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Emozione : una risorsa terapeutica

INDICE

Introduzione pag. 2

Capitolo 1 1.1 Studio della mente varie teorie ed approcci. pag. 5

Capitolo 2 2.1 Il mio, il tuo, il nostro cervello. pag. 8 2.2 Teoria cellulare e teoria del neurone. .pag. 11 2.3 Cellule vs neuroni. ...pag. 14 2.4 Comunicazione elettro-chimica. ..pag. 16 2.5 I neuroni comunicano. .....pag. 18 2.6 Cellule, circuiti, sistemi. ...pag. 21 2.7 Un altro tipo di trasmissione. ..pag. 27 2.8 Neurogenesi. .pag. 28

Capitolo 3 3.1 La memoria....pag. 30 3.2 La memoria di lavoro. ..pag. 33

Capitolo 4 4.1 Le emozioni. .pag. 37 4.2 Emozione e cognizione. ........pag. 38 4.3 motivazione. .pag. 41 4.4 Il sistema limbico :la fabbrica delle emozioni. pag. 42 4.5 Apprendimento ed emozione. .......pag. 47 4.6 Emozione, ricordi e attaccamento. ...pag. 54 4.7 Alessittimia: una patologia emotiva. pag. 56 4.8 Empatia. ...pag. 60

Capitolo 5 5.1 I sistemi complessi: il cervello. ...pag. 63

Capitolo 6 6.1 Il raggiungimento del fine terapeutico:la relazione cliente terapeuta. ....pag. 68

Capitolo 7 7.1 Complessificare la riabilitazione: la metodologia referenziale.......................pag. 74 7.2 L ipotesi terapeutica. .pag. 75

Bibliografia ...........................................................................................................pag. 78

1.1

Introduzione

Negli ultimi trentanni,

un ingente mole di studi, ci ha portato ad apprendere

unimmensit di cose relative al funzionamento del nostro cervello,ma d contro siano ancora allo scuro su moltissime questioni alle quali la scienza si sta prodigando a dare una risposta. Nellambito scientifico la ricerca riveste grandissima importanza per la progressione del conoscere umano ma assume una luce particolare per noi che ci occupiamo di riabilitazione terapeutica e pedagogica. Centrale per la scienza di certo stato capire come e se gli esseri umani siano gia geneticamente predisposti a diventare,che so un Elvis o un Ronaldo,o se sia la mera esperienza ad assegnare loro quel determinato ruolo che potranno ricoprire nella loro vita. Anni e anni di ricerca scientifica e filosofica anno portato ad argomentare in maniera convincente gli aspetti centrali dello studio della mente e del comportamento circa lereditariet. Tuttavia importante riconoscere che i geni determinano solo le linee generali del funzionamento mentale e comportamentale,spiegando al massimo il 50%di un dato tratto e in varie circostanze ancora meno.(Pinker,S. 1997) Infatti probabile se non certo che anche se possibile clonare un bambino morto in tenera et, il sosia, con il suo bagaglio di esperienze si comporter, sentir e penser in maniera differente. I geni sono importanti ma non sufficienti. Affermare quindi che oltre ai nostri geni anche lesperienza partecipa alla formazione

in globale dellindividuo, vuole anche dire che il nostro cervello in qualche modo riesce ad assimilare . apprendere o comunque a registrare e quindi modificarsi nel corso della vita. Ma cosa fa si che il cervello si modifichi? La risposta a questa domanda la plasticit! Il primo ad utilizzare tale termine fu Jerzy Konorski. Egli aveva utilizzato il termine per descrivere la capacit dei neuroni,sinapsi in particolare, di essere modificati dallesperienza. La plasticit una caratteristica comune a molti sistemi cerebrali ed innata. Un innata capacit delle sinapsi di registrare e conservare linformazione ci che consente ai sistemi di codificare lesperienza. Se le sinapsi di uno specifico sistema cerebrale non possono cambiare ,questo sistema non possieder la capacit di essere modificato dallesperienza e di mantenere lo stato d modificazione. Ogni apprendimento dipende in altre parole dalloperare di capacit di apprendimento geneticamente predisposte.

CAPITOLO 1

1.1

Studio della mente: varie teorie e approcci

Parlando di studio delle mente di certo chiaro che stato oggetto di infiniti studi da parte di scienziati psicologi ma non di meno lo stato da parte di filosofi, poeti, teologi e romanzieri. Si passati da Platone ad Aristotele da Cartesio a Freud fino a giungere ai nostri tempi con molte teorie. Parleremo di quelle pi importanti. LA TEORIA DELLINTROSPEZIONISMO IL COMPORTAMENTISMO IL COGNITIVISMO Wundt celebre filosofo tedesco e i suoi seguaci noti come introspezionisti si posero lobbiettivo di portare la psicologia allinterno della scienza sperimentale. Il loro principale oggetto di indagine era lesperienza conscia che essi esploravano tramite lanalisi delle proprie esperienze personali, cercando di ricondurle a elementi primari,irriducibili. Tuttavia, allinizio del ventesimo secolo alcuni psicologi iniziarono a pensare che questo non fosse assolutamente il metodo pi adatto a sviluppare una ricerca davvero scientifica, dal momento che le proprie esperienze consce possono essere conosciute unicamente in prima persona, e non possono essere avvalorate da altri( Gardner 1987).

Questa convinzione prese piede velocemente e port al cosiddetto comportamentismo che si basava sulla premessa secondo cui una psicologia scientificamente valida doveva concentrarsi sugli eventi osservabili(risposte comportamentali) piuttosto che sugli stati interiori. Questi non rifiutavano necessariamente lesistenza della coscienza ma semplicemente ritenevano che essa non potesse essere studiata. Verso la met dellNovecento alcuni scienziati intuirono che le operazioni (computazioni)eseguite dai computer non fossero dissimili da quel che fa un essere umano quando deve risolvere un problema Questa teoria venne fatta propria da alcuni lungimiranti psicologi come Jerry Bruner e George Miller, e nacque lapproccio cognitivo alla psicologia, il quale poneva laccento sui meccanismi interni che processavano linformazione (Gardner 1987).Questa rappresentava un interessante alternativa al comportamentismo e alla fine nacque il cognitivismo. IN poco tempo questultimo divenne il principale approccio. I cognitivi riscossero parecchio successo in particolar, modo per aver riportato la mente alla psicologia. Hanno avuto un enorme impatto sulla psicologia. Le loro nozioni dellelaborazione dellinformazione sono state adottate anche nei campi della

linguistica,dellantropologia e di altre scienze sociali arrivando ad essere definita la nuova scienza della mente. I neuroscienziati cognitivi hanno ottenuto molti successi nel mettere in relazione percezione, attenzione, memoria e pensiero con i suoi sottostanti meccanismi cerebrali (Gazzanica 1988). Tuttavia sono daccordo con chi,come Joseph LeDoux, asserisce che la scienza cognitiva va a considerare un solo aspetto della nostra mente. Infatti tradizionalmente la mente stata considerata come una trilogia composta da cognizione, emozione e motivazione.

Tenendo presente che il modello cognitivista non considera emozioni e motivazione, questo mi fa pensare un po sul fatto che il cognitivismo si occupi della comprensione in toto della mente. Il modello cognitivista il computer, ma immaginare un uomo senza emozioni o motivazioni, proprie, vuol dire non tener in realt conto di come funziona ognuno di noi preso singolarmente; e senza prendere in considerazione leffetto che emozioni da una parte,motivazione dallaltra, hanno sulla nostra cognizione e su come ogni giorno agiamo o agiremo,anche nellimmediato. Anche se tutti noi possediamo gli stessi processi mentali, mediati dai medesimi meccanismi cerebrali,il modo in cui questi processi e questi meccanismi operano determinato dal nostro peculiare background genetico e dalle nostre esperienze di vita(Joseph LeDoux 2002). Non intento diminuire la grande importanza che la scienza cognitiva ha avuto e che ha tuttora, ma a mio modo di vedere alquanto impossibile concepire un uomo distaccato dalla proprie emozioni o che decida freddamente ci che fa; questo per me da tener presente sia nella vita quotidiana sia,in particolare modo, quando ci troviamo in ambito terapeutico. Questo sar il punto principale del mio discorso.

CAPITOLO 2

2.1

Il mio,il tuo,nostro cervello

C chi ritiene che noi utilizziamo solo il 10% del nostro cervello. Molto probabilmente questa solo una forzatura. E difficile pensare che il 90% del cervello,privo di significato per la maggior parte di noi e per la maggior parte del tempo,possa avere avuto origine. Di solito tendiamo a non staccarci da una o due altre credenze sul cervello. La prima che le funzioni cerebrali,come la percezione,la memoria o lemozione siano localizzate in aree specifiche. Laltra che le sostanze chimiche in circolo nel nostro cervello determinino i nostri stati mentali. Diversamente dal mito del 10%, le ultime due sono realmente,in parte,delle verit,che decontestualizzate sono per palesemente false. Noi sappiamo almeno in senso lato come funziona il cervello,e non per mezzo di isole di tessuto cerebrale o di sostanze chimiche isolate,che operano indipendentemente. Particolari aree sono molto importanti ma non di per se:partecipano alle funzioni attraverso le loro connessioni sinaptiche con le altre aree. Le sostanze chimiche sono importanti,ma principalmente per il loro lavoro nelle sinapsi allinterno dei sistemi funzionali. Noi mammiferi apparteniamo alla categoria di animali detti vertebrati,un sottotipo che

condividiamo con altre creature con la spina dorsale,inclusi uccelli,rettili,anfibi e pesci. I cervelli di rettili mammiferi e uccelli appaiono assai diversi ma questo non vuol dire che al di la delle differenze non ci sia un programma comune,cui si rigorosamente aderito. I cervelli dei vertebrati possono essere divisi in 3 ampie regioni:il romboencefalo,il mesencefalo e il proencefalo. Nei primi anni del ventesimo secolo i neuroscienziati hanno scoperto che danni a carico di ognuna di queste regioni aveva diverse conseguenze prevedibili. Ad esempio, negli studi sui gatti si scoperto che il comportamento intenzionale, volontario e la capacit di problem solving erano compromessi quando era danneggiato il proencefalo. Tuttavia,persino con rilevanti lesioni al proencefalo, permanevano sembianze di un naturale movimento coordinato. Quando venivano prodotte lesioni pi estese asportando tutto il proencefalo incluso lipotalamo si conservavano solo le risposte elementari. Nel momento in cui ad essere danneggiato era il mesencefalo,lanimale era sostanzialmente in coma,in vita fisicamente ,ma non da in punto di vista comportamentale o psicologico. E quando era distrutto il romboencefalo terminava la vita stessa. Da questi, ormai considerati grossolani esperimenti, si concluso che il romboencefalo controllava le funzioni pi basilari,quelle per restare in vita;il mesencefalo implicato nel mantenimento di uno stato di allerta e in reazioni comportamentali grezze isolate;il proencefalo coordina processi comportamentali e mentali di tipo complesso. Non dovrebbe sorprendere quindi che il proencefalo (necessario al pensiero e al problem solving)sia la regione che pi differisce tra i mammiferi e gli altri vertebrati,e il romboencefalo, necessario alla vita, sia il meno differente.

Anche se a livello della struttura cerebrale complessiva un simile piano organizzativo riguarda parecchi animali differenti,questo non significa che tutti i cervelli sono eguali. Infatti una data area cerebrale pu variare enormemente in dimensioni e complessit tra specie diverse,consentendo ad alcuni animali di fare cose che altri non possono. La differenza pi evidente tra il cervello dei mammiferi e degli altri invertebrati risiede nella misura in cui la corteccia si espansa. Bench ora si sappia che sia rettili che uccelli hanno una neocorteccia,la neocorteccia dei mammiferi di gran lunga pi elaborata delle aree equivalenti in queste altre specie(Killackey 1990). Anche allinterno della categoria dei mammiferi sussistono delle distinzioni:la neocorteccia pi grande e pi differenziata nei primati che nei roditori,e negli esseri umani pi che nelle scimmie. Questi cambiamenti nelle dimensioni e nella complessit corticale sono comunque sovrapposti ad un piano neocorticale di base. Per esempio,in tutti i mammiferi i processi relati alle sensazione(vista,tatto,udito)sono rappresentati nella parte posteriore e i processi implicati nel controllo del movimento nella parte anteriore della corteccia. Allinterno di una data specie le somiglianze nellorganizzazione corticale sono notevoli. I primi anatomisti hanno scoperto che i maggiori sistemi di pieghe corticali,che allocchio profano sembrano essere disposte accidentalmente,sono sorprendentemente costanti da una persona ad unaltra,e possono essere utilizzati come punti di riferimento per identificare varie regioni della neocorteccia . Ci che straordinario che queste porzioni puramente strutturali,definite dalle pieghe, risultano corrispondere a divisioni funzionali, aree che partecipano (per mezzo delle

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loro sinapsi con altre aree corticali e/o sottocorticali)a differenti aspetti della vita mentale e del comportamento. Per esempio,larea della corteccia implicata nel controllo dei movimenti precisi di varie parti del corpo situata proprio davanti alla scissura centrale,una delle principali pieghe della corteccia,mentre le aree somatosensoriali, uditive e visive sono definite delle loro proprie circonvoluzioni, come le aree implicate nella comprensione e produzione del linguaggio. A dispetto dellenorme similitudine dei nostri cervelli,ci comportiamo tutti in maniera differente,abbiamo capacit uniche e abbiamo preferenze, desideri, speranze, paure e sogni ben distinti. La chiave della diversit non deve essere, quindi, ricercata nellorganizzazione globale del cervello, ma nella regolazione delle reti sottostanti (Joseph LeDOux 2002).

2.2 Teoria cellulare e teoria del neurone

Tutti gli organi e i tessuti sono composti da cellule, ma a differenza di altre parti del corpo,le cellule cerebrali, neuroni, comunicano in maniera diretta luno con laltro. Non c nulla di magico in questo processo i neuroni sono semplicemente fatti in modo che consente loro di scambiarsi informazioni, a differenza di altre cellule. I comuni modelli di comunicazione tra neuroni garantiscono che tutti i cervelli umani funzionino essenzialmente allo stesso modo, mentre sottili differenze in questi modelli di comunicazione danno luogo alle qualit distintive che ciascuno di noi ha. Oggi lesistenza di cellule nel cervello e in altre parti del corpo data per scontata,ma

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questa conoscenza stata resa possibile unicamente dallo sviluppo del microscopio nel diciannovesimo secolo. Intorno al 1837 Matthias Schleiden, botanico tedesco,ipotizzo per primo che le piante fossero costituite da unit discrete,o cellule. Lanno successivo il suo collaboratore Theodor Schwann avrebbe esteso questa nozione, chiamata teoria cellulare, agli animali.

