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Incisione Laser

LASER è l’acronimo di “Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation” :amplificatore di luce attraverso il
processo di emissione stimolata della radiazione. Il funzionamento del laser si basa quindi su un processo, noto come
emissione stimolata, che fu proposto da Einstein. Per comprendere il principio in base al quale si ha emissione di luce
laser, bisogna considerare l’interazione tra radiazione elettromagnetica e materia. È noto che gli elettroni di un atomo
sono disposti secondo livelli energetici crescenti in modo da minimizzare l’energia potenziale, ad ogni livello
corrisponde un’energia Ei e una popolazione ni. In condizioni di riposo n1>n2, ma se forniamo energia al sistema l’atomo
assorbe energia permettendo agli elettroni di passare dal livello 1 al livello energetico 2 (assorbimento).
Il popolamento di un livello di energia E è dato dal fattore e-E/kT (distribuzione di Maxwell-Boltzmann).
Si faccia riferimento ad un atomo in condizioni di eccitazione, di un atomo cioè che ha subito un precedente
assorbimento, per cui si ha n2>n1. Dopo un certo periodo, più o meno lungo, il sistema tende a ritornare in equilibrio
spontaneamente e in maniera casuale (emissione spontanea). Gli elettroni, quindi, ritornano al livello energetico E 1,
emettendo fotoni d’energia di frequenza f ed energia ΔE tale da soddisfare l’equazione:
hf= ΔE =E2-E1.
Consideriamo ora un sistema eccitato (n2>n1) a cui mandiamo un fotone in risonanza, ovvero un fotone la cui frequenza
sia compatibile con uno dei livelli quantici disponibili per l’atomo, tale cioè da soddisfare l’equazione suddetta. Il
sistema non può fare altro che diseccitarsi ovvero emettere un fotone d’energia ΔE=hf. Questa volta l’emissione non è
spontanea ma determinata dal fotone in risonanza (emissione stimolata). All’uscita dal sistema avremo due fotoni: uno è
quello d’entrata, l’altro è quello emesso dal sistema. I due fotoni sono identici in termini di direzionalità e cromaticità e
formano quindi un fascio coerente. Poiché il sistema è costituito da più atomi e da più elettroni può innescarsi un
fenomeno a catena: un fotone inviato colpisce un atomo eccitato e questo si diseccita ottenendo così due fotoni che
colpiranno altri atomi eccitati che emettono altri fotoni e così via. Quello che si è ottenuto in sostanza è
un’amplificazione della radiazione attraverso emissione stimolata, ovvero luce laser. L’effetto laser s’innesca quindi
quando i livelli energetici superiori sono quelli più popolati (inversione di popolazione).

Gli atomi vengono pompati dal livello fondamentale E1 al livello eccitato E3, per esempio mediante energia luminosa a
spettro continuo. Gli atomi decadono rapidamente (τ = 10-8 s) al livello eccitato E2 che è uno stato metastabile ( τ = 10-
3 s ) quindi può dar luogo al desiderato effetto LASER, infatti se le condizioni sono favorevoli il livello E2 può
diventare più popolato di E1. A questo punto un fotone avente energia hν=E2-E1 può scatenare una valanga di eventi di
emissioni stimolate che si traduce in un fascio di luce LASER.

