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LETTERE COPERNICANE

(1613-5)
Dopo le diftdenze degli astrologi e det
attacco più insidioso e pericoloso fu lanciato
la dottrina copernicana dai aperta
teoria tolemaica sembrava assumere passo
rivolta contro l'autorità della Sacra seri ^ ^
del Libro di Giosuè (X.
muovesse attorno alla Terra. U ^ ^ schiera di nialotichi
Cigoli avvertì lo scienziato che « ^ ^^gunano e
et invidiosi della virtù et dei menti ^ ^rra-
janno testa in casa lo Arcivescovo L ^ alcuna
ba
i tivanno cercando se vipossono apw ^
sopra il moto della terra od altro >> t ^i^na eccle-
un domenicano, fra Nicolò f . copernicana e i suoi
siastica a Firenze, predicò contro a ambienti
sostenitori accusandoli di eresia, so egli fu co-
più colti di Firenze una tale ondala chicchessia,
stretto a negare ogni sua intenzione ina polemiche;
Galilei, consigliato dagli non i^er ^
ma. sincero cattolico e serio f.de e la scienza;
polemica dottrinale e teologica, avrebbe po
se la scienza, infatti, si fosse accor a a opposizioni,
luto procedere nel suo cammino nuove scoperte
mentre la religione avrebbe potuto giov tolemaica,
scientifiche liberandosi della vecc w nwva scienza
Mae
l apparenticontraddzio
i nitra^nsuUahdeu
522 LETTERE COPERNICANE

e il testo della Sacra scrittura creavano difficoltà e dubbi sulla


possibilità di questo accordo.
Verso la pie del 1613, alla corte granducale di Pisa - nel
corso di una conversazione cui partecipavano il Granduca, la
Granduchessa madre, Cristina di Lorena, Benedetto Castelli
allievo dt Galilei e lettore di matematica a Pisa ed altri perso
naggi della corte granducale - Cosimo Boscaglia, professore di
filosofia nello studio pisano, attaccò duramente la teoria della
mobilità della Terra sostenendo che la « Sacra scrittura era ma-
mfestamente contraria a questa sentenza ». .4 lui ribattè il
castelli che, appoggiato dal Granduca e da altri, dimostrò
erronea la voluta contrapposizione tra la teoria del moto terrestre
vrytfi ^^^^i^ura, la partecipazione diretta ed interessata alla
/}pif personaggi più eminenti della famiglia granducale
iTJT", "" «Uenziom icWariao-
'^cmpof
essore,
Galileo mirava
godeva pobabUn^nt
presso i Medici. e a colpir, il favore di
tramite Niccolò Arrigìtelli. Galilei
1 P^r rintuzzare le
rrrr/ r
/r il .X
scieniiftca. 'hlTt ^dell'autonoma ricerca
fra scienza e ieL ^ ^ difficile problema dei rapporti
verità Ciò clTZ-i,"" '" àiSerenti la «tedesima
Icnz^'in mZiatZ h^ompe-
sacro. Notevole è l'affa iormulata nei confronti del testo
n
ilguagg:i unonecessJ^ZZedm il
agli intelleUi comuni, faUro «17 f « ^ "^comodalo
tezza » che nel Saggiatore avP'i^ geometrica stret-
fi c o . ^ ^ ^ s e g n a t o a l d i s c o r s o s d e n t i
la lettera del Castelli, diffusa
vento delle autorità religiose e della t'
si preoccupò di reperire la prova atdZ!
pevolezza di Galilei, ricercando il testa ^
tutiavia il Casteli non consegnò Altri 7dfSi^
^ febgtost agitavano allo
N O TA I N T R O D U T T I VA 523

scopo di rendere difficile la posizione di Galilei; nel dicembre 1614


il frate Tommaso Caccini, prendendo spunto dal Libro di
Giosuè accusò pubblicamente di eresia Galilei e i suoi seguaci;^
lo stesso vescovo di Fiesole, Baccio Gherardini, minacciò dt
rivolgersi al braccio temporale per far cessare lo scaMo di
quei copernicani; infme fra' Lorini il 7 febbraio 1615 denuncio
formalmente Galilei al Sant'Uffizio. Per queste minacce GaMei
credette conveniente sottoporre, tramite il suo amico mons. Piero
Dini, al padre Grienberger e possibilmente allo stesso cardinale
Bellarmino la lettera incriminata. Il Bellarmino, preoccupato
di evitare in im momento di serio impegno di riorganizzazione
interna della Chiesa uno scontro tra la scuola gali eiana e a
Chiesa suggerì un accomodamento che aveva già prof osto at
Padre carmelitano Antonio Foscarini, sostenitore anch egli M
copernicanesimo, perché considerassero ques a 0 ,
ipotesi. Galilei no» foUva acceltare questa
lesiva della sua serietà e del suo impegno w * * _
scrisse nel marzo J6i5 u"" seconda leUeraa > ^f^erca
coraggiosanunte il carature interpretazione ma-
scientifica e la sìm subordinazione quest'ultima
tematica della natura. Poi, come avev P distesa in una
lettera al Dini, pensò di Za sTplsizione
scritturai più ampia lerapom cu i costituisce un
scientifica nella lettera a Cristina dt »
a
l dtiesa gae
li a
i ,u. delf
pamphlet di alto valore umano. • „ sersesuire,

con mezzi e princìpi jirop», to wto ^ rispondendo da-


in forma al tempo stesso unitaria e ar > . •
scuna. neWàmbito di un comune obbiet ^ lettera al Ca
pirne che ne provocarono la stesura. Isella p
stelli si nota, infatti, una maggiore scioltezza ^ ^ ^ ^o'itenuta
giamenti: la difesa dell'autonomia della scienza
da una singolare interpretazione dei rapporti
. sLtura, intese come linguaggi disUnti ^
attraverso i quali si esprime il \ine-
linguaggi, la preferenza di naturale, ed
sorabilità » del linguaggio esclusiva legit-
in tale rigorosità e precisione sta appunt
524 L E I T E R U C O P E K N I C A N F.

tirmtà e il stw diritto ad un'autonoma conosccnza della realtà.


Nelle lettere al Dini emerge invece la preoccupazione dell'autore
di difendere l'oggettività della dottrina copernicana e perciò
si richiama al pensiero di Copernico come importante prece
dente storico. Nella letera a Cristina di Lorena, invece, prevale
un tipo di argomentazione fondato sidl'autorità dei Padri della
Chiesa [Tertulliano e Agostino sopratttitto) che sostengono il
diritto dell autonomia della ricerca naturale, in contrapposi-
zione al costume intellettuale in vigore nella comunità cattolica
A MADAMA Cristina di Lorena
Granduchessa di Toscana^,

Io scopersi pochi anni a dietro, come ben sa i;Aitezza


Vostra Serenissima, molti particolari nel cielo, stati
bili sino a questa età; li quali, si per la novi ' ® P® alcune
consequenze che da essi dependono, con scuole de
proposizioni naturali comunemente ^ tali
i filosofi, mi eccitorno contro non piccol nu^ro
professori 2; quasi che io di mia mano ^^^^-cienze. E scor-
locate in cielo, per intorbidar la natura e e concorre
datisi in certo modo ohe la moltitudine ™
aU'investigazione accrescimento e ^ dimostrandosi
phne », e non aUa dmnnuzione o ^ opinioni che
n^'istesso tempo
alle vere, scorsero d'annullar®
a negare queUe
e icu f avessero voluto
novità, deUe quali " potuti render sicuri;
con attenzione riguardarle, gh scritture pub-
e per questo produssero vane cose, ed dm® scnt p
bucarono ripiene di vani discorsi, ^ q _ ^ ^olte da
errore, spai di atestazo
i ni deUe Sacre Scnture, totle
" Cristina di Loren», sposa del lo aveva
aveva conosciuto Galilei fin da quando ques i rosimo. Quando questi
mvltato ad impartire lezioni di Mori nel .637-
mori fu reggente del granducato insieme al GaHlei a scrivere
^ Vedi nella nota introduttiva le ragioni che spins
la lettera al Castelli, del 1613. ...ratiere del sapere scientifico è
3 Questa dichiarazione p"j.. j. gj veda la lettera al CasteUi
messa costantemente in pratica da Gablei. si vea
del 1639, pp. 971 segg..
552 LEriERE COPERNICANE

luoghi non bene da loro intesi e lontano dal proposito addotti:


nel quale errore forse non sarebbono incorsi, se avessero
avvertito un utilissimo documento che ci dà S. Agostino
intorno ali andar con riguardo nel determinar resolutamente
sopra le cose oscure e difficili ad esser comprese per via del
solo discorso; mentre, parlando pur di certa conclusione
naturale attenente a i corpi celesti, scrive così: « Nunc autem,
servata semper moderatione pis gravitatis, nihil credere de
re obscura temere debemus, ne forte quod postea veritas
patefecerit, quamvis libris sanctis, sive Testamenti Veteris
sive Novi, nullo modo esse possit adversum, tamen propter
amorem nostri erroris oderimus. » +
È accaduto poi che il tempo è andato successivamente
scopren o a tutti le verità prima da me additate, e con la
verità del fatto la diversità degli animi tra quelli che schiet-
amente e senz altro livore non ammettevano per veri tali
scoprimenti, e quegli che aU'incredulità aggiugnevano qualche
a«5trn° ^ o^de, si come i più intendenti della scienza
^ronomci a e deUa naturael restarono persdiuagrado
si al mino
ip rm
io
grado
LbhL i l r" mantenuti in negativa o in
a™S oct,f ; fi'naspettata novità e d^ non aver
olta^W^d'^
Ol tre aJlamor del' pnmo
esperienze;
errore, nonma
sapreiquelli che.
qual altro loro
ve3e"«se'a'rr
più nigarTcuoZno'T "n continuo silenzio e diver-
da queUp^ondTg/alt^sT soprima
diprogu
i dciarmiconatrlimodi^De^quail i-'c quali IO veramente non

« Ma ora, conservata la moderazione della *


temere nulla intorno ad un argomento ose Prudenza, non bisogna
per amore del nostro errore, quello che evpnt™'i dobbiamo odiare,
benché non possa in alcun modo esser con+r" • verità avrà mostrato,
che nel Nuovo Te s t a m e n t o » De Vecchio
Galilei). ■ lib. Il in fine (Nota
» Allude al consenso espresso da Keolcrrt ^ ^ •
romano. matematici del Collegio
A CRISTINA DI LORENA 553

farei maggiore stima di quel che io mi abbia fatto dell altre


contradizzioni, delle quali mi risi sempre, sicuro dell esito che
doveva avere 1 ' negozio, s'io non vedessi che le nuove calunme
e persecuzioni non terminano nella molta o poca dottnna,
nella quale io scarsamente pretendo, ma si estendono a ten ar
di offendermi con macchie che devono essere e sono a me
più aborrite che la morte, né devo contentarmi che le sieno
conosciute per ingiuste da quelli solamente che conoscono
me e loro, ma da ogn'altra persona ancora,
dunque nel primo loro instituto di voler con ogni i
nabil maniera atterrar me e le cose mie, sapen °
ne' miei studii di astronomia e di filoso ^ mutar
costituzione delle parti del mondo, che il o e, s
luogo, resti situato nel centro deUe
celesti, e che la Terra, convertibile m se stessa, ^ ^
n
i torno; e di pù
i sentendo che tal pospone vo contoand
non solo col reprovar le ragioni di
ma col produrne molte m contrano.
attenenti ad effetti naturah, le , Astronomiche, dé
modé non si possono assegnare, ed • celesti, li
pendenti da molti rincontri de' «irabU-
quali apertamente confutano il siste ^ confermano;
mente con quest'altra posizione si d'altre proposizioni
e forse confusi per la conosciuta veri diffidando
da me affermate, diverse dalle ^omun ' filosofico; si
ormai di difesa, mentre restassero jor discorsi
son risoluti a tentar di fare scudo aUe Scritture
col manto di simulata religione e con ^ ^ alla confu-
Sacre, appUcate dao
l ro, con poca mteUg
i enz
tazione di ragioni né intese né sen i ■ , ^ spargere
E prima, hanno per lor p™ „sijoni sieno contro
concetto nell'universale, che tali p ^ g^j^de ed eretiche;
alle Sacre Lettere, ed in consequenza dell'umana
di poi, scorgendo quanto per lo più i'imprese dalle quali
natura sia più pronta ad abbracciar qu oppresso, che
il prossimo ne venga, ben che ingms ^ gli è stato
queUe ond'egli ne riceva giusto ' nda ed eretica,
diffìcile il trovare chi per tale, ciò e pe
554 LETTERE COPERNICANE

l'abbia con insolita confidenza predicata sin da i pulpiti «.