Secondo questa teoria tutte le creature viventi sono composte da cellule. Se questa teoria fosse applicabile anche al cervello stato argomento di tanti e lunghi dibattiti in ambito scientifico. Quando i primi anatomisti esaminarono al microscopio il cervello,videro strutture simili a cellule. Ma a differenza delle cellule di altri organi, le cellule cerebrali avevano sottili fibre e prolungamenti. Alcuni scienziati conclusero che il cervello era composto non da cellule discrete ma da un intricato reticolo di elementi connessi senza soluzione di continuit. Tuttavia altri sostenevano invece che la teoria cellulare fosse quella da applicare per la comprensione di come il cervello organizzato. Due delle principali figure di questo dibattito erano lo spagnolo Santiago Ramon y Cajal e lanatomista italiano Camillo Golgi. Questultimo lavorando nella propria cucina,invent un metodo di colorazione del cervello che permise una migliore visualizzazione della sua macroscopica anatomia. Egli preferiva la teoria reticolare, ma paradossalmente i metodi da lui utilizzati condusse Ramon y Cajal a portare convincenti argomentazioni a sostegno della teoria cellulare la quale ebbe parecchi sostenitori. Uno di questi fu Wilhem Waldeyer che nel 1891 pubblic un saggio in cui suggeriva di chiamare neuroni le cellule cerebrali.

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Egli in questo studio coni anche lespressione la dottrina del neurone,per render conto dellapplicazione della teoria cellulare al cervello. Anche Freud si interess molto a tale argomento; infatti gi nel 1883, molto tempo prima che la dottrina del neurone fosse codificata avanzo lidea che le cellule nervose fossero fisicamente distinte luna dallaltra. In seguito tale concetto figurava in maniera significativa in una delle sue pi precoci incursioni nella teoria psicologica. In Il Progetto di una psicologia scritto nel 1895, ma rimasto inedito per decenni, Freud asser che il sistema nervoso composto da neuroni distinti e fatti in maniera simile che terminavano luno sullaltro. Altro importante apporto fu dato da Sir Charles Sherrington,il quale condusse esperimenti sul modo in cui i neuroni motori comunicavano con i neuroni motori. Egli scelse di chiamare sinapsi gli interstizi che si trovavano fra i vari neuroni. La parola sinapsi deriva dal greco e significa unire,collegare ,connettere. La nozione di sinapsi, come punti di comunicazione tra neuroni, la nozione cui ancora oggi aderiamo,e che essenziale per i nostri sforzi di comprensioni di come il nostro cervello funziona. Ma tutto questo non bast a convincere tutti gli studiosi che il cervello fosse formato da cellule;la prova considerata definitiva si ebbe solo molto tempo dopo quando con linvenzione del microscopio elettronico negli anni 50 del novecento, gli scienziati poterono finalmente osservare il cervello con una risoluzione sufficiente per vedere che le minuscole fibre che si estendevano allesterno di un neurone, di regola, non stabiliscono un contatto fisico diretto con le cellule limitrofe. Anzi,sono separate da piccolissimi spazi,i cosiddetti spazi sinaptici, attraverso cui il cervello svolge la sua attivit.

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2.3 Cellule vs Neuroni

Conoscendo la funzione svolta da alcune cellule nella maggior parte del corpo,come il fegato,il rene,o la cistifellea, si pu intuire la funzione generale dellorgano (Kuffler 1976). Tuttavia, ci non vale per il cervello,dove le cellule prendono parte ad innumerevoli attivit,dalla visione alludito,al pensiero,allemozione;dalla consapevolezza di se allincapacit di comprendere linfinito(Joseph LeDoux 2002). Larchitettura di un neurone ci aiuta a comprendere perch il cervello sia cos plurifunzionale, mentre organi come ad esempio il pancreas o la milza non lo sono. La struttura di un neurone molto pi complessa di quanto non lo sia qualsiasi altra cellula presente nel nostro organismo;infatti esso composto di due parti fondamentali. La prima il corpo cellulare,coinvolto in importanti funzioni gestionali,come,ad esempio,immagazzinare materiale genetico,sintetizzare proteine e altre molecole, necessarie alla sopravvivenza della cellula. Il corpo cellulare fa praticamente nei neuroni lo stesso lavoro che svolge in altre cellule. La principale differenza strutturale tra i neuroni e le altre cellule risiede proprio nelle particolari appendici che hanno i neuroni-i nervi. Queste fibre che vengono fuori dal corpo cellulare sono state la causa di tutta la confusione, nel diciannovesimo secolo,circa la questione se il cervello fosse, come altri organi, composto da cellule discrete. Le fibre nervose sono una sorta di fili del telefono(Joseph LeDoux 2002).

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Queste permettono a neuroni in una determinata parte del cervello di comunicare con neuroni in tuttaltra parte. Tramite queste connessioni possono formarsi nel cervello,nello spazio e nel tempo,gruppi di cellule che lavorano insieme per raggiungere un particolare obiettivo. Questa capacit sottende tutte le attivit del cervello ma assente negli altri organi. Esistono due variet di fibre nervose,gli assoni e i dentriti. Gli assoni sono canali efferenti. I dentriti sono canali afferenti. Il compito di un assone quello di trasportare messaggi ad altre cellule. Pu terminare poco distante, consentendo la comunicazione con i suoi stretti vicini neurali, oppure pu estendersi per distanze molto lunghe, fino a raggiungere diversi centimetri. La sua estremit, detta terminale, il punto in cui il neurone che inviacomunica con i neuroni destinatari. Bench i terminali il pi delle volte, formino connessioni con i dentriti, possono anche contattare i corpi cellulari o altri assoni (Kandel et al. 2000). I dentriti come ho prima accennato sono dei canali afferenti;ci significa che hanno il compito di trasportare il messaggio ricevuto dallassone fino al corpo cellulare. Molti dentriti hanno piccole protuberanze estroflesse chiamate spine. Queste sono facilmente visibili quando il tessuto colorato con i metodi messi a punto da Golgi. Le spine si rivelano particolarmente importanti nella ricezione di messaggi dagli assoni,e hanno ruolo chiave nello sviluppo cerebrale,come pure nellapprendimento e nella memoria (Joseph LeDoux 2002). La maggior parte dei neuroni ha un solo assone.

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Tuttavia ogni assone pu biforcarsi molte volte prima di arrivare alla sua estremit,consentendo in tal modo ad un singolo neurone di generare molti terminali. Ci sta a significare che i messaggi emessi da una singola cellula possono contemporaneamente interessare pi di una cellula. Questo interessante fenomeno viene chiamato col nome di divergenza. Ma non da sottovalutare che allo stesso modo ogni neurone pu ricevere imput da numerosi altri neuroni;questo fenomeno viene indicato come convergenza. IL punto in cui gli elementi dei neuroni invianti e riceventi si incontrano ritroviamo la sinapsi. Dal momento che linformazione generalmente fluisce attraverso la sinapsi partendo dal terminale assonico, questo lato viene denominato presinaptico, e il lato che riceve, spesso occupato da una spina dentritica, viene chiamato postsinaptico, Poich una sinapsi uno spazio tra la cellula che invia i segnali e quella che li riceve, logico che qualcosa deve attraversare lo spazio sinaptico affinch la due cellule comunichino.

2.4 Comunicazione elettro-chimica

Luigi Galvani durante vari esperimenti scopr che poteva provocare un colpo di zampa da parte di una rana ogni volta che lo desiderasse, toccando i nervi internamente allincisione con un metallo e lestremit inferiore con un altro. Questa fu la prima batteria. Galvani concluse che i metalli conducevano spiriti vitaliprovenienti dalla rana.

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Vari decenni pi tardi litaliano Carlo Matteucci condusse le prime misurazioni di un autentica attivit elettrica nei nervi. In Germania Muller e Du Bois-Reinond comprendendo limportanza di questa scoperta diedero inizio ad un affascinante e produttivo programma di ricerca il quale ebbe il compito di sottrarre la conduzione elettrica nei nervi al mondo del misticismo. A quel tempo lassunto era che i nervi conducessero lelettricit come dei cavi. Tuttavia, Herman Von Helmholtz realizz un esperimento che convinse tutti a pensare diversamente. Egli calcol la velocit di trasmissione elettrica nelle fibre nervose di una rana,valutando il tempo che trascorreva prima che un dato muscolo si contraesse allorch nervi di diversa lunghezza venivano stimolati elettricamente. Sebbene la velocit di conduzione fosse molto elevata circa 40 metri al secondo, questa non era minimamente paragonabile a quella dellelettricit la quale, in alcuni casi e in certe condizioni, raggiunge la velocit della luce. Con questi semplici ma ingegnosi esperimenti divenne chiaro che i nervi conducono si energia elettrica ma in modo speciale. Lelettricit non scorre in maniera passiva nei nervi come avviene in un cavo. Piuttosto, gli impulsi condotti dai nervi sono biologicamente propagati, spostati da reazioni elettrochimiche, un processo che richiede molto pi tempo di una conduzione fisica passiva. Limpulso biologicamente propagato in una fibra nervosa prende il nome di potenziale di azione. Questo particolare evento elettrico solitamente avviato nel punto in cui lassone viene fuori dal corpo cellulare.

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La propagazione si verifica come una sorta di effetto domino di tipo neurale;un cambiamento elettrico in una parte della membrana dellassone produce un mutamento simile nelle parti adiacenti. Molto di ci che sappiamo sulle caratteristiche della propagazione dellelettricit negli assoni ci deriva da numerosi studi effettuati in particolar modo sui calamari i quali possiedono degli assoni di enormi dimensioni, il che ha reso possibile studiare con maggiore evidenza il fenomeno. Ad esempio oggi grazie a vari espedienti siamo anche in grado di calcolare lintensit di corrente,il voltaggio e le resistenza degli assoni.

2.5

I neuroni comunicano

Lesistenza della conduzione elettrica nei nervi aveva spinto vari scienziati pensare che lenergia elettrica fosse sufficiente a spiegare il modo in cui il nostro cervello fosse in grado di espletare tutte le sue funzioni. Ma questa concezione fu subito confutata da Sherington tramite i suoi studi sui riflessi. Egli introdusse il cosiddetto concetto della comunicazione a senso unico. SHerington asser che se il passaggio di informazione fosse dovuto esclusivamente ad un passaggio di elettricit,il neurone postsinaptico avrebbe avuto un effetto apprezzabile sul neurone presinaptico; ma ci non avveniva. La ricerca successiva rivel che la conduzione a senso unico tra neuroni dovuta al fatto che la trasmissione sinaptica coinvolge il rilascio di sostanze chimiche dai siti di stoccaggio nel terminale assonico presinaptico.

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Queste molecole sono rilasciate quando i potenziali di azione che si propagano dal corpo cellulare, raggiungono il terminale. Le sostanze chimiche rilasciate si spostano quindi attraverso lo spazio sinaptico pieno di liquido e vengono in contatto con le spine o altre porzioni di cellula postsinaptica. Dal momento che i siti di stoccaggio chimico sono generalmente presenti nel terminale presinaptico e non sul dentrite postsinaptico, la trasmissione si verifica solo in una direzione. Queste sostanze chimiche sono chiamate neurotrsmettitori, in quanto consentono ai neuroni di comunicare attraverso la fessura sinaptica . Esse hanno quindi limportante e delicato compito di trasmettere i segnali tra i neuroni;in altre parole permettono la comunicazione neuronale. La natura chimica della trasmissione neuronale venne suggerita dagli studi di inizio novecento che mostravano, con molte evidenze, come gli effetti della stimolazione elettrica sui nervi potessero essere simulati o bloccati da alcuni agenti chimici. Ma fu un particolare esperimento fatto da Otto Loewi la prova decisiva. Egli asport i cuori di due rane lasciando i nervi connessi ad un cuore ,ma non allaltro e li pose entrambi in una soluzione salina . Quindi stimol elettricamente i nervi delluno, cosa che cambi il ritmo del battito cardiaco . Quando rimosse la soluzione dal cuore stimolato e la iniett nellalto cuore il risultato fu che anche il ritmo cardiaco del cuore che non era stato stimolato elettricamente aument il battito come se fosse stato stimolato, il che indicava che qualche sostanza chimica rilasciata dal cuore stimolato era stata trasferita allaltro tramite la soluzione.

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Anche se qui in questo caso in particolare si sta parlando di un nervo collegato ad un muscolo lo stesso principio pu essere applicato a quello che succede quando a comunicare sono due neuroni. Cio larrivo del potenziale dazione nel terminale presinaptico porta al rilascio del

neurotrasmettitore nello spazio sinaptico. C per da tener presente che quando si parla di rilascio di neurotrasmettitore dal terminale presinaptico parliamo di un mezzo non di un fine. Lo scopo quello di generare una risposta elettrica nella cellula postsinaptica . Sebbene siano spesso i dentriti i destinatari postsinaptici del messaggio chimico, la variazione elettrica prodotta nel dentrite deve essere propagata al corpo cellulare e quindi allassone , prima che possa prodursi un potenziale di azione. Ed cosi perch il potenziale di azione si genera nella parte iniziale dellassone dove questo si connette con il corpo cellulare. Per produrre un potenziale di azione in genere non risulta sufficiente larrivo di un neurotrasmettitore da un solo terminale . Solo nel caso in cui si ha che la cellula postsinaptica bersagliata di neurotrasmettitori da pi terminali e inoltre circa nello stesso istante, possibile che si venga a creare un potenziale dazione. Si crede che una data cellula postsinaptica riceva relativamente pochi contatti sinaptici da qualche neurone sinaptico. Di conseguenza, la convergenza che porta la cellula postsinaptica a dei potenziali dazione proviene in larga misura dalla convergenza di diverse cellule presinaptiche sulla cellula postsinaptica Perch gli input arrivino al corpo cellulare pressoch allo steso momento occorre che i potenziali di azione siano stati prodotti allincirca nello stesso istante.

