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l L’EGO

O PSICHE O
ANIMA

COME UN SATELLITE

Come luna che alterna le fasi lunari,


come terra che alterna le stagioni,
come satellite la mia anima si sente,
che ora s’avvicina e or se n’allontana
dal suo Sole divino.

Attirami, dunque, a Te
con la potente Tua forza di gravità
sì, che a contatto col Tuo fuoco
completamente io mi disciolga
annullando il mio ego in Te.
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L’EGO

L’ego è il più grande ostacolo alla meditazione,


ma è anche lo strumento che abbiamo per
capirne l’importanza.
Quando è molto sviluppato ed evoluto fa fatica
a conciliare la razionalità con il soprannaturale,
ma se non è evoluto ci lascia anche per sempre
in un infantilismo statico.
E’ il “Siate semplici come colombe e prudenti
come serpenti” di Gesù. E’ questione di grande
equilibrio!

Lo Spirito in noi è la perla preziosa incapsulata


tra due spesse valve chiuse: il nostro ego.

In ognuno di noi ci sono due scrigni: lo Spirito e


l’ego.
L’uno è pieno di umori positivi: abnegazione,
umiltà, pazienza,mansuetudine, bontà, ecc.
L’altro è pieno di umori negativi: presunzione,
alterigia, paure, sensualità, angosce, ira,
vendetta,ecc.
I due scrigni hanno due coperchi e, a seconda
che sia sollevato l’uno o l’altro, arrivano alla
coscienza o le brezze profumate del primo
scrigno o i miasmi putridi del secondo.
Con la nostra condotta morale, abbiamo in
mano la possibilità di alzare ora l’uno ora
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l’altro coperchio; di alzarlo poco o molto; di
sigillarlo o di tenerlo per sempre alzato.

Rinnegare se stesso è accordare le note degli


involucri dell’ego con le note dell’Io divino che
vibra in noi.
Le vibrazioni saranno identiche allorquando la
nostra volontà s’accorderà con quella divina.

L’ego, nella sua ignoranza delle realtà


soprannaturali, fa apparire tragica sofferenza
ciò che è soltanto meccanismo mentale
distorto.

LA MALABESTIA

E’ grande grazia e segno di progresso


spirituale riuscire a vedere in faccia la
malabestia che abita in noi, riconoscerla
nei suoi astuti e vari camuffamenti:
egoismo camuffato d’altruismo, vanità e
vanagloria travestite in mille sfumature
apparentemente innocenti,
ricerca di sollecitazioni e stimoli per
alimentare l’amor proprio, ecc.
Solo così può essere di volta in volta
affrontata e, con la grazia divina, sperare
di vincerla completamente.
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L’illusione, infatti, dell’essere
addormentato spiritualmente è quella di
non aver niente da sconfiggere in sé, anzi
pensare di essere lui stesso “la
malabestia”.
E se trascorrono i giorni senza mai passare al
vaglio gli alterni stati d’animo, s’accumulano le
scorie a tal punto che veramente alla fine si
diventa “la malabestia”.
Invece, per contrastare quel substrato di
miseria, occorre una perpetua vigilanza su ogni
primo apparire di negatività; ciò che è stata
definita “la fatica del cuore”.
Infatti, è un vero e proprio esercizio di pazienza
che trasmuta di volta in volta la negatività in
positività. Ma, ricordiamoci, che il primo passo
è “riconoscerla” la negatività!
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Se c’è una realtà di cui non fidarsi, questa
è la propria mente negativa, riflesso del
nostro ego, che porta solo divisioni e
tormento!

