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Racine

Bajazet
PERSONAGGI

BAJAZET, fratello del Sultano Amurat


ROSSANA, Sultana, favorita del Sultano Amurat
ATALIDE, giovane donna di sangue ottomano
ACOMAT, Gran Visir
OSMINO, confidente del Gran Visir
ZAIRA, schiava di Atalide
ZATIMA, schiava della Sultana

La scena si svolge a Costantinopoli, altrimenti detta Bisanzio,


nel serraglio del Gran Signore.

ATTO I

Scena I

Acomat, Osmino.

ACOMAT
Vieni. Con la Sultana qui mi devo incontrare.
Ti potrò, nel frattempo, parlare ed ascoltare.

OSMINO
E da quando, Signore, vige un sì nuovo uso?
Ai nostri stessi occhi l'accesso era precluso.
La vita avrebbe perso chi tanto avesse osato.

ACOMAT
Quando di ciò che avviene ti avrò meglio informato,
di questa mia licenza non sarai più stupito.
Ma lasciamo le chiacchiere: e benvenuto, amico.
Ero così impaziente di vederti tornare!
Con che gioia a Bisanzio ti posso salutare!
Raccontami i segreti che puoi avere appreso
in questo lungo viaggio per me solo intrapreso.
Ciò che hai visto mi devi con lealtà narrare:
pensa che dal racconto che tu mi stai per fare,
dipendono le sorti dell'impero ottomano.
Che cosa avviene al campo? Che cosa fa il Sultano?

OSMINO
Babilonia al suo principe sempre ligia, Signore,
guardava al nostro assedio con non turbato cuore.
Il nerbo dei Persiani in suo aiuto correva
e al campo d'Amurat più accosto si faceva.
Lui stesso, affaticato dal lungo assedio vano,
da Babilonia parve ritrarre la sua mano;
tanti impotenti assalti non volle rinnovare
e attendeva i Persiani, risoluto a lottare.
Ma benché come il fulmine, sapete, io abbia corso,
Bisanzio e il campo distano un immenso percorso;
ho incontrato per strada infiniti accidenti
e ignoro quali siano laggiù gli avvenimenti.

ACOMAT
E che fa dei Giannizzeri la valorosa schiera?
Dimostrano al Sultano devozione sincera?
Leggere dentro i cuori, Osmino, avrai potuto.
Amurat gode ancora d'un potere assoluto?

OSMINO
Amurat è contento, o tale vuol mostrarsi,
e a splendida vittoria pareva prepararsi.
Di darci fumo agli occhi con la sua calma spera?
Questa sua gran fiducia, lungi dall'esser vera,
lo spinge a soffocare la solita prudenza
mostrandosi ai Giannizzeri in tutta confidenza.
Dimenticare certo non può che la sua furia
tentò di massacrare metà della centuria
quando il nuovo suo impero volendo rinsaldare
volle disfarsi, disse, del peso tutelare.
Io stesso li ho sentiti discutere sovente;
lo temono i Giannizzeri, lui li teme ugualmente.
Non sono state un valido compenso le carezze.
La vostra assenza al campo fomenta le amarezze.
Rimpiangono quel tempo - al loro cuore è grato -
in cui certi di vincere vi avevano per capo.

ACOMAT

Come! Credi, mio caro, che la mia gloria andata


nutra il loro valore, non sia dimenticata?
Credi che mi potrebbero con gioia ancor seguir,
che riconoscerebbero la voce del Visir?

OSMINO
Dalle sorti dell'armi dipende il loro cuore:
vedremo se il Sultano è vinto o vincitore.
Benché scontenti, marciano all'ombra del suo imperio,
né le imprese compiute trarranno a vituperio;
sosterranno la gloria già negli anni acquisita
e dovrà il risultato decider la partita.
Se Amurat secondando il loro grande cuore
intorno a Babilonia si afferma vincitore,
quando ritorneranno Bisanzio li vedrà
come esempio di cieca obbedienza e viltà.
Ma se nella battaglia un fato più potente
recasse qualche affronto al suo astro nascente,
se fugge, siate certo: contro di lui feroci
trarranno da quell'odio le più avventate voci,
così che quella guerra perduta sembrerà
un decreto del cielo che biasima Amurat.
Se un certo mormorio però ci dice il vero,
tre mesi fa ha spedito uno schiavo messaggero
cui segreta missione dal campo era affidata.
Per Bajazet tremava tutta quanta l'armata,
temendo che Amurat, con disegno efferato,
per aver la sua testa qui l'avesse mandato.

ACOMAT
Questo era il suo intento, e lo schiavo è venuto.
Ha mostrato quell'ordine, però nulla ha ottenuto.

OSMINO
Come, Signore! In viso lo rivedrà il Sultano,
e il pegno di obbedienza dovrà chiedergli invano?

ACOMAT
Non vive più, lo schiavo. Un cenno, caro Osmino,
l'ha fatto scomparire nel fondo dell'Eusino.

OSMINO
Non sfuggirà al Sultano quest'assenza sospetta?
Ne cercherà la causa, ne vorrà la vendetta.
Che gli risponderete?

ACOMAT
Prima di questi eventi
saprò occuparlo io con cure assai più urgenti.
So bene che Amurat vuole la mia rovina,
so bene, al suo ritorno, che sorte mi destina.
Per strapparmi dal cuore del mio esercito amato,
vuole da assedi e lotte ch'io venga allontanato.
Lui comanda l'armata; e quanto a me, in città,
mi lascia esercitare una vana autorità.
Per un Visir, Osmino, che sede, che procura!
Però ho fatto fruttare una tale sinecura:
ho saputo apprestargli notti insonni e timore,
e presto alle sue orecchie ne giungerà il rumore.

OSMINO
Che dunque avete fatto?

ACOMAT
Spero, entro poche ore,
che Bajazet e Rossana si dichiarino amore.

OSMINO
Come! quella Rossana che Amurat ardentemente
scelse fra le bellezze che Oriente e Occidente
offrono alla sua corte spopolando ogni Stato?
Si dice che lei sola abbia davvero amato.
Ha perfino voluto che, felice, Rossana
prima di avere un figlio diventasse Sultana.

ACOMAT
Molto di più le ha dato, Osmino: egli ha voluto
che in sua assenza avesse un potere assoluto.
Tu conosci le asprezze solite dei sultani:
raramente un fratello perdona ai suoi germani
l'ambiguo onore d'essere da un sangue generati
che ai gradini del trono li ha troppo avvicinati.
L'imbecille Ibrahim (che importa da chi è nato?)
in un'eterna infanzia vegeta riparato.
Non è degno di vivere, nemmeno di morire.
Lo si lascia alla mano che lo voglia nutrire.
L'altro è troppo temibile, eccita troppa invidia,
e Amurat la sua vita continuamente insidia
perché sempre con sdegno Bajazet ha rifiutato
i molli privilegi del suo regale stato.
Ha scelto la milizia fin dall'adolescenza,
ne ha fatto al mio comando la nobile esperienza.
Nel pieno della lotta l'avrai visto tu stesso,
il cuore dei soldati trascinandosi appresso,
gustare, sanguinante, il piacere e la gloria
offerti a un cuore giovane dalla prima vittoria.
Ma il crudele Amurat, benché molto allarmato,
prima che un figlio possa rafforzare il suo Stato,
sul fratello esitava a levare la mano
e a spegnere nel fiore il bel sangue ottomano.
Fu così che Amurat lo volle, disarmato,
tenere nel serraglio per mesi imprigionato.
Partì e ordinò che lei, servendo il suo rovello,
tenendo stretta in pugno la vita del fratello,
lo facesse, Rossana, non dando altra ragione,
al minimo sospetto uccidere in prigione.
Quanto a me, solo ormai, un'ira ben legittima
mi spinse a dichiararmi a favore della vittima.
Parlai alla Sultana: tenendo in ombra il piano,
misi in luce l'incerto ritorno del Sultano,
le mutevoli sorti, lo scontento che avanza,
compiansi Bajazet; ne vantai la prestanza
che da un geloso piano in disparte tenuta,
quasi sotto i suoi occhi le era sconosciuta.
Che dirti mai? Da allora a Rossana invaghita
parve da quell'incontro dipendere la vita.

OSMINO
Potevano sfuggire a occhiate di sospetto
che barriere invincibili fra loro avranno eretto?

ACOMAT
Forse tu ti ricordi di quel rumore sorto
tempo fa, stranamente, che Amurat fosse morto.
La Sultana, fingendo, molto si disperava
e con grida strazianti la voce confermava.
Tremarono gli schiavi vedendo quel dolore,
di Bajazet i custodi cedettero al timore.
Ebbero molti doni; la fede ecco incrinarsi,
ecco i due prigionieri che osano incontrarsi.
Rossana vide il principe; non gli poté tacere
quell'ordine che stava soltanto in suo potere.
Bajazet è attraente; e uno scampo intuito
nel riuscire a piacerle, subito c'è riuscito.
Tutto gli era d'aiuto. La sua grazia, i riguardi,
il segreto svelato e quei complici sguardi,
i sospiri più dolci perché dissimulati,
la snervante tensione, il non essersi parlati,
la stessa audacia, il rischio, i comuni timori
legarono per sempre e le fortune e i cuori.
Chi li avrebbe dovuti intanto illuminare,
uscito ormai dal lecito, non osò rientrare.

OSMINO
Ma come? Ai loro occhi lei non si nascondeva?
Lasciò subito intendere di quale fuoco ardeva?

ACOMAT
No, l'ignorano ancora. Fino a questo momento
a quest'amore Atalide fece da paravento.
Coi figli del defunto Sultano fu allevata,
in uguale misura da lui è stata amata.
Cugina di Amurat, si presta, in apparenza,
a accogliere del principe la tenera eloquenza,
ma la riceve solo per renderla a Rossana,
con il suo nome copre l'amor della Sultana.
E intanto, caro Osmino, a me aiuto e testimonio,
hanno promesso Atalide entrambi in matrimonio.

OSMINO
Ma come? Voi l'amate?

ACOMAT
Vuoi che il mio vecchio cuore
non sia che ai primi passi, incerti, dell'amore?
Che da tante fatiche e dagli anni indurito,
d'un piacere illusorio accettasse l'invito?
Altro motivo è quello che cara me la rende:
io amo, Osmino, il sangue da cui ella discende.
Grazie a lei Bajazet, che a sé deve accostarmi,
suo malgrado in futuro dovrà ben aiutarmi.
Sempre un po' d'ombra fanno i Visir ai Sultani;
sono scelti, temuti e tenuti lontani.
Guatano i Sultani la loro eredità
ed un Visir è raro che giunga a tarda età.
Bajazet mi rispetta, mena di me gran vanto,
nei diuturni pericoli scopre di amarmi tanto.
Forse sarà lo stesso che sul trono salito
rifiuterà di credere che io sia esistito.
Quanto a me, se né il merito né fedeltà l'arresta,
se un giorno o l'altro osasse chiedere la mia testa...
Molto di più non posso confidare al tuo orecchio,
ma sappi: per averla dovrà aspettar parecchio.
So essere fedele, prezioso ai miei sultani,
ma è il volgo che ai capricci può battere le mani.
Mi sembra assai ridicolo lo scrupolo insensato
di accettare il trapasso se da loro ordinato.
Ecco di questi luoghi come ebbi l'entrata,
ecco perché ai miei occhi Rossana s'è mostrata.
Sentiva la mia voce e, dapprima invisibile,
temeva del Serraglio la regola inflessibile.
Ma più tardi, bandito quel timore noioso
che ogni nostro colloquio rendeva artificioso,
quest'angolo appartato volle che preparassero
perché a viso scoperto i pensieri parlassero.
Nell'andito una schiava la lampada mi tiene
e... Sento gente: Atalide qui l'accompagna, viene.
Resta: e se è necessario sii pronto a confermarle
il racconto importante che ora sto per farle.

Scena II

Rossana, Atalide, Zatima, Zaira, Acomat, Osmino.

