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I dialetti furono avversati dal regime fascista che puntava a un purismo linguistico, più che altro per tenere sotto controllo le
forze centrifughe legate alle tradizioni e alle culture locali.
Non va dimenticato che fino al secondo dopoguerra almeno, i dialetti costituivano la lingua della maggioranza della popolazione
e la lingua italiana (toscano) era patrimonio di una fascia molto limitata della popolazione.
La scelta lirica della poesia in dialetto può essere, quindi, in alcuna misura, spontanea.
Tuttavia molti degli autori dialettali sono per lo più colti, e la loro scelta linguistica è dettata da ragioni peculiari:
- difesa di culture locali minacciate della italianizzazione forzata (oppressione del regime)
- mimesi, cioè caratterizzare personaggi - elementi degli ambienti popolari
- possibilità offerte del dialetto per la sua natura squisitamente orale
- durante il periodo fascista consente di dar voce a sentimenti diversi, contrastanti con i trionfalismi fascisti
Nel secondo dopoguerra la tradizione poetica in dialetto h più facilità di essere accolta grazie alla difesa delle culture regionali
dopo la forzata italianizzazione del periodo fascista. Ma l'intersezione dei dialetti è molto più affine ad un plurilinguismo colto
Tuttavia l'incremento della alfabetizzazione e della scolarizzazione, le migrazioni interne, i canali di comunicazione in primis la TV
favorirono la diffusione della lingua italiana (e il formarsi di coinè dialettali) soprattutto nei grandi centri urbani industrializzati.
La poesia in dialetto venne quindi da aree più laterali. Piuttosto dettata da una logica difensiva o per manifestare nostalgia
di una dimensione sociale in via di estinzione. Oppure per proporre una denuncia contro la massificazione e la globalizzazione
(es.Pasolini)
la definizione di POESIA NEO-DIALETTALE è divenuta di uso comune per definire la produzione di versi in dialetto negli anni 70-80
ad opera di autore consapevoli del processo di estinzione e/o di trasformazione dei dialetti nella nuova realtà socio-culturale.
ANDREA ZANZOTTO PIEVE DI S. cc
- aveva già raggiunto una posizione preminente poetando in italiano.
- dialettofono tra i dialettofoni. Non nasconde nel suo italiano parlato il marcato accento trevigiano, ma possiede una cultura
amplissima. Z considera il dialetto come un idioma minacciato dalla civiltà dei mass-media al pari del linguaggio letterario leopardiano.
Non c'è in Z. la tradizionale opposizione fra dialetto e lingua letteraria, in quando vede entrambe soccombere di fronte alla barbarie
tecnologica che impoverisce e appiattisce l'espressione verbale.
A partire dagli anni '70 la scelta di scrivere poesia dialettale è sempre meno spontanea ma piuttosto controcorrente, legata a forme di
espressione da contrapporre a quella dell'italiano medio-standard.