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La sincronizzazione deve essere regolata per assoni di lunghezze diverse visto che come mostr Helmholtz , pi lungo lassone pi tempo il potenziale dazione impiegher per percorrerlo . Essere precisi nel sistema nervoso cosa assai complessa. Una volta che la cellula postsinaptica genera un potenziale dazione il suo ruolo cambia da ricevente a inviante;diventa in questo modo un neurone presinaptico che favorisce linduzione del potenziale dazione in altre cellule. Quindi si pu affermare che la sequenza completa della comunicazione tra neuroni quindi di solito elettrica-chimica-elettrica:segnali elettrici che provengono dagli assoni vengono tradotti in segnali chimici, neurotrasmettitori, che concorrono successivamente a scatenare segnali elettrici nella cellula successiva. Esistono anche sinapsi che comunicano solo con modalit elettrica, ma la trasmissione anche chimica la forma pi comune. Pertanto, molto di ci che il cervello fa implica una codifica dellesperienza da elettrica a chimica a elettrica. Per quanto possa essere difficile da immaginare le conversazioni elettrochimiche tra neuroni rendono possibili tutte le meravigliose, e a volte terribili, realizzazioni della mente umana. La vostra siffatta comprensione del cervello essa stessa un evento elettrochimico (Joseph LeDoux 2002).

2.6

Cellule, circuiti, sistemi

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Ogni cervello umano ha miliardi di neuroni i quali formano insieme milioni di milioni di connessioni sinaptiche tra loro. Le sostanze chimiche si diffondono e le scariche si propagano costantemente, sia durante lo stato di veglia sia durante lo stato di sonno, quando siamo felici e quando siamo arrabbiati. In ogni istante miliardi di sinapsi sono attive. Questo ci pu far chiedere cosa stiano in realt facendo queste milioni di connessioni attive in quel determinato istante. Dare una risposta a questa domanda cosa ardua quindi per trarne un insegnamento costruttivo non auspicabile uno studio di tutto quello che avviene in un determinato momento nel nostro cervello; e di certo pi informativo e semplice esaminare lattivit di particolari circuiti o sistemi. Un circuito un gruppo di neuroni collegati insieme da connessioni sinaptiche. Un sistema un circuito complesso, che svolge una qualche funzione, come per esempio la visione o ludito, o avvertire e affrontare il pericolo. La visione per esempio implica la percezione della luce da parte di circuiti della retina, la quale spedisce segnali, attraverso il nervo ottico, al talamo visivo dove linformazione visiva processata da circuiti che trasmettono i loro output alla corteccia visiva, dove circuiti supplementari si impegnano in una elaborazione ulteriore, producendo infine delle percezioni visive. Il sistema visivo, come altri sistemi cerebrali, pu essere concepito come una serie di circuiti gerarchicamente ordinati, uniti tramite connessioni sinaptiche al fine di svolgere una funzione. Le interazioni sinaptiche tra due tipi di neuroni, detti rispettivamente neuroni di proiezione e interneuroni sono cruciali al fine di comprendere come funzionino i circuiti e i sistemi.

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I neuroni di proiezione hanno assoni relativamente lunghi, che appunto proiettano fuori dallarea in qui sono localizzati i loro corpi cellulari. In un circuito gerarchico il loro principale compito quello di accendere la successiva cellula di proiezione nella gerarchia. Lo fanno rilasciando un trasmettitore chimico, il quale incrementa la probabilit che la cellula post sinaptica, la cellula di proiezione seguente, scarichi il suo potenziale dazione . Le cellule di proiezione tendono ad attivare o a eccitare le cellule postsinaptiche. Gli interneuroni detti anche cellule a circuito locale, spediscono i loro corti assoni ai neuroni vicini, spesso neuroni di proiezione e sono coinvolti nel processamento dellinformazione allinterno di un dato livello di un circuito gerarchicamente organizzato. Uno dei loro compiti principali quello di regolare la portata del flusso del traffico sinaptico, controllando lattivit dei neuroni di proiezione. Linterneuroni inibitori rilasciano un neurotrasmettitore dai loro terminali, che diminuisce la probabilit che la cellula post sinaptica scarichi un potenziale dazione. Questi neuroni hanno un ruolo importante nel controbilanciare lattivit eccitatoria delle cellule di proiezione. Il compito di un neurone di proiezione, quindi quello di accendere la successiva cellula di proiezione nel circuito. Ci significa che i potenziali dazione negli assoni delle cellule di proiezione devono dare lavvio al rilascio di sostanze chimiche, che superino le sinapsi e contribuiscano ad alimentare un potenziale dazione nella cellula post sinaptica. Le cellule di proiezione hanno dunque bisogno di utilizzare un neurotrasmettitore chimico che abbia due propriet.

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Il neurotrasmettitore, innanzitutto, deve essere in grado di agire con rapidit sui siti postsinaptici-altrimenti, le nostre percezioni e altri stati mentali non potrebbero restare al passo con eventi a rapido cambiamento. Ma deve anche essere in grado di modificare lo stato elettrico della cellula postsinaptica in modo tale che sia pi probabile che si verifichi un potenziale dazione. Entrambi i requisiti (rapidit ed eccitazione) sono soddisfatti dal glutammato , neurotrasmettitore amminoacidico, che il principale neurotrasmettitore nei neuroni di proiezione di tutto il cervello. Al contrario, i neuroni inibitori, specialmente gli interneuroni inibitori, rilasciano spesso lamminoacido GABA (abbreviazione di acido gamma-amminobutirrico) dai terminali dei loro assoni corti. A differenza del glutammato, questo neurotrasmettitore inibitorio abbassa la probabilit che venga generato un potenziale dazione nella cellula postsinaptica. Il glutammato e il GABA sono insieme i responsabili di gran parte dellattivit neurotrasmettitoriale nel cervello. Questi e tutti gli altri neurotrasmettitori agiscono unendosi a molecole chiamate recettori, sulla cellula postsinaptica. I recettori riconoscono selettivamente e legano (letteralmente catturano) le molecole di neurotrasmettitore. I recettori di glutammato riconoscono e legano il glutammato ma ignorano il GABA e viceversa i recettori di GABA sono altrettanto selettivi. Tutte le cellule del corpo sono completamente cinte da una membrana, che definisce il confine di una singola cellula. La membrana come un sacchetto che si adatta alla forma, un vestito elasticizzato, in cui racchiusa la cellula (Joseph LeDoux 2002).

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Nei neuroni, questa, riveste gli assoni e i dendriti oltre che il corpo cellulare. Lo spazio al di l della membrana tra i neuroni detto spazio extracellulare. Il fatto che lo spazio extracellulare sia pieno di liquido ha due importanti conseguenze. Innanzitutto, questo liquido un mezzo che permette alle molecole di neurotrasmettitore di attraversare lo spazio extracellulare tra i siti presinaptico e postsinaptico-la sinapsi. I neurotrasmettitori lo fanno diffondendosi allesterno del terminale. La distanza che devono percorrere assai breve ( misurata in piccolissime unit dette angstrom, pari ad un decimillionesimo di millimetro), rendendo il sito postsinaptico un bersaglio vicino e facile. Il secondo punto che il liquido extracellulare contiene ogni tipo di sostanze chimiche , molte delle quali cariche elettricamente, che influenzano il funzionamento cellulare. La membrana cellulare mantiene separate le sostanze chimiche che sono allinterno e allesterno della cellula. Il prodursi di un potenziale dazione dipende dal rapporto tra glutammato(eccitazione) e GABA (inibizione). E dal momento che ogni cellula riceve molti input eccitatori e inibitori da varie altre cellule , la probabilit di scaricare dipende, momento per momento dellequilibrio ultimo, per tutti gli input tra eccitazione e inibizione. I recettori del glutammato tendono ad essere situati sui dendriti , specialmente sulla spine , mentre i recettori del GABA tendono a trovarsi sul corpo cellulare, o sulla parte dei dendriti vicina al corpo cellulare. Perch leccitazione mediata dal glutammato raggiunga il corpo cellulare e contribuisca a scatenare un potenziale dazione , deve essere vinta la vigilanza del GABA.

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Leccitazione che viene gi per un dendrite, diretta al corpo cellulare , pu essere infatti spenta dal GABA. Senza linibizione GABAergetica i neuroni sotto linfluenza del glutammato , invierebbero continuamente potenziali dazione e , alla fine , letteralmente si brucerebbero. La regolazione dellinibizione GABAergetica una delle maniere in cui agiscono gli psicofarmaci (ad es. il valium). Le interazioni tra il glutammato e il GABA sono cruciali per comprendere il processamento dellinformazione da parte del cervello, ma queste sostanze non operano da sole o in isolamento. Per esempio, quando i recettori oculari rilevano forme di luce, spediscono messaggi attraverso gli assoni del nervo ottico al cervello. Quando il segnale elettrico raggiunge il terminale assonico, viene rilasciato del glutammato. Leventuale scarica della cellula postsinaptica dipender non solo dalla forza controbilanciante dellinibizione GABAergetica, ma anche da altre sostanze chimiche in quel momento presenti. Queste sono chiamate neuromodulatori. I neuromodulatori sono dei nerotrasmettitori nel senso che stabiliscono un legame chimico tra il sito da cui sono liberati e lubicazione dei recettori su cui agiscono. Ma a differenza del glutammato e del GABA , sono meno direttamente coinvolti nel movimento di informazioni da un punto allaltro nei circuiti gerarchici. Una differenza importante correlata alla loro velocit, Il glutammato e il GABA sono ad azione rapida: provocano un cambiamento elettrico nella cellula postsinaptica nel giro di pochi millisecondi dal loro rilascio da parte del

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terminale presinaptico e , nel giro di pochi millisecondi, termina il loro effetto. I neuromodulatori, dallaltra parte, hanno effetti pi tardivi e pi duraturi. Possono influire marcatamente sulla possibilit che una cellula sia accesa da altri input, ma non possono farlo con precisione e tempestivit.

2.7 Un altro tipo di trasmissione

Per quanto importante sia la trasmissione sinaptica di tipo chimica nel cervello, ne esiste anche un altro tipo, la trasmissione elettrica. Sebbene non sia noto in quale misura funzionino le sinapsi elettriche, sta diventando sempre pi evidente che sono unit per noi significative, al fine di affrontare il modo in cui concepiamo il funzionamento cerebrale. Perch due neuroni comunichino elettricamente, le loro membrane devono unirsi in modo tale da consentire il flusso diretto dellelettricit dalluna allaltra. Questi punti di fusione sono chiamati giunzioni comunicanti. Studi recenti hanno mostrato che in alcune aree cerebrali, come lippocampo, un importante regione per la formazione di memorie esplicite, le cellule GABAergetiche (inibitorie) sono unite , o elettricamente accoppiate, tramite giunzioni comunicanti . In questo modo , quando le cellule GABAergetiche sono attivate, leccitazione pu distribuirsi tra di loro in modo tale da attivare contemporaneamente molte delle cellule interconnesse. Le cellule, allora, scaricano insieme, in sincronia , e cos possono regolare lattivit delle cellule di proiezione in tutta la regione.

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Lesistenza di giunzioni comunicanti offre una parziale conferma alla teoria reticolare del cervello di Golgi, nel senso che alcuni neuroni possono comunicare direttamente attraverso una fusione fisica.

2.8

Neurogenesi

Un concetto fondamentale della neurobiologia, per molti anni ritenuto un dogma incontrovertibile, limpossibilit dei neuroni del sistema nervoso centrale di andare incontro a duplicazione cellulare. Negli ultimi anni stata invece documentata la possibilit di neurogenesi, cio di proliferazione di nuovi neuroni, in alcune aree cerebrali, in particolare nella zona subventricolare e nel giro dentato dellippocampo, mentre controversa sembra la sua presenza nella corteccia cerebrale (Eriksson et al., 1998). Alcuni studi sperimentali hanno recentemente dimostrato che il trattamento cronico con diverse classi di farmaci antidepressivi in grado di aumentare la neurogenesi a livello dellippocampo di ratto e che tale processo sembra essere necessario per indurre effetti comportamentali in modelli animali (Malberg et al., 2000; Santarelli et al., 2003). Si inoltre osservato che il trattamento con antidepressivi (ad esempio fluoxetina) pu ripristinare la diminuzione della neurogenesi e latrofia indotte dallo stress . Il cervello,quindi, non esente da processi di riparazione cellulare anche se avvengono in misura inferiore rispetto agli altri organi. Nellippocampo ha sede il processo di neurogenesi ossia di produzione di nuovi neuroni riparatori.

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Si tratta di piccole riparazioni, insufficienti a riparare i danni neurologici di malattie come lictus grave, il morbo di Parkinson o le sclerosi, tuttavia aprono interessanti capitoli di ricerca. La sfida principale oggi conoscere di pi sui fattori di crescita che dirigono le diverse tappe della neurogenesi la nascita di nuove cellule, la loro migrazione nella sede corretta e la maturazione come neuroni e su quelli che la inibiscono Cosa succederebbe infatti - se si trovasse il modo di stimolare la neurogenesi in modo da poter effettuare pi corpose riparazioni? . La stimolazione della neurogenesi potrebbe, infatti, offrire nuovi trattamenti e terapie che promuovano la crescita e il proliferare di nuovi neuroni per ovviare a disturbi neurologici in gran parte ancora incurabili come danni al midollo spinale morbo di Alzheimer e Parkinson. Una delle scoperte pi sorprendenti sulla neurogenesi nellippocampo che essa pu essere stimolata dallambiente cio dagli stili di vita. Attivit mentale ed esercizio fisico sono, infatti, in grado di far aumentare la neurogenesi, quindi la produzione di giovani neuroni. Come molti altri organi, anche il cervello reagisce positivamente allesercizio fisico, ad una dieta sana e ad un sonno adeguato. Oggi sappiamo che questo stile di vita stimola lattivit di produzione di nuovi neuroni che possono riparare eventuali danni, ma anche aumentare il numero di connessioni neurali in specifiche regioni del cervello, migliorando cos la memoria e la capacit di ragionamento.

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CAPITOLO 3

3.1

La memoria

La memoria quella funzione psichica volta all'assimilazione alla ritenzione e al richiamo di informazioni apprese durante l'esperienza. Non esiste alcun tipo di azione o condotta senza memoria (ad esempio nelle condotte sociale, oppure nei fenomeni di rinforzo nell'apprendimento animale). La memoria, detta anche funzione mnestica, non risulta necessariamente stabile a parit di contenuti o classi di stimoli. influenzata da elementi affettivi (come emozione e motivazione), oltre che da elementi riguardanti il tipo di informazione da ricordare. Questa funzione psichica si delinea come un processo legato a molti fattori, sia cognitivi che emotivi, e come un processo eminentemente attivo, non, o almeno non solo, di un processo automatico o incidentale. Questo processo si configura allora come un percorso di ricostruzione e concatenamento di tracce piuttosto che come un semplice immagazzinamento in uno statico spazio mentale. Si possono classificare i tipi di memoria in base ad almeno due criteri: -La persistenza del ricordo. -Il tipo di informazioni memorizzate. Classificazione per durata Il pi diffuso criterio di classificazione della memoria si basa sulla durata della ritenzione del ricordo, e identifica tre tipi distinti di memoria: la memoria sensoriale, la memoria a breve termine, e la memoria a lungo termine.

