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CINEMA E POLITICHE DEL VINO

Di Francesco Mangiapane

Il vino è al centro di numerose scene cinematografiche. Lo champagne diventa per la funzionaria


del partito comunista Ninotchka emblema di leggerezza e sfarzo.

Il vino svolge nel film “Notorious, l’amante perduto” una


duplice funzione: pozione e veleno. Il film punta sulla perdita
di controllo – indotta dall’alcol come veleno – che costituisce
un sottile piacere e un pericolo mortale.

Nel film “La mia notte con Maud” il vino, durante una cena a casa
dell’altoborghese Maud, diventa oggetto di conversazione. Durante la
cena, Jean Louis lo prende ad esempio come piacere gastronomico,
criticando Pascal, il quale invece non presta la dovuta attenzione verso
lo stesso. Il regista Eric Rohmer quindi utilizza la critica fatta a Pascal
come un modo per sottolineare il valore estetico della mondanità, del
quotidiano e della gastronomia in generale.
Nel film “Pranzo di Babett”, ambientato in un villaggio di protestanti a
fine ‘800, Babbett, preparando una cena francese, riesce a manipolare
i suoi ospiti. Grazie al vino, lo stesso riesce a scioglere le ostilità tra i
membri della comunità protestante, creando tra loro un’atmosfera
amichevole.

In “The Invitation”, film Horror, si svolge un wine party. Will, ex


marito di Eden, viene invitato nella caso dove stavano insieme e
dove ora convive con il nuovo marito David. Qui si svolge una
riunione di vecchi amici. Il vino qui ha una funzione evocatrice: fa
emergere i ricordi dei tempi trascorsi insime. Durante la
degustazione Eden e il nuovo marito David chiariscono il motivo per il quale sono tutti riuniti a
casa sua. Questo motivo è la presentazione della loro setta, di cui loro hanno iniziato a far parte
dopo il divorzio. Durante la serata, attarverso la confuzione fatta emergere dai segreti dei due, si
viene a creare un noi esclusivo. Il brindisi, quindi il vino, rappresenta un momento di
avvelenamento, smascherato dall’ex marito Will. Il vino ha qui una funzione antropologica e
religiosa, legato alla ritualità.
FILM SUL VINO
Gli esempi cinematografici sopra menzionati, sono utilili a mettere in luce una piccola parte di
falsità di senso che il vino può svolgere, come attore del gusto, nei film in cui esso è consumato.
Tuttavia, da qualche tempo il vino ha acquistato una grande visibilità, ispirando moltissimi film che
della sua rappresentazione ne fanno il fulcro. Tra questi film abbiamo:
- Sindeway, il viaggio con Jack
- Un’ottima annata;
- La grande annata;
- I giorni della Vendemmia;
- Finché c’è prosecco c’è speranza;
- Wine to Love;
- Wine Country;
- Il somelier
A questi, che sono solo alcuni dei film che trattano il tema del vino, si possono aggiungere i
documentari, tra cui:
- Mondovino;
- Rupi del vino;
- Resistenza naturale;
Nei film “Il pranzo di Babette”,”Big Night”, “Chicolat”,”Un tocco di zenzero”,”Julie e Julia”, “Amore,
cucina e curry”,la società è retta da un’ideologia astratta che privilegia la dimensione accessibile a
discapito di quella sensibile. Se i film culinari, incentrati sulla gastronomia, pone il problema
dell’alterità (oggettività) e della convivenza fra soggetti diversi, i film sul vino, battendo una strada
diversa, si configurano come narrazioni del ritorno, in cui gli eroi sono chiamati da destino per
riprecorrere la loro vita, ricongiungensosi grazie al vino alla loro identità profonda. Questo
percorso da una parte è legato alla produzione del vino, dall’altra al consumo dello stesso.
RACCONTI DELLA PRODUZIONE
Tutte le storie legate al vino hanno a che fare con una tensione fra città e campagna. La coltura del
vino, nei film, viene raccontata come un’ àncora di salvezza, rappresentando un’ambiente più
vivibile rispetto alla fabbrica.
In “Finché c’è prosecco c’è speranza” c’è la
contrapposizione tra la coltivazione di prosecco e
un cimentificio. Qui, l’industrializzazione viene
accusata di distruggere il paesaggio e avvelenare i
lavoratori e gli abitanti dei dintorni. Il vino per la
gente del posto rappresenta il cambiamento, il
progresso; un’alternativa all’industrializzazione.
Nel film “Racconto d’autunno”, Magali, rimasta vedova, si
trasferisce a casa del padre. Dopo la morte di quest’ultimo
eredita la vigna. Da questo momento si dedicherà a produrre
buon vino. Il suo carattere, che rispecchia quello delle
campagne, è ruvido ma sanguigna, solidare ma generoso. Il
trasferimento dalla città alla campagna, ha permesso alla
protagonista di ricostruire una nuova identità e di un lavoro. I
contadini vicini la considerano una “fanatica” perché ha deciso di coltivare senza usare agenti
chimici. A un certo punto, la donna conduce l’amica Isabella a visitare la sua vigna, spiegandole
che la sua contivazione è una forma di artigianato e non di sfruttamento della terra.
Successivamente, Magalini porta l’amica Isabbella al confine tra il suo vigneto e quello vicino,
invitandola a soffermarsi su le due vigne: da una parte troviamo delle piante senza filo d’erba,
dall’altra parte un vero e proprio ecosistema vegetale, popolato da erbe diverse.
Nel documentario “Resistenza naturale”, incentrato sulla
virticolrura, in una seuqenza, come Magali fa con Isabella,
uno dei virticoltori porta il regista al confine delle sue
vigne, indicandogli la differenza fra la sua vigna e quella
del vicino.