Come passare dal vortice negativo a quello


positivo

Se non si vigila sugli stati d’animo, sulle


sensazioni, sull’affiorare di emozioni negative,
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e principalmente se non si acquisisce il
discernimento, le scorie, che si accumulano
senza darsi peso di ripulirle, creano una forza
sempre più potente di male in noi che attira
persone ed eventi simili, per una legge
immutabile in natura, per cui “si attira il
simile”:
è la cosiddetta legge dell’affinità.
Purtroppo, è un tremendo vortice! La famosa
frase “capitano tutte a me” spesso è ripetuta
da chi, vivendo nell’ignoranza di questa legge
naturale, non sa come uscirsene da quel
vortice che pur vorrebbe annullare.
Seguendo gli accorgimenti di seguito riportati,
che introducono in una nuova forma mentis, ci
si abitua a non accumulare altre scorie. Ma ci
sono quelle accumulate in precedenza e per
quelle occorre con pazienza che vengano
ripulite con la sofferenza derivante da quegli
errori.
Quindi, la strategìa per uscire dal vortice
negativo ed entrare in quello positivo, che
attirerà persone ed eventi simili, è lunga ma
indispensabile.
La prima regola è quella di evitare di parlare e
lamentarsi della propria sofferenza; ciò si
ottiene se si riesce a spostare l’attenzione della
psiche da se stessi al Divino, iniziando un
cammino spirituale.
La seconda realtà che bisogna tener presente
in ogni circostanza è la consapevolezza della
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presenza divina in noi, un grande potere che
bisogna apprendere ad utilizzare, e l’esistenza
di leggi che inflessibilmente governano la
natura (legge dell’Armonia) e gli uomini (legge
dell’Amore).
Chi non ha queste consapevolezze ama chi lo
ama e detesta chi lo fa soffrire, cioè ama con
amore umano. L’uomo, così oscilla tra
attrazioni e repulsioni, tra eccitazioni e
depressioni, tra piacere e dispiacere; è l’eterna
alternanza dell’ego! Chi non riesce a svincolarsi
dagli opposti è intrappolato dall’ego, che ora si
erge come complice, or si erge come giudice.
Uscire dall’ego, dal vortice negativo, per
entrare nel divino che è in noi, nel vortice
positivo, che attira eventi e persone che la
divina Sapienza sa essere adatti proprio per noi
in quel particolare momento della nostra vita, è
la soluzione ma bisogna cambiare mentalità:
non ci si deve allineare alla mentalità del
mondo, occorre condurre una vita austera,
avere piena fiducia nell’opera che il Padre
intende svolgere con noi, quindi completo
abbandono alla Sua volontà che nella maggior
parte dei casi è diversa dalla nostra, amare e
pregare per chi ci fa soffrire inviando luce e
affidandolo al Cristo sofferente, ecc.
Se in poche parole si vuol dare una linea di
condotta, basta dire che occorre mettere Dio
al primo posto nella propria vita, cancellando le
cattive abitudini.
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Quando si è consapevoli di tutto ciò e ci si
sforza di intraprendere un cammino luminoso
di fede, inevitabilmente si cadrà ancora in
errore, però si deve anche sapere che si subirà
la conseguenza negativa di quell’errore; è
questa la legge di causa ed effetto.

O uomo che ancora non hai trovato Dio!

O uomo che ancora non hai trovato Dio


E ti distrai con i tuoi problemi,
le tue malattie, le tue tribolazioni...
tu che non hai il tuo punto di riferimento,
hai mai immaginato la tua vita senza problemi
e delusioni?
Tu giri a vuoto in un perenne circolo:
hai i problemi perché non hai Dio;
e se non avessi i tuoi problemi,
non avendo Dio,
non ti rimarrebbe che la follìa!

E la tua vita questo è diventata:


tu vivi, in effetti, per risolvere ogni giorno dei
problemi
che ti sono “necessari”;
e ti sei talmente con questa realtà identificato
che altra realtà non puoi immaginare!
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L’agonia dell’ego

Sto assistendo alla sua lenta agonia.


Hanno contribuito a farlo tramortire
Vari eventi, che come beffe, son sapientemente
armeggiati,
ed io… come uno spettatore, sto a guardare!

Ma chissà se questa volta


Per davvero vede la morte
O risorge come già è capitato…
Ed io… come uno spettatore sto a guardare!

Anche se ogni agonia fa soffrire,


spero solo che questa volta non sia solo
tramortito,
ma finalmente, non più divisa, sol nello spirito
son lasciata.
Ed io… come uno spettatore sto a guardare!

