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UPDATE IN PMA

IL RUOLO DELL’FSH NELLA SPERMATOGENESI:


DALLA FISIOLOGIA ALLA TERAPIA

Responsabile scientifico: Dr. Claudio Castello, Responsabile SSD Fivet ASL Città di Torino

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Data inizio svolgimento: 30/07/2021; ID evento: 12-324515

Modulo 2. Il ruolo fisiologico dell'FSH nella fertilità maschile e la seminologia

Autore: Dottor Francesco Pallotti, Laboratorio di Seminologia , Banca del Seme “Loredana Gandini”,
Dipartimento di medicina Sperimentale “Sapienza” Università di Roma

Indice
INTRODUZIONE – Il problema dell’infertilità maschile tra alterazioni seminali ed ormonali ............. 2
1. Embriogenesi e sviluppo della gonade maschile ............................................................................. 3
2. Fisiologia dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo ................................................................................ 4
3. La funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo: dalla vita fetale alla pubertà ............................. 7
4. Le gonadotropine e la riproduzione: un sistema complesso ........................................................... 9
5. La spermatogenesi ......................................................................................................................... 10
6. Bibliografia ..................................................................................................................................... 17
QUESTIONARIO ECM .......................................................................................................................... 21

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INTRODUZIONE – Il problema dell’infertilità maschile tra alterazioni
seminali ed ormonali
L’infertilità di coppia, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come l’incapacità di
concepire dopo almeno dodici mesi di rapporti non protetti, sta diventando una problematica di
salute globale. Sebbene l’eziologia della infertilità possa essere ricondotta ad uno o ad entrambi i
partner, sempre più attenzione viene posta nei confronti del partner maschile della coppia. Si stima
che circa il 10-15% dei maschi adulti possa essere afflitto da infertilità e che, nel complesso, fino ad
un sesto delle coppie possa essere infertile. Tuttavia, questo dato potrebbe sottostimare la gravità
del problema, poiché tiene in considerazione soprattutto le coppie che richiedono assistenza medica
per infertilità. Purtroppo, è ragionevole supporre che molti casi di infertilità non giungano
all’osservazione clinica. Va sottolineato che sebbene molte patologie andrologiche possano essere
causa di infertilità, in molti casi (fino al 30-40% dei maschi infertili) nonostante un iter diagnostico
corretto non verrà identificata una causa specifica (infertilità maschile idiopatica/inspiegata)
(Hamada et al., 2012a; Hamada et al., 2012b).

Da molti anni è stata portata all’attenzione della comunità scientifica la possibilità di una lenta e
costante riduzione della fertilità maschile. Questa ipotesi, frutto di diversi studi osservazionali
provenienti da tutto il mondo, è stato recentemente rafforzato da alcune metanalisi (CIT), ma non
trova concordi tutti gli esperti di fertilità maschile. Infatti, questi studi osservazionali hanno spesso
limitazioni metodologiche e non sempre considerano la presenza di molti fattori confondenti come
comorbidità e/o altri fattori confondenti (obesità, patologie andrologiche, giorni di astinenza prima
dell’esecuzione dell’esame seminale, ecc.), ma nel loro complesso pongono all’attenzione della
comunità scientifica una problematica rilevante. La conferma di un declino delle concentrazioni
nemaspermiche del liquido seminale e, per esteso, del declino della fertilità maschile, avrebbe
rilevanti ripercussioni sulla salute pubblica e su importanti aspetti socioeconomici. Oltre alle ovvie
associazioni con le percentuali di fecondità della coppia e l’impatto sul sistema sanitario della coppia
infertile (accertamenti diagnostici clinici, esami laboratoristici e strumentali, fecondazioni assistita,
ecc.) (World Health Organization, 2010; Winters and Walsh, 2014, Skakkebaek et al., 2016), una
ridotta qualità seminale è stata associata a:

a) malformazioni congenite urogenitali (criptorchidismo, ipospadia) e tumore al testicolo,


nell’ambito della cosiddetta sindrome da disgenesia testicolare (Skakkebaek et al., 2016)
b) ad un aumento del rischio di mortalità e morbidità per tutte le cause (Ferlin et al., 2021)

Tutti questi fattori possono trovare, inoltre, un terreno comune in stili di vita scorretti (fumo di
sigaretta, alimentazione ed obesità, ecc.) e fattori ambientali. In particolare, sono note le influenze
sull’asse ormonale gonadico e sulla spermatogenesi in particolari classi di inquinanti ambientali
capaci di interferire a vari livelli con gli ormoni endogeni (“endocrine disrupting chemicals” o
interferenti endocrini) (Pallotti et al. 2020, Cargnelutti et al., 2020).

Tutti questi fattori possono influenzare l’asse ormonale ipotalamo – ipofisi – testicolo, cioè l’entità
deputata al controllo ormonale della funzione riproduttiva maschile. A partire dalla secrezione
ipotalamica di GnRH, l’adenoipofisi viene stimolata a produrre e secernere le due gonadotropine
(LH ed FSH) che a loro volta agiranno stimolando la funzione di gruppi cellulari contenuti all’interno

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del testicolo. In particolare, l’ormone luteinizzante (LH) ha come bersaglio le cellule del Leydig
contenute all’interno dello spazio interstiziale testicolare, dotate di enzimi della steroidogenesi per
la produzione di testosterone. Dall’altro lato, l’ormone follicolostimolante (FSH) ha come bersaglio
le cellule del Sertoli contenute nel tubulo seminifero, le quali in risposta allo stimolo produrranno le
molecole ed i nutrienti necessari a supportare e mantenere la spermatogenesi, in sinergia con il
testosterone intratesticolare. Lo studio della funzione ormonale gonadica, a causa del fondamentale
ruolo di controllo sulla gonade, risulta un irrinunciabile momento diagnostico nello studio del
maschio infertile e con alterazioni delle caratteristiche seminali. Pertanto, per comprendere il
funzionamento dell’asse, è necessario approfondire la fisiopatologia dell’asse ormonale gonadico
fin dal momento dello sviluppo embrionale.

1. Embriogenesi e sviluppo della gonade maschile


Lo sviluppo della gonade maschile inizia precocemente durante la vita fetale. Già alle prime
settimane post concepimento lo sviluppo embrionale passa attraverso la fase critica della
determinazione del sesso, ovvero un complesso intrecciarsi di eventi molecolari e segnali ormonali
che, susseguendosi in una sequenza ordinata e cronologicamente precisa, innescano la
trasformazione della gonade indifferenziata in senso maschile e, infine, permettono la
differenziazione e lo sviluppo del testicolo fetale e delle caratteristiche sessuali maschili (Rey et al.,
2011; Morel et al., 2014). Questo processo può grossolanamente essere schematizzato in 4 fasi:

• Determinazione del sesso cromosomico - questo evento è geneticamente determinato fin


dal momento del concepimento dall’incontro del gamete femminile (aploide 23,X) con
quello maschile (aploide 23,X o 23,Y). La presenza del cromosoma Y è il fattore critico per la
determinazione del sesso maschile. Al suo interno è presente il gene SRY (Sex-determining
Region of the Y chromosome) che innesca una serie di segnali molecolari che devia la
differenziazione dell’embrione dal sesso femminile verso quello maschile. Questo gene è
altamente conservato in tutte le specie di mammiferi ed il suo ruolo è dimostrato dalla
esistenza di traslocazioni di questo gene sul cromosoma X che determinano un fenotipo
46,XX maschile.
• Differenziazione delle gonadi – gli eventi molecolari innescati permettono la
determinazione della gonade indifferenziata verso il testicolo o verso l’ovaio. L’attività del
testicolo/ovaio fetale determinerà il destino delle due strutture che si stanno formando a
partire dalla cresta uro-genitale embrionale (dotti Wolffiani e Mulleriani).
• Regressione dei dotti Mulleriani – le cellule del Sertoli del testicolo fetale secernono
l’ormone anti-Mulleriano (AMH) che inibisce lo sviluppo degli omonimi dotti. Al contempo,
le cellule del Leydig fetali producono il testosterone che avrà un ruolo primario nello sviluppo
dei genitali interni ed esterni. Il testosterone fetale stabilizzerà i dotti del Wolff (da cui
deriveranno i dotti eiaculatori e deferenti, gli epididimi e le vescichette seminali); inoltre,
previa conversione in diidrotestosterone (DHT) da parte dell’enzima 5α-reduttasi, sarà
responsabile dello sviluppo dei genitali esterni maschili. In assenza di questi segnali ormonali
(ipogonadismo congenito, deficit enzimatici della steroidogenesi, insensibilità del recettore
degli androgeni, ecc.) lo sviluppo genitale embrionale proseguirà verso il fenotipo femminile.