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La memoria sensoriale conserva le informazioni grezze appena percepite, e, nella maggior parte dei casi, dura fino a pochissimi secondi. Alcune delle informazioni contenute nella memoria sensoriale, possono passare, opportunamente codificate, nella memoria a breve termine, che pu conservarle fino a pochi minuti. Alcune delle informazioni contenute nella memoria a breve termine, possono passare nella memoria a lungo termine, che pu conservarle per giorni o tutta la vita.

Per esempio, se ascoltiamo un numero a caso di sette cifre in una lingua a noi completamente incomprensibile, siamo in grado di ripeterlo solo immediatamente dopo averlo ascoltato (memoria sensoriale). Se, invece, il numero pronunciato nella nostra lingua, i suoni vengono codificati in simboli che possibile ricordare per alcune decine di secondi (memoria a breve termine). D'altra parte, conosciamo il nostro numero di telefono perch l'abbiamo ripetuto numerose volte (memoria a lungo termine). La teoria prevalente sostiene che la memoria sensoriale e la memoria a breve termine si realizzino tramite modifiche transitorie nella comunicazione neuronale, mentre la memoria a lungo termine si realizzi tramite modifiche pi stabili nella struttura neuronale. Alcuni psicologi sostengono che la classificazione della memoria in base alla durata sia ingiustificata, e sia solo il risultato di diversi livelli di attivazione all'interno di un unico magazzino. Classificazione per tipo di informazione La memoria a lungo termine pu essere suddivisa in: Memoria dichiarativa (o esplicita): riguarda le informazioni comunicabili e che vengono richiamate consciamente. Memoria procedurale (o implicita): riguarda le informazioni relative a comportamenti automatici.

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La memoria dichiarativa pu essere ulteriormente suddivisa in memoria episodica, che riguarda le informazioni specifiche a un contesto particolare, come un momento e un luogo, e memoria semantica, che riguarda idee e affermazioni indipendenti da uno specifico episodio. Per fare degli esempi, il ricordo della trama di un romanzo o di un film riguarda la memoria episodica, mentre ricordarsi il nome dei personaggi dello stesso romanzo o film riguarda la memoria semantica. La memoria autobiografica un caso particolare della memoria episodica, che riguarda episodi realmente avvenuti al soggetto stesso. La memoria procedurale riguarda invece soprattutto le abilit motorie e fonetiche, che vengono apprese con il semplice esercizio e utilizzate inconsciamente. Oggi possiamo dire che nei due tipi di memoria (dichiarativa o esplicita e procedurale o implicita) sono implicate zone cerebrali diverse. Mentre la memoria dichiarativa viene principalmente controllata dalla corteccia cerebrale, in particolare quella temporale, nella memoria procedurale sono implicate le strutture sottocorticali, in particolare in gangli della base. Accanto a queste teorie si sono identificati anche i vari processi tramite i quali la nostra memoria opera. I processi mnestici fondamentali sono di tre tipi: Acquisizione e codificazione dello stimolo e traduzione in rappresentazione

interna stabile e registrabile in memoria. Lavoro di categorizzazione ed etichettatura legato agli schemi e alle categorie preesistenti. Ritenzione ed immagazzinamento. Stabilizzazione dell'informazione in

memoria e ritenzione dell'informazione stessa per un determinato lasso di tempo. Recupero. Riemersione a livello di consapevolezza dell'informazione prima

archiviata, mediante richiamo o riconoscimento in risposta a qualche sollecitazione.

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Molto dell'odierna conoscenza sulla memoria derivato dallo studio clinico dei disturbi della memoria. La perdita di memoria chiamata amnesia. Ci sono molti tipi di amnesia; studiando le loro diverse forme e osservando i difetti organici che appaiono nei singoli sottosistemi del cervello, si pu ipotizzare la funzione di tali sottosistemi in un cervello normale. L'amnesia pu essere anterograda (quando non pi possibile apprendere e ricordare eventi dopo l'evento lesivo) o retrograda (quando vengono cancellate memorie relative ad anni precedenti rispetto alla data della lesione). L'amnesia anterograda, per, non preclude completamente la capacit di chi n colpito di apprendere, infatti alcuni tipi di apprendimento (spaziale, riconoscimento, stimolo-risposta) sono comunque conservati ed il vero danno avviene a livello della memoria dichiarativa o esplicita. L'amnesia anterograda spesso associata ad amnesia retrograda..

3.2

La memoria di lavoro

Qualsiasi cosa ,pensata o agita che sia, sottende inevitabilmente a vari processi attivi nel nostro cervello. Possiamo giocare a calcio, leggere un libro che parli di scienza o di gossip,o solamente stare a pensare su ci che faremo lstante dopo o tra due mesi. Possiamo seguire una partite di calcio e allo stesso momento stare ad ascoltare qualcuno che ci parla a fianco.

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Tutto questo e la maggior parte di ci che facciamo reso possibile dalla memoria di lavoro. La memoria di lavoro una delle pi sofisticate ed coinvolta nellaspetto del pensiero e del problem solvig . Ci che sappiamo sulla memoria di lavoro deve molto ad un importantissimo studioso,Alan Baddeley, che durante gli anni settanta del novecento effettu parecchi studi sulla memoria a breve termine. Il concetto di memoria di lavoro sussume ci che usiamo chiamare memoria a breve termine. Ma,come lo stesso termine suggeriva la memoria di lavoro pi di una semplice area per limmagazzinamento temporaneo. Infatti allinterno della memoria di lavoro agiscono le cos dette funzioni esecutive (Joseph LeDoux 1996) . Le funzioni esecutive sono un modulo della mente che regola i processi di pianificazione, controllo e coordinazione del sistema cognitivo e che governa lattivazione e la modulazione di schemi e processi. Fra queste troviamo: lorganizzazione delle azioni in sequenze gerarchiche di mete; lo spostamento flessibile dell'attenzione sulle informazioni rilevate; lattivazione di strategie appropriate e linibizione di risposte non adeguate. Limpiego delle funzioni esecutive indispensabile in tutti i tipi di problem solving, non solo in quelli pi complicati ed astratti, come la soluzione di problemi matematici, ma hanno un ruolo importante anche nell'acquisizione delle abilit sociali. La comprensione delle persone (metacognizione) per esempio una di queste, perch la

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sensibilit ad obiettivi, emozioni o desideri altrui richiede uno sganciamento dell'attenzione dai propri stati mentali. In breve le funzioni esecutive rendono possibile pensiero e ragionamento pratico. Ma, c anche da dire che questa non onnipotente e che di solito pu svolgere uno o al massimo due compiti contemporaneamente. Potendo forzare il paragone possiamo dire che questa funziona similmente ad un sistema operativo DOS il quale pu fare girare un solo programma per volta,pi che un sistema windows che riesce a fare girare pi programmi contemporaneamente; ed stato ampiamente dimostrato che la nostra memoria di lavoro pu contenere al massimo sette item e questi vengono continuamente aggiornati . Inoltre non bisogna dimenticare che la memoria di lavoro strettamente correlata alla memoria a lungo termine,la quale assicura il ricordo di quantit maggiori d'informazione per periodi di tempo molto lunghi, senza limiti ben definiti (anni o addirittura tutta la vita). La formazione delle memorie a lungo termine richiede cambiamenti stabili nell'efficacia della trasmissione sinaptica e molto probabilmente anche del numero di sinapsi. Questa influenza costantemente la memoria di lavoro,ma anche che la memoria di lavoro pu influenzare la memoria a lungo termine,specie quando si tratta di apprendimento. La memoria a lungo termine, stata oggetto di infiniti studi non solo per quanto concerne il suo funzionamento ma anche sulla sua localizzazione allinterno del cervello. Grandi passi avanti furono fatti grazie agli studi effettuati da Alexander Romanovic Lurija , il quale basandosi sui suoi studi effettuati sui soldati reduci dalla prima guerra mondiale,arriv alla conclusione che danni al lobo frontale interferiscono con la capacit di eseguire un comportamento mirato(Lurija 1997).

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Questi ed altri studi ,effettuati sugli animali e in particolar modo sulle scimmie ,hanno portato alla conclusione che la memoria di lavoro sita nella corteccia prefrontale e che questa un area di convergenza. Essa in grado di ricevere connessioni da vari sistemi specializzati, come il sistema visivo o quello uditivo, che la mettono in condizione di essere consapevole di ci che succede nel mondo esterno e di integrare le informazioni che raccoglie;riceve inoltre connessioni provenienti dallippocampo e da altre aree corticali implicate nella

memoria esplicita a lungo termine , che permettono il recupero di informazioni archiviate rilevanti ai fini del compito in corso. La corteccia prefrontale riceve quindi input convergenti dai circuiti sensoriali mnestici, emozionali e motivazionali;ma tramite le funzioni esecutive che avviene il fenomeno dell assemblaggio (integrazione di tutti gli input in ununica esperienza), che ci permette di avere una conoscenza totale dellesperienza, che sia essa sensoriale o no .

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CAPITOLO 4

4.1 Le emozioni

Come la nostra mente anche le emozioni hanno una loro Ragione infatti le possiamo definire ragionevoli o irragionevoli a posteriori proprio come facciamo con le nostre ragioni una volta che si sono manifestate (Damasio).

Definire ,in maniera valida e unitaria, cosa sia lemozione di certo impresa ardua in quanto la concezione di questa ,nel corso dei secoli, ha subito non poche modifiche. Ancora oggi non siamo in grado di dare una secca definizione che ci permetta di rappresentare ,in maniera non equivoca , lemozione e le sue caratteristiche. Di certo c che una concezione della natura umana che ignorasse il potere delle emozioni si dimostrerebbe di certo inesorabilmente limitata. Le emozioni sono una caratteristica prevalentemente umana che implica una reazione cognitiva e fisica, improvvisa, ad uno stimolo. Ogni emozione correlata a reazioni psicofisiologiche di vario genere, mescolate tra loro in maniera complessa e unica a seconda delle persone e delle situazioni. L'emozione, specialmente quando intensa, pu provocare modificazioni somatiche diffuse. Pu determinare l'accrescere o la diminuzione delle pulsazioni cardiache, l'aumento o la diminuzione della sudorazione, l'aumento o il rallentamento del ritmo respiratorio.

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L'emozione ha altres effetto sugli aspetti cognitivi, pu causare diminuzioni o miglioramenti nella capacit di concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e cos via. L'emozione altera anche la sfera comportamentale dell'individuo. Le emozioni sono l'essenza della qualit e della variet delle esperienze umane; senza la capacit di emozionarsi la vita non avrebbe colore n spessore. Le emozioni, infatti, riassumono la complessit dello stato psico-fisiologico di ogni soggetto. Questo stato d'animo interviene, con un ruolo pi o meno rilevante, nei processi di selezione e archiviazione degli avvenimenti ritenuti di valore. Volendo semplificare, basta sottolineare che non si ricordano i fatti di per s, ma piuttosto gli avvenimenti che evocano gioia, tristezza, piacere e dolore. Questo di per se rivela il ruolo cruciale della degli stati e della percezione emotiva . Le emozioni sono la valuta corrente, la moneta in uso in tutte le relazioni umane, sono anche la spinta, la motivazione profonda che porta a distinguere ci che meglio, nel comportamento dei nostri simili, da ci che peggio(Dolan RJ. 2002 ). La perdita dell'equilibrio emotivo spesso la causa sottostante a molte infelicit umane, nonch il denominatore comune dei disturbi mentali, dalle nevrosi alle psicosi .

4.2

Emozione e cognizione

Emozione e cognizione sono state da sempre considerate due entit distaccate nel senso che luna non possa influenzare laltra.

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Ma negli ultimi decenni sembra che questo dualismo vada un po svanendo lasciando strada ad una concezione della mente nella quale anche le emozioni si ritagliano un posto importante nel funzionamento delle cervello. Per comprender meglio la grande influenza che le emozioni hanno e possono avere sulla cognizione bisogna considerare il modo in qui si evoluto il cervello umano, che con il suo chilo e mezzo di cellule e umori nervosi ha dimensioni circa triple rispetto a quello dei primati non umani, ossia dei nostri cugini pi prossimi dal punto di vista filogenetico. Nellarco di milioni di anni di evoluzione , il cervello ha sviluppato i suoi centri superiori elaborando e perfezionando le aree inferiori, pi antiche . La parte pi primitiva del cervello, che luomo ha in comune con tutte le specie dotate di un sistema nervoso relativamente sviluppato , il tronco cerebrale che circonda lestremit cefalica del midollo spinale. Da questa struttura molto primitiva, il tronco cerebrale, derivarono i centri emozionali. Milioni di anni dopo, nel corso dellevoluzione, da questi centri emozionali evolsero le aree del cervello pensante, ossia la neocorteccia la grande massa di tessuto nervoso convoluto che costituisce i livelli cerebrali superiori. Gi il fatto che il cervello si sia evoluto da quello emozionale ci dice molto sui rapporti tra pensiero ed emozione. Le radici pi antiche della nostra vita emotiva affondano nel senso dellolfatto. Dal lobo olfattivo cominciarono poi ad evolversi gli antichi centri emozionali che infine divennero abbastanza grandi da circondare lestremit cefalica del tronco cerebrale. Con la comparsa dei primi mammiferi apparvero nuovi livelli fondamentali che, circondando il tronco encefalico somigliavano approssimativamente a un bagel dal cui

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fondo fosse stato staccato un morso, proprio dove annidato il tronco cerebrale (Daniel Goleman, 1996). Poich questa parte del cervello circonda e delimita il tronco cerebrale venne chiamata sistema libico dal latino limbus: anello. Questo nuovo territorio neurale aggiunse al repertorio cerebrale le emozioni, che gli sono proprie . Successivamente da queste zone se ne svilupparono delle altre le quali permisero alluomo sapiens di riuscire in una miriade di attivit, pratiche o astratte che siano, chiamata neocorteccia. Nel corso dellevoluzione la neocorteccia permise una regolazione fine che senza dubbio comport enormi vantaggi ai fini della capacit di un organismo di sopravvivere alle avversit, aumentando nel contempo le probabilit che la sua progenie trasmettesse alle generazioni future i geni codificanti quegli stessi circuiti neurali. La neocorteccia rende possibili le finezze e la complessit della vita emozionale ad esempio la capacit di provare sentimenti sui propri sentimenti. Ma poich molti centri cerebrali superiori si svilupparono dal sistema limbico o ne estesero il raggio dazione , la nostra parte emozionale ha un ruolo fondamentale nellarchitettura neurale. Come fonte dalla quale si sono sviluppate le aree pi recenti del cervello, le aree emozionali sono strettamente collegate a tutte le zone della neocorteccia attraverso una miriade di circuiti di connessione. Ci conferisce ai centri emozionali limmenso potere di influenzare il funzionamento di tutte le aree del cervello - compresi i centri del pensiero.