ACOMAT
La verità e le voci si accordano, Signora.
Sultano e armata ha visto Osmino giunto ora.
L'orgoglioso Amurat costantemente è inquieto,
non c'è chi Bajazet non scelga a cuore lieto:
è il comune consenso che sul trono lo chiama.
Ma a Babilonia andava l'armata persiana,
e ben presto i due campi, ai piedi delle mura,
delle armi dovevano decider la ventura.
Le nostre sorti, dicono, laggiù sono giocate.
Se conto, anzi, le tappe che Osmino ha superate,
il cielo ha ormai deciso le fasi del cimento
e a quest'ora il Sultano o fugge o sta vincendo.
Usciamo dal riserbo, Signora, decidiamo:
le porte di Bisanzio subito gli sbarriamo;
senza saper se ha sorte o nefasta o propizia
sarà bene, credetemi, prevenir la notizia.
Che temete, se fugge? Se deve trionfare,
decidere al più presto è invece salutare.
Un popolo ch'è pronto a accogliere il Sultano
non potrete, tardando, sottrarglielo di mano.
Quanto a me son riuscito, con intrighi segreti,
a acquistar della legge i venerati esegeti.
So bene quanto il popolo, cieco di devozione,
si sottoponga al freno della sua religione.
Fate che Bajazet la luce alfine abbia,
dei muri del palazzo apritegli la gabbia.
Spiegate nel suo nome lo stendardo fatale
che di estremo pericolo è l'usato segnale.
La gente, prevenuta dal suo nome gradevole,
sa che di virtù sola può essere colpevole.
Del resto un mormorio, da me alimentato,
fa facilmente credere al popolo allarmato
che Amurat lo disprezza e trasferire intende
lontano da Bisanzio il trono e la sua gente.
Mostriamo Bajazet bersaglio alle sue ire:
si sappia il crudo ordine che a noi volle impartire,
e tanto più se al popolo Bajazet s'è mostrato
con quel suo capo degno d'essere incoronato.

ROSSANA
Basta. A ciò che ho promesso voglio tenere fede.
Acomat, riunite la gente che in voi crede.
Dei loro sentimenti venite a darmi conto
e vi risponderò io stessa in modo pronto.
Io vedrò Bajazet. Non posso dire niente:
ignoro se il suo cuore con il mio s'intende.
Andate e ritornate.

Scena III

Rossana, Atalide, Zatima, Zaira.

ROSSANA
Mia Atalide, s'impone
che alfine Bajazet prenda una decisione.
Per una volta ancora io vado a consultarlo
per sapere se m'ama.

ATALIDE
Potete dubitarlo,
Signora? A compimento la missione portate.
Udiste quali cose il Visir ha raccomandate.
Vi è caro Bajazet: sapete se domani
ne avrete vita e sorte ancora in vostre mani?
Forse in questo momento, furibondo, Amurat
si avvicina: la bella sua vita spegnerà.
E perché sul suo amore oggi quei dubbi avete?

ROSSANA
Voi che per lui parlate, voi me ne rispondete?

ATALIDE
Le cure ch'egli ha preso per piacervi, Signora,
e ciò che avete fatto, ciò che farete ancora,
i suoi guai, quegli omaggi, poi la vostra bellezza,
tutto ciò del suo cuore non vi dà sicurezza?
Quanto per lui faceste, certo non può scordarlo.

ROSSANA
Ahimè, perché non posso quietarmi nel pensarlo?
Per mia consolazione, perché almeno l'ingrato
non parla come voi dite che vi ha parlato?
Cento volte ho gioito sentendo quel tremore
che con tanta fiducia voi prestate al suo cuore.
Quando io stessa volli quel fuoco constatare,
in segreto lo feci davanti a me chiamare.
Forse mi fa difficile un eccesso d'amore,
ma, senza qui gravarvi d'inutili parole,
non trovai quell'ardore, né il turbamento stesso
che le vostre lusinghe mi avevano promesso.
Insomma, se gli devo vita e impero affidare,
questi timidi pegni non possono bastare.

ATALIDE
Che mai potrà portarvi, allora, a testimonio?

ROSSANA
Con me prima di sera si unisca in matrimonio.

ATALIDE
In matrimonio, o cielo! Che cosa avete in mente?

ROSSANA
L'usanza dei sultani so che non lo consente.
Di una legge iniqua essi possono giovarsi
perché amore non debba a nozze assoggettarsi.
Fra più d'una bellezza che aspira ad esser colta,
di scegliere un'amante si degnano talvolta:
nonostante il suo fascino, ella accoglie insicura
da schiava il suo padrone finché il capriccio dura.
Il giogo del costume sta sempre per schiacciarla
ma può un figlio, nascendo, Sultana proclamarla.
Amurat è stato il solo - per un più grande ardore -
a volere che il titolo venisse dal suo amore.
E col titolo volle ogni potere darmi,
dei giorni del fratello arbitra nominarmi.
Ma non si spinse mai, quello stesso Amurat,
a coronar con nozze le altre sue bontà.
E io che aspiravo a questa sola gloria,
degli altri suoi favori ho perduto memoria.
Ma perché mai mi voglio ora giustificare?
Mi ha fatto, Bajazet, tutto dimenticare.
Più lieto di Amurat nonostante i suoi guai,
mi è piaciuto, e forse non l'ha voluto mai.
Donne, Visir, guardiani, per lui tutti ho sedotto.
Insomma, voi vedete fin dove l'ho condotto.
Grazie a questo mio amore mi sono ben servita
del poter che Amurat m'offrì sulla sua vita.
Il trono dei sultani Bajazet quasi sfiora:
non manca più che un passo. E sarà la mia ora.
Benché tanto lo ami, se entro la giornata
con giusto matrimonio non mi avrà a sé legata,
se osa ricordarmi una legge tanto odiosa
mentre io faccio tutto per lui, se lui non osa,
in quello stesso istante, senza pensar se l'amo,
né domandarmi ancora se insieme sprofondiamo,
abbandono l'ingrato, lo lascio ritornare
nell'infelice stato da cui lo volli alzare.
Ecco l'alternativa che a Bajazet è posta:
la sua salvezza o perdita sta nella sua risposta.
Non vi faccio pressioni perché oggi vogliate
la vostra voce offrirmi e per me gli parliate:
voglio che la sua bocca, quel viso al mio cospetto
mi scoprano il suo cuore senz'ombra di sospetto;
ch'egli stesso, qui dentro in segreto portato,
si presenti ai miei occhi per nulla preparato.
Addio. Saprete tutto quando sarà venuto.

Scena IV

Atalide, Zaira.

ATALIDE
È la fine, Zaira. Atalide, hai perduto.

ZAIRA
Voi!

ATALIDE
E prevedo quanto qui si dovrà avverare.
L'unica mia speranza è nel mio disperare.

ZAIRA
Ma Signora, perché?

ATALIDE
Se tu avessi sentito
come Rossana ha scelto di prendere partito,
di quali condizioni intende farsi forte!
La sposi Bajazet, o venga messo a morte.
Che ne sarà di me, infelice, se si arrende?
E se rifiuta, quale destino ormai l'attende?

ZAIRA
Capisco tanto affanno. Ma a non voler mentire,
da tempo il vostro amore lo deve presentire.

ATALIDE
Ah! Zaira, l'amore ha tanta previdenza?
Tutto con noi sembrava avere intelligenza.
Ecco: a me sola crede, Rossana, in me confida,
solo a me per la scelta di Bajazet si affida.
La cura ella mi lascia di ciò che lo riguarda,
per bocca mia si esprime, coi miei occhi lo guarda;
e io credevo giunto quell'istante sognato:
potere per sua mano coronare il mio amato.
Contro le astuzie il cielo si vuole dichiarare.
Ma che cosa, Zaira, avrei dovuto fare?
Dirle tutto l'errore in cui si dibatteva,
perdere Bajazet per essere sincera?
Prima che nel suo cuore l'amore si formasse,
io amavo ed ero certa che anche lui mi amasse.
Fin dagli anni infantili (memoria ne hai ben viva)
l'amore strinse nodi che già il sangue sanciva.
So come insieme a lui sua madre mi nutrisse,
osservai, dal fratello, quanto lui differisse.
La madre stessa volle unirci nella sorte,
e benché separati ci abbia la sua morte,
serbammo il desiderio, lontani, di piacerci,
e ci amammo in silenzio, anche senza vederci.
In seguito Rossana, che senza diffidare
ai suoi celati piani m'ha voluta associare,
quel caro eroe non seppe vedere senza amarlo,
ed una mano amica offrì per aiutarlo.
Bajazet, assai sorpreso, le fu riconoscente,
le rese omaggio: c'era da far diversamente?
Ma poiché amore crede a ciò che lo consola,
assai contenta d'ogni sia pur vaga parola,
Rossana ci ha costretti, con la sua ingenuità,
a lasciarle godere la sua credulità.
Ma a te una debolezza io devo confessare:
uno scatto geloso non seppi dominare.
Rossana di favori Bajazet subissando,
opponeva un impero al mio fascino blando;
sempre attenta e presente alla sua memoria,
lo andava intrattenendo sull'imminente gloria.
Ed io non posso nulla. Per unica eloquenza
il mio cuore ha i sospiri, nessun'altra sapienza.
Solo il cielo conosce che lagrime ho versato.
Ma alfine i miei timori Bajazet ha cancellato.
Mi pentii di quei pianti. Gli ho prestato finora
le parole, insistendo perché fingesse ancora.
Ahimè! Tutto è finito. Rossana, rifiutata,
scoprirà troppo presto d'esser stata giocata.
Ignora, Bajazet, l'arte di camuffarsi;
la sua virtù, lo so, non vuole rassegnarsi.
Io devo ad ogni ora, tremante e soccorrevole,
dare a ogni suo discorso un senso favorevole.
Egli si perderà. Perché la mia rivale
oggi della mia voce ancora non si vale?
Se all'incontro potessi almeno prepararlo!
Ma, al passaggio, Zaira, perché non aspettarlo?
Con uno sguardo, o sillaba, saprò ben dargli aiuto.
La sposi, insomma: meglio che saperlo perduto.
Se Rossana lo vuole, la sua morte è già scritta.
Si perderà, ti dico. Atalide, sta' zitta.
Senza allarmarti lascia ch'egli da sé decida.
Pensi che per te valga sacrificar la vita?
Quand'anche Bajazet, oltre la tua speranza,
non stia dando ogni cura al tempo che gli avanza.

ZAIRA
Ah, Signora, in che angosce vi vedo sprofondare!
Sempre voi vi dovete anzitempo arrovellare.
Non potete aver dubbi: ché Bajazet vi adora.
Sospendete o celate l'ansia che vi divora.
Il vostro pianto, vero? l'amor non svelerà.
La mano che lo ha tratto, in salvo lo trarrà.
Purché sempre impigliata nel suo errore fatale,
fino alla fine ignori Rossana la rivale.
Venite in altre stanze a celare l'emozione.
Il convegno ci sveli la loro decisione.

ATALIDE
Bene, Zaira, andiamo. Tu, se la tua giustizia,
di due innamorati vuole punir l'astuzia,
cielo, se il nostro amore è da te maledetto,
io sono più colpevole; la tua folgore aspetto.

ATTO II

Scena I

Bajazet, Rossana.

ROSSANA
L'ora solenne, principe, finalmente è arrivata
che alla vostra libertà il cielo ha riservata.
Più nulla mi trattiene. Entro oggi mi è dato
di compiere il progetto che il mio amore ha ideato.
Non dirò che io affido alla vostra potestà
un impero, sicura che nulla si opporrà:
faccio almeno il possibile, secondo la promessa;
contro i nemici armo la vostra forza stessa,
evito ai vostri giorni un rischio manifesto
e sarà il vostro merito, Signore, a fare il resto.
Osmino è stato al campo: in gran parte è per voi.
E chi ha la legge in mano cospira anche con noi.
Il Visir Acomat di Bisanzio fa fede
e in mano mia io tengo, voi bene lo sapete,
quella folla che è fatta di capi, schiavi, muti,
fra i muri del palazzo da tempo detenuti,
la cui anima prona, da sempre a me asservita,
insieme al suo silenzio mi ha venduto la vita.
Incominciate subito: sta in voi assicurarvi
del destino glorioso che volli spalancarvi.
Non è ingiusta la strada che vi vedete aprire,
e una mano assassina non fate che punire.
Fra i sultani l'esempio fu sempre assai frequente,
la strada dell'impero cercò tale espediente.
Ma per un buon inizio noi dobbiamo affrettarci
il mio e il vostro bene subito a assicurarci.
Al vostro fato unendomi, al mondo proclamate
che solo da una sposa voi tanto accettavate;
e con felici nozze il nodo consacrato
giustifichi la fede che io vi ho votato.