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• Sviluppo del sesso fenotipico – la differenziazione finale con la virilizzazione e lo sviluppo
delle caratteristiche sessuali secondarie maschili post-puberali.
I precursori cellulari delle gonadi e dei genitali esterni sono presenti a livello della cresta uro-
genitale, a sua volta di derivazione mesodermica. Le cellule germinali primordiali sono invece
presenti in quarta settimana gestazionale a livello dell’endotelio endotermico alla base
dell’allantoide, per poi migrare nelle gonadi indifferenziate bipotenti attorno alla quinta settimana.
La differenziazione testicolare inizia precocemente attorno alla sesta settimana gestazionale,
quando è osservabile un aumento della dimensione gonadica con la formazione della corda
testicolare composta dalle cellule germinali e del Sertoli. L’azione di Sry determina la up-regolazione
all’interno delle cellule del Sertoli di Sox9 (Sry-box containing gene 9) e viene potenziata da altri
fattori [SF1, Tesco (testis specific enhancer of Sox 9 core)] e risulta critica per lo sviluppo testicolare
in molte specie (Morel et al., 2014; Li et al. 2014). Successivamente, aumenta la vascolarizzazione
ed inizia l’organizzazione in strutture tubulari della gonade fetale grazie al contributo delle cellule
mioidi peritubulari che, circondando le Sertoli, permettono la formazione della lamina basale
tubulare. A partire dalla ottava-nona settimana, compaiono anche i primi raggruppamenti di cellule
del Leydig, rapidamente seguiti dall’inizio della steroidogenesi e dalla sintesi del testosterone.
Infine, le cellule germinali che hanno colonizzato il cordone seminifero arrestano la loro
proliferazione ed entrano in una fase di quiescenza mitotica.

2. Fisiologia dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo


Lo sviluppo gonadico, sia nella vita intra-uterina che nella vita postnatale, è controllato dalla
funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisario. Quest’ultimo è caratterizzato da una fase di quiescenza
post-natale che prosegue fino alla pubertà, a partire dalla quale l’asse ormonale riprende la sua
funzione e permette il completamento della maturazione gonadica, la comparsa delle
caratteristiche sessuali secondarie maschili ed il raggiungimento della maturità sessuale e
riproduttiva. Dato lo stretto legame funzionale che anatomico che sussiste tra queste due strutture,
l’ipotalamo e l’ipofisi possono essere considerate un’unica entità funzionale. La porzione dell’ipofisi
responsabile della secrezione delle gonadotropine è quella anteriore che prende il nome di
adenoipofisi. Una rappresentazione schematica dell’asse gonadico è presentata in Figura 1.

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Figura 1 – Rappresentazione schematica dell’asse ipotalamo ipofisi testicolo

Ormone rilasciante le gonadotropine (GnRH)


Il GnRH è un decapeptide secreto nel sistema portale ipofisario dall’ipotalamo ed è il fattore di
rilascio essenziale per l’attività delle cellule gonadotrope dell’adenoipofisi. In condizioni fisiologiche
(con l’eccezione del picco pre-ovulatorio nelle donne in età fertile) la sua secrezione è pulsatile
(Casteel et al., 2021; Ramaswamy et al., 2015). L’ampiezza e la frequenza di queste pulsazioni è
modulata dal feedback degli steroidi sessuali e varia in funzione dell’età del soggetto. Inoltre, queste
pulsazioni permettono il rilascio pulsatile di gonadotropine (LH ed FSH) dalle cellule dell’adenoipofisi
in coltura, ma questa pulsatilità è meno evidente “in vivo” mediante prelievo di sangue periferico a
causa della emivita relativamente lunga della follitropina e dalla sua secrezione basale. Tuttavia,
studi fisiologici ormai un po’ datati, mediante cateterizzazione dei vasi venosi ipofisari permisero di
dimostrare in vari modelli animali una chiara associazione temporale tra la secrezione pulsatile di
GnRH e dell’FSH chiarendo la correlazione fisiologica di questi due ormoni. L’attività del GnRH viene
svolta a seguito del legame con il proprio recettore, una proteina composta da sette domini
transmembrana facente parte della famiglia dei recettori accoppiati alla proteina G (guanine
nucleotide-binding protein). Il legame GnRH-recettore permette l’attivazione della fosfolipasi C che
idrolizza fosfoinositidi in diacilglicerolo ed inositolo-3-fosfato, a sua volta responsabile della

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regolazione dell’ingresso di ioni Ca2+ sia dai depositi intracellulari che dallo spazio extracellulare. Il
diacilglicerolo, invece, insieme al Ca2+ attiva la protein chinasi C (PKC), inducendo la cascata di
fosforilazioni di proteine. Come risultato di questa cascata di segnali, la cellula gonadotropa viene
“attivata” e inizia l’espressione genica oltre che la secrezione di LH/FSH.

Ormone follicolo-stimolante (FSH) o follitropina


L’FSH è una glicoproteina eterodimerica, cioè composta da una subunità α unita mediante un
legame non covalente ad una subunità β specifica (FSHB) e secreta dalle cellule gonadotrope
basofile della adenoipofisi (Padmanabhan et al., 2020, Casarini and Simoni, 2021). La subunità
α è comune ad altri ormoni glicoproteici (LH, TSH e hCG), mentre la subunità β è specifica di ciascun
ormone ed è responsabile del legame al suo recettore e degli effetti biologici specifici. La subunità
alfa è comune ad altri ormoni glicoproteici ipofisari (LH e TSH) e all’hCG, mentre la subunità beta
(FSHB) è una catena polipeptidica di 118 aminoacidi responsabile della specificità di azione
dell’ormone mediante il legame con il recettore (FSHR). Separatamente, le due catene non sono in
grado di legarsi e di attivare il proprio recettore e, pertanto, per espletare la propria attività biologica
la glicoproteina richiede la formazione di questa struttura dimerica. Un altro aspetto importante
della sua struttura è l’aggiunta di strutture oligosaccaridiche su ciascuna subunità per formare il
peptide glicosilato che verrà rilasciato nella circolazione (cfr. Casarini and Simoni, 2021). Esiste
ampia variabilità nella struttura oligosaccaridica e questo comporta la presenza ed il rilascio in
circolo di un “mix” di diverse isoforme ormonali. Ogni catena glucidica può terminare o meno con
un residuo sialico caricato negativamente e modificando il punto isoelettrico dell'isoforma stessa.
Le molecole di FSH con un maggior numero di residui di acido sialico hanno una ridotta clearance
rispetto alle isoforme meno acidiche, con un conseguente aumento dell’emivita plasmatica (Ulloa-
Aguirre and Timossi 2000; Casarini and Simoni, 2021). Le isoforme con meno residui sialici, pur
avendo una emivita più corta, dimostrano una maggiore affinità di legame con l’FSHR e, pertanto,
sono in grado di stimolare maggiormente la proliferazione delle cellule della granulosa, la crescita
del follicolo preantrale e la sintesi e secrezione di estrogeni (Barrios-De-Tomasi et al. 2002). Invece
le forme più ricche di acido sialico sembrano indurre una maggiore sintesi ovarica di inibina A (Ulloa-
Aguirre, et al. 2003). Va comunque sottolineato che, sebbene tutte queste isoforme differiscano per
emivita, potenza di azione ed effetti, in ultima analisi i differenti fattori che controllano questi
processi permettono una fine modulazione del sistema riproduttivo. Nell’organismo femminile l’FSH
ha un ruolo cruciale nella selezione dei follicoli ovarici, nella proliferazione della granulosa e nel
sostenere la produzione di estradiolo (Hunzicker-Dunn and Maizels, 2006). Sono altresì note
alterazione genetiche sia a carico del FSHB che del FSHR associate ad alterazione della fertilità
femminile, a sottolineare il ruolo cruciale di questo ormone (Huhtaniemi and Themmen 2005). Per
quanto riguarda la fertilità maschile ha un ruolo di supporto delle cellule del Sertoli e della
spermatogenesi e tali aspetti verranno discussi nei prossimi paragrafi.