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4.3

Motivazione

Con il termine motivazione si vuole indicare la causa o il motivo di un'azione o di un comportamento. Il concetto di motivazione, com' utilizzato nelle varie discipline psicologiche, decisamente ampio, ed da sempre al centro di un dibattito psicologico molto importante. E' la motivazione, infatti, che ci guida in ogni attivit quotidiana, da quella pi semplice, a quella pi complessa. Ed per questo che tale concetto non pu e non deve essere trascurato da una scienza, quella psicologica, che vuole e deve indagare gli aspetti pi rilevanti dei processi cognitivi, comportamentali e psicodinamici sottesi al comportamento degli esseri umani. Da qui l'attenzione della psicologia si dapprima soffermata sulla definizione del concetto di motivazione, definito come "l'insieme dei fattori dinamici che spingono il comportamento di un individuo verso una specifica meta", per poi studiarne i meccanismi e le caratteristiche peculiari, sotto il profilo neuro-fisiologico, cognitivo e dinamico. Ecco allora il fiorire di teorie riguardanti la suddivisione in motivazioni primarie e secondarie, motivazioni estrinseche ed intrinseche, e via discorrendo. Autori come Maslow, McClelland, Murray, lo stesso Freud ed altri illustri psicologi, svilupparono cos importanti contribuiti teorici, tuttora validi e fondanti la maggior parte delle applicazioni psicologiche che si basano sul concetto di motivazione. Cos la Psicologia Sociale, la Psicologia del Lavoro, la Psicologia Clinica, la Psicologia Evolutiva e tante altre branche psicologiche sfruttarono gli studi e le teorie sulla

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motivazione per spiegare o approfondire le tematiche a loro pi care. Basti pensare alle Psicoterapie Sistemiche o cognitivo-comportamentali, che fondano gran parte delle proprie tecniche terapeutiche nell'incremento di autostima e motivazione, o ancora alla stessa Psicoanalisi che da sempre si occupata di motivazione, approfondendone il concetto con lo sviluppo della stessa teoria pulsionale. Ma la motivazione strettamente legata alle emozioni. Comprendere i meccanismi che legano questi due concetti estremamente importante per lo sviluppo di funzionali programmi di intervento motivazionale, sia a livello terapeutico, che per quanto concerne il funzionamento non patologico. Le emozioni, infatti, sono alla base di molte attivit umane. Spesso ad esempio un'attivit legata ad emozioni piacevoli, viene ripetuta, mentre, al contrario, se un comportamento associato ad emozioni negative, generalmente il soggetto cercher di evitarlo in futuro. Le emozioni rappresentano dunque il "colore" della vita, e viene da s come il rapporto tra queste e la motivazione, sia di grande interesse.

4.4

Il sistema limbico: la fabbrica delle emozioni

Da un punto di vista anatomico e funzionale, il sistema limbico un circuito costituito da un insieme centri corticali e subcorticali fra loro interconnessi da proiezioni di fasci di fibre che trasportano specifici neurotrasmettitori.

Il sistema limbico costituito da alcune regioni telencefaliche e diencefaliche. Il loro significato funzionale coordinare le afferenze sensoriali con le reazioni corporee e le necessit viscerali.

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Inoltre le regioni del sistema limbico rappresentano la struttura anatomica in cui nascono le emozioni. volte Tale sistema stato pi definito Cervello emotivo o Cervello viscerale per farne capire l'importanza funzionale. Il sistema limbico costituito da formazioni grigie tra loro unite da importanti fasci di connessione. Le formazioni grigie del sistema limbico sono: la corteccia del cingolo, il giro paraippocampale, l'ippocampo, parte dell'amigdala, i nuclei mammillari dell'ipotalamo e i nuclei anteriori del talamo. I principali fasci di connessione fra queste formazioni sono: il fornice, il fascio mammillo talamico, la stria terminale. Le regioni corticali che costituiscono tale sistema formano sulla faccia mediale degli emisferi un complesso circolare. Il sistema limbico elabora le emozioni. inoltre coinvolto nel controllo del comportamento e nei processi di memorizzazione. Certamente il concetto di sistema limbico pi funzionale che morfologico. Tale regione infatti oltre ad appartenere a due distinte porzioni dell'encefalo, telencefalo e diencefalo, concorre all'elaborazione di tutti i comportamenti correlati con la sopravvivenza della specie, elabora le emozioni con le conseguenti manifestazioni cognitive ed anche coinvolto nei processi di memorizzazione. Il sistema limbico una formazione filogeneticamente molto antica, presenta la forma di una C. sorprendente il fatto che pur con proporzioni differenti presente in tutti i mammiferi con organizzazione e sviluppo simile. Queste osservazioni fanno ritenere

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che le basi fisiologiche dell'emotivit e il controllo del comportamento siano simili in tutti i mammiferi. Vedete qui uno schema delle principali strutture del sistema limbico e delle sue connessioni. figura Recentemente gli studi su tale sistema sono aumentati. Tali studi hanno come scopo quello di chiarire e far conoscere le basi biochimiche, neuroanatomiche, neurofsiologiche della vita emotiva. In effetti un approfondimento delle nostre conoscenze sul significato e sui meccanismi di funzionamento del sistema limbico particolarmente richiesto in quanto le alterazioni di tali strutture sembrano essere alla base di numerose malattie psichiatriche. Descriviamo ora le formazioni grigie che costituiscono il sistema limbico. La corteccia del cingolo posta nella superficie mediale dell'emisfero cerebrale, attorno al corpo calloso. Nella maggiore parte della propria estensione la corteccia cingolata appare liscia. priva di circonvoluzioni. Il solco del corpo calloso separa la corteccia del cingolo dal corpo calloso. Anteriormente inizia l'ippocampo, giro paraippocampale. Con il termine di formazione dell'ippocampo si definisce una porzione del sistema nervoso centrale costituita dall'ippocampo propriamente detto, dal giro

paraippocampale, dal giro dentato. L'ippocampo origina nel corso dello sviluppo dal lobo temporale. Medialmente rispetto all'ippocampo si osservano il giro dentato e quello paraippocampale, tra loro separati dal solco ippocampale. La formazione dell'ippocampo si affaccia nel corno inferiore del ventricolo laterale. Inoltre la superficie ventricolare dell'ippocampo ricoperta da un sottile strato di sostanza bianca. l'alveus, composto dagli assoni dei neuroni ippocampali.

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Strutturalmente l'ippocampo costituito da archicorteccia, cio da tre strati di cellule nervose. Gli assoni dello strato superiore formeranno fibre di associazione paraippocampali. Il giro dentato una piccola circonvoluzione di forma semilunare, appare sottile e dentellata. Il giro dentato strutturalmente simile all'ippocampo, ma invece di possedere lo strato delle cellule piramidali, possiede uno strato di piccole cellule granulari. Il giro paraippocampale si estende dal solco ippocampale all'istmo della corteccia cingolata . La sua struttura simile all'ippocampo. La formazione dell'ippocampo presenta un maggior numero di connessioni efferenti che afferenti. Le fibre afferenti provengono dai centri olfattivi. Tra le varie strutture del sistema limibico esistono importanti connessioni afferenti ed efferenti reciproche. Il fornice il principale fascio efferente dell'ippocampo. composto da un milione di fibre nervose molto mielinizzate.. Tali fibre prima formano l'alveus. poi la fimbria. e poi il fornice. Il fornice raggiunge il corpo calloso, i nuclei anteriori del talamo. Terminando nei corpi mammillari dell'ipotalamo. Poi vi l'amigdala che topograficamente fa parte dei nuclei della base, ma funzionalmente non appartengono al sistema extrapiramidale. L'amigdala composto da due porzioni: quella dorsomediale, quella ventromediale. La prima appartiene all''area olfattiva : la seconda non collegata alle vie olfattive.

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L'amigdala formata un gruppo di strutture interconnesse a forma di mandorla, da cui ne scaturisce il nome, che presenta connessioni con la neocorteccia, in particolare con il lobo temporale, tramite la stria terminale. La stria terminale circonda la coda del nucleo caudato, passa tra il talamo e la testa del nucleo caudato, termina coi rami terminali nella corteccia, nell'area settale, nell'ipotalamo e nei nuclei talamici. I nuclei anteriori del talamo sono un complesso nucleare raccolto tra i bracci

divergenti della lamina midollare interna. Sono tre, il pi voluminoso il nucleo antero-ventrale. Sono connessi con le vie olfattive. Tale struttura riceve afferenze dai nuclei mammillari attraverso il fascio mammillo talamico. Invia invece efferenze alla corteccia del giro del cingolo. I nuclei ipotalamici provvedono, inoltre, mediante la liberazione di sostanze ormonali, a controllare l'attivit endocrina dell'ipofisi anteriore. Da un punto di vista funzionale il sistema limbico stato diviso in quattro zone: la zona fronto-temporale, corrispondente all'uncus dell'ippocampo e al giro dentato,la quale controlla le reazioni di attacco e difesa; la zona parieto-occipitale, corrispondente al giro paraippocampale, che controlla l'attivit sessuale; la zona occipito-temporale. corrispondente alla porzione posteriore della corteccia cingolata, regolerebbe la vita affettiva; la zona temporo-frontale, corrispondente alla porzione anteriore della corteccia cingolata. I circuiti del sistema limbico concorrono quindi nel loro insieme a due momenti fondamentali della vita animale: la preservazione dell'individuo e la preservazione della specie.

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Infatti tali strutture regolano le reazioni emotive di attacco, fuga, paura e la funzione sessuale. Inoltre le strutture del sistema limbico partecipano ai processi di memorizzazione, soprattutto di memoria recente. Sempre dal punto di vista funzionale esiste un circuito dell'amigdala e un circuito settale. Il primo sarebbe deputato all'autoprotezione dell'individuo controllando le reazioni di aggressivit, fuga, eccetera.. Il circuito settale costituito dai nuclei del setto, dall'ippocampo e dal cingolo, sarebbe deputato all'organizzazione della funzione sessuale, cio all'autoprotezione della specie. Infine vi il circuito di Papez costituito da ippocampo, nuclei mammillari, nuclei talamici e cingolo,che sarebbe deputato ai processi di memorizzazione.

4.5

Apprendimento ed emozione

Quando si parla di apprendimento ci si riferisce a quel processo di acquisizione di conoscenza, di una competenza o di una particolare capacit attraverso lo studio, l'esperienza o l'insegnamento. Dal punto di vista psicologico l'apprendimento una funzione dell'adattamento nel comportamento di un soggetto, risultato da una esperienza. Punto pi importante di questa definizione che l'apprendimento legato ad un cambiamento. Questa caratteristica del processo risulta anche una definizione operativa misurabile negli studi sull'apprendimento stesso.

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Lapprendimento una delle doti pi sofisticate di cui siamo a disposizione e di cui non possiamo di certo fare a meno ,praticamente mai, in nessuna circostanza. In psicologia e in altri campi molto si detto e molto sta cambiando; oggi per principalmente si parla di apprendimenti impliciti ed espliciti. Il condizionamento alla paura mediato , come ampiamente dimostrato da Joseph LeDoux , dallamigdala, una forma di apprendimento implicito , che non comporta in parole povere lintervento della coscienza. Tuttavia,durante una qualsiasi esperienza in cui siamo svegli e vigili, la memoria di lavoro sar informata di quanto sta succedendo, e se quel che accade rilevante la funzione esecutiva disporr limmagazzinamento dellinformazione relativa alla situazione nel sistema della memoria esplicita. In un momento successivo saremo in grado di richiamare intenzionalmente (recuperare dalla memoria di lavoro) quegli aspetti dellesperienza in modalit esplicita. Ma sebbene questo valido per ogni tipo di memoria esplicita, i ricordi espliciti relativi allemozione rappresentano un caso peculiare. Esemplificativo in questo senso pu essere il ricordare un evento come quello della caduta delle torri gemelle ,che ha destato e continua a destare scandalo e paura,che di certo tutti ricordiamo, e di certo ricorderemo, in maniera molto limpida. Le memorie esplicite instaurate in situazioni emotive sono spesso particolarmente vivide e resistenti;per tale ragione sono denominate memorie lampo. Di sicuro tutti noi siamo consapevoli del fatto che nella vita quotidiana ricordiamo meglio ci che ha per noi una valenza emotiva . Ovvero le emozioni amplificano i ricordi. Autori e studiosi come Jim McGaugh e collaboratori hanno chiamato in causa lamigdala come fattore principale nellamplificazione emotiva delle memorie esplicite.

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Nel corso dei loro studi hanno dimostrato che durante larousal emotivo le afferente dellamigdala centrale provocano il rilascio di ormoni da parte della ghiandola surrenale che ritornano poi al cervello. Si scoperto che lamigdala un importante obiettivo di questa retroazione . Il feedback consiste nellazione diretta di alcuni ormoni endogeni(come il cortisolo rilasciato nella corteccia surrenale ) sui neuroni dellamigdala, e di azioni indirette per mezzo delle quali gli ormoni(come lepinefrina rilasciate dalla midollare del surrene ) interagiscono con i nervi che vanno dal corpo allinterno del cervello e infine raggiungono lamigdala influenzandone lattivit neurale. Attraverso le sue connessioni con lippocampo, formazione nervosa situata sul margine inferiore dei ventricoli laterali sopra il cervelletto, il quale si occupa della funzione di selezionare le informazioni da trasferire nella memoria secondaria,

insieme ad altre regioni del sistema mestico esplicito, lamigdala modula e potenzia il processo di consolidamento delle memorie esplicite che si sono formate durante un arousal emozionale. In seguito , le memorie sono recuperate pi facilmente e i dettagli dellesperienza originale sono pi vividi. Quindi oltre ad immagazzinare nei suoi circuiti le memorie implicite relative a situazioni di pericolo, lamigdala modula la formazione di memorie esplicite nei circuiti dellippocampo e delle aree collegate (Joseph LeDoux 2oo2). Tutto ci avviene quando questa attivazione emotiva o livello di arousal emotivo, contenuto Infatti solo in questo caso avremo che la formazione mnestica sar potenziata. Se ci non avviene, cio si in presenza di un arousal emotivo intenso,in particolar modo se questo comporta forte stress, la memoria risulta spesso compromessa.