BAJAZET
Ah, che mi proponete, Signora?

ROSSANA
Ahimè, Signore!
Che ostacolo segreto viene a turbarci il cuore?

BAJAZET
Signora, voi sapete... L'orgoglio dell'impero...
Vi prego, risparmiatemi di essere sincero.

ROSSANA
Lo so: da quando uno dei vostri imperatori,
Bajazet, che d'un barbaro sperimentò i furori,
vide per tutta l'Asia la sposa incatenata
al carro trionfale da schiava trascinata,
per l'onore ottomano la stirpe discendente
si unisce in matrimonio sempre più raramente.
Ma così dubbie leggi l'amore non osserva;
senza che d'altri esempi volgari io mi serva,
sapete che nessuno fra chi vi ha preceduto,
e di cui l'universo la potenza ha temuto,
alzò alto nel cielo il valore ottomano
quanto al suo tempo seppe ben fare il Solimano.
Adocchiò Rossellana: fiero come fu detto,
non esitò a associarla al suo trono e al suo letto.
Il trono dell'impero la vide tra i vincenti,
forse scarsa di vezzi ma ricca d'espedienti.

BAJAZET
Vero. Ma io ben scarso potere ho avuto in dono.
Guardate Solimano, e quel poco che sono.
Solimano godeva di assoluta potenza:
l'Egitto ricondotto sotto la sua obbedienza;
Rodi, il funesto scoglio di tutti gli Ottomani
diventata la bara di tutti i suoi guardiani;
del Danubio asservito le rive desolate;
dell'impero persiano le frontiere arretrate,
gli Africani domati nei loro climi ardenti
davanti a lui le leggi rendevano impotenti.
E io? Ai soldati e al popolo potrò essere grato.
Chi sono, io, famoso in quanto disgraziato?
Proscritto, senza beni, incerto di regnare,
invece di convincere dovrò tutti sfidare?
Vedendoci felici, pietà per noi avranno?
Il vostro pianto, il mio rischio, sinceri crederanno?
Senza far paragoni, pensate a Solimano
e al recente assassinio dell'infelice Osmano:
i capi dei Giannizzeri, che s'eran ribellati,
cercando di abbellire quei piani scellerati,
pensarono che fosse di ucciderlo permesso
proprio per nozze quali voi proponete adesso.
E poi che dirvi? Quando il loro voto mi appoggi
io forse saprò osare ciò che non oso oggi.
Ma non precipitiamo; vogliate cominciare
a aiutarmi: ché un giorno vi possa compensare.

ROSSANA
Vi capisco, Signore. Vedo la mia imprudenza,
vedo che nulla sfugge alla vostra preveggenza.
Fino al minimo rischio avete calcolato
ciò che il mio amore schietto vi sarebbe costato.
Tanti agguati vedete per voi e il vostro onore
e poiché voi lo dite io vi credo, Signore.
Ma avete anche previsto, se voi non mi sposate,
gli scogli assai più certi nei quali vi gettate?
Senza me, lo sapete, non avrete un amico,
e importa soprattutto che a me siate gradito.
Le porte del palazzo io tengo in mio potere,
di aprirle o di sbarrarle decido a mio piacere;
ho sulla vostra vita un impero sovrano
e voi respirerete solo finché vi amo.
E senza quest'amore (ingiuria è rifiutarlo)
non sareste più al mondo, è bene ricordarlo.

BAJAZET
Tutto vi debbo, è vero. Eppure avevo in mente
che voi avreste tratto una gloria sufficiente
vedendo innanzi a me tutto l'Impero prono
e sentirmi affermare che tutto è un vostro dono.
Lo riconosco, certo, non potrò mai negarlo
e saprà il mio rispetto sempre riconfermarlo.
Vi debbo il sangue. Vostra è la mia vita stessa.
Ma insomma voi volete...

ROSSANA
Più niente m'interessa.
Più non m'importunare con dei pretesti vani,
troppo il tuo volere è lontano dai miei piani.
Io non insisto, ingrato, per farti acconsentire,
rientra pur nel nulla da cui t'ho fatto uscire.
Che mai mi frena, infatti? Quale altra sentenza
sto ancora ad aspettare dalla sua indifferenza?
Si commuove l'ingrato per la mia cura attenta?
Si sente mai l'amore in ciò ch'egli argomenta?
Ah, vedo i tuoi disegni: comunque io voglia agire,
pensi che il mio pericolo ti debba garantire,
che da tenaci vincoli con te accomunata,
non verrà, la mia sorte, mai da te separata.
Ma c'è il tuo buon fratello: mi arrendo alle sue mani.
Malgrado la sua collera, sai bene quanto m'ami.
Nel tuo perfido sangue potrò tutta lavarmi,
basterà la tua morte, sì, per giustificarmi.
E in questo stesso istante così farò, sii certo.
Bajazet, ascoltatemi: il baratro vi è aperto.
Non lasciatemi uscire. Sento che v'amo. Attento:
la strada è ancora aperta a un vostro pentimento.
Non spingete chi v'ama a un gesto disperato:
mi sfuggisse un accenno, voi siete condannato.

BAJAZET
Potete condannarmi: io sono in vostra mano.
E forse la mia morte, preziosa al vostro piano,
ottenendovi grazia agli occhi di Amurat,
nel suo cuore l'antico posto vi ridarà.

ROSSANA
Nel suo cuore? Ah, tu credi, se vorrà perdonarmi,
che se perdo speranza che tu mai voglia amarmi,
dopo quel lungo illudermi che dolce mi nutriva
io possa ormai accogliere una tale alternativa?
La vita senza te potrei mai accettare?
Contro di me ti voglio, crudele, ancora armare.
Lo so: dovrei nascondere questa mia debolezza
che ti dà tanta gloria. Sì, una falsa fierezza
ostentavo ai tuoi occhi, ora l'ho confessato.
Ogni mio bene al mondo da te è condizionato.
La tua morte cruenta dalla mia seguita,
bel frutto delle cure che diedi alla tua vita!
Ma tu sospiri, infine. Un turbamento appare.
Concludi, parla.

BAJAZET
O cielo! Potessi mai parlare!

ROSSANA
Che cosa? Che mai dite? Che cosa ho mai sentito?
Voi avete un segreto che mi è proibito?
Dei vostri sentimenti nulla mai mi direte?

BAJAZET
Vi ripeto, Signora, che voi la scelta avete;
o di spianarmi l'esito al trono vi degnate
oppure ecco la vittima: il colpo preparate.

ROSSANA
Ah, il segno ora hai passato. E sarai soddisfatto.
Ehilà, guardie, venite.

Scena II

Rossana, Acomat, Bajazet.

ROSSANA
Acomat, tutto è fatto.
Potete ritornarvene, non ho nulla da dire.
Al Sultano Amurat continuo ad obbedire.
Uscite. Del Serraglio si chiudano i battenti
e nel consueto ordine tutto alfine rientri.

Scena III

Bajazet, Acomat.

ACOMAT
Che sento mai, Signore? Lo stupore mi prende.
Che ne sarà di voi? E che sorte mi attende?
Perché mutano i piani? E chi ne è il colpevole?
Cielo!

BAJAZET
Dovete essere di tutto consapevole.
Medita la vendetta, Rossana, per l'offesa,
e un fatale ostacolo rompe la nostra intesa.
Visir, pensate a voi, vi avrò poi avvertito.
Non contate su me, e prendete partito.

ACOMAT
Che sento?

BAJAZET
Con gli amici cercate di salvarvi,
ora la mia amicizia può solo condannarvi.
Migliore ricompensa per voi avevo in mente
ma purtroppo è finita, e irrevocabilmente.

ACOMAT
Signore, com'è sorto questo fatale incaglio?
Soltanto poco fa era in pace il serraglio.
Il vostro cuore e il suo, che mai sconvolge ora?
BAJAZET
Pretende che la sposi, Acomat.

ACOMAT
E allora?
L'usanza dei sultani contrasta il suo volere,
ma in fondo quest'usanza ha leggi sì severe
che dobbiate osservarle a costo della vita?
La legge ora più santa è trovare un'uscita,
è strappare, Signore, a una sorte funesta
quel bel sangue ottomano che in voi ha ciò che resta.

BAJAZET
Quest'infelice resto troppo caro sarà
se salvarlo richiede da me una viltà.

ACOMAT
Ma perché in fosche tinte vedete questa storia?
Solimano sposandosi guastò la sua memoria?
Del resto Solimano non era minacciato
da tutti quei pericoli da cui siete assediato.

BAJAZET
Proprio questi pericoli, e di vivere la furia,
di queste vili nozze farebbero un'ingiuria.
A un odioso pretesto non cedé Solimano
e con grazia alla schiava poté dare la mano.
Non subì delle nozze il giogo necessario,
e le fece del cuore un dono volontario.

ACOMAT
Però amate Rossana.

BAJAZET
Amico mio, andate.
Non mi pesa il destino quanto forse pensate.
La sciagura più grave non mi pare la morte.
Osai con voi, da giovane, sfidare ben la sorte;
e l'indegna prigione cui mi hanno confinato
a vedermela accanto direi che m'ha abituato.
Amurat ai miei occhi l'ha presentata spesso,
e a una vita agitata metterà fine adesso.
Ahimè, se con rimpianto vedo che sfugge ora...
Perdonate, Acomat, se tanto mi addolora
il ricordo di chi, ben male compensato,
ogni suo pensiero mi aveva consacrato.

ACOMAT
Se dobbiamo perire, solo vostra è la colpa,
Signore, una parola, e questa stretta è sciolta.
Dei valenti Giannizzeri chi ancora è di fazione,
ed i santi custodi di questa religione,
e quelli che a Bisanzio si fanno rispettare
piegando con l'esempio il volere popolare,
verso la sacra Porta sono pronti a guidarvi
ché voi, nuovo Sultano, possiate alfine entrarvi.

BAJAZET
E allora, mio Acomat, se tanto sanno amarmi,
dalle unghie di Rossana ben vengano a strapparmi.
Venite nel serraglio a forzare la porta,
entrate accompagnato dalla valente scorta.
Io preferisco uscirne sanguinante e ferito
che del nome di sposo mio malgrado insignito.
Forse sarò capace, nell'ora forsennata,
di soccorrer me stesso con scena disperata,
e combattendo attendere di tanta fede i frutti,
così che di raggiungermi il tempo abbiate tutti.

ACOMAT
Eh! Malgrado l'impegno che nell'impresa io metta,
impedirò a Rossana una rapida vendetta?
A che sarà servito quello zelo impetuoso
se non a opprimer tutti d'un crimine infruttuoso?
Promettétele tutto: voi giunto a salvamento
vedrete la promessa come una bolla al vento.

BAJAZET
Io!

ACOMAT
Non arrossite: si deve degradare
forse il sangue ottomano i patti a rispettare?
Pensate a quegli eroi che il diritto di guerra
portò in trionfo fino ai confini della terra.
Liberi e vittoriosi, padroni di promettere,
il bene dello Stato vollero solo ammettere.
E un trono così santo in gran parte è fondato
su giuramenti fatti che pochi hanno osservato.
Signore, la mia calma...

BAJAZET
Non li ho dimenticati.
Il bene dello Stato, so dove li ha portati.
Ma quegli stessi eroi, così pronti a morire,
la vita accetterebbero dovendone arrossire?

ACOMAT
O coraggio inflessibile! O lealtà splendente
che mio malgrado ammiro io qui, benché morente!
Uno scrupolo timido perderà in un momento...
O gioia! Adesso Atalide avvicinarsi sento.

Scena IV

Bajazet, Atalide, Acomat.

ACOMAT
Ah! Facciamo qualcosa e subito, Signora.
Si sta perdendo.

ATALIDE
Appunto voglio parlargli ora.
Lasciateci: Rossana, a perderlo animata,
vuole che del palazzo la porta sia sbarrata.
Però, Acomat, badate a non allontanarvi:
noi dovremo tra poco forse qui richiamarvi.

Scena V
Bajazet, Atalide.