Ormone luteinizzante (LH)


L’ormone luteinizzante (LH o luteotropina) è anche esso prodotto dalle cellule gonadotrope
adenoipofisarie a seguito della stimolazione del GnRH. Mentre nelle donne ha un ruolo primario
nell’ovulazione, a seguito del suo picco a metà ciclo (“LH surge”), e nello sviluppo del corpo luteo,
nell’uomo ha assieme all’FSH un ruolo primario nella regolazione della spermatogenesi. In
particolare, esso va a stimolare le cellule del Leydig nella produzione di testosterone. Come la
follitropina, è un eterodimero glicoproteico composto da una subunità alfa comune ed una catena
beta specifica. Per l’LH la subunità beta (LHB) è composta da 120 aminoacidi che conferiscono

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specificità biologica verso il recettore dell’LH (LHR). Inoltre, questa subunità specifica ha omologie
strutturali con la subunità beta della hCG, permettendo ad entrambi gli ormoni di innescare una
risposta biologica attivando lo stesso recettore. Le gonadotropine FSH e LH esplicano la loro
funzione nella stessa maniera della GnRH, attraverso il legame a recettore accoppiato a proteina G,
innescando la cascata di segnale che utilizza l’adenosina monofosfato ciclico (cAMP) come secondo
messaggero e mediante l’attivazione di varie chinasi (protein chinasi A, protein chinasi C) e
l’apertura dei canali Ca2+ (Althumairy et al., 2020). Va infine sottolineato che la concentrazione di
entrambe le gonadotropine è età dipendente. In età infantile i due ormoni si presentano in
bassissime concentrazioni o sono indosabili, aumentando di concentrazione soltanto durante la
pubertà.

Testosterone
Il testosterone è un ormone steroideo nonché il principale androgeno circolante nel maschio. Esso
viene prodotto principalmente dalle cellule di Leydig nell’interstizio del parenchima testicolare e, in
minima parte, dalla corteccia surrenalica. La sua produzione è influenzata principalmente
dall'ormone luteinizzante. Nell’uomo, insieme al testosterone, si possono dosare anche ulteriori
androgeni come prodotti di derivazione enzimatica, quali il 5-alfa-diidrotestosterone (DHT),
l’androsterone, l’androstenedione. L’assenza di un sistema di deposito porta ad una continua sintesi
di testosterone da parte delle cellule di Leydig, fino a 6-7 mg al giorno. La via principale di sintesi si
verifica a partire dal colesterolo, che le cellule di Leydig sono in grado di incorporare grazie ad un
sistema di endocitosi. La trasformazione del colesterolo a testosterone prevede diversi passaggi
enzimatici, partendo dall’accorciamento della catena laterale del colesterolo catalizzata dall’enzima
P450scc (side chain cleavage) riducendo il numero di atomi di carbonio da 27 a 19 e formazione del
pregnenolone. La successiva reazione di isomerizzazione catalizzerà la trasposizione del doppio
legame dall’anello B all’anello A dello steroide e l’enzima 3β-idrossisteroido-deidrogenasi
permetterà l’ossidazione del gruppo idrossilico in posizione 3β dell’anello A per formare il
progesterone. I successivi processi enzimatici (distacco della catena in posizione 17 e idrossilazione
in posizione 17α) porteranno alla sintesi degli androgeni deboli e del testosterone. Infine, il
testosterone potrà essere metabolizzato a DHT dall’enzima 5alfa-reduttasi e ad estradiolo
dall’enzima aromatasi (Martin and Touaibia, 2020).

3. La funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo: dalla vita fetale alla


pubertà
A livello ipotalamico l’asse gonadico è innescato dalla secrezione di GnRH (Gonadotropin Releasing
Hormone) che stimola il rilascio delle gonadotropine a livello ipofisario. I due ormoni possono essere
misurabili già attorno alla decima settimana di gestazione e sono riscontrabili nel sangue periferico
a partire dalla dodicesima settimana. Durante la vita fetale, i livelli di FSH sono più alti di quelli di LH
e il rapporto FSH/LH risulta maggiore nelle femmine rispetto ai maschi. Dalla decima settimana di
gestazione si verifica anche la produzione di testosterone sotto l’influenza dell’LH e della
gonadotropina corionica (hCG) materna. I livelli di gonadotropine sono massimi durante la vita
fetale (a partire dalla 17°-18° settimana di vita fetale), ma declinano verso la fine della gravidanza in
risposta al feedback negativo degli estrogeni placentari. Parallelamente agli alti livelli di LH, il
testosterone fetale si assesta a concentrazioni paragonabili ai livelli adulti tra la decima e la
ventesima settimana, per poi ridursi anche esso (Sinisi et al., 2003; Val and Swain, 2005; Aatsha et
al., 2020). Nel primo trimestre di gravidanza, invece, è la gonadotropina corionica (hCG) il principale

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regolatore della funzione steroidogenetica delle cellule del Leydig e, solo successivamente tale
attività è svolta dall’LH ipofisario. L’hCG materna risulta cruciale per lo sviluppo delle gonadi del
feto: in soggetti in cui è presente una mutazione della catena beta dell’LH, è possibile una normale
differenziazione sessuale sostenuta dalla normale attività dell’hCG materna. Analogamente,
l’attività delle cellule del Sertoli e la produzione basale di AMH (responsabile della regressione delle
strutture di derivazione Mulleriana) nella prima parte della gravidanza non è sotto il controllo
dell’FSH. Tuttavia, a partire dalla seconda metà della gravidanza, la produzione di AMH diventa FSH-
dipendente attraverso il controllo della proliferazione delle cellule del Sertoli. La riattivazione
puberale della pulsatilità del GnRH ipotalamico e delle gonadotropine (LH ed FSH) ipofisarie con la
loro azione sui compartimenti cellulari testicolari (cellule del Leydig e del Sertoli, rispettivamente) è
essenziale per il corretto sviluppo testicolare e per la steroidogenesi. Come è noto, il testosterone
circolante esercita un meccanismo di feedback negativo sulla secrezione di LH. Sulla secrezione
ipofisaria di FSH, invece, il feedback negativo viene esercitato da un altro ormone, l’inibina B, anche
essa prodotta dalle cellule del Sertoli dietro lo stimolo dell’FSH (Petrozzi et al., 2019). Negli ultimi
anni, è stata inoltre caratterizzata una breve fase di attivazione post-natale, corrispondente ai primi
mesi di vita e definita “mini-pubertà”, ma la sua funzione fisiologica deve essere ancora ben
caratterizzata (Rey, 2014; Pitteolud et al, 2014). Dopo la nascita, attorno alla prima settimana, è
stato osservato un aumento dei livelli delle gonadotropine, dell’AMH e del testosterone con un picco
tra il secondo ed il terzo mese. Da quel momento, i livelli di FSH ed LH diminuiscono fino a scendere
al di sotto della rilevabilità al sesto mese di vita. La quiescenza dell’asse gonadico proseguirà, quindi,
fino alla pubertà. È stato ipotizzato che questa fase di rapida e transitoria attivazione post-natale
dell’asse sembra avere effetti funzionali rilevanti sulla funzionalità riproduttiva post-puberale. A
livello istologico, l’attività gonadotropinica in questa fase della vita esercita effetti limitati sui
cordoni sessuali: sono evidenziabili oscillazioni dei livelli di androgeni circolanti e della proliferazione
delle cellule del Leydig; le cellule del Sertoli e le cellule germinali (gli spermatogoni) proliferano ma
questi gruppi cellulari non completano il loro sviluppo rimanendo ad uno stadio ancora immaturo
della loro differenziazione (Pitteolud et al, 2014). Ciononostante, da un punto di vista funzionale,
questi processi potrebbero risultare critici sulla spermatogenesi dopo la pubertà.

Lo spegnimento dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo dopo la mini-pubertà comporta la riduzione dei


livelli di testosterone parimenti alla ridotta attività delle Leydig, ma le cellule del Sertoli mantengono
un grado di attività continuando a secernere AMH che, nella pratica clinica, può essere utilizzato
come principale marcatore funzionale del testicolo immaturo prepuberale (Condorelli et al., 2018).
Rimane, inoltre, la produzione di inibina B da parte del testicolo prepuberale, ma non sembra
esercitare un ruolo primario nella soppressione della produzione di FSH (la soppressione
prepuberale dell’asse è presente anche nei soggetti anorchidi).