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Il fondamento delle grandi religioni

Chi ha capito il fondamento delle religioni è un


grande fortunato; chi lo vive è un grande
saggio, ha vinto tutte le forze avverse, è
finalmente nella vera pace, non ha bisogno di
niente…
E qual è questo fondamento tanto importante,
essenziale, che noi rigettiamo terrorizzati?
E’ il rinnegamento o annullamento di sé che a
primo acchito spaventa terribilmente perché ci
appare come “non esistenza”, “privazione del
proprio valore”, “mancanza di significato della
vita”…
L’ego, infatti, è la sede della dualità e degli
opposti: fa sentire “vivi” quando si è agitati,
quando si è affannati per organizzare, quando
si desidera…
Quasi sempre, però, i risultati delle motivazioni
egoiche non sono confacenti alle proprie

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aspettative e si cade nelle nevrosi, nelle
frustrazioni, nelle angosce.
Il rinnegamento del sé, di cui parla Cristo e che
costituisce il fondamento di altre religioni, è
l’abbandono fiducioso al Padre che sa meglio di
noi cosa ci è utile in un determinato momento
della nostra vita.
Il primo passo per giungere a ciò è diventare
umili, perché l’umiltà viene dal divino e
l’orgoglio viene dall’ego.
Chi è umile aspetta paziente i tempi e i modi
fissati dal Padre; accetta l’inoperosità o
l’attività con equanimità; il fallimento o il
successo con la medesima pazienza…
Occorre, poi, raggiungere un altro traguardo
importante: offrire i risultati delle nostre azioni
al Padre, perché se è Lui che tutto ci organizza
anche Suoi sono i risultati, e noi gli strumenti
che Egli vorrà adoperare.
Accettare l’idea d’essere strumenti che il Padre
può adoperare quando e come vuole è la più
alta forma di umiltà, che ci toglie ogni ansia,
frustrazione, delusione.
Ma tutto ciò è estremamente difficile perché il
nostro ego, che ha paura di morire, sa
camuffare agli occhi della nostra
consapevolezza la realtà del nostro misero
stato, mostrandocelo con mille sfumature
allettanti. L’ego è subdolo e ci domina; solo chi
è continuamente vigile s’accorge dei suoi
tranelli ingannevoli.
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Chi non vigila scambia le conseguenze
negative per le cause, s’illude di rimuovere
queste e non sa che la causa è più a monte e
ben camuffata.
E, per concludere, è bene capire un’altra verità:
la vanità è la leva del mondo. Quasi tutte le
azioni, se ben analizzate, sono per la
vanagloria. L’inquietudine, la tristezza, lo
scontento derivanti dalla monotona
quotidianità sono da attribuirsi al fatto che il
nostro amor proprio non ha avuto occasioni
d’essere alimentato.
Perdiamo così le tantissime occasioni che ci
vengono offerte “per rinnegare noi stessi” e
adorare il Creatore invece di adorarci.

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Preghiera per sconfiggere l’ego

Padre, liberami dall’impazienza nell’attesa dei


Tuoi tempi,
fammi lieta dello stato di vita in cui mi hai
posta,
fa’ che non mi serva mai dell’altro,
ma abbia sempre tanto da donare
gratuitamente;
fammi capace di aderire perfettamente alla Tua
volontà,
tralasciando completamente la mia.
Fa’ che cerchi solo Te in tutto
e nella prova non chieda mai “i perché”.
Fammi essere felice
comunque vadano le cose!

Come l’acqua e il fuoco, elementi così vitali e


importanti, si trasformano in rovina per noi se
non sono adeguatamente controllati e guidati,
così il nostro ego è vitale per la nostra
evoluzione, ma causa prima della nostra rovina
spirituale se non è quotidianamente analizzato
e controllato.
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Stacca lo sguardo dal piccolo e abbraccia
l’immenso: troverai il tuo equilibrio
Abbracciare l’immenso vuol dire:
vedere gli eventi dal di fuori come se non
appartenessero a te, incastonarli come in una
sequenza che non ha né principio né fine e
scorgere così il vero significato di ogni evento,
che non appare più a sé stante, ma facente
parte di un grande disegno.