Le applicazioni industriali del laser, nelle lavorazioni meccaniche, sono molteplici e piuttosto diversificate tra loro. La
tecnologia laser offre una serie di vantaggi rispetto ai metodi convenzionali. Il laser opera senza contatto, senza
trasmissione di energia, non è soggetto ad usura, si manovra facilmente e, se necessario, può essere applicato con forte
intensità. Ogni applicazione ha bisogno di caratteristiche particolari del fascio, questo fatto impedisce l’uso della stessa
sorgente per più lavorazioni, con eccezione di alcuni casi. Le principali applicazioni industriali in cui viene utilizzato un
fascio laser sono:
• Taglio: Il taglio laser e’ un processo termico in cui una sorgente di calore (fascio laser) fonde un materiale e un
getto di gas (gas di assistenza) lo elimina rapidamente. Può avvenire in base a tre principi diversi: per
vaporizzazione, per fusione o per combustione. In tutti e tre i casi, il processo di taglio si innesca e si mantiene
grazie all'energia che il raggio laser può concentrare in un punto molto piccolo. Nel taglio per vaporizzazione il
materiale è in parte vaporizzato ed in parte espulso per effetto dello stesso vapore che fuoriesce ad alta
velocità. Nel taglio per fusione l’energia assorbita trasforma localmente il materiale in uno stato (fuso, vapore
etc) che può essere poi facilmente rimosso con il gas di assistenza (solitamente un gas inerte). Nel taglio per
combustione il gas di assistenza è l’ossigeno che agisce da comburente reagendo chimicamente con il
materiale con cui viene a contatto liberando una quantità di energia pari a quella del laser. A seconda del tipo
di laser, del tipo di materiale e delle potenze in gioco può prevalere l'uno o l'altro meccanismo. Il laser viene
utilizzato per il taglio di lamiere (con spessori variabili da pochi millesimi di millimetro fino a 30 mm circa) di
materiale metallico e, più raramente di materiale non metallico. Rispetto alle altre tecnologie il taglio laser
avviene con una elevata velocità (dell’ordine di decina di metri al minuto) e la qualità del solco ottenuto è
decisamente buona. Può essere usato sia per materiali metallici (acciai al carbonio, inossidabili, zincati, leghe
di alluminio, ottone, titanio e le sue leghe…) che per materiali non metallici (plexiglass – PMMA, carta e
cartone, tessuti e cuoi, ceramica, plastica, materiali compositi, legno).
• Saldatura: Il processo di saldatura laser sfrutta l’alta densità di energia creata dal fascio laser (fascio di luce
coerente localizzato) per portare rapidamente a fusione due lembi di materiale e saldarli creando un cordone
(giunto di saldatura) ridotto e pulito, di qualità più elevata rispetto a quello ottenibile con una saldatura
tradizionale. Il principale punto di forza di questa tecnologia è il limitato apporto termico riuscendo ad avere
così ridotte distorsioni sul materiale. Le profondità di penetrazione della saldatura possono variare dai decimi
di millimetro alle decine di millimetro. Grazie all’adozione del laser è possibile utilizzare la saldatura come
tecnica di giunzione là dove altre tecniche tradizionali non possono essere applicate.
• Marcatura: il fascio laser di potenza relativamente contenuta è utilizzato per ottenere una modificazione
superficiale del materiale che è chiaramente visibile all’occhio umano. La marcatura è la prima applicazione
industriale del laser per numero di sorgenti installate. I meccanismi fisici con cui è possibile effettuare una
marcatura laser sono sostanzialmente di tre tipi. Il primo prevede l’esecuzione di un’incisione superficiale
attraverso la vaporizzazione di un piccolo strato di materiale, incisione che risulta essere visibile dall’occhio
umano. Gli altri due meccanismi si basano sulla generazione di composti superficiali e sulla trasformazione
della microstruttura del materiale. Per entrambi i meccanismi il risultato ultimo è una variazione dell’indice di
rifrazione, e dato che le proprietà di riflessione della luce sono legate a tale indice, la zona esposta al fascio
risulta visibile all’occhio umano. I materiali su cui è possibile utilizzare la marcatura sono metalli, polimeri,
materiali organici quali legno cuoi pelle e tessuti, materiali amorfi come vetro.
• Trattamento termico: il laser viene utilizzato per imporre un determinato ciclo termico ad uno strato di
materiale prossimo alla superficie di un pezzo (un esempio è la tempra superficiale di acciaio). Le distorsioni
indotte dall’apporto termico del laser sono estremamente contenute rispetto alle tecniche alternative.
• Microforatura: è la realizzazione di fori dello stesso ordine di grandezza del diametro del fascio focalizzato
(pochi millesimi di millimetro), con tolleranze dimensionali strette e ripetibilità elevata.
• Riporto: con il laser è possibile depositare materiale di apporto su un materiale base, generando, attraverso la
fusione sia del riporto che del substrato, un legame metallurgico.

