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La mia tecnica nel suonare la chitarra non segue propriamente quella di Tàrrega.

Pujol, che era un


suo allievo diretto, formò il mio maestro cubano, Isaac Nicola.

Io, diversamente, ho rinnovato la mia tecnica,trasferendo sulla chitarra tecniche ed effetti di altri
strumenti, oppure suonando in modalità inusuali per aumentare le possibilità di produrre colori
orchestrali, nuove sfumature, cercando di creare un'atmosfera più originale e poetica nei miei
concerti di chitarra. Il mio stile nel suonare (quando ancora suonavo, naturalmente) è più
aggressivo, più energico, e mi dà più possibilità timbriche e dinamiche rispetto alla grande
tradizione. In breve, si tratta di un atteggiamento che abbraccia un concetto, come abbracciare un
repertorio, e che sia il più ampio possibile, senza omissioni, dal classico alla musica sperimentale
più ortodossa, alla musica popolare.

Il concerto de Lieja è il mio secondo concerto per chitarra e orchestra. Ho sempre pensato di
comporre un concerto in grande stile, il pianismo di Brahms, di Prokofief o Bartòk, il violino di
Tchaikocski... Perché la chitarra ha sempre avuto piccoli, modesti concerti. Non per la qualità della
musica ma per le sue dimensioni, come se la chitarra fosse una dama delicata, o qualcosa del
genere. Poi, quando il Festival di Liegi mi commissionò il concerto, mi offrirono nientemeno che la
Philarmonic Orchestra, l'intera orchestra. Ovviamente ho utilizzato la normale struttura orchestrale
ma ho incluso la sonorità di un gran concerto. I concerti per chitarra sono generalmente brevi, 20
min, 18... L'orchestra è ridotta, c'è un flauto, un oboe, i temi non sono sviluppati (tuttavia esiste un
capolavoro come il concerto di Villa Lobos), non c'è una "vibrazione tellurica" come Lezama Lima
direbbe. Ed è ciò che ho tentato di fare con Lieja e per me, è uno dei più potenti che abbia
composto.

Come sei diventato un compositore?


Ho iniziato dal repertorio per chitarra, che presentava un certo numero di lacune, poiché c'è da dire,
il repertorio per chitarra, logicamente, è povero del gran repertorio di Stravinsky, Bartòk,
Hindemith... Quei grandi non hanno mai scritto per la chitarra, perché questa è per eccellenza uno
strumento del XIX secolo, del XVIII secolo. Ecco perché ho iniziato a comporre, in modo da
riempire quelle lacune esistenti nel repertorio universale. Una cosa pretenziosa di gioventù, ma che
mi ha costretto ad un tremendo rigore, rigore che più tardi è diventato uno stile di vita...

Ho composto Elogio de la Danza nel 1964; originalmente sarebbe stato la musica di un balletto, e
diventò, per un numero di ragioni, nella mia opera più conosciuta in tutto il mondo. Essa ha una
struttura molto semplice in due parti. Il primo tempo è un adagio; tutti sanno che l'adagio per il
balletto classico è un'istituzione culturale in tutto il mondo e nella storia della musica. Per questo
motivo composi un adagio. La seconda parte è un tributo ai balletti russi e direttamente a
Stravinsky, il mio idolo.

Devo al cinema, anche le forme compositive della mia musica in generale. Diciamola in questo
modo: la forma cinematografica, lo stop motion, il travelling, lo zoom... tutti questi elementi li ho
trasferiti nella forma musicale.

Prendo come base un qualunque disegno geometrico, una qualunque visione plastica, qualsiasi cosa
che mi ispiri più delle forme tradizionali (che uso ugualmente). Questo processo è chiamato, ed io
in particolare lo chiamo, composizione modulare. L'approccio modulare esiste ovunque: in
architettura, nel disegno grafico, nella pittura, nel montaggio cinematografico, e perché no, nella
musica. Vale a dire, un tutto e le sue parti. Diciamo che gli elementi architettonici, per esempio,
sono cellule o moduli e che il modo di combinarli produce in seguito un'opera integra.

Composi il canticum nel 1968, ed fu molto più riuscito di quanto mi aspettassi. Ho semplicemente
composto un piccolo pezzo didattico che mi è stato richiesto così che i giovani potessero conoscere
quei clichés della musica che in quel momento era chiamata Avanguardia. Tuttavia, divenne un
forte, interessante lavoro, con una serie di elementi molto brutali, aritmici, e contrastanti, che
possono essere suonati facilmente e senza angoscia.

Ho composto La Spiral Eterna nel 1970. E' quasi una musica elettronica trasferita sulla chitarra: in
essa, inizio ad usare suoni reali e gradualmente decompongo il suono naturale fino ad arrivare al
rumore. Si tratta di un processo inverso a quello della vita stessa nel mondo in quanto tale,
assestatosi a seguito di un ordine caotico di disorganizzazione, qui si ha lo stesso processo al
contrario.
"Per la sua originalità, l'integrazione dei suoi elementi strutturali e la scoperta innovativa delle
risorse strumentali, la spiral eterna de leo brouwer, si innalza regina del repertorio universale della
chitarra del xx secolo. Harold Gramatges (Cuba)

Dopo quel periodo intellettuale e rigoroso, sono tornato ad un certo tipo di semplicità, diciamo una
nuova semplicità, o romantica o iperromantica, che mi rende felice. Dopo tutto quel tempo pieno di
agitazione, intensità e tensioni chiamato lo stadio dell'avanguardia, avevo bisogno di una tregua.

Da quando ho iniziato a comporre, dal 1955 fino ad ora, ho preso elementi della musica popolare
cubana. Quello che ho estrapolato sono le cellule della musica più antica, la musica rituale africana.
Ho preso cellule ritmiche e melodiche che sono archetipi, che ho elaborato in un contesto più
universale. Il mio desiderio è che esse trascendano nello spazio e nel tempo allo stesso modo di
Roldàn e Caturla, per esempio.

Tutto quello che faccio è perché con uno strumento, o conducendo un'orchestra io comunico con le
persone. Insegnando, mi avvicino ai giovani che si stanno formando e do loro l'affetto che di cui
hanno bisogno e, componendo, porto fuori, interiormente un certo tipo di ritorno all'Homo Ludens,
che ptogressivamente è andato perso con la cultura e l'a formazione intellettuale del mondo. In
poche parole, diciamo che l'homo sapiens ha ingoiato il ragazzo e l'uomo non gioca più.

Un concerto è uno spettacolo e come tale sono io a creare la poesia, il mistero e l'atmosfera, fin
dall'inizio della presentazione. Lo spettacolo è preparato per realizzare il sogno del pubblico, di far
che vedano paesaggi che non ci sono, di far loro chiudere gli occhi e cogliere idee che non avevano
avuto prima, e che devono fare proprie. Questa è una delle cose fondamentali, direi che potrebbe
essere quasi un segreto.

Jose Padron, anno 2000 ICAIC

Leo Brouwer Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematógraficos en colaboracion con La
Fundación Autor y la Sociedad General de Autores y Editores de España SGAE) presenta ;
argumento, guión y dirección, José Padrón.
Publisher
Ciudad de la Habana, Cuba : ICAIC, 2000

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