con poco pietoso e men considerato aggravio non solo di
questa dottnna e di chi la segue, ma di tutte le matema
tiche e de matematici insieme; quindi, venuti in maggior
confidenza, e vanamente sperando che quel seme, che prima
fondò radice nella mente loro non sincera, possa difonder
oi rami e zargli verso il cielo, vanno mormorando tra
1 popolo che per tale ella sarà in breve dichiarata dall'au-
rehhp conoscendo che tal dichiarazione spiante-
nande tuttp^' conclusioni, ma renderebbe dan-
e naturali rh^ osservazioni e proposizioni astronomiche
connessione n hanno corrispondenza e necessaria
possono di'fn^^ 3-gevolarsi il negozio cercano, per quanto
all'univérsalp ^ questa opinione, almanco appresso
di sapere eh' ® particolare, dissimulando
f -tore o più presto
ma sacerdote p solamente cattolicoi
trattandos,
calendario ecclesiastkn' emendazion del
l'ultime pardi
rimase imperfeta solo per^hé^^n^n'
cognizione deUa riusti mìe ^ ancora esatta
allora soprintendente a qSnSe^^H°™ '■
Studi e fatiche di venire in ^ cercar con replicati
movimenti celesti; ond'etri; e certezza di essi
e col suo mirabil in^eenn ' • etiche veramente atlantiche
tanto in queste scienze e ^ tale studio, si avanzò
de' periodi de' movimenti r ®®^ttezza ridusse la notizia
di sommo astronomo, e conform guadagnò il titolo
mente si è poi regolato il cal^nH «dottrina non soia-
tavole di tutti i movimenti de' • si fabbricorno le
tal dottrina in sei libri la r,, ^-vendo egli ridotta
' al mondo a i preghi del
® Cfr. l'introduzione a queste !«++
8 Cfr. p.
co537.
^ Coperni aveva ritica
presoteoria
un'anticl^di Filoiao
cane.ed Aristarco.
^coperni
A CRISTINA DI LORENA 555

Cardinal Capuano e del Vescovo Culmense e come quello


che si era rimesso con tante fatiche a questa impresa d ordine
del Sommo Pontefiice, al suo successore, ciò è a Paolo III,
dedicò il suo libro deUe Revoluzioni Celesti il qual, stam
pato pur allora, è stato ricevuto da Santa Chiesa, letto e
studiato per tutto il mondo, senza che mai si sia presa pur
minima ombra di scrupolo nella sua dottrina. La quale ora
mentre si va scoprendo quanto ella sia ben fondata sopra
manifeste esperienze e necessarie dimostrazioni ", non man
cano persone che, non avendo pur mai veduto tal libro,
procurano il premio delle tante fatiche al suo autore con
la nota di farlo dichiarare eretico; e questo solamente per
sodisfare ad un lor particolare sdegno, concepito senza ragione
contro di un altro, che non ha più interesse col Copernico
che l'approvar la sua dottrina.
Ora, per queste false note che costoro tanto ingmstamente
cercano di addossarmi, ho stimato necessario per mia ^
stificazione appresso l'universale, del
in materia di religione e di reputazione, devo ar ^
stima, discorrer circa a quei particolari c e
producendo per detestare ed abolire ques a op , ' , •
somma per dichiararla non pur falsa, ma. ere
sempre scudo di un simulato ^ modo ministre
interessar le Scritture Sacre e farle m certo mo
de' loro non sinceri proponimenti, co
non erro, contro l'intenzion di queUe ^ <ie Santì
estendere, per non dir abusare, la loro au on a,
in conclusioni pure naturali e non de Fide, si ev
totalmente il senso e le ragioni dimostra ive pe ,
luogo deUa Scrittura, che tal volta sotto le P
potrà contener sentimento diverso. Dove spero •
con quanto più pio e religioso zelo procedo io, c e
o
l ro, mentre propongo non che non si danm questo hbro,
« Per il cardinale Capuano cfr. p. 53?: vescovo di Culma
Tiedemann. ..
Il De revolutionibus orbiwn coelestium di P
" Cfr. la lettera al Castelli.
556 LETTERL COPERNICANE

ma che non si danni, come vorrebbono essi, senza intenderlo,


ascoltarlo, né pur vederlo, e massime sendo autore che mai
non tratta di cose attenenti a religione o a fede, né con
ragioni dependenti in modo alcuno da autorità di Scritture
Sacre, dove egli possa malamente averle interpetrate, ma
sempre se ne sta su conclusioni naturali, attenenti a i moti
celesti, trattate con astronomiche e geometriche dimostra
zioni, fondate prima sopra sensate esperienze ed accuratissime
osservazioni. Non che egli non avesse posto cura a i luoghi
elle Sacre Lettere; ma perché benissimo intendeva, che
aUecScntture
dottrina dimostrata,
intese none però
perfettamente: poteva contrariare
nel fine della dedi
ca ona, parlando al Sommo Pontefice, dice così: « Si fortasse
niatseologi, qui, cum omnium mathematicum ignari
, amen de illis iudicium assumunt, propter aliquem
locum Scripture, male ad suum propositum detortum, ausi
tuermt hoc meum institutum repr^hendere ac insectari, iUos
etiam illorum iudicium tanquam teme
rà K Non enim obscurum est, Lactantium,
^^"Ptorem, sed mathematicum parum, ad-
Terram forma Terrae loqui, cum deridet eos qui
V H prodiderunt. Itaque non debet
Mathemata^" ti" etiam ridebunt.
m scribuntur, quibus et hi nostri labo-
Ecclesiastica condttlrr' ReipubUcs
Sanctitas nunc tenet. pnncipatum Tu«

scienze matematiche, si pronuncia^'^^^ essendo ignari di tutte le


scrittura, deformato al loro pron ° '+ ® qualche luogo della
mio principio, non me n'interesso criticare e attaccare questo
arrischiato. Si sa infatti che Lattan " i il loro giudizio come
di matematica, parla solo per sch°' scrittore, ma poco intendente
deride quelli che ritennero che la te forma della terra, allorché
non deve meravigliare se alcuni simira 1^ forma di un globo. Quindi
matica si scrivono per i matematici "•Isranno di noi. Le cose di mate-
sbaglio, sembreranno recare qualche <l"®sti nostri lavori, se non
che V. S. ora governa ». ^-Sgio allo stato della nostra Chiesa
A CRISTINA DI LORENA 557

E di questo genere si scorge esser questi che s'ingegnano


di persuadere che tale autore si danni, senza pur vederlo;
e per persuadere che ciò non solamente sia lecito, ma ben
fatto, vanno producendo alcune autorità della Scrittura e
de' sacri teologi e de' Concilii; le quali si come da me son
reverite e tenute di suprema autorità, sì che somma temerità
stimerei esser quella di chi volesse contradirgU mentre ven
gono conforme aU'instituto di Santa Chiesa adoperate, cosi
credo che non sia errore il parlar mentre si può du itare
che alcuno voglia, per qualche suo interesse, produrle e ser
virsene diversamente da quello che è nella santissima in
zione di Santa Chiesa; però, protestandomi (e anco ere o
che la sincerità mia si farà per se stessa ^ °
intendo non solamente di sottopormi a nmuover
quegli errori ne' quali per mia ignoranza P°
scrittura incorrere in materie attenenti a re ^ '
dichiaro ancora non voler neU'istesse
con nissnno. ancor che fossero punti
mio fine non tende ad altro, se non che, se m ^
derazioni, remote dalla mia professione
che ci potessero essere dentro, ci V ^
eccitar altri a qualche avvertimento utìe per
circa -1 determinar sopra 1 sistema
presa e fattone quel capitale che parrà a
sia pure stracciata ed abbruciata la ""f ^
n
i tendo o pretendo diguadagnarne fruto am
l no^e non
fusse pio e cattoUco". E di più, ben che
che io noto le abbia sentite con i proprn
ammetoeconcedoachih'ladeteh' edetenon^bu,
se cosigU pa
i ce, confessando poter essere eho
i ^^te»
e però quanto rispondo non sia deto per loro, ma per
avesse quella opinione.

>3 Galiei non aderì mai ^la


ma ritenne che verità scientifica e v .. --fjaati né interferire recipro-
da Dio e pertanto non potevano essere discordanti, n
camente.
558 LETTERE COPERNICANE

Il motivo, dunque, che loro producono per condennar


l'opinione della mobilità della Terra e stabUità del Sole, è,
che leggendosi nelle Sacre Lettere, in molti luoghi, che il
Sole SI muove e che la Terra sta ferma, né potendo la Scrit
tura mai mentire o errare, ne seguita per necessaria conse
guenza che erronea e dannanda sia la sentenza di chi volesse
asserire, il Sole esser per se stesso immobile, e mobile la Terra,
opra questa ragione parmi primieramente da conside-
santissimamente detto e prudentissimamente
stabihto non poter mai la Sacra Scrittura mentire, tutta
non rrt^A SUO vero sentimento; il qual
molto di° ^ ^ negare esser molte volte recondito e
Tde l i g n i fi c a t o delle
nell'esDorla ^ ^ seguita, che qualunque volta alcuno,
wtrX ■ >"«10 suono literale,
contradizioni ° esso, far apparir nelle Scritture non solo
e bestemmie ^ remote dal vero, ma gravi eresie
e S d e T ' " T d L affetti
a corporaU
Iddio
ed
la dimenticanza volta
le quali proposizioni ® l'ignoranza delle future;
furono in'tTg^r'
modarsi alla capacità HpI . i fritton sacri per acco-
cosi per quelU che merit ^ ® indisciplinato,
necesLrio^he i saJe ^ Pl^be è
e n'additino le rarinni P'^oduchino i veri sensi,
parole profferiti: ed è queVtaTttrin f
appresso tutti i teolori chp ® specificata
attestazione alcuna ' uperfluo sarebbe il produrne
che a
l medesm
i a ^cra^S^ rago
i nevom
l ente dedure,
occorso di pronunziare alcuni TnnH volta gU è
sime deUe più recondite e difficm naturale, e mas-
abbia pretermesso questo medestn '
gnere confusione nelle menti Hi
quel medesimo popolo e
" Cfr. la lettera al Castelli, p. 529.
A CRISTINA DI LORENA 559

renderlo piìi contumace contro a i dogmi di più alto misterio.