Le diverse tipologie di laser sono:


• Laser a stato gassoso
- CO2 (più utilizzato) λ = 10,6 μm
- He – Ne λ = 633 nm
- Ar – Kr λ = 0,488 ÷ 0,674 mm
- Eccimeri λ = 157 ÷ 259 nm
• Laser a liquidi
- Dyes λ = 0,4 ÷ 0,8 mm
• Laser a semiconduttori
- GaAs, GaAsP λ = 0,84 ÷ 1,2 mm
• Laser a stato solido
- Rubino λ = 0,69 mm
- Nd:Yag λ = 1,06 μm

Il laser tipico utilizzato per tagliare è il laser a gas (CO2), che però non riesce a tagliare tutti i materiali sebbene dia
ottimi risultati se messo a fuoco in modo opportuno.
I diodi laser a impulsi sono utilizzati per la saldatura a radiazione. Si tratta di radiazioni situate nell'intervallo degli
infrarossi (NIR) a 0.8-1.0 mm.
I laser a stato solido sono utilizzati normalmente per le incisioni. Il tipo più conosciuto è il neodimio: YAG (Nd:YAG)
che opera con la lunghezza d'onda invisibile di l= 1.064 mm.
Un altro tipo di laser è il laser ad eccimeri, che emette radiazioni UV e viene utilizzato in particolare per le
microlavorazioni.
Nell'intervallo delle radiazioni visibili si collocano anche i laser a elio-neon che vengono utilizzati per la regolazione e
la taratura di attrezzature.

Laser a stato solido - Il materiale attivo è costituito da un cristallo o da un vetro nei quali vengono inseriti gli atomi
attivi.
a) LASER A NEODIMIO-YAG : è un laser che sfrutta come mezzo laser attivo un cristallo di ittrio e alluminio
(YAG= Yttrium Aluminum Garnet) drogato al neodimio (Nd: Y3Al5O12). Il neodimio è utilizzato, nella forma
ionica trivalente Nd3+ e sostituisce parzialmente gli ioni di ittrio. Il materiale attivo è in forma di barretta cilindrica
e l’eccitazione avviene illuminando il materiale per mezzo di un flash, o con altri laser o con LED. La luce realizza
l’inversione di popolazione che di fatto opera secondo uno schema a quattro livelli. La lunghezza d’onda del laser è
nell’infrarosso a 1.06 μm (vicino infrarosso). Il laser a neodimio YAG può funzionare sia in continua che in regime
impulsato. È un laser che può generare impulsi di energia molto elevata (100 kJ) che vengono utilizzati negli
esperimenti di fusione termonucleare a confinamento inerziale. In continua può arrivare anche a potenze di kW.
Questo laser è comunemente utilizzato in medicina, per la lavorazione dei materiali e per la telemetria.
b) LASER A SEMICONDUTTORE. La radiazione emessa è dovuta all’emissione stimolata conseguente alla
ricombinazione di elettroni nella banda di conduzione con buche nella banda di valenza. Il pompaggio è di solito
ottenuto per iniezione di elettroni in banda di conduzione e di buche in banda di valenza mediante un diodo p-n
polarizzato direttamente. Tale iniezione è ottenuta facendo passare corrente attraverso la giunzione. La transizione
di un elettrone tra la banda di valenza e la banda di conduzione avviene con l’emissione di un fotone con energia
dipendente dal gap del semiconduttore. L’inversione di popolazione fra la banda di conduzione e la banda di
valenza consente di avere l’amplificazione della radiazione emessa. In questi laser si realizzano strutture in grado di
guidare la radiazione in un canale che contiene la giunzione come in una fibra ottica. I diodi laser più comuni sono
di AlGaAs. Le potenze disponibili sono dell’ordine dei 100 mW per singola giunzione. Lunghezze d’onda ottenibili
sono nel rosso-infrarosso. Ma ora si hanno anche diodi laser operanti nel blu. La lunghezza d’onda emessa può
essere facilmente modulata modulando la corrente. Sono particolarmente utili nella ricerca fondamentale. Le
applicazioni di questi diodi laser sono molto numerose. In particolare sono utilizzati nelle telecomunicazioni, nei
lettori di CD e nei DVD. Data la loro compattezza e basso consumo hanno comunque le potenzialità per essere
utilizzati sempre più diffusamente. Recentemente vengono utilizzati per pompare laser neodimio YAG.
c) LASER A COLORANTE (dye laser). Questi laser utilizzano soluzioni di opportuni coloranti in vari solventi
(comunemente acqua o alcool). Possono lavorare sia in regime impulsato che continuo. Vengono pompati con luce
che può provenire da flash o da altri laser. Tipicamente sono pompati da laser di potenza a ioni Argon. I coloranti
che possono essere utilizzati sono molto numerosi e riescono a coprire con continuità lo spettro dall’ultravioletto
fino all’infrarosso vicino. Una particolarità molto importante di questi laser è data dalla possibilità di modificare
con continuità la lunghezza d’onda su intervalli molto grandi di frequenze. Di fatto ruotando una manovella è
possibile con la rodamina passare dal verde al rosso. Sono molto usati nella ricerca.