BAJAZET
Ebbene, è giunta l'ora. E vi debbo lasciare.
Le nostre astuzie il cielo non ci può perdonare.
Contro i suoi colpi estremi nulla poté salvarmi:
io dovevo morire o da voi distaccarmi.
Quest'indegno raggiro a che mai ci è giovato?
Muoio più tardi: è il frutto che se n'è ricavato.
Ve l'avevo predetto; ma l'avete voluto.
Vi ho salvata dal pianto fin là dove ho potuto.
Bella Atalide, in nome di questa compiacenza,
vogliate di Rossana evitare la presenza.
Vi tradirebbe il pianto: ai suoi occhi celàtelo,
e l'insidioso addio, ve ne prego, abbreviàtelo.

ATALIDE
No. La bontà che aveste per una disgraziata
ha sferrato al destino una lotta disperata.
Per risparmiarmi, un prezzo troppo alto pagate.
Ora dovete arrendervi: lasciatemi e regnate.

BAJAZET
Lasciarvi?

ATALIDE
Così voglio. È l'unico rimedio.
Dalle furie gelose sempre presa d'assedio,
mi era arduo pensare, è vero, senza orrore
che Bajazet vivesse privato del mio amore.
E se della rivale, talvolta, a me gelosa
compariva, straziante, l'immagine radiosa,
la vostra morte (tanto gli amanti son dementi)
non mi sembrava ancora il peggiore dei tormenti.
Però ai miei tristi occhi la fine decretata,
nel suo aspetto più orrido non s'era presentata;
non vi vedevo come voi ora mi sembrate
mentre a darmi l'addio estremo vi apprestate.
Io so bene, Signore, la magnanimità
che opporrete alla morte, alla sua realtà,
e so che al vostro cuore dà un certo lenimento
provarmi la sua fede nell'ultimo momento.
Ma risparmiate, ahimè, le mie forze meno valide,
pesate i vostri mali e ciò che soffre Atalide.
E non vogliate infliggermi la pena più spietata
che il pianto abbia esaurito mai di un'innamorata.

BAJAZET
Che ne sarà di voi se oggi stesso accetto
di celebrarvi innanzi un matrimonio abbietto?

ATALIDE
Che ne sarà, Signore, meglio non domandarmi.
Al mio destino forse io saprò rassegnarmi.
Chissà? A qualche filtro chiederò lenimento
e forse penserò, in mezzo al mio tormento,
che a perdervi per me eravate risoluto
e che se voi vivete io sola l'ho voluto.

BAJAZET
No, non assisterete a quel crudele evento.
Più voi mi comandate un tale tradimento,
Signora, e più m'accorgo quanto voi meritate
che non vi sia concesso quanto desiderate.
Come! amor tanto tenero, che nell'infanzia è nato,
che in silenzioso ardore abbiamo alimentato,
un pianto che può solo la mia mano asciugarvi,
i mille giuramenti di non abbandonarvi,
tutto con un'infamia dovrei dimenticare?
Io sposerei (se proprio lo debbo ricordare)
una schiava che cerca soltanto il tornaconto,
che mi presenta innanzi un supplizio già pronto,
che m'offre il matrimonio o la morte infallibile;
mentre a ogni mio guaio Atalide sensibile,
troppo degna del sangue che da lei prende onore,
è pronta a rinunziare perfino al nostro amore.
La mia testa al geloso Sultano sia portata
se deve a questo prezzo essere riscattata!

ATALIDE
Ma voi potreste vivere senza con ciò tradirmi.

BAJAZET
Parlate: sono pronto, se posso, ad obbedirvi.

ATALIDE
La Sultana vi ama, e benché sia furente,
se voleste mostrarvi un po' accondiscendente,
se nei vostri sospiri potesse presentire
che un giorno...

BAJAZET
Vi comprendo. Non posso acconsentire.
Né oggi voi dovete, Signora, immaginare
che il mio cuore stremato da un vile disperare
tema il peso d'un trono che gli offre la sorte
e cerchi di evitarlo accettando la morte.
Forse do troppo ascolto a progetti avventati
ma speravo - pensando ai miei grandi antenati -
che un imbelle riposo avendo rifiutato,
fra gli eroi sarei stato anch'io annoverato.
Ma per quanto in me ardano amore e ambizione,
non posso di chi m'ama nutrire l'illusione.
Di salvarmi è ben vano che promessa vi dia:
la mia bocca e i miei occhi, nemici alla bugia,
forse mentre io tento di essere grazioso,
così turbati avrebbero un effetto disastroso;
e dai miei freddi aneliti il suo sguardo oltraggiato
s'accorgerebbe troppo che il cuore si è negato.
O cielo! quante volte la verità avrei detta,
la mia vita soltanto offrendo alla vendetta,
certo che non potesse un geloso inquisire
fino a voi facilmente, Signora, risalire!
E io dovrei illuderla? Darle falsa promessa?
Diventare spergiuro? E con simile bassezza...
Lungi dall'ordinarmi raggiri e disonore,
se meno vi turbasse, Atalide, l'amore,
la prima certamente sareste a vergognarvi.
Ma un'iniqua preghiera solo per risparmiarvi,
addio: vado subito Rossana a visitare.
Vi lascio.

ATALIDE
Invece io non vi voglio lasciare.
Venite, su, crudele, vi ci accompagnerò;
ogni nostro segreto io stessa le dirò.
Se il mio amato vaneggia, e malgrado il mio pianto,
di morirmi qui innanzi si fa piacere e vanto,
saprà bene Rossana le nostre sorti unire.
Meglio del vostro sangue il mio saprà gradire,
e sarò io a offrirvi allo sguardo straziato
il cruento spettacolo che a me era destinato.

BAJAZET
Cielo! che fate?

ATALIDE
Perfido! Credete che il mio onore
almeno quanto a voi, a me non stia a cuore?
Pensate quante volte, facendovi parlare,
arrossivo talmente da tutto rovinare?
Ma la vostra condanna si diceva imminente.
Perché, ingrato, dovete, se la mia è presente,
non osare per me quant'io ho saputo osare?
Qualche accento più dolce potrà forse bastare.
Rossana nel suo cuore forse alla pietà cede:
vedete quanto tempo qui ora vi concede.
Fece uscire il Visir quando si è allontanata?
E viene qui a cercarvi ora la guardia armata?
E quando, delirante, complice mi voleva,
quant'ella fosse tenera, il suo pianto non diceva?
Una vaga speranza da voi vuole ottenere
che le armi le faccia dalla mano cadere.
Delle nostre due vite, su, correte al soccorso.

BAJAZET
Sì, ma... Quale dev'essere, insomma, il mio discorso?

ATALIDE
Sulle parole adatte non chiedete consiglio:
il cielo, e l'occasione, vi verranno in ausilio.
Andate. Fra voi due io non debbo apparire,
il nostro turbamento ci potrebbe tradire.
Andate, via, non oso fra voi esser presente.
Per salvarvi direte... ciò che è conveniente.

ATTO III

Scena I

Atalide, Zaira.

ATALIDE
Zaira, è dunque vero? La grazia è ormai sicura?

ZAIRA
Ve l'ho detto, Signora: una schiava con premura
al cenno di Rossana correndo ad ubbidire,
la porta del serraglio al Visir fece aprire.
Non mi hanno parlato; ma meglio di ogni accento,
la faccia del Visir diceva che è contento:
lo richiama a palazzo il vento ch'è mutato,
e di un'eterna pace il patto è ormai firmato.
Certo Rossana è scesa a consigli più clementi.

ATALIDE
Da ogni parte, dunque, la gioia e i godimenti
mi lasciano, Zaira; vanno a loro favore.
Feci ciò che dovevo; né ho pentimento in cuore.

ZAIRA
Come, Signora? E quale allarme nuovo sento?

ATALIDE
Ti hanno detto, Zaira, per quale incantamento
o meglio per che impegno (migliore è l'espressione)
Bajazet poté in fretta cambiare posizione?
Nel furore Rossana mi pareva inflessibile.
Ha avuto del suo cuore qualche pegno infallibile?
Parla. La sposa?

ZAIRA
Ignoro se questo è da aspettarsi.
Ma se solo a tal prezzo egli poté salvarsi,
se obbedisce alla vostra supplica imperiosa,
s'egli la sposa, insomma...

ATALIDE
Zaira, se la sposa!

ZAIRA
Vi pentireste forse? Quei magnanimi accenti
ve li dettava l'ansia di serbarlo ai viventi.

ATALIDE
No, non mi pento. Ha fatto ciò che ha dovuto fare.
O miei sensi gelosi, non dovete parlare.
Se Bajazet la sposa egli segue il mio volere,
rispettate il mio cuore che vi ha fatti tacere.
Dai suoi saggi consigli il vostro si diparta,
e lungi dal mostrarmelo tra le braccia di un'altra,
lasciate ch'io lo possa serena immaginare
sul trono che il mio amore l'ha costretto a accettare.
Sì, io mi riconosco, non son cambiata affatto.
Volevo che mi amasse, Zaira: egli l'ha fatto.
E una speranza almeno può la pena lenire:
di lui degna e contenta posso andare a morire.

ZAIRA
Morire? Come? Avreste disegno sì funesto?

ATALIDE
Ho ceduto il mio amore: ti sorprendi del resto?
Consideri, Zaira, davvero una sciagura
una morte che tronca quest'ansia e la futura?
Mi basta ch'egli viva. E certo l'ho voluto,
lo voglio sempre. E pago il prezzo ch'è dovuto.
Non mi chiedo se ho il cuore sereno o disperato:
proprio perché lo amo, a lui ho rinunziato.
Ma, ahimè! è anche giusto, se lo vorrà pensare,
che se quel sacrificio per lui volli accettare,
se dei suoi giorni presi tanta funesta cura,
essergli testimone eccede la misura.
Voglio sapere, insomma...

ZAIRA
Vogliate moderarvi.
Di tutto ciò che avviene si giunge ad informarvi.
Ecco il Visir.

Scena II

Atalide, Acomat, Zaira.

ACOMAT
Quei due sono infine d'accordo,
Signora; un vento provvido ci riconduce in porto.
La Sultana ha lasciato la collera cadere
e mi ha dichiarato il suo ultimo volere.
Mentre sta sbandierando al popolo atterrito
del divino profeta l'emblema riverito
e Bajazet a seguire i miei passi dà l'assenso,
io mi accingo a chiarire di tal segnale il senso,
a instillare nel popolo un ben giusto terrore
e infine a proclamare il nuovo imperatore.
Ora di ricordarvi però mi sia permesso
il premio che al fedele mio zelo s'è promesso.
Da me non aspettatevi dolcezze deliranti
che guida, vedo, il cuore di questi nostri amanti;
ma se con altro omaggio, della mia età più degno,
con rispetto profondo e con perenne pegno
di fedeltà che devo al sangue dei sultani
io potrò...

ATALIDE
Voi potrete parlarmene domani.
Un giorno o l'altro anche faremo conoscenza.
Che delirio osservaste alla loro presenza?

ACOMAT
Signora, dubitate dei sospiri infiammati
di due giovani cuori l'un dell'altro ammaliati?

ATALIDE
No, ma davvero strano il miracolo mi suona.
E si dice a qual prezzo Rossana lo perdona?
La sposa o no?

ACOMAT
Signora, credo l'abbia promesso.
E tutto ciò che ho visto voglio narrarvi adesso.
Sorpreso, lo confesso, da tanta ostinazione,
furente con entrambi, la sorte e la passione,
la soglia del palazzo io lasciai disperato.
E già sopra un veliero nel porto preparato
(le più care reliquie fatte in fretta salire)
in terra sconosciuta pensavo di fuggire.
In tanta angoscia vengo a palazzo richiamato.
Tutto speranza e gioia, sono corso, volato.
La porta del serraglio la mia voce fa aprire
e subito una schiava mi vedo comparire
che verso certe stanze mi va zitta guidando
dove Rossana attenta Bajazet sta ascoltando.
Un nobile silenzio intorno ai due regnava:
vincendo l'impazienza che ora mi agitava,
da lungi rispettando il segreto abboccamento,
io immobile osservavo il loro atteggiamento.
Con uno sguardo, infine, che era l'anima stessa,
l'una tese la mano in segno di promessa.
L'altro, eloquente d'occhi, traboccante d'amore,
andava assicurandola, Signora, del suo ardore.