Perché se, come si è detto e chiaramente si scorge, per il
solo rispetto d'accommodarsi alla capacità popolare non si
è la Scrittura astenuta di adombrare principalissimi pronun
ziati, attribuendo sino aU'istesso Iddio condizioni lontanissime
e contrarie alla sua essenza, clii vorrà asseverantemente
sostenere che l'istessa Scrittura, posto da banda cotal "spetto,
nel parlare anco incidentalmente di Terra, d acqua, o e
o d'altra creatura, abbia eletto di contenersi con tutto ngore
dentro a i puri e ristretti significati deUe parole? e massime
nel pronunziar di esse creature cose non punto
al primario instituto deUe medesime Sacre ~
culto divino ed alla salute deU'anime. e cose grandemente
remote dalla apprensione del vulgo. nrnhlemi
stante, dunqL, ciò, mi par che "f ' f
naturali non si dovrebbe cominciare e a dimo-
delle Scritture", ma pari dal Verbo
strazioni necessarie: perché, proce en dettatura
divino la Scrittura Sacra e la natura,
dello Spirito Santo, e questa come
trice de' gU ordini di
nelle Scritture, per accommod. ^ ^
versale, dir molte cose diverse, m P aU'incontro,
significato deUe parole, dal vero assoluto m ^
essendo la natura inesorabile ed ^.o^e quella che
trascendente i termini delle leggi imp g » d'operare
nulla cura che le sue recondite
sieno o non sieno esposti alla capaci ^ . esperienza
che quello degU effetti naturaU che o ei
ci po'ne dinanzi a gU occhi o le ---e i,
concludono, non debba m conto Scrittura che
dubbio, non che condennato, per uog .
avessero neUe parole divedo "L'o^i
detto della Scrittura e legato a i si scuopre
effetto di natura, né meno ecceUentemente a
» Questo brano riprende ,«a.l .eslualm«.t. P"»
lettera al Castelli, p. 527*
560 LETTERE COPERNICANE

Iddio negli effetti di natura che ne' sacri detti delle Scritture:
il che volse per avventura intender Tertulliano in quelle
parole: « Nos definimus, Deum primo natura cognoscendum,
deinde doctrina recognoscendum: natura, ex operibus; doc-
trina, ex pradicationibus. »
Ma non per questo voglio inferire, non doversi aver
somma considerazione de i luoghi cleUe Scritture Sacre; anzi,
venuti in certezza di alcune conclusioni naturali, doviamo
servircene per mezi accomodatissimi alla vera esposizione di
esse Scntture ed all'investigazione di quei sensi che in loro
necessanamente si contengono, come verissime e concordi
con le verità dimostrate. Stimerei per questo che l'autorità
delle Sacre Lettere avesse avuto la mira a persuadere prin-
cipa mente a gli uomini quegli articoli e proposizioni, che,
peran o ogni umano discorso, non potevano per altra
saenza né per altro mezo tarasi crcdibUi, che per la bocca
pìrito Santo: di più, che ancora in quelle pro-
Ltt^r delle medesime Sacre
umlr anteposta aU'autorità di tutte le scritture
i^e. scntte°nondcon
i r emet
i odo
d odim
vost
e rrativ
so,i ma
r eo p
con
u pura
tar
divina sa-

rXsteTn- T >= coniettura. Ma che


teZf IL 'ì : " di discorso e d'in-
altro mezo P^^P^'^e^do l'uso di questi, darci con
che anco in anelir" 1 P°^®iamo conseguire, si
esperirlo S » daUe sensate
innan. T tett^T
e la ragione, non credo che sia ner
Sime in queUe scienze delle „ crederlo, e mas-
solamente, ed anco in cnnri ^ ^ minima particeUa
Scrittura; quale :;p ntn^^"r
ppunto e 1 astronomia, di cui ve n'è cosi
" Tertulliano, Adversus May '
lei). «Noi sosteniamo che Dio deve (Nota di Gali-
la natura; poi di nuovo va conosciuto '^^'^osciuto prima di tutto tramite
dalle opere; nella dottrina dalle predicr-™^^''° dottrina; nella natura
A CRISTINA DI LORENA 561

piccola parte, che non vi si trovano né pur nominati i pianeti,


eccetto il Sole e la Luna, ed una o due volte solamente,
Venere, sotto nome di Lucifero. Però se gli scrittori sacri
avessero avuto pensiero di persuadere al popolo le disposi-
sioni e movimenti de' corpi celesti, e che in conseguenza
dovessimo noi ancora dalle Sacre Scritture apprender tal
notizia, non ne avrebbon, per mio credere, trattato così poco,
che è come niente in comparazione delle infinite conclusioni
ammirande che in tale scienza si contengono e si dimostrano.
Anzi, che non solamente gli autori delle Sacre Lettere non
abbino preteso d'insegnarci le costituzioni e movimenti de
cieli e delle stelle, e loro figure, grandezze e distanze, ma
che a bello studio, ben che tutte queste cose fussero a loro
notissime, se ne sieno astenuti, è opinione di santissimi e
dottissimi Padri: ed in sant'Agostino si leggono le se^en
parole: « Quaeri etiam solet, qus forma et figura cseh esse
credenda sit secundum Scripturas nostras: multi ^^im m .
tum disputant de is rebus, quas maiore
authores omiserunt, ad beatam vitam non pro u
tibus, et occupantes (quod peius est) mu um p ^
rebus salubribus impedenda temporum spatia. Q
ad me pertinet, utrum cselum, sicut ex
cludat Terram, in media mundi mole ^
una parte desuper, velut discus, opena .
agitur Scripturarum, propter illam causam
commemoravi, ne scilicet quisquam, eloquia
ligens, cum de his rebus tale aliquid vel
nostris vel ex illis audierit quod „onentib»s
versari videatur, nullo modo eis csete dicen-
vel narrantibus vel pronunciantibus ^re ^ nostros quod
dum est, de figura caeli hoc scisse au i^quebatur,
Veritas habet, sed Spiritum Dei, qui pe P ^
noluisse ista docere homines, nulli saluti pro u

I V, ir rao
" D. Augustinus, In Genesis ad literani, ud-IX ì(nota di Gali-
secondo le
lei). « Si suol cliiedere quale forma e figura i nostri scrittori
nostre scritture: molti infatti discutono su queste ^ la vita cele-
per maggior prudenza omisero), che non servono ai dis p
36. G.M.ilei, I.
5 lettere copernicane

da' medesimi scrittori


^cn nel determinar quello che si deva credere di tali acei-
d a fl l IO replicato
mare cte ì ci T"' quistione, se si deva sti-
«Drmtu e, " T°™ " P"'"'-' 'e™"' scrivendo cosi;
lt°L stet aTr '1' q"«stionem movent,
firmamentum estrs"; "utlr ? T™"""'
ipso fìxa crednmur arlrl •
mennt, septentrionklibus brevio"rr';™,°'"'r'"' r'""
peraeentihiK? i,+ ^ i ^^reMores gyros luxta cardinem
ex alio vertice. sicut^TnM^ est alius nobis occultus cardo
est, veluti discus mt • nullus alius cardo
turn subtilibus et'l-i y^<^eatur? Quibus respondeo, mul-
percipiatùf:t;um'ST::
tractandis nec milii km te '''l"®
ad salutem snam et S^n T'-
cupimus informari. » is Ecclesia necessanam utilitatem
ne séguita^r neT
P necessari eTsaS?"^^"^"
a conseguenza, che nonparti
cola
avendo volre,
uto

cose utili. potrebbe essere usato in


"«1 «lezzo del gran monrln i'^'^ «rcondi come una sfera la terra,
poiché si tratta della fede deufs;r^ ° disco? Ma
ncordato. che cioè qualcuno non ^ Più ^olte ho
essp ° ^ cose trovi nei nostri parole divine, quando in-
Sm alle opixUoni ricevi./. " °paiono
la ? asseriscono altre cose i +-!°" affatto a coloro i quali
Soir^ ^ * nostri autori sen ' dobbiamo dire che circa
P- loro Possiede la verità, ma lo
w °®® che non sarebbero servite^^^ insegnare agli uomini
seil cillf il movimento de. salvezza »,
mento' sp^'^ ^^rmo o immobile: die se ° alcuni nostri fratelli chiedono
vanno da orilS ad''™^ '"ai le sMlTch ^
vicini al noi / 1 ^'^cidente, quelle nii^ credute fisse in esso
un Xo c^H- il cielo par r."" «^"'"Piendo giri più bre«
non vi { if ® nn cardini» ° come una sfera attorno a
laboriÒ,t ? ° ri'potdo "" disco, se invece
sia o non ^ esaminate queste cose nr> ^ argomenti molto sottili e
avern<. u ' '^^"oscere e trattare aurr*^ veramente si percepisca se
uSità Tn Santa
utilità della q ^"^^deriamo educare
Chiesa ». P®' per
la salute Ve«per
loro non debbono
la necessaria
A CRISTINA DI LORENA 563

10 Spirito Santo insegnarci se il cielo si muova 0 stia fermo,


né se la sua figura sia in forma di sfera o di disco o distesa
in piano, né se la Terra sia contenuta nel centro di esso o
da una banda, non avrà manco avuta intenzione di renderci
certi di altre conclusioni dell'istesso genere, e collegate in
maniera con le pur ora nominate, che senza la determina-
zion di esse non se ne può asserire questa o quella parte;
quali sono il determinar del moto e della quiete di essa
Terra e del Sole.
E se ristesso Spirito Santo a bello studio ha pretermesso
d'insegnarci simili proposizioni, come nulla attenenti alla sua
intenzione, ciò è alla nostra salute, come si potrà adesso
affermare, che il tener di esse questa parte, e non quella,
sia tanto necessario che l'una sia de Fide, e l'altra erronea?
Potrà, dunque, essere un'opinione eretica, e nulla concernente
aUa salute dell'anime? o potrà dirsi, aver lo Spinto Santo
voluto non insegnarci cosa concernente alla, salute, o qm
direi queUo che intesi da persona ecclesiastica costituì a
eminentissimo grado", ciò è l'intenzione dello Spinto banto
essere d'insegnarci come si vadia al cielo, e non come va
11 cielo. . . .
Ma torniamo a considerare, quanto nelle .
raU si devono stimar le dimostrazioni necessarie e le sensate
esperienze, o di quanta autorità le abbino repu a e 1
e i santi ieologi; da i quaU, tra cenfaltre ateslaziom^a^
biamo le seguenti": «lUud etiam diligenter cavendum et
omnino fugiendum est, ne in tractanda Mosis doctrina qui
quam aflfìrmate et asseveranter sentiamus et dicamus, quo
repugnet manifestis experimentis et rationibus p osop ae
vel aliarum discipUnarum: namque. cum verum omne semper
cum vero congruat, non potest veritas Sacrarum Literarum
" Cardinal Baronio (nota di Galilei). r.aHleiì «Bisogna
^0 Pererius, In Genesis, circa ^ j trattare la dottrina di
guardarsi attentamente e far si che in ogni modo n contrasti a
Mosè non ci capiti di sentire e ,f^^®Soncamente^^^^ discipline; infatti
manifeste esperienze e alle ragioni della filosofia
poiché sempre il vero concorda col 7®™'P" « delle umane dottrine ».
ture essere contraria alle vere ragiom e agli esperimenti
564 LETTERE COPERNICANE

