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Dante Alighieri

Vita
Nacque a Firenze nel 1265 da una famiglia della piccola nobiltà cittadina di parte guelfa. Nonostante le
condizioni economiche poco felici, riuscì a condurre in giovinezza una vita da gentiluomo e a procurarsi una
raffinata educazione. Il suo amato maestro, probabilmente di retorica, fu Brunetto Latini. Accanto agli
interessi dottrinali, si manifestò la vocazione alla poesia: imparò da sé “l’arte di dire le parole in rima”,
leggendo i poeti provenzali e subendo l’influenza dell’amico Cavalcanti. La sua esperienza intellettuale e
sentimentale di questi anni si compendia intorno alla figura di una donna, Beatrice. La sua morte segna per
Dante un periodo di smarrimento. Per trovare conforto, si rivolge agli studi filosofici e approfondisce la sua
cultura poetica leggendo i poeti latini. A queste esperienze culturali si aggiunge quella politica: Dante entrò
nell’Arte dei Medici e Speziali e ricoprì varie cariche, finché, nel 1300, fu eletto tra i Priori, la suprema
magistratura cittadina. Quello era un periodo difficile per il Comune fiorentino, lacerato tra fazioni dei
Guelfi bianchi e neri e minacciato nella sua autonomia da papa Bonifacio VIII, che mirava ad imporre il
dominio della Chiesa sulla Toscana. Dante fu più vicino ai Bianchi, che difendevano la libertà di Firenze.
L’inviato pontificio Carlo di Valois, mandato per ristabilire la pace, favorì invece i Neri, e questi si
impadronirono di Firenze. Dante, in quel momento fuori Firenze, apprese di essere stato condannato
all’esilio con l’accusa di baratteria (corruzione nelle cariche pubbliche). Cominciò così l’esperienza
dell’esilio. Ebbe inizio il suo pellegrinaggio per varie regioni italiane. La sua funzione era quella di uomo di
corte presso signori magnanimi che ospitavano uomini di cultura per ricavarne lustro e prestigio. Dante,
fiero del proprio valore e geloso della sua autonomia, rivolgeva sempre il pensiero a Firenze, e tale
nostalgia affiora dalle sue opere. Durante questi anni gli si fece spazio nella mente l’idea di una chiesa
corrotta la cui causa fosse l’assenza di un imperatore che si occupasse del potere temporale. Si convinse di
avere una missione: condurre l’umanità sulla via del riscatto, vocazione da cui nacque il disegno della
Commedia, alla quale lavorò per quasi tutti gli anni dell’esilio. Nel 1315 Dante rifiutò un’amnistia che aveva
come prezzo il riconoscimento della propria colpevolezza ed un’umiliazione pubblica. Negli ultimi anni visse
a Ravenna circondato ormai dalla fama di altissimo poeta. Morì il 14 settembre del 1321.