Al momento della pubertà si assiste ad una riattivazione dell’asse ormonale riproduttivo. Da un


punto di vista neuro-ormonale questa fase è innescata da una riattivazione dell’asse ipotalamo-
ipofisi-testicolo con una ripresa della secrezione pulsatile di GnRH (sia in termini di frequenza che di
ampiezza delle pulsazioni) che, a sua volta, attiverà le cellule gonadotrope ipotalamiche alla
produzione ed alla secrezione di FSH ed LH. Questo momento critico dello sviluppo fisico e sessuale
dell’individuo corrisponde con le tipiche modificazioni corporee (raggiungimento target staturale,
riduzione del tono della voce, sviluppo dei genitali esterni e comparsa delle caratteristiche sessuali
secondarie) e con la ripresa della spermatogenesi e l’acquisizione della capacità riproduttiva (Rey et
al., 2021). L’FSH riattiva la proliferazione delle cellule del Sertoli immature causando un visibile
aumento del volume testicolare (da < 2 ml a > 4 ml) che rappresenta il primo segno dell’attivazione

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puberale nel maschio (Marshall and Tanner, 1970; Cargnelutti et al., 2020). Al contempo, l’LH induce
la differenziazione delle cellule del Leydig e stimola la steroidogenesi con un aumento dei livelli di
testosterone circolanti. La stimolazione dell’LH produce effetti indiretti anche sulle cellule del Sertoli
che, sotto lo stimolo degli androgeni intratesticolari, completano il processo di maturazione e
perdono la capacità proliferativa. In particolare, le Sertoli completeranno lo sviluppo della barriera
emato-testicolare e ridurranno la produzione di AMH. L’altro compartimento cellulare che si
“risveglia” è quello delle cellule germinali che rientrano nella meiosi e procedono lungo le tappe
della spermatogenesi per la produzione di spermatozoi differenziati. Questa espansione della
componente germinale è la vera responsabile dell’aumento di dimensione testicolare fino ad un
range di volume tipico dell’adulto (circa 25 ml). In questa fase, la produzione di Inibina B assume il
ruolo di maggior regolatore del feedback negativo ipofisario sui livelli di FSH. Questi processi si
sviluppano nel corso di diversi anni: se lo sviluppo testicolare al di sopra dei 4 ml rappresenta l’inizio
della pubertà nel maschio, ma lo spermarca di norma avviene circa 2 anni dopo questa prima
manifestazione (Klein et al, 2017; Koskenniemi et al., 2017).

4. Le gonadotropine e la riproduzione: un sistema complesso


Il segnale ormonale delle gonadotropine ipofisarie è fondamentale per avviare e supportare la
spermatogenesi, a sua volta dipendente dal segnale del GnRH (gonadotropin-releasing hormone)
ipotalamico. È noto da studi di fisiologia come il GnRH sia secreto in maniera pulsatile dall’ipotalamo
nel torrente circolatorio e modulato in risposta a molteplici fattori neuro ormonali (Kisspeptine,
leptina, ecc.). Le cellule gonadotrope esprimono il recettore per il GnRH e, in risposta al legame e
all’attivazione del recettore stesso, secernono FSH ed LH. Come già accennato, le gonadotropine
sono ormoni di tipo glicoproteico, regolanti sviluppo, maturazione nonché funzione delle gonadi. Il
dimero polipeptidico è composto dalle subunità alfa e beta e, di queste, la catena alfa contiene la
porzione glicosilata che risulta essenziale per la loro secrezione e bioattività (Santi et al., 2020).
Infatti, ricordiamo che la glicosilazione della struttura proteica incide sulla emivita dei due ormoni,
che risulta di circa 20 minuti per l’LH e oltre 2 ore per l’FSH. Fisiologicamente, la secrezione delle
gonadotropine è caratterizzata dalla pulsatilità, che è anche maggiore per l’LH rispetto alla
follitropina. Da un punto di vista funzionale, entrambe le gonadotropine sono contenute in granuli
di secrezione delle cellule gonadotrope e verranno rilasciate a seguito della cascata di segnali
attivata dal legame tra GnRH ed il suo recettore, ma è stato dimostrato che l’FSH può essere anche
immediatamente secreto dalla cellula gonodotropa dopo la sua sintesi. Lo stimolo a questo tipo di
secrezione diretta sembra essere legato alla frequenza della pulsazione del GnRH, specificamente a
seguito di una bassa frequenza di pulsazione. I recettori dell’FSH e dell’LH (FSHR e LHR) sono
proteine espresse sulla membrana plasmatica (delle cellule del Sertoli e del Leydig, rispettivamente)
e associate a proteine G (Althumairy et al., 2020). In particolare, la cascata di segnale associata al
legame LH-LHR stimola la produzione di testosterone che è un prerequisito per la funzione
testicolare, mediando già nella vita fetale la differenziazione degli organi genitali (discesa
testicolare, sviluppo genitali esterni) e lo sviluppo e mantenimento delle caratteristiche sessuali
secondarie a partire dalla pubertà. Inoltre, il testosterone mediante il suo recettore (recettore
androgenico, AR), permette alcune risposte funzionali necessarie al progredire della
spermatogenesi (Wang et al., 2009; Cooke and Walker, 2021). D’altro canto, l’FSH è in grado di agire
indipendentemente e di concerto con il testosterone intratesticolare per stimolare la proliferazione
delle cellule del Sertoli e per il supporto della maturazione degli spermatidi. Altri attori importanti
nella spermatogenesi sono il fattore di crescita inibina B e la proteina legante gli androgeni (ABP),

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prodotti anch’essi dalle cellule del Sertoli. In particolare, l’inibina B è strettamente correlata all’FSH
ed è considerata un indicatore endocrino dei difetti della spermatogenesi, poiché riflette l’integrità
dell’epitelio germinale e delle cellule del Sertoli (Petrozzi et al., 2019). La ABP viene rilasciata dalle
cellule del Sertoli e può essere considerato un marker di funzionalità delle cellule del Sertoli (Wong
et al., 2021). Per ottenere una spermatogenesi normale, sia a livello quantitativo che qualitativo, è
necessario che intervengano tutti gli ormoni protagonisti: FSH, LH e testosterone. Riassumendo,
l’ipotalamo, sotto impulsi nervosi e ormonali, produce GnRH, che va ad interagire con l’adenoipofisi
per indurre la produzione di FSH e LH. L’FSH induce la maturazione delle cellule del Sertoli. LH
promuove la differenziazione delle cellule di Leydig, stimolando in tal modo la sintesi di
testosterone. Quest’ultimo viene rilasciato nel circolo ematico e nei tubuli seminiferi dove raggiunge
un’elevata concentrazione grazie alla ABP. Si dà quindi il via alla spermatogenesi. In contemporanea
le cellule del Sertoli convertono il testosterone in estradiolo, che regola le funzioni delle cellule del
Sertoli localmente (Ramaswami et al., 2014).

