIANTO PER L’EDEN 4


Mentre la traduzione di S. Girolamo, la più diffusa, trtaduce il passo del Genesi così:
“Ejectique Adam, et collocavit ante paradisum”. La traduzione antica, invece, l’Antica
vulgata, recitava contra paradisum, invece che ante. Quindi: “dall’altra parte, all’opposto”,
non “fuori”. L’ Antica vulgata era ancora seguita, ad es. Da S. Agostino e molti altri. Tra
questi evidentemente anche Dante. Egli fu semplicemente più preciso nell’immaginare un
luogo preciso per l’Eden. Senza, tuttavia, tradire la Scrittura, la Genesi. È il Genesi
dell’antica vulgata (o dei Settanta) che spiega la simmetrica corrispondenza nella
geografia dantesca per cui sul globo terrestre l’Eden è esattamente agli antipodi di
Gerusalemme, ma servono anche da ottima chiosa – la chiosa di cui avevamo tanto
bisogno – a quei versi del I canto del Purgatorio esprimenti il rimpianto che abbiamo
notato.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 80/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Perché allora questo rimpianto? Perché il poeta è intento a meditare sul momento
dell’espulsione di Adamo ed Eva dall’Eden, punizione conseguente al peccato; a meditare,
perciò, sul peccato orignale e su ciò che esso è costato all’uomo.
Adamo ed Eva, cacciati dall’Eden, furono posti contra paradisum. Così afferma il testo
della Genesi che il poeta ha deciso di seguire alla lettera. Adamo ed Eva furono
immediatamente trasferiti nell’emisfero settentrionale, in una regione che dovremo situare
in qualche punto (o nelle vicinanze) della palestina o della Mesopotamia, e furono posti –
come dice S. Agostino - «in laboribus». <
La perdita dell’Eden significò perdita non solo di un giardino di delizie, ma anche
dell’immortalità del corpo e la perfetta rettitudine interiore. Nel’Eden come nella regione
iperlunare (lo abbiamo ricordato in una lezione precedente), tutto è immortale. Cacciata
dall’Eden e necessità della morte sono tutt’uno.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 81
Titolo: Lezione 81
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LO STILE SERIO-COMICO 5
Sollevandosi la material, si rendeva necessario l’ausilio di un’arte più eletta (Purg. IX, 70-
72):

Lettor, tu vedi ben com’io innalzo


la mia matera, e però con più arte
non ti meravigliar s’io la rincalzo.

D’altronde nella lettera a Can Grande, l’autore avvertì che Orazio dava talora licenza ai
poeti di comedìa di scrivere come gli autori di tragedìa (ossia in stile alto e sublime, elate
et sublime), e viceversa.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 81
Titolo: Lezione 81
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

A questo proposito andrà tenuto fermo un punto fondamentale, e cioè il fatto che Dante
tiene presente la mescolanza degli stili avvenuta con l’abbassamento dello stile a un livello
comprensibile dal popolo anche illetterato avvenuto con i discorsi e la stessa esistenza di
Cristo.
Il grande esempio del Redentore che scende in terra vivendo una “umiliante” tragedia fu
un esempio che Dante non poté tenre presente (come del resto anche altri autori). A
rincalzar l’arte, per attingere lo stile alto e sublime, coglieva il più bel fiore dello Stil Nuovo,
riassimilandonsene la delicatezza e musicalità:

…donna mi chiamò beata e bella,


tal che di comandar io la richiesi.
lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella…
(Inferno II, 53-57)

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 81/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LO STILE SERIO-COMICO 6
E nel canto XXVIII del Purgatorio (vv.37-46):

e là m’apparve […]
una donna soletta che si gia
cantando e scegliendo fior da fiore
ond’era pinta tuttta la sua via.
«Deh, bella donna, ch’a’ raggi d’amore
ti scaldi, s’i’ vo’ credere a’ sembianti
che soglion essere testimony del core,
vègnati in voglia di trarreti avanti»
diss’io a lei […]

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 81/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

A rinclazar l’arte, Dante rinnovava allegoria scienza e tecnica delle canzoni filosofiche e
dottrinali, così elaborate pur esse (significantissima quella delle Tre donne); si valeva con
piena libertà di latinismi di forma e di pensiero (lessicali, morfologici, stilistici, tematici,
studiati con criteri persuasive da E. R. Curtius); sfruttava sino in fondo le proprie vaste e
scaltre esperienze di rima.
La rima… Limitiamoci a ripetere l’affermazione dell’antico chiosatore della Commedia,
l’autore del cosiddetto Ottimo Commento (a Inf., X, 87): «Io scrittore udii idre a Dante che
mai rima nol trasse a dire altro che quello ch’avea in suo proponimento; ma ch’elli molte e
spesse volte faceva li vocaboli dire nelle sue rime altro che quello ch’erano appo gli altri
dicitori usati esprimere». Testimonianza autorevole, la quale afferma, come indagatori
agguerriti, dal Parodi al Maggini, sono andati e vanno via via provando, che a Dante
bastavano le parole dell’uso commune, di cui sviluppava, con la sua divina immaginazione,
le intime possibilità espressive: l’elenco invece dei vocaboli ch’egli avrebbe arbitrariamente,
e anche bizzarramente, inventati si reduce di numero ed è ora meglio vagliato e disposto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 81/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LO STILE SERIO-COMICO 7
La coscienza di così fecondo lavorìo fece sentir a Dante, a un certo momento, che la sua
arte superava quella dei grandi maestri latini (Inf. XXV, 94-99):

Taccia Lucano ormai là dove tocca


del mistero di Sabello e di Nassidio,
e attenda a udir quell ch’or si scocca.
Taccia di Cadmo e d’Aretusa Ovidio;
ché se quello in serpent e quella in fonte
converte poetando, io non lo ’nvidio.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 81/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Alle soglie del secondo Regno, nel dar nuova material al suo canto, si trovò a dover
invocare le Muse, e particolarmente Calliope, la Musa dell’epopee e la massimo delle Muse
(Purg., I, 7-9):

Ma qui la morta poesì resurga,


O sante Muse, poi che Vostro sono;
E qui Calliopè alquanto surge […];

E più oltre, invocò Urania, la Musa delle cose celesti (Purg. XXIX, 40-42):

Or convien che Elicona per me versi,


E Uranìa m’aiuti col suo coro
Forti cose a pensar mettere in versi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 81/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

LO STILE
SERIO-COMICO 1
Accingendosi alla terza cantica, ebbe bisogno addirittura dell’aiuto di Apollo (Par., I, 13-
15):
O buono Apollo, all’ultimo lavoro
Fammi del tuo valor sì fatto vaso,
Come dimandi a dar l’amato alloro;

e della spirazione di Minerva (Par., II, 7-9):

L’acqua ch’io prendo già mai non si corse;


Minerva spira, e condicemi Apollo,
E nove Muse mi dimostran l’Orse.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 81/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Non c’è ormai che da attendersi una più esatta determinazione, e finalmente legittima, del
titolo: «lo sacrato poema» (Par. XXIII, 62), «il poema sacro | Al quale ha posto mano e
cielo e terra» (Par., XXV, 1-2): sacro specie nella terza cantica, che celebra la Beatrice
beata. Già l’alta tragedìa di Virgilio era stata da Macrobio definite sacrato poema.
Ciò detto non andrà dimenticato quanto detto: che la divisione degli stili non è
mantenuto, tutt’altro. Dante frequenta il registro alto anche nella prima cantica e quello
basso nella terza, e la seconda partecipa anc’essa indifferentemente di entrambi i registri.
Dante non ricorre ai diversi lessemi in ragione di un astratto ossequio alla convenentia
stile-argomento, ma in ragione di una funzionalità significativa, di una imesi del contest,
tenendo in mente che l’umiltà (anche stilistica) è un valore supremo nel mondo crisitano.
L’uso dei latinismi, ad esempio, è operante anche nell’Inferno, coscché l’uso del latino
convive con «le rime aspre e chiocce», mimetiche dell’aura infernale seppur più frequente
in Purgatorio e Paradiso. Ad esempio Caronte nell’Inferno (III, 83) è definite vecchio,
Catone (Purg. I, 31) veglio e Bernardo (Par. XXX) sene, rispettivamente una voce neutra
del volgare toscano, un gallicismo e un latinismo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 82
Titolo: Lezione 82
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 1
Sarà il caso di leggere alcuni versi dell’Inferno e commentarli insieme (sulla scia di un
saggio di Erich Auerbach opportunamente tagliato e adattato). Lo studente dovrà leggerli
in un commento affidabile (indicato nel Programma d’esame).
All’inizio di questo episodio, Virgilio e Dante camminano per uno stretto sentiero fra gli
avelli ardenti e scoperchiati. Vanno ragionando; Virgilio spiega a Dante come in quelle
arche giacciano eretici e atei e gli promette di soddisfare il suo desiderio a mezzo
accennato di interloquire con qualcuno dei dannati. Mentre Dante gli st rispondendo, si
leva da uno dei sepolcri una voce che incomincia con i cupi suoni di «O Tosco», e Dante
indietreggia spaventato. Uno dei dannati s’è drizzato nel suo sepolcro e rivolge la parola ai
due; Virgilio ne fa il nome: è Farinata degli Uberti, morto poco innanzi la nascita di Dante,
capo dei ghibellini di Firenze e loro comandante in battaglia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 82
Titolo: Lezione 82
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Dante s’accosta all’orlo di quella tomba e così ha inizio un dialogo che è però, dopo pochi
versi (v.52), improvvisamente interrotto, come dianzi quello fra Dante e Virgilio,
dall’intervento d’un altro abitante dell’avello, subito da Dante riconosciuto e dal modo della
pena e dale parole: è Cavalcante de’ Cavalcanti, padre del suo amico di gioventù, il poeta
Guido Cavalcanti. La scena che adesso si svolge fra Cavalcante e Dante è breve (ventuno
versi), e non appena si chiude col ricadere di Cavalcante dentro la tomba, Farinata
riprende il dialogo interrotto.
Nello stretto giro di circa settanta versi si compie dunque una triplice mutazione di eventi;
sono Quattro atti, tutti densi e pieni di energia, strettamente addossati l’uno all’altro.
Nessuno di essi ha un contenuto unicamente preparatorio, nemmeno il primo, il dialogo,
calmo al paragone, fra Dante e Virgilio che precede I versi da noi considerati. Qui, a mo’
d’introduzione, viene presentata al lettore e allo stesso Dante la nuova regione che si
schiude davanti a loro, quella del sesto cerchio dell’Inferno, ma vi è compresa anche una
scena particolare, fra I due interlocutori, di un contenuto psicologico suo proprio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 82/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 2
In estremo contrasto con la placidità teorica e la spiritual delicatezza di questo prologo sta
il secondo atto oltremodo drammatico, a cui introducono la voce a un tratto risonante e la
repentina apparizione del corpo drizzatosi entro l’avello, lo spavento di Dante e le parole e
I gesti incoraggianti di Virgilio. In esso sorge e prende forma, alta e scultorea come il suo
corpo, la gigantesca figura morale di Farinata, sopravvivente al di là della morte e dei
tormenti infernali che non l’hanno potuta intaccare; egli è sempre lo stesso, tal quale visse.
L’hanno spinto a levarsi in piedi e a trattenere il viaggiatore con superba e misurata
cortesia gli accenti toscani sulle labra di Dante, e quando questi gli si avvcina, gli chiede
più particolarmente della sua origine, per accertarsi con chi abbia a che fare, se con un
uomo d’importante lignaggio, se con un amico o un nemico; e quando ode che Dante è
discendente d’una famiglia guelfa, dichiara con dura soddisfazione d’aver per due volte
cacciato dalla città questa parte a lui avversa.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 82/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il destino di Firenze e della parte ghibellina è ancora il suo unico pensiero. La risposta di
Dante, che la cacciata dei guelfi alla lunga non ha portato vantaggio ai ghibellini, che alla
fine sono rimasti banditi, è interrotta dall’emergere di Cavalcante, che ha udito le parole di
Dante e l’ha riconosciuto. Noi vediamo il suo capo su un corpo tanto più piccolo di quello
di Farinata spiare intorno ansiosamente se suo figlio sia in compagni di Dante; e poiché
non lo vede, erompe in angosciose domande, che rivelano come anch’egli ancora conserve
ugual carattere e uguali passion a quello che già ebbe in vita, certamente ben diverse da
quelle di Farinata: amore della vita terrena, fede nella libera grandezza dell’animo umano,
e soprattutto ammirazione per suo figlio Guido. Commosso, quasi piangendo, e così
staccandosi nettamente dalla potente e sostenuta grandezza di Farinata, pone le sue
domande incalzanti, e quando (a torto) dale parole di Dante crede di dover concludere che
suo figlio non sia più in vita, stramazza supine; e allora, impassibile, senza por mente a
quell caso, alle ultime parole a lui rivolte da Dante, Farinata dà tal rispostta che
perfettamente lo dipinge: se, come dici tu, ai ghibellini non è riuscito rientrare nella città,
questo è per me tormento del letto in cui giaccio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 82/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 3
Qui vi è una condensazione d’avvenimenti enorme. Tre avvenimenti gravi e
drammatici, e vari nello spazio di pochissimi versi. Non si tratta d’un solo avvenimento,
bensì di tre diversi, di cui – dopo la scena del dialogo fra Dante e Virgilio – il secondo (la
scena con Farinata) viene interrotto e diviso in due parti dal terzo (l’intervento di
Cavalcanti). Non viè dunque unità d’azione nel senso ordinario. Gli argomenti si alternano
rapidamente e senza trapassi: le parole di Farinata interrompono subitamente il colloquio
fra Dante e Virgilio; l’«allor surse» del verso 52 spezza senza collegamento l’atto di
Farinata, che in modo altrettanto immediate viene ripreso con «ma quell’altro
magnanimo». L’unità del tutto riposa sul luogo, sul paesaggio fisico-morale del cerchio
degli eretici e dei miscredenti; e il rapido mutare di episodi ciascuno in sé indipendente,
quali singole scene di atti fra loro non collegati, ha la sua ragione nella totale struttura
della Commedia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 82/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Questa descrive il viaggio d’un uomo singolo accompagnato dal suo duce, per un mondo i
cui abittoridimorano per l’eternità nei posti loro assegnati (fa eccezione solo Stazio nel
Purgatorio). Però, nonostante questo rapido mutare degli episodi, non si può parlare d’una
connessione stilistica paratattica; ogni scena in sé mostra una grande ricchezza di legami
sintattici, e dove, come qui, le scene sono contrapposte nettamente e senza legamento,
vengono impiegate per la contrapposizione forme d’espressione molteplici ed efficaci, che
sono da valutarsi piuttosto come commutazioni che come paratassi. I diversi atti non
vengono allineati rigidamente e su un tono uguale – si pensi alla leggenda latina di Alessio
e alla stessa Chanson de Roland – bensì si staccano dal fondo nell’elaborate singolarità del
tono e stanno in reciproco antagonismo. A maggior chiarimento esamineremo un po’ più
da vicino I passi dove si hanno mutamenti di scena. Farinata interrompe il dialogo dei due
viandanti con le parole «Oh Tosco, che per la città del foco vivo ten vai». È un appello, un
vocative introdotto da «oh», seguito poi da una proposizione relative di gran peso e
contenuto riguardo all’appello, acui soltanto allora segue la frase desiderative ugualmente
carica di solenne e misurata cortesia; non è detto «Tosco, fermati», bensì: «Oh Tosco, che
[…] piacciati di restare in questo loco».