veris rationibus et experimentis humanarum doctrinarum


esse contraria. » Ed appresso sant'Agostino si legge: « Si ma-
nifestse certaque rationi velut Sanctarum Scripturarum obii-
citur authoritas, non intelligit qui lioc facit; et non Scripturae
sensum, ad quem penetrare non potuit, sed suum potius,
obiicit ventati; nec quod in ea, sed in se ipso, velut pro ea,
invenit, opponit. » 2»
Stante questo, ed essendo, come si ò detto, che due verità
non possono contrariarsi, ò officio de' saggi espositori affa
ticarsi per penetrare i veri sensi de' luoghi sacri, che indu
bitabilmente saranno concordanti con quelle conclusioni na
turali, delle quali il senso manifesto o le dimostrazioni neces-
sane ci avessero prima resi certi e sicuri. Anzi, essendo,
come si è detto, che le Scritture per l'addotte cagioni am
mettono m molti luoghi esposizioni lontane dal significato
elle parole, e, di più, non potendo noi con certezza asserire
che tutti gl interpreti parlino inspirati divinamente, poi che,
se cosi fusse, niuna diversità sarebbe tra di loro circa i sensi
de medesimi luoghi, crederei che fusse molto prudentemente
atto se non si permettesse ad alcuno impegnare i luoghi
della Scrittura ed in certo modo obligarli a dover sostener
per vere queste o quelle conclusioni naturali, delle quali
una volta il senso e le ragioni dimostrative e necessarie ci
p essero manifestare il contrario. E chi vuol por termine
sanutrTt^H^'^^^^ii^' asserire, già essersi veduto e
Zr ° r ^ e di scibile?
writlwh confesseranno (e con gn>n
M Uostr T'n" t-- dell'istesso
,rTn r at^homodimt'Moni
ulnon ^nvem opus ,uod operatus Jeomm.
Deus abn
i tio
" In epistola seplima ad Marccllinu», ^
certa ed evidente si oppone rautorit\ c Galilei), o Se alla prova
non capisce e non oppone alla verità il Scritture, quello che fa cosi
potè penetrare, ma piuttosto il suo e non ctó Scritture che non
che trova dentro di sé al posto di quelle"
A CRISTINA RI LORENA 565

ad fi}tem^, non si dovrà, per mio parere, contradicendo a


tal sentenza, precluder la strada al libero filosofare circa le
cose del mondo e deUa natura, quasi che elleno sien di già
state con certezza ritrovate e palesate tutte. Ne si dovrebbe
stimar temerità il non si quietare nelle opinioni già state
quasi comuni, né dovrebb'esser chi prendesse a sdegno se
alcuno non aderisce in dispute naturaU a quell'opinione che
piace loro, e massime intorno a problemi stati già migliaia
d'anni controversi tra filosofi grandissimi, quale è la stabilita
del Sole e mobUità della Terra: opinione tenuta da Pittagora,
e da tutta la sua setta, e da EracUde Pontico^J. il quale
fu deU'istessa opinione, da Filolao maestro di ®
dall'istesso Platone, come riferisce Aristotile, e del q
scrive Plutarco nella vita di Numa, che esso ^
fatto vecchio diceva, assurdissima cosa essere e
mente. Lsi'tesso fu creduto daArsi tarco Samo
i corne^ab^
baimoappressoArchm i ede,daSeeluOT^maem^^^finam l ene
t
filosofo, referente Cicerone, ed ' jg^-j^ata
ampliata e con molte osservazioni e imos ra ^1 nel
d akco6
, Coperncio.^
libro De cometis ci avvertisce, d Terra
genza cercar divenrien
i certezza, se sa
i U ce
io
l oa
l Ter
in cui risegga la diurna conversione. salute
E per ?esto, oltre a gli articoli
ed allo stabilimento della Fede, con ro jottrìna valida
non è pericolo alcuno che possa insurgere m consiglio
ed efficace, non sara
i forse se non ^ggo
i utU^^Uo
il non ne aggregar altri di persone, le
veramente sarebbe 1 aggiugnergU T^irofp da celeste
quali, oltre che noi ignoriamo se parhno inspirate to ^
Lù,cha iramenteveda imochen i esses.Pot^^^e
quella intelligenza che sarebbe necessaria p
« a Le cose che sappiamo sono il Xndo^le foro discus-
Ecctesiaste, cap. IH (postilla principio alla fine ».
sioni perché l'uomo non trovi 1 opera Copernico nel prospettare il
" Sono i vari filosofi che precedettero Coperm
m o v i m e n t o d e l l a Te r r a .
566 LETTERE COPERNICANE

poi a redarguire, le dimostrazioni con le quali le acutissime


scie^e procedono nel confermare simili conclusioni. Ma più
direi, quando mi fusse lecito produrre il mio parere, che
forse più converrebbe al decoro ed alla maestà di esse Sacre
ettere provvedere che non ogni leggiero e vulgare sent
ore potesse, per autorizzar sue composizioni, bene spesso
fondate sopra vane fantasie, spargervi luogli della Scrittura
° presto stiracchiati, in sensi tanto
Illa ^ unzione retta di essa Scrittura, quanto vicini
se np coloro che non senza qualche ostentazione
bono Jr""" tale abuso se ne potreb-
da nuestp che mi bastino due, non remoti
scritrre astronomiche. L'uno de' quali sieno le
ultimamentp^/I pubblicate contro a i pianeti Medicei,
opposti molti r contro la cui esistenza furono
quali nuove intpr,^ f "^ondo, sentirei volentieri con
esposta la Scrittwa^^^^"^ medesimi oppositori
contro a gli astronomi . «i nuovamente ha stampato
riceve lume dal Sole ^^e la Luna non altramente
magi nazione tónfc^n ^
suade di confermare con v -"J"'
gli par che non si pótesserH'1 Scrittura, li quali
non fusse vera e necessaria t opinione
se stessa tenebro<?a a futta via, che la Luna sia per
Sole. ' chiaro che lo splendore del
Quindi resta manifesto che tali . •
penetrato i veri sensi della ? -.l aver
la loro autorità fosse di pt l'avrebbono. quando
dover costringere altrui a "tomento, posta in oblige di
guanti alle ragion manifeste^oH ^o^^^^^ioni repu-
avertat che andasse pielianri^ • , ^buso che Deus
gnerebbe vietar in breve lem ^ autorità, perché biso-
perché, essendo per natura il scienze speculative;
ad intendere perfettamente eT^c° P°^°
gg as«.assai
scienze maggiore del numero
H^l « ^ degl 'inteUiSacre
Scritture genti, queUi
e l'altre,
A CRISTINA DI LORENA 567

scorrendo superficialmente le Scritture, si arrogherebbono


autorità di poter decretare sopra tutte le questioni della
natura, in vigore di qualche parola mal intesa da loro ed
in altro proposito prodotta dagli scrittori sacri: né potrebbe
il piccol numero degl'intendenti reprimer il furioso torrente
di quelli, i quali troverebbono tanti più seguaci, quanto il
potersi far reputar sapienti senza studio e senza fatica è
più soave che il consumarsi senza riposo intorno alle disci
pline laboriosissime. Però grazie infinite doviamo render a
Dio benedetto, il quale per sua benignità ci spoglia di questo
timore, mentre spoglia d'autorità simil sorte di persone,
riponendo il consultare, risolvere e decretare sopra determi
nazioni tanto importanti nella somma sapienza e bontà di
prudentissimi Padri e nella suprema autorità di quelli, che,
scorti dallo Spirito Santo, non possono se non santaniento
ordinare, permettendo che della leggerezza di quelh altn non
sia fatto stima. Questa sorte d'uomini, per mio credere, son
quelli contro i quali, non senza ragione, si nscaldano 1
e santi scrittori, e de i quali in particolare f
lamo; «Hanc» (intendendo dela Scritura Sacra) «garrula
anus, hanc deUrus senex, hanc sophista verbosa, hanc
versi pr^umunt, lacerant, docent antequam j""'
adducto supercilio, grandia verba trutinan es mter
culas de Sacris Literis philosophantur, alii scun , p
pudor, a faeminis quod viros doceant. et, ne paxum oc si ,
quadam facilitate verborum, imo audacia, e sserun .
quod ipsi non inteUigunt. Taceo de mei similibus. qui, s
forte ad Scripturas Sanctas post seculares literas vene^nt,
et sermone composito aurem populi mulserint. qui qui ix
rint, hoc legem Dei putant, nec scire dignantur qmd Pro-
phetae quid Apostoli senserint, sed ad sensum suum incongru
aptant testimonia; quasi grande sit, et non
docendi genus, depravare sententias, et ad vo un a em
Scripturam trahere repugnantem. » "

« Epsitoa
l ad Paun
il um. 103 (nota diGae
li y.« J^^'^tutTprerimono
questo -vecchio pazzo', questo 'verboso . quaesti
lacerano insegnano, prima di conoscere. Altn,
568 LETTELE COPERNICANE

Io non voglio mettere nel numero di simili scrittori seco


lari alcuni teologi, riputati da me per uomini di profonda
dottrina e di santissimi costumi, e per ciò tenuti in grande
stima e venerazione; ma non posso già negare di non rimaner
con qualche scrupolo, ed in conseguenza con desiderio che
mi fusse rimosso, mentre sento che essi pretendono di poter
costringer altri, con l'autorità della Scrittura, a seguire in
dispute naturah quella opinione che pare a loro che più
^ ^'^pShi di quella, stimandosi insieme di non
re in o igo di solvere le ragioni o esperienze in contrario.
del qual lor parere, dicono
? conl f k ^^nze. non deve
T !"=■■ ^accomodarsi a' dogmi dell'altre
ad essa rn^ mfenori, ma si ben l'altre devono referirsi
le lor cftnrl^ imperatrice, e mutare ed alterar
e o LT- d e c r e t i t e o l o g i c a l i :
alcuna quando nell'inferiore scienza si avesse
^ elr„'"T f" "8- di dimostrazioni o
conclusion» ' trovassi nella Scrittura altra
8" professori di queUa
strani";,''!: Sladetu' "
ricorrere t ^ i • . propne esperienze, senza
è detto, alla diemV convenendo, come si
zione déue fallacie Llle abbassarsi all'investiga-
aleiildeterminargUlaverità"deV°^^^T'
autori bastando
tà e con la sicurezza conclusione, con l'assoluta
poi naturali nele quali diconTssi^chr
essi che noi doviamo fermarci

pesano magniloquenti parole fann^


scritture tra donnette, altri imoarano filosofiche intorno alle Sacre
insegnare agU uomini, e non essondo'debbono
di parole, anzi con audacia, spiegano a«j' con una certa facilità
Lascio stare i mici simili, i quali se ncr rn ^ comprendono,
gli studi profani, e carezzano le orecchio !? Sacre scritture dopo
qualsiasi cosa dissero, ritengono clip ci= popolo con composite orazioni,
imparare quello che pensarono Profeti oh ® degnano di
senso testimonianze ad esso non pertinp .. adattano al proprio
Simo genere d'insegnamento deforman» grande e non viziosis-
Scrittura che a quel volere ripugna » ® trarre al proprio volere la
A CRISTINA ni LORENA 569