Analizzando attentamente le nostre reazioni


alle svariate sollecitazioni esterne, possiamo
notare in genere due tipi di atteggiamenti:
quello in cui l’ego ha il sopravvento e quando
ce ne accorgiamo è troppo tardi, perché il
meccanismo è stato più veloce del nostro
pensiero (e ciò ci avvilisce di frequente);
quello in cui prevale il puro sentimento, la
bontà, l’ideale, ma subito l’ego insorge e si
ribella, bollandoci di stupidità per esserci
comportati in quel modo.

E’ sempre utile, nella nostra vita, avere


qualcuno che ci avversa; così abbiamo
l’opportunità di misurare il nostro grado di
attrazione e repulsione.
Finchè ancora oscilleremo tra questi due poli,
in noi non c’è equilibrio, non siamo centrati.
Anima mia

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Stanotte in sogno t’ho “sentita”, anima mia;
t’ho capita come sei fatta,
senza la pesantezza del tuo corpo…

Nel sogno m’apparivi d’una dolcezza


struggente,
quella dolcezza che nella realtà
è velata e ispessita dal groviglio delle miserie,
delle debolezze, dei tuoi mille dubbi e
panegirici,
che forse ti fanno sembrare e credere
importante…
Nel sogno, invece, eri te stessa,
uscita definitivamente dall’egoistico gioco del
calcolo;
eri quella che sarai,
quando svestita dai paludamenti mondani,
filtrerai finalmente quella luce
che a tentoni cercasti invano
nella tua affannosa ricerca quotidiana.

Allora vivrai libera e un po’ vagabonda,


in quell’immensità di luce
che tante volte sognasti sulla terra;
sperimenterai, finalmente,
ciò che non potesti ottenere
perché schiava d’immutabili schemi,
quando ti trascinavi per le solitarie spiagge
della vita…

Lo sperimenterai, paga ormai di ogni desiderio,


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dissolta e tutt’una al di là della creazione!

Tutte le sofferenze di un’anima derivano


dall’ignoranza che genera errori gravi che,
proprio per l’ignoranza, son ritenuti certezze.
Se l’anima diventa capace ad ogni sofferenza di
analizzarne la causa, vede che essa risiede o
nel compiacimento di sé (amor proprio) o nel
compatimento di sé (autocommiserazione).
Se si riuscisse a sanare questi due mali
dell’anima sarebbe eliminata la sofferenza
spirituale, ma ciò comporterebbe aderire
perfettamente alla volontà del Padre.

Per non vivere una vita a vuoto occorre avere


una chiave: la conoscenza. Ma essa non basta,
perché può capitare che quella chiave te la giri
e rigiri tra le mani e non riesci ad aprire
nessuna porta. Infatti, se si possiede la chiave
ma non si conosce quale sia la sua serratura,
può anche trascorrere una vita senza aprire. La
conoscenza, quindi, non va disgiunta
dall’amore, ma è molto più facile raggiungere
la conoscenza che l’amore, perché per amare
occorre smettere d’amarsi!

L’incessante gioco mentale dell’eterna ricerca,


che genera sempre insoddisfazioni, è
necessario per l’evoluzione e la risoluzione dei
problemi che la vita pone.

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Ma quando si è capito il meccanismo di tale
gioco, ci si può anche fermare; ormai non è più
necessario.

Quando sarò sempre nella gioia, è segno che


avrò superato e vinto l’ego con tutte le sue
implicanze.