La Vita nuova
La genesi dell’opera
Firenze, essendo ai tempi della giovinezza di Dante un ambiente culturale ricco di fermenti e tendenze
poetiche diverse, consentì all’Alighieri di dedicarsi presto alla poesia, orientandosi verso la lirica d’amore di
ascendenza cortese. È influenzato dall’amico più anziano Guido Cavalcanti (con cui si forma il gruppo del
“dolce stil novo”), infatti i suoi versi insistono sul motivo dell’amore come tormento e sofferenza. Da questo
influsso si libera ben presto. Dopo la morte di Beatrice, Dante decise di raccogliere le liriche più significative
scritte fino a quel momento, facendole precedere da un commento in prosa (che spiegasse l’occasione da
cui i componimenti erano nati) e facendoli seguire da un commento retorico (prosimetro). L’opera fu
intitolata Vita nuova, ad indicare il rinnovamento spirituale del poeta determinato da un amore
eccezionale ed altissimo. Nel libro è probabilmente contenuta una trama di esperienze reali, ma Dante mira
soprattutto a cogliere i significati segreti che ci sono al di là di esse.
I contenuti
Dante narra di aver incontrato Beatrice a nove anni e di essersene subito innamorato. Dopo nove anni (è
costante il numero nove, che rimanda alla Trinità), la incontra di nuovo ed è immensa la sua gioia al suo
saluto. Da allora nel saluto della “gentilissima” ripone tutta la sua felicità. Seguendo i rituali dell’amor
cortese, Dante si impegna a nascondere l’identità dell’amata, fingendo di rivolgere il suo amore alle donne
dette “dello schermo”, perché lo proteggono dai “malparlieri”. Ma la finzione suscita le chiacchiere della
gente e della stessa Beatrice, che gli nega il saluto, generando nel poeta profonda sofferenza. Ma Dante
decide di smettere di descrivere le sue sofferenze e inizia a lodarla. Una visione preannuncia al poeta la
morte della donna e, dopo poco, Beatrice muore realmente. Sono giorni tremendi per il poeta, ed egli trova
consolazione nello sguardo di una “donna gentile”. Ma Beatrice gli appare nuovamente in una visione: tutti
i pensieri del poeta tornano a lei. Nel capitolo che chiude l’opera, Dante narra di aver avuto un’altra visione
che lo induce a non parlare più dell’amata fino a quando non arrivi a dire di lei quello che mai nessuno ha
detto d’alcuna.
I significati segreti
Il libro è suddiviso in tre parti a cui corrispondono tre diversi stadi dell’amore. Nel primo esso rientra nei
canoni dell’amor cortese, secondo cui l’amante poteva sempre sperare in una ricompensa (il saluto) al suo
amore da parte della donna. La negazione del saluto, fa scoprire a Dante che la felicità non deve nascere da
un appagamento esterno, ma dentro di lui, dalle parole dette in lode della sua donna. È questo il secondo
stadio: l’amore diviene fine a se stesso. Non è più passione terrena. Arriviamo al terzo stadio quando
l’amore per la donna innalza l’anima sino alla contemplazione del cielo (Empireo). Dietro le apparenze di
una vicenda d’amore, la Vita nuova narra dunque di un’esperienza mistica.

La Divina Commedia
Dante iniziò la composizione della Commedia durante l’esilio, probabilmente intorno al 1307. La cronologia
dell’opera è incerta, ma si ritiene che l’Inferno sia stato concluso intorno al 1308, il Purgatorio intorno al
1313, mentre il Paradiso sarebbe stato portato a termine pochi mesi prima della morte, nel 1321. Il titolo
originale è Commedia, l’aggettivo Divina fu aggiunto dal Boccaccio nelle laude di Dante. È un poema
didattico-allegorico, scritto in endecasillabi. Racconta il viaggio di Dante nei tre regni dell’Oltretomba,
guidato dapprima dal poeta Virgilio (che lo conduce attraverso Inferno e Purgatorio) e poi da Beatrice (che
lo guida nel Paradiso). L’opera ha anche un significato allegorico, ovvero quello di un percorso di
purificazione morale e religiosa che ogni uomo può e deve compiere in questa vita per ottenere la salvezza
eterna. L’opera è anche un atto di denuncia contro la corruzione ecclesiastica e gli abusi del potere politico.
Quanto alla lingua, Dante si serve del volgare fiorentino che, grazie a quest’opera, si impose sugli altri
volgari italiani. Questo ha portato gli studiosi a parlare di plurilinguismo e pluristilismo della Commedia, il
che differenzia Dante da gli altri poeti dell’Umanesimo e del Rinascimento, che preferiranno alla sua una
lingua più «pura» e regolare. La Commedia diventa quindi una sorta di nuova Bibbia, ed è Dante stesso a
definirla poema sacro, lui può ben aspettarsi la fama eterna, anche per l’assoluta novità della materia da lui
trattata. Non ci è possibile collocare la Commedia in nessun genere letterario. Dante distingue nel De
vulgari eloquentia le opere letterarie in tre generi: “tragico” (in stile alto e sublime), ”comico” (in stile
medio e comune), ”elagiaco” (in stile basso e umile); ma la Commedia presenta caratteristiche di tutti e tre,
per cui il problema del genere è irrisolvibile, probabilmente anche per la grande originalità dell’opera.

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