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6 gennaio 2005 Il Sole 24 Ore

IL FUTURO DEL CAPITALISMO - Politiche lungimiranti, attenzione alla ricerca, pi concorrenza, redistribuzione dei redditi, rispetto dell'ambiente: sono alcuni obiettivi da raggiungere per una maggiore e globale crescita economica

Sviluppo, meglio se sostenibile


Formazione, efficienza delle grandi organizzazioni e dialogo tra le culture di CORRADO PASSERA

L'aumento della ricchezza complessiva alla base della crescita dei livelli di democrazia, di libert, di opportunit, anche se non sempre il rapporto automatico. Se non c' crescita economica, tutti i problemi diventano pi difficili da gestire e chi ne fa le spese sono soprattutto i pi deboli. Nel mondo abbiamo bisogno di pi crescita e di crescita migliore, cio sostenibile. Nel qualificare il termine "sostenibile", non possiamo limitare la sua accezione al tema ecologico, anche se questo aspetto decisivo. I rischi. Il tema della crescita riguarda anche Europa e Italia. Se non riprenderemo a crescere a ritmi sostenuti, la mancanza di nuove risorse metter a rischio l'equilibrio del nostro contratto sociale, del nostro modello di societ, del "welfare state" a cui siamo abituati. Se fino a oggi la nostra societ ha creato occupazione e benessere perch le varie componenti dell'economia, fatte di privato e di pubblico, di competizione ma anche di garanzia sociale, si sono integrate. Senza crescita economica questo equilibrio si incrina. Di fronte alle nuove povert che vediamo ogni giorno aumentare anche nelle nostre citt, dobbiamo porci ancora pi fortemente il tema della crescita. Ci sono tanti tipi di crescita economica, di capitalismo, di globalizzazione. Dobbiamo trovare consenso intorno a una definizione di crescita sostenibile - non soltanto ecologicamente sostenibile - sulla quale poi prendere impegni precisi. Ecco cosa intendo per crescita sostenibile.

Il lungo termine. Anzitutto, una crescita strutturale. Non la crescita che anche alcune regioni del nostro Paese o alcuni Paesi hanno avuto in certe fasi economiche, dovuta a "droghe economiche", a investimenti "effimeri", legati a specifiche contingenze o a politiche di sussidio. La crescita sostenibile deve fare i conti con il lungo termine. Una definizione che in questo momento storico non di gran moda, perch siamo tesi a vedere che cosa accade entro il prossimo trimestre o le prossime elezioni. Quando siamo fortunati, sentiamo parlare di impegni da realizzare entro la legislatura: gran parte dei problemi della societ ha soluzioni che non sono compatibili con tempi di questo genere. La ricerca. una crescita innovativa: soprattutto nei Paesi sviluppati dobbiamo impegnarci maggiormente perch la crescita provenga in particolare da nuovi settori, da nuove tecnologie, dall'innovazione, dalla ricerca. Ci siamo detti a Lisbona, alcuni anni fa, qual la ricetta per rimettere in moto l'Europa: se non arriviamo al 3% di investimenti in ricerca sul nostro Pil, il gap nei confronti degli Stati Uniti diventer incolmabile, mentre incomber sempre pi il peso delle economie emergenti. In Paesi come il nostro, la crescita non sostenibile se non fortemente innovativa, se cio non sostenuta da un grande sforzo di ricerca. Alcuni Paesi europei si stanno impegnando seriamente e si stanno allineando, altri Paesi, e fra questi purtroppo l'Italia, dall'1,5% di pochi anni fa sono addirittura scesi. Crescita aperta a tutti. una crescita sostenibile: una crescita aperta a tutti. In molti casi lo a parole, non nei fatti. Quando un continente ha la politica agricola dell'Europa, che consuma in sussidi met del budget, chiudendo questa possibilit di commercio - e quindi di crescita - a Paesi che avrebbero le caratteristiche per farlo, e potrebbero in questo modo innescare il loro sviluppo, non ci stiamo certo adoperando per la crescita sostenibile. Non vuol dire che tutti gli aiuti all'agricoltura siano sbagliati, perch ci sono settori dove giusto che l'Europa si impegni anche con una politica di supporti economici. Ma pensate che ciclo virtuoso si potrebbe innescare se met - solo met - di quelle risorse andassero ai centri di ricerca di eccellenza di tutta Europa e a progetti di innovazione. L'ambiente. una crescita eco-compatibile: gi molti ne hanno parlato diffusamente. Vorrei soprattutto sottolineare l'importanza di un'etica del limite, intesa come cultura positiva del rispetto per l'ambiente a favore delle generazioni che verranno. Concorrenza. una crescita competitiva: la crescita non sostenibile nel lungo periodo se non basata sulla concorrenza. Naturalmente non in quei settori dove bisogna