Pienezza di sé o illuminazione

Il pensiero dovrebbe essere per noi solo uno


strumento, invece noi ne abbiamo fatto una
costante e perenne modalità d’essere, tanto
che noi siamo diventati “pensiero” e mai siamo
capaci di distaccarcene. Il pensiero è il nostro
tormento, eppure noi l’amiamo come
nessun’altra cosa e crediamo fermamente che
di esso non ne possiamo fare a meno
nemmeno un momento. Perché “assenza di
pensiero” sarebbe pienezza di sé, contentezza
e noi non siamo capaci d’accettare tale
condizione d’essere. A noi piace crogiolarci nel
tormento, oscillando come un pendolo tra
nostalgia e rimpianto, rimorsi del passato e
programmazione per il futuro, paure e
angosce…
“Assenza di pensiero” è vivere ed assaporare
l’eternità dell’attimo, che è neutro, insapore,
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cioè privo di eccitazione di sorta. Ecco, per
esseri ancora bambini e bisognosi di trastulli
ingannevoli, occorrono gli stimoli eccitanti del
pensiero che oscilla tra passato e futuro.
Per esseri un po’ più evoluti, che hanno capito
il gioco del tormento mentale, quello che conta
è l’attimo presente, istante per istante.
Da ciò deriva la forza d’animo, il coraggio, la
pienezza di sé, l’illuminazione e la beatitudine.
La beatitudine è uno stato permanente di
omeostasi, diversa dalla gioia che è uno stato
transitorio, un acme, un’onda alta che
inevitabilmente produrrà un avvallamento più
profondo al suo ritrarsi.
La beatitudine è un equilibrio
psicofisicospirituale raggiunto quando si sono
snidati gli squilibri delle tre dimensioni.
Finchè si vive in questo corpo fisico con le sue
realtà di bioritmi, stress, inquinamenti d’ogni
tipo, (ambientale e culturale), raggiungere
questo equilibrio è impresa da titani, e da soli
non ce la possiamo fare.
L’umiltà ci rende consapevoli di ciò e ci fa
chiedere costantemente aiuto al Padre, alla
presenza divina in noi.
Se lo lasciamo lavorare, accettando i Suoi
sistemi, Lui sa come lavorarci al crogiuolo per
scrostarci di tutte le inveterate incrostazioni.
E ci vuole acume per accorgersi che Egli sta
lavorando con sapiente lavoro di psicurgia e

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non ribellarsi, ma ringraziarlo, anche quando la
ferita sanguina.
Il cammino è lungo e complesso, ma diventa
facile se siamo docili, umili e soprattutto, come
dice Gesù, se ci facciamo come bambini che
hanno fiducia nel loro papà.
Auguri!

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Chi rinnega la sua volontà, non vede più croci;


chi non desiste dal desiderare secondo la
propria volontà,
si crea tante croci quanti sono i suoi desideri.

Il bioritmo spirituale

Come c’è un bioritmo fisiologico, così c’è un


bioritmo spirituale che ci fa passare
gradualmente da una situazione di armonia e
“sensazione del divino” ad un’altra di sempre
più allontanamento dalla dimensione spirituale,
fino ad una sensazione di buio totale e di
apparente abbandono di Dio.
E’ la famosa “notte oscura” o “aridità” dei
mistici…
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Se vogliamo penetrare nel significato e
spiegazione del fenomeno, dobbiamo rifarci al
concetto di “centro spirituale” che è in tutti noi.
Il bioritmo funziona in noi, come nell’universo,
a fasi cicliche: così nel macrocosmo abbiamo le
fasi lunari, le stagioni cicliche, ecc. Come non è
possibile che splenda sempre il sole, perché
pur son necessarie le nubi affinché la terra sia
irrigata, e come anche se splende il sole, non
sempre i suoi raggi riscaldano allo stesso
modo, per dar possibilità alle piante di
germogliare, fiorire e fruttificare a seconda
delle stagioni, così accade all’anima che ha le
sue stagioni: primavera-estate, con
entusiasmo, rigoglio di fede, capacità di atti
eroici di altruismo, sensazione del divino…
autunno-inverno, con pigrizia, indolenza,
chiusura…
Ci sono momenti in cui la psiche si trova nei
pressi del centro spirituale e poi
inevitabilmente se ne deve allontanare, fino a
raggiungere l’estremo opposto, e poi ritornare.
Chi conduce una vita spirituale molto
disordinata, non si avvicina facilmente al centro
spirituale, perché non c’è più ordine nelle fasi
cicliche naturali; si ritrova a stare sempre alla
periferia del centro spirituale, nella
inquietudine profonda, fino a raggiungere
grandi squilibri psichici se non vi pone rimedio.
Chi conduce una vita spirituale non proprio
disordinata, ma piatta e superficiale, può a
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seconda del proprio grado evolutivo percepire
queste alterne fasi, ma è difficile che se ne
accorga.
Chi è abbastanza centrato, vivendo una
spiritualità costante e a vari gradi più o meno
elevata, s’accorge del ripetersi delle fasi di
beatitudine nelle sue varie sfumature, che
degradano pian piano fino a normale stato di
coscienza, poi nel buio, nell’angoscia, ecc. Ma
non si sgomenta, perché non viene meno il suo
costante punto di riferimento e, anche se nel
buio, sa con certezza del suo “prossimo
incontro”.
La santità, poi, determina una continua e
stabile dimora della coscienza nel centro
spirituale. Da questo stato ottimale di perenne
unione col divino derivano gli straordinari
carismi delle anime sante.
Per concludere, la nostra psiche è un satellite
della supercoscienza: come la terra or
s’avvicina e or s’allontana dal sole, così la
psiche or s’avvicina e or s’allontana dalla
supercoscienza.
Quando la mente sarà trascesa, il satellite della
nostra psiche si sarà fuso con il sole della
supercoscienza e non ci saranno più rotazioni
bioritmiche. E’ il “centramento”: l’unione
dell’anima col divino!