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 82/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 4
La formula è sommamente solenne e deriva dallo stile illustre dell’epos antico, che risuona
all’orecchio di Dante come tante altre reminiscenze di Virgilio, Lucano e Stazio. Ma
probabilmente non era mai stata usata prima in un volgare medioevale. E Dante la usa a
suo modo: come forma di fortissimo invocazione, quale presso gli antichi era usata al
massimo nelle preghiere, e serrandola dentro la frase relativa concentrandone il contenuto,
come solo lui è capace di fare; il sentimento e la condizione di Farinata di fronte ai due
passanti sono condensati in maniera così dinamica mediante le tre determinazioni «per la
città del foco […] ten vai», «vivo», «così parlando onesto», che il suo maestro Virgilio, se
davvero avesse udito quelle parole, si sarebbe spaventato ben più di quanto Dante si
spaventi nel poema; le proposizioni relative virgiliane legate a un vocative sono in verità
perfettamente belle e armoniose, ma di gran lunga meno concise e avvincenti (ad
esempio: «o fortunate quibus iam moenia surgunt», Eneide, I, 436; o, per l’espansione
retorica «vos o quibus integer aevi | sanguis, ait, solidaequae suo stant robore vires, | vos
agitate fugam» II, 638).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 82/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Si osservi anche come l’antitesi «per la città del foco» e «vivo» si esprima esclusivamente,
ma perciò tanto più efficacemente, mediante la posizione della parola «vivo». Dopo questa
apostrophe di tre versi, segue la terzina in cui Farinata si presenta come concittadino, e
soltanto allora, quando egli ha cessato di parlare, subentra la frase «Subitamente questo
suono uscìo», ecc., una frase che altrove vremmo aspettato piuttosto uale introduzione a
un avvenimento sorprendente, ma che qui, dopo quanto è già accaduto, ha un effetto al
paragone acquietante, in quanto spiegazione di ciò che sta accadendo (un recitatore
dovrebbe leggerla con voce più smorzata. Non si può dunque parlare d’un allineamento
regolare paratattico della scena di Farinata con il colloquio dei due viandanti; da un lato,
non si deve dimenticarlo, essa è già stata di sfuggita annunciate da Virgilio durante la
conversazione (vv. 16-18), e dall’altro essa è un irrompere così gagliarso e prepotente d’un
altro mondo topico, morale, psicologico ed estetico, da non stare con quanto precede in
legame di semplice successione, bensì nel vivace rapport della contrapposizione, del
repentino esplodere di qualche cosa già lievemente intuita.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 83
Titolo: Lezione 83
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 5
Gli avvenimenti non sono divisi in tante particelle, bensì vivono di vita reciproca anche
nella contrapposizione, e anzi a cagione di questa. Il secondo cambiamento di scena
avviene con le parole «allor surse» del verso 52, e appare più semplice e meno rilevante
del primo; che cosa può infatti esserci di più natural che introdurre un avvenimento
improvviso con le parole «allora accadde»? Ma qualora ci si domandi dove si ritrovi nella
lingua volgare prima di Dante un simile volger di frase che interrompe un’azione in corso
con un taglio così netto e drammatico quale l’ «allor surse», si dovrebbe cercare a lungo.
«Allora» all’inizio di frase si trova molto spesso nell’italiano predantesco, per esempio nel
Novellino, ma non un significato molto più debole; tagli così netti non sono nello stile né
nella concezione di tempo della narrative anteriore a Dante, e nemmeno nell’epica
francese, dove s’incontra «en vos» oppure «atant ez voz» (cfr. Chanson de Roland, 413 e
passim), con un senso molto più penue. Per intendere in qual modo maldestro e freddo
venivano rappresentate perfino le svolte più drammatiche dell’azione, si veda
Villehardouin.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 83
Titolo: Lezione 83
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Villehardouin, per introdurre nell’azione il decrepito e cieco doge di Venezia all’assalto di


Costantinopoli, che ai suoi, esitanti a scender dale navi, comanda sotto pena di mettere a
terra lui per primo con lo stendardo di san Matteo, adopera le parole: «or porrez oir
estrange proece» - proprio come se Dante invece dell’«allora» avesse scritto: «allora
accadde qualche cosa di ben meraviglioso».
L’ «ez vos» dell’antico francese ci conduce sulla giusta traccia qualora si cerchi
l’espressione latina per questo «allora» che produce un’interruzione repentina: essa è non
«tum» o «tunc», bensì in molti casi «sed» o «iam», ma la parola veramente
corrispondente in tutto il suo vigore, è «ecce» o ancor meglio «et ecce», che s’incontrano
più di rado nello stile sublime che non in Plauto, nelle lettere di Cicerone, in Apuleio ecc., e
soprattutto nella Vulgata, dove, quando Abramo afferra il coltello per sacrificare il figlio
Isacco, è detto: «et ecce angelus Domini de coelo clamavit, dicens: Abraham, Abraham».
Ad Auerbach è sembrato che questa interruzione così tagliente sia troppo brusca perché
possa aver origine dal latino classic; corrisponde invece pienamente allo stile illustre
della Bibbia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 83/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 6
Inoltre Dante adopera ricalcandolo alla lettera l’ «et ecce» biblico in altra circostanza,
allorché s’interrompe una situazione, anche se non in maniera così drammatica, in
conseguenza d’un avvenimento («ed ecco, sì come ne scrive Luca […] ci apparve», Purg.,
XXI, 7; «et ecce duo ex illis», Luca, 24. 13). Quel drammatico «allora» nelltempo in cui egli
scrisse non era così natural e di uso commune come oggi, e egli l’usò più radicalmente di
chiunque altro prima di lui nel Medioevo. È da considerare inoltre il senso e il suono del
«surse» che Dante impiega anche altrove con grandissimo effetto di risonanza a proposito
d’un altro che si drizza in piedi («e l’ombra, tutta in sé romita, surse ver lui», Purg., VI, 72-
73). L’ «allor surse» del verso 52 ha dunque appena di poco minore delle parole di
Farinata, che iniziano la prima interruzione: questo «allor» appartiene a quelle forme
paratattiche che pongono I membri legati per mezzo di esse in un rapport dinamico; il
dialoogo con Farinata è interrotto, e Cavalcante, dopo le ultime parole che ha udito, non
può attenderne la fine, il suo ritegno l’abbandona.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 83/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il suo intervento con i gesti scrutanti, le parole di pianto e l’intempestiva disperazione che
lo fa ricadere supine, formano un contrasto stridente con la gravità solenne di Farinata, il
quale, col terzo cambiamento di scena (vv. 73 sgg.), riprende la parola.
Ed eccoci al terzo cambiamento: «ma quell’altro magnanimo» ecc. Esso è molto meno
drammatico dei primi, è tranquillo, superbo e grave, Farinata da solo domina la scena. Ma
la contrapposizione a quanto è avvenuto prima diventa perciò tanto più forte: Dante lo
chiama magnanimo con termine aristotelico, che in lui è ritornato vivo attraverso s.
Tommaso o, ancor più probabilmente, attraverso Brunetto Latini, e con cui
precedentemente designa Virgilio. Egli lo fa senza dubbio in volute contrapposizione a
Cavalcante («costui»); I tre elementi della frase esattamente uguali, che esprimono
l’incrollabilità di Farinata («non mutò aspetto, né mosse collo, né piegò sua costa»), non
debbono descrivere Farinata per sé stante, ma mettere il suo contegno in contrasto con
quello di Cavalcante. Questo avverte anche l’ascoltatore udendo le tre proposizioni d’ugual
costrutto, dato che ha ancora nell’orecchio il tono disuguale e il crescendo lamentoso
dell’altro. Per la forma di queste domande dei versi 58-60 e 67-69, Dante ha avuto
probabilmente per modello l’apprizione di Andromaca (Eneide, III, 310), dunque il lament
d’una donna.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 83/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 7
Per quanto I fatti si alternino in maniera così subitanea, non si può parlare d’una
connessione paratattica: un movimento incessnte trascorre per tutto l’insieme. Dante
dispone di mezzi stilistici d’una ricchezza quale nessuna lingua volgare europea conosceva
prima di lui, e non li impiega soltanto singolarmente, ma li pone in un continuo rapporto
reciproco.
Il discorso incoraggiante di Virgilio dei versi 31-33 contiene solo proposizioni principali,
senza nessun altro legame di congiunzioni: un corto imperativo (Volgiti), una breve
domanda (che fai), ancora un imperativo (vedi) con complemento oggetto (Farinata) e
con una frase esplicativa relativa (che s’è ritto), e finalmente una frase al futuro di
significato esortativo (vedrai) con una determinazione avverbiale (tutto). Ma il rapido
susseguirsi, la tagliente formulazione delle single parti e il loro accordarsi, creano lo
slancio d’un discrso vivacissimo: «Volgiti: che fai?» ecc.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 83/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Accanto a ciò, però, vi sono finissime articolazioni mentali, accanto alla consueta causale
(però) appare onde di valore oscillante fra il temporale e il causale e l’ipotetica causale
forse che, a giudizio d’alcuni antichi commentator, cortesemente attenuatrice; vi sono le
più diverse congiunzioni temporali, comparative, gradualmente ipotetiche, sostenute dalla
più grande elasticità nell’introduzione delle forme verbali e nella collocazione delle parole.
Si osservi, ad esempio, con quale agilità Dante tiene in mano sintatticamente la scena
dell’apparizione di Cavalcante, sicché corre in un sol tratto fino alla fine del suo primo
discorso (v.60). L’unità del disegno posa su tre verbi-pilastro: surse, guardò, disse; sul
primo s’appoggiano il soggetto, le determinazioni avverbiali e anche l’inciso esplicativo
credo che; sul guardò, le due prime righe della seconda terzina con quell come se; mentre
la terza riga già mira al disse e al discorso diretto di Cavalcante, in cui s’appunta tutto il
movimento che, forte all’inizio, decresce poi e dal verso 57 ricomincia a salire.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 83/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 8
Lo student che non abbia molta confidenza con le letterature medievali nelle lingue volgari,
forse si meraviglieranno che si dia tanto rilievo e che si esalti come ualcosa di straordinario
strutture sintattiche che oggi sono usate con tutta facilità da qualunque scrittore di qualche
talent, ma a chi parta dall’esame degli autori precedent, la lingua di Dante appare quasi un
miracolo inconcepibile. Di fronte a tutti gli altri scrittori precedent, fr ai quali furono
tuttavia grandi poeti, la sua espressione possiede una tale ricchezza, concretezza, forza e
duttilità, egli conosce e impiega un numero talmente superior di forme, afferra le più
diverse apparenze e sostanze con piglio tanto più saldo e sicuro, che si arriva alla
convinzione che quest’uomo abbia con la sua lingua riscoperto il mondo. Spesso si crede
d’aver Trovato donde egli abbia attinto questa o quella espressione, e invece le fonti sono
tante, egli le accoglie e le impiega in un modo tanto esatto, originario e pur così suo
proprio, che tale ritrovamento non fa che aumentare l’ammirazione per la Potenza del suo
genio linguistico.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 83/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

In un testo come il nostro ci si può imbattere dovunque in qualche cosa dis tupefacente, in
qualche cosa che nelle letterature volgari er rimasto fino allora inesprimibile. Prendiamo
una cosa da nulla come la frase: da me stesso non vegno (al v. 61); si può immaginare
una veste così breve e compiuta a un tal pensiero, si può immaginare un pensiero così
acuto e un da in questo senso nella poesia d’un precedente autore volgare? Dante usa da
in questo senso parecchie volte (da me non venni, Purg. I, 52; Buona da sé, Purg. XIX,
143; ma dimmi quell che tu da te ne pensi, Par. II, 58). Il significato ‘per forza propria’,
‘per propria natura’, ‘con la propria mente’ potrebbe essersi svolto dal da con significato di
provenienza: Guido Cavalcanti, nella canzone Donna mi prega, scrive: «(Amore) non è
vertute ma da quella vène». Naturalmente non si può affermare che Dante abbia creato il
significato nuovo di questa locuzione; perché anche se non si trovasse nessuna locuzione
simile nei testi precedenti, si potrebbe pensare che fosse perduta, e anche se non ne
fossero state scritte di simili prima di lui, pootrebbero però essere state usate nella lingua
parlata, e quest’ultima ipotesi sembra anzi probabile, perché uomini di formazione dotta
avrebbero più facilmente fatto ricorso a ex o per.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 84
Titolo: Lezione 84
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 9
È certo però che Dante, quando creò o accettò questa breve locuzione (da), le infuse una
forza e una profondità prima impensabili, a cui nel nostro passo contribuisce notevolmente
il doppio contrapposto (da un lato a per altezza d’ingegno, dall’altro a colui che attende là,
ambedue perifrasi retoriche, l’una superba, l’altra tacente il nome per gran rispetto).
Il da me stesso non vegno origina forse dal linguaggio parlato, che anche altrove Dante
mostra chiaramente di non disdegnare. Il Volgiti: che fai? , per di più sulle labra di Virgilio
e dopo la solenne formulazione dell’appello di Farinata, fa l’effetto d’un discorso spontaneo
e non stilizzato quale s’incontra a ogni momento nel parlare quotidiano, e così pure la
domanda nuda e cruda chi fur li maggior tui? O quella di Cavalcante: come dicesti? egli
ebbe? ecc. Procedendo nella lettura del canto, ci s’imbatte verso la fine nella domanda di
Virgilio: perché se’ tu sì smarrito? (v.125).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 84
Titolo: Lezione 84
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Tutti questi luoghi, sciolti dai loro legami, sarebbero pensabili in una qualunque
conversazione quotidiana di livello stilistico inferiore. Accanto ad essi si trovano espressioni
d’altissimo pathos, anche linguisticamente sublimi nel senso antico. In complesso la mira
stilistica è rivolta senza dubbio allo stile sublime, e ciò si avverte, anche se già non lo si
sapesse dalle precise espressioni di Dante, immediatamente da ogni riga del poema, per
quanto comune possa essere il linguaggio nel quale è scritto. La gravitas del tono di Dante
è mantenuta con tale continuità da non potersi dubitare un solo momento a quale livello
stilistico ci si trovi.
Certamente sono stati gli antichi a fornire a Dante il modello dello stile illustre, a lui per
primo; egli stesso parla in molti luoghi, nella Commedia e nel De vulgari eloquentia, di
quanto sia debitore ad essi per lo stile illustre della lingua volgare. Lo dice perfino in
questo nostro passo, poiché il verso dibattutissimo, forse cui Guido Vostro ebbe a
disdegno, cela fra i molti significati anche questo, e quasi tutti gli antichi commentator
l’hanno inteso in senso estetico.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 84/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 10
Ma nello stesso tempo è innegabile che il concetto che Dante ha del sublime si distinguee
essenzialmente da quello dei suoi antichi modelli, non meno nei soggetti che nella forma
linguisitica. I soggetti che la Commedia presenta, offrono una mescolanza di sublime e
d’infimo che agli antichi sarebbe sembrata mostruosa: si trovano insieme personaggi della
storia recente o addirittura contemporanea e, nonostante i vv. 136-38 del XVII canto del
Paradiso, ordinarissimi e oscuri. Molto di frequente essi vengono rappresentati
realisticamente e senza ritegni nella loro cerchia di vita umile, e in genere, come ogni
lettore sa, Dante non conosce limiti nella rappresentazione esatta e schietta del quotidiano,
del grottesco e del repellente; cose che in sé non potevano veni considerate sublimi nel
senso antico, lo diventano con lui per la prima volta, attraverso il modo in cui le ordina e
dà loro forma. Della mescolanza linguistica del suo stile si è parlato or ora; si pensi
ancora al verso: e lascia pur grattar dov’è la rogna, in uno dei passi più solenni del
Paradiso (XVII, 129), per avere un’idea di tutta la distanza che intercorre fra lui e,
poniamo, Virgilio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 84/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Molti autorevoli critici, anzi epoche intere di gusto neoclassico, si trovano a disagio di
fronte a questo realismo troppo crudo pur nel sublime, a questa ripugnante, spesso
orribile grandezza (sono parole di Goethe, Annali del 1821); e ciò si comprende facilmente.
Infatti il contrapporsi delle due tradizioni, l’antica che separa gli stili e la cristiana che li
mescola, non appare mai così chiaro come in questo potente temperamento che
riacquista la coscienza di ambedue, anche dell’antica a cui mira, senza poter rinunciare
all’altra. Nella tarda antichità i dotti sentirono come violazione dello stile anche gli scritti
biblici; precisamente allo stesso modo gli umanisti dovettero poi sentir l’opera del loro
maggiore predecessor, di colui che per primo aveva di nuovo letto i poeti antichi per amore
della loro arte e assunto in sé il loro tono, che per primo aveva abbracciato e attuato il
pensiero del volgare illustre, della grande poesia nella lingua maternal; e proprio perché
aveva fatto tutto questo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 84/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 11
Alle precedenti manifestazioni poetiche medievali di stile mescolato, ad esempio al teatro
cristiano, bisognava perdonare la mescolanza degli stili per via della sua ingenuità; poiché
sembrava che esso non avesse nessuna pretesa d’alta dignità ed era giustificato, o per lo
meno scusato, dal suo intento e dal suo carattere popolare, e non entrava nel campo di ciò
che si doveva considerare e giudicare seriamente. Ma qui non si poteva parlare di
ingenuità o di deficiente pretesa: molte espresse parole di Dante, tutti i suoi richiami al
modello virgiliano, le invocazioni alle Muse, ad Apollo, a Dio, il vivere intensamente e
drammaticamente dentro la propria opera come chiaramente traluce da molti passi, e
soprattutto il tono d’ogni riga di essa, stanno a testimoniare l’altissimo proposito. Non è
da stupirsi che il fatto stesso dell’esistenza d’un’opera simile potesse riuscire sgradevole a
molti umanisti posteriori o a uomini educati umanisticamente.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 84/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Lo stesso Dante nei suoi scritti teorici mostra una certa indecision nella questione della
classificazione stilistica della Commedia. Nel DE vulgari eloquentia, in cui tratta della poesia
della canzone e sembra che ancora non accenni alla poesia della Commedia, assegna allo
stile illustre e tragico tutt’alter esigenze da quelle che più tardi metterà ad effetto nella
Commedia: molto più ristrette circa la scelta del soggetto, molto più puriste e più fedeli
alla separazione deglis tili per la scelta della forma e delle parole. Egli era allora sotto
l’influsso di quella poesia estremamente artificiosa, destinata soltanto a una cerchia eletta
d’iniziati, che era la poesia della tarda scuola provenzale e del dolce stil nuovo italiano, e
con essa congiunse l’antica teoria della separazione degli stili quale continuava a vivere
presso I teorici medievali dell’arte retorica. Del tutto egli non si è liberato mai da questi
concetti, altrimenti non avrebbe chiamato commedia il suo grande poema in chiara
contrapposizione alla definizione di alta tragedìa data all’Eneide di Virgilio (Inf., XX, 113).
Anche se il titolo potrebbe riferirsi anche alla vicenda terminale positive del peccatore che
come dice Singleton passa attraverso al giustificazione e la grazia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 84/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 12
Sembra dunque che non pretenda per il suo grande poema la dignità dell’illustre stile
tragico, e ciò appare anche dalla ragione che del nome commedia dà nel decimo paragrafo
della lettera a Cangrande. Trgedia e commedia, egli vi dice, si distinguono innanzitutto per
il corso dell’azione, che nella tragedia conduce da un inizio calmo e nobile a una chius
terribile, e invece nella commedia da un inizio amaroa una chiusa felice; e poi, e questa è
per noi la cosa più importante, anche lo stile, per il modus loquendi: «elate et sublime
tragedia; comedia vero remisse et humiliter»; e perciò il suo poema deve prender nome di
commedia, sia per il triste inizio e la chiusa felice, sia per il modus loquendi: «remissus est
modus et humilis, quia locution vulgaris in qua et muliercule communicant». Si potrebbe
credere a tutta prima che ciò si riferisca all’uso della lingua italiana, in quanto lo stile solo
per questo già sarebbe umile, essendo la Commedia scritta in italiano e nnon in latino; ma
non si può attribuire una tale idea a Dante, che ha difeso la nobile dignità del volgare fin
dal De vulgari eloquentia, che ha iniziato nelle sue canzoni lo stile illustre della lingua
volgare, e al tempo della lettera a Cangrande aveva già finite la Commedia.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 84/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Perciò molti studiosi moderni hanno interpretato locutio non nel senso di lingua, bensì in
quello di mezzo espressivo, sicché Dante avrebbe volute dire che il mezzo espressivo
dell’opera non è quello dell’italianao illustre, del «vulgare illustre, cardinale, aulicum et
curiale», per usare le sue parole (De vulg. El., I, 17), ma invece il linguaggio comune e
quotidiano del popolo. In ogni caso nemmeno qui egli esige per la sua opera lo stile
tragico illustre, bensì, al massimo, uno stile medio, e anche questo esprime solo
oscuramente, citando cioè quell passo dell’Ars poetica di Orazio (93 sgg.) in cui è detto che
talvolta la Comedia adopera anche toni tragici e viceversa.
Tutto sommato egli dichiara che la sua opera è di stile umile, dopo aver parlato poco prima
della sua molteplicità di toni – cosa che non si accorda affatto con la definizione di stile
umile – e quantunque designi parecchie volte la cantica che con quella lettera dedicava a
Cangrande, il Paradiso, come «cantica sublimis» e la sua materia come «admirabilis». Nella
stessa Commedia continua l’incertezza, ma qui prevale la coscienza che soggetto e forma
possono aspirare alla suprema dignità poetica.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 85
Titolo: Lezione 85
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 13
A dir vero, anche nel testo chiama spesso commedia la sua opera, ma già più sopra
abbiamo enumerato quello che sta a dimostrare la sua piena consapevolezza dell’essenza
e del grado stilistico di essa. Ma, per quanto egli scelga Virgilio per sua guida, quantunque
invochi Apollo e le Muse, evita però di chiamare il suo poema un poema sublime nel senso
antico. Per esprimere la su particolare sublimità, crea una parola speciale: «’l poema
sacro, al quale ha posto mano e cielo e terra» (Par., XXV, 2-3). Riesce difficile credere che
egli, dopo aver Trovato questa parola e aver compiuto la Commedia, debba esprimersi
ancor così scolasticamente intorno alla sua opera come fa nel passo citato della lettera a
Cangrande, della cui autenticità infatti si è molto dubitato, ma d’altra parte si deve
pensare quanto s’imponesse la riverenza della tradizione antica, in quell tempo ancor
oscurata da un pedantesco sistematicismo, e la tendenza a stabilire classificazioni
assurdamente teoriche per il nostro giudizio.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 85
Titolo: Lezione 85
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