5. La spermatogenesi
La spermatogenesi è un complesso ed ordinato susseguirsi di eventi cellulari e molecolari che
porterà alla produzione di spermatozoi aploidi a partire da popolazioni cellulari proliferanti diploidi
(spermatogoni). Il processo spermatogenetico avviene per fasi regolate da un fine controllo
autocrino, paracrino ed endocrino. Una cascata di segnali intra ed extra cellulari controlla molteplici
meccanismi, tra cui l’espansione mitotica, la meiosi con la ricombinazione del patrimonio genetico
e la differenziazione e maturazione morfologica degli spermatozoi. Pertanto, la spermatogenesi può
essere suddivisa in tre fasi principali (Gandini et al., 2005):

1. Fase mitotica: gli spermatogoni presenti a livello della membrana basale (tipo A dark, tipo A
pale) proliferano ripristinando continuamente il pool di spermatogoni, una quota si
differenzia in spermatogoni tipo B che continuerà il processo differenziativo diventando
spermatociti di primo ordine (diploidi).
2. Fase meiotica: gli spermatociti di primo ordine vanno incontro al processo di meiosi
duplicando il loro materiale genetico e divenendo di fatto tetraploidi. La loro divisione porta
alla produzione di spermatociti secondari (diploidi). Una seconda divisione meiotica porta
alla formazione di cellule germinali dal corredo genetico aploide, gli spermatidi rotondi.
3. Spermiogenesi: a fronte dell’arresto delle divisioni cellulari, la differenziazione cellulare
prosegue con modificazioni strutturali rilevanti necessarie per la produzione dello
spermatozoo (condensazione nucleare, sviluppo del flagello, formazione dell'acrosoma e
perdita di citoplasma) e, infine, con il rilascio della cellula riproduttiva all’interno del lume
tubulare (spermiazione).
L’intero processo avviene all’interno del tubulo seminifero, una struttura separata dal restante
parenchima testicolare da una membrana basale su cui poggiano, e dalla quale si estendono fino al
lume tubulare, le cellule del Sertoli. Queste cellule costituiscono l’impalcatura necessaria agli
spermatogoni per proliferare e differenziarsi e, attraverso la presenza di giunzioni strette, isolano il
compartimento tubulare dal resto dell’organismo andando a costituire un’area funzionalmente
protetta, anche dal sistema immunitario (barriera emato-testicolare). Le cellule del Sertoli
rappresentano circa il 35-40% del volume dell’epitelio germinale con un numero che si aggira
intorno a 800-1200 x 106 in testicoli sani. Il citoplasma delle Sertoli contiene un reticolo
endoplasmatico sia liscio che rugoso, in grado di supportare l’attività di sintesi ed

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immagazzinamento proteico e di molecole necessarie alla loro funzione. La maturazione e
differenziazione di questo tipo cellulare è strettamente controllata dall’attività delle gonadotropine.
Da un punto di vista funzionale, le cellule del Sertoli sono in grado di produrre segnali cellulari, fattori
paracrini e nutrienti per le cellule germinali. Nell’uomo, la spermatogenesi si avvia alla pubertà,
parallelamente all’inizio della stimolazione endocrina delle gonadotropine e, può proseguire per
tutto l’arco della vita pur con modificazioni qualitative e quantitative (Paoli et al. 2018).

Struttura e fisiologia dello spermatozoo


Nella riproduzione umana, lo spermatozoo è il gamete maschile funzionale, derivante dalla
proliferazione e differenziazione delle cellule germinali (spermatogoni) contenuti nel versante
basale del tubulo seminifero. Da un punto di vista funzionale, lo spermatozoo deve acquisire un
elevato livello di specializzazione che permetterà a questa cellula di muoversi per poter espletare le
sue funzioni all’esterno dell’organismo maschile. Questo livello di specializzazione delle strutture
cellulari dello spermatozoo è fondamentale, al punto da risultare una caratteristica evolutiva
estremamente conservata nel corso dell’evoluzione ai fini della fecondazione. Dall’unione con
l’ovocita all’interno delle vie genitali femminili (specificamente nel terzo distale della tuba) nascerà
lo zigote, cioè la cellula diploide che a fronte di numerose divisioni mitotiche darà vita all’embrione.
La struttura dello spermatozoo può essere divisa in tre parti:

• la testa dello spermatozoo - ha una struttura affusolata contenente un nucleo molto compatto
contenente un corredo aploide del DNA paterno. Per circa i due terzi, il nucleo è avvolto da una
struttura derivata da una evoluzione dell’apparato del Golgi dello spermatide, l’acrosoma, di cui
è possibile riconoscere una membrana interna a contatto con la membrana del nucleo ed una
membrana esterna al di sotto della membrana plasmatica. Quest’ultima è rivestita da complessi
glicoproteici nella sua superficie esterna. Il compito dell’acrosoma sarà quello di rilasciare enzimi
litici in esso contenuti (tra cui ialuronidasi e acrosina) che causeranno la digestione della
membrana extracellulare dell'oocita (“zona pellucida”, facilitando così l'accesso dello
spermatozoo e del corredo genetico paterno all’interno della membrana plasmatica dell'ovocita
(“reazione acrosomiale”).
• il collo dello spermatozoo – è una struttura relativamente corta che si estende posteriormente
alla membrana nucleare fino al segmento intermedio. Il collo contiene al suo interno i residui
citoplasmatici dello spermatide. Inoltre, tra gli elementi importanti contenuti nel collo va
ricordata la presenza di un centriolo in posizione trasversale rispetto all'asse di simmetria dello
spermatozoo (“centriolo distale”) e di una placca basale di materiale denso dove si ancorano 9
colonne segmentate fibrose a costituzione proteica che si continuano per tutta la coda.
• la coda dello spermatozoo – è la parte terminale dello spermatozoo, costituita da un flagello
(complesso filamentoso assiale o assonema) circondato dalla membrana cellulare. La struttura
base del flagello è costituita da una coppia di microtubuli centrale, circondata esternamente da
altre nove coppie di microtubuli (9+2). Questo elemento strutturale attraversa la coda in tutta
la sua lunghezza, ma attorno ad esso sono organizzate strutture distinte che permettono di
riconoscere tre regioni morfologicamente distinte della coda. Più prossimalmente rispetto al
nucleo troviamo la parte intermedia (“midpiece”) di circa 5-6 µm di lunghezza dove è localizzata
la “guaina mitocondriale”. Questa area è identificabile come un manicotto di mitocondri che
circonda la struttura microtubulare (9+2) principale che, come intuibile, rappresenta la fonte
principale di ATP dello spermatozoo mediante la respirazione cellulare. Spostandoci più

11
distalmente troviamo il segmento principale della coda. Questo costituisce la maggior parte della
lunghezza della coda (circa 45 µm) ed è strutturalmente separato dalla parte intermedia
mediante un annulus di materiale denso che aderisce alla membrana del flagello. Lungo tutto il
segmento principale, la guaina mitocondriale è assente e la coda progressivamente si riduce di
diametro. Inoltre, le colonne microtubulari esterne sono avvolte da una guaina fibrosa con
regolari interruzioni lungo il decorso dell’assonema. Il tratto terminale della coda, il segmento
finale, è riconoscibile dalla definitiva interruzione di questa guaina fibrosa, risultando costituito
esclusivamente dall’assonema avvolto dalla membrana cellulare ed ha una lunghezza
complessiva di circa 5 µm.
La struttura finale dello spermatozoo maturo sottende al fatto che, durante il processo di
spermatogenesi, ha subito notevoli rimaneggiamenti strutturali che hanno portato all’eliminazione
di citoplasma e di quegli organelli cellulari (reticolo endoplasmatico, lisosomi, ecc.) che, da un punto
di vista funzionale, non sono necessari all’assolvimento della funzione biologica di questa cellula.
Inoltre, tale riduzione di organelli e volumetrica e il silenziamento della replicazione del DNA e della
sintesi proteica permette l’ottimizzazione dei consumi energetici cellulari che saranno finalizzati
all’acquisizione della motilità ed alla fecondazione. La perdita del citoplasma è un fenomeno
coordinato con il rilascio degli spermatozoi nel lume seminifero. Fisiologicamente, dopo la
spermiazione, gli spermatozoi viaggiano attraverso la rete testis ed i canali efferenti fino
all’epididimo, dove subiranno un ulteriore processo di maturazione che porterà alla modificazione
del loro metabolismo ed alla acquisizione di una motilità progressiva lineare. Dati in vitro
suggeriscono che l’acquisizione della motilità progressiva durante la maturazione epididimaria sia
strettamente collegata alle modificazioni delle concentrazioni ioniche, soprattutto ioni calcio e
bicarbonato, nel lume epididimario (Dacheux et al., 2014). In vivo, la capacità di movimento
dell’apparato flagellare dello spermatozoo viene acquisita durante il transito epididimario con
l’instaurarsi di interazioni tra le molecole di dineina e tubulina, anche se il rapporto tra
concentrazioni ioniche luminali ed intracellulari e le modificazioni strutturali cellulari sono ancora
oggetto di studio (Dacheux et al., 2014). Il flagello a livello della testa dell’epididimo comincia ad
ampliare il raggio del suo movimento e lo spermatozoo comincerà a mostrare la capacità propulsiva,
dapprima attraverso movimenti circolari o irregolari. Progredendo attraverso la lunghezza
dell’epididimo, le modificazioni del microambiente luminale ed intracellulare (osmolarità, pH,
concentrazioni ioniche soprattutto Ca2+) e delle strutture cellulari porteranno ad una maggiore
ampiezza e frequenza dei movimenti flagellari e all’acquisizione di una motilità progressiva lineare
tipica dello spermatozoo maturo (Dacheux et al., 2003; Dacheux et al., 2016). Da un punto di vista
metabolico, lo spermatozoo acquisisce la capacità di utilizzare come fonte di energia primaria uno
zucchero pentoso, il fruttosio. Questa maturazione è completa al momento dello stazionamento
nella coda dell’epididimo. Da qui, gli spermatozoi al momento dell’eiaculazione proseguiranno lungo
i dotti deferenti e si uniranno ai secreti delle ghiandole accessorie genitali maschili (vescichette
seminali, prostata e ghiandole bulbo uretrali) a formare il liquido seminale. Il ruolo di queste
ghiandole accessorie è fondamentale dal momento che producono substrati energetici necessari al
metabolismo ed alla motilità dei nemaspermi, oltre che secrezioni con il ruolo di tamponi volti a
contrastare l’acidità delle vie genitali femminili. Va sottolineato che il liquido seminale propriamente
detto è costituito dalla unione di tutte queste frazioni che, al momento della eiaculazione, vengono
emesse in successione partendo dal secreto prostatico, seguito dal fluido epididimario (contenente
la frazione ricca di spermatozoi) e dal secreto delle vescichette seminali (ricco di fruttosio ed altre
sostanze nutrienti).