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Molti studi lo dimostrano. Studiosi come Robert Sapolsky, Bruce McEwen, Gas Pavlides, David Daiamond, Tracy Shors, e Jeansok Kim suggeriscono che lo stress comprometta la memoria esplicita alterndo il funzionamento dellippocampo . Cos, in condizione di forte stress , aumenta la concentrazione di ormone steroide (cortisolo ) liberato dalla corteccia surrenale nel circolo ematico (Berger Posner 2000). Per esempio , quando lo stress provocato da stimoli minacciosi , si attiva lamigdala e viene liberato il cortisolo . Questo si diffonde nel cervello e si lega ai recettori dellippocampo; ne risulta un disturbo dellattivit dellippocampo , che compromette cos la capacit del sistema mnestico del lobo temporale di formare nuove memorie esplicite. Inoltre , quindi, larousal emotivo esercita una forte influenza sullelaborazione cognitiva. Infatti, attenzione, memoria, percezione, processi decisionali e le concomitanti consce di ognuna di queste funzioni , sono tutte influenzate dagli stati emotivi. La ragione di questo risiede nel fatto che lamigdala attraverso il sistema libico di cui fa parte ha infinite connessioni che la proiettano in molte zone del cervello, in maniera tale da permetterle di influenzare, ogni qual volta lo voglia, tutto loperato del cervello. Se ne deduce che larousal emotivo organizza e coordina lattivit cerebrale (Sawaguci et al. 1990). Ma il punto principale che lemozione pu influenzare la cognizione tramite la memoria di lavoro, che come abbiamo visto prima un fattore fondamentale in tutto il funzionamento del cervello , in modo particolare , della parte conscia. Questo pu avvenire in diversi modi proprio per le sue particolari connessioni;

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Il primo modo avviene mediante lalterazione dellelaborazione sensoriale nelle aree corticali. La memoria di lavoro riceve afferente dalle aree di elaborazione sensoriale tramite le quali conosce il mondo esterno,di conseguenza un qualsiasi fenomeno che verifichi un alterazione nel modo in cui queste informazioni vengono elaborate, andr ad influire sul materiale a disposizione della memoria di lavoro; cos attraverso tali connessioni con le arre di elaborazione sensoriale nella corteccia, larousal amigdoaleo altera lelaborazione sensoriale. In particolare David Amaral ha evidenziato che,mentre solo le ultime fasi dellelaborazione sensoriale corticale inviano connessioni allamigdala, questa invia connessioni a tutte le fasi, il che consente di influenzare anche le pi precoci elaborazioni neocorticali . Tutto ci dimostrato dagli studi condotti da Norman Weinberger, che mostrano come il ritmo di scarica delle cellule della corteccia uditiva in risposta a un suono risulti incrementato nel momento in cui il suono associato a uno shock in una situazione di condizionamento alla paura. Siccome la corteccia sensoriale fornisce importanti input alla memoria di lavoro, lamigdala in grado di influenzare la memoria di lavoro alterando i processi elaborativi nella corteccia sensoriale. Quest ultima strategicamente coinvolta nellattivazione del sistema mnestico del lobo temporale mediano. Influenzando cos la corteccia sensoriale lamigdala riesce ad avere effetto anche sulle memorie a lungo termine attive e a disposizione alla memoria di lavoro.

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Tuttavia lamigdala ha anche forti connessioni con la corteccia olfattiva il che le permette di influenzare direttamente il sistema mnestico del lobo temporale mediano e quindi le memorie disponibili alla memoria di lavoro. Lamigdala pu anche agire direttamente sui circuiti della memoria di lavoro. Anche se questa non presenta collegamenti diretti con la corteccia prefrontale laterale ha connessioni con altre aree della corteccia prefrontale coinvolte nella memoria di lavoro ,come la corteccia prefrontale mediana (cingolato anteriore) e ventrale (orbitarla) (Mc Donald 1998). Queste connessioni allinterno e tra queste regioni costituiscono dei circuiti distribuiti che sottendono le funzioni integrative della memoria di lavoro. Studi su scimmie e su soggetti umani hanno interessato la regione orbitaria nellelaborazione di rivelatori emotivi (ricompense e punizioni) e

nellimmagazzinamento temporaneo dellinformazione relativa a tali indicatori. La regione orbitaria collegata con il cingolato anteriore e, come il cingolato anteriore, anchessa riceve informazioni dallamigdala e dallippocampo. Individui con una lesione nella regione orbitaria diventano indifferenti a segnali di ordine sociale ed emotivo, possiedono scarse capacit decisionali e alcuni manifestano un comportamento sociopatico. Oltre ad essere connesse con lamigdala, il cingolato anteriore e le aree orbitarie sono intimamente collegate tra loro cos come con la corteccia prefrontale laterale, e ciascuna area prefrontale riceve linformazione dalle regioni di elaborazione sensoriale e dalle aree implicate in diversi aspetti dellelaborazione mnestica implicita ed esplicita. Per tanto il cingolato anteriore e le aree orbitarie costituiscono un mezzo attraverso cui lelaborazione emotiva dellamigdala possa essere associata nella memoria di lavoro

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allinformazione sensoriale immediata e alle memorie a lungo termine elaborate in altre aree della corteccia. Altro aspetto importantissimo riguarda lattenzione. Infatti studi recenti condotti da Liz Phelps hanno mostrato che una lesione allamigdala interferisce con un aspetto importante dellattenzione. Normalmente, se prestiamo attenzione ad un particolare stimolo , ignoriamo il resto. Questa lattenzione selettiva, che ci permette di focalizzare i nostri pensieri sul compito contingente . Tuttavia, qualora un secondo stimolo sia rilevante dal punto di vista emotivo, esso pu imporsi sul processo selettivo e infiltrarsi nella memoria di lavoro. Una lesione allamigdala, per, impedisce che ci si verifichi. Lamigdala , in altre parole, fa si che stimoli emotivi processati in modalit implicita (ignorati) possano proseguire il loro cammino verso la memoria di lavoro e la consapevolezza. Inoltre, lamigdala in grado di influenzare indirettamente la memoria di lavoro mediante le proiezioni verso vari gruppi cellulari amminici nel tronco encefalico che intervengono nellarousal corticale, comprendendo sistemi colinergici, dopaminergici, noradrenergici e serotoninergici. in questo modo che la il sistema limbico e le sue emozioni sono in grado di interagire con la nostra mente, diciamo cos , cognitiva. Quindi non pi due cose separate , ma un tuttuno che agisce insieme integrandosi , o come preferisco io, potenziandosi luno con laltro. Le emozioni quindi non hanno unimportanza solo per fattori considerati di puro pensiero astratto, ma hanno anche un importantissimo ruolo a livello neurobiologico.

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4.6

EMOZIONI , RICORDI ED ATTACCAMENTO

chiaro che noi tutti non ricordiamo tutto ci che esperiamo. La possibilit di dimenticare uno tra gli aspetti essenziali della memoria; infatti se noi ricordassimo tutto ci che abbiamo registrato in passato,la nostra memoria di lavoro sarebbe sommersa da una marea di dati ,anche poco rilevanti ,che di certo ne comprometterebbero le funzioni . Questo ci porta quindi ad interrogarci su quali siano gli eventi o i dati che maggiormente ricordiamo e che quindi hanno maggiore possibilit di influenzare il nostro pensiero . Parecchi studi hanno dimostrato che le nostre emozioni ricoprono un importane ruolo nel ricordo . In particolare , esperienze che non sono accompagnate da un significativo coinvolgimento emotivo in genere non sono in grado di evocare un adeguato livello di attenzione specifica. Vengono quindi registrate come non importanti facilmente. Al contrario , eventi vissuti con una partecipazione emotiva medio alta verrebbero catalogati come importanti(attraverso il coinvolgimento di strutture come amigdala ippocampo e sistema orbito frontale),e hanno dunque un enorme probabilit di essere successivamente rievocati. Bisogna per ricordare che si possono avere anche effetti negativi che, come ad esempio un emozione eccessivamente forte ,possono compromettere il normale funzionamento delle funzioni superiori . e vengono poi dimenticate

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In questi casi lamigdala si attiva e vi la liberazione di noradrenalina e corticosteroidi che portano a uninibizione dei processi della memoria esplicita a livello ippocampale ,generando cosi un forte blocco nella registrazione esplicita di questi ricordi (Diamond Rose 1994). Si pu affermare quindi che le emozioni svolgono un ruolo fondamentale sia sul cosa ricordare (cio su cosa portare dalla memoria a lungo termine a quella a breve termine), ma soprattutto sul cosa immagazzinare (cio passaggio dalla memoria di lavoro alla memoria a lungo termine). Ma le emozioni ci pervadono e agiscono su di noi sin dalla nascita e non solo nellet adulta . Queste durante i primi anni di vita le ritroviamo espresse ,per cos dire; sotto forma di attaccamento. Lattaccamento si basa su meccanismi cerebrali innati , che spingono il bambino a ricercare la vicinanza dei genitori (o in generale delle persone che si prendono cura di lui) e a stabilire una comunicazione con loro, instaurando rapporti che influenzano lo sviluppo e lorganizzazione dei suoi processi motivazionali, emotivi e mnemonici . Da un punto di vista strettamente evolutivo, questo sistema comportamentale aumenta la capacit di sopravvivenza del bambino; a livello della mente, le relazioni di attaccamento aiutano il suo cervello ancora immaturo a coordinare le sue attivit attraverso i processi cerebrali dei suoi genitori . Numerosi studi in questo campo hanno dimostrato che ai diversi tipi di attaccamento che si stabiliscono durante linfanzia corrisponde lo sviluppo di caratteristiche specifiche in termini di regolazione delle emozioni, capacit sociali,memoria autobiografica,funzione riflessiva e processi narrativi (Main 1996). Il sistema dellattaccamento svolge molteplici funzioni

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Nel bambino ,lattivazione di questi circuiti del caregiver , ricerca che gli consente di essere protetto nei confronti di pericoli di vario genere(mancanza di cibo,incidenti ecc) Oltre a svolgere un ruolo cruciale nellaiutare il bambino le sue esperienze, i rapporti di attaccamento influenzano profondamente lo sviluppo dei suoi circuiti neuronali, e hanno effetti diretti sulla maturazione delle attivit cerebrali che mediano i processi mentali fondamentali. Queste relazioni emotivamente importanti contribuiscono quindi alla costruzione delle basi su cui poi si svilupper la mente del bambino(Daniel J. Siegel 2001).

4.7

Una patologia emotiva: Alessitmia

Molti dei primi esponenti della medicina psicosomatica ritenevano che i conflitti emotivi inconsci giocassero un ruolo molto importante come cause dei disturbi o delle malattie psicosomatiche. Alcuni di essi, in base ad osservazioni cliniche e ai colloqui avuti con i loro pazienti, ipotizzarono che fosse un disturbo nella capacit di esprimere le emozioni a predisporre le persone alle malattie psicosomatiche. Paul MacLean (1949, 1954, 1977), ad esempio, not che molti pazienti psicosomatici mostravano un'evidente incapacit intellettuale a verbalizzare le proprie emozioni e ipotizz che le emozioni disturbanti invece di essere collegate al neocortex (il cervello verbale) e trovare espressione nell'uso simbolico delle parole, avessero un'espressione immediata nelle vie autonome e venissero tradotte in una specie di linguaggio organico. Allo stesso modo Jurgen Ruesch (1948) osserv sia un analogo disturbo

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dell'espressione verbale e simbolica nei pazienti psicosomatici sia un'insieme di caratteristiche comportamentali e psicologiche che facevano pensare ad una personalit infantile. Tali caratteristiche erano ad esempio l'arresto e il deterioramento dell'apprendimento sociale, una tendenza a usare l'azione fisica diretta o canali corporei di espressione, dipendenza e passivit, modi infantili di pensare, il ricorso all'imitazione, una coscienza morale estremamente rigida, aspirazioni elevate e irrealistiche ed un grado eccessivo di conformismo sociale.Marty e de M'Uzan (1963) coniarono il termine di pense opratoire (pensiero operatorio) per descrivere un tipo di pensiero incapace di produrre fantasie, senza immaginazione, estremamente utilitaristico, preoccupato dei minimi particolari degli eventi esterni e molto aderente alla realt, e ipotizzarono che questo tipo di pensiero fosse tipico di una specifica personalit psicosomatica.. A questo proposito Sifneos coni il termine alessitimia per indicare: un disturbo specifico nelle funzioni affettive e simboliche che spesso rende sterile e incolore lo stile comunicativo dei pazienti psicosomatici Attualmente l'alessitimia, dopo un primo periodo di notevoli controversie, non considerata la sola, ma una delle molteplici possibili situazioni generali di

insorgenza o uno dei fattori di rischio che sembrano accrescere la suscettibilit alla malattia. Infatti occorre precisare che non tutti i pazienti psicosomatici esibiscono chiari elementi alessitimici e non tutti i medici psicosomatici hanno accettato il concetto di alessitimia. Inoltre quest' ultima non considerata un fenomeno del tipo tutto o nulla e ogni persona sembra avere la capacit di accedere ad uno stile di comunicazione relativamente asimbolico, tanto che le caratteristiche alessitimiche sono state riscontrate anche in pazienti con disturbi da uso di sostanze e disturbi da stress post-traumatico, in

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pazienti con gravi disturbi affettivi o depressioni mascherate che spesso si presentano ai medici accusando disturbi fisici. Inoltre l'alessitimia stata descritta come un fenomeno secondario nei pazienti in dialisi e in quelli che hanno subito un trapianto, oltre a quelli in pericolo di vita che si trovano nei reparti di terapia intensiva.

In genere gli individui alessitimici oltre ad avere un pensiero simbolico nettamente ridotto o assente mostrano anche una sorprendente difficolt a riconoscere e descrivere i loro sentimenti e a discriminare tra stati emotivi e sensazioni corporee . Capita ad esempio che tali persone abbiano esplosioni di collera o di pianto incontrollato, ma quando vengono interrogate sui motivi di queste manifestazioni sono incapaci di descrivere quello che provano. Inoltre anche la rigidit nei movimenti e la mancanza di movimenti espressivi del volto di queste persone tradiscono un funzionamento emotivo ridotto. In genere le persone alessitimiche sembrano ben adattate da un punto di vista sociale nonostante manchi loro non solo la capacit entrare in contatto con la propria realt psichica e con i propri vissuti interiori ma anche la fondamentale capacit di sintonizzarsi sui sentimenti e vissuti altrui, elementi che rendono il loro buon adattamento sociale solo apparente. Inoltre queste persone tendono a stabilire relazioni interpersonali fortemente dipendenti oppure preferiscono stare da soli ed evitare gli altri. Come si sviluppa l'alessitimia? Probabilmente non esiste un'unica spiegazione sulle cause di un fenomeno tanto complesso. Infatti oltre che da fattori genetici, neurofisiologici e intrapsichici, gli stili di comunicazione sono influenzati da fattori socioculturali, dall'intelligenza e dai modelli familiari di conversazione.