I commentatori contemporanei, e ancor più quelli immediatamente susseguenti, riguardo


alla questione dello stile si sono espressi del pari in un modo del tutto scolastico, pur
essendovi certamente fra di essi alcune eccezioni: il Boccaccio, ad esempio, le cui
osservazioni intelligenti, e che già testimoniano una conoscenza genuina e umanistica degli
antichi, tuttavia non soddisfano, perché si allontanano dal vero problema; ma specialmente
Benvenuto da Imola, il quale, dopo aver spiegata la tripartizione classica degli stili (il
tragico illustre, il medio polemico-satirico, l’umile comico), prosegue così:
« Modo est hic attente notandum quod sicut in isto libro est omnis pars philosophiae [ogni
specie di filosofia], ut dictum est, ita est omnis pars poetriae. Unde si quis velit subtiliter
investigare, hic est tragoedia, satyra et comoedia. Tragoedia quidem, quia describit gesta
pontificum, principum, regnum, baronum, et aliorum magnatum et nobelium, sicut patet in
toto libro. Satyra, id est reprehensoria; reprehendit enim mirabiliter et audacter Omnia
genera viciorum, nec parcit dignitati, potestati vel nobilitati alicuius. Ideo convenentius
posset intitulari satyra quam tragoedia vel comoedia. Potest etiam dici quod sit comoedia,
nam secundum Isidorum comoedia incipita tristibus et terminator ad laeta.»

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 85/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 14
Prosegue Benvenuto nel suo commento:
«Et ita liber iste incipit a tristi material, scilicet ab Inferno, et terminator ad laetam, scilicet
ad Paradisum, sive ad divinam essentiam. Sed dices forsan, lector: cur vis mihi baptizare
librum de novo, cum autor nominaverit ipsum Comoediam? Dico quod autor voluit vocare
librum Comoediam a stylo infimo et vulgari, quia de rei veritate est humilis respect
litteralis, quamvis in genere suo sit sublimis et excellens»
TRADUZIONE:
«Ora bisogna qui notare che come in questo libro c’è ogni genere di filosofia, come s’è
detto, così c’è ogni genere di poesia. Onde chi volesse guardare attentamente, qui c’è
tragedia, satira e commedia. Tragedia, poiché descrive gesta di pintefici, re, baroni e altri
magnate e nobili, come appare chiaro in tutto il libro. Satira, cioè rimproverante: e infatti
rimprovera mirabilmente e coraggiosamente ogni genere di vizi, senza risparmiare la
dignità: il potere o la nobiltà di alcuno. Perciò a maggior ragione potrebbe avere il titolo di
Satira che non di tragedia o di commedia. »

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 85/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Certo si può anche dire che sia una commedia, giacché secondo Isidoro la commedia
comincia dal trite e finisce nel lieto: proprio come questo libro comincia da una material
triste, cioè dall’Inferno, e termina lietamente, cioè col Paradiso, ovverosia con l’essenza
divina. Ma tu dirai forse, o lettore: perché mi vuoi di nuovo battezzare il libro, una volta
che l’autore gli ha messo il nome di Commedia? Rispondo che l’autore ha volute chiamare
il suo libro Commedia dallo stile basso e poolare, poiché in effetti è umile dal punto di vista
linguistico, benché nel suo genere sia sublime ed eccellente»
(Benvenuti de Rambaldis de Imola, Comentum super D.A. Comoediam….)

L’originalità di Benvenuto si apre una sua propria via attraverso il folto della teoria
scolastica: questo libro contiene ogni sorta di poesia così come ogni sorta di scienza; e se
il suo autore lo ha chiamato commedia perché il suo stile è umile e popolare né è la lingua,
esso appartiene tuttavia al genere di poesia sublime e grandioso.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 85/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 15
Già la quantità stessa degli oggetti trattati, pone il problema delo stile alto nella Commedia
sotto un aspetto del tutto nuovo. L’amore idealizzato (“Minne”) era per I Provenzali e per i
poeti del dolce stil nuovo l’unico grande tema; se Dante nel De vulgari eloquentia ne
enumera tre («salus, venus, virtus» e cioè fatti d’arme, amore e virtù), in quasi tutte le
grandi canzoni gli altri due sono però subordinate all’amore o chiusi dentro la veste
d’un’allegoria amorosa. Ancor nella Commediaquesta cornice è conservata mediante la
figura e gli atti di Beatrice, solo che ess cornice abbraccia uno spazio sterminato. La
Commedia è, fra l’altro, un poema enciclopedico didascalico, in cui è presentato nel suo
insieme tutto l’ordine universal fisico-cosmologico, etico e storico politico; essa è inoltre
un’opera d’arte imitatrice della realtà, in cui s’affacciano tutte le possibili regioni del reale:
passato e presente, sublime grandezza e spregevole bassezza, storia e leggenda, tragedia
e commedia, uomini e paesei; ed è finalmente la storia dell’evoluzione e della salvezza
d’un uomo singolo, di Dante, e come tale una figurazione della salvezza dell’umanità.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 85/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

In essa appaiono figure dell’antica mitologia, talvolta, ma non sempre, fantasticamente


demnizzate: personificazioni allegoriche e animali simbolici originate dalla tarda antichità e
dal Medioevo: angeli, santi e beati del mondo Cristiano, come portatori d’una
significazione: vi appaiono Apollo, Lucifero e Cristo, la Fortuna e Madonna Povertà, Medusa
come emblem dei più profondi cerchi infernali e Catone Uticense come guardian del
Purgatorio. Però, entro la cornice dell’aspirazione allo stile illustre, nulla di tutto questo è
più nuovo e più problematico che quel dar di piglio alla realtà attuale della vita, che non è
realtà scelta e preordinata secondo regole estetiche; e di qui nascono poi anche tutte
quelle immediate forme di linguaggio, inusitate nello stile illustre, la cui asprezza
scandalizzò il gusto classicistico. E tutto questo realism non è che si muova dentro
un’azione unica, bensì un’infinità di azioni, nelle più diverse gradazioni di tono, si muovono
e s’intersecano tra loro.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 85/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 16
E tuttavia ci convince l’unità del poema. Essa riposa sull’argomento complessivo: lo «status
animarum post mortem» (‘condizione delle anime dopo la morte’), come si dice
nell’epistola a Cangrande. Esso deve, come giudizio finale di Dio, costituire un’unità
perfettamente ordinate, tanto come Sistema teoretico quanto come realtà pratica, e
dunque anche come creazione estetica; deve rappresentare in una forma più pura e più
attuale l’unità dell’ordine divino che il mondo terrestre o quanto in questo accade, poiché
l’aldilà, pur essendo incompiuto fino al giudizio finale, è ben lungi dal mostrare, come il
mondo terrestre, svolgimento, Potenza e provvisorietà, ma mostra invece l’effettuazione
del piano divino. L’ordine unitario dell’aldilà, quale ce lo rappresenta Dante, è percepibile
nel modo più immediate come Sistema morale, con la ripartizione delle anime in tre regni
e con le sottoripartizioni.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 85/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Questo sistema segue in tutto l’etica aristotelico-tomistica, ripartendo:


- i peccatori prima nell’Inferno conformemente al grado della loro prava volontà, e,
dentro questa ripartizione, secondo la gravità delle loro azioni;
- i penitenti del Purgatorio secondo le loro cattive inclinazioni di cui debbono purificarsi,
- i beati del Paradiso secondo la misura della vista di Dio, di cui sono partecipi.
In questo Sistema morale sono però intessuti altri sistemi fisico-cosmologici e storico-
politici. La posizione dell’Inferno, del monte della purificazione e delle volte celesti
costituisce nello stesso tempo un’imagine del mondo morale e del mondo fisico; la dottrina
delle anime che sta a fondamento dell’ordine morale, è nello stesso tempo anche
un’antropologia fisiologica, e in molti modi l’ordine morale è fondamentalmente legato a
quello fisico.
Lo stesso avviene nell’ordine storico politico; la comunità dei beati nella candida rosa
dell’Empireo è nello stesso tempo anche il termine della storia dela salvazione, secondo il
quale si dispongono tutte le teorie storico-politiche e si debbono giudicare tutti i fatti
storico-politici.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 86
Titolo: Lezione 86
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 17
E questo è detto di continuo lungo tutto il poema, talvolta con particolari diffuse (ad
esempio nei fatti simbolici sulla cima del Purgatorio, nel Paradiso terrestre), sicché I tre
ordini, il morale, il fisico e lo storico-politico, in ogni momento presenti e in ogni momento
riscontrabii, appaiono un’unica cosa.
Per comprendere praticamente come l’unità degli ordini dell’aldilà influisca sull’unità dello
stile illustre, torniamo al nostro testo. La vita terrrena di Farinata e di Cavalcante è finite;
la vicenda del loro destino è cassata; essi si trovano in una condizione definitive e
immutabile, in cui avverrà soltanto un unico mutamento, il riacquisto dei loro corpi nel
giorno del Giudizio finale. Essi, quali li incontriamo qui, sono dunque anime separate dal
corpo a cui Dante dà però una parvenza di corpo, così da farle riconoscibili e capaci di
parlare e di soffrire (cfr. Purg., III, 31 sgg.).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 86
Titolo: Lezione 86
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Sono collegati con la vita terrena solo col ricordo; al di là di questo hanno, come Dante
spiega proprio nel nostro canto, certe nozioni intorno al passato e all’avvenire sorpassanti
quelle concesse in terra: vedono con chiarezza gli avvenimenti del passato e del future, e
possono dunque presagire l’avvenire, essendo invece ciechi di fronte al presente e al
terreno. È questa la ragione per cui Dante esita di fronte alla domanda, se il figlio viva
ancora; egli si meraviglia dell’ignoranza di Cavalcante, tanto più che già prima altre anime
gli hanno profetato l’avvenire. Hanno dunque nel ricordo il possesso completo della loro
vita terrena, che pure è finita, e quantunque si trovino in una condizione differente da ogni
pensabile condizione terrestre, agiscono come defunti, quali sono, bensì come viventi.
E qui arriviamo a quel fenomeno stupefacente, paradossale, che si chiama il realismo
dantesco. Imitazione della realtà è imitazione dell’esperienza sensibile della vita terrena; ai
cui essenziali contrassegni ben appartengono la sua storicità, il suo mutare ed evolversi.
Per quanta libertà si voglia concedere al poeta nella creazione, egli non può sottrarre alla
realtà queste qualità che ne costituiscono la stessa essenza.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 86/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 18
Gli abitatori dei tre regni danteschi si trovano però in un’esistenza immutabile (espressione
usata da Hegel nelle Lezioni di estetica, in una delle più belle pagine che mai siano state
scritte su Dante), e tuttavia Dante immerge «il mondo vivente del fare e del sentire, e più
precisamente delle azioni e dei destini individuali, in questa esistenza immutabile». Col
nostro testo alla mano ci chiediamo come ciò si compia. L’esistenza dei due abitatori degli
avelli e il luogo di essa sono in verità definitive ed eterni, ma non sono senza storia.
All’inferno sono discesi Enea e Paolo e anche Cristo; per esso vanno Virgilio e Dante; ci
sono paesaggi e in essi si muovono spiriti infernali; azioni, avvenimenti, e perfino
trasformazioni si compiono sotto i nostri occhi. Le anime dei dannati, col loro corpo di
ombra, nella loro dimora eternal, hanno apparenza fenomenica, libertà di parola e di gesti,
di qualche movement, e con ciò, dentro la loro immutabilità, di qualche mutamento.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 86/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Abbiamo lasciato il mondo terreno, siamo nel luogo dell’eternità, et tuttavia c’imbattiamo
in concreti fenomeni e in concreti accadimenti: tutto questo è diverso da quanto appare e
accade sulla terra, e tuttavia evidentemente le due cose sono collegate da un rapport
necessario e saldamente determinato. La realtà delle apparizioni di Farinata e di
Cavalcante diventa percettibile nella condizione in cui essi si trovano e nelle loro
espressioni. Nella loro condizione di abitatori degli avelli infuocati è espresso il giudizio
divino su tuttta la categoria dei peccatori eretici e miscredenti a cui essi appattengono, ma
nelle loro espressioni l’essenza individuale di ciascuno appare in tutta la sua potenza.
Questo è particolarmente chiaro per Farinata e Cavalcante, perché sono peccatori della
medesima categoria e si trovano nella medesima condizione. Come indvidui di carattere
diverso, di diversi destini, di verse passion nella vita che fu, sono nettissimamente
separate. Uguale è la lro eternal e immutabile sorte, però solo nel senso che debbono
soggiacere a uguale punizione, solo nel senso obiettivo, poiché in realtà la subiscono in
modo affatto diverso.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 86/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 19
Farinata non degna il proprio stato della minima attenzione, Cavalcante rimpiange nel
cieco carcere la bella luce, e ognuno dei due mostra perfettamente con gesti e con
parole la sua singolare personalità, che non può essere altra, e altra non è, che quella un
tempo posseduta nella vita terrena. E di più: per il fatto che la vita terrena si è fermata,
sicché nulla più di essa può aver sviluppo e mutamento, mentre ancor continuano le
passioni e gli stimoli che la mossero, senza che si possano scaricare nell’azione, nasce
per così dire un’enorme accumulazione; diviene visibile la figura di ogni singola
individulità, sublimata e fissata per l’eternità in proporzioni smisurate, quale non sarebbe
mai stato possibile incontrare, con simile purezza e rilievo, in nessun momento della
trascorsa vita terrena. Non c’è dubbio che anche questo fa parte della sentenza divina
pronunziata contro di loro. Dio ha non solo schierato le anime secondo categorie e le ha
poi ripartite nelle regioni dei tre regni, ma ha assegnato a ciascuna una particolare
condizione eterna, non distruggendo l’individualità di ciascuna, ma al contrario fissandola
nell’eeterno giudizio, anzi solo così portandola a compimento e rendendola del tutto
trasparente.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 86/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nel mezzo dell’Inferno, Farinata è più grande, più gagliardi e più nobile che mai, poiché
nella vita terrena mai aveva avuto una simile occasione di mostrare la forza del suo animo;
i suoi pensieri e le sue aspirazioni ancora s’aggirano immutati intorno a Firenze e ai
Ghibellini, intorno ai meriti e agli errori della sua azione passata, e questa continuazione
della sua personalità nella grandezza terrena e nella disperata inanità fanno parte senza
dubbio del giudizio da Dio scagliato su di lui.
Cavalcante palesa la stessa sconfortata inanità di questa continuazione del proprio essere
terreno; mai davvero durante la sua vita ha sentito tanto forte come adesso la fede nello
spirit dell’uomo, l’amore per la dolce luce e per il figlio Guido, e mai ha reso l’espressione
di questi sentimenti in modo tanto pungente quanto adesso che tutto è diventato vano.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 86/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 20
Si deve considerare che per le anime dei morti il viaggio di Dante costituisce per l’eternità
l’unica e ultima occasione di parlare a un vivo, circostanza che spinge molti all’espressione
più intense e che nell’immutabilità della loro sorte eterena introduce un attimo di
drammatica storicità. Della particolare condizione degli abitatori dell’Inferno fa parte infine
anche il particolare limite, più o meno ristretto o ampio, delle loro cognizioni: essi hanno
perduto la vista di Dio che è stata impartita in gradi diversi a tutti gli esseri sulla terra, in
Purgatorio e in Paradiso, e con essa hanno perduto ogni speranza; conoscono il passato e
il future del corso terreno, e con ciò la vanità della loro forma personale ad essi conservata
senza che possa sfociare nella comunione divina, e hanno un interesse veemente per la
condizione attuale delle cose terrene, che è loro celata.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 86/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

(Commoventissimo è, a questo riguardo, accanto a Cavalcanti e a molti altri, Guido da