12
L’FSH in condizioni patologiche: l’ipogonadismo ipogonadotropo
L'ipogonadismo viene definito come un deficit della funzione testicolare, intesa come ridotta
produzione di testosterone o di spermatozoi o entrambi, insieme agli eventuali sintomi e segni
associati (Salonia et al., 2019; Millar et al., 2021). Dal punto di vista patologico, tale condizione può
derivare da patologie congenite o acquisite a carico dei testicoli (ipogonadismo primario) o
dell'ipofisi (ipogonadismo centrale o secondario). Nel primo caso, i testicoli sono incapaci di
rispondere all'azione dell’FSH e dell’LH generalmente a causa di un danno parenchimale testicolare.
L’insufficiente produzione di testosterone (e di inibina B) comporterà un insufficiente feedback
negativo a carico dell’ipofisi, con conseguente elevazione dei livelli sierici di gonadotropine
(ipogonadismo ipergonadotropo). Da un punto di vista eziologico le cause possono essere varie, sia
acquisite (traumi testicolari, orchiti, tumore testicolare, criptorchidismo, ecc.) che congenite
(disgenesia gonadica o altre sindromi genetiche, come ad es. la Sindrome di Klinefelter). Il
trattamento specifico dipende dalla condizione di base, tuttavia la prognosi sulla fertilità del
soggetto tende ad essere insoddisfacente nella maggior parte dei casi. Diversa è la situazione degli
ipogonadismi secondari. In queste situazioni si ha l’incapacità dell’ipotalamo di produrre GnRH o
dell’ipofisi a produrre e rilasciare le gonadotropine. Come conseguenza, queste forme di
ipogonadismo sono caratterizzate dal punto di vista biochimico da bassi livelli di testosterone con
gonadotropine (FSH ed LH) basse o “inappropriatamente normali” (ipogonadismo ipogonadotropo).
Dal punto di vista eziologico vengono riconosciute cause acquisite (traumi e neoplasie ipotalamo-
ipofisarie, danno ipofisario iatrogeno da radioterapie e/o chirurgia, cause autoimmuni, ecc.) e cause
congenite (ipogonadismo ipogonadotropo congenito con o senza anosmia o S. di Kallmann). Inoltre,
qualsiasi patologia sistemica acuta può causare un ipogonadismo secondario temporaneo. È da
sottolineare che alcune forme di ipogonadismo riconoscono sia cause primarie che secondarie
(ipogonadismo misto). Dal punto di vista riproduttivo, le forme di ipogonadismo ipogonadotropo,
pur essendo rare (costituiscono meno delll’1% dei casi in centri di medicina della riproduzione),
meritano particolare attenzione perché rappresentano una forma di infertilità trattabile mediante
terapia con gonadotropine (Millar et al., 2021). L’ipogonadismo ipogonadotropo congenito, in
particolare, è un gruppo estremamente eterogeneo di difetti genetici accomunati dalla comune
manifestazione dell’ipogonadismo secondario. La patologia più nota all’interno di questo gruppo è
la sindrome di Kallmann, che si manifesta con ipogonadismo ipogonadotropo associato, nella sua
forma classica, a scarso o assente senso dell’olfatto (iposmia o anosmia, rispettivamente). La sua
prevalenza è molto bassa (1/8.000 maschi e 1/40.000 femmine) e la causa è stata identificata in un
difetto di sviluppo e della migrazione embrionale dei neuroni che sintetizzano GnRH a livello
dell'epitelio olfattivo e ipotalamo. Molti casi sono sporadici (anche se sono state descritte forme
familiari) legati a mutazione del gene KAL1 (Xp22.32) per la forma legata all'X. Altri geni (FGFR1,
FGF8, CHD7, SOX10, PROKR2 e PROK2) sono stati identificati in forme con ereditarietà autosomico
dominanti o recessive (Louden et al., 2021). La diagnosi spesso viene posta in età adolescenziale, a
seguito degli accertamenti per un assente/scarso sviluppo puberale e assenza delle caratteristiche
sessuali secondarie. Possono coesistere micropene, criptorchidismo o altre anomalie genitali a
causa dell’ipogonadismo congenito. Tuttavia, spesso la causa genetica di ipogonadismo
ipogonadotropo congenito non può essere identificata (anche fino al 50% dei casi) e diventa
necessaria la diagnosi differenziale con altre condizioni di ipogonadismo secondario (tumori
ipofisari, craniofaringiomi, emocromatosi, ecc.). Gli individui affetti, inoltre, presenteranno
problematiche di tipo sessuologico (scarsa libido e disfunzione erettile) e riproduttivo. Forme
acquisite di ipogonadismo ipogonadotropo sono in realtà più frequenti, ma entrambe condividono
lo schema generale del trattamento. Esso consiste nella somministrazione sottocutanea di FSH

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(generalmente 75-150 UI a giorni alterni) insieme a hCG (1000-1500) (Boehm et al., 2015; Prior et
al., 2015), eventualmente preceduta da 4-8 settimane di monosomministrazione di hCG per
normalizzare i livelli di testosterone. L’obiettivo della terapia nella forma congenita è la stimolazione
della crescita volumetrica del testicolo e della sua maturazione, normalizzando i livelli di
testosterone circolante e permettendo la progressione puberale e lo sviluppo delle caratteristiche
sessuali secondarie. Contemporaneamente, l’aumento dei livelli di testosterone intratesticolari e
l’azione dell’FSH innescheranno la proliferazione delle cellule germinali e la progressione della
spermatogenesi nell’arco di 6-24 mesi nella maggior parte dei pazienti. Va comunque considerato
che nella maggioranza dei casi, sono pochi i soggetti che otterranno delle caratteristiche seminali
nei limiti della norma (WHO 2010), ma questo non preclude la fertilità naturale in questi pazienti.
La gestione di questi pazienti, al fine di ottimizzare la prognosi riproduttiva, andrebbe gestita in un
contesto multidisciplinare (andrologo, seminologo, ginecologo, embriologo) al fine di valutare
anche la funzione riproduttiva della partner ed eventuali strategie parallele (crioconservazione del
seme, fecondazione assistita) per ottimizzare le chances riproduttive della coppia.

