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(5.

Legge, Editto del pretore, Processo)


( il processo formulare come strumento non solo di riconoscimento, ma anche di creazione di diritti )

Sommario (generale)
1. Il nuovo diritto imposto attraverso le formule in factum conceptae
2. Il nuovo diritto imposto attraverso le formule ficticiae
3. Il nuovo diritto imposto attraverso le formule con trasposizione di soggetti
4. Bona fides (oggettiva) e riconoscimento dei rapporti de-formalizzati

(5.3 Il nuovo diritto imposto attraverso le formule con trasposizione di soggetti)


[Cfr. M. Marrone, Istituzioni di diritto romano, §§ 24, 38-41, 81]
Sommario (particolare)
I. Le azioni adiecticiae qualitatis in generale
II. L’actio institoria in particolare
III. L’actio de peculio et de in rem verso in particolare

I. Le azioni adiecticiae qualitatis in generale


[a] Premessa: il principio potestativo di fronte alle ragioni dell’aequitas e dei nuovi mercati del mondo
romano
• Come sappiano, le regole potestative del ius civile più antico stabiliscono che il soggetto alieni iuris –
figlio di famiglia o schiavo - possa soltanto arricchire il padre, non anche impoverirlo. Il principio in que-
stione venne ridimensionato dal pretore non soltanto in presenza di abusi palesi (come il ricorso alla adro-
gatio per “pulirsi” dei debiti: vd. Handout precedente, nr. II). Il pretore fece molto di più, intervenendo
in relazione ai profondi cambiamenti socio-economici che avevano investito Roma per effetto della sua
continua espansione territoriale; cambiamenti che avevano portato una piccola comunità, dedita princi-
palmente ad agricoltura e pastorizia, a trasformarsi in una comunità ricca, cosmopolita, aperta anche ai
commerci e allo scambio su vasta scala di beni e servizi.
• Nel suo intervento riformatore il magistrato tiene conto di tre fattori di fondo, complementari. Da un
lato (a) il principio di equità, per cui la persona che da una data situazione ricava vantaggi (nel caso di
specie: l’avente potestà, che fa suoi i crediti ottenuti dal sottoposto) deve accollarsi anche i relativi svan-
taggi. Dall’altro lato (b) il principio di auto-responsabilità, per cui la persona che autorizza un terzo a
contrarre con un suo sottoposto è come se partecipasse direttamente al contratto. Da un altro lato ancora
(c) le esigenze di un mercato aperto, che molto spesso finisce per spersonalizzare i singoli contratti.
33. Ulp. 28 ad es. apud D. 14.3.1 pr. : Aequum E’ parso equo al pretore che come otteniamo dei vantaggi
praetori visum est, sicut commoda sentimus ex dall’attività degli institori [= coloro che mettiamo a capo della
actu institorum, ita etiam obligari nos ex contrac- gestione di un’impresa] così anche possiamo essere obbligati in
tibus ipsorum et conveniri. base ai contratti degli stessi e convenuti in giudizio.

(a) vantaggi e svantaggi non vanno disgiunti
(b) chi induce un terzo a contrarre è
come se fosse parte del contratto

34. Ulp. 29 ad es. apud D. 15.3.1 pr. : Merito ex ius- Con ragione a seguito di una autorizzazione del proprietario
su domini in solidum adversus eum iudicium (scil. del sottoposto con il quale concludiamo un contratto) si
datur, nam quodammodo cum eo contrahitur qui accorda nei suoi confronti un giudizio per l’intero (valore del
iubet. credito): difatti, con una persona che autorizza è come se si con-
cludesse un contratto.

35. Ulp. 28 ad es. apud D. 14.1.1 pr.: Utilitatem Non vi è nessuno che ignori l’evidente utilità di questo
huius edicti patere nemo est qui ignoret. nam cum editto. Infatti, dato che a volte, per la necessità di navigare,
interdum ignari, cuius sint condicionis vel quales, concludiamo contratti con i comandanti (di una nave) senza
cum magistris propter navigandi necessitatem sapere di quale condizione giuridica essi siano o di chi sia-