Montefeltro nel canto XXVII, che parla faticosamente attraverso la punta della fiammache
avvolge il suo capo e la cui lunga, lamentosa invocazione, impregnate di ricordi e d’accuse,
perché Virgilio voglia fermarsi a parlargli, culmina nelle parole del verso 28 «dimmi se I
Romagnoli han pace o guerra»).
Dante ha dunque portato nel suo aldilà la storicità terrena: i suoi meriti sono, sì, sottratti
all’attualità terrena e ai suoi mutamenti, ma il ricordo e l’acutissima partecipazione li
commuove ancro tanto che ne è piena tutta la regione ultraterrena. Questo avviene meno
nel Purgatorio e nel Paradiso, perché lo sguardo non è, come nell’Inferno, rivolto soltanto
indietro alla vita terrena, ma invece avanti e verso l’alto, cosicché esso, più in alto saliamo,
tanto più chiaramente ricollega l’esistenza terrena alla sua mèta celeste; però è sempre
conservata l’esistenza terrena, perché essa costituisce dovunque il fondamento del giudizio
divino e con ciò della condizione eterna in cui l’anima si trova.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 87
Titolo: Lezione 87
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 21
E dovunque una tale condizione eterna in cui l’anima si trova non consiste soltanto
nell’esser collocate in un determinate gruppo di penitenti o di beati, bensì in
un’accentuazione consapevole dell’esistenza terrena d’un tempo e del luogo particolare che
le è riservato nel piano divino. Proprio nella complete estrinsecazione del loro già terreno
carattere nel luogo definitivamente assegnato consiste il giudizio divino. E dovunque le
anime hanno libertà sufficiente per far nota la loro singola peculiar personalità, qualche
volta con sforzo e con fatica, perché la loro punizione, se all’Inferno, o la loro espiazione,
se in Purgatorio, o perfino lo splendore della loro beatitudine, se in Paradiso, rende difficile
il mostrarsi e il parlare, che però, superando l’ostacolo, erompono tanto più efficacemente.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 87
Titolo: Lezione 87
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Evidentemente la concezione dantesca dell’accadere, della storia non è identica a quella


generalmente diffusa nel mondo modern; in verità egli non lo vede solamente come
evoluzione terrena, come Sistema d’avvenimenti sulla terra, bensì in continua correlazione
con un piano divino, che è la mèta a cui continuamente volge l’accadere umano. Ciò non è
da intendersi soltanto nel senso che la società umana non suo insieme si avvicini con un
moto progressive alla fine del mondo e all’avvento del regno di Dio, col che tutto
l’accadere avrebbe un andamento orizzontale diretto al future, ma anche nel senso d’un
continuo collegamento con il piano divino, indipendentemente da ogni moto progressive,
di ciascun avvenimento e di ogni fenomeno terrestre, sicché ogni fenomeno terrestre,
tramite un gran numero di fili verticali, è immediatamente riferito al piano di salvezza della
provvidenza. Tutta la creazione è infatti una continua moltiplicazione e irradiazione del
moto amoroso divino («non è se non splendor di quella idea | che partorisce, amando, il
nostro sire», ‘ non è se non lucedi quella idea che il nostro signore, con l’amore, crea’, Par.,
XIII, 53-54), e questo moto amoroso è senza tempo e in ogni momento si manifesta in
tutti i fenomeni.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 87/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 22
La mèta della via di salvazione, la candida rosa dell’Empireo, la comunità degli eletti nella
visione di Dio non più velata, è non soltanto sicura speranza per l’avvenire, bensì è già
compiuta in Dio dal tempo dei tempi e prefigurata per gli uomini così come Cristo è
prefigurato in Adamo. Senza tempo o in ogni momento avviene in Paradiso il trionfo di
Cristo e l’incoronazione di Maria, e in ogni momento l’anima che non diresse il suo amore a
un falso scopo, va al suo amato Cristo, che a lei si promise col suo sangue.
Nella Commedia molte sono le apparizioni fenomeniche terrene il cui riferimento al piano
divino di salvazione è anche teoricamente precisato; fra di esse la più importante dal punto
di vista storico-politico, e nello stesso tempo la più stupefacente per un osservatore
moderno, è la monarchia universale di Roma, la quale, secondo la concezione dantesca, è
il preannnuncio concretoe terreno del regno di Dio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 87/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Già il viaggio di Enea agli Inferi è permesso in vista della vittoria terrena e spiritual di
Roma (Inf., II, 13 segg.); Roma è destinata fin dall’origine al dominio universal; Cristo
appare quando il tempo è compiuto, quando ciè il mondo abitato è riunito nella pace sotto
il dominio d’Augusto; Bruto e Cassio, gli uccisori di Cesare, espiano la loro colpa accanto a
Giuda nella bocca di Lucifero; il terzo Cesare, Tiberio, quale legittimo giudice dell’uomo
Cristo, è il vendicatore del peccato originale; Tito è il legittimo esecutore della vendetta
sopra gli Ebrei; l’Aquila romana è l’uccello di Dio, e il Paradiso viene una volta chiamato
«quella Roma onde Cristo è Romano» (cfr. Par. VI; Purg. XXI, 82 sgg.; Inf., XXXIV, 61 sg..;
Purg. XXXII, 102; ecc. E anche molti passi del De monàrchia); e inoltre la parte di Virgilio
nel poema può intendersi solamente partendo da tale presupposto. Tutto questo ci
richiama alla figura della Gerusalemme terrena e celeste, ed è pensato in maniera del
tutto figurale.
Questa concezione, che Auerbach preferisce chiamare fugurale è quella che Singleton
chiama allegoria, e che la maggioranza dei teologi chiama allegoria in factis.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 87/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 23
Così come, nel metodo interpretative giudaico-Cristiano usato conseguentemente da
Paolo e dai padri della Chiesa; così come generalmente ogni fenomeno e ogni
avvenimento del Vecchio Testamento viene concepito quale figura da realizzare o, come
si suol dire, da portare a compimento, coni i fenomeni e gli avvenimenti dell’incarnazione
di Cristo, così qui l’Impero universal di Roma appare come la figura terrena del
compimento celeste nel regno di Dio. Nel saggio Figura Erich Auerbach dimostra
sufficientemente che la Commedia si fonda ovunque su una concezione figurale
(allegorica, nel linguaggio di Singleton; dell’allegoria in factis, secondo la più ampiamente
usata terminologia teologica, ma tutt’e tre le definizioni sono diffuse fra i teologi). Riguardo
a tre dei più importanti personaggi che appaiono in essa, Catone Uticense, Virgilio e
Beatrice, ho cercato di provare che la loro apparizione nell’aldilà è un compimento della
loro apparizione sulla terra, e che questa è invece una figura di quella dell’aldilà.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 87/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Auerbach mise in rilevo come la struttura figurale assicuri ai due poli, tanto alla figura
quanto al compimento, il carattere storico e concreto della realtà – diversamente da
quanto avviene per le forme simboliche e allegoriche; cosicché figura e compimento si
corrispondono senza però che il significato di ciascuna ne escluda la realtà; un
avvenimento di significato figurale conserva il suo significato letterale e storico, non
diventa un puro simbolo, rimane avvenimento. Già i Padri della Chiesa, specialmente
Tertulliano, Girolamo e Agostino, hanno difeso vittoriosamente il realism figurale, cioè la
conservazione del carattere storico e reale delle figure contro correnti spiritualistico-
allegoriche.
Tali correnti che, per così dire, svuotano il carattere reale dell’accadere e in esso vedono
soltanto simboli e significato extrastorici, hanno defluito dalla tarda antichità anche nel
Medioevo; il simbolismo e l’allegorismo medieval è spesso, come si sa, oltremodo astratto,
e anche nella Commedia se ne trovano molte trace. Ma di gran lunga prevalente nella vita
cristiana dell’alto Medioevo è il realism figurale, che s’incontra nella sua più piena fioritura
nelle prediche, nella pittura, nella scultura e nei misteri sacri, ed esso domina anche la
concezione di Dante.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 87/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 23
L’aldilà è, come già abbiamo detto più sopra, l’atto realizzato del piano divino; in rapporto
a esso I fenomeni terreni figurali, potenziali e bisognosi di compimento. Ciò vale anche per
le single anime dei defunti; soltanto nell’aldilà esse conquistano il compimento, la vera
realtà della loro persona; il loro apparire sulla terra fu soltanto la figura di questo
compimento, e nel compimento stesso esse trovano castigo, espiazione o premio. L’idea
della provvisorietà della persona umana sulla terra e del suo bisogno di completamento
nell’aldilà, corrisponde anche all’antropologia tomistica, ammesso che colga nel segno ciò
che di questo ha scritto E. Gilson: «una sorta di margine ci trattiene al di quà della esatta
definizione di noi stessi; nessuno di noi realizza pienamente l’essenza umana né la stessa
nozione complete della propria individualità» (Le thomisme, terza ed., Paris, 1927, p.300).

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 87/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Le anime nell’aldilà dantesco conquistano per l’appunto «la nozione complete della loro
propia individualità» mediante il giudizio divino, e cioè come realtà in atto, cosa che
corrisponde tanto al principio figurale quanto al concetto formale aristotelico-tomistico.
Il rapport di figura realizzata in cui stanno i morti di Dante col loro proprio passato terreno,
viene chiarito nol modo migliore in quei casi in cui non si realizza soltanto il carattere, ma
anche una significazione già riconoscibile nella figura terrena.
Si prenda esempio il caso di Catone Uticense, che si suicide pur di non accettare di vivere
in una condizione politica di assenza di libertà, poiché Cesare aveva vinto la Guerra civile
contro Pompeo e si accingeva a divenire signore assoluto di Roma.
Catone realizza la sua parte di tutore della libertà politica in terra, che era solo figurale,
quale tutore della libertà eterna degli eletti ai piedi del Purgatorio (Purg., I, 71 sgg.
«libertà va cercando»).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 88
Titolo: Lezione 88
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 23
Qui l’interpretazione figurale scioglie l’enigma dell’apparizione di Catone in un luogo dove si
è stupiti di trovare un pagano.
Il carattere e la funzione dell’uomo hanno il loro posto prestabilito nell’ordine divino, quale
sulla terra è figurato e nell’aldilà è realizzato.
Figura e compimento hanno ambedue, come dicemmo, essenza di fenomeni e di
avvenimenti storico-reali; il compimento la comporta in grado anco più alto e intense,
perché di fronte alla figura è forma perfectior. Con ciò si spiega il prepotente realism
dell’aldilà dantesco. Dicendo “si spiega”, naturalmente non dimentichiamo il genio del
poeta, che fu capace di darci tali creazioni.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 88
Titolo: Lezione 88
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Per esprimerci con le parole degli antichi commentator che distinguevano fra “causa
efficiens”, “causa materialis”, “causa formalis” e “causa finalis” del poema:“causa efficiens
in hoc opere, velut in domo facienda aedificator, est Dantes Aligherii de Florentia, gloriosus
theologus, philosofus et poeta” – così Pietro Alighieri, e similmente anche Jacopo della
Lana), ma spieghimo con la concezione figurale il modo special in cui prese forma il suo
genio realistico: essa permette d’intendere come l’aldilà sia eterno e nondimeno fenomeno,
senza mutamento e senza tempo e nondimeno pieno di storia. Essa permette anche di
chiarire come questo realism dell’aldilà si distingua da ogni altro puramente terreno.
Nell’aldilà l’uomo non è più irretito nelle azioni e nei traffic terreni, come in ogni semplice
imitazione delle vicende umane; è chiuso invece in una condizione eterna che è la somma
e la risultante di tutte le sue azioni, e che s lui nello stesso tempo palesa quello che fu
decisive per la sua vita e per il suo carattere. Con ciò la sua memoria, anche se con dolore
e senza frutto per il dannato dell’Inferno, viene condotta sulla strada che svela tutto quello
che fu decisive nella sua vita.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 88/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 24
È in tale condizione che I defunti si palesano a Dante ancor vivente: è cassata l’ansietà per
il future ancora celato, che è propria d’ogni condizione terrena e d’ogni sua imitazione
artistica, specialmente di quella seria edrammatica. Solo Dante può sentire quell’ansietà
nell Commedia. I molti drammi compiuti si riuniscono tutti in un unico grande drama in cui
si tratta di lui stesso e dell’umnità, e tutti sono soltanto «exempla» per l’acquisto o la
perdita della beatitudine eterna. Ma le passioni, gli affanni e le gioie sono rimaste e
trovano espressione nela condizione, nei gesti e nelle parole dei trapassati. Davanti a
Dante tutti quei drammi vengono recitati ancora una volta con straordinaria
condensazione, talora in poche righe come quello di Pia de’ Tolomei:

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 88/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

«Deh quando tu serai tornado al mondo»


seguitò ’l terzo spirit al secondo,
«e riposato della lunga via,
ricordati di me che son la Pia:
Siena mi fe’; disfecemi Maremma;
salsi colui che ’nanellata pria
disposando m’avea con la sua gemma»
(Purg., V, 130-136)
E in questi drammi si dispiega, apparentemente sparsa e spezzata, e pur sempre dentro un
piano, la storia fiorentina, l’italiana e l’universale.
Ansietà e svolgimento, le due note fondamentali dell’accadere terreno, hanno cessato di
essere, e tuttavia le onde della storia battono fino nell’aldilà, in parte come ricordo del
passato terreno, in parte come partecipazione al terreno presente, in parte come ansia per
il terreno future, ma ovunque come, in senso figurale, temporalità contenutà nell’eternità
senza tempo.
Ogni trapassato sente la propria condizione nell’aldilà come l’ultimo atto in corso ancora e
per sempre del suo dramma.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 88/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 25
Nel primo canto del poema, Dante dice a Virgilio: «tu se’ solo colui da cu’ io tolsi lo bello
stilo che m’ha fatto onore» (vv. 86-87). E questo è certamente giusto, e in verità molto più
per la Commedia che per le opere precedent e per le canzoni. Egli deve a Virgilio il motive
del viaggio agli Inferi, un grandissimo numero di motivi particolari, molte risorse
linguistiche. Perfino la svolta nella sua concezione dello stile rispetto al trattato De vulgari
eloquentia, che lo portò dalla poesia lirico-filosofica al grande epos, e con ciò alla grande
rappresentazione del destino umano, non può essersi compiuta senza il modello degli
antichi e soprattutto di Virgilio.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 88/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Primo fra coloro che sono a noi noti, ebbe un immediate adito alla poesia di Virgilio; il suo
senso dello stile e la sua concezione del sublime si formarono più su Virgilio che sulla
teoria medieval; per mezzo suo potéevadere dalla cornice ancro troppo ristretta della
«suprema constructio» provenzale e italiana del suo tempo. Però, mentre procedeva
all’alta opera che sta sotto il segno di Virgilio, lo sopraffaceva l’altra tradizione, più
presente e più viva; il suo alto poema diventò di stile misto e figurale proprio per via della
concezione figurale; divenne una commedia e divenne, anche per il suo concetto stilistico,
Cristiana.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 88/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 26
Dop tutto quello che abbiamo detto a questo proposito nel corso della interpretazione, non
occorrono nuove spiegazioni sul come e sul perché la rappresentazione in stile misto di
tutto l’accadere terreno, senza limitazioni estetiche nell’argomento o nell’espressione, sia,
quale opera sublimemente figurale, di spirito e d’origine Cristiana. In ciò rientra anche
l’unità di tutto il poema che, riunendo in un unico cielo e in un’unica terra una quantità di
materie e di azioni, stabilise una coerenza universale: «il poema sacro, | al quale ha posto
mano e cielo e terra». E d’altro lato fu Dante il primo che sentì e attuò la particolare
gravitas dello stile illustre degli antichi e che anzi la spinse più avanti ancora. Per quanto
triviale, grottesco, orrido, beffardo sia quello che dice, il tono rimane tuttavia illustre; il
realismo della Commedia, come quello del teatro Cristiano, non potrebbe mai cadere nel
buffonesco plateale e servire da sollazzo popolaresco.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 88/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’altezza del tono di Dante è impensabile in precedenti opere epiche del Medioevo, ed essa
è, come si può rilevare da molti esempi, foggiata su antichi modelli (un bell’esempio è la
sua formula di accorata invocazione con «se», derivate dalla formula con «sic» del latino
classic). La poesia predantesca, specialmente quella Cristiana, nelle lingue volgari,
nonostante l’influsso della retorica scolastica di cui si è così spesso parlato negli ultimi
tempi, è, per quanto si riferisce alla questione stilistica, abbastanza ingenua; ma Dante,
quantunque tragga il suo material dalla lingua volgare più viva, e talvolta perfino dalla più
bassa, ha perduto l’ingenuità e costringe ogni espressione nella gravità del suo tono e, se
canta il divino ordine universal, imiega per tal compito costruzioni e connessioni sintattiche
che dominano gigantesche masse di pensiero e complessi di eventi (un esempio per tutti
è Inf., II, 13-36). Nell’antichità qualche cosa di simile non s’era ancora visto in poesia. È lo
stile di Dante ancora un sermo remissus et humilis, come lo chiama egli stesso, e come
deve essere lo stile Cristiano anche negli argomenti sublimi? Forse si potrebbe rispondere
affermativamente: anche i Padri della Chiesa e perfino sant’Agostino non hanno disdegnato
l’arte consapevole dell’eloquenza; la questione è di sapere a che cosa e a quale intenzione
servono gli strumenti dell’arte.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 89
Titolo: Lezione 89
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 27
Nel nostro passo vi sono due dannati, Farinata e Cavalcante, i quali vengono introdotti in
stile illustre, e la cui personalità terrena è conservata con piena realtà nella loro dimora
ultraterrena. Farinata è, come sempre, grande e superbo, e Cavalcante ama la luce del
mondo e suo figlio non meno, anzi, nel suo dubbio, più caldamente che in terra. Così ha
volute Dio, e così tutto questo s’inserisce nel realismo figurale dell tradizione cristiana.
Ma mai prima esso fu spinto tanto lontano; mai, forse nemmeno nell’antichità, è stata
impiegata tanta arte e tanta potenza espressiva per raggiungere una tale intensità, quasi
dolorosa, di rappresentazione della forma terrena dell’essere umano. Ciò è consentito a
Dante appunto dalla indistruttibilità cristiana dell’uomo totale, e proprio per averla
espressa con tanta potenza e con tale realtà, egli aprì la strada all’autonomia dell’essenza
terrena; egli creò nel mezzo dell’aldilà un mondo di personaggi e di passioni terrene, che
esce dalla cornice e diventa indipendente.
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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 89
Titolo: Lezione 89
Attività n°: 1