I processi di incisione laser vengono usati nell’industria grafica per scrivere immagini o testo su strati plastici annerenti
(carbonizzati) sensibili al laser (PVC o PC sensibilizzato). Sono possibili due tecniche:
• Incisione interna (per strato): annerimento degli strati interni attraverso fogli di copertura trasparenti (non
sensibili al laser)
• Incisione in rilievo (percettibile al tatto)
La tecnologia laser permette anche di effettuare perforazioni di vario tipo e dimensione:
• numeri di serie su carta, gli elementi caratteristici sono in tal caso sono tracce di bruciatura attorno ai bordi dei
fori, assenza di bordi in rilievo nel supporto (cartaceo) attorno ai fori sul retro della perforazione e
assottigliamento conico dei fori nel supporto se osservati dal recto al verso;
• strutture e motivi sottili (incisioni parziali)
• immagini secondarie (fantasma), visibile alla luce trasmessa;
• immagini con effetto inclinato, TLI® (Tilted Laser Image) sono cioè immagini perforate con angolazioni
diverse mediante un insieme di lenti cilindriche goffrate sulla superficie del supporto. In tal modo l'immagine
visibile alla luce trasmessa cambia a seconda dell'angolo di osservazione.

Anche le incisioni calcografiche possono essere fatte mediante incisione laser. Si utilizza in tal caso una sorgente laser
per l’incisione che sostituisce tutti i processi chimici normalmente utilizzati. Mediante un programma di calcolo ed
elaborazione è possibile convertire le immagini digitale in formato raster (bitmap) in percorsi di scavo in forma
vettoriale.
Per ogni elemento grafico preso in esame dal sistema, è possibile specificare tre differenti modalità di incisione:
normale (massima velocità di scavo, minore dettaglio); fine; ultrafine (ottimizzata per l’incisione di microlettore). È
altresì possibile, per ogni modalità di incisione, specificare diversi livelli di profondità, in un range compreso tra 10 e
200 µm. Su richiesta, è possibile applicare una maschera che consente al sistema di realizzare differenti pattern sul
fondo dell’incisione, in modo da facilitare l’aggrappo dell’inchiostro e modificare il risultato di stampa a seconda delle
esigenze. L’informazione incapsulata nel file vettoriale consente al sistema di incisione di specificare il percorso di
scavo ottimale per la perfetta riproduzione dell’immagine desiderata su lastre di differenti materiali.
La sorgente laser, di tipo Nd:YAG pompata con array di diodi, è composta da un rail contenente la sorgente, una testa di
scansione galvanometrica e un sistema di raffreddamento a circuito chiuso. La marcatura avviene senza alcun contatto
meccanico, per effetto di un’interazione termo-acustica fra laser e materiale metallico presentando caratteristiche di
indelebilità, elevata qualità, velocità e flessibilità di esecuzione. Considerando il laser alla stregua di uno strumento di
incisione, è possibile calcolare e simulare ogni tipo di immagine in modo da ottenere: incisioni a più livelli; incisioni a
forma di ‘V’, con profondità proporzionale allo spessore della linea; microlettere; punti con diametro minimo di 20 µm,
con diverse profondità.