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contrahamus, aequum fuit eum, qui magistrum no, fu equo chiamare a rispondere colui che ha messo il co-
navi imposuit, teneri, ut tenetur, qui institorem ta-
mandante a capo della nave, allo stesso modo in cui è chia-
bernae vel negotio praeposuit, cum sit maior ne- mato a rispondere chi ha preposto un institore a un locale
cessitas contrahendi cum magistro quam institore. commerciale o a un’impresa. Maggiore è infatti la necessità
quippe res patitur, ut de condicione quis institoris
di concludere contratti con il comandante che con l’insti-
dispiciat et sic contrahat: in navis magistro non ita,
tore. Difatti, la situazione permette che uno verifichi la
nam interdum locus tempus non patitur plenius condizione dell’institore e in tale modo concluda contratti;
deliberandi consilium. (ma) nei confronti del comandante della nave non è così:
 infatti, talora il luogo (e) il momento non permettono una
(c) le condizioni del mercato e dell’impresa (spe- più piena valutazione per decidere.
cie quella marittima) non sempre permettono ai
clienti di conoscere la condizione giuridica della
controparte

• Per far sì che vantaggi e svantaggi derivanti dai contratti dei sottoposti siano equamente distribuiti e
per far sì che il principale che induca un terzo a contrarre con il sottoposto, o che al sottoposto fornisca i
mezzi per commerciare, non scarichi sui clienti l’onere di verificare l’esatta condizione giuridica della con-
troparte, il pretore introduce nell’editto le actiones adiecticiae qualitatis.
•Le azioni in questione sono così chiamate (a partire dall’età medievale) per il fatto che permettono di far
valere una responsabilità (quella dell’avente potestà o comunque del principale) che si aggiunge a quella
del sottoposto contraente (persona alieni iuris o comunque preposto all’impresa dal principale).
 N.b. La responsabilità del sottoposto può derivare:
(a) da una obbligazione civile “piena”, se il preposto è a sua volta persona sui iuris (vd. meglio sotto al
nr. II.c.);
(b) da una obbligazione civile “congelata”, se il sottoposto è un figlio di famiglia, che potrà essere chia-
mato a rispondere del debito solo quando diverrà autonomo;
(c) da una obbligazione “naturale”, se il sottoposto è uno schiavo, che potrà essere chiamato a risponde-
re del debito solo se verrà liberato.

[b] Una “responsabilità aggiuntiva”, ma commisurata: panoramica sulle singole azioni


• La preoccupazione che guida il Pretore, nel costruire questo sistema di azioni, è che i principi antichi
del ius civile non siano completamente travolti, e che dunque non si arrivi a fare rispondere il principale
per il solo fatto che un suo sottoposto si sia impegnato in una operazione commerciale.
• Il pretore procede in modo ponderato, e a seconda dei presupposti delinea a carico del principale (a) una
responsabilità commisurata alla sua effettiva compartecipazione all’operazione del sottoposto oppure (b)
una responsabilità commisurata ai guadagni che l’operazione del sottoposto gli abbia eventualmente
procurato.
(a) Il magistrato crea una responsabilità generale dell’avente potestà attraverso
prima azione, chiamata quod iussu (formula n. 98). Con essa il pretore costringe il (a) resp. illimitata
principale a rispondere in solidum, vale a dire per l’intero importo del credito che 
• a. quod iussu
un terzo avesse concesso a un suo sottoposto dietro sua esplicita autorizzazione.
• a. institoria
Una logica analoga ispira un secondo gruppo di azioni, anch’esse in solidum, attra- • a. exercitoria
verso le quali il principale viene chiamato a rispondere dei debiti contratti da quei
sottoposti che egli avesse esplicitamente preposto all’esercizio di un’azienda terre-
stre (actio institoria [formule nn. 95-96]), oppure al comando di una nave mercanti-
le (actio exercitoria).
(b) In assenza di una partecipazione tanto fattiva dell’avente potestà, il Pretore ri-
tiene equo chiamarlo a rispondere dei contratti conclusi dal sottoposto in misura (b) resp. limitata
soltanto limitata, e cioè configurando a suo carico un processo all’esito del quale 
• a. de peculio et de
egli sarà chiamato a rispondere del debito del sottoposto nei limiti del peculio (ossia
in rem verso
per una somma che non superi la consistenza di quel gruzzolo di beni o di denaro,
che il principale aveva permesso al sottoposto di amministrare come patrimonio
sepa-rato) oppure nei limiti dell’arricchimento che il padre/dominus avesse comun-

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que tratto dall’operazione conclusa dal sottoposto (actio de peculio et de in rem verso
[formula n. 99]).