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La figura supera il compimento o, meglio, il cocmpimento serve a dare ancor


maggiore rilievo alla figura. Si ammira Farinata e si piange con Cavalcante: quello che
più ci commuove non è che Dio li abbia dannati, ma che l’uno sia incrollabile e che
l’altro provi un così acuto rimpianto del figlio e della dolce luce. La teribile condizione
dei dannati serve soltanto quale mezzo per accrescere l’effetto di questi sentimenti
del tutto terreni. Però il problema, a quanto mi sembra, è veduto in modo troppo
ristretto quando ci si ferma, come molti hanno fatto, solo al senso di ammirazione o
di pietà ce nasce in Dante. L’essenziale, secondo noi, non è limitato all’Inferno né
d’altra parte alla simpatia o all’ammirazione di Dante: ovunque si hanno esempi in cui
l’effetto del personaggio terreno e della sorte terrena supera quello della condizione
eterna o l’ha posto al suo servizio. Nobili dannati, come Francesca da Rimini,
Farinata, Brunetto Latini o Pier della Vigna, sono esempi validi anche per il nostro
concetto; ma, forse, si erra nel pore l’accento, se si tiene conto soltanto di essi,
poiché per una dottrina della salvazione, che fa dipendere il destino eterno dalla
grazia e dal pentimento, tali personaggi sono indispensabili nell’Inferno quanto i
pagani nel Limbo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 89/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

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UNA LETTURA 28
Però, non appena ci si chieda come mai Dante per primo abbia così fortemente sentito la
tragicità di tali personaggi e l’abbia espressa in tutta la sua forza, subito il cerchio delle
osservazioni si allarga, poiché Dante ha trattato con ugual Potenza tutte le cose terrene
da lui toccata. Cavalcante non è grande, e Dante tratta persone come il goloso Ciacco o il
furioso Filippo Argenti o con pietoso disprezzo o con aborrimento; ciò non impedisce che
anche in questi casi l’imagine delle passion terrene, nel loro compimento del tutto
individuale nell’aldilà, sorpassi di gran lunga quella della punizione collettiva, e che
questa molto spesso serva soltanto all’efficacia di quella. E ciò vale perfino per gli eletti
nel Purgatorio e nel Paradiso: per Casellache canta una canzone di Dante, e I suoi
ascoltatori (Purg., II), per Buonconte, che racconta la sua morte e ciò che avvenne del
suo corpo (Purg., V), per Stazio che s’inginocchia davanti al suo maestro Virgilio (Purg.,
XXI), per Carlo Martello, il giovane re di Ungheria, che in maniera così affascinante svela
il suo affetto per Dante (Par., VIII).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 89/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Vale per Cacciaguida, il fiero e patrircale antenato di Dante, dal cuore colmo di storia
fiorentina (Par., XV-XVII), e perfino per l’apostolo Pietro (Par., XXVII), e epr quanti
ancora dispiegano dinanzi a noi un mondo di vita storico-terrena, un mondo di azioni,
sentimenti, aspirazioni e passion terrene quali in tal misura e di tal forza difficilmente
la scena terrestre potrebbe offrire. Senza dubbio tutti costoro sono proondamente
inseriti nell’ordine divino e senza dubbio un grande poeta Cristiano ha il diritto di
conservare l’umanità terrena nell’aldilà, la figura nel componimento, e di completarla
secondo le sue forze. Ma la grande arte di Dante si spinge tanto oltre che l’effetto si
riversa nel terrestre e il personaggio nel suo compimento afferra troppo gli
ascoltatori; l’aldilà diventa teatro dell’uomo e delle sue passioni

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 89/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 29
Si pensi alla rpecedente arte figurale, ai misteri, all’arte plastic religiosa, che non si
arrischiarono affatto, o soltanto con estrema delicatezza, oltre I soggetti offerti
immediatamente dalla storia biblica e cominciarono a imitare la realtà e l’individuo solo
per vivificare le storie bibliche; e si consideri poi Dante, il quale nella cornice figurale dà
vita a tutta la storia del mondo e, dentro a questa, a quella d’ogni uomo nel quale
s’imbatte. Questa è fin dal principio l’esigenza dell’interpretazione ebraico-cristiana della
storia, ed essa pretende a un valore universal; ma la vitalità immessa in
quell’interpretazione è così grande che le sue manifestazioni si conquistano un posto
nell’animo dell’ascoltatore anche indipendentemente da ogni interpretazione.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 89/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Chiunue oda il grido di Cavalcante: «non fiere li occhi suoi il dolce lome?» o chiunque
legga il verso dolce e incantevolmente femmineo pronunciato da Pia de’ Tolomei («e
riposato delle lunga via», Purg., V, 131), con cui prega Dante di rammentarla sulla
terra, sente in sé un impulse che si volge agli uomini piuttosto che all’ordine divino
dove essi hanno trovato il loro compimento; e ci si rende conto della loro condizione
eterna nell’ordine divino solo in quanto essa è un teatro che con la sua irrevocabilità
aumenta ancora l’effetto di questa umanità conservata in tutta la sua forza. Si
perviene a un’esperienza immediata della vita, che sopraffà tutto il resto, auna
rappresentazione dell’uomo tanto varia e ampia quanto profonda, aun’illuminazione
dei suoi impulse e delle sue passion che porta a una partecipazione calorosa e senza
reserve e perfino all’ammirazione della loro molteplicità e grandezza. E in questa
immediate e ammirata partecipazione alla vita dell’uomo, l’indistruttibilità dell’uomo
storico e individuale, stabilita dentro l’ordine divino, si dirige contro quello stesso
ordine divino, lo fa suo servo e l’eclissa. L’imagine dell’uomo si pone davanti
all’imagine di Dio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 89/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

UNA LETTURA 30
L’opera di Dante ha realizzato l’essenza figurale-Cristiana dell’uomo e nel realizzarla l’ha
distrutta. La potente cornice s’infranse per la strapotenza delle immagini che essa
incluse. I rozzi disordini, a cui condusse il buffonesco realism dei misteri dell’alto
medioevo, sono, per l’esistenza d’una concezione figurale-Cristiana dell’accadere, di gran
lunga meno pericolosi dell’alto stile d’un così grande poeta, in cui gli uomini vedono e
riconoscono se stessi. In questa realizzazione la figura diventa indipendente, sicché
nell’Inferno ci sono ncroa grandi anime, e nel Purgatorio alcune anime per la dolcezza
d’una poesia, d’un’opera umana, dimenticano per alcuni istanti la via della purificazione.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 89/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E in conseguenza delle speciali condizioni del compimento di sé nell’aldilà, la persona


umana si afferma ancor più potente, più concreta e singolare che nell’antica poesia;
poiché del compimento di sé, che comprende tutta la vita trascorsa sia
obiettivamente che nel ricordo, fa parte uno svolgimento storico indivduale, di volta
in volta una particolre stoira, il cui risultato a dir vero appare a noi già “finito”, ma I
cui stadi in molti casi vengono rappresentati diffusamente; mai esso ci rimane del
tutto celato, e noi riusciamo a cogliere, molto più esattamente di quanto la poesia
antica avesse Saputo fare, il divenire immanente nell’essere senza tempo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 90
Titolo: Lezione 90
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 1
Dando per scontata la conoscenza del primo canto della Commedia, passiamo ora a un
comment0 di esso.
Si supponga un lettore candido che per la prima volta si trova a compitare:
Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura,
Che la diritta via era smarrita.
Nel lettore candido c’è un trauma particolare, che non è facile enunciare in modo univoco.
Anzitutto cegli sarà stato colpito dal fatto che si adduconono come vocali toniche delle
vocali foneticamente estreme: una i e una u: «Nel mezzo del cammin di nostra vita | mi
ritrovai per una selva oscura».

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 90
Titolo: Lezione 90
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Nel primo verso la tonica fondamentale è i e al centro si ha un’altra i che la prepara;


mentre nel verso successive subentra in tonia l’altra vocale estrema, ma della serie
posterior, u («mi ritrovai per una selva oscura»). La i e la u si trovano in opposizione nei
segmenti terminali -ita | -ura: la lunghezza delle due vocali è la medesima, essendo
entrambe seguite da una conosonante, e identica è la vocale finale. E inoltre si noterà che
nel secondo verso passano tutte le vocali possibili. Ecco dunque un primo avviso: la
fonetica si propone come estrema e disordinata. Una seconda osservazione concerne I due
primi versi: «nostra» è prima purale e «mi ritrovai» è una prima singolare: in un testo
estremamente piano e comprensibile interviene un evento insolito. D’altra parte un lettore
della Commedia sapeva a memoria tutta o buona parte della Scrittura e gli soccorreva fuor
di dbbio il versetto di Isaia 38 10: «In dimidio dierum meorum vadam ad portas inferi».
Soffermiamoci sul codie metric. Si dica subito che non è aristocratico. Dante fin qui aveva
usato dei tipi metrici che si chiudevano alla perfezione: la strofe di canzone e, direi, nche il
sonetto. Il tipo metrico della Commediasi distingue per l’aperture, una cascata inarrestabile
che si interrompesoltanto arbitrariamente: insomma è un saggio di «poesia non
aristocratica», che si poterebbe definire di sirventese.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 90/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 2
Un serventese aveva pur prodotto lo stesso Dante, in lode delle trenta più belle donne
fiorentine e, se è andato perduto, altri offrono indicazioni sulla forma metrica: il Serventese
dei Lambertazzi e dei Geremei o il Serventese del Dio d’Amore o il cosiddetto Serventese
dello Schiavo di Bari ed eventualmente altri testi più tardi, come quelli di Antonio Pucci. In
questi casi il metro è costituito di tre versi lunghi, press’a poco endecasillabi, che rimano
insieme, e da un versicolo più breve – dirò approssimativamente un’adonio -, di Quattro o
di cinque sillabe, che è su un’altra rima e che introduce la rima dei versi più lunghi (AAAb,
BBBc…). Lo schema conclusive, se la penultima rima è Y, sarà YYYz, con z ultima rima (ma
non so se si può parlare qui di rima, perché è irrelata). Il primo segreto di Dante è di
trasformare questa rima da irrelata in relata e il secondo è di conguagliare nello stesso
numero di sillabe sia I versi lunghi, sia i brevi.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 90/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

In questo modo di ottiene qualcosa di inaudito: Dante parla spesos di suoi tentative
inauditi («Novum aliquid atque intentatum artis», come è detto della sestina doppia) e
qualcosa di «novum atque intentatum» - ora noi non ce ne rendiamo conto – avvertiva
anche allora, nel 1307-308, il lettore che attaccasse la Commedia. Dante ha operato sulla
forma chiusa del sonetto, in cui le terzine possono essere su due o su tre rime: per
conseguire un esito consimile importa che il componimento in cui le terzine sono incluse
sia seguito da altro componimento affine: in definitive che si abbia una corona, una
ghirlanda di sonetti.Corono di sonetti molti le hanno scritte: dal poeta grande e in sostanza
calunniato da Dante che fu Guittone, ad uno che fu identificato con il suo primo amico,
Guido Cavalcanti o «Amico di Dante», ad uno che probabilmente è Dante stesso: è, intend,
un Dante sicuramente, che Contini porpende a identificare con Dante Alighieri, cioè
l’autore del Fiore. Il Fiore è la più lunga corona di sonetti, 232, e alcuni autori hanno
osservato – in modo particolarmente acuto Pio Rajn, in un articolo per il centenario
dantesco del 1921, che se Dante – come tutto lascia credere – ne è l’autore, Il Fiore
rispecchia la fase fondamentale, attraverso la quale egli doveva trascorrere per realizzare
la sua esperienza comica (e vi si includa anche il metro). Tuttavia non si tratta soltanto di
terzine giustapposte di un sonetto I, di un sonetto 2, più di un sonetto 3.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 90/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 3
Si prenda uno spaccato di un qualunque canto: se si parte con la rima M, avremo M N M N
O N, cioè due M, tre N e un O irrelato. Dante comincia così, ma si rifiuta – come si è detto
– di lasciare irrelata l’ultima rima, e quindi ne aggiunge una in O; e se si risale, potrà
essere L M L: così si avranno tre rime in M; ma due avrà pure la rima L; e se si risale più
addietro fino alla prima terzina avremo A…A, non un terzo A. Di conseguenza qualunque
canto della Commedia si trova rinchiuso tra una doppia rispondenza iniziale A…A, una
doppia rispondenza finale Z…A e all’interno una quantitàdi elementi tutti ternary.
Potremmo dunque affermare che ogni canto è incorniciato fra elementi binary e che, se le
terzine sono in numero di n, I versi del canto saranno 3n + 1 e le rime n + 1.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 90/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’enunciazione ha un aspetto barbaramente algebrico, eppure è la sola che consenta di