Molti film dedicati al fino chiamano in causa in causa i protagonisti delle loro storie per fare conti
con il passato. Si costituiscono in questo caso forme che rompono il dissidio fra il passato e il
presente per rilanciarsi verso il fututo.
E’ il caso di “Un’ottima annata, a good Year”, film che si apre
con un ritorno al passato in cui il protogonista, allora bambino,
gioca a scacchi, immerso nella colorata natura francese, con lo
zio, suo tutore. Quest’ultimo cerca di educare il nipote sui
valori della coltivazione del vino. Successivamente il racconto si
sposta al presente, a Londra, dove il piccolo Marx è un
ricchissimo broker. E’ la morte dello zio a segnare una svolta:
Max, apprendendo di aver ricevuto in eredità il casale dello zio, ritorna in Francia dove cerca di
sbrigare le pratiche burocratice per vendere la proprietà. Lo stesso Marx è incapace di capire il
messaggio, di il valore di utilità che possa revestire per la sua vita da maneger. Non riesce a
riconoscere il valore che la vigna riveste dal punto di vista familiare e del territorio. E’ proprio
quando cerca di vendere la proprietà, che la storia assume una direzione diversa; si assiste a una
sorta di percorso di formazione, maturando una consapevolezza nuova. Infatti, passeggiando fra le
vigne, frequentando le vecchie maestranze del casale e gli abitanti della zona, interagendo con la
figlia dello zia giunta dalla California, inizia a ritorvare quell’identità che lo lega alla sua terra.
RACCONTI DEL CONSUMO
Altri film si soffermano sul consumo del vino. Tra questi abbiamo:
- “Sindeways, in viaggio con Jack”;
- “Sainti Amour”.
Entrambi i film propongono un viaggio fra le regioni del vino, compiuto da due protagonista. Nel
primo caso due amici, nel secondo padre e figlil.
In “Sindeways, in viaggio con Jack”, Milles e Jack, i due
protagonisti, raggiungono i terreni in cui viene prodotto il
vino. Dal carattere opposto, uno ipersensibile con il sogno di
diventare scrittore, l’altro un attore di scarso livello,
palestrato e donnaiolo. Questa opposizone di carattere si
manifesta anche nell’approccio col vino: Miles possiede una
solida patronanza, viceversa Jack. Per il primo degustare
significa riconoscere proprietà visive, gustative e olfattive. Accostarsi al vino è un’operazione
complessa, che richiede una serie di passaggi: come prima cosa occorre avere una cultura vinaria,
successivamente occorre farsi trasportare dalla sensibilità derivata dall’assaggio, e allo stesso
tempo occore utilizzare le giuste parole per descrivere la propria percezione. Milles, infatti,
sostiene di avere questa patronanza. Mentre lo stesso Jack è in capace di degustare.
“Mondovino” è un documentario che valorizza l’economia
dei vini californiani e della famiglia di imprenditori
Mondavia. La produzione di vino californiano ha incentrato la
sua fortuna ispirandosi al modello francese. Questo
documentario mostra come questa famiglia abbia creato un
modello forte che in apparenza glorifica il patrimonio vinario
francese ma che in realtà finisce per banalizzarlo.
In “Sideways: è un Saint Amour” due allevatori di tori,
Jean e Bruno, rispettivamente padre e figlio,