ATALIDE
Ahimè!

ACOMAT
I due si accorsero di me in quel momento.
Il vostro e nostro principe, lei disse, vi presento.
Valoroso Acomat, lo metto in vostre mani.
Preparategli subito degli onori sovrani.
Che un popolo obbediente lo attenda dentro il tempio.
Il serraglio ben presto ve ne darà l'esempio.
Di fronte a Bajazet essendomi prostrato,
dai loro occhi subito mi sono allontanato.
Felice di potere, con fedele notizia,
dell'accordo pattuito offrirvi la primizia
e così rinnovarvi il mio omaggio profondo,
io vado a incoronarlo, Signora, e ne rispondo.

Scena III

Atalide, Zaira.

ATALIDE
Turbiamo il loro idillio. È meglio retrocedere.

ZAIRA
Ah! Signora, credete...

ATALIDE
Che cosa devo credere?
A simile spettacolo farò da testimonio?
Vedi, tutto è finito, s'appresta il matrimonio.
La Sultana è contenta, e lui giura d'amarla.
La conclusione accetto, io volli prepararla.
Ma quando per far fede alla parola data,
per me la sua esistenza quasi ha sacrificata,
quando alla tenerezza poco fa si abbandonava
e a Rossana una semplice promessa rifiutava,
quando invano di smuoverlo cercavo col mio pianto,
sentendomi felice che resistesse tanto,
avresti mai creduto, contro ogni apparenza,
che il suo cuore trovasse per lei tanta eloquenza?
Può darsi che non l'abbia poi dovuto forzare,
tutto quello che ha detto lo poteva pensare.
Forse avendola innanzi s'è fatto più plasmabile
e negli occhi le ha visto una grazia insospettabile.
Davanti a lui Rossana avrà espresso il suo schianto.
Lo ama: ed è un impero che parla nel suo pianto.
Tanto amore può smuovere un'anima ben nata.
Ahimè! quante ragioni contro una disgraziata!
ZAIRA
Signora, è incerto ancora se egli dia l'assenso.
Aspettate.

ATALIDE
No, vedi, negarlo non ha senso.
Aggravare il mio male non mi è certo grato;
so bene, per salvarsi, il prezzo che ha pagato.
Quando piangendo ottenni che a Rossana tornasse,
non pretendevo affatto ch'egli non mi ascoltasse.
Ma dopo quegli addii a me rivolti appena,
dopo il tenero esplodere dell'amorosa pena,
so bene che a Rossana non ha manifestato
la gioia e quegli slanci di cui mi s'è parlato.
Dimmi tu se m'inganno, giudica da te stessa:
perché all'incontro, sola, non sono stata ammessa?
Dalle sue sorti pensa Bajazet di estraniarmi?
E indugerebbe tanto a lungo a ricercarmi,
se non perché il cuore lo rimorde a ragione
e d'incontrarmi, ahimè, evita l'occasione?
Ma no, voglio evitargli simile prospettiva:
non mi vedrà mai più.

ZAIRA
Signora, ecco che arriva.

Scena IV

Bajazet, Atalide, Zaira.

BAJAZET
Tutto è fatto, ho parlato, siete stata obbedita.
Non dovrete, Signora, temer per la mia vita.
E io sarei felice se onore e lealtà
non dicessero ingiusta questa felicità;
se il mio cuore che sento in segreto condannarmi,
così come Rossana potesse perdonarmi.
Ma finalmente le armi tengo di nuovo in mano;
sono libero e posso a un fratello disumano
non più tacere né, grazie al vostro espediente,
al cuore di Rossana ambir segretamente,
ma con nobile lotta, con pericoli veri,
andar di lui in cerca sotto cieli stranieri,
dei soldati e del popolo il cuore disputarci
e aspettare che sia la gloria a giudicarci.
Che vedo? Ma che avete? Piangete?

ATALIDE
No, Signore.
Io non protesto certo se avete lieto il cuore.
Il cielo, il cielo giusto vi doveva un miracolo,
e sapete se mai io volli porvi ostacolo.
Mi siete testimonio: finché ho respirato,
il vostro solo rischio mi ha l'anima occupato;
e se il rischio soltanto con me deve finire,
io senza alcun rimpianto la vita debbo offrire.
Certo, se il cielo avesse il mio voto ascoltato,
una più dolce morte mi avrebbe riservato.
Sì, avreste sposato, Signore, la mia rivale,
potevate giurarle la fede coniugale:
tanti pegni d'amore avreste però unito
a tutti i vostri omaggi e al nome di marito?
Anche soltanto questo lei poteva gradire
e io avrei pensato, sul punto di morire,
che avendovi io stessa a quel passo costretto,
pieno di me vi inviavo per sempre al suo cospetto;
che recando tra i morti l'amore di chi amavo
certo un innamorato a Rossana non lasciavo.

BAJAZET
Marito e innamorato, Signora, che mai sento?
Cielo! tale discorso dove ha fondamento?
Ma chi vi ha mai narrato una storia tanto strana?
Io vivere per lei, io che amerei Rossana!
Signora! Ah, voi credete che, lungi dal pensarlo,
potesse la mia bocca soltanto pronunziarlo?
Né una cosa né l'altra però fu necessaria:
la Sultana ha seguito la maniera ordinaria;
e sia che il mio ritorno ella vedesse adesso
come il sicuro pegno di un amore promesso,
sia che il tempo prezioso la inducesse a blandirmi,
appena ebbi parlato, senza quasi sentirmi,
mi troncò la parola con pianto repentino:
volle in mia mano mettere la vita e il suo destino.
E mentre ai sentimenti miei grati si affidava,
ha detto che in sicure nozze ella confidava.
Io, avvampando in viso per tanto ingenuo fuoco,
per tanto amore tenero che valgo così poco,
mentr'ella attribuiva quella mia confusione,
Signora, ancora e sempre a un eccesso di passione,
io mi sentivo barbaro, ingiusto, criminale.
Credetemi: ho dovuto in quell'ora fatale,
per serbar fino al fondo un silenzio scellerato
ricordare l'amore che a Atalide ho votato.
Ma dopo tanta pena, mentre chiedo soccorso
e vi cerco, Signora, pieno del mio rimorso,
eccovi qui con volto ostile ed irritato
a parlare di morte al mio cuore agitato.
In quest'istante vedo fin troppo chiaramente
che tutto ciò che dico vi tocca debolmente.
Il nostro turbamento, Signora, tralasciamo.
Affliggerci a vicenda è accanimento vano.
Rossana è a pochi passi; per voi io agirò.
Di voi come di me molto più lieto andrò
- di quando ero costretto a mascherar parole -
a dirle che fingevo, a deludere il suo amore.
Eccola.

ATALIDE
Giusto cielo, che cosa mai lo attende?
Se mi amate guardatevi dal parlar chiaramente.

Scena V

Bajazet, Rossana, Atalide.

ROSSANA
Venite, mio Signore: è tempo di mostrarsi,
e che il serraglio possa al padrone inchinarsi.
La folla numerosa che in sé esso comprende,
volli qui riunire e i miei ordini attende.
I miei schiavi convinti - il resto seguirà -
sono i primi soggetti che il mio amore vi dà.
L'avreste mai creduto, Signora, che al furore
per un pronto ricredersi succedesse l'amore?
Di voler la vendetta io poco fa convinta,
giuravo che l'estrema sua ora fosse giunta;
eppure non appena Bajazet mi ha parlato,
ciò che amore giurava, amore ha poi violato.
Sentii la tenerezza oltre la sua ansietà,
gli ho fatto grazia e credo nella sua lealtà.

BAJAZET
Sì, ho accettato il patto e la parola ho dato
che ciò che io vi debbo non sia dimenticato.
Ho giurato che omaggi e giusta reverenza
sempre vi mostreranno la mia riconoscenza.
Se sono a questo prezzo del vostro aiuto degno,
non ho che da aspettare di tanta bontà il segno.

Scena VI

Rossana, Atalide.

ROSSANA
Da che sbalordimento sono colpita, o cielo!
È un sogno? O questi occhi m'avranno fatto velo?
Quale accoglienza fredda, quali parole amare
che tutto ciò che avvenne sembrano rinnegare!
Su che speranza crede che a lui mi sia legata,
su che base può dire che mi ha riconquistata?
Credevo mi giurasse che ormai fino alla morte
il suo amore mi desse in mano la sua sorte.
Forse lui già si pente di avermi acquietata
o poco fa io stessa mi sarei ingannata?
Ah!... Ma egli vi parlava: di che cosa, Signora?
Desidero saperlo.

ATALIDE
Io? Vi ama ancora...

ROSSANA
Ne va della sua vita, almeno, ch'io gli creda.
Pure, fra tutto quanto qui oggi ci rallegra,
ditemi, ve ne prego: potete mai spiegare
la pena ch'egli uscendo non tenne a mascherare?

ATALIDE
Signora, quella pena non m'è parsa evidente.
Delle vostre bontà ha parlato lungamente;
ne sembrava pervaso quand'io l'ho incontrato
ed è uscito, mi pare, tale quale era entrato.
Ma dovete, Signora, esser così sorpresa
che mentre porta a termine questa sua grande impresa,
Bajazet sia nervoso e lasci indovinare
un po' di quell'affanno che lo deve occupare?

ROSSANA
Nello scusarlo, vedo, siete abile assai:
per lui parlate come egli non farà mai.
ATALIDE
E che altro interesse...

ROSSANA
Basta, non continuate.
Io vi capisco meglio di quanto non pensiate.
Lasciatemi; ho bisogno di un po' di solitudine.
Mi sta invadendo ancora non so quale inquietudine.
Ho, come Bajazet, momenti tristi e bui
e voglio un po' raccogliermi, senza gli sguardi altrui.

Scena VII

Rossana (sola).

ROSSANA
Di tutto ciò che vedo, che debbo mai pensare?
Tutti e due d'accordo mi vogliono ingannare?
Perché così mutare, parlare, allontanarsi?
E quelle occhiate, credo, che li vidi scambiarsi?
Bajazet che balbetta! Lei quasi senza fiato!
O cielo! un tale affronto mi avresti riservato?
Sarebbe questo il frutto di quel mio cieco amore?
L'insonnia delle notti, dei giorni ogni dolore,
i complotti, gli intrighi, il tradimento fatale,
tutto io avrei tentato, e per una rivale?
Ma può darsi che io, facile a rattristarmi,
mi fissi ora su un male che vuol solo sfiorarmi.
L'effetto di un capriccio imputo alla passione.
Non avrebbe portato il raggiro a conclusione?
Per cogliere il successo del suo travestimento,
non poteva egli ancora fingere un momento?
No, no; mi rende pavida un eccesso d'amore.
E perché proprio Atalide temere nel suo cuore?
Che piano avrebbe in mente? Seppe, lei, aiutarlo?
E chi, fra me e Atalide, può oggi incoronarlo?
Ma, ahimè! scordiamo il fuoco che in amore ci prende?
Se con un altro incanto Atalide lo accende,
che importa se a me deve la vita e la potenza?
Può bilanciar l'amore mai la riconoscenza?
Quando egli mi piacque, senza cercar lontano,
non scordai forse io le bontà del Sultano?
Ah! se a un'altra catena non fosse già legato,
la mia offerta di nozze l'avrebbe spaventato?
Questa mia passione non l'avrebbe gradita?
E mi avrebbe respinta a rischio della vita?
Quante giuste ragioni... Ma chi viene a parlarmi?
Che vogliono?

Scena VIII

Rossana, Zatima.

ZATIMA
Scusate se oso presentarmi;
ma dal campo si è visto uno schiavo arrivare.
E benché fosse chiusa la porta verso il mare,
l'andarono le guardie in ginocchio spalancando,
ché d'Amurat potesse raggiungervi il comando.
Che l'inviato sia Orcano, è però da stupirsi.

ROSSANA
Orcano!

ZATIMA
Sì, di quanti suole Amurat servirsi,
Orcano, il più fedele e obbediente ai suoi piani,
nato nel sole ardente dei più neri Africani.
Va chiedendo, Signora, di voi con impazienza.
Ma ho creduto dovervi avvertire in precedenza.
Soprattutto evitando che potesse sorprendervi,
nel vostro appartamento l'ho pregato di attendervi.