Fotoincisione
La Fotoincisione o Fototranciatura chimica è un processo basato sull'asportazione controllata del metallo mediante
azione chimico-fisica per ridurre di spessore, tagliare o incidere con precisione lastre metalliche, anche molto sottili,
sostituendo vantaggiosamente le operazioni di trancia e incisione tradizionali.
Con questo processo si possono realizzare particolari dalla più semplice alla più complessa geometria riuscendo ad
ottenere tolleranze dimensionali molto ristrette. Partendo da un disegno meccanico, da un file vettoriale (dwg,dxf,cdr),
da una semplice immagine (jpg,tif,pdf) o addirittura da un campione originale, è possibile fare una valutazione
tecnica/economica immediata.

Alla base del processo di fotoincisione c’è il sistema di esposizione, l’immagine è catturata in un piccolo strato di
materiale resistente, fotoresist, e trasformato, attraverso una serie di reazioni fotochimiche, in una parte permanente ed
in una parte solubile. L’accuratezza, con la quale il pattern deve essere formato è alta.
Il fotoresist è una miscela di un polimero organico ed un composto fotosensibile; il resist è applicato alla superficie del
campione usando uno spin-coating (tecnica che utilizza la forza centrifuga di rotazione dello stampo per favorire
l’adesione del polimero sullo stesso). I fotoresist sensibili ai raggi UV si distinguono in positivi e negativi, in funzione
della reazione innescata dai raggi. Per i resist positivi, il resist viene esposto alla luce UV nei punti in cui il materiale
sottostante deve essere rimosso. In questi resist, l’esposizione alla luce UV cambia la struttura chimica del resist in
modo che diventi più solubile nell’agente di sviluppo (developer). Il resist positivo viene quindi lavato via dalla
soluzione di sviluppo, lasciando finestre sul materiale sottostante. La maschera quindi contiene una copia esatta del
pattern che deve rimanere sulla superficie. I resist negativi si comportano in modo opposto. L’esposizione alla luce UV
polimerizza il resist negativo che diventa più difficile da sciogliere. Quindi il resist negativo rimane sulla superficie
esposta e la soluzione di sviluppo rimuove solo le parti non esposte. Le maschere usate per i fotoresist negativi, quindi,
contengono l’inverso (o negativo fotografico) del pattern che deve essere trasferito.
Il resist è in genere composto da tre parti:
-Resina (10%): costituita da vari polimeri organici, solitamente novalacche.
-Componente Fotosensibile (5%): che viene denominato con l'acronimo PAC - Photo Active Compound.
-Solvente (85%).

Le resine comunemente usate sono:


- resine dicromato polivinalcol,
- resine a base di poli(vinil)cinnamato,
- resine a base bis-azidica,
- novolacche
- PMMA
- Gomme con azide (poliisoprene ciclizzato)

I composti fotosensibili maggiormente usati sono:


diazina di naftochinone

I solventi maggiormente usati sono:


PGMEA (1-methoxy-2-propyl-acetate)
n-butyl acetato
xylene

Il fotoresist positivo più largamente usato nell’industria è un sistema di due componenti contenente una corta catena di
resina di Novolacca, che agisce come agente formante il film, miscelato a 20-50 wt% di un composto fotosensitivo
quale diazina di naftochinone (DNQ). Le novolacche sono resine termoplastiche fenoliche cioè polimeri ottenuti per
reazione tra fenolo e formaldeide con un rapporto aldeide:fenolo inferiore a 1. Avendo conservato sugli anelli aromatici
egli idrogeni reattivi, le novolacche possono essere ulteriormente fatte reagire e convertite in polimeri reticolari. A
causa del gruppo idrossidrile (OH-), le resine fenoliche sono idrofile e sono facilmente sciolte in soluzioni alcaline
acquose come NaOH, KOH, NH4OH. La diazina è un composto idrofobico non facilmente ionizzabile, insolubile in
soluzioni basiche e impedisce che il film acido di Novolacca venga dissolto da una soluzione alcalina in cui una resina è
normalmente solubile. Esposta ai raggi UV, la diazina subisce un riarragiamento fotochimico chiamato di Wolf che
produce acido carbossilico indenico (ICA). L’ICA è solubile in soluzione basica, quindi rende solubile le regioni
esposte, mentre le regioni non esposte non solubilizzano.
Un esempio invece di fotoresist negativo è il diazide che forma un dinitrene quando irradiato, il quale si lega col
poliisoprene per produrre una matrice insolubile.