sopra la Scrittura, senza glosarla o interpetrarla in sensi


diversi dalle parole, dicono essere quelle delle quali la Scrit
tura parla sempre nel medesimo modo, e i Santi Padri tutti
nel medesimo sentimento le ricevono ed espongono. Ora
intomo a queste determinazioni mi accascano da considerare
alcuni particolari, li quali proporrò per esserne reso cauto
da chi più di me intende di queste materie, al giudizio de
quali io sempre mi sottopongo.
E prima, dubiterei che potesse cader qualche poco di
equivocazione, mentre che non si distinguessero ®
nenze per le quali la sacra teologia è degna e 100
regina. Imperò che ella potrebbe esser tale, o vero ®
queUo che da tutte l'altre scienze viene insegato, si trov
compreso e dimostrato in lei, ma con mezi più
con più sublime dottrina, nel modo che. per esse jio, e
regole del misurare i campi e del contepare mclto pu
eminentemente si contengono nell aritme ica e g
d'Euclide, che nelle pratiche degli ®
tisti; 0 vero perché U suggetto, mtorno al qu
la teologia, superasse di dignità tutti gh
son materia dell'altre scienze, ed anco perch ^
gnamenti procedessero con mezi più su mi. maniera
convenga U titolo e la autorità regia neUa
non credo che poss'essere affermato per ^^,'3
che avranno qualche pratica neU'altre
nissuno crederò io che dirà che molto pm
tamente si contenga la geometria, la « ron Vniommeo
ea l medcin
i ane'bilrisacr,i chen
i Archm
i ede,»Jool mm^^
in Boezio ed in Galeno. Però pare che la regia P ^
se gli leva nella seconda maniera, ciò e per reve-
suggetto, e per l'ammuabil insegnamento ' ® potevano
lazioni in queUe conclusioni che per altn P
dagU uomM esser comprese e che tolX'^^"
all'acquisto deU'etema beatitudine. Ora, f la per
pandosi neU'altissime co"'®""?'"'""" fatta di somma
dignità nel trono regio, per o che elk
autorità, non discende aUe più '/P^^hiarato,
deUe inferiori scienze, anzi, come di sopra
570 LETTERE COPERNICANE

quelle non cura, come non concernenti alla beatitudine, non


dovrebbono i ministri e professori di quella arrogarsi autorità
di decretare nelle professioni non esercitate né studiate da
loro; perché questo sarebbe come se un principe assoluto,
conoscendo di poter liberamente comandare e farsi ubbidire,
volesse, non essendo egli né medico né architetto, che si
me casse e abbricasse a modo suo, con grave pericolo della
vita de miseri infermi, e manifesta rovina degli edifizi.
comandar poi a gli stessi professori d'astronomia, che
procurino per lor medesimi di cautelarsi contro aUe proprie
esser altro^rho come quelle che non possine
che imnnc -K t Sofismi, è un comandargli cosa più
che nnr» solamente se gli comanda
quel che Ir ^^Sgono e che non intendino
di auel rhp c*^rcando, trovino il contrario
WsTLewi'" Però, prima che far questo,
" ""lo di fa' che le
riori alle comandassero l'una all'altra, e le infe-
sero e vnlnJ^^"""' l'immaginativa e la volontà potes-
intende credere il contrario di quel che l'inteUctto
non son di proposizioni pure naturaU e che
voi^eHre ' sopranatuL e Fide), lo
ogni diligenza Padri, che volessero con
avanti la mente con rappresentandosi bene
zioni, si accertassern stringhino le necessarie ilia
de' professori deUe sciTnTe^T'"^^"^^ ®
a voglia loro annli/^ • "^^^'^ative il mutar l'opinioni
che kn Z.rZ:'lTir ' ^ ^
a un filosofo e '1 disn comandare a un matematico o
non con l'istessa facUitT^^" "cercante o un legista, e che
dimostrate circa le cose H ti mutare le conclusioni
nioni circa a quello che sL ^
un censo, o in un cambio. contratto, in
conosciuta da i Padri fir>++- • è stata benissimo
posto grande studi^i'^'S ' T''
meglio dire, molte fallacie filosofichT P®'
onche ci mamfesta, e come
A CRISTINA DI LORENA 57»

espressamente si legge appresso alcuni di loro; ed in parti


colare aviamo in sant'Agostino le seguenti parole: « Hoc
indubitanter tenendum est, ut quicquid sapientes huius mundi
de natura rerum veraciter demonstrare potuerint, ostendamus
nostris Literis non esse contrarium; quicquid autem illi in
suis voluminibus contrarium Sacris Literis docent, sine uUa
dubitatione credamus id falsissimum esse, et, quoquomodo
possumus, etiam ostendamus; atque ita teneamus fidem
Domini nostri, in quo sunt absconditi omnes thesauri sapien-
tiae, ut neque falsse philosophiae loquacitate seducamur, neque
simulatae religionis superstitione terreamur. » ^
Dalle quali parole mi par che si cavi questa dottnna,
cioè che ne i Ubri de' sapienti di questo mondo si contenghino
alcune cose della natura dimostrate veracemente, ed altre
semplicemente insegnate; e che, quanto alle prinie, sia o zio
de' saggi teologi mostrare che le non son contrane alle Sacre
Scriture; quanto alla
' ltre, insegnate ma non necessanament
dimostrate, se vi sarà cosa contraria alle Sacre Lettere, si
deve stimare per indubitatamente falsa, e tale m ogni pos-
sibil modo si deve dimostrare. Se, dunque, le
naturali, dimostrate veracemente, non si hanno a p p
a i luoghi della Scritura, ma si ben dichiarare come tdi
luoghi non contrariano ad esse conclusioni, a unq^u '
prima che condannare una proposizion na ur e,
ch'eUa non sia dimostrata necessariamente: e questo dev
fare non quelli che la tengon per vera ma ^
stm
i an fasl a; e cò
i par motlo rago
i nevoe
l e conforme ^a
natura; ciò è che molto più facilmente sien per trovar e
eie in un discorso quelli che lo stiman falso, che que c e
« In Genesis ad lite,-am. lib. I, cap. XXI (nota di
deve ritenere indubitabile, perché possiamo avranno potuto
alle nostre Scritture qualsiasi cosa i saggi di qucs o . ^j^jgiasi cosa
con v«ità ci,» U n..«r»
essi insegnano nei loro volumi contraria a nossiamo, lo mo-
dubbio riteniamo essere falsissima e in qua nascosti tutti
striamo; e cosi manteniamo fede al nostro io . . ^ £ jgg filosofie,
i tesori dela sapienza, e non siamo sedoti dala loquacità di
né atterriti dalla superstizione di religione simulata».
573 LETTERE COrERNICANE

reputan vero e concludente; anzi in questo particolare acca-


derà che i seguaci di questa opinione, quanto più andran
rivolgendo le carte, esaminando le ragioni, replicando l'osser
vazioni e riscontrando l'esperienze, tanto più si confermino
in questa credenza. E l'Altezza Vostra sa quel che occorse
al matematico passato deUo Studio di Pisa, che messosi in
sua vecchiezza a vedere la dottrina del Copernico con spe
ranza di poter fondatamente confutarla (poi che in tanto
la reputava falsa, in quanto non l'aveva mai veduta), gli
venne, c le non prima restò capace de' suoi fondamenti,
^ irnostrazioni, che ei si trovò persuaso, e d'im-
nomin " U saldissimo mantenitore. Potrei anco
mid srn • !• ^ i quali, mossi da gli ultimi
la confessato esser necessario mutare
Lfo del mondo, non potendo in
conto alcuno più sussistere.

basta sspTi mondo questa opinione c dottrina


-1°. --e forse si persua-
gli par imnn ^ giudizi degli altri co '1 lor proprio,
e trovar ^ opinione abbia a poter sussistere
negozio ca sarebbe facilissimo a fai rsi; ma il
detcmina2Ìone"Lrebte"nef
del CoDernirn a r necessario 'proibir
'=®®SU'nonrsolo
e una tal
il libro
l'iste^ dX: t r" ''"tori che seguono
ild'cielo,
astronoSerT
acciò none Sr'' ^?"'uomini guardar verso
wrif
alla Terra or remoti«;<!i ^^^rte e Venere or vicinissimi
scorge 40 volte, e queSi' diferenza che questa si
ed acciò che la medesima V ' volta che l'altra,
or falcata con sottilis<5imo scorgesse or rotonda
vazioni, che in modo alc^n^^' ^ sensate osser-
sistema Tolemaico, ma son possono adattare al
nicano. Ma il proibire il Co ® argumenti del Coper-
osservazioni e ner rflr»r.r che per molte nuove
lettura si vapo/Jo™
mo in po^rno""l»
scopiterati
rendo piùaUa
vera lasua
sua
" Clavius (nota di Galileo).
A CRISTINA DI LORENA 573

posizione c ferma la sua dottrina, avendol ammesso per


tanti anni mentre egli era men seguito e confermato, par
rebbe. a mio giudizio, un contravvenire aUa verità, e cercar
tanto più di occultarla e supprimerla, quanto più ella si
dimostra palese e chiara. Il non abolire interamente tutto i
Ubro, ma solamente dannar per erronea questa particolar
proposizione, sarebbe, s'io non m'inganno, detrimento maggior
per l'anime, lasciandogli occasione di veder provata una
proposizione, la qual fusse poi peccato il crederla. proi ir
tutta la scienza, che altro sarebbe che un reprov^ can o
luoghi delle Sacre Lettere, i quali ci insegnano come la gloria
e la grandezza del sommo Iddio mirabilmente si sc^ge m
tutte le sue fatture, e divinamente si legge ne aper '
del cielo? Né sia chi creda che la lettura de g
cetti, che sono scriti in queUe carte, fimsca nel ^
Io splendor del Sole e delle stelle e '1 t del
che è il termine sin dove penetrano g ì occ concetti
vulgo; ma vi son dentro misten tan o pro cento
tJo sublimi, che le vigUie. le fatiche e gh studi
e cento acutissimi ingegni non gli hanno
penetrati con l'investigazioni continuate
gliaia d'anni. E credino pure gh i^oti
che gU occhi loro comprendono nel nguar ^ gli
corpoumanoèpcicosilsm
i a^»com^.»-^®.
ammirandi artifizi che m esso ntro j^vestigando l'uso
tissimo anatomista e fUosofo, mentre -gU
di tanti muscoh. tendini, nerv ipaU ricercando
offizi del cuore e de gli altn ^^ra^iglióse strutture
le sedi delle facultà vitali, osservand stupirsi e
de gli strumenti de' sensi.
di appagarsi, contemplando '/'cett
memoria e del discorso; cosi quello Hpll'alte me-
vista rappresenta, è come nuUa in proporz.on
ravg
i UeL
' . mercé dee
lul nghe f
l'ingegno degl'intelligenti scorge nel
mi occorre considerare ebrea a ques o p -ueiie propo-
Quanto poi a queUo che Lp«
sizioni naturali delle quali la Scrittura y
574 LETTERE COPERNICANE

