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psicologiche-della.html
Le radici psicologiche della
disuguaglianza” di Chiara Volpato e la
necessità di una cultura politica
dell’uguaglianza..
di Gerardo Lisco (sito)
giovedì 6 agosto 2020

Il tema della disuguaglianza sociale da qualche anno interessa di nuovo il dibattito


culturale. Di recente il tema è stato affrontato dal punto di vista psicologico da Chiara
Volpato docente di psicologia sociale presso l’Università di Milano – Bicocca.
L’approccio al tema apre scenari inediti offrendo nuovi spunti di riflessione. 

L’analisi della Volpato prende spunto dalle ricerche archeologiche e storiche sulla genesi della
disuguaglianza dalle quali si evince che "E’ il surplus di risorse che innesca la disparità. Le
disuguaglianze non nascono dalla scarsità, ma dall’abbondanza, di cui approfittano individui
molto operosi, ambiziosi o semplicemente furbi (…) interessati all’accumulazione delle risorse
insieme al prestigio e al potere che ne derivano".La questione della disuguaglianza è ritornata
ad animare il dibattito culturale e politico da quando, a partire dagli anni 80 e 90 del secolo
scorso, la crisi del Welfare State, delle politiche Socialdemocratiche e il trionfo del pensiero
unico neoliberale ha fatto si che "L’ampiezza delle diseguaglianze socio – economiche sta
oggi crescendo in tutti i paesi, portando con sé problemi, tensioni, conflitti e una profonda
infelicità sociale: (…) La ricchezza posseduta dall’1% della popolazione mondiale ha superato
dal 2015 quella del restante 99%" Il saggio della Volpato ponendosi temporalmente tra “Il
Capitale del XXI secolo” e “ Capitale e ideologia” di Piketty arricchisce il dibattito fornendo una
prospettiva inedita ed originale. Scrive la Volpato "Le credenze legittimanti giustificano la
disuguaglianza spiegando il diverso successo dei gruppi sociali in termini di capacità
intellettuali, forza di volontà, impegno nel lavoro, elementi che rafforzano il pregiudizio verso i
gruppi di basso status e la stessa interiorizzazione del pregiudizio da parte dei membri di tali
gruppi. (…) più i membri dei gruppi svantaggiati aderiscono alle credenze legittimanti, meno
pensano di subire discriminazioni e più accettano lo status quo (…). L’ideologia porta le
persone a visioni del mondo contrapposte e spesso inconciliabili". Scrive Piketty in “Capitale e
Ideologia” "Un’ideologia è un tentativo più o meno coerente di dare risposte a un insieme di
problemi, quanto mai ampi, relativi all’organizzazione desiderabile o ideale della società. (…)
Ogni società, ogni regime basato sulla disuguaglianza, si caratterizza per un insieme di
risposte, più o meno coerenti e stabili, al problema del regime politico e al problema del regime
della proprietà". Entrambi gli autori si soffermano a riflettere sul concetto di Ideologia e per
entrambi il sistema ideologico che giustifica la disuguaglianza rendendola accettabile, in nome
della libertà individuale, anche a coloro che ne subiscono in modo brutale gli effetti è il
neoliberismo. A fondamento dell’Ideologia neoliberista vi sono tre idee guida: il mercato, la
meritocrazia e l’individualismo. Per cui ciascun individuo riceve esattamente ciò che per merito
il mercato gli attribuisce. Il disciplinamento degli individui all’ideologia neoliberale, come si
evince dagli studi di psicologia sociale, fa si che essi accettino la disuguaglianza
legittimandola. Le elitès dominanti pur esaltando mercato, merito e individualismo per
difendere i propri privilegi hanno fatto propria l’idea di solidarietà di classe in chiara
contrapposizione ai principi guida che dichiarano di voler perseguire. << La vita dei privilegiati
si svolge in un universo caratterizzato da coabitazione e segregazione, si nutre di una socialità
intensa ed esclusiva e genera una forma particolare di capitale sociale. (…) I privilegiati sono
bravissimi a imporre il loro dominio attraverso l’esibizione del capitale simbolico che provoca ,
in chi è escluso dall’élite,una sorta di timidezza sociale, una delle armi più sicure su cui le
classi elevate contano per mantenere la dominazione e riprodurre la gerarchia>>. Significativa
è in merito la dichiarazione di questi giorni di Galli della Loggia quando parla di turbe di giovani
che dalle periferie si riversano nei quartieri bene per infettare la gente per bene che vi abita.
Una tale dichiarazione da la rappresentazione materiale del mondo che le elites hanno
costruito tenendolo ben separato dal resto della società. I processi comunicativi e culturali che
giustificano la diseguaglianza finisco con lo stigmatizzare il povero e lo sfruttato spingendolo
ad accettare la disuguaglianza come dato naturale. Su tale accettazione sono state avanzate
diverse teorie interpretative dalle quali si evince che gli individui, sia donne che uomini, dal
punto di vista del funzionamento della psiche sono dei conservatori per cui tendono a
mantenere ciò che hanno e quindi a preservare anche lo status quo difendendo i privilegi di chi
li sfrutta. "I motivi di giustificazione dello status quo portano a difendere autorità, istituzioni,
gerarchie, a non aderire a movimenti di protesta, a legittimare il sistema economico". La
Volpato non si limita alla sola analisi avanza anche delle proposte per uscire da un sistema
ingiusto. Nel capitolo conclusivo, dal significativo titolo “ Tempi duri”, la Volpato sostiene che
l’aumento delle diseguaglianze è il risultato del crollo delle ideologie degli ultimi secoli che
hanno lasciato un vuoto che è stato riempito dal pensiero unico neoliberale. Le soluzioni che
avanza l’Autrice rinviano alla definizione di una cultura politica alternativa a quella egemone.
Se dal punto di vista culturale è necessario elaborare una Ideologia dell’uguaglianza per
tradurla in fatti e atti concreti serve la Politica. Citando Piketty "La Storia della distribuzione
delle ricchezze è sempre una storia profondamente politica" ed è per questa ragione scrive la
Volpato "Parafrasando la conclusione di un celebre film degli anni Cinquanta, L’ultima
minaccia, possiamo dire che è nella politica il nucleo della disuguaglianza , ma anche la
possibilità di un suo cambiamento; sta in essa infatti sia la possibilità di reiterazione di
atteggiamenti e comportamenti che incrementano le disparità, sia la possibilità di una loro
riduzione". 

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