comprare immediatamente il microcosm con il macrocosmo, vale a dire il canto con le
cantiche. Se si esaminano le cantiche in rapport ai canti si otterrà tre volte 33, cioè tte
volte 11 + 1, e se poi si riguardano lecantiche, c’è una cantica che comporta un canto
superfetato: si sarebbe indotti a computare 1 + 33, poi 33, poi 33; ma il calcolo non è
esatto, perché abbiamo un canto di prologo generale e uno, il secondo, di prologo
all’Inferno. E quali sono i rapporti tra le cantiche? Tali rapporti non sono univoci: da un
certo punto di vista Inferno e Purgatorio vanno insieme e la simmetria è dunque sbilicata
in questo senso; ma da un altro punto di vista vanno insieme Purgatorio e Paradiso,
equindi la rottura dell’equilibrio è nel senso opposto. Si assuma l presenza del
deuteragonista. C’è un piccolo ritocco da portare, per quello che riguarda la scomparsa di
Virgilio alla fine el Purgatorio e il sopravvento di Beatrice, ma comunque possiamo dire che
Inferno e Purgatorio si collegano perché hanno un commune deuteragonista, mentre il
deuteragonista del Paradiso è diverso. Ma poiché il Purgatorio è un element temporale, dal
punto di vista della salute dell’anima si stringono Purgatorio e Paradiso. Le suddivisioni si
imbricano e si ottiene una differente simmetria, una diversa divisibilità per due e per tre.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 90/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 4
Qualcuno ha pensato che questo potesse parlare per il tema dell’Unità e della Trinità di
Dio, che è semmai collocate all’interno di tale struttura (si ricordi): l’inizio del XXVII del
Paradiso è «Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo») perché il tema teologico è subordinato,
tenuto in freno, preordinato. Ciò risulta chiaramente fin dal primo canto, quando si parla
del veltro e si dice che lo ciba «sapienza, amore e virtute»: si tratta evidentemente di un
anrticipo di quello che si leggerà nell’epigrafe dell’Inferno, all’inizio del canto terzo: «fecemi
la divina potestate, | la sommasapienza e ’l primo amore». Le due divisibilità diverse ci
fanno pensare a un tipo di analisi riferibile strettamente alla «grammatical della poesia»
nel senso tecnico inventato Da Roma Jacobson, a quiei generosi e geniali tentative di
critica fondati sul contrasto di una divisione per due e per tre. Del resto Jacobson stesso
ha trattato del sonetto di Dante Se vedi gli occhi miei di pianger vaghi e non ha mancato di
sottolineare la costante tematica, precisata nella costellazione di «paura», di «cor» e di
«pieta», commune a questo sonetto e al primo dell’Inferno, che oltre al resto rischia di
essergli cronologicamente abbastanza vicino.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 90/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il dada di Jakobson consiste nel determinare quale rapport corra tra la rima, la parola in
rima e la pars orationis che questa rima rappresenta, si tratti di sostantivi – o più
precisamente di sostantivi astratti -, di sostantivi animati, e così di seguito. Una ricerca di
tal genere, sperimentata su oggetti molto particolari – su filastrocche come sono quelle
che costituiscono una parte della poesia poplare russa e su testi affini come un poemetto
di Eminescu, anch’esso di fondamento folclorico -. Sulla Divina Commedia non è stata
tentata da Jakobson né da altri, e forse almeno secondo l’ortodossia jakobsoniana non
sarà facilmente attuabile.
Vediamo di entrare in medias res, seppure in medias res fossimo entrati fin da principio,
ponendo in rilievo nei primi due versi del canto l’opposizione della vocale più scura alla
vocale più chiara possibile, o della vocale più grave alla vocale più acuta possibile. Che
cosa ci offrono dunque le prime terzine della Commedia? Un esempio di massimo disordine
perché interviene qui la massima differenziazione fonica possibile. Tuttavia direi che la
manifestazione del disordine non è affidata soltanto agli elementi timbrici, quali li abbiamo
esaminati fin qui, ma anche a valori ritmico-sintattici per una parte e a valori agogici per
l’altra.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 91
Titolo: Lezione 91
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 5
Nel v.4, «Ahi quanto a dir qual era è cosa dura», si ha una frantumazione, una incisione,
del tutto anomala, invece del corrrente «ahi quanto dura cosa è a dire esta selva
selvaggia». Questo movimento di andata e ritorno dà un’idea fissata nel caos: in un certo
modo è il fonosimbolismo in atto del disordine in cui si trova l’uomo caduto nello stato di
peccato, in disgrazia di Dio. E non è affatto normale che in una lingua romanza si abbia
contatto del sostantivo predicativo («cosa dura») con il sostantivo soggetto («esta selva
selvaggia e aspra e forte»): un fenomeno di questo genere, reperibile in alter lingue non
romanze (come, ad esempio, nel russo, dove non esiste la copula: dom nov ‘la casa è
nuova’, opposto a dom novyi ‘la casa è nuova’, sintagma attributivo che si può invertire in
novyi dom), lo si riscontra tra il v. 4 e il v. 5, a partire dalla seconda terzina.
Il fonosimbolismo della situazione psicologica vige in concomitanza con valori sintattico-
lessicali: al v. 2 Dante si ritrova non «in una selva oscura», ma «per una selva oscura»:
cioè non in un ambito ben determinate, ma diffuso: il soggetto Dante è disperse nella
selva.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 91
Titolo: Lezione 91
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Al v. , «che la diritta via era smarrita», Dante non dice affatto che aveva smarrito «la
diritta via», ma, in modo passive, che «la diritta via era smarrita»: è uno stato non
attribuito immeditamente – linguisticamente, intendo, grammaticalmente – ad un
soggetto: in qualche modo sussiste il tabu sul rapport tra il soggetto e l’azione. Il
medesimo tipo interviene anche più tardi, perché nei vv. 124-26 si leggerà: «ché quello
imperador che là su regna [Virgilio non nomina il nome di Dio] | perch’I’ fu’ rebellante a la
sua legge, | non vuol che ’n sua città per me si vegna»: «io» compare sotto forma di
agente, non di soggetto, nel segno di questa passività. Quando parlo di tabu, alludo al
risorgere di una situazione primitive, sempre riproducibile in una lingua, ma che è
fondamentalmente tale. Ad esempio se in latino l’orso è ursus, e, con la stessa parola, in
paesi dove l’orso è più frequente ed è poco prudente nominarlo – perché nominarlo
significa farcelo trovare sulla propria strada -, l’orso sarà chiamato ‘il Bruno’, come nelle
lingue germaniche, der Bär, oppure il ‘mangiatore di miele’ come nelle lingue slave, in
russo, miedvied. È esattamente una forma di tabu che si fa luce attraverso la passività,
ad esprimere uno stato di scollamento eudemonologico, di distruzione della salvezza.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 91/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 6
Non è tutto; e si dovrà crudelmente insistere in questa analisi dissecante: si prenda il v. 5,
«esta selva selvaggia e aspra e forte»: certo «selva selvaggia» è una forma di
paronomasia; ma che cosa aggiunge «selvaggia» a «selva e, comunque, che cosa
aggiunge «aspra» e che cosa aggiunge «forte» a «selva selvaggia»? Abbiamo una forma di
interazione, ma è chiaro che qui si macina a vuoto, perché la luce della ragione non
consente di discernere nel mondo. E se scendiamo al v. 7, «tant’è amara che poco è più
morte», detto della «selva» - s’intenda che ‘poco più mara è morte’ -, troviamo una ellissi.
Dante dunque ricorre a due istituti linguisitici assolutamente opposti: uno è quello della
ridondanza, della iterazione («esta selva selvaggia e aspra e forte»), l’altro è quello della
soppressione («tant’è amara che poco è più morte»). Siamo veramente in uno stadio di
perdita di conoscenza fondamentale. Però si prospetta un cambiamento, cioè appare un
lume di salvezza, abbastanza presto, vorrei dire dopo il v. 18 e, a tutto rigore, anzi, dopo il
v. 12; perché è soltanto a partire da qui che si può applicare un particolare questionario,
sul quale si rende necessaria una breve premessa.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 91/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il criterio da adottare, secondo Contini, sarebbe quello di stabilire il rapport tra le parole in
rima e le consonanze o le assonanze che esse vengono determinando. Tale rapport non è
Dante ad istituirlo per primo, ma già si configure nella tradizione preesistente che egli
esamina nel De vulgari eloquentia. Non che nel De vulgari si parli di questo argomento;
tuttavia, se si studiano i testi poetici in lingua d’oil e d’oc citati nel De vulgari, si constaterà
che tutti esibiscono delle notabili singolarità per quello che è il rapporto tra parole in rima e
assonanze o consonanze.
Ci si contenta di ricorrere ancora all’algebra, che offer definizioni più commode per
proseguire celermente nel ragionamento. Contini definisce assonanza limitrofa (si
ricordi l’esempio fittizio M N M N O M) quella che spetta a versi come M e N, e assonanza
staccato, quella tra due versi che non si seguono immediatamente, cioè tra M e O.
L’assonanza limitrofa è in questo canto sempre imperfetta. Se si considera il v. 76, «Ma tu
perché ritorni a tanta noia?», con il v. 77, «perché non sali il dilettoso monte?», avremo la
vicinanza di «noia» con «monte»: quella che è identica è la vocale accentata; mentre non
soltanto l’element consonantico che segue è diverso, ma diversa è anche la vocale
terminale.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 91/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 7
Questo tipo di assonanza si riscontra anche altrove e, senza produrre l’intiero campionario
delle citazioni (vv. 85, 94, 124, 127, 130, 133). Si noti che si ravvicinano verso l fine: la
prima è 76 e le alter 85, 94, 124, 127, 130, 133: evidentemente il fatto non può essere
casual, cioè non si tratta di un fenomeno stocastico – come dicono i tecnici -, bensì
passibile di interpretazione.
Vediamo comunque se esso si verifica anche per l’assonanza staccato. Questa può essere
imperfetta, come a partire dal v. 18: è il primo caso, dove –alle si trova in urto – non oso
dire in rima -, o quasi assuona, con –ata: diverso è il consonantismo, diversa la vocale
finale, identica è soltanto la vocale accentata. Anche questo tipo annovera una cospicua
serie di occorrenza, a riprova della sua consistenza non probabilistica, e alla fine del canto
si replica con un certo addensamento. A tutto rigore bisognerebbe parlare di una
assonanza staccato precedente, a partire dal v. 12, di –ai con alle; ma è di un tipo
particolare, essendo imperfetta nell’imperfezione: è una assonanza in cui è identica
soltanto la vocale accentata.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 91/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Non seguono infatti né identità di consonante, né identità di vocale, poiché, almeno


secondo la catalogazione più recente, non si ha neppure una consonante, bensì un suono
né consonantic, né vocalico, che alcuni strutturalisti americani chiamano glide; cioè il
secondo element del dittongo. Ma l’assonanza staccato, se frequentemente imperfetta –
come ai vv. 24, 48, 69 (con glide), 114, 117, 120, 126, 129 – può essere anche perfetta: a
partire dal v. 42, dove –elle assuona, stavolta compiutamente, con –esse; e anche dopo I
vv. 81 (-onte | -ore), 111 (-illa | -ida) e 132 (-eggio | -etro). Quanto alle conseguenze, se
ne registra una sola, proprio al v. 19, cioè subito dopo il v. 18, sede della prima vera e
pèropria assonanza «pianeta» 17 rima con «queta» 19; ma «queta» urta contro «durata»
20. Dunque –eta | -ata: qui tutto identico, tranne la vocale accentata. Non basta: se
mettiamo insieme I vari esempi di assonanza di vario tipo e di consonanza, si possono
ottenere delle concatenazioni. In certi casi I gruppi di versi presentano tutti una assonanza
o una consonanza. Questo accade la prima volta tra 18, 19 e 24; e si può aggiungere 12,
se alle assonanze imperfette si aggiunge anche questa imperfettissima tra le assonanze. E
così 76, 81, 85; 111, 114, 117 (dove per la verità non c’è un rapporto tra 111 e 114, ma
tra 111 e 117 da una parte e 114 e 117 dall’altra).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 91/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 8
L’ultima concatenazione –ciò pare abbastanza singolare – è 120, 124, 126, 127, 129, 130,
132, 133: ha dunque un rilievo specific e significa che alla fine del canto si produce un
effetto di compattezza. Seguiamo queste rime: «genti», «salire», «degna», «partire»,
«regna», «legge», «vegna», «regge», «seggio», «elegge», «richeggio», «conoscesti»,
«peggio», «dicesti», «Pietro», «mesti», «dietro» (l’ultima, «peggio» | «Pietro», è
un’assonanza perfetta).
Tutto questo vuol dire che il testo del primo canto, cominciato all’insegna del caos, della
confusion, della disperazione, si è venuto coagulando; e, come si diceva, una luce di
speranza filtra attraverso l’element di ordine. La prima sequenza si inizia al v. 18: «Allor fu
la paura un poco queta, | che nel lago del cor m’era durata | la note ch’I’ passai con tanta
pieta»: è il momento in cui comincia a cessare la paura e il suo allontanamento sancisce
l’avvento di un certo ordine.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 91/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Anzi si può risalire fino all’assonanza imperfetta del v. 1: «che la verace via abbandonai
(con allitterazione iniziale) | Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto, | là dove terminava
quella valle»: è al «Ma» che si ha la prima avvisaglia, che si conferma in modo più proprio
a partire dal v. 18, «Allor fu la paura un poco queta», fino al già indicato conseguimento
dell’effetto di gran finale. Notevole il caso limite del canto X dell’Inferno, dove attraverso il
giuoco delle assonanze perfette la tragicità e la plasticità dell’episodio di Cavalcante si
fanno più violente e più drastiche. Ai vv.49 e seguenti: «parte», «fiata», «arte»,
«scoperchiata», «mento», «levata», «talento», «meco» (assonanza perfetta), «teco»,
«svegno»; poi si ha un leggero allentamento («mena», «disdegno», «pena»), che smotta
in un altro tipo di assonanza, non sulla vocale e, ma sulla corrispondenza della serie
velare: «nome», «piena», «come», «ancora», «lume», «dimora», «risposta»
(altraassonanza perfetta), «fora», «posta», «aspetto» (qui muta di nuovo il vocalismo). In
questa fenomenologia ora esemplificata si illustra quello che Contini definisce volentieri un
«limite armonico».

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 92
Titolo: Lezione 92
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 9
Dunque il primo canto ci guida da una iniziale divaricazione-limite fino all’avvio di una
composizione armonica. La progression è orizzontale, nell’asse della combinazione, che nel
linguaggio jakobsoniano si oppone all’asse paradigmatico della selezione. Eventi che si
verificano orizzontalmente sono quelli allitterativi, dei quali si registra gan copia. Mi basti
citare I primi che compaiono: 4 «quanto a dir qual», 12 «verace via», 15 «cor compunto»
(sintagma biblico, preceduto da «colle» in 13), 28 «posato un poco il corpo lasso» (che si
intreccia con l’altra allitterazione, «un poco il corpo», costruendo una doppia
allitterazione), 36 «volte volto» (in rima con «volto» con o chiusa di 34). Al v. 32 un
esempio piuttosto divertente, «lonza leggera» (dove «leggera» significa ‘veloce’, ‘rapida’):
la «lonza leggera» non è sola nell’inventario delle fiere, che sono tre – una è il leone, l’altra
è la lupa – e tutte e tre cominciano per l, che fonde nella sua allitterazione questi enti
temibili.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 92
Titolo: Lezione 92
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Quello qui offerto è solo uno scarso specimine; ma accanto alle allitterazioni abbiamo un
notevole numero di ripetizioni, che in massimo costituiscono delle approssimazini
linguistiche o, per usare il termine che si dice Virgilio applicasse ai suoi propri versi
provvisori, dei tibicini anti-letterari. Si anteporranno i casi particolari della ripetizione di
«paura» (6, 15, 19, 44, 53), che aveva già impressionato Jakobson, e quella,
perfettamente indifferente, delle varianti «vedrai» e «vederai» ai vv. 116 e 118. Il catalogo
annovera al v. 2 «mi ritrovai per una selva oscura» e, non molto dopo, al v. 8 «ma per
trattar del ben ch’i’ vi trovai»: Contini non sa se questa sia iterazione programmata,
preordinata: secondo lui è il magma che viene a presentarsi con unità quasi casualmente
identiche. Analogamente ai vv. 82 e 87 si ripete «onore»; ai vv. 103 e 109 «questi»
(«Questi [il veltro] non ciberà terra né peltro» e «Questi la caccerà per ogni villa»), su cui
ritorneremo; ai vv. 111 e 112 «onde», con valore non strettamente identico («Là onde
’nvidia prima dipartilla» e «città» («non vuol che ’n sua città per me si vegna» e «quivi è la
sua città e l’alto seggio»): non mi sembra che siano ripetizioni fornite di un positive
significato, né che esprimano immediatamente una intenzionalità espressiva (altro è il caso
di «onore» nel quarto canto, dove si parla del «nobile castello»).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 92/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 10
Abbiamo dunque constatato l’esistenza di una progression orizzontale, deferita da una
lettura fondata sull’analisi del significante. Proviamo ora a transitare leggermente
nell’analisi del significato. Assai singolare è l’entrata in medias res. Il libro di Dante
sembrerebbe essere l’Eneide, che pure non esibisce tale artificio, poiché l’esordio contiene
una sorta d protasi introduttiva al racconto degli avvenimenti. Dante, al contrario, inizia
fornendo tutte le corrdinate: dichiara addirittura quando l’evento accade, anzi risponde alle
domande quando, quid (naturalmente sotto la forma di quis), quomodo e cur, fino a quasi
esaurire il catalogo dei quesiti previsti dalle categorie aristoteliche. Ebbene, questo non si
verifica nell’Eneide, ma nel grande libro che per Dante era anteposto ad ogni altro, cioè
alla Bibbia: «In principio creavit Deus coelom et terram…» (Genesi I 1). La vicinanza è
dunque piuttosto alla Bibbia che all’Eneide, al grande testo teologico e rivelato piuttosto
che al grande testo umano.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 92/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il tutto enunciato tuttavia con parole piane, in perfetta aderenza al sermo humilis,
distintivo – come ha ben visto l’Auerbach – della lingua Cristiana e quindi della Bibbia, che
non è provvista delle veneri della retorica, o almeno di quelle della retorica mondana.
Occorre ritrovare un limite anche nella pienezza del dettato, e questo limite Contini lo vede
anzi tutto in certa sconcordanza sintattica. Si citano due versi che mi sembrano
estremamente parlanti. Al v. 52 e seguenti («Ed una lupa, che di tutte brame | sembiava
carca ne la sua magrezza, | e molte genti fé già viver grame, | questa mi porse tanto di
gravezza») non si sa quale sia il soggetto della reggente: è «una lupa» o è «questa»? è
«una lupa» prolettico ripreso da «questa» o addirittura si è smarrito il filo a proposito d
«una lupa» e quindi si è dovuto reintrodurre un pronome? La difficoltà è talmente
consistente che alcuni acuti ingegni (ad es. Pagliaro) hanno cercato di raddrizzare la
sintassi.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 92/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 11
E poiché «Ed una lupa» potrebbe essere interpretato come «e d’una lupa», si è pensato d
collegare il sintagma con quello relativo alla bestia precedente («la vista che m’apparve
d’un leone», v.45) e di coinvolgere entrambi in una unica struttura sintattica: «ma non sì
che paur non mi desse | la vista che m’apparve d’un leone, | (parentesi) questi parea che
contra me venisse | con la test’alta e con rabbiosa fame, | sì che parea che l’aere ne
tremesse; | (ciusa la parentesi) | e d’una lupa, che di tutte brame | sembiava carca ne la
sua magrezza, | e molte genti fé già viver grame», v.45). È chiaro che la terzina, tutta
incidentale, non può reggere: a Contini sembra che si tratti di una vera e propria
sconcordanza sintattica, estremamente significativa, perché abbonda nel senso, che si
diceva, del disordine. Questo è un canto del disordine, su cui in modo improbabile si
afferma l’ordine.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 92/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Altra component a cui si deve prestare la debita ttenzione è l’elaborazione di elementi