II. L’actio institoria in particolare


[a] Le azioni adiettizie come azioni “utili”.
Le azioni adiecticiae qualitatis appartengono al genere delle azioni utili, e perciò si modellano su un’azione
civile presa come riferimento. In concreto, l’azione di riferimento sarà determinata dal tipo di operazione
contrattuale intervenuta tra il terzo e il sottoposto. Se si immagina che il sottoposto avesse ricevuto una
somma a mutuo dall’attore, questi dovrebbe fare riferimento, come azione di base, alla relativa azione
civile (formula nr. 19), convertendola però come forma “utile” a carico non del sottoposto, ma del suo
principale. Se il principale viene chiamato in causa per avere affidato al sottoposto l’esercizio di una im-
presa terrestre, la formula che ne scaturirà sarà perciò una forma riveduta e corretta della condictio certae
pecuniae

[b] La variante “institoria” della condictio certae pecuniae (formula n. 96, Mantovani pp. 80 e 209)

Iudicis Nominatio C. Aquilius iudex esto. Sia giudice G. Aquilio.

Intentio Si paret L. Titium, qui a N. Negidio ta- Se risulta che Lucio Tizio, il quale è stato prepo-
(certa) bernae instructae praepositus esset A. sto alla bottega da N. Negidio,
Agerio sestertium decem milia dare oportere, deve dare ad Aulo Agerio diecimila sesterzi,

qua de re agitur materia del contendere,

Condemnatio C. Aquilius iudex N. Negidium A. Agerio il giudice Gaio Aquilio condanni N. Negidio nei
(certa) sestertium decem milia condemnato; si non confronti di Aulo Agerio per diecimila sesterzi,
paret absolvito se non risulta, lo assolva.

[c] Decodifica della formula :


) L’intentio non indica soltanto il nome dell’attore, ma anche quella di altri sog-  azioni
getti (Lucio Tizio, N. Negidio)  si tratta perciò della formula di un’azione in
personam. (in rem) in personam
) Nell’intentio, la posizione di uno dei due soggetti è legata a quella dell’attore
attraverso il verbo lat. oportere = it. dovere, il quale integra un predicato verbale − azioni
espresso al modo indicativo (si paret … dare oportere = it. “se risulta che … deve
dare”). Il fatto tuttavia che il legame espresso dal verbo oportere corra tra l’attore (civili) pretorie
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(Aulo Agerio) e una persona diversa dal convenuto (Lucio Tizio) indica che il con-
utili (in factum
venuto (N. Negidio) non sta in giudizio per un proprio debito civile  Non si conceptae)
tratta perciò della formula di un’azione in personam civile, ma di un’azione preto-
ria. (fittizie) con trasposizione
) Dal momento che la formula risulta comunque redatta in termini di diritto (da- di soggetti
ta la presenza del verbo oportere), non si tratta nemmeno della formula di un’a-
zione pretoria in factum concepta.  Si tratta per-ciò della formula di un’actio
utilis, cioè di un’azione la cui formula si appoggia alla formula di un’azione civile
in ius concepta, introducendovi tuttavia alcune modifiche.
) Nel caso di specie, l’azione prende a modello la condictio certae pecuniae (= formula n. 19). Ne consegue
(!!) che questa azione seguirà il regime della condictio per tutto quanto non sia toccato dalle modifiche di
cui ora si dirà.
) La differenza fondamentale, rispetto al modello civile, sta nel fatto che la formula, da un lato (attra-
verso l’intentio), chiede al giudice di verificare se un soggetto estraneo al processo (Lucio Tizio) abbia un
debito civile (per 10.000 sesterzi) verso l’attore (A. Agerio), ma dall’altro lato (attraverso la condemnatio)
impone al giudice di condannare non il debitore civile (Lucio Tizio), ma il convenuto (Numerio Negidio)

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 questo scambio di soggetti indica che si è in presenza di una formula (di un’azione utile) cd. con tra-
sposizione di soggetti
) Nel caso di specie, la trasposizione di soggetti presuppone che Lucio Tizio abbia operato come institor,
ossia come persona preposta dal convenuto all’amministrazione di una certa impresa commerciale (“se
risulta che Lucio Tizio […] il quale è stato preposto alla bottega da N. Negidio […]”).