produrre valore sociale: qui si possono ottenere risultati migliori con meccanismi pi complessi da gestire, ma pi efficaci della competizione. Ma in tantissimi settori dell'economia la concorrenza il motore che seleziona in maniera corretta gli operatori. Crescita competitiva un concetto sul quale tutti si dicono d'accordo, ma spesso solo fino al limite del proprio specifico settore. In Europa, e in Italia in particolare, abbiamo tanti comparti che se maggiormente liberalizzati potrebbero produrre pi crescita per la societ: ci non accade per la forza delle lobby che difendono i propri interessi, o per debolezza della politica. Da qui l'importanza delle legislazioni antitrust e della qualit delle Autorit che devono promuovere la concorrenza. Laddove si va a sostituire un monopolista, i nuovi operatori hanno bisogno di supporti e difese, anche attraverso asimmetrie. Ricordo quando abbiamo creato Omnitel in Olivetti: non sarebbe stato sufficiente dare la licenza a Omnitel perch questa si facesse automaticamente spazio in un settore totalmente controllato dal monopolista. Bisognava, e l'Europa ha avuto un grande ruolo, creare le condizioni di base perch si potesse stabilire un nuovo operatore; sotto gli occhi di tutti la crescita che derivata dall'apertura del mercato della telefonia mobile. Redistribuzione. una crescita distribuita: il concetto di "distribuito" attiene alla distanza che si sta sempre pi creando tra chi ha molto e chi ha poco. Non si tratta di bloccare la crescita della ricchezza di chi lecitamente la produce, ma bisogna mettere in atto - anche con meccanismi non di mercato - interventi redistributivi in grado di portare a livello di sussistenza chi ancora oggi vive in condizioni subumane. Bisogna favorire e distribuire la crescita con un'etica della cooperazione internazionale forse un po' pi rigorosa di quella che in molti casi abbiamo sperimentato finora. Questa definizione di crescita sostenibile (strutturale, innovativa, aperta a tutti, ecocompatibile, competitiva e distribuita) importante, ma non sufficiente. Come ricordava Bob Kennedy, nel prodotto nazionale lordo vi sono elementi che non ci fanno stare meglio se crescono o aumentano. Il Pil - ricordava Kennedy - misura tutto, in breve, eccetto ci che rende la vita valevole di essere vissuta e pu dirci tutto, eccetto se siamo orgogliosi di essere americani. Al di l della retorica, dobbiamo fare attenzione a come misuriamo le performance della nostra politica o delle nostre aziende, a non usare solo indicatori facili perch sono gli unici disponibili. Probabilmente non esiste un indicatore globale che permetta di includere tutti gli aspetti rilevanti per valutare la qualit delle nostre societ. L'indicatore

dell'Onu per misurare lo sviluppo umano, che comprende elementi come le aspettative di vita e il livello di istruzione, fa parte di quelli che vanno nella giusta direzione. Le leve. C' ancora il tema delle leve che abbiamo a disposizione per muovere il mondo e ciascuno il suo piccolo pezzo di mondo - nella direzione della crescita sostenibile. Se ne dovessi scegliere tre, direi anzitutto che i fondi per istruzione, formazione e ricerca sono ben spesi. Dobbiamo poi rafforzare e rendere pi efficaci ed efficienti le grandi organizzazioni internazionali (Onu, Wto, Oms, Unesco, Fao ecc.), anche per aumentare la loro legittimazione democratica. Infine, il dialogo, il confronto e il rispetto delle varie culture umane, l'amore per le differenze, che sono il sale del mondo. La crescita sostenibile sar tale se avverr a livello mondiale. La crescita sostenibile non amata da tutti, perch mette in dubbio posizioni di rendita e di comodo. Abbiamo perci bisogno di gente coraggiosa, oltre che creativa e competente; dell'universit che ci aiuti a sviluppare una teoria del valore un po' meno becera di quella di moda negli ultimi anni, dove valore uguale alla capitalizzazione di Borsa. Come se l'andamento del prezzo in Borsa da un giorno all'altro possa essere in qualche modo significativo del valore intrinseco di ci che un'azienda costruisce nel medio periodo. Dovremo sviluppare indicatori capaci di valutare la sostenibilit di un'azienda o di un settore nel medio-lungo periodo. Per questi problemi non esistono soluzioni facili, ma non possiamo neanche pi sostenere: Il mondo vada come vuole, perch la mano invisibile lo far andar bene. Questa ideologia da quattro soldi, non ha mai funzionato. Il mondo ha bisogno di politiche lungimiranti, di regole adeguate e rispettate e di gente di buona volont che promuova il miglioramento. La rivista L'articolo di Corrado Passera che pubblichiamo in questa pagina un ampio stralcio dell'intervento tenuto in settembre all'Universit Cattolica in occasione dell'incontro Religioni e cultura, il coraggio di un nuovo umanesimo e riportato sulla rivista Vita e Pensiero in uscita luned prossimo. Tra gli altri apporti alla rivista, l'articolo di Vincenzo Cesareo, ordinario di sociologia, su una indagine nazionale sulle aspettative dei giovani (S ai valori, no ai partiti. Ecco gli adulti giovani in Italia). Quello di Michael Walzer, docente di scienze sociali all'Institute for Advanced Study all'Universit di Princeton: L'ingerenza umanitaria, riscriviamo le regole.

E l'analisi a cura di Franco Arnone, docente di politica economica e funzionario dell'Fmi, Paesi poveri, passi avanti sul debito estero.

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