sintagmatici e stilematici che si riproducono: in definitive il linguaggio risulta di tessere. La
conferma dell’assunto, molto importante, si otterrà soltanto a posteriori. Pensiamo a
«selva selvaggia e aspra e forte». Francesco Mazzoni cita opportunamente il v. 65 del
secondo del Purgatorio, «per altra via che fu sì aspra e forte»: qui si parla di una «via»,
dove là si parlava di una «selva»: è quella che si suole chiamare la «contiguità
metonimica», un carattere, un topos, una categoria della «grammatica della poesia», che
lascia piuttosto perplessi; ma ciò che è sicuro è che la tesserae si ripropone. Non sono,
questi elementi, complessi verbali recepiti o consunti dall’uso, bensì congiunzioni che si
incontrano qui per la prima volta e colpiscono la memoria non soltanto del lettore, ma in
prima istanza quella dell’autore, indotto perciò a ripeterle come per un trauma. All’inizio
del canto si sostiene che sarebbe fastidioso parlare di quello che accade nella selva: «ma
per trattar del ben ch’i’ vi trovai, | dirò dell’alter cose ch’io v’ho scorte» (vv.8-9): «alter
cose» sembrerebbe una formula estremamente pallida, m non lo è per nienete se si
ricorre al v. 132 del trentaduesimo dell’Inferno stesso, dove si parla del conte Ugolino che
sta rodendo il teschio dell’arcovescovo Ruggieri («che quei faceva il teschio e l’alter
cose»).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 92/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 12
Che vuo dire «l’alte cose»? È ancora una volta un’espressione tabu, allusive di quello che
difficilmente è evocabile: il cervello, il midollo spinale: tutto ciò che si trova sotto I denti di
Ugolino pudicamente è velato sotto l’espressione «l’alter cose». Che era già stata inventata
prima, ma il fatto che qui si applichi ad un material così disgustoso, di macelleria, ci fa
capire a posteriori che «l’alter cose» del primo canto dell’Inferno devono essere qualcosa
di ben orrendo. L’epressione non è esangue e incolore, ma robustamente sostitutiva. Se il
leone va «con la test’alta», perché ha «rabbiosa fame», cioè va superbamente, al v. 50 del
nono canto del Paradiso, in proposito del signore Rizzardo da Camino, si dice: «tal
signoreggia e va con la testa alta»: da tale ripetizione ci si rende conto che lo stilema
anche nel primo canto è estremamente pregnante. Questo carattere di pregnanza ci si
offree sopra un piano che insieme è sintattico e semantico: è quella chi Contini chiama
volentieri una «morfologia implicante» e che è attuabile in vari modi.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 92/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Per esempio con modalità aspettative, come al v. 62, «dianzi a li occhi mi si fu offerto | chi
per lungo silenzio parea fioco»: «mi si fu offerto» significa ‘è comparso e la sua comparsa
è irrimediabile, perfetta e conclusa nel tempo e nella presentazione’, cioè ‘mi si offrì
improvvisamente’. È molto difficile da una lingua con aspetto tradurre in una lingua senza
aspetto, ad esempio in francese: lo ha fatto molto acutamente Meillet, nell’Esquisse d’une
histoire de la langue latine, per un brano dell’Eneide scritto con perfetti di valore aoristico e
perfetti di valore perfettivo. Più sottilmente al v. 8, «per trattar del ben ch’i’ vi trovai, | dirò
dell’altre cose ch’i’ v’ho scorte»: «vi trovai» ha un significato meramente aoristico, mentre
«ch’io v’ho scorte» ha significato aspettativo, sì che viene ripercorso compiutamente
l’intero processo. Al v. 86, «tu se’ solo colui da cu’ io tolsi lo bello stilo che m’ha fatto
onore»: «tolsi» è aoristico, ma «m’ha fatto onore» ha significato aspettativo: Dante è un
grande poeta, riconosciuto come tale, e non ha assolutamente bisogno di affermarlo
ostentatamnte ed esplicitamente, perché lo dice la grammatica per lui.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 93
Titolo: Lezione 93
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 13
Un fatto ancor più sottile si ha nell’opposizione tra «venire» e «andare», estranea
all’italiano moderno, quale si ricava dal v. 126, «non vuol che ’n sua città per me si vegna»
(‘l’Imperatore, Dio, non vuole che si venga nella sua città da parte mia’: la cosa non è vista
dal punto di vista di Dio), e, con lo stesso sintagma, dai vv. 1-3 del canto terzo: «Per me si
va ne la città dolente, | per me si va ne l’etterno dolore, | per me si va tra la perduta
gente». «Andare» indica un movimento dal di fuori, mentre «venire» un movimento dal di
dentro, come è perfettamente comprensibile in una lingua quale il tedesco, in cui si
userebbero gehen e kommen. La diversa prospettiva è dunque vigente nella lingua di
Dante.
Fin qui sono risorse della lingua; ma sottentrano altri fatti che mi smebra rappresentino
una violenza – non oserei dire un superbo stupro – eseguita sulla lingua. È certo, ad
esempio, che la occorrenza di astratti per concreti e di concreti per astratti è qualche volta
impressionante.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 93
Titolo: Lezione 93
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Al v. 54, «ch’io perdei la speranza de l’altezza», cioè ‘la speranza di andare in alto’ o ‘la
speranza di un luogo alto’, potrebbe trattarsi di una sorta di latinismo sintattico; ma al v.
53, «con la paura ch’uscia di sua vista», si ha un uso assai violento dell’astratto («paura»
significa ‘paurosità’ e «di sua vista» ‘del suo essere veduto’, ‘della sua visibilità’). E così al
v. 58, «tal mi fece la bestia senza pace»: è la bestia senza pacificità, che non dà pace agli
altri. Le forme qui accolte non appartengono alle risorse della lingua quotidiana, ma
all’intervento di un grande artiere.
Altrove, per ciò che è della formazione dei vocaboli, si ha una sorta di «inversione
compositiva». Ciò accade per un luogo famoso, «questi non ciberà terra né peltro»: un
esempio di cibare transitivo si evince da Jacopone; ma fuori di questo, i vocabolari
forniscono soltanto luoghi imitati da Dante, cioè dei dantismi. Così pure è un dantismo
quello che interviene al v. 100, dove si parla della lupa: «Molti son gli animali a cui
s’ammoglia», cioè ‘a cui diventa moglie’, ‘si accoppia’: si capirebbe meglio ‘gli animali a cui
si marita’. Anche qui un «inversione compositiva», e tutti gli esempi citati nei vocabolari
portano irrimediabilmente a Dante.
«»

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 93/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 14
Contini ne trova un esempio nel volgarizzamento toscano del Milione: il testo è identico sia
nella vulgate vigente fino a qualche tempo fa, sia in quella riproposta di recente, fondata
sui due Magliabecchiani XIII 104 e XIII 69 (oggi II iv 88 e II iv 136) della Biblioteca
Nazionale di Firenze. A proposito del Re dei Mangi, ciè della Cina meridionale (135 14), si
dice: «E quando egli àe fanciulli e fanciulle da maritare, sì gli amoglia insieme»: qui
maritare equivale ad ammogliare, ma il fatto che ci si riferisca a fanciulli e a fanciulle,
piuttosto che ad animali, rende l’uso meno violento.
Accanto a quella che ho avuto la temerità di definire «morfologia implicante», occorre un
altro istituto, che in modo più tradizionale si potrebbe chiamare «prolessi mentale». Un
esempio al v. 14, dove si parla di «quella valle», sebbene in precedenza non si sia
introdotta nessuna valle. L’acuto Mazzoni ha avuto il sospetto che se ne voglia quasi
prenunziare una di cui si discorrerà nel quattordicesimo del Purgatorio e che è
naturalmente la valle dell’Arno: al v. 30, «Non so; ma degno | ben è che ’l nome di tal valle
pèra»: dunque una valle maledetta.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 93/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Al v. 29, «ripresi la via per la piaggia diserta»: nulla sappiamo circa la struttura orografica
del terreno e se esso presentasse un leggero dislivello, tanto che camminando non si
guadagnava, né si perdeva molto in altezza. E più innanzi, al v. 64, si dirà «nel gran
diserto», sintagma noto dal Detto lupesco. Tutte queste sono esplicitazioni di dati fin qui
inediti e che vengono rivelati in una sorta di apocalissi.
Il primo punto fi questa analisi portata sull’attacco del canto verteva , come si ricorderà,
sull’urto fonico riscontrato nelle formanti ritmiche tra le vocali i e u. Il secondo punto
concerne il fatto che gli avvenimenti di cui parla non sono da intendersi in senso letterale,
e ciò è particolarmente chiaro in un passo. «E come quei che con lena affannata, | uscito
fuor del pelage a la riva, | si volge a l’acqua verigliosa e guata, | così l’animo mio, ch’ancor
fuggiva, | si volse a retro a rimirar lo passo | che non lasciò già mai persona viva» (vv. 22-
27): quello che fugge è l’«animo», vale a dire lo spirit, che si mette a meditare sulla
esperienza passata. Dunque, possiamo ritornare all’osservazione primitive, circa lo stridore
che si verifics all’ainizio stesso: «Nel mezzo del cammin di nostra vita | mi ritrovai per una
selva oscura».

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 93/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 15
Evidentemente il primo verso vuol dire non ‘alla mia età’, ‘nel mezzo della mia vita’, della
vita di me individuuo, ma alla metà della vita di un uomo normale, di qualsiasi uomo.
L’oppoosizione di un «noi» e di un «io», cioè di un io trascendentale e di un io empirico,
irripetibile, si presenta vivace già dal punto di vista grammaticale. Ci fornisce una chiave
esplicativa uno dei testi che meritano di essere messi in rapporto con Dante, e
precisamente il Trattatello delle virtùdi Zucchero Bencivenni. In una esposizione del pater
noster il Bencivenni, alla domanda perché si dica «noster» e non «meus», risponde con
una ipotesi sagace: perché con «Padre nostro» si allude al padre dell’umanità globalmente
considerata, al Padre di tutte le creature; mentre «Padre mio» è proferibile soltanto dal
suo unigenito Figlio, coeterno, cioè Cristo. E se un brav’uomo come Zucchero Bencivenni,
che qui per la verità non faceva che parafrasare la Somme le Roi di frère Laurent, era in
grado di produrre una motivazione tanto elaborate, è chiaaro che questa era ben alla
portata di Dante. Oltre a questa opposizione, il testo di Bencivenni riunisce un certo
numero i riscontri utili per Dante.
«»

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 93/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Vi si parla della «diritta via», di Catone e del significato del suo suicidio – non
necessariamente condannato -, della «seconda morte» - su cui ritorneremo -, e della
«torre ferma, che non crolla | già mai la cima per soffiar di venti» (Purgatorio V 14-15).
Contini fa poi delle osservazioni sulla grammaticalizzazione di un certo tono alto.
«Guardai in alto e vidi le sue spalle | vestite già de’ raggi del pianeta» (vv. 16-17): vestire
riferito alla luce è, come precisato dai critici – in particolare dal Mazzoni, già virgiliano; ma
aggiungeremo che questa è unametafora da Dolce stil nuovo: «benignamente d’umiltà
vestuta» è detto per l’apparizione di Beatrice, della donna-angelo, nel celeberrimo sonetto
della Vita nova, Tanto gentile e tanto onesta pare. Dunque vestire entra in violente
metafore, ma all’altezza della Commedia si nota una leggera diversità, perché non si cita la
forma meridionale del participio, vestuto, ma la forma latina moderna vestito: siamo
dunque in un’altra fase culturale, che non è più quella della Vita nova. Il v. 60, «Mi
ripigneva là dove il sol tace», è stato giustamente avvicinato al v. 28 del quinto canto,
«loco d’ogni luce muto», ai quali annetterei il v. 96 del medesimo canto, «mentre che’l
vento, come fa, si tace»: il silenzio è attribuibile a qualsiasi entità. Dunque un tono alto: si
tratta di metafore non banali, ormai grammaticalizzate, vale a dire coinvolte in un gioco di
iterazioni e rinnovazioni.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 93/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 16
Talora il latino fonda veramente lo schema su cui Dante fabbrica. Ad esempio
«compunto», qui verbo transitivo, di «che m’avea di paura il cor compunto» (v. 15): «cor
compunctus» è sintagma biblico – come è stato chiarito pertinentemente da Ronconi-; ma
nel Salmo 108 17 («et compunctum corde mortificare») o negli Atti degli Apostoli 2 37
(«compuncti sunt corde») non si tratta esattamente di un verbo transitivo: è soltanto
indirettamente che questo può essere ricavato. Lo si dica per «combusto» di «poi che’l
superbo Iliòn fu combusto» in 75: «superbum Ilium» è un luogo di Virgilio (Eneide III 2-
3), posto in enjambement («ceciditque superbum | Ilium»); ma combusto è
un’applicazione biblica, come è stato chiarito ancora da Ronconi. Ciò che preme osservare
è che alcuni fatti sintattici non possono essere chiariti se non nella filigrana del latino. A
Dante che chiede misericordia (vv. 65-66, «Miserere di me, gridai a lui, | qual che tu sii,
od ombra od omo certo») Virgilio risponde «Non omo, omo già fui» (in latino avrebbe
detto «homo non sum, fui») con un modulo ellittico, che è paralatino e non sarebbe
comprensibile senza il commercio quotidiano con il latino, anche se non si tratta di vero e
proprio latinismo, bensì di una forma di ardire sintattico.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 93/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ancora sul medesimo schema la sostituzione del dimostrativo al relative al v. 112 e


seguenti: è chiaro che prima delle veneri della retorica sta il latino. Basterà citare il
«Miserere» pur ora letto, il «nacqui sub Iulio» nella perifrasi autobiografica, ricavata
manifestamente presso Virgilio. É tutta una tessitura di elementi che ammiccano ad altro,
una serie di allusion che sarebbero incomprensibili per un lettore che non conoscesse a
menadito e la letteratura biblica e latina classica e I precedent della letteratura volgare. Si
citava l’inizio del canto che è da Isaia 38 10: «In dimidio dierum meorum vadam ad portas
Inferi» (peraltro sono stati indicate altri riscontri più vicini al testo dantesco) è l’episodio di
Ezechia, che, rapito alla vita in giovane età, prega il Signore che gli conceda ancora alcuni
decennia di vita. Ciò che importa è che quando Dante comincia «Nel mezzo del cammin di
nostra vita» cita un testo biblico, cioè è come se dicesse: «io sono un profeta», «io parlo
in modo profetico».
Tutto questo non viene esplicitatoo, ma verificato in atto.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 94
Titolo: Lezione 94
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 17

Analogamente Dante si è certamente ispirato all’inizio del Roman de la Rose – della parte
antica, quella di Guillaume de Lorris – dove si parla di un sogno («El vintieme an de mon
aage | el point d’Amors prent la page | des jones genz, couchier m’aloie | une nuit, si
con je soulie, | et me dormoie mout forment, | et vi un songe en mon dormant»). La
maggior parte dei manoscritti del Roman de la rose sono miniati, ma il corredo di
miniature è sepsso limitato ad una sola, che contiene la rappresentazione di un individuo
steso sul letto, per lo più sdoppiato in posizione eretta, a dichiarare chiaramente al
lettore fin dall’inizio che si tratta di una vision. Anche nella tradizione manoscritta della
Commedia c’è un esemplare, l’Egerton 943 del British Museum, provvisto di una
miniature iniziale con il emdesimo significato (come è stato ben visto dai tre studiosi
americani, Brieger, Singleton e Meiss, autori di una grossa opera su Illuminated
Manuscripts of the divine Comedy). Dante dunque, usando parole bibliche, vuol
significare che quello che seguirà sarà un evento profetico.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 94
Titolo: Lezione 94
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

E di linguaggio biblico e contesta in buona parte di ciò che segue: al v. 7, «Tant’è amra che poco
è più morte» richiama l’Ecclesiastico 41 1 («O mors, quam amara et memoria tua homini pacem
habenti in substantiis suis»): l’apparizione delle tre fiere si riposrta a Geremia 5 6 («Idcirco,
percussit eos leo de silva, lupus ad vesperam vastavit eos, pardus vigilans super civitatem
eorum»); la «seconda morte» -cioè, secondo l’esegesi neotestamentaria corrente, la morte che
sopravviene dopo il giudizio – si chiarisce con Apocalissi 20 14 («et infernus et mors missi sunt in
stagnum ignis. Haec est mors secunda»); al v. 72 «gli dei falsi e bugiardi» è eco di un luogo
agostiniano, già reperito dai commentator, e di un secondo luogo Trovato da mazzoni nel De
civitate Dei, II xxix 2 («deos falsos fallacesque»).
Accanto ai testi sacri soccorrono quelli profane, in particolare testi classici. Il «superbo Ilion» di
75, come si diceva, è il «superbum Ilium» del terzo dell’Eneide. Al superbo Iliòn si oppone
l’«umile Italia» di 106 – comunque debba essere interpretato l’epiteto, si noti che non è ùmile,
ma umìle, cioè un gallicismo -, la quale porta di nuovo all’Eneide, III 522-23, «humilemque
videmus | Italiam»; dove è da sottolineare che il luogo virgiliano evoca l’aurora, precisamente il
punto del giorno in cui l’evento è rappresentato («Iamque rubescebat stellis Aurora fugatis | cum
procul obscuros collis humilemque videmus Italiam»).

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 94/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

FORMA 18

Con l’ultimo alelgato potrebbe esaurirsi questa veloce analisi; ma si termini con
un’osservazione relative al finale del canto. Secondo la leggenda divulgata da Boccaccio,
Dante aveva iniziato la Commedia a Firenze, dove sarebbero stati scritti I primi sette
canti, e l’avrebbe ripresa nell’esilio, come mostrerebbe l’esordio del canto ottavo, «Io dico
cominciando…». In effetti in un libro sulla gensi della Commedia (I due tempi della
composizione della “Divina Commedia”) Giovanni Ferretti cerca di dimostrare, su quella
falsariga, a filo di filologia la legittimità dell’ipotesi che i primi
Canti sarebbero stati composti in una fase molto antica. Ciò che importa stabilire è che
essi sono stati scritti di seguito, e, in particolare, il secondo canto subito dopo il primo.
Entro questo gruppo, che il Ferretti qualifica come linguisticamente più umile, il secondo
canto introduce una novità. Parlando del codice metric si dicev che l’ultima rima del verso
terminale del canto non è irrelata; ma è da aggiungere che quando si frena il movimento
accelerato delle terzine si ha evidentemente un verso più lento, come qui «Allor si mosse,
e io li tenni dietro»: e l’oservazione ha portata generale, cioè vale per I versi finali di tutti
i canti.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 94/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ma l’inizio del canto secondo è altra cosa, poiché ci si presenta un dato sintattico non
attestato in precedenza e che non sarà troppo frequente nel corpo della Commedia.
Grazie alla cesura alquanto eccezionale, i primi emistichi di 1 e 3, «Lo giorno se ne
andava» e «da le fatiche loro», si isolano, operandosi una sorta di elaborazione
dell’endecasillabo in falsi settenari. Ne deriva che si sottende un libretto prosodico di
un tipo e un libretto sintattico di altro tipo: in definitive sussiste una sconcordanza tra
ritmo e sintassi, che – come si diceva – non è per niente diffusa, anche se costituisce
una delle grandi risrse di Dante, che è lo scrivere quasi-prosa all’interno della poesia.
Un passo, dove tale sconcordanza si palesa in termini esemplari, è nell’episodio di
Traiano, nel decimo canto del Purgatorio, ai vv. 82 e seguenti, specialmente nella
parte central, quando la Battuta si inizia nella seconda metà del verso e si conclude
nella prima metà del successive. Importa dunque sottolineare che quell’istituto, così
vivace press’a poco a metà dell’opera, trova i suoi precedent addirittura all’inizio del
secondo canto; e, soprattutto, che esso stabilise tra il primo e il secondoc anto una
sorta di confine, segnato dal fatto che nel primo canto Dante ancora non è pervenuto
a sancire la rottura del parallelism tra lo schema sintattico e lo schema ritmico.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 94/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL PAESAGGIO 1:
L’INFERNO

Al paesaggio della Comoedia dedicò un saggio, negli anni quaranta, il noto critico Attilio
Momigliano, che, ad es. vide nel paesaggio del primo canto dell’Inferno (la selva, la valle,
il colle, il mare) il vero elemento che unificava significato allegorico e significato letterale.
Seguiamo quel lontano saggio, che, pur nel suo approccio psicologico e impressionistico
tipico del critico, non è privo di suggestioni tutt’oggi,nella sua possibilità di radunare gli
elementi di questo elemento, il paesaggio, e poterlo contemplare anche in sé e al di là
dei suoi valori letteralie allegorici.
Scrive Momigliano che la Commedia è, oltre tutto, la descrizione di un viaggio ricco di
vedute e di peripezie. Il poema ha il suo interesse anche considerandolo come uno
“stupendo giaggio fiabesco”.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 94/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

La voragine desolata dell’Inferno; il monte del Purgatorio che tende, con le sue rupi
ardue, verso la luce e gli sfondi celesti; I cieli del Paradiso sono tutta una
rappresentazione di stati d’animo, tanto più viva perché aliena dale scorperte
corrispondenze affettive fra l’uomo e il paesaggio che sono caratteristiche del
romanticismo.
Non si può non sentire nel preludio Silvestre del poema una vigorosa suggestione del
significato spirituale attraverso quello letterale. Fra quella gran selva e aspra e forte
quell piccolo uomo sperduto sembra anche più sperduto, e l’oppressione del peccato
sembra – in questa forma – così soverchiante come difficilmente potrebbe esembrare
in un’espressione puramente psicologica: l’uomo è nulla, la selva – l’orrore del vizio –
è tutto. Il terzo canto sugella nella «livida palude», da questa tinta, da questo tragico
barlume dell’orizzonte, che Dante accenna solo e che pure si stende dovunque come
il colore che evapora naturalmente da quell’affollarsi di dannati che hanno lasciato
«ogni speranza». Perfino il terremoto che chiude il canto, è in armonia con quella
tinta di corruccio che ne domina lo sfondo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 94/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL PAESAGGIO 2
ILPURGATORIO

Il paesaggio del Purgatorio era stato annunciato dal terzo canto dell’Inferno: nella
semioscurità si intravede un castello in un’oasi luminosa; un «prato di fresca verdura»:
sorpresa paesistica, che risponde a sua volta al significato spiritual di quell’oasi.
L’orizzonte del primo canto del Purgatorio ha una vastità nuova in confront con l’angustia
dell’Inferno: e anche questa vastità, come il riposo che spira dal mare e dal cielo, induce
il lettore in uno stato d’animo insolito.
L’Inferno pare senza spazio; il Purgatorio pare tutto spazio. I personaggi del
primo risultano sullo sfondo e vi spadroneggiano, come gruppi di figure tumultuanti in un
sotterraneo angusto; quelli del secondo sfumano nello sfondo, come isole lontane nel
mare tranquillo.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 94/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Ma c’è di più: nel Purgatorio albe, meriggi, tramonti, notti sono già più belli e più
solenni che nella terra; le ore che trapassano nel Purgatorio, sono più sante.