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Per esempio, Leff (1973) ha trovato che nei paesi sviluppati le persone mostrano una maggiore differenziazione degli stati emotivi rispetto a coloro che vivono in paesi in via di sviluppo e che alcune lingue impongono limitazioni all'espressione delle emozioni. Secondo McDougall (1982) l'alessitimia una difesa straordinariamente forte contro il dolore psichico , mentre Krystal (1979, 1982-1983) invece di concettualizzare l'alessitimia come una difesa, la attribuisce ad un arresto dello sviluppo affettivo a seguito di un trauma infanti le , o a una regressione nella funzione affettivo-cognitiva dopo un trauma catastrofico nella vita adulta. Sono state proposte anche alcune teorie neurofisiologiche per l'origine eziologica dell'alessitimia. Si gi vista l'ipotesi di MacLean secondo cui i sintomi fisici dei pazienti alessitimici sono dovuti al fatto che le emozioni vengono incanalate direttamente negli organi corporei attraverso le vie neuroendocrine e autonome. Nemiah (1975, 1977) ha approfondito questa posizione sostenendo che l'alessitimia provocata da un difetto neurofisiologico che influenza la modulazione da parte del corpo striato dell'input proveniente dal sistema limbico e diretto al neocortex. Inoltre gli studi sulla specializzazione emisferica, compreso il modo in cui il cervello integra il linguaggio affettivo e propositivo, hanno portato all'idea che l'alessitimia sia dovuta ad una disfunzione dell'emisfero destro o ad una carenza nella comunicazione interemisferica. Tale ipotesi sembra avvalorata dall'osservazione di Hoppe (1977; Hoppe e Bogen, 1977) della comparsa di caratteristiche alessitimiche in pazienti con cervello scisso i quali riferiscono scarsit di sogni e fantasie e mostrano un deterioramento della funzione simbolica.

Inoltre, come hanno dimostrato Weintraub e Mesulam (1983), un danno precoce

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all'emisfero destro pu interferire seriamente con l'acquisizione di capacit per le quali quell'emisfero ritenuto specializzato. Essi sostengono infatti che come l'emisfero sinistro controlla lo sviluppo della competenza linguistica, cos l'integrit dell'emisfero destro potrebbe essere essenziale all'emergere di capacit interpersonali e di quella che Hymes (1971) ha definito competenza comunicativa (p. 468).

Pertanto una carente funzionalit dell'emisfero destro potrebbe spiegare non solo la difficolt dei pazienti alessitimici a riconoscere e descrivere le loro emozioni, ma anche la loro minore capacit empatica.

4,8

Empatia

Se l'alessitimia implica l'incapacit o l'impossibilit di percepire le proprie e le altrui emozioni, l'empatia al contrario quell'abilit che consente alle persone di entrare in sintonia con i propri e gli altrui stati d'animo. Non a caso tale abilit si basa sull'autoconsapevolezza: quanto pi si aperti verso le proprie emozioni, tanto pi abili si nel leggere i sentimenti altrui. Il termine inglese "empathy", coniato da Titchener agli inizi del '900 indicava quel processo attraverso il quale gli esseri umani tendono ad "umanizzare" gli oggetti, attribuendo a questi ultimi sentimenti e valori tipicamente umani. Inizialmente il termine "empatia" faceva dunque riferimento all'utilizzo dei sentimenti per comprendere gli oggetti non animati; successivamente questa valenza venne estesa ad opera degli psicologi agli altri esseri umani, acquisendone il significato odierno.

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Ai nostri giorni per empatia intendiamo la capacit di un essere umano di percepire lo stato d'animo ed i sentimenti di un'altra persona, realizzando quindi una sintonia emotiva nei suoi confronti, la quale permette di condividerne i vissuti interiori e le emozioni. Lempatia la focalizzazione sul mondo interiore di un'altra persona, caratterizzata dalla capacit di intuire ci che si sta muovendo in essa, percependo le sue emozioni ed i suoi stati d'animo autentici, spesso differenti da quelli espressi verbalmente e gestualmente. L'empatia un contatto emotivo diretto tra due esseri umani, capace di sintonizzare i loro vissuti interiori in modo del tutto indipendente dai loro schemi mentali e percettivi (Ekman, 1992). Semplificando i concetti appena espressi si potrebbe dire che l'empatia consista nel sapersi mettere nei panni dell'altro, nel comprendere dunque ci che l'altro sta provando dentro di s, trascurandone le manifestazioni comportamentali esteriori che non necessariamente rispecchiano i vissuti interiori. Oltre alla immedesimazione nell'altro e alla comprensione profonda del suo punto di vista, l'empatia trova espressione anche nella capacit di mantenere durante l'intero processo di sintonizzazione emotiva il proprio punto di vista, i propri valori e le proprie emozioni. La fusione empatica non provoca la perdita dei propri punti di riferimento e dei propri sentimenti per realizzarsi; la comprensione dell'altro si realizza mantenendo costantemente la consapevolezza di se stessi e del proprio punto di vista. L'autocontrollo non viene mai a mancare e i sentimenti dell'altro vengono compresi e condivisi senza tuttavia sostituire i propri. Pensiamo per esempio ad un infermiere che condivide con un malato il suo stato d'animo: se egli si lasciasse sopraffare dalle sofferenze del suo assistito finirebbe per

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negativizzare il suo stato d'animo e rischierebbe di peggiorare ulteriormente quello del paziente. L'empatia esente da critiche, giudizi o valutazioni di alcun genere dell'altro; la condivisione di sentimenti ed emozioni avviene in un clima del tutto neutrale e spontaneo, il quale non produce alcun tipo di giudizio morale o normativo. Non c' giusto e non c' sbagliato, non vengono introdotte direttive e il fulcro dell'attenzione esclusivamente l'esperienza emotiva interiore. Esperimenti recenti hanno permesso di estendere ulteriormente il concetto di empatia allargandolo anche alla capacit di percepire il dolore fisico delle altre persone. Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del University College di Londra ha messo in luce come la capacit di apprezzare il dolore fisico degli altri venga elaborata dalle stesse aree del cervello utilizzate per elaborare il dolore percepito personalmente. Se ne pu dedurre che il dolore altrui, quando vissuto in maniera empatica, sia molto simile al dolore percepito su di s. Un fenomeno di questo genere accade frequentemente tra madre e figlio: quando il figlio soffre per qualche motivo anche la madre in grado di provare le stesse sensazioni negative. E' bene anche specificare che l'empatia non fa riferimento esclusivamente ad

esperienze e sentimenti di tipo doloroso; essere empatici significa saper condividere con un'altra persona qualsiasi tipo di vissuto, positivo o negativo che sia.

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CAPITOLO 5

5.1 I sistemi complessi : il cervello

Prima di capire in cosa consiste la complessit di un sistema, iniziamo con il definire il sistema. Noi abbiamo a che fare con uninfinit di sistemi. Tutto pu essere un sistema o fare parte di un sistema. Il termine sistema ha molti significati. Vi sono sistemi di numeri e di equazioni, sistemi di valori o di pensiero, sistemi di leggi, sistemi solari, sistemi organici, sistemi economici, sistemi di comando e di controllo, sistemi elettronici [...]. I significati del termine sistema vengono spesso confusi. Il pi generale, tuttavia, il seguente: un sistema un insieme di unit interagenti che sono in relazione tra loro. La parola insieme implica che le unit che lo compongono hanno propriet comuni, il che essenziale ai fini della interazione e relazione tra esse. Lo stato di ciascuna unit vincolato, coordinato, o dipendente dallo stato delle altre unit. Inoltre vi almeno unoperazione che si pu applicare alla somma di queste unit che d un valore che maggiore del valore che si ottiene applicando quelloperazione alla somma di quelle unit prese singolarmente. Un sistema , secondo il filosofo francese Edgar Morin (1983), una unit globale organizzata di interrelazioni fra elementi, azioni o individui. Si tratta quindi di elementi che interagiscono e sono governati da un principio di organizzazione che stabilisce alcune regole di comportamento per gli stessi.

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Quando parliamo di complessit facciamo riferimento al numero delle azioni che sono connesse tra loro allinterno di un sistema. Definiamo sistema un insieme di parti che si influenzano reciprocamente, quindi possiamo parlare di sistemi pi o meno complessi facendo riferimento al numero di connessioni / influenze presenti nel sistema. [...] Pi connessioni uguale pi influenze reciproche, pi complessit. Anche i singoli sistemi sono connessi tra loro e quindi si influenzano reciprocamente:pi sistemi connessi tra loro uguale pi complessit. Definire un sistema complesso solamente per lalto numero delle sue connessioni non per sufficiente. Un sistema complesso contraddistinto anche da altre caratteristiche. Joel de Rosnay (1977) d una definizione pi completa delle caratteristiche di un sistema complesso: un sistema complesso composto da una grande variet di componenti o di elementi che possiedono delle funzioni specializzate; questi elementi sono organizzati per livelli gerarchici interni (nel corpo: cellule, organi, sistemi di organi); i diversi livelli e gli elementi individuali sono collegati da una grande variet di legami. Ne viene fuori unalta densit di interconnessioni; le interazioni tra gli elementi di un sistema complesso sono di tipo particolare. Esse sono definite non lineari. I sistemi complessi sono dinamici, cio in continuo cambiamento, e vengono definiti non lineari, in base al secondo principio della complessit, in quanto minime variazioni negli input possono portare a cambiamenti notevoli e imprevedibili negli output del sistema .

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Tale imprevedibilit dovuta sia alla natura contesto indipendente delle risposte , sia al fatto che il sistema nel suo complesso produce un intrinseco rumore di fondo, con attivazioni casuali che possono o meno essere dalle interazioni con lambiente . Il comportamento di un sistema presenta caratteristiche determinate (prevedibili) e indeterminate (Jackson,1991,),e a causa di queste caratteristichepiccoli cambiamenti a livello di micro - componenti del sistema possono portare a grossi cambiamenti a livello di macro-comportamento dellorganismo(Dniel J. Siegel 2001). Se consideriamo la mente come un sistema complesso , possiamo capire come una disfunzione che interessa in determinato livello di organizzazione possa alterare in maniera significativa le attivit di altre componenti del sistema nel suo complesso Nellambito delle funzioni del cervello , possibile pensare che cambiamenti di questo genere possano avere origini in regioni specifiche , ad esempio quelle responsabili di emozioni come la paura. In altre parole ,anche se la disfunzione pu avere origini da messaggi anomali generati nellambito di una singola componente del sistema cerebrale , linsieme delle risposte che vengono successivamente innescate pu assumere dimensioni imprevedibili e coinvolgere tutti i processi della mente. In questi casi le propriet non lineari del sistema si manifestano nella loro versione pi negativa e dolorosa. Ma vi anche il rovescio della medaglia in quanto queste stesse propriet fanno si che ,in una persona, piccole variazioni nelle prospettive ,nelle convinzioni o nelle associazioni di particolari forme di elaborazione delle informazioni possano rapidamente portare a cambiamenti positivi a livello del sistema che producono grossi cambiamenti in termine di e comportamenti ed esperienze interne.

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Soffermiamoci ancora sulle interazioni tra gli elementi. Sono non lineari. Secondo Dioguardi (2000,) questa una caratteristica fondamentale che contraddistingue i sistemi complessi, che altrimenti sarebbero solamente complicati. Unattenzione particolare va riservata al concetto di interazione, nella sua accezione diretta e di retroazione (feedback): si tratta di collegamenti fra le parti che determinano reciproche influenze e condizionamenti in una concezione dinamica, quindi non statica. Se si verificasse soltanto questultimo aspetto, si sarebbe in presenza di una struttura in stato di quiete, alla quale potrebbe ben applicarsi il concetto di complicazione, prima o poi conoscibile, spiegabile e quindi riconducibile al significato di semplice. Nei primi anni Ottanta i fisici cominciarono a rendersi conto che molti sistemi disordinati potevano essere descritti dalla dinamica non lineare. Lintero poteva cio essere maggiore della somma delle sue parti. Nei sistemi lineari il tutto rigorosamente uguale alla somma delle sue parti. Si pu anche dire che le connessioni non portano valore aggiunto. Se invece le connessioni vengono considerate non lineari, si attribuisce loro limportanza di determinare la struttura e lorganizzazione del sistema. Le due caratteristiche fondamentali per descrivere un sistema sono gli elementi e le connessioni. In un sistema complesso gli elementi sono molto numerosi. Questo fatto evidente se solo si considerano alcuni sistemi complessi (fonte: Haken, ): cervello 1011 1012 neuroni (100-1000 miliardi); mondo 1010 persone (10 miliardi); laser 1018 atomi;

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fluido 1023 molecole/cm. Oltre alla numerosit, unaltra caratteristica importante degli elementi facenti parte di un sistema complesso la variet. Gli elementi sono tra loro diversi e questa diversit alla base di numerosi fenomeni che rendono la complessit cos difficile da studiare, ma allo stesso tempo cos affascinante. In un ottica terapeutica tutto ci assume un importanza fondamentale e non di certo trascurabile. Ci che intendo dire che, se il nostro cervello funziona come un sistema complesso, non si pu minimamente pensare di spiegare o modificare il funzionamento del

cervello senza tener in considerazione ogni sua piccola parte . Quindi non togliendo o separando lemozione dalla cognizione ma cercare di unire queste e tutte le altre parti del sistema per portare al meglio il suo funzionamento e

di conseguenza la sua performance .