Ai sensi della formula, il convenuto sarà perciò condannato se risulterà (cumulativamente):
• che N. Negidio aveva incaricato L. Tizio di gestire una sua impresa commerciale;
• che nell’esercizio di tale impresa (e dunque non nell’ambito di propri affari personali) Lucio Tizio
aveva contratto con A. Agerio un debito civile di 10.000 sesterzi in relazione a un contratto (per es. il
mutuo) tutelabile con la condictio certae pecuniae
• che il debito in questione non è stato estinto prima che tra A. Agerio e N. Negidio fosse instaurato il
processo.

Nb. Nel caso della formula nr. 96 (così come della formula nr. 95) la legittimazione passiva di Numerio Negidio è de-
terminata dal semplice rapporto di preposizione, vale a dire dal fatto che Numerio Negidio abbia preposto Lucio
Tizio (il debitore) a capo di una certa sua azienda terrestre. La formula tuttavia non richiede che tra preponente e
preposto corra un rapporto anche di tipo potestativo. Lucio Tizio potrebbe perciò essere tanto un sottoposto del
convenuto in senso stretto (vale a dire un suo figlio di famiglia o un suo schiavo), quanto una persona sui iuris che
ha liberamente accettato l’incarico di institor (concludendo perciò con N. Negidio un contratto di mandato: cfr.
Marrone § 164).
Come tutte le altre azioni adiettizie, l’actio institoria ha avuto dunque origine nell’ambito dei rapporti potestativo,
ma ha finito poi per prescinderne (e lo stesso può dirsi per l’actio exercitoria).

III. L’actio de peculio et de in rem verso in particolare


[b] La formula dell’actio de peculio et de in rem verso (per l’ipotesi che si tratti di far valere un contratto di
deposito, concluso dal soggetto in potestà nel ruolo di depositario)
(formula n. 99, Mantovani pp. 81 e 210)

Iudicis Nominatio C. Aquilius iudex esto. Sia giudice G. Aquilio.

Demonstratio Quod A. Agerius apud Stichum servum, Poiché Aulo Agerio ha depositato un tavolo
qui in N. Negidii potestate est, men- d’argento presso lo schiavo Stico, che è nella po-
sam argenteam deposuit, qua de re agitur, testà di N. Negidio, materia del contendere

Intentio quidquid ob eam rem Stichum servum si con riguardo a tutto ciò che per tale causa lo
(incerta) liber esset ex iure Quiritium A. Age- schiavo Stico, se fosse libero in base al diritto dei
rio dare facere oporteret ex fide bona Quiriti, dovrebbe dare o fare in favore di Aulo
Agerio secondo buona fede,

Condemnatio eius C. Aquilius iudex N. Negidium A. il giudice Gaio Aquilio condanni N. Negidio nei
(incerta cum taxa- Agerio dumtaxat de peculio et si quid confronti di A. Agerio; nei limiti del peculio, ivi
tiones) dolo malo N. Negidii factum est quo incluso quanto per dolo di N. Negidio è stato even-
minus peculii esset vel si quid in rem tualmente fatto sì che non si trovasse nel peculio
N. Negidii inde versum est condemna- oppure nei limiti di quanto da ciò sia stato even-
to; si non paret absolvito. tualmente rivolto a profitto di N. Negidio; se non
risulta lo assolva.

[c] Decodifica della formula :


−  intentio
) La formula non è aperta dalla consueta locuzione si paret = it. se risulta,
ma da una proposizione causale, introdotta dalla congiunzione quod = it. poi- demonstratio
+
ché  si tratta perciò di una formula con demonstratio, relativa a un’azione (certa) incerta
in personam; nel caso di specie la demonstratio individua la ragione del pro-
(di stretto di buona
diritto) fede