ROSSANA
Che guaio imprevedibile mi viene ora a sconvolgere?
Che ordine può essere? e che posso rispondere?
Non c'è dubbio: il Sultano, sospettoso com'è,
una seconda volta condanna Bajazet.
Nulla senza di me per lui si può intraprendere:
qui tutto m'obbedisce. Ma lo devo difendere?
Bajazet o Amurat è il mio imperatore?
Io tradii l'uno, e l'altro è forse un traditore.
Il tempo incalza. Quale perplessità funesta!
Suvvia, usiamo bene l'istante che ci resta.
Invano si nascondono. L'amore più discreto
in qualche modo lascia sfuggire il suo segreto.
Sorprendiamo qui Atalide, Bajazet osserviamo;
coroniamo l'amato o la perfida perdiamo.

ATTO IV

Scena I

Atalide, Zaira.

ATALIDE
Ah! sai il mio terrore? qui, poco fa, ho visto
Orcano, quel suo volto tanto fiero e sinistro.
In quest'ora fatale temo la sua venuta,
quanto la temo... Dimmi: Bajazet ti ha veduta?
Che ha detto? i miei consigli, Zaira, può accettare?
E andrà da Rossana? E la saprà quietare?

ZAIRA
Se lei non l'ha invitato, non può chiedere udienza.
Rossana così ordina: gl'impone la pazienza.
Senza dubbio allo schiavo vuole dissimularlo.
Io stessa, pur vedendolo, finsi di non vederlo.
Diedi la vostra lettera, la risposta qui avete.
E che cosa vi annunzia, Signora, ora saprete.

ATALIDE (legge)
E dopo tanti illeciti espedienti,
a continuare a fingere il vostro amor m'invita?
Ma voglio avere cura di una vita
che vi dà vita, come voi giurate.
Io vedrò la Sultana; con ogni compiacenza,
giurando e rigiurandole la mia riconoscenza,
forse potrò calmare il suo furore.
Non chiedete di più: né morte, né voi stessa
di amarla non potranno strapparmi la promessa,
perché sarete voi il mio solo amore.
Ahimè, che dice! Forse che Atalide lo ignora?
Non so forse che m'ama, o meglio che mi adora?
Così al mio desiderio intende conformarsi?
È Rossana, non me, che deve accattivarsi.
Di quale ansia ancora vuole darmi il tormento!
Perfida gelosia! Funesto accecamento!
Parole menzognere, sospetto che traspare,
vi dovevo subire, o dovevo parlare?
È finita. La gioia oltre l'attesa è andata,
mi amava, ero felice; Rossana era placata.
Torna da lui, Zaira: la calmi, almeno tenti.
Le parole che scrive non sono sufficienti.
Deve dire d'amarla, con gli occhi, con la bocca.
Ella lo deve credere. Ah, perché a me non tocca
- scaldando col mio pianto il suo debole ardore -
di infondere al discorso tutt'intero il mio amore!
Ma a ben altri pericoli temo di darlo in preda.

ZAIRA
Ecco, viene Rossana.

ATALIDE
La lettera non veda!

Scena II

Rossana, Atalide, Zatima, Zaira.

ROSSANA (a Zatima)
Vieni. L'ordine è giunto. Bisogna impaurirlo.

ATALIDE (a Zaira)
Va', corri; e finalmente cerca di persuaderlo.

Scena III

Rossana, Atalide, Zatima.

ROSSANA
Signora, ho ricevuto messaggi dall'armata.
Di ciò che là succede siete stata informata?

ATALIDE
Ho udito che dal campo uno schiavo è venuto;
tutto il resto è un segreto che non mi è conosciuto.

ROSSANA
Amurat è felice: la fortuna è cambiata,
e sotto le sue leggi Babilonia è schierata.

ATALIDE
Come, Signora! Osmino...
ROSSANA
L'hanno male avvertito.
Dopo la sua partenza questo schiavo è partito.
È fatto.

ATALIDE
Che rovescio!

ROSSANA
Infausto al nostro piano,
dietro il suo messaggero partì anche il Sultano.

ATALIDE
L'armata dei Persiani non gli farà barriera?

ROSSANA
No, Signora: a noi viene ormai di gran carriera.

ATALIDE
Vi compiango, Signora! Non bisogna tardare
a compiere il disegno che volevate attuare!

ROSSANA
Ora è passato il tempo di opporsi al vincitore.

ATALIDE
O cielo!

ROSSANA
Né ha piegato il tempo il suo rigore.
Decisione suprema nelle mie mani ha messa.

ATALIDE
Che mai comanda?

ROSSANA
Ecco: leggetelo voi stessa.
La scrittura e il sigillo vi sono noti già.

ATALIDE
Riconosco la mano del crudele Amurat.

Legge.

Prima che Babilonia si fosse consegnata,


vi ho fatto pervenire un ordine assoluto.
La dovuta obbedienza avrete rispettata
e certo Bajazet non è sopravvissuto.
Io lascio alle mie leggi Babilonia asservita,
parto e vi riconfermo quell'ordine sovrano.
E voi, se vi sta a cuore la vostra stessa vita,
comparitemi innanzi con la sua testa in mano.

ROSSANA
Dunque?

ATALIDE
Misera Atalide il pianto non mostrare!

ROSSANA
Che ne dite?

ATALIDE
Persegue il progetto criminale.
Ma crede di proscrivere un principe indifeso,
non sa che solidale amore in voi s'è acceso;
che voi e Bajazet siete un'anima sola;
che piuttosto morreste...

ROSSANA
Io morire, Signora?
Vorrei la sua salvezza, non voglio incrudelire.
Ma...

ATALIDE
Come? Cosa avete deciso?

ROSSANA
Di obbedire.

ATALIDE
Obbedire!

ROSSANA
E che altro, in tanto rischio, osare?
Bisogna.

ATALIDE
Il dolce principe... che tanto vi sa amare,
vedrà troncare i giorni che a voi ha destinati!

ROSSANA
Bisogna. Da me gli ordini sono già stati dati.

ATALIDE
Sto morendo.

ZATIMA
Ella sviene, non pare respirare.

ROSSANA
Nella stanza vicina la dovete portare.
I suoi discorsi, intanto, i suoi sguardi osservate,
finché le intese perfide si siano svelate.

Scena IV

Rossana (sola).

ROSSANA
La rivale ai miei occhi si è alfine smascherata.
Ecco la lealtà di cui m'ero fidata!
Sono sei mesi ormai: giorno e notte credevo
che al bene del mio amore desse ogni suo pensiero.
Ma del suo amore, invece, io, fido strumento,
da sei mesi io stessa la vado favorendo;
tutti i mezzi possibili fui io a escogitarli
quasi che in quei convegni volessi agevolarli;
fui spesso io a volere, prima che lo chiedesse,
che i momenti più dolci della sua vita avesse.
Non è tutto: io devo chiaramente capire
se con la sua perfidia ha saputo riuscire;
bisogna... Ma che cosa mi resta da sapere?
Sul suo viso il mio scacco è facile vedere.
Non dice forse chiaro, il suo svenimento,
che di lui è felice, pure nel suo tormento?
Libera dai sospetti da cui sono assediata,
solo per la sua vita ella è terrorizzata.
Non importa: insistiamo. Su pegno ingannatore
ella può, come me, fidarsi del suo amore.
Perché lui si dichiari, ora un tranello tendo.
Ma perché abbassarmi? Quale raggiro intendo?
Ma come? Io ingegnandomi soltanto a tormentarmi,
davanti al suo disprezzo vorrò ripresentarmi?
E lui può prevederlo, la mia astuzia sventare...
Del resto, schiavo, lettera, Visir stanno a aspettare.
È urgente, decidiamo. È certo più avveduto
tenere ciò che ho visto come non avvenuto.
Sul loro amore cessi l'indagine importuna;
Giunga al fondo l'ingrato. Io tento la fortuna.
Vedrò se per mia cura fino al trono innalzato,
oserà mai tradire l'amor che l'ha salvato,
e se d'ogni mio dono vilmente liberale,
coronare lui stesso osi la mia rivale.
Potrò sempre, se devo, il momento stabilire
in cui rivale e amato bisognerà punire.
Nel mio giusto furore il perfido osservando,
insieme alla sua Atalide io lo andrò smascherando,
finché con il medesimo pugnale li unirò
e anch'io sui loro corpi la morte mi darò.
È l'unico partito, non c'è da dubitare.
Voglio ignorare tutto.

Scena V

Rossana, Zatima.

ROSSANA
Ah! presto, puoi parlare,
Zatima. Bajazet ne è proprio innamorato?
Qualche segno di intesa hai fra loro osservato?

ZATIMA
Lei non ha aperto bocca: è là svenuta, ancora,
né in vita si direbbe nemmeno più, Signora,
se non per quel suo gemere e continuo sospirare
dove il suo cuore sembra sul punto di esalare.
Premurose le donne cercano di calmarla:
le hanno scoperto il seno tentando di aiutarla,
e mentre al loro gesto con zelo io mi univo,
ecco dal petto uscirle un biglietto furtivo:
del principe che v'ama conobbi la scrittura,
e di farvelo avere mi son fatta premura.

ROSSANA
Dammi... Ma perché fremere? Quale improvvisa pena
mi ghiaccia a tale vista mentre la mano trema?
Può certo averla scritta senza offesa recarmi;
forse... Potrò, leggendola, dal dubbio liberarmi:
. . . . . . . . . . né morte, né voi stessa,
di amarla non potranno strapparmi la promessa,
perché sarete voi il mio solo amore.
Ah! dell'inganno alfine posso dirmi informata!
Vedo con quale esca mi avevano attirata!
Così dunque il mio amore era ricompensato,
vile, indegno dei giorni che t'avevo lasciato!
È al colmo la mia gioia, e io respiro, adesso.
Per una volta il perfido s'è tradito lui stesso.
Il mio freddo furore può infine liberarsi
dalle sue cieche angosce, e solo vendicarsi.
Vendichiamoci: muoia. Correte. Sia arrestato.
Che i nostri muti apprestino il supplizio al condannato;
qui quell'infausto nodo vengano ad intrecciare
che sa d'ogni suo pari la vita cancellare.
Sii pronta, corri, Zatima, e servi la mia collera.

ZATIMA
Ahimè!

ROSSANA
Ma che c'è ancora?

ZATIMA
Se la Signora tollera,
nella furia legittima che lascia trasparire,
un timido parere io vorrei farle udire.
Troppo indegno di vivere Bajazet, in verità,
quelle mani crudeli certo meriterà.
Ma credete che oggi, benché tanto inumano,
egli ci possa nuocere quanto lo può il Sultano?
E chissà se Amurat, da qualche traditore,
non sia stato avvertito del vostro nuovo amore?
I cuori come il suo, è bene ricordare,
dopo un'offesa è arduo poter riconquistare;
e la più pronta morte, in tanta situazione,
riconferma per loro la più indubbia passione.

ROSSANA
Ma con quanta insolenza, con quanta crudeltà,
quei due raggiravano la mia credulità!
Che slancio, che piacere il mio cuore ne aveva!
Non gran bella vittoria, perfido, ti arrideva
se hai potuto ingannare un cuore tanto illuso
che per primo temeva di essere deluso.
Io che dal mio rango tenuto con fierezza
fui prima, nel dolore, a recarti salvezza
per unire dei giorni sereni e fortunati
ai tuoi giorni da tanti rischi disseminati,
io che attenzioni, ardori, bontà volli votarti,
la promessa di amarmi non potrò mai strapparti?
Ma in che ricordi ora la mente si smarrisce!
È tardi oggi per piangere. Lo dovevi, infelice,
quando per tua sventura cominciasti a sognarlo
e ti nacque l'idea, ahimè, di avvicinarlo.
Piangi? L'ingrato, intanto, sul punto di tradirti,
si prepara discorsi fatti per sbalordirti.
Per compiacere Atalide, la vita ora gli è grata.
Traditore, morrai! Ma come? Sei restata?
Va'. Il programma intanto noi dobbiamo affrettare.
Veda che la sua morte mi accingo a preparare,
mentre insieme gli mostro l'ordine di Amurat
e l'eloquente segno di una grande viltà.
Che Atalide non possa varcare queste porte.
Le sue grida gli servano d'addio nella morte.
Ma ricorda: dev'essere fedelmente servita.
Assistila, al mio odio riserva la sua vita.
Ah! Se per lui si seppe talmente intenerire,
se temendolo morto giunse quasi a morire,
quale maggior vendetta, che gioia delirante
portargliene davanti il gelido sembiante,
vedere che lo fissa con sguardo orripilato,
riprendermi il piacere che a tutti e due ho prestato.
Trattienila, va' pure. Bada di non parlare.
Io... Ma la vendetta, chi viene a ritardare?