L’FSH nella infertilità maschile idiopatica


La infertilità maschile idiopatica è definita come l’incapacità di concepire un figlio, dopo almeno 12
mesi, in assenza di una eziologia nota. È opinione comune che esistono numerosi fattori ancora
sconosciuti che sottendono a questa condizione. Spesso, basandosi sulla osservazione di una
coesistente alterazione della spermatogenesi e su livelli non elevati (“inappropriatamente normali”)
di FSH, è stato ipotizzato un ruolo della terapia con gonadotropine in questi soggetti per superare
questo difetto funzionale. Esistono numerosi preparati a base di FSH (sia estratti e purificati da urine
post-menopausali che ricombinanti) che, in base alla normativa vigente in Italia (nota AIFA 74),
possono essere somministrati, previa attenta valutazione andrologica e in presenza di valori
endogeni di FSH < 8.0 mUI/ml. Sebbene il trattamento di soggetti con ipogonadismo
ipogonadotropo sia molto efficace, in questi soggetti i risultati della terapia a base di FSH sono molto
controversi. Molti studi hanno mostrato un aumento delle caratteristiche seminali in pazienti
oligozoospermici a seguito della terapia con FSH. Una metanalisi di Santi et al. (2015), condotta su
11 studi clinici controllati, ha mostrato che la terapia con follitropina è associata ad aumento della
concentrazione nemaspermica. Sull’altro piatto della bilancia, esistono numerosi autori che non
hanno evidenziato miglioramenti significativi di motilità e concentrazione nemaspermica dopo
somministrazione di FSH, rendendo dubbio il dato sull’efficacia della terapia. Tuttavia, alcuni di
questi studi hanno riscontrato miglioramenti del liquido seminale in alcuni sottogruppi di pazienti,
permettendo di ipotizzare che esiste una categoria di pazienti che può beneficiare della terapia con
gonadotropina. In particolare, Glander and Kratzsch (1997) hanno valutato gli effetti della
somministrazione di FSH purificato (150 UI s.c. tre volte a settimana, per dieci settimane)
evidenziando effetti positivi sul liquido seminale soltanto nel sottogruppo che aveva una risposta
più scarsa allo stimolo al GnRH. Foresta et al. (1998; 2005) hanno invece mostrato che la
somministrazione di FSH ricombinante portava benefici sulle caratteristiche seminali nel 30-50% di
soggetti con oligozoospermia idiopatica (definiti “responders”) e questi, sul piano clinico,
corrispondevano ad un aumento della percentuale di gravidanze spontanee solo nel gruppo dei
responders. Nella già citata metanalisi di Santi et al., sulla base dei dati disponibili, riportava che il
trattamento con FSH può essere associato ad un aumento della probabilità di gravidanza per via
naturale o artificiale di circa 4 volte, indipendentemente dalla formulazione di FSH utilizzata. In
diversi studi, questo aumento di probabilità sembra essere indipendente da un effetto misurabile
sulle caratteristiche seminali dei pazienti. Sebbene nel complesso i dati siano promettenti circa il
ruolo dell’FSH nel trattamento dell’infertilità idiopatica, non sono ancora noti fattori predittivi del

14
successo della terapia. Per quanto riguarda la fecondazione assistita, è stato valutato in diversi lavori
la possibilità di pretrattare il partner maschile con FSH nel tentativo di migliorare gli outcome della
fecondazione. In uno studio non recentissimo in cui sono stati inclusi solo cicli di fecondazione con
inseminazione intrauterina (IUI), gli autori avevano riportato un aumento della percentuale di
fecondazione (circa 33%) nel gruppo con il partner maschile trattato con FSH (150 UI tre volte a
settimana, per 3 mesi) rispetto al gruppo non trattato, ma tale risultato non raggiungeva la
significatività statistica (Matorras et al., 1997). Più recentemente, Farrag et al. (2015) hanno
evidenziato come il trattamento con FSH ricombinante (150 UI tre volte a settimana, per 3 mesi) del
partner maschile di coppie che accedevano alla ICSI per fattore maschile, pur non ottenendo un
aumento significativo della percentuale di fecondazione, si osservava un aumento degli impianti,
delle gravidanze a termine ed una riduzione della frequenza degli aborti. Analogamente, Ding et al.
(2017) hanno indagato gli effetti dell’FSH su 356 pazienti con oligozoospermia idiopatica in uno
studio multicentrico. Indipendentemente dalla tecnica di fecondazione utilizzata, gli autori hanno
dimostrato che l’efficacia della terapia, misurata come un aumento della percentuale di gravidanze,
era associata a dosaggi più alti di quelli comunemente utilizzati (200-300 UI a giorni alterni per
almeno 3 mesi). Questo studio permetterebbe di ipotizzare che la modulazione del dosaggio
dell’FSH (>150 UI) e della durata del trattamento (>3 mesi) potrebbero rivelarsi fattori chiave nel
miglioramento qualitativo della spermatogenesi, ma allo stato attuale i pochi dati disponibili, uniti
alla carenza di studi prospettici mirati a valutare questi aspetti, non permettono di approfondire
questo aspetto. Nello studio di Foresta et al. (2005) precedentemente citato, considerando anche il
contributo delle coppie sottoposte a cicli di fecondazione assistita, il tasso di gravidanza nel gruppo
dei responders saliva dal 16,7% (gravidanza spontanea) al 26,7% (gravidanza spontanea + IUI) ed al
36,7% (gravidanza spontanea + IUI + FIVET). Questo dato evidenzia una tendenza interessante, pur
non essendo statisticamente significativo se comparato alle percentuali di gravidanza nei gruppi non
responders e di controllo (36,7% vs. 21,9% vs. 24%, rispettivamente). Va sottolineato che un altro
aspetto portato alla luce da questo studio è che, il miglioramento delle caratteristiche seminali
ottenuto nei responders, ha permesso a questi pazienti di sottoporsi più frequentemente a tecniche
di fecondazione di I livello rispetto alla FIVET/ICSI. Le tecniche di II livello, infatti, potrebbero essere
riservate ai casi di fattore maschile che non rispondono al trattamento con FSH. Esistono studi non
randomizzati in cui dopo cicli di FIVET ed ICSI si sono osservati aumenti delle percentuali di
gravidanza anche in assenza di effetti positivi sulle caratteristiche seminali di uomini trattati con FSH
(Acosta et al. 1992; Caroppo et al., 2003), ma l’evidenza generale in tal senso è ancora insufficiente
per fornire una raccomandazione in tal senso.

FSH e integrità cromatinica nemaspermica


Un ultimo aspetto della terapia con FSH che negli ultimi anni è stato oggetto di studio è quello
relativo all’integrità cromatinica nemaspermica. Il DNA nemaspermico ha una conformazione
peculiare rispetto alle cellule somatiche, essendo costretto dalle ridotte dimensioni dello
spermatozoo ad un grado di impacchettamento e condensazione molto stretto (cfr. Ward and
Coffet, 1991 e Ward, 2018). Il danno al DNA nemaspermico può riconoscere eziologie diverse
(Muratori et al., 2006; Tamburrino et al., 2012, Muratori et al., 2019) ma è stato associato ad alterata
spermatogenesi ed infertilità (Giwercman et al., 2010; Zini, 2011), ridotta percentuale di gravidanze
a termine dopo fecondazione assistita (Osman et al., 2015) e poliabortività (Carlini et al., 2016). Le
“rotture” del DNA dello spermatozoo possono interessare un singolo filamento di DNA (spesso
generate da specie reattive dell’ossigeno), o interessare il doppio filamento di DNA. Rotture del DNA
a doppio filamento “reversibili” possono avvenire fisiologicamente durante la spermiogenesi per
agevolare la riorganizzazione della cromatina paterna per azione dell’enzima Topoisomerasi II (Paoli