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CAPITOLO 6

6.1 Il raggiungimento del fine terapeutico: la relazione cliente - terapeuta

Durante i secoli levoluzione medica e la maturazione intellettuale hanno portato non pochi cambiamenti nella concezione del ruolo del terapeuta. Si giunti negli anni a definire quali debbano essere le sue competenze tecniche e comportamentali ,le quali concorrono insieme al raggiungimento degli obbiettivi della terapia. Questa non di certo una concezione che si sviluppata secoli fa, ma la si pu fare risalire al 1951 quando Carl Roger scrive un libro intitolato La terapia centrata sul cliente. Da quel momento in tutto il mondo va diffondendosi rapidamente l'interesse per la psicologia di Carl Rogers, i suoi libri sono stati venduti a milioni di copie in quindici Nazioni e la sua psicologia viene insegnata in centinaia di Istituti Universitari di ogni parte del mondo. I motivi di questo grande successo vanno innanzitutto ricercati nel fatto che l'approccio Rogersiano (definito da Rogers stesso non direttivo o centrato sulla persona) non pretende di imporre grandi sistemi teorici n miti salvazionistici, ma semplicemente di proporre la crescita e la maturazione del singolo e dei gruppi attraverso una modificazione salutare e costruttiva e profonda dei rapporti interpersonali, basata sulla partecipazione affettiva (empatia) sull'abbandono dei ruoli stereotipati e sulla responsabilizzazione di ciascuno. Non vi dubbio che questo nuovo, autentico ed attualissimo approccio interpersonale sta trasformando negli Stati Uniti non solo il mondo della psicoterapia, ma anche quello

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dell'educazione, del lavoro, dello sport, dell'assistenza medica e sociale; perch consente agli operatori di stabilire rapporti autentici e genuini con se stessi e con i propri pazienti. Vi anche un ulteriore motivo del successo terapeutico di Rogers ed costituito dall'indiscusso riconoscimento che tale metodo ha ricevuto dalla ricerca clinica e statistica. Non si pu, infatti, cogliere il significato esatto e profondo della Terapia centrata sulla persona senza tenere presente il suo carattere spiccatamente scientifico ed evolutivo. La terapia centrata sul cliente non un sistema statico e chiuso, ma un insieme dinamico di teoria e di ipotesi che, in quanto tali, sono esplicitamente formulate in modo provvisorio e vengono mantenute solamente sino a quando ricerche pi esaurienti avranno potuto meglio definirle. Sin dalla sua nascita, infatti, ha lasciato molto spazio e importanza alla ricerca, riconoscendo in essa, senza negarne le insite difficolt, un valido strumento per precisare e confermare, nonch sviluppare ulteriormente la propria teoria. Lo stesso Carl Rogers, definendo la sua teoria afferma: Per me l'approccio centrato sulla persona esprime il tema fondamentale di tutta la mia vita professionale, poich esso si chiarito attraverso l'esperienza, l'interazione con gli altri e la ricerca. Rogers , infatti, fortemente convinto, cos come lo sono i terapeuti rogersiani, che l'individuo possiede gi dentro di s ampie risorse per l'autocomprensione, per modificare costruttivamente, la propria idea del s, le proprie qualit ed il proprio comportamento e queste sue potenziali risorse possono esprimersi solo in un clima e contesto di facilitazione psicologica quale appunto il processo terapeutico rogersiano.

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Il processo di modificazione della personalit nel corso della terapia , infatti, descritto soprattutto, se non esclusivamente, dal punto di vista del paziente. In questa ottica, quindi, hanno poco importanza nel mondo esperienziale del paziente la descrizione e valutazione basata su criteri come, per esempio, l'adattamento all'ambiente esterno o l'evoluzione di una determinata sintomatologia. giusto notare anche che la terapia centrata sul cliente non si occupa eccessivamente di problemi di psicopatologia, ma ha concentrato ed incentrato il suo interesse proprio sul processo terapeutico, su come, cio, il paziente vive il progresso della terapia. Il progresso e/o modificazione e crescita della personalit del cliente nel corso della terapia sempre descritto tenendo presente la forza di base che il cliente possiede dentro di s che all'origine della crescita dello sviluppo di ogni singolo individuo. Lo scopo principale dell'approccio rogersiano , quindi, quello di creare delle condizioni che permettano, appunto, a questa forza di base di agire, in modo che la persona possa crescere verso la propria auto-realizzazione. Si tratta, in effetti, di una acquisizione progressiva verso una catarsi emozionale come fase iniziale, di una pi efficace e qualificante comprensione del s e della propria situazione, che permetta di raggiungere e giungere a delle scelte e a delle decisioni positive per il proprio vivere ed interagire. Non a caso la Terapia centrata sulla persona annoverata fra gli esempi pi significativi ed efficaci delle correnti umanistiche della psicoterapia. Proprio per effetto, infatti, dell'influenza esercitata dal movimento dei gruppi d'incontro, dalle correnti umanistiche fra cui la terapia centrata sul cliente, e, ancora dalla terapia del comportamento, dalle teorie dell'apprendimento e dalla terapia gestaltista, negli ultimi dieci anni si avuta una importantissima modificazione nella

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psicologia quella, cio, di aver, finalmente, abbandonato il concetto e l'espressione di processo di guarigione. Si , cio, abbandonata l'idea che lo psicoterapeuta debba concentrare i suoi sforzi sulla guarigione di una mente malata. Perfino, il termine paziente si conservato, per abitudine in quanto non si ancora trovata una valida alternativa, ogni caso, proprio Rogers stato il primo a proporre un termine nuovo, quale quello di Cliente. Ma quali sono, in definitiva, gli elementi costitutivi dell'approccio rogersiano che hanno decretato il suo successo e che, peraltro, costituiscono, il suo asse portante? Essi sono essenzialmente tre ed assicurano un clima ideale e facilitante la crescita della persona, non solo nel rapporto psicoterapeutico, ma in ogni rapporto interpersonale: tra genitore e figlio, tra insegnante e studente, tra leader e gruppo, tra dirigente e collaboratore. Il primo elemento consiste nella autenticit e genuinit, nella trasparenza e verit del terapeuta. Quanto pi il facilitatore nella relazione sa essere s stesso, quanto pi evita di nascondersi dietro il ruolo professionale o personale, tanto pi il cliente in grado di esprimere s stesso ed iniziare il processo di modificazione e crescita costruttiva della sua personalit. Questo comporta che il terapeuta sappia vivere, percepire ed accettare i sentimenti e le emozioni che fluiscono in lui durante il rapporto. Si verifica, cio, una sana relazione empatica: grazie alla sua trasparenza il terapeuta faciliter una sostanziale corrispondenza tra ci che lui avverte profondamente e quanto viene espresso dai cliente.

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Il secondo elemento essenziale e sostanziale per la creazione di un clima facilitante e l'accettazione positiva ed incondizionata del cliente. In questo modo, infatti, il cliente non avvertir il disagio e la sofferenza per la maschera e il falso ideale dietro il quale si nasconde per essere facilmente accettato, ma sapr, invece, essere pi disponibile al cambiamento e sapr farlo affiorare. Questo sar possibile proprio perch il terapeuta sapr amare ed accettare tutti i sentimenti provati dal cliente: dolore, rabbia, risentimento, paura, coraggio, amore senza pregiudizi e condizionamenti, agevolando cos il cammino di crescita dello stesso. Il terzo elemento facilitante della relazione la comprensione empatica. Questo significa che il terapeuta sa cogliere e sentire le emozioni vissute e percepite dal paziente e sa fargli capire che lo percepisce e gli vicino. Quando il terapeuta rogersiano (ma potrebbe essere chiunque) efficace, egli sa entrare cos a fondo nel mondo interiore altrui da riuscire a chiarire non solo le emozioni che affiorano alla coscienza dell'interlocutore, ma anche quelle incoscienti o precoscienti. questa caratteristica, questo particolare modo di porsi in ascolto, dice Rogers, una delle forze pi potenti che io conosca per il cambiamento. Questo particolare e validissimo modo di intendere il processo terapeutico trova conferma e valore scientifico da numerosissime ricerche condotte in questo campo. Tali ricerche sono state condotte dal 1949 ad oggi in America ed in altri paesi. Infatti, sono stati compiuti studi sul cambiamento dell'atteggiamento e del comportamento sia in campo terapeutico sia nell'area dell'apprendimento scolastico. Essi hanno trovato sempre conferma per quanto esposto finora. E evidente che l'approccio centrato sulla persona si fonda su una radicata e sostanziale fiducia di base nella persona stessa.

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Ed certamente questa caratteristica che lo contraddistingue dalla maggior parte delle istituzioni della nostra cultura: l'educazione, la politica, gli affari, gran parte della religione e della vita familiare si basano sulla sfiducia nella persona. L'individuo guardato sempre con sospetto, giudicato e condannato. Nell'approccio centrato sulla persona ci si fida della tendenza costruttiva dell'essere umano verso uno sviluppo personale pi stabile e completo. La terapia centrata sul cliente di Carl Rogers, dunque, cerca in ogni caso di facilitare questa tendenza autorealizzatrice a svilupparsi. Questo quindi come si detto un approccio che ci pu aiutare in molti campi della nostra vita . Come evidente Roger si riferisce in maniera centrale alla psicoterapia . Ma portando queste caratteristiche e conoscenze allinterno dalla formazione di un logoterapista si possono avere particolari vantaggi. Qui non sto affermando che il logopedista debba essere una sorta di psico-counselor, ma che alcune caratteristiche dallapproccio rogeriano possono essere utili per una buona riuscita della terapia. Mi riferisco in modo particolare alla creazione di un rapporto terapeutico sano che incentivi la fiducia tra le due persone chiamate in causa . Non sminuire o giudicare il paziente porta ad una accettazione totale di questo, come un individuo come gli altri e di conseguenza non vi saranno pregiudizi come ,( questo terapista mi sta antipatico pensa che sono stupido ecc.) che influenzino in maniera poco costruttiva il percorso terapeutico. Avere fiducia nel terapista permette al paziente di incanalare e sfruttare meglio le proprie energie mentali sui compiti proposti dal terapista . Ultimo ma non di minore importanza il fattore emozionale che ci pu permettere di attivare energie e motivazioni utili al raggiungimento del fine terapeutico.

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CAPITOLO 7

7.1 Complessificare la riabilitazione:la metodologia referenziale

Il paradigma scientifico derivato dallo studio dei sistemi complessi, induce nuove riflessioni e nuovi problemi al riabilitatore. In modo particolare chi si occupa di sistemi cognitivi e del linguaggio pu a nostro avviso avventurarsi sul nuovo cammino della complessit. Infatti i sistemi complessi sono stati studiati soprattutto in fisica e matematica. E non siamo noi a dirlo, la matematica sempre di pi la disciplina scientifica che spiega le leggi biologiche degli esseri viventi. Dagli studi di Kandel in poi, lo studio dei processi cognitivi stato affidato a discipline come la biologia che gi dagli anni 80 veniva studiata da Maturana e Varela secondo modelli matematici. I due biologi affrontarono per la prima volta lo studio degli esseri viventi utilizzando i modelli dei sistemi che si autorganizzano. Il modello autorganizzativo toglie importanza, nellambito del funzionamento strutturale dellessere vivente, al mondo esterno: la percezione diventa un atto autonomo del vivente. A questo punto anche latto riabilitativo diventa scarsamente significante per il cervello se basato sui metodi classici di apprendimento. Lapprendimento classicamente cerca di insegnare alla struttura un nuovo modo di assegnare significati.

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Ma il sistema auto organizzato genera da se i significati utili al mantenimento dellorganizzazione strutturale; il cervello ha un suo funzionamento e un suo proprio modo di generare e assegnare significati. Alcune cose sono invarianti per tutti i cervelli (lattenzione ha un forte consumo metabolico) mentre altre sono varianti individuali e soggettive. Questa tesi propone essenzialmente due cose: la prima metodologica, la seconda squisitamente pratica, con la proposta di un nuovo esercizio terapeutico. La Metodologia Referenziale propone un atto riabilitativo che inizia con lattenta osservazione del comportamento (linguistico, gestuale,affettivo, ecc) del paziente proponendo esercizi linguistici relativizzati allinterno delle quali il paziente sia libero di generare i suoi comportamenti linguistici attraverso una procedura basata su processi impliciti e non su processi di apprendimento. Capire come lemozione intervenga o meno nelle scelte linguistiche diviene a questo punto fondamentale. del paziente

7.2 Paziente e proposta terapeutica

Il paziente N.D. stato presentato al terapista con deficit di denominazione. Alla prima seduta di valutazione avvenuta del suo domicilio, il paziente entra nella sala guardandosi intorno e camminando a piccoli passi. Non riconosceva casa sua. Alle prime domande rivolte ai familiari, gli stessi dichiaravano di non essere riconosciuti dal paziente.

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Lo stato emotivo era molto labile, il paziente era spaventato ( non riconosceva nulla della sua vita ) e depresso con propensione al pianto. Alla prima osservazione il paziente presentava una profonda alterazione della memoria di lavoro. Questo fu reso evidente da un esercizio proposto dal terapista, durante la valutazione, che si svolse in questa maniera: Terapista: Guardi questa penna. Tra un po la toglier e lei mi dovr dire cosa le ho fatto vedere. Paziente: Va bene, sono pronto. Lesaminatore toglie dal campo visivo del paziente la penna e dopo pochi secondi domanda Cosa le ho fatto vedere? e il paziente N.D. risponde: Quando? . Dopo la valutazione ogni giorno il terapista si presentava perch il paziente non si ricordava di averla gi vista. Durante tutto il primo ciclo di terapia il terapista osserv che alcuni giorni il paziente era di buon umore e altri no, allora si chiedeva ai familiari cosa avesse fatto il paziente nei pomeriggi precedenti. La mattina del luned, ad esempio, il paziente era di buon umore perch il giorno prima aveva goduto della compagnia dei suoi amati nipotini. Ma chiesto al paziente Perch oggi cos di buon umore? egli rispondeva Non so perch, per vero, oggi sono contento . Questo fenomeno di permanenza emotiva senza il ricordo cognitivo ( esplicito: il cosa successo ) stato studiato nel paziente H.M. descritto da A.R. Damasio ( Damasio, 2000 ). Quindi il nostro esercizio fu proposto in questo modo:

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si dispongono quattro figure davanti al paziente; 1) bambini ( perch quando il paziente vedeva immagini con una famiglia o dei bambini, la sua espressione facciale cambiava, per esempio sorrideva senza accorgersene ); 2) animali; 3) un oggetto qualunque; 4) azione ( soggetto pi verbo ). La richiesta del terapista era: Guardi queste figure, tutto il tempo che vuole. Quando lei dice basta ed pronto io le tolgo e senza domandarle nulla le rimetter dopo circa 20 secondi. Lei mi dovr dire se qualcuna di queste le sembra di averle gi viste. Risponda anche se non sicuro (il ripescaggio emozionale non esplicito). Il paziente indicava sempre limmagine della famiglia o dei bambini confermando la nostra ipotesi della stretta correlazione tra il contenuto emozionale che il paziente riconosceva in quella figura e il ricordo della figura stessa. In questo modo si cercato di generare una correlazione tra lemozione del ricordo (amo i bambini) ed il ricordo stesso (ho gi visto questa immagine con i bambini). Anche questo esercizio di Metodologia Referenziale si basa sul riconoscimento e rese possibile portare il paziente ad una memorizzazione esplicita delle immagini viste e a un miglioramento della qualit della vita del paziente stesso che dopo alcuni mesi tornato al lavoro supportato dai figli.

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