Le diverse fasi del processo sono:


• Preparazione metallo- Dopo aver selezionato il materiale idoneo dal magazzino metalli, viene tagliato al
formato stabilito e lavato con agenti chimici al fine di eliminare ogni impurità;
• Rivestimento con pellicola fotosensibile - Viene applicata alla lastra una pellicola fotosensibile chiamata dry-
film.Questa operazione avviene con l'ausilio di un laminatore a caldo.
• Esposizione - Questa fase della lavorazione, permette di impressionare la geometria dell'oggetto che dovremo
realizzare sul dry-film tramite una pellicola fotografica precedentemente realizzata (Impianto Fotografico)
mediante esposizione a raggi UV.
• Sviluppo - Con lo sviluppo, verrà eliminato il dry-film sul profilo del pezzo lasciando il materiale allo stato
grezzo e che verrà quindi aggredito dall'acido successivamente.
• Incisione - E' lo stadio di lavorazione che rappresenta tutto il processo. In questo momento viene asportato il
materiale con un'azione chimico/fisica dell'acido. Ora il nostro pezzo prende forma tramite i vari passaggi nella
camera d'incisione sino al raggiungimento della geometria finale.
• Asportazione dry-film e pulizia - E' l'ultima fase del processo, quella in cui viene ripulito il materiale dal dry-
film e da ogni residuo di lavorazione.

I materiali che si prestano a questo tipo di processo sono i seguenti:


• 11R51
• 7C27Mo2
• Acciai inossidabili (Aisi serie 300/400)
• Acciaio al carbonio (C70-C100)
• Alluminio (anticorodal)
• Alpacca
• Bronzo
• Ferro
• Ferro silicio
• Kovar
• Invar
• Mumetal
• Ottone
• Rame
• Rame al berillio
Negli spessori compresi tra 0,05 e 1,50mm. e nelle varie durezze a seconda dell'esigenza
Pur essendo stato scoperto da parecchi anni, risulta essere ancora sconosciuto alla maggior parte delle aziende che
utilizzano e/o producono particolari metallici. I campi in cui la Fotoincisione Chimica può essere applicata sono
molteplici e vanno dalla Meccanica ed Eletrromeccanica all'Elettronica, dal Medicale alle Telecomunicazioni,dall'Ottica
all'Occhialeria,dall'Automotive all'Aerospaziale dal Modellismo alla Moda e via dicendo. In tutti quei campi,cioè, dove
necessita realizzare particolari metallici piani di spessore compreso tra 0,05 e 1,50mm
VANTAGGI
Al contrario di lavorazioni meccaniche o taglio laser, la Fotoincisione Chimica non altera le caratteristiche
fisiche/strutturali del materiale ed evita stress e schiacciamenti. L'ottimo aspetto qualitativo (assenze di bave taglio o
macchie dovute al surriscaldamento, alta definizione) abbinato ai costi decisamente contenuti, i tempi di consegna
ridotti e il fatto di non dover produrre alte quantità, rendono questa lavorazione molto competitiva.
Con la fotoincisione si ottengono pezzi tutti perfettamente uguali.
Inoltre, il basso costo di attrezzatura rende la tecnologia altamente competitiva in termini di costo, sopratutto sui bassi e
medi volumi

I fotoresist positivi avviano una reazione di reticolazione quando esposti ai raggi UV, mentre quelli negativi, quando
esposti ad UV, modificano la chimica del polimero impedendone una reticolazione durante la fase di post-baking (fase
durante cui si ha la rimozione del solvente). I vantaggi di un resist positivo rispetto ad un resist negativo sono la
capacità di una migliore risoluzione e la resistenza alle operazioni di processi al plasma. Il coating viene poi
selettivamente irradiato con luce UV, attraverso una maschera, costruita in modo tale da permettere alla luce di cadere
solo in zone desiderate; la luce causa un cambiamento chimico nel photoresist della regione esposta, che viene fatta
reagire con una sostanza chimica chiamata developer. Quando la regione esposta è rimossa dal developer (l’esposizione
rende il photoresist più solubile), il processo è chiamato "sviluppo positivo", mentre quando il developer lascia la
regione irradiata dietro (la radiazione rende il photoresist meno solubile), il processo è chiamato "sviluppo negativo".

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