1 istesso e che i Padri tutti concordemente ncll'istesso senso


ricevono, debbino esser intese conforme al nudo significato
delle parole, senza glose o interpetrazioni, e ricevute e tenute
per verissime, e che in conseguenza, per esser tale la mobi
lità del Sole e la stabilità della Terra, sia de Fide il tenerle
per vere, ed erronea l'opinion contraria; mi occorre di con
siderar, prima, che delle proposizioni naturali alcune sono
delle quali, con ogni umana specolazione e discorso, solo se
conseguire più presto qualche probabile opinione e
vensim coniettura, che una sicura e dimostrata scienza,
come, per esernpio, se le stelle sieno animate; altre sono,
e qua i o si ha, o si può credere fermamente che aver
SI possa, con esperienze, con lunghe osservazioni e con neces-
sarie dimostrazioni, indubitata certezza, quale è, se la Terra
allf J^uovino o no, se la Terra sia sferica o no. Quanto
non gli umani discorsi
Duò avpr°"° ® che di esse per consequenza non si
convptipa^ scienza, ma solamente opinione e fede, piamente
Scrittura T assolutamente col puro senso della
si è detto li crederei, come di sopra
d'accertarsi del fatto, il quale ci
qualfasso^tl Scritture, U
strato ben cheT ^ ^^verebbono concordi col fatto dimo
iente. poi et H
questi' Tpar don contrariarsi. E
trovo scrittf punt^^^^^^^ ^
landò a punto deUa fit? ^ sant'Agostino, il quale, par-
credere essere poi pi, ® ^^ale ella si deva
astronomi sia contrarirf affermano gU
rotonda, e chiamandola la stin
determina che niente si h ^ ^"ttura distesa come una pelle,
a gilastronom,imac^d^rfaua'T
loro dicono sarà falso e fonrlnt autorità, se queUo che
deU'infirmità umana* ma se n sopra coniettura
provato con ragioni ikdubitabuf n ""Ij® affermano fusse
che si comandi a gU astronomi T
le lor dimostrazioni, dichiarino H
anno la lofr"medesi
conclusim i, sol
one vendo
per falsa.
A CRISTINA DI LORENA 575

ma dice che si deve mostrare che quello che è detto nella


Scrittura della pelle, non è contrario a quelle vere dimostra
zioni. Ecco le sue parole: « Sed ait aliquis: Quomodo non est
contrarium is qui figuram spherte caelo tribuunt, quod scrip
turn est in libris nostris. Qui extendit caelum sicut peUem?
Sit sane contrarium, si falsum est quod illi dicunt, hoc
verum est, quod divina dicit authoritas, potius quam u
quod humana infirmitas coniicit. Sed si forte ilud tah
documentis probare potuerint, ut dubitari inde non e
demonstrandum est, hoc quod apud nos est de pe e c um,
veris illis rationibus non esse contrarium. » egue po
ammonirci che noi non doviamo esser meno .
concordare un luogo della Scrittura con una
naturale dimostrata, che con un altro luogo e a
che sonasse il contrario. Anzi mi par degna esse
rata edm
i mtiataa
l cricuspezzo
i ne diquesto Santo U qu^e
anco neUe conclusioni oscure, e delle quaJi P"®
che non se ne possa avere scienza per
va motlo rsiervato neldetermn
i ar queUo che ^ de™ ,
come si vede da queUo che t c«dL
De Genesi ad Uteram. ^ sslt compne-
ammate: « Quod Ucet m prsesent. fa^e ™ ^ Scriptura-
hendi, arbitror tamen, in processo
rum opportuniora loca „on ostendere
secundum aanct. authonta^
certum aliquid, tamen credere, de re obscura
semper moderatione pi® gravitata patefecerit,
temere debemus. ne forte quod postea ven P.^^
quamvis libris sanctis, sive Testamenu
j- « Però qualcuno dice:
« /n Genesis ad litemm. cap. IX (nota di G
come non è contrario a coloro che attn e+endc il cielo come pelle ?
che si trova scritto nei nostri libri. Co ut c jnfatti è vero quello che
e sia pur contrario, se è falso ciò che que '*^ 3'me l'umana incapacità.
dice l'autorità divina piuttosto che con taU documenti che
Ma se per caso quelli potranno dimostrare a quanto è detto nei
non se ne debba dubitare, bisognerà nuelle vere ragioni»,
nostri libri intorno alla pelle non conti as a
576 LETTERt COPERNICANE

nullo modo esse possit adversum, tamcn propter amorem


nostri erroris oderimus. »
Di qui e da altri luoglii parmi, s'io non m'inganno, la
intenzion de Santi Padri esser, che nelle quistioni naturali
e che non son de hide prima si deva considerar se elle sono
indubitabilmente dimostrate o con esperienze sensate cono
sciute, o vero se una tal cognizione e dimostrazione aver si
possa: la quale ottenendosi, ed essendo ella ancora dono di Dio,
si deve applicare all'investigazione de' veri sensi delle Sacre
lettere m quei luoghi che in apparenza mostrassero di sonar
iversamente, i quali indubitatamente saranno penetrati da'
sapienti teologi, insieme con le ragioni per che lo Spirito Santo
gì a la volsuti tal volta, per nostro essercizio o per altra a
e Ita ragione, velare sotto parole di significato diverso,
yuan 0 altro punto, riguardando noi al primario scopo
Lettere, non crederei che l'aver loro sempre
^^"so avesse a perturbar questa regola;
aciVa e
alla Scrittura,
vulgo, pronunziareper accomodarsi
ta una proposizialla
una vol one
n paro e di sentimento diverso dalla essenza di essa propo-
dovrà ella aver osservato l'istesso, per
rnc Quante volte gli occorreva dir la medesima
lla ^ tone,
a contusi altramente averebbe
e scemata la credul cresciuta
ità nel popol
o. Che poi
«sari^ o movi moento
^'^'^oni darsi del
alla Sole etàdel
capaci la Taerra
popol fosse
rneneces-
re, asseri quello
^ parole della Scrittura, l'esperienza ce lo mostra
vipn m all'età nostra popolo assai men rozo
dprat®nell istessa opinione
e essaminate, da ragioni
si troveranno esserche, ben pon-
frivolissime, ed

che ^ comprendere con facilità, ritengo che


tare wS -""ure si possono presen-
santaSorità VT?''' consentito, secondo le lettere della
ervando Telrc di certo. Ora. con
temere ^crXe «on dobbiamo
odTar^ per cLT 2r \ZT. P-ché non abbiamo a
verità poi mostrerà sebbeno ^ 'Mostro errore ciò che eventualmente la
libri sacri, si. del Vecchio sia d=° nCo "
A CRISTINA DI LORENA
577

esperienze o in tutto false o totalmente fuori del caso; né


si può pur tentar di rimuoverlo, non sendo capace delle
ragioni contrarie, dependenti da troppo esquisite osservazioni
e sottili dimostrazioni, appoggiate sopra astrazioni, che ad
esser concepite richieggon troppo gagliarda imaginativa. Per
10 che, quando bene appresso i sapienti fusse più che certa
e dimostrata la stabilità del Sole e '1 moto della Terra, biso
gnerebbe ad ogni modo, per mantenersi il credito appresso
11 numerosissimo volgo, proferire il contrario; poi che de i
mille uomini vulgari che venghino interrogati sopra questi
particolari, forse non se ne troverà un solo, che non risponda,
parergli, e cosi creder per fermo, che '1 Sole si muova e che
la Terra stia ferma. Ma non però deve alcun prendere questo
comunissimo assenso popolare per argument© della verità
di quel che viene asserito; perché se noi interrogheremo gli
stessi uomini delle cause e motivi per i quali e' credono in
quella maniera, ed, all'incontro, ascolteremo quali esperienze
e dimostrazioni induchino quegli altri pochi a creder il con
trario, troveremo questi esser persuasi da saldissime ragioni,
e quelli da semplicissime apparenze e rincontri vani e ridicoli.
Che dunque fosse necessario attribuire al Sole il moto, e
la quiete alla Terra, per non confonder la poca capacità del
vulgo e renderlo renitente e contumace nel prestar fede a
gli articoli principali e che sono assolutamente de Fide, è
assai manifesto: e se così era necessario a farsi, non e punto
da meravigliarsi che così sia stato con somma prudenza
esseguito nelle divine Scritture. Ma più diro, che non soh-
mente il rispetto dell'incapacità del vulgo, ma la corrente
opinione di quei tempi, fece che gli scrittori sacri nelle cose
non necessarie alla beatitudine più si accommodorno ali uso
ricevuto che alla, essenza del fatto. Di che parlando san
Girolamo, scrive: « Quasi non multa in Scripturis Sanctis
dicantur iuxta opinionem illius temporis quo gesta referuntur,
et non iuxta quod rei Veritas continebat. » " Ed altrove il
" In cap. 28 Hieremiac (nota di Galilei). « Come se nella Sacra Scnttura
molte cose non son dette secondo l'opinione del tempo a cui si nchiaman i
fatti e non secondo la verità della cosa ».

37. Galilei, I.
5/8 LETTERE COPERNICANE

medesimo Santo: <( Consuetudinis Scripturarum est, ut opi-


nionem mutarum rerum sic narrct Historicus, quomodo eo
tempore ab omnibus credcbatur. » E san Tommaso in lob,
al cap. 27, sopra le parole « Qui extendit aquilonem super
vacuum, et appendit Terram super nihilum », nota che la
Scrittura chiama vacuo e niente lo spazio che abbraccia e
circonda la Terra, e che noi sappiamo non esser vóto, ma
npieno d'aria: nulla dimeno, dice egli che la Scrittura per
accomodarsi alla credenza del vulgo, che pensa che in tale
spazio non sia nulla, lo chiama vacuo e niente. Ecco le parole
1 san ommaso: « Quod de superiori hemisphaerio cieli nihil
no is apparet, nisi spatium aere plenum, quod vulgares
omines reputant vacuum: loquitur enim secundum existi-
ma lonem vulgarium hominum, pro ut est mos in Sacra
cnp ura. » 0 Ora da questo luogo mi pare che assai chiara
mente argumentar si possa, che la Scrittura Sacra, per il
e esimo n^etto, abbia avuto molto più gran cagione di
chuamare il Sole mobile e la Terra stabile. Perché, se noi
capacità degli uomini vulgari, gli troveremo
„ IL?'" ® persuasi della stabilità del Sole e
riDtet H? . 7^'
che non se gli autori sacri in questo punto,
2 e^r r™ Wresso la capacità del vulgo
df p sLde dal tentare
vòrchTt ® u ■ se non molto ragione-
osservato U meLmoS
'™
' '
concepir le cose già sin dàlA„T' r "<™
non accrescer confuso
i ne e dfiflc^trneU
dopo aver prima dimostrato" cne
cte I movimenti li quali a noi

Cap. 13 Matthaei (nota di Galilei) „ È noli


che lo storico riferisca ciò che era allo i- " ■ delle Scritture
Più sotto: «che distende l'aquilone soor ^"tti circa molte cose»,
la terra sopra il nulla ». a Che dell'emisf^ * sotto il vuoto e sospende
non uno spazio pieno d'aria che il ^ apparisca se
l'opinione del volgo, com'è ^costume della». e secondo
bdcra scrittura
A CRISTINA DI LORENA 579

appariscono esser del Sole o del firmamento son veramente


deUa Terra, nel venir poi a ridurgli in tavole ed all'appUcargli
all'uso, gli va nominando per del Sole e del cielo superiore a
i pianeti, chiamando nascore e tramontar del Sole, delle
steUe. mutazioni nell'obliquità del zodiaco e variaziom ne
punti degli equinozii, movimento medio, anomalia e prosta
feresi del Sole, ed altre cose taU. quelle che son veemente
deUa Terra. Ma perché, sendo noi congiunti con lei, ed m
conseguenza a parte d'ogni suo movimento, non gli possiamo
immediate riconoscere in lei, ma ci convien far di lei re azione
a i corpi celesti ne' quali ci appariscono, pero gli nommiamo
come fatti là dove fatti ci rassembrano. Quindi si noti quan o
sia ben fatto l'accomodarsi al nostro più consueto modo
la comun concordia de' Padri, nel ^ceverjua
proposizione naturale dalla Scrittura nel me ® tenerla
debk autenticarla in maniera che divenga ^f/di " eUe
per tae
l , crederei che cò
i si dovesse al pmn
' ^tató^e
conclusioni solamente, le quali fissero a ^ per
discusse e ventilate con assoluta ®
IW e per l'altra parte, accordandosi po. tath a rep^
quea
l etenerquesta.Maa l mobUrtàdeUaTermestabUU
del Sole non son di questo j. remota dalle
nione fosse in quei tempi totalmen e p seguita
questioni deUe scuole, e non considerata,
da veruno: onde si può credere che ne °
a' Padri di disputarla, avendo i luoghi
lor propria opinione, e contradizione di
nell'istesso parere, senza che si sent ammettono
alcuno. Non basta dunque il dir che i a " ^
la stabilità della Terra, etc., adunque il tene , . .
ma bsi ogna provar che gil abbn
i o condennato 1 opn
i ane
contraria: imperò che io potrò sempre discuterla,
avuta loro occasione di farvi sopra re essi corrente,
ha fatto che l'hanno lasciata ed ammessi so ^
ma non già come resoluta e stabihta. E ci
dir con assai ferma ragione: impero c ® . j-gg^ o no:
reflesso
i ne sopra questa concu
l so
i ne come controversa.
580 LETTERE COPERNICANE

