E che piu precisamente li espropria, in parte o per
intero, dell~ loro proprietà iniziale, della loro proprietà piu propria - vale a dire della loro stessa soggettività. Arriviamo cosi ad un rovesciamento di centoottanta gradi della sinonimia comune-proprio inconsapevolmente presupposta dalle filosofie comunitarie e al ristabilimento della barra oppositiva fondamentale: il comune non è caratterizzato dal proprio, ma dall'improprio - o, piu drasticamente, dall'altro. Da uno svuotamento - parziale o integrale - della proprietà nel suo negativo. Da una depropriazione che investe e decentra il soggetto proprietario forzandolo ad uscire da se stesso. Ad alterarsi. Nella comunità, i soggetti non trovano un principio di identificazione - e neanche un recinto asettico entro cui stabilire una comunicazione trasparente o, magari, il contenuto da comunicare. Essi non trovano altro che quel vuoto, quella distanza, quella estraneità che li costituisce mancanti a se stessi: 'donanti a', in quanto essi stessi 'donati da'" un circuito di donazione reciproca che trova la propria peculiarità appunto nella sua obliquità rispetto alla frontalità del rapporto soggetto-oggetto, o alla pienezza ontologica della persona (se non nella formidabile duplicità semantica del francese personne: 'persona' e 'nessuno'). Non soggetti. O soggetti della propria mancanza, della mancanza di proprio. Di un'improprietà radicale che coincide con un'assoluta contingenza - o semplicemente 'coincide': cade insieme. Soggetti finiti - tagliati da un limite che non può essere interiorizzato perché costituisce precisamente il loro 'fuori'. L'esteriorità su cui essi si affacciano e che li penetra nel loro comune nonappartenersi. Perciò la comunità non può essere pensata come un corpo, una corporazione, in cui gli individui si fondano in un individuo piu grande. Ma non va intesa neanche come il reciproco 'riconoscimento' intersoggettivo in cui essi si specchiano a conferma della loro identità iniziale. Come un legame collettivo venuto ad NIENTE IN COMUNE xv un certo punto a connettere individui prima separati. La comunità non è un modo di essere - o, tantomeno, di 'fare' - del soggetto individuale. Non è la sua proliferazione o moltiplicazione .. Ma la sua esposizione a ciò che ne interrompe la chiusura e la rovescia ali' esterno - una vertigine, una sincope, uno spasmo nella continuità del soggetto. La 'rosa' comune del suo essere 'nessun soggetto': Niemandsrose- o ancor meglio «rose de personne»" come avrebbe detto della comunità, appunto deponendosi nell'ultimo munus, il piu grande poeta contemporaneo. Naturalmente tale esposizione - o dedizione: munus di sé - non è avvertita come indolore dal soggetto che la sperimenta. Essa - spingendolo a contatto con ciò che egli non è, con il suo 'niente' - è la piu estrema delle sue possibilità, ma anche la piu rischiosa delle minacce, come del resto era già largamente implicito nella semantica sempre arrischiante, se non polemogena, del donumdamnum espressa con straordinaria. aderenza nel virgiliano timeo Danaos et dona /erentes (Aen., II, 49): non benché, ma perché, portano doni. Ciò che ciascuno teme, nel munus 'ospitale' e insieme 'ostile' - secondo l'inquietante contiguità lessicale hospes-hostis" - è la perdita violenta dei confini che, conferendogli identità, gli assicurano la sussistenza. Bisogna tenere sempre presente questo doppio volto della communitas: essa è con