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“Cercate prima il Regno di Dio che è dentro di
voi
e poi tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”
(Lc.12,31)

Chi non Ti cerca, chi non s’identifica con Te, ha


bisogno di questo e di quello, s’aggrappa a
persone o cose come a stampelle, supporti che
lo sorreggano, perché lontano da Te è troppo
gracile e malfermo sulle gambe per poter star
ritto in piedi da solo.
Ma quando l’uomo dissolve il suo ego in Te, è
centrato nel divino, non ha bisogno di
stampelle e supporti, perché ha tutto, ha
trovato la perla, il Regno e…ora ha proprio
tutto!

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“Rimetti a noi i nostri debiti,


come noi li rimettiamo ai nostri debitori”

Due sono gli ostacoli che ci impediscono il fluire


della forza divina in noi e quindi il perdono
delle nostre colpe: il ribellarci alla volontà del
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Padre e il non perdonare ai fratelli. Ciò
comporta il germinare e il fruttificare di quei
semi negativi, che inevitabilmente piombano in
noi con le nostre azioni e i nostri pensieri
indiscriminati e che si manifesteranno
sottoforma di malattie fisiche e psichiche.
Quella forza divina che noi lasciamo fluire,
perdonando e accettando il progetto divino su
di noi, brucerà quei semi negativi, impedendo
loro di attecchire.
Ecco cosa vuol dire: “Rimetti a noi i nostri
debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”

“Il potere vive ed agisce in coloro che


riconoscono che il loro Sé è il Divino”
Riconoscendo che il proprio Sé è il Divino,
automaticamente l’importanza viene spostata
dall’ego al Divino, cioè si è consapevoli che il
nostro agire e ciò che ci dà vita, non è l’ego (la
nostra personalità, la nostra mente), ma la
forza che non è nella creatura, ma nel
Creatore.
Si arriva, così, alla comprensione che ciò che
credevamo essere “noi” è soltanto un nostro
strumento, che abbiamo avuto in dotazione,
perché ce ne servissimo nei momenti di
bisogno in questo tipo di vita terrena.
Ed esser consapevoli di ciò, cioè di dare il
giusto posto e il giusto ruolo all’ego, è la
condizione per togliere ogni impedimento ed
intralcio al potere divino in noi.
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L’ego è il tappo che impedisce la fuoriuscita e il
riflusso della grande forza che è in noi.

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L’uomo si è talmente abituato a desiderare,


che a volte si sorprende a desiderare ciò che
già possiede!