se no, adunque niente ci potettero, né anco in mente loro,


determinare, né deve la loro non curanza mettere in oblige
noi a ricevere quei precetti che essi non hanno, né pur con
1 intenzione, imposti; ma se ci fecero applicazione e consi
derazione, già l'averebbono dannata se l'avessero giudicata
per erronea; il che non si trova che essi abbino fatto. Anzi,
opo che alcuni^ teologi l'hanno cominciata a considerare, si
ve e c e non 1 hanno stimata erronea, come si legge ne i
Comentari cU Didaco a Stunica sopra lob, al c. 9, v. 6,
sopra e parole « Qui commovet Terram de loco suo »> etc.
discorre sopra la posizione Copernicana, e
Scrittura ^ della Terra non esser contro alla
Oltre che 10 averei qualche dubbio circa la verità di tal
Chiesa obblighi a
snìam simili conclusioni naturali, insignite
rrh r ? '''''' interpetrazione di tutti i Padri:
manipra° ^ ^ che quelli che stimano in questa
Dria <iesiderato d'ampliar a favor della pro-
in questo^°nm Concilii, il quale non veggo che
sensi contra ° proibisca altro se non lo stravolger in
de' Padri nn^ T Chiesa o del comun consenso
a i costumi "ogM solamente che sono de Fide, o attenenti
stiana: e cok r' aU'edificazione della dottrina cri-
Ma la mobilità o ttabilitr'n/'?^"^''® Sessione IV.
de Fide né contro a i °
luoghi della Scritturn ^ ^ ^ voglia scontorcere
Palri: and ÌTÌ^ !
servito di luoghi sacri ^l^^sta dottnna non si è mai
gravi e sapienti teologi rSe neU'autorità di
al vero sentimento. E quantr^"^!! '' conforme
formino co' Santi Padri in \ decreti de* Concilii si con
manifesto: poi che tantum
Fide sin^Ii conclurnutt ^ P"
le contrarie opinioni
* tche
p u n^, ^eprovar
presto avendocome erronee
riguardo ali®
» .Com che smuovea
lel m delsuo taog».
A CRISTINA DI LORENA 581

primaria intenzione di Santa Chiesa, reputano inutile l'occu


parsi in cercar di venir in certezza di quelle. Senta 1 Altezza
Vostra Serenissima quello che risponde sant Agostino a quei
fratelli che muovono la quistione, se sia vero che il cielo
si muova o pure stia fermo; « His respondeo, multum subti-
libus et laboriosis rationibus ista perquiri, ut vere percipia-
tur utrum ita an non ita sit: quibus ineundis atque tractandis
nec mihi iam tempus est, nec ili esse debet quos ad salutem
suam et Sanctae Ecclesise necessariam utilitatem cupimus m-
formari.))^2
Ma quando pure anco nelle proposizioni naturali, da luogtu
dela Scritura esposti concordemente nel medesimo senso da
tutti i Padri si avesse a prendere la resoluzione di con en-
narle o ammetterle, non però veggo che questa regola avesse
luogo nel nostro caso, avvenga che sopra 1 me .
si leggono de' Padri diverse esposiziom:
Areopagita, che non il Sole, ma il pnmo mo ,
ils' teL stima santA
' gostino, ciò è che siArmassero
corpi celesti; deU'istessa opinione e 1 Abulense ' ^ ^
gU autori Ebrei, a i quali applaude
stimato che veramente il Sole non si erma , , ^
apparve ™dia„te la b-ità de. tempo
dettero la sconfitta a nemici. Cos
di Ezechia, Paulo Burgense stima non
Sole, ma neU'orivuolo. Ma che in efìetto sia
e inteipetrare le parole del testo di jalunque si
ponga la costituzione del mondo, dimos rero nuello
Lfinahnente,concedendoaquestisginoripudiq^Uo
che domandano, ciò è di sottoscrivere ^
de' sapienti teologi, già che tal particolar squis
« In Genesis ad literam, Uh. II, esaminate
rispondo che con argomentazioni molto so 1 ^
queste cose perché veracemente si debbono averne quelli che
scere e trattare le quali io non ho tempo c deUa Santa
vogliamo educare per la salvezza loro e per la necessana
Chiesa ». . „ Avila- Paolo vescovo di
M Alfonso Tostado (1400-1455). vescov
Burgos.
582 LETTERE COPERNICANE

si trova essere stata fatta da i Padri antichi, potrà esser


fatta da i sapienti della nostra età, li quali, ascoltate prima
1 esperienze, 1 osservazioni, le ragioni e le dimostrazioni de*
filosofi ed astronomi per l'ima e per l'altra parte, poi che
la controversia ò di problemi naturaU e di dilemmi necessarii
ed impossibili ad essere altramente che in una delle due
maniere controverse, potranno con assai sicurezza determinar
que o c e le divine inspirazioni gli detteranno. Ma che senza
ventilare e ^scutere minutissimamente tutte le ragioni del-
fa+t^
atto si^siparte, e che senza
a per prendere venire
una tanta resoluinziocertezza
ne, non èdel
da
e dSnL e curerebbono d'arrisicar la maestà
^ sostentamento della repu-
che non w ^"^niaginazioni, né da temersi da quelli
attenzione che si vadia con somma
dottrina . sicno i fondamenti di questa
Sacre Letterr i°n del vero e deUe
ogS c^ LTo 1 ™t°rità neUa quale
Se Cm r' mantenute La
desiderata e prwurata T maggior zelo vien
mente a Santa rv>- i che, sottoponendosi onnina-
o q.^^fo^one 'i P-Msca questa
zione più sicun v. "maggiormente si assicuri nell'eie-
interesse o soUevati di^ proprio
ella fulmini senz'altro i suggestioni, predicano che
farlo, non considerando potestà, di
è sempre utUe che si faccia?"??
stati i Padri santissimi- n • ^^®sto parere non son già
dizio e quanto contro' di quanto progiu-
Cattolica sarebbe il volere institute della Chiesa
conclusioni naturali delle ^ Scrittura definire
dimostrazioni necessarie ^ o con esperienze o con
strare il contrario di queT qualche tempo dimo-
andati non solamente circospetti^^^"^^ ®°"°
stramento de gli altri, lasciati hanno, per ammae-
obscuris atque a nostris oculìs^r*™.*' P"'®™"': « I"
remotissimis, si qua inde
A CRISTINA DI LORENA 583

scripta, etiam divina, legerimus, quae possint, salva fide qua


imbuimur, aliis atque aliis parere sententiis, in nullam earum
nos praecipiti affirmatione ita proiiciamus, ut, si forte dili-
gentius discussa Veritas earn recte labefactaverit, corruamus,
non pro sententia divinarum Scripturarum, sed pro nostra
ita dimicantes, ut earn velimus Scripturarum esse, quae nostra
est, cum potius earn, quae Scripturarum est, nostram esse
velie demeamus. » Soggiugne poco di sotto, per ammae
strarci come nissuna proposizione può esser contro la Fede
se prima non è dimostrata esser falsa, dicendo: «Tamdiu
non est contra Fidem, donee ventate certissima refellatur.
quod si factum fuerit, non hoc habebat divina Scriptura,
sed hoc senserat humana ignorantia. »Dal che si vede
come falsi sarebbono i sentimenti che noi dessimo a luogm
della Scrittura, ogni volta che non concordassero con le verità
dimostrate: e però devesi con l'aiuto del vero dimostrato
cercar U senso sicuro deUa Scritura, e non. conforme ^
nudo suono deUe parole, che sembrasse vero aUa deboto
nostra, volere in certo modo sforzar la natura e negare espe-
rienze e le dimostrazioni necessarie.
Ma noti, di più, l'Altezza Vostra, con quante c^^o^P .
zioni cammina questo santissimo uomo p^a che nso
ad affermare alcuna interpetrazione della
e talmente sicura che non si abbia da temere po e
trare qualche dificoltà che ci apporti disturbo, che, non con
tento che alcun senso deUa Scrittura concordi con alcuna
dimostrazione, soggiunge: « Si autem hoc verum esse ce

D. Augustinus, /« Genesis adlileram. lib. I. capp.


di GaUlei). «Nelle questioni lontanissime ed oscure per noi, ,
scritti, anche divini che, salva la Fede cui siamo educati.
a questa o a quell'opinione, a nessuna di esse dob lamo a accurata-
samente in modo da soccombere, se per caso la verità
mente l'avrà distrutta a ragione: combattendo non
Sacre scritture, ma per la nostra, in modo da vol^e f
delle Sacre scritture, quando piuttosto dovremmo volere cùe
l'opinione delle Scritture ». . la verità cer-
« « Finché non è contro la fede, finché non sia s® scrittura, ma
tissima; che se ciò sarà fato, non questo conteneva la divina Scntt
<}uesto aveva sentito l'ignoranza umana ».
5''4 LETFERE CDI'ERNICANU

ratio demonstraverit, adhuc incertum crit, utriim hoc in Ulis


verbis sanctorum librorum scriptor sentiri voluerit. an aliquid
ahud non minus verum: quod si cetera contextio sermonis
non hoc cum voluisse probavcrit, non ideo falsum erit aliud
voluit, scd et verum et quod utiUus co
ca ur. » a quello che accresce la meraviglia circa la
cammina, è che.
e nuplln ° ' vedere che e le ragioni dimostrative
Scrittura ed il resto
sima precedente o susseguente cospirino nella mede-
textio SrrinT"^' seguenti parole: « Si autem con-
ffnaverit intelligi scriptorem non repu-
quello an * ^"<^0 ad accettar questo senso o escluder
H u f fi c i e n " - a i c a u t e l a t o
que voluisse non ' corum ille voluerit; aut utrum-
tentircertT'- ^^^ditur, si utrique sen-
vot do^^^^ " E analmente, quasi
a quali Penco ief"'
qu^chfri^ ^ Scritture e la Chiesa
che aa
l dg
i ntià dea
l S^rkt"^ mantenm
i ento du
' n suo errore
rità di quella oltrp • + estender l'auto-
soggiugn'e "e,a ^ P™'
bastare a reprimere e mn i doverebbono
Ptende dipotersipaga
il re: « Pe
l rumque enm
i accd
uno pretende di nnf • soverchia licenza che tal i ti,