Scena VI

Rossana, Acomat, Osmino.

ACOMAT
Che fate mai, Signora? In che ritardo ozioso
si sciupano le ore del giorno più prezioso?
Quasi tutta Bisanzio, che io volli adunare,
interroga i suoi capi, li vede tentennare.
E tutti, dai miei fidi al popolo minuto,
attendono il segnale che s'era convenuto.
Come mai, trascurando quell'ardore impaziente,
desolato è il serraglio, né una voce si sente?
Signora, dichiaratevi. Senza più rimandarmi...

ROSSANA
Sì, sarete contento. Io vado a dichiararmi.

ACOMAT
Ma che sguardo, Signora! Il tono amareggiato
credere nel contrario mi fa, vostro malgrado.
Forse un avverso vento già inclina il vostro amore...

ROSSANA
Ha fin troppo vissuto Bajazet, il traditore.

ACOMAT
Lui!

ROSSANA
Per me, per voi parimenti esecrabile,
entrambi c'ingannava.

ACOMAT
E come?

ROSSANA
Quella Atalide,
premio indegno per quanto voi qui meritereste,
per tutti quei servizi che a Bajazet rendeste...

ACOMAT
Dunque?

ROSSANA
Leggete e ditemi: dopo simile offesa
di un vile prenderemo ancora la difesa?
Si obbedisca piuttosto al legittimo rigore
di Amurat che fra poco ritorna vincitore.
Senza rimorsi un complice indegno condanniamo
e presto giustiziamolo per placare il Sultano.

ACOMAT (restituendole il biglietto)


Sì, se a tanto si spinge l'ingrato, il temerario,
m'impegno a vendicarvi, se sarà necessario.
Signora, ci dovremo l'uno e l'altra lavare
da calunnie che, vivo, su noi può riversare.
Mostratemi la strada: vi corro.

ROSSANA
No, restate.
La gioia di confonderlo a me, Acomat, lasciate.
Voglio vederlo in lacrime, godermi la sua onta:
sciuperei la vendetta se fosse tanto pronta.
Vado a apprestare tutto. E voi intanto andate
a disperdere subito le folle radunate.

Scena VII

Acomat, Osmino.

ACOMAT
Fermati, caro Osmino: non varchiamo la porta.

OSMINO
Ah, fin dove, Signore, l'amore vi trasporta?
Non avete già spinto lontano la vendetta?
Volete forse assistere alla morte che lo aspetta?

ACOMAT
Ma che dici? S'è fatto così ingenuo il tuo cuore
da sospettare in me un ridicolo furore?
Io, geloso? Magari l'incauto Bajazet,
mancando alla parola ferisse solo me.

OSMINO
E perché mai, Signore, invece di difenderlo...

ACOMAT
Ma questo la Sultana è capace d'intenderlo?
Capivi, quando usavo in udienza recarmi,
che con lui io dovevo o perdermi o salvarmi?
Ah, di tanti consigli che esito sinistro!
Principe cieco! o meglio, troppo cieco ministro!
Ti sta bene: hai voluto ad inesperte mani,
carico d'anni e onori, affidare i tuoi piani,
lasciando, d'un Visir, destini già segnati,
seguir le mosse incaute di quegli innamorati.

OSMINO
Lasciate che fra loro si sfoghino il rancore.
Bajazet vuol perire; pensate a voi, Signore.
Quale dei vostri amici può svelare il segreto
se ha tutto l'interesse di essere discreto?
La sua morte, vedrete, saprà Amurat placare.

ACOMAT
La furente Rossana così può ragionare.
Ma io che più lontano ho l'arte di vedere,
che per lunga esperienza so che cos'è il potere,
che sotto tre sultani, di missione in missione,
d'altri Visir ho visto i rovesci senza nome,
io so, senza vantarmi, che solo se sa osare,
un uomo come me riesce a non naufragare,
e che morte cruenta è l'unico trattato
vigente fra uno schiavo e il padrone irritato.

OSMINO
Fuggite!

ACOMAT
Soluzione da me già prospettata,
ma allora la mia impresa era meno avanzata.
A questo punto è duro, Osmino, ritirarmi:
con gloriosa caduta io debbo segnalarmi,
e lungo la mia fuga tali macerie fare
che a inseguirmi debbano i nemici tardare.
Perché ci spaventiamo? Bajazet vive ancora.
Io da più lontano l'ho riportato allora.
Suo malgrado salviamolo da una fine inumana
per noi e i nostri amici, per la stessa Rossana.
Guarda che di proteggerlo lei fra di sé progetta:
il mio braccio trattenne, pronto a fare vendetta.
Io so poco d'amore, ma ti posso rispondere
che non è condannato se lei lo vuol confondere.
C'è tempo. Nonostante l'ira che la divora
Rossana andrà a trovarlo perché lo ama ancora.

OSMINO
Che mai vi ispira tale nobile resistenza?
Se Rossana lo ordina, le dobbiamo obbedienza.
Questo palazzo è pieno...

ACOMAT
Ma sì, di schiavi oscuri
che ignorano la guerra, protetti dai suoi muri;
ma tu, la cui virtù dal Sultano scordata
ha, per comuni mali, la mia sorte abbracciata,
vorrai le mie passioni fino in fondo seguire?

OSMINO
Mi offendo. Se morite, Signor, debbo morire.

ACOMAT
D'amici e di soldati una centuria ardita
qui fuori del palazzo attende la mia uscita.
La Sultana ha fiducia in ogni mio discorso.
Nutrito nel serraglio, ne so bene il percorso,
e so di Bajazet dov'è l'appartamento.
Presto. Se di morire è qui giunto il momento,
moriamo. Io, Osmino, come un Visir; e tu
come chi il favorito di un tale uomo fu.

ATTO V

Scena I
Atalide (sola).

ATALIDE
Non vedo nulla e invano vado cercando, ahimè!
Ma come l'ho perduta? Ah, infelice me!
Al mio funesto amore, cielo, perché hai permesso
di esporre tante volte Bajazet oggi stesso?
Che, ultima sciagura, la lettera fatale
fosse ancora finita in mano alla rivale?
Proprio qui è avvenuto; e temendo il suo sdegno,
quando Rossana apparve me la nascosi in seno.
Nel vederla tremò l'anima desolata;
le minacce, la voce, un comando m'ha turbata;
la forza e la coscienza sentii che mi lasciavano.
Rinvenni: le sue donne tutte mi circondavano,
ma ai miei occhi attoniti di colpo esse disparvero.
Ahimè, mani crudeli che sì pietose parvero,
ben cari mi vendeste quei soccorsi inumani
se grazie a voi la lettera finì nelle sue mani.
Ma ormai da quali piani ha la mente occupata?
E quale prima vittima vorrà le sia immolata?
Che sangue al suo rancore potrà dirsi bastante?
Ah, Bajazet è morto o muore in questo istante.
Intanto mi trattengono, qui sono incarcerata.
Aprono. La mia sorte mi sarà rivelata.

Scena II

Rossana, Atalide, Zatima.

ROSSANA
Andate via.

ATALIDE
Signora... il disturbo scusate...

ROSSANA
Andate via, vi dico. E più non replicate.
In consegna, guardiane.

Scena III

Rossana, Zatima.

ROSSANA
Zatima, tutto è fatto.
Orcano e i muti attendono che Bajazet sia tratto.
Ho in mano tuttavia ancora la sua sorte.
Posso salvarlo. Se esce però avrà la morte.
Viene?

ZATIMA
Sì, sui miei passi uno schiavo lo guida:
Lontano dall'intuire la fine stabilita,
uscì dalle sue stanze, mi parve d'osservare,
con premura, Signora, per venirvi a cercare.
ROSSANA
Cuore vile che meriti queste tue angosce amare,
di vedertelo innanzi lo potrai sopportare?
Potrai coi tuoi discorsi vincerlo, sopraffarlo?
E qualora cedesse, potresti perdonarlo?
Ma come! non dovresti essere vendicato?
Da lui attendi ancora di essere oltraggiato?
Senza sprecare il tempo su un cuor di pietra viva,
perché non lo condanno?... Ma eccolo che arriva.

Scena IV

Bajazet, Rossana.

ROSSANA
Io non intendo farvi dei rimproveri oziosi:
per sciuparli in parole gli istanti son preziosi.
Vi ho avuto a cuore, vero? e voi oggi vivete.
Non vi ripeterò se non ciò che sapete.
Che malgrado il mio amore non riuscissi a piacervi,
posso ancora accettarlo; ma per nulla tacervi,
vi dirò che il mio amore, con ciò che volli darvi,
del mio fascino scarso poteva compensarvi.
Mi stupisce però che per riconoscenza,
per premiare il mio amore e la mia confidenza,
mentendo bassamente, tanto a lungo possiate
aver finto un amore che voi non sentivate.

BAJAZET
Io, Signora?

ROSSANA
Sì, tu. Vuoi ancora negare
un disprezzo che pensi io possa ignorare?
Vuoi, mascherando il vero, nascondere le prove
di un amore che seguita a trattenerti altrove,
e infine vuoi negarmi con la perfida bocca
che soltanto l'affetto di Atalide ti tocca?

BAJAZET
Atalide? Signora! O cielo! Chi il coraggio...

ROSSANA
Ecco, malvagio, guarda. Smentisci tu il messaggio.

BAJAZET
Più nulla ho ormai da dire. Questo foglio sincero
d'un infelice amore contiene ogni mistero.
Voi sapete il segreto: ardendo di svelarsi,
a voi più volte il cuore pensò di confidarsi.
Amo, sì, lo confesso; prima che il vostro cuore
oltre la mia speranza mi svelasse il suo ardore,
già pieno di un affetto che nell'infanzia è nato,
da altri desideri io non ero sfiorato.
Voi veniste ad offrirmi e la vita e l'Impero;
così che il vostro amore, se devo esser sincero,
fidando negli aiuti che volle dispensarmi,
ogni mio sentimento credette di dettarmi.
Vidi quelle illusioni. Ma che potevo fare?
Nel medesimo tempo capii che vi eran care.
Quanto un cuore ambizioso è tentato dal trono!
Mi fece aprire gli occhi tanto nobile dono.
Accarezzai, accolsi senza indugiare più
la felice occasione d'uscir di schiavitù,
tanto più che dovevo accettarla o perire,
tanto più che voi stessa, così ardente ad offrire,
su un rifiuto possibile dovevate riflettere
ché nulla vi poteva altrettanto compromettere;
ché dopo aver osato vedermi e dichiararvi,
ormai sarebbe stato un rischio ritirarvi.
Vero che vi mostraste sovente contrariata?
Con che finte promesse io vi avrei ingannata?
Quante volte il rimprovero mi avete rivolto
perché tacevo, segno d'un animo sconvolto.
Più il vostro affetto agiva e la gloria si annunciava,
più il mio cuore perplesso da sé si condannava.
Il cielo che leggeva dentro di me, saprà:
io non mi limitavo a pure velleità;
ché se il successo avesse esaudito la speranza
rendendomi possibile ogni riconoscenza,
vi avrei con mille onori e mille dignità
soddisfatto l'orgoglio, pagato le bontà,
che forse voi...

ROSSANA
Che onori avresti in tuo potere?
Senza il tuo cuore, come mi potresti piacere?
Del tuo omaggio sarebbe ben inutile il frutto.
Non ti ricordi più che qui io sono tutto?
Padrona del serraglio, ho in mano la tua vita,
ho in mano anche lo Stato, che Amurat mi affida.
Sono Sultana e (questo non mi venne da te)
io regno sopra un cuore che ha amato solo me;
e nell'eccelsa gloria a cui sono arrivata,
a quale indegno onore mi avresti destinata?
Trascinerei qui dentro le mie giornate amare,
relitto di un ingrato che volli coronare,
scaduta dal mio rango, a mille altre uguale
o schiava favorita della mia rivale?
Lasciamo queste chiacchiere... Più non m'importunare.
E per l'ultima volta; vuoi vivere e regnare?
Amurat ti condanna; io te lo eviterei.
Hai un istante: parla.