partecipano alla fiera dell’agricoltura di Parigi, I due
sono corpulenti, villani, rozzi e ignoranti,
caratteristiche delle quali non se ne vergognano. Sono
anche infelici: Jean non riesce a dimenticare la moglie
defunta, mentre Brno è frustrato, beve troppo e alla
fiera non fa altro che girare gli stand dei prodotti di
vino per ubriacarsi. Il rapporto con il vino dei sue
protagonista è l’opposto di quello di Miles e Jack: essi piuttosto che degistarlo lo bevono
velocemente. Quindi non vi è nessuna degustazione, piuttosto approci con persone diverse. Tra
queste persone c’è la figura di Venus, alla quale spetta di accogliere le loro richieste sessuali
soddisfacendole amorevolmente. Tutto ciò sembra portare equilibrio nella vita dei due personaggi.
Non avendo delle solide basi e capacità di individuare i sapori e gli aromi del vino, su Jean e Bruno
lo stesso agisce sul versante “plastico” che opera tramite processi percettivi legati a una presa in
carico diretta della qualità sensibili proprie alle sostanze gastronomiche. Questa dimensione
profonda del fino, che Marrone chiama “saporitoo”, può emergere grazie alla loro impossibilità di
dirne. E, inoltre, l’avventura di Jean e Bruno è opposta rispetto a quella dei protagonisti di
Sideway: quest’ultimi, agli occhi degli spettatori, non possono che apparire snob.
PER CONCLUDERE
Il cinema rappresenta un luogo di drammatizzazione di alcuni aspetti politici del discorso
contemporaneo del vino. E’ proprio attraverso lo stesso che le conflittualità possono offrirsi agli
spettatori come opzioni politiche su cui mettersi in gioco nella vita quotidiana. Esplorare i film che
mettono in scena il vino permette di esplorare e conoscere le direttrici principali del suo discorso,
riconoscibile a partire da una dimensione politica. Si può notare come in tutti i film si incentrano su
un opposizione città e campagna. La proposta di senso alla base dell’offerta del vino è legata al
rifiuto della fabbrica; e trova la sua ragione in una rivalutazione della campagna e dei suoi ritmi,
puntando su un atteggiamento esistenziale orientato alla ricerce di un rinnovamento più
equilibrato fra natura e cultura. Il ruolo tematico dei personaggi all’interno di questi film è quello
di eredi. Questi ragionano sul valore dei valori. In “Un’ottima annata” il protagonista Max, come
altri, devono per forza fare i conti con il passato, ritornando nei loro paesi di origine. C’è sempre il
fantasma di un nonno, zio, papà passato a miglior vita a ispirarli, suggerendo loro la via per
superare l’infelicità dello sradicamento imposto dalla città. Se nel 2004 poteva sembrare che
quella di Miles e Jack di “Sindeway” fosse da considerare una scelta di “consumo critico”, 10 anni
dopo i nuovi viticoltori rappresentati da Resistenza naturale elaborano una severa critica del
modello enologico che i due personaggi hanno finito per simboleggiare. Proprio questo cambio di
direzione serve a spiegare un film come “Sanint Amour”, che ci mostra come lungo la strada il vino
agisce comunque segnando emotivamente la nostra vita.

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