“Quando cadiamo in una mancanza”

Quando ci accorgiamo d’esser caduti in una


mancanza più o meno grave, più che
dispiacercene ci dovremmo “rallegrare”.
Sembra un paradosso per chi segue un
cammino spirituale, ma se riflettiamo
attentamente, non lo è.
Infatti, ciò che di riprovevole abbiamo
commesso, albergava già dentro di noi;
l’evento capitatoci è stato soltanto la scintilla
che, venuta a contatto con la paglia, ha
scaturito l’incendio. Se non ci fosse paglia o
legna, una scintilla morirebbe nello stesso
istante in cui è stata prodotta.
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Allora, perché ci dobbiamo “rallegrare”?
Perché, grazie a quella scintilla abbiamo
scoperto che avevamo della paglia che ha
prodotto quel grande incendio. Spesso, noi
dormiamo beati pensando d’essere
irreprensibili, migliori degli altri, sicuri che mai
ci comporteremmo in un certo modo. Ma ecco,
che un evento ci ha fatto scoprire un lato di noi
che forse da una vita non sapevamo di
possedere. Ora, constatando tale lato negativo
in noi, se ci dispiaciamo oltremodo dimostriamo
essere degli orgogliosi, credendoci dei perfetti.
Invece, dobbiamo ringraziare il buon Padre
celeste che, con la Sua sapiente pedagogìa, ci
ha condotto passo passo fin verso quella
scoperta affinché possiamo cominciare l’ardua
impresa del combattimento spirituale.
Lo stesso ragionamento si può fare per le azioni
buone che compiamo a volte spontaneamente
e ci meravigliamo d’aver potuto tanto. Infatti, il
più grande e abominevole peccatore spesso
può compiere un atto o un gesto eroico che un
uomo molto pio non avrebbe il coraggio o la
forza d’animo di compiere.

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Con la razionalità noi pensiamo di non avere


certi difetti che abilmente scorgiamo negli altri.
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Invece, se ci abituiamo a scandagliare bene le
nostre profondità, ci accorgiamo che i difetti
che ci danno fastidio negli altri, li abbiamo
proprio tutti!

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La maggior parte degli esseri, non intraprende


un serio cammino di trasmutazione interiore,
perché non si sente capace di poter stare nel
mondo da “trasmutati”, cioè non ce la fa ad
andare controcorrente.
Questo, perché ignora i mezzi che possono
rafforzarlo al punto d’avere l’energia sufficiente
per andare controcorrente.

La forza dell’ego fa apparire oro ciò ch’è


spazzatura e fa
perdere di vista l’obiettivo principale per cui si
viene sulla terra.

Il perché della sofferenza


Per ottenere una bella statua da un blocco di
pietra, occorre martellare, scolpire, limare,
scalfire…
E il nostro ego è più duro di una pietra!

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Finchè viviamo l’esperienza terrena, l’ego non
potrà mai morire del tutto, né essere del tutto
purificato, in quanto strumento di naturale
sopravvivenza umana.
L’unica scappatoia è riconoscerne sempre i
suoi riflessi, osservarli, giudicarli…
Vivere, cioè, distaccati dall’ego e sentirsi
estranei a ciò che esso elabora, non
responsabili ma disapprovanti (nella maggior
parte dei casi).
In altre parole, accettare la sua esistenza,
convivere con esso, ma non accettare e
approvare ciò che da esso promana, come
esalazioni venefiche e nauseabonde, che molte
volte ci stupiscono oltre che nausearci.
Grande avanzamento spirituale è raggiungere
questa capacità di “guardare l’ego da lontano”,
non immedesimandovi.
Quando l’ego viene smascherato, si tiene
sottomesso e domato.
Questa è la conoscenza dell’ego!

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L’ego è sconfitto
quando si compie la volontà del Padre

Gesù, fa’ che esca completamente dal mio ego


per stabilirmi nel divino che è in me!
Solo così posso compiere in ogni circostanza
la Tua volontà e con gioia!
Quando mi vorrai nella solitudine,
gioirò perché Tu vorrai stare
più intimamente a colloquio con me!
Quando mi vorrai con i fratelli,
che amano tartassarmi, privi di discernimento,
gioirò perché mi avrai associata alla Tua
condizione terrena!

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