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et al., 2018). Danni a doppio filamento più gravi e non reversibili possono essere causati dall’azione
delle nucleasi. Al termine della riorganizzazione cromatinica, durante la maturazione epididimaria
l’integrità del DNA dovrebbe essere ristabilita. Quando ciò non avviene, potenziali rotture del DNA
possono essere trasmesse all’ovocita, poiché gli spermatozoi con DNA frammentato possono
comunque fecondare (Tamburrino et al., 2012) e se la frammentazione residua supera la capacità
di riparazione del danno dell’ovocita, potrebbero verificarsi mutazioni, instabilità genomica e morte
cellulare e, quindi, eventi avversi, tra cui aborto del concepimento. Tuttavia, l’eterogeneità delle
metodiche di valutazione dell’integrità cromatinica nemaspermica limita l’introduzione di questa
valutazione nella routine clinica del maschio infertile. Recentemente, è stato proposto un ruolo nello
studio dell’integrità cromatinica nemaspermica da parte dell’ASRM (Practice Committee ASRM,
2015): non è possibile raccomandare di inserire l’indagine all’interno della routine, ma la sua
valutazione alla luce dell’outcome della fecondazione potrebbe risultare utile in condizioni
selezionate (soprattutto nella poliabortività). Dati gli effetti fisiologici sulla spermatogenesi, e sulla
base delle evidenze disponibili sul miglioramento delle percentuali di gravidanze post trattamento
(confronta il paragrafo precedente), è stato ipotizzato che tale miglioramento dopo terapia con FSH
possa essere spiegato con un miglioramento dell’integrità cromatinica nemaspermica. Non sono
molti gli studi che hanno indagato questo aspetto. In uomini con oligoastenoteratozoospermia
idiopatico o ipogonadismo ipogonadotropo funzionale trattati con FSH ricombinante (150 UI a giorni
alterni per tre mesi), pur non osservando miglioramenti significativi delle caratteristiche seminali, è
stata registrata una diminuzione della percentuale di spermatozoi con DNA frammentato,
soprattutto in pazienti con un livello pre-terapia maggiore (DFI > 15%) (Colacurci et al., 2012; Ruvolo
et al., 2013). Analogamente, Garolla et al. (2017) hanno dimostrato lo stesso effetto sulla integrità
cromatinica somministrando FSH purificato, associando a tale miglioramento una maggiore
percentuale di gravidanza dopo fecondazione assistita. Questo effetto potrebbe essere modulato
anche da altri fattori. Simoni et al. (2016) hanno mostrato un significativo aumento della
percentuale di spermatozoi con DNA frammentato solo in pazienti con il polimorfismo della catena
beta del recettore dell’FSH p.N680S, indipendentemente dalla concentrazione nemaspermica,
senza tuttavia riscontrare differenza tra le percentuali di gravidanza (spontanee e dopo
fecondazione assistita) tra i diversi genotipi indagati. Colacurci et al. (2018), più recentemente
hanno confermato gli effetti positivi del trattamento con FSH (150 UI a giorni alterni per tre mesi)
sull’integrità cromatinica, maggiormente evidente nei pazienti con livelli di frammentazione del DNA
nemaspermico basale più alto (DFI > 17%). Tuttavia, gli autori hanno osservato che pazienti non
fumatori, pur avendo una DFI% comparabile ai fumatori, erano maggiormente responsivi alla
terapia, suggerendo un ruolo predittivo di fattori voluttuari e/o ambientali sulla risposta al
trattamento con FSH.

16
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20
QUESTIONARIO ECM

1. La funzione riproduttiva nel soggetto maschile dipende:


a. dal corretto funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonade
b. dal corretto sviluppo e maturazione della gonade fin dalla vita fetale
c. dal funzionamento dei meccanismi di feedback negativi ormonali
d. tutte le precedenti

2. Quale dei seguenti ormoni dell’asse ipotalamo ipofisi gonade è secreto dall’ipotalamo:
a. FSH
b. LH
c. GnRH
d. inibina B

3. Quale delle seguenti affermazioni riguardanti il testicolo è falsa:


a. il testicolo produce la maggiore quota del testosterone endogeno
b. le cellule del Sertoli e del Leydig sono diffuse a livello interstiziale nel parenchima
testicolare
c. le pareti dei tubuli seminiferi sono composte da cellule del Sertoli e cellule germinali
d. a livello interstiziale si trovano le cellule del Leydig

4. La follitropina o FSH è un ormone dalla struttura:


a. polipeptidica
b. glicopeptidica
c. steroidea
d. catecolaminica

5. La subunità alfa dell’FSH:


a. è comune ad altri ormoni come l’LH, il TSH e la hCG
b. è responsabile del legame al recettore dell’FSH e della sua azione biologica
c. la sua glicosilazione non incide sulla emivita dell’ormone
d. tutte le affermazioni sono vere

6. La regressione ed il mancato sviluppo delle strutture derivanti dai dotti mulleriani:


a. è dipendente dall’azione della hCG placentare
b. è dipendente dall’azione combinata dell’LH e del testosterone fetale
c. è dipendente dall’azione dell’AMH
d. è dipendente dall’azione dell’FSH
e.

21
7. La steroidogenesi e la secrezione di testosterone da parte delle cellule del Leydig è
dipendente da:
a. esclusivamente dall’azione della hCG sul recettore dell’LH
b. dal legame dell’LH e della hCG sul recettore dell’LH
c. indirettamente dal legame dell’FSH sul suo recettore sulle cellule del Sertoli
d. tutte le affermazioni sono false

8. Tutte le seguenti affermazioni sulla secrezione di FSH sono corrette tranne una. Evidenziare
la frase ERRATA.
a. la secrezione di FSH è pulsatile in risposta all’attività pulsatile del GnRH
b. la secrezione di FSH nel feto aumenta durante la gravidanza e declinano rapidamente
verso la fine della gravidanza
c. l’attività e la secrezione dell’FSH continua in maniera pulsatile durante la vita
prepubere
d. l’attività e la secrezione dell’FSH si riattiva al momento della pubertà

9. La spermatogenesi:
a. avviene nel tubulo seminifero e nelle vescichette seminali sotto stretto controllo
ormonale autocrino, endocrino e paracrino.
b. è caratterizzata dal susseguirsi di una fase di mitosi ed una fase di meiosi per produrre
cellule riproduttive dall’assetto aploide seguite dalla spermiogenesi completando la
differenziazione di tali cellule in spermatozoi
c. è caratterizzata dall’alternarsi di varie fasi di meiosi e mitosi per produrre un numero
sufficiente di spermatozoi da rilasciare nel lume del tubulo seminifero
d. avviene nel tubulo seminifero in maniera indipendente dall’azione dell’FSH e del
testosterone intratesticolare

10. Lo spermatozoo:
a. è una cellula altamente differenziata e specializzata
b. si differenzia all’interno del tubulo seminifero e completa la maturazione all’interno
dell’epididimo
c. è composto da una testa, un collo ed una coda flagellare che gli conferisce la motilità
d. tutte le affermazioni sono vere

11. Nell’ipogonadismo ipogonadotropo congenito:


a. l’azione dell’FSH è impossibile per la presenza di un danno testicolare e la mancanza di
feedback negativo causa un aumento del suo livello ematico
b. i livelli di FSH ed LH sono generalmente ridotti o assenti e il testosterone circolante è
insufficiente per la virilizzazione ed il mantenimento delle caratteristiche sessuali
secondarie

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c. i livelli di FSH ed LH sono generalmente aumentati e il testosterone circolante è
insufficiente per la virilizzazione ed il mantenimento delle caratteristiche sessuali
secondarie
d. i livelli di FSH ed LH sono generalmente ridotti o assenti ma il testosterone circolante è
sempre sufficiente per lo sviluppo puberale

12. Il trattamento con FSH dell’ipogonadismo ipogonadotropo congenito:


a. ha come obiettivo l’induzione della spermatogenesi
b. generalmente è combinato con hCG per permettere la normalizzazione dei livelli di
testosterone
c. generalmente permette una buona prognosi riproduttiva con la comparsa di
spermatozoi dopo 6-24 mesi di trattamento
d. tutte le affermazioni sono vere

13. L’infertilità maschile idiopatica:


a. è caratterizzata dall’incapacità di concepire, dopo almeno 12 mesi di rapporti, in
assenza di una causa eziologica nota.
b. è caratterizzata dalla incapacità di concepire, dopo almeno 12 mesi di rapporti, a causa
di una ritardata diagnosi di patologia testicolare.
c. può essere trattata con FSH in base alla nota AIFA 74, solo se i livelli di FSH endogeni
sono > 8 mUI/ml
d. solitamente è causata dalla presenza di un varicocele

14. Il trattamento con FSH del maschio infertile, in base ai dati delle metanalisi presenti in
letteratura, è stato associato a:
a. miglioramento delle caratteristiche seminali (in particolare concentrazione), della
percentuale di gravidanza naturale e dopo fecondazione assistita
b. peggioramento delle caratteristiche seminali (in particolare concentrazione) e della
percentuale di gravidanza naturale, ma non dopo fecondazione assistita
c. riduzione delle caratteristiche seminali e dell’integrità cromatinica nemaspermica
d. riduzione degli aborti e aumento delle gravidanze a seguito dell’aumento dell’integrità
cromatinica nemaspermica

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