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cesso in un deposito intervenuto tra l’attore (come deponente) e uno schiavo
(come depositario) di proprietà del convenuto (N. Negidio).
) Alla demonstratio segue una intentio incerta di buona fede, nella quale la po- − azioni
sizione dello schiavo Stico è legata a quella dell’attore attraverso il verbo lat.
oportere = it. dovere. Tale verbo, tuttavia, è coniugato al congiuntivo imper- (civili) pretorie
fetto lat. oporteret = it. dovrebbe, in conseguenza del fatto che il giudice viene |
utili (in factum
invitato a valutare quale sarebbe la prestazione dovuta dallo schiavo se, an- conceptae)
ziché essere appunto uno schiavo, fosse una persona libera  La formula in
questione non è perciò quella di un’azione in personam civile, ma di un’azione (fittizie) con trasposizione
pretoria, contenente una fictio (nel caso di specie chiamata fictio libertatis : di soggetti
cfr. Mantovani p. 81 nt. 367).
) Dal momento che la formula risulta comunque redatta in termini di diritto (data la presenza del verbo
oportere), non si tratta nemmeno della formula di un’azione pretoria in factum concepta  Si tratta per-
ciò della formula di un’actio utilis, cioè di un’azione la cui formula si appoggia alla formula di un’azione
civile in ius concepta, introducendovi tuttavia alcune modifiche.
) Nel caso di specie, l’azione prende a modello l’actio depositi directa in ius concepta (= formula n. 27). Ne
consegue (!!) che questa azione seguirà il regime dell’actio depositi per tutto quanto non sia toccato dalle
due modifiche di cui ora si dirà.
) Rispetto al modello civile, la prima modificazione sta nel fatto che la formula, da un lato (attraverso la
demonstratio e l’intentio fittizia), chiede al giudice di verificare se un soggetto estraneo al processo (lo
schiavo Stico, ma da considerarsi astrattamente come persona libera, data la fictio) avrebbe un debito ci-
vile verso l’attore (A. Agerio), ma dall’altro lato (attraverso la con-demnatio) impone al giudice di con-
dannare non quello che si dovrebbe considerare come il debitore civile (appunto lo schiavo Stico, se fosse
una persona libera), ma il convenuto (N. Negidio)  questo scambio di soggetti indica che si è in presen-
za di una formula (di un’azione utile) cd. con trasposizione di soggetti

Ai sensi della formula, il convenuto sarà perciò condannato se risulterà (cumulativamente):
• che lo schiavo Stico aveva ricevuto in deposito da A. Agerio l’oggetto indicato nella demonstratio del-
la formula;
• che il suddetto deposito aveva prodotto delle obbligazioni, a carico del depositario, rimaste tuttora
inadempiute;
• che quando l’attore e il convenuto hanno instaurato il processo accettando la formula, il proprietario
dello schiavo depositario era proprio N. Negidio.

) Rispetto alla formula base, la seconda modificazione riguarda la misura della  condemnatio  ( certa )
condanna. La formula dell’actio depositi directa presenta infatti una condemnatio  incerta
incerta et infinita, la quale autorizza il giudice a condannare il convenuto per
(e infinita) con taxatio
una somma pari all’intero danno subito dall’attore. La condemnatio della formu-
la n. 99, invece, pone al giudice un tetto massimo che non si potrà superare nel nei limiti nei limiti
quantificare la condanna (“il giudice […] condanni N. Negidio […] nei limiti di del peculio dell’arric-
[…]” = lat. eius […] iudex N. Negidium […] dumtaxat de […] condemnato)  la chimento
formula n. 99 costituisce perciò una formula cd. con taxatio

) Nel caso di specie le taxationes sono in realtà due e sono alternative:


• La prima taxatio impone al giudice di non condannare N. Negidio per una somma che superi il valore
del peculio che era stato assegnato al sottoposto, includendovi quanto dal peculio N. Negidio abbia stor-
nato, allo scopo di diminuire la massa patrimoniale aggredibile dall’attore (“il giudice […] condanni N.
Negidio […] nei limiti del peculio, ivi incluso quanto per dolo di N. Negidio è stato eventualmente fatto sì che
non si trovasse nel peculio”).