E già ’l poeta innanzi mi saliva,


E dicea: « Vienne omai: vedi ch’è tocco
Meridian dal sole ed a la riva
cuopre la note già col piè Morrocco».

Chi ha a mente il contest, deve pensare che Dante non descriverebbe con un tono
così alto un mezzogiorno, un tramonto, un’aurora della terra. Le ore del Purgatorio
hanno un valore diverso: si sente che ognuna conta, ognuna pesa nella storia eterna
dell’anima. Infatti, se nell’Inferno la condanna è eternae senza riscatto, quindi senza
tempo, nel Purgatorio la speranza si profila alla fine del tempo che vi si deve passare.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 95
Titolo: Lezione 95
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL PAESAGGIO 3:
PURGATORIO

Siamo lontani dalla terra; e questo non si avverte solo per qualche verso isolato, in cui
Dante sembra avere più immediate il senso della prodigiosa distanza che lo separa dalla
scena della vita: «Deh, quando tu sarai tornado al mondo, E riposato de la lunga via»;
«Quando sarai di là da larghe onde»; «Vespero è già colà dov’è sepolto | lo corpo dentro
al quale io facea ombra»: com’è remoto il sepolcro di Virgilio! – Si avverte per una
ragione più forte: tutte le ore del Purgatorio sembrano segnate sopra una meridian che
porti scritto in fronte un austere insegnamento. La luce s’alza, l’ombra che sopraggiunge,
non mutano soltanto l’aspetto del monte e del cielo: la bellezza dell’ora che passa è più
morale che materiale: «Fugit irrevocabile tempus». Mentre Dante guarda la curva del
sole, la sua parabola solenne tradisce il senso dell’eterno cui confluisce ogni ora.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 95
Titolo: Lezione 95
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Il tramonto del Purgatorio è una cosa diversa da quello della terra: Dante ne ha
fatto, senz’ombra di riflessioni, una melodia di raccoglimento e di fiducioso
abbandono. Dentro il silenzio e ele ombre che scendono, l’anima si ripiega su se
stessa: e Dante non ha bisogno di dire cosa essa pensi e senta: e Dante non ha
bisogno di dire cosa essa pensi e sente. Già nel canto settimo si alza questa nota
grave e solitaria, che diventerà sinfonia nel principio del canto ottavo e nella scena
della preghiera:

Ma vedi già come dichina ‘l giorno…


Anime sono a destra qua remote…
Sola questa riga
Non varcheresti dopo ‘l sol partito…
…Mentre che l’orizzonte il dì tien chiuso.

La legge, spiegata da Sordello, che di note non si può salire nel Purgatorio, non fa
impression per sé, ma per quest’ombra che le parole di Sordello diffondono, perché
sembra che il passo del Pellegrino s’arresti, avviluppato nel misterioso impedimento
delle tenebre che già sommergono il monte.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 95/S1
Titolo: Lezione 95
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL PAESAGGIO 4:
PARADISO

Non potendo collocare il Paradiso in un ambiente di cui avesse esperienza, Dante lo


collocò nel sistema astronomico del suo tempo: il Sistema tolemaico.
Per un certo rispetto, nel Paradiso la direzione dell’arte di Dante si sposta. Il dramma
cessa quasi del tutto e cede il luogo alla lirica; le sorprese degli incontri, dei contrasti e
degli scambi spirituali fra Dante e le anime dileguano in una unanimità in cui la varietà
non può nascere che dalla minore o maggiore intensità di toni; gli intimi moti spirituali
del Paradiso sono più di Dante, il quale si sente continuamente sormontare sopra se
stesso, che delle anime, le quali sono poste dal poeta in una condizione static ed uguale
per tutti – di spiriti beati in eterno. Quindi anche nel Paradiso la poesia insiste sul
paesaggio, su questo motive che in tutto il poema rifrange in se stesso lo stato d’animo
fondamentale dei singoli regni.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 95/S1
Titolo: Lezione 95
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’anelito religioso sempre più otente che spinge Dante di cielo in cielo, non ha altro
punto d’appoggio che la descrizione di quell paesaggio oltreterreno che dilaga d’ogni
intorno. Forse era questo del paesaggio l’unico mezzo di espressione della
beatitudine che permettesse a Dante di evitare I vaneggiamenti mistici ed impoetici
di Jacoponee di contrastare le continue tentazioni della teologia rimata.
Man mano che Dante sale, l’orizzonte esterno e l’orizzonte interno si allargano: ma
senza il primo, il secondo svanirebbe: senza il paesaggio, la poesia del Paradiso si
disperderebbe. Il paradise dal canto XXII alla fine è pieno di poesia cosmica e di
poesia spiritual; e l’una si riversa nell’altra e le fa da comment musicale e da sfondo.
Ad ogni salita aumenta la luce; ogni aumento di luce dice che la beatitudine
aumenta. Anche qui la scena esteriore dice la storia intima, la conquista graduale
della verità; dice, osembra dirla: in realtà ne dice solo il sentiment perché l’oggetto di
quella virtù sfugge alla mente dell’uomo.
Andrà fatta una postilla. La luce va aumentando man mano dal «cieco csarcere»
dell’Inferno al paradise. Ciò è necessariamente collegato alla filosofia tomista. La luce
e le sue gradazioni, nel percorso di grazia teorizzato da S. Tommaso è infatti di
portata enorme. La luminosità è quasi l’unica caratteristica riconoscibile all’uomo
delle caratteristiche del divino.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 95/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL PAESAGGIO 5:
IL PARADISO

In quest’ascesa mistica c’è una gradazione, qua più evidente, là meno. Essa comincia da
quell’alba di beatitudine che è il cielo della luna, ed è sempre intrecciata – più che fusa –
con un’ascensione intelelttuale. La poesia del Paradiso sono, veramente, quell respire più
largo dell’anima di Dante, quello spaziare sempre più largo, e – a quando a quando –
quelle fulgurazioni di piùm alta luce, che lo lasciano per un momento oppresso, e subito
dopo lo fanno capace di più luminose visioni.
Per noi il Paradiso è ciò che al di sopra di noi e, più, ogni note, e non lo possiamo
attingere: il cielo con I suoi astri. Il Paradiso di Dante è la poesia del cielo, descritta con
un crescent respire di gaudio.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 95/S2
Titolo: Studio 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Questo respire, con il suo ritmo che sale, dà a quegli spettacoli noti un ritmo ignoto,
sovrumano. È il sentimento di Dante che rende sovrumani questi spettacoli che tutti
gli uomini godono ogni giorno dalla terra.
Così Dante ha trovato la materia del suo sentimento, e così l’ha animate.
Uno dei gorghi luminosi del Paradiso è tra il canto XXII e il XXIII, che dalla salita
vorticosa delle anime di Saturno su per la scala varca sino all’Empireo, allo
scomparire di Maria verso quella remotissima plaga, è tutto un turbinoso e insieme
chiaro succedersi e sopravanzare di spettacoli paradisiaci. Nel canto XXIII quasi tutto
– imagine, suono, sentiment, idea – è rtascendentale: anche le immagini più
modeste sembrano trasportate in un’altra atmosfera.
A questi spettacoli seguono alcuni canti che sembrano di sosta, ma conservano
l’afflato di quelli che precedono e sono come innalzati dal soffio sovrumano di quelle
visioni: sono i canti in cui Dante è esaminato nella fede, nella speranza e nella carità.
Non tutto in questi canti ha un uguale respire: ma certo l’esame della fede ha lo
scheletro della scolastica e l’anima d’una sonata d’organo; e si sente che questi
esami vengono dopo che tanti spettacoli hanno innalzato Dante sopra se stesso; e un
po’ dovunque ci sono vertici ardenti di religiosità.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 95/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

IL PAESAGGIO 6:
IL PARADISO

E qui, nell’esame della fede, vien fuori l’affermazione fondamentale del Paradiso, la
certezza che ora, dopo l’esperienza di quiei cieli, è ben chiara nella coscienza di Dante:

…Io credo in uno Dio


Solo ed eterno, che tutto il ciel move,
Con moto, con amore e con disìo.

Ormai una musica profonda corre quasi continua nella compagine di questi canti; ed è il
linguaggio di una gioia divenuta ineffabile. Ormai la forza della poesia dantesca è, più
che nell’imagine – necessariamente non superior alle nostre esperienze terrene -, nel
fervore del ritmo, che è l’unico mezzo col quale l’uomo possa significare ciò che lo
soverchia.

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Corso di Laurea: FILOLOGIA MODERNA
Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 95/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’indefinite forza d’irradiazione e di suggestione della musica è il mezzo espressivo


del sovrumano. Per quanto il Paradiso dantesco salga evidentemente verso sempre
più vasti paesaggi, certo esso rimane nella fantasia sopra tutto come un’ascensione
musicale: un ritmo sempre più pieno, più sovrano, e insieme sempre più smarrrito.
Catene di parole che si allargano come immensi e armoniosi giri concentrici, periodi
ascendenti in volo solenne, danno la sensazione di quell’immense ascesa mistica di
Dante. Quello che altri religiosi, di diversa tempra, cercarono di dire con il significato
delle parole – e non vi riuscirono -, Dante lo disse con la musica delle parole. Il
significato delle parole è intellegibile, la loro musica è trascendente; dal letto definite
di quella regale fiumana di parole si riversa d’ogni parte un fiotto di musica senza più
confini. L’istinto poetico di Dante e la sua natura di uomo saldamente legato alla
rezltà gli hanno impedito di smarrire i suoi impeti religiosi nelle esclamazioni
indeterminate e disordinate. Sicché il suo Paradiso è ancora la nostra terra, l’universe
che vediamo noi, nelle sue parvenze più belle, con le sue line grandiose ma limitate,
ma con una vibrazione intima sconfinata, con un anelito immense: questo anelito,
questa musica costituiscono la divinità del Paradiso dantesco.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 96
Titolo: Lezione 96
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METRICA 1

L’endecasillabo è un verso di 11 sillabe metriche, con accento principale obbligato in


decima posizione. L’articolazione ritmica dell’endecasillabo prevede, nel tipo prevalente
(detto per questo canonico), oltre all’accento fisso di decima, almeno un accento
principale di quarta (4a, 10a) o di sesta (6a, 10a).
Quando in un verso si conteggiano le sillabe è necessario tener conto che il computo
metrico non corrisponde sempre con quello grammaticale, poiché è soggetto alle figure
metriche (sineresi, dieresi, sinalefe e dialefe) che intervengono alterando la nozione
stessa di sillaba. Molto spesso nello stesso verso si trovano più figure metriche. Sinalefe
e dialefe agiscono sul legame fra due parole contigue; la sineresi e la dieresi, agiscono
analogamente, ma all’interno di una parola.

Sinalefe (dal greco synaléipho "confondo insieme"), consiste nella fusione di due vocali
contigue, appartenenti a parole diverse che vanno a formare un’unica sillaba metrica.

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 96
Titolo: Lezione 96
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Esempi:
“esta selva selvaggia e aspra e forte”
Sinalefe fra /-gia/ ed /e/

"Solo e pensoso i più deserti campi…"


(Petrarca, Canzoniere, XXXV, v.1) - si contano tredici sillabe; in realtà si tratta di un
endecasillabo, perché contiene due sinalefi, "Solo-e" e "pensoso-i" - So-lo e- pen-so-
so i- più- de-ser-ti- cam-pi.

"…di gente in gente, me vedrai seduto…"


(U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v.2) - la e di gente si fonde con la i di in,
formando un'unica sillaba. Il verso risulta in tal modo di 11 sillabe e non di 12.

"Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono…"


(Petrarca, Canzoniere, I, v.1)

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Insegnamento: LETTERATURA ITALIANA
Lezione n°: 96/S1
Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METRICA 2
"Dolce e chiara è la notte e senza vento…"
(G. Leopardi, La sera del dì di festa, v.1)

"…e tu non torni ancora al tuo paese!…"


(G. Pascoli, Lavandare, v.8).

"…e il naufragar m’è dolce in questo mare."


(G. Leopardi, L’infinito, v.15);

"…nel muto orto solingo…"


(G. Carducci, Pianto antico, v.5).

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Titolo: Studio 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

DIALEFE
Dal greco dialéipho, "separo"), è una figura metrica che consiste nel tenere distinte,
nel computo delle sillabe, due vocali, delle quali una posizionata alla fine di una
parola e una all’inizio della successiva (la dialefe è dunque il contrario della sinalefe).
Si applica spesso in presenza di monosillabi o di sillabe fortemente accentate.

Esempi:
“esta selva selavaggia e aspra e forte”
Dialefe tra /e/ ed /a-/

"…tant’era pien di sonno a quel punto…"


(Dante, Inferno, Canto I)
va scandito così tan-t’erapiendisonnoaquelpunto, ottenendo il computo di 11 sillabe
metriche.

"…O Alberto tedesco ch'abbandoni…"


(Dante, Purgatorio, Canto VI)
va scandito così OAlbertotedescoch'abbandoni, la o iniziale non si unisce con la a di
Alberto e si ottiene dunque il computo di 11 sillabe metriche.

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Lezione n°: 96/S2
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Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METRICA 3

"…E tu che se' costì, anima viva…"


(Dante, Inferno, Canto III, v.88)
va scandito così Etuchese'costì,animaviva, la ì di costì non si unisce con la a di anima e
si ottiene dunque il computo di 11 sillabe metriche.

"…vedi colà un angel che si appresta…"


(Dante, Purgatorio, Canto XII)
va scandito così vedicolàunangelchesiapprestra.

DIERESI (dal greco diáiresis,, "separazione"), è un artificio della lingua poetica che
consente di dividere in due sillabe un nesso vocalico che normalmente ne costituisce una
sola, cioè due vocali che normalmente costituiscono dittongo formano invece uno iato.
La dieresi si indica graficamente ponendo il segno diacritico (due puntini posti sopra la
vocale più debole).

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Facoltà di Lettere

Esempi:
"…Dolce color d’orï/ental zaffiro…"
(Dante, Purgatorio, I, v.13)
"…orïental…" va letto come se fosse scandito in quattro sillabe ("o-ri-en-tal"), il verso
è dunque un endecasillabo: Dol-ce- co-lor- d’o-rï-en-tal- zaf-fi-ro.

"…A te convien tenere altro vï/aggio…"


(Dante, Inferno, Canto I)

"…lui folgorante in solï/o…"


(A. Manzoni, Cinque maggio, v.13.)

"…e arriso pur di visï/on leggiadre…"


(G. Carducci, Funere mersit acerbo, v.10 .)

"…con ozï/ose e tremule risate…"


(G. Pascoli, I puffini dell’Adriatico, v. 6.)

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Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

METRICA 4

SINERESI
Sineresi (dal greco synáiresis, "il prendere insieme"), fenomeno opposto alla dieresi, è
un artificio della lingua poetica che consiste nella contrazione di due sillabe in una
all'interno di una parola.

Esempi:
"…morte bella parea nel suo bel viso…"
(Petrarca, Canzoniere,Trionfo della morte, v.172)
la sineresi interviene due volte (parea, suo).

"…Lo ciel perdei, che per non aver fé…"


(Dante Alighieri, Purgatorio, VII, v.8)

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Lezione n°: 96/S3
Titolo: Studio 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

"…e fuggiano, e pareano un corteo nero…"


(G. Carducci, Davanti San Guido, v.75)

"…ed erra l'armonia per questa valle…"


(G. Leopardi, Il passero solitario, v.4)

"…su la tua pietra o fratello mio, gemendo…"


(U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v.3) - generalmente si ha sineresi con
parole come mio, tuo, tua, ecc.

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