BAJAZET
E che cosa dovrei...

ROSSANA
La mia rivale è qui: vieni e non differire.
Nelle mani dei muti tu la vedrai morire.
Libero d'un amore che solo ti è funesto,
vieni a giurarmi fede: il tempo farà il resto.
La grazia è a questo prezzo, se vuoi acconsentirvi.

BAJAZET
Accetterei soltanto, Signora, per punirvi,
per far saltare agli occhi dell'Impero a qual prezzo
mi si fa una proposta degna d'ogni disprezzo.
Ma da quale furore mi lascio trascinare,
sulla sua triste sorte venendovi a sfidare!
Non è stata mai complice dei miei moti avventati,
né del mio stesso amore, né dei crucci a voi dati.
Non volle trattenermi con impulso geloso,
fu lei a scongiurarmi d'essere vostro sposo.
Dei miei misfatti, insomma, non diventi la vittima,
su me solo ricada la collera legittima.
Ad Amurat, al suo ordine badate ad obbedire;
ma senza odiarvi, almeno, lasciatemi morire.
Certo non l'ha, con me, il Sultano condannata:
risparmiate una vita già tanto sventurata.
Questa grazia aggiungete alle bontà infinite,
Signora; e se vi sono mai stato caro...

ROSSANA
Uscite.

Scena V

Rossana, Zatima.

ROSSANA
Qui per l'ultima volta, perfido, mi hai veduta.
E ora subirai la pena a te dovuta.

ZATIMA
Ai vostri piedi Atalide si vuole prosternare
e vi prega un istante di volerla ascoltare.
Un segreto importante in sua mano detiene
e a voi vuole affidarlo: più che a lei vi conviene.

ROSSANA
Venga pure. Tu segui Bajazet che è uscito.
E quando sarà tempo, dimmi com'è finito.

Scena VI

Rossana, Atalide.

ATALIDE
Non più disposta a fingere, eccomi a voi arresa
e alla vostra bontà che a lungo è stata offesa.
Confusa, e degno oggetto di tanta avversità,
vengo a deporvi ai piedi ogni mia falsità.
Sì, Signora, è ben vero che io vi ho ingannata:
del mio rischioso amore solo preoccupata,
vedendo Bajazet, lungi dall'obbedirvi,
non ho, nei miei discorsi, pensato che a tradirvi.
Lo amavo dall'infanzia; gli avevo fin d'allora
in mille modi l'anima irretita, Signora.
La Sultana sua madre, ignorando l'avvenire,
gli attirò la sventura quando ci volle unire.
E, dopo, voi l'amaste: felice il nostro cuore,
se conoscendo il mio, o celando il vostro amore,
voi aveste potuto di me ben diffidare!
Non m'incolpo volendolo io qui giustificare.
Giuro in nome del cielo che assiste al mio tormento,
e dei grandi Ottomani da cui io discendo,
e che con me v'invocano, tutti con me prostrati,
per quell'eccelso sangue che in noi li ha perpetuati:
Bajazet presto o tardi a voi sola sensibile,
Signora, al vostro fascino non era irriducibile.
Ma io gelosa e sempre ben pronta a spaventarlo
con ciò che reputavo utile ad arrestarlo,
lamenti, pianti, collera, mai nulla tralasciai
e ai Mani di sua madre perfino mi appellai.
Oggi stesso (o funesta più d'ogni altra giornata),
mentre gli rinfacciavo la speranza a voi data,
della mia morte prossima buttandogli la colpa,
non allentò la presa la mia passione stolta
se non quando lo ebbi, suo malgrado, obbligato
a un impegno preciso: così l'ho condannato.
Ma la vostra bontà si sarebbe stancata?
Di lui non ricordate la freddezza passata.
I nodi che ho tagliato, quand'io sarò sepolta,
si rifaranno presto, ormai la causa è tolta.
Se il mio misfatto merita le torture più amare,
una morte legittima non vogliate ordinare,
né vogliate mostrarvi al suo cuore stremato
coperta del mio sangue da voi stessa versato.
A un cuore troppo tenero non siate troppo forte.
Lasciatemi da sola scegliere la mia sorte,
Signora: non per questo ritarderò a morire.
Il bene che vi lascio lo voglio garantire.
Coronate un eroe che a sé vi vorrà unita.
Io bado alla mia morte. Badate alla sua vita.
Signora, andate. Quando voi qui ritornerete,
libero da rivali il vostro amore avrete.

ROSSANA
Il vostro sacrificio così grande mi onora:
io so farmi giustizia, mi conosco, Signora.
Prima di sera voglio, lungi dal separarvi,
mediante nodi eterni io stessa qui legarvi.
Gioirete ben presto del suo grazioso volto.
Alzatevi. Ma Zatima che cosa ha mai sconvolto?

Scena VII

Rossana, Atalide, Zatima.

ZATIMA
Se non volete subito al popolo mostrarvi,
il ribelle Acomat potrà di qui scacciarvi.
Profanando le mura sacre ad ogni sultano,
con criminali amici fece un colpo di mano.
I vostri schiavi tremano, più di metà sparisce,
non sanno se il Visir vi serve o vi tradisce.

ROSSANA
Ah! Traditori! Andiamo a sconvolgergli il piano.
Tu rispondi di Atalide: non ti sfugga di mano.

Scena VIII

Atalide, Zatima.

ATALIDE
Ahimè! per chi il mio cuore dovrà mai parteggiare?
Quali disegni nutrano non posso che ignorare.
Se di tante disgrazie qualche pietà ti tocca,
io non vorrò mai chiedere, Zatima, alla tua bocca
di tradire Rossana e il segreto per me.
Ma dimmi, te ne prego, ciò che fa Bajazet.
L'hai visto? La sua sorte non mi deve allarmare?

ZATIMA
Vi posso, in tanti mali, solo commiserare.

ATALIDE
Come? Rossana forse lo ha già condannato?

ZATIMA
Il segreto su tutto, Signora, mi è ordinato.

ATALIDE
Ma dimmi, disgraziata, almeno se è vivente.

ZATIMA
Ne va della mia vita, non vi dirò più niente.

ATALIDE
Ah, è troppo, crudele! Su, compi il tuo disegno.
La tua mano zelante le dia ancora un pegno.
Uccidimi. Tu taci e il mio cuore cederà,
tu, di barbara schiava, schiava senza pietà.
Precipita quei giorni che mi vuole rapire,
e a lei, se puoi, dimostrati più degna di servire.
Tu mi trattieni invano. Senza più ritardare
io lo debbo vedere, o la vita abbandonare.

Scena IX

Atalide, Acomat, Zatima.

ACOMAT
Ah! che fa Bajazet? dove posso trovarlo,
Signora? Giungo ancora in tempo per salvarlo?
Ho percorso il serraglio; e fino dall'entrata,
dei miei validi amici la metà separata
ha seguito le tracce del coraggioso Osmino.
Per altra strada il resto mi segue da vicino.
Corro e non vedo altro che schiere inorridite
di schiavi in preda al panico e di donne fuggite.

ATALIDE
Meno di voi conosco la sorte che lo aspetta.
Ma la schiava sa tutto.

ACOMAT
Vuoi rispondere, in fretta,
disgraziata. Altrimenti...

Scena X

Atalide, Acomat, Zatima, Zaira.

ZAIRA
Signora!

ATALIDE
Ebben, Zaira?

ZAIRA
Non c'è più da temere: ormai Rossana spira.

ATALIDE
Rossana?

ZAIRA
E, cosa ardua da essere accettata,
è Orcano, proprio Orcano che l'ha assassinata.

ATALIDE
Lui!

ZAIRA
Disperato certo del crimine fallito,
sopra quest'altra vittima Orcano si è accanito.

ATALIDE
O, giusto cielo, infine coroni l'innocente.
Visir, correte a lui: Bajazet è vivente.

ZAIRA
Sarete, grazie a Osmino, assai meglio informata.
Ha visto tutto.

Scena XI

Atalide, Acomat, Osmino, Zaira.

ACOMAT
Gli occhi non l'avranno ingannata?
Rossana è morta?

OSMINO
Vidi il feroce esecutore
ritirare il pugnale fumante dal suo cuore.
Il crudo stratagemma Orcano meditava,
e mentre la serviva, fra sé la condannava.
E in segreto il Sultano lo aveva incaricato
di spegnere l'amante poco dopo l'amato.
Proprio Orcano vedendoci mentre ci accostavamo:
Adorate, ci ha detto, l'ordine del sovrano.
Dell'augusto sigillo i segni contemplate.
Le sacre mura, perfidi, in fretta abbandonate.
Lasciò, così dicendo, Rossana agonizzante
e verso di noi venne, e con mano sanguinante
svolse e mostrò l'ordine da Amurat stesso scritto,
che autorizzava il mostro a quel duplice delitto.
Ma senza più volergli dare ascolto, Signore,
trascinati dall'ira e insieme dal dolore,
con le braccia impazienti punimmo quel malnato.
Bajazet e la sua morte abbiamo vendicato.

ATALIDE
Bajazet!
ACOMAT
Ma che dici?

OSMINO
Egli non è più in vita.
L'ignoravate?

ATALIDE
O cielo!

OSMINO
Rossana incollerita,
qui vicino, Signore, il vostro colpo intuendo,
si indusse a condannarlo a quel nodo tremendo.
Io stesso degli oggetti ho visto il più funesto,
sperando che di vita gli rimanesse un resto.
Bajazet era morto. L'avevamo incontrato,
da morti e da morenti fieramente attorniato,
eroe vinto dal numero, che a vendicar l'ingiuria
nel regno delle ombre trascina una centuria.
Pensiamo a noi, Signore. Ormai tutto è passato.

ACOMAT
Ah! fati avversi, dove mi avete trascinato?
Io so con la sua morte che perdita soffriate,
Signora; e nello stato in cui voi vi trovate,
non mi sento in diritto di proporvi l'aiuto
di quei pochi infelici che in lui hanno creduto.
Disperato, colpito da una morte miserevole,
non tento di salvare la mia testa colpevole;
ma verso i tristi amici talmente debitore,
difendo fino all'ultimo chi mi ha eletto difensore.
Quanto a voi, se credete che in qualche altra contrada
possiate trovar scampo, voi testa consacrata,
pensateci, Signora; ormai senza nemici,
un vostro cenno attendono i miei fedeli amici.
Ed io, per non perdere più un solo minuto,
corro dove il mio braccio può essere d'aiuto.
Ai piedi delle mura che il mare può lambire,
sui miei vascelli pronti vi prego di salire.

Scena XII

Atalide, Zaira.

ATALIDE
Dunque tutto è finito: le astuzie ne hanno colpa,
i funesti capricci, la diffidenza stolta,
e sono alfine giunta al doloroso porto
dove per colpa mia il mio amato è morto.
Non ti bastava forse, o mia sorte spietata,
che io a sopravvivergli venissi condannata?
E bisognava ancora, per colmo dell'orrore,
che dovessi imputarne la morte al mio furore?
Sì, sono io, o amato, che ti strappo la vita:
non te l'hanno Rossana né il Sultano rapita.
Io sola ti ho intrecciato quel cappio miserevole
di cui ora hai provato la stretta abominevole.
Sopporterò l'idea, io, senza morire,
io che non ho potuto evitare di svenire
quando la morte appena sembrava minacciarti?
Non ebbi dunque amore che per assassinarti?
È troppo: e ormai bisogna che un sacrificio avvenga,
che questa mano amica ti vendichi e mi spenga.
Voi la cui gloria e quiete ho voluto turbare,
eroi che questo eroe doveva perpetuare,
tu, madre disgraziata che dalla nostra infanzia
quel cuore mi affidasti con ben altra speranza,
infelice Visir, amici disperati,
Rossana, su, venite contro me congiurati
a tormentare insieme un cuore derelitto...

Si uccide.

Eccovi la vendetta che è vostro diritto.

ZAIRA
Signora! Spira... O cielo! Che sventurato amore!
Perché con lei non posso morire di dolore?

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