Nb. Ai fini della taxatio, per calcolare il valore del peculio, ci si rifà allo stato patrimoniale che i conti del sot-
toposto fotografano al momento della litis contestatio. Il calcolo segue tuttavia alcune regole di contabilità
‘peculiari’. In particolare:
(a) nella colonna dell’attivo si segnano i valori dei beni che compongono il peculio, comprendendo:

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• i beni che formavano la dotazione originaria e che non sono stati venduti a terzi o ritirati dal domi-
nus;
• i beni donati al sottoposto o da lui acquistati con denaro del peculio e registrati tra le proprietà pe-
culiari;
• i beni (originari o successivi) che l’avente potestà avesse ritirato dal peculio con dolo, vale a dire per
sottrarli all’iniziativa dell’attore;
• i crediti maturati dal sottoposto verso terzi e non ancora riscossi.
(b) Nella colonna del passivo si indicano viceversa i soli debiti che il sottoposto avesse contratto con l’avente
potestà (debiti che costituiscono delle obbligazioni naturali; sul concetto vd. Marrone § 144).
(c) Il risultato netto determina l’ammontare del peculio aggredibile dall’attore.
L’effetto di queste regole è che l’avente potestà figura nell’actio de peculio come un creditore privilegiato, ri-
spetto all’attore e a tutti gli altri eventuali creditori del sottoposto. Egli può infatti sottrarre dal peculio (che
ammonti per es. a 40) una somma pari a tutto quello che il sottoposto gli deve (pari per es. a 30), in que-sto
modo lasciando all’attore (che di per sé vanterebbe un credito pari per es. a 50) soltanto le briciole (nel no-
stro es. 10). Consumato dall’attore quel che resta del peculio, nulla resterebbe poi per altri creditori.
Nell’actio de peculio – si potrebbe dunque concludere con una sintesi efficace – il creditore che chiami per
primo in giudizio l’avente potestà prende tutto, ma l’avente potestà prende prima di tutti gli altri (una
somma pari al suo credito naturale).

• Con la seconda taxatio il pretore fa fronte all’eventualità che al momento della litis contestatio non vi sia
alcun peculio che l’attore possa aggredire. La mancanza di un peculio aggredibile potrebbe dipendere da
varie ragioni. Per esempio:
(a) un peculio non era mai stato assegnato a quel sottoposto, ma l’attore era stato tanto incauto da negoziare
ugualmente con lui;
(b) l’avente potestà aveva già revocato il peculio (senza dolo), prima che il creditore esercitasse l’azione;
(c) il peculio disponibile è già stato azzerato dalle precedenti azioni promosse da altri creditori.
• In tutte queste ipotesi il pretore viene comunque in aiuto del creditore con la seconda taxatio. Essa au-
torizza infatti il giudice a condannare l’avente potestà per una somma pari a quanto egli abbia (perso-
nalmente) guadagnato dall’operazione conclusa tra il sottoposto e l’attore.
Si immagini – anche per riepilogare il tutto - il caso seguente.
Vendendo il tavolo d’argento che aveva ricevuto in deposito da A. Agerio, Stico realizza 100 sesterzi. I primi
50 li spende per operazioni sue voluttuarie; gli altri 50 per comprare un prezioso tappeto egiziano, che dona
poi a N. Negidio, suo padrone, sostenendo di averlo comprato con denaro del peculio.
Scontento di come Stico sembra amministrare il peculio, N. Negidio glielo revoca, tenendosi comunque il
tappeto (che in ogni caso è suo). Dopo qualche mese, non riuscendo a farsi restituire il tavolo d’argento, A.
Agerio intenta contro N. Negidio l’azione di deposito, nella variante utilis costituita dalla formula nr. 99.
Stando al combinato disposto di demonstratio e intentio, non c’è dubbio che il giudice dovrebbe considerare
Stico come un debitore civile (fingendo che sia libero) e poi quantificare in una somma di denaro il danno su-
bito da A. Agerio. Attribuito al tavolo d’argento il valore di 150 sesterzi, il giudice passa alla condemnatio
della formula e alle relative taxationes. La possibilità di condannare entro il limite posto dalla prima taxatio –
quella de peculio - è esclusa dal fatto che il giorno in cui attore e convenuto hanno accettato la formula, Stico
già non disponeva più di un peculio (avendoglielo N. Negidio revocato qualche mese prima, e senza dolo).
Rimane perciò la seconda taxatio, che dà la possibilità di condannare l’avente potestà per l’arricchimento che
la condotta di Stico gli abbia eventualmente procurato. Nel caso di specie, un arricchimento di N. Negidio ef-
fettivamente c’è stato, ma è limitato a 50 sesterzi (rappresentati dal valore del tappeto comprato da Stico
con i proventi della vendita del tavolo). Perciò a 50 sesterzi sarà limitata la condanna di N. Negidio.

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