n m caare^questo
sigmfi à ao pi
nuttosto
c o raltra
a incerto se ^
discolo
perciò saràavrà
falso provato chevoHe
l'altro che eg^ eglif si
non aulVu non
intendesse, del
« Se poi il contesto della Scritt ^ più utile »-
scnttore abbia voluto intendere, ancora"='^^^ "Pugnerà a che questo lo
potè significare ». ' potrà chiedere so anche altro non
" „ Che se troveremo che anche
incerto quale dei due sensi egli abbia volut potuto significare, sarà
che abbia voluto l'uno e l'altro, se l'una e r'i° arbitrariamente si crede
costanza certa r. ^ ^^a opinione è suffragata da cir-
A CR[STINA DI LORENA 585

ut aliquid de Terra, de caelo, de cseteris huius mundi eie-


mentis, de motu et conversione vel etiam magnitudine et
intervallis siderum, de certis defectibus Solis et Lunae, de
circuitibus annorum et temporum, de naturis animaliuin,
fruticum, lapidum, atque huiusmodi caeteris, etiam non Chri-
stianus ita noverit, ut certissima ratione vel experientia
teneat. Turpe autem est nimis et pemiciosum ac maxime
cavandum, ut Christianum de his rebus qu^i secundum
Christianas Literas loquentem ita delirare quilibet infidelis
audiat, ut, quemadmodum dicitur, tote caelo errare conspi-
ciens, risum tenere vix possit; et non tam molestum es
quod errans homo derideretur, sed quod authores nostn a
eis qui foris sunt talia sensisse creduntur, et, cum magno
exitio eorum de quorum salute satagimus, tamquam m oc 1
reprsehenduntur atque respuuntur. Cum enim quemquam e
numero Christianorum ea in re quam ipsi optinie
errare deprshenderint, et vanam sententiam suam de nMtns
libris assereni, quo pacto iUis libris creditun sunt de «su-
rectione mortuorum et de spe vte
rum, quando de his rebus quas iam expenn vel indubitate
rationibus percipere potuerunt, faUaciter
scriptos? » " Quanto poi restino offesi i an ;
sag^epruderdaquestitailche,persostenerpropos.z.om
» . Speso inetti capta che «. autor, anchc
ana certa nozione circa ia terra, ii cieio ed a n e distanze deiie
sul moto e sulla conversione o anche sulle gran MZ tempi,
stelle a determinate ecclissi del sole e di luna, ne genere,
suUa natura degU animali, delle piante, delle
da tenerla per certissima ragione o esperienza. È °
noso ed in ogni maniera da evitare che un certo
parlare di queste cose secondo le Sacre ®^"2uto\'™stento possa tratenere
come si dice, vedendolo 'errare m modo assolut -rrore auanto che
il riso, e non è tanto molesto che sia deriso ^^an danno
nostri scrittori, agli estranei, sembrmo credere j gjanti siano redar
di coloro della cui salute abbiamo cura, e eh ® ^^^he cristiano in
guiti e disprezzati. Quando infatti colgono vano parere preso dai
cosa che essi conoscono benissimo, e dichiarano 1 su ^ speranza
nostri libri, come potranno credere alla resurrezio^tojno^^^^ .
della vita eterna e del regno dei cieh, qua verificare e conoscere con
nostri Ubri circa le cose che essi han potuto già venficare
ragioni indubitabili? ».
586 LETTERE COPERNICANE

da loro non capite, vanno in certo modo impegnando ì luoghi


delle Scritture, riducendosi poi ad accrescere il primo errore
col produrr altri luoghi meno intesi de' primi, esplica il
medesimo Santo con le parole che seguono: « Quid enim
molesti® tristitiajque ingerant prudentibus fratribus temerarii
praesumptorcs, satis dici non potest, cum si quando de prava
et falsa opinione sua repraehendi et convinci Cceperint ab eis
qui nostrorum librorum authoritate non tenentur, ad defen-
dendum id quod levissima temeritate et apertissima falsitate
xerunt, eosdem libros sanctos unde id probent, proferre
conantur; vel etiam memoriter, qu® ad testimonium valere
ar 1 rantur, multa inde verba pronunciant, non intelligcntes
neque quae loquuntur neque de quibus affirmant. »
e numero di questi parmi che sieno costoro, che non
en o o non potendo intendere le dimostrazioni ed espe-
nenze con le quali l'autore ed i seguaci di questa posizione
nfermano. attendono pure a portar innanzi le Scritture,
nin n- quante più ne producono e quanto
Lh. u"-'' chiarissime e non am-
maeeioA" danno, di tanto
il iffm sarebbono alla dignità di quelle (quando
i uta^m. T f'' poi la verità cono-
sior contrario arrecasse qualche confa-
de' quali nur"^ n separati da Santa Chiesa,
nel e madre desiderosa di ridurgli
dinatamente ni- l'Altezza Vostra quanto disor-
nella
della Scrittura
' ® e ben <5n argumenti
malamente luoghi
da loro intesi.
" (t Non si dirà mai abbastan»n ^
chino ai fratelli prudenti quelli eh "Molestia e quanto danno arre-
qualche volta cominciano ad essere^°'*° e presuntuosi, quando, se
loro distorta e falsa opinione da o ® convinti d'errore per qualche
nostri Ubri, per difendere quello che^ riconoscono l'autorità dei
e con chiara falsità, tentano di portare*^^^"*^ detto con leggerissima temerità
fermare le loro asserzioni, oppure da sacri, allo scopo di con
credendo che ciò valga come testimoni-'^^^^^ citano molto a memoria,
ttè il loro senso u. ^iza, non comprendendo né le parole
A CRISTINA DI LORENA 587

Ma se questi tali veramente stimano e interamente credono


d'avere il vero sentimento di un tal luogo particolare della
Scrittura, bisogna, per necessaria conseguenza, che si ten-
ghino anco sicuri d'aver in mano l'assoluta verità di quella
conclusione naturale che intendono di disputare, e che insieme
conoschino d'aver grandissimo vantaggio sopra l'avversario,
a cui tocca a difender la parte falsa; essendo che quello che
sostiene il vero, può aver molte esperienze sensate e molte
dimostrazioni necessarie per la parte sua, mentre che 1 avver
sario non può valersi d'altro che d'ingannevoli apparenze, di
paralogismi e di fallacie. Ora se loro, contenendosi dentro a
i termini naturali e non producendo altre armi che le filo
sofiche. sanno ad ogni modo d'esser tanto supenon aU av
versario, perché, nel venir poi al congresso, por subito mano
ad un'arme inevitabile e tremenda, per atterrire con 3- ^
vista il loro avversario? Ma, se io devo dir d vero, credo
che essi sieno i primi atterriti, e che, senten osi ma 11
potere star forti contro alli assalti dell'avversano, tentino
di trovar modo di non se lo lasciar accostare, vietandogli
l'uso del discorso che la Divina Bontà gli
abusando l'autorità giustissima della Sacra '
ben intesa ed usata, non può mai, conforme alla comu
sentenza de' teologi, oppugnar le manifeste espenenze o e
necessarie dimostrazioni. Ma che questi tah ri ugg m
Scritture per coprir la loro impossibUità di capire, non
di solvere, le ragioni contrarie, dovrebbe, s io non m inganno,
essergli di nessun profìtto, non essendo mai sin qui s a
cotal opinione dannata da Santa Chiesa. Però, quando voles
sero procedere con sincerità, doverebbono o, tacendo, con
fessarsi inabili a poter trattar di simili materie, o vero pnma
considerare che non è nella potestà loro né di a tri c e
Sommo Pontefice o de' sacri ConcUii il dichiarare una p -
posizione per erronea, ma che bene sta nell ar 1 no
disputar della sua falsità: dipoi, intendendo ® ^ ^
sibile che alcuna proposizione sia insieme vera e •
dovrebbono occuparsi in quella parte che più avessero
ciò è in dimostrar la falsità di quella; ^nerché nessuno
scoperta, o non occorrerebbe più il proibirla, p
588 LETIERK COPERNICANE

la seguirebbe, o il proibirla sarebbe sicuro e senza pericolo


di scandalo alcuno.
Però applichinsi prima questi tali a redarguire le ragioni
del Copernico o di altri, e lascino il condennarla poi per
erronea ed eretica a chi ciò si appartiene; ma non sperino
già d esser per trovare nei circuspetti e sapientissimi Padri
e nell assoluta sapienza di Quel che non può errare, quelle
repentine resoluzioni nelle quali essi talora si lascerebbono
precipitare da qualche loro affetto o interesse particolare:
perché sopra queste ed altre simili proposizioni, che non sono
direttamente de Fide, non è chi dubiti che il Sommo Pon
tefice ritien sempre assoluta potestà di ammetterle o di
condennarle; ma non è già in poter di creatura alcuna il
farle esser vere o false, diversamente da quel che elleno per
sua natura e de facto si trovano essere. Però par che miglior
consiglio sia 1 assicurarsi prima della necessaria ed immutabil
ventà del fatto, sopra la quale nissuno ha imperio, che,
senza tal sicurezza, col dannare una parte spogliarsi deU'au-
libertà di poter sempre eleggere, riducendo sotto
necessit quelle determinazioni che di presente sono indiffe-
ren 1 e ibere e riposte nell'arbitrio dell'autorità suprema.
HirhJor ® cpossibile
ata ereti a mentre siche
dubitauna
che elconclusione sia
la poss'esser vera,
la rnoHlTtà fatica di quelli che pretendono di dannar
laa dimost
r rano
d eessere
l Sim
o possi
l e , bile seefalsa.p r i m a non

il luogo consideriamo, quanto sia vero che


il Sole al rnmQ«!i * possa essere che, obedendo
n e

spazio si prolungasse. P®''


cosUtuzionè conforme aUa
perché, facendosi il movimento dV? avvenir
l'ordine de' segni, U quale è 1 •
è contrario al movimento del "
occidente,
H lache è queUo
11 giorno e la notte,l fa "
chiara
cosa è che, cessando il Sole dal suo vero e proprio movi
mento, il giorno si farebbe più corto, e non più lungo, e
che all'incontro il modo dell'allungarlo sarebbe l'affrettare
il suo movimento: in tanto che, per fare che il Sole restasse
sopra l'orizonte per qualche tempo in un istesso luogo, senza
declinar verso l'occidente, converrebbe accelerare il suo mo
vimento tanto che pareggiasse quel del primo mobile, che
sarebbe un accelerarlo circa trecento sessanta volte più del
suo consueto. Quando dunque losuè avesse avuto intenzione
che le sue parole fossero prese nel loro puro e propriissimo
significato, averebbe detto al Sole ch'egli accelerasse il suo
movimento, tanto che il ratto del primo mobile non lo por
tasse all'occaso; ma perché le sue parole erano ascoltate da
gente che forse non aveva altra cognizione de' movimenti
celesti che di questo massimo e comunissimo da levante a
ponente, accomodandosi alla capacità loro, e non avendo
intenzione d'insegnargli la costituzione delle sfere, ma so o
che comprendessero la grandezza del miracolo fatto nell al
lungamento del giorno, parlò conforme all'intendimento loro.
Forse questa considerazione mosse prima Dionisio Areo-
pagita« a dire che in questo miracolo si fermo il pnmo
mobae, e fermandosi questo, in conseguenza si fermoron
tutte le sfere celesti: della quale opinione è l'istesso sant Ago
stino, e l'Abulense^2 diffusamente la conferma. Anzi, che
l'intenzione dell'istesso losuè fusse che si fermasse tutto il
sistema delle celesti sfere, si comprende dal comandamento
fatto ancora aUa Luna, ben che essa non avesse che fare
nell'alungamento del giorno; e sotto il precetto fatto ad essa
Luna s'intendono gli orbi de gli altri pianeti, taciuti in questo
luogo come in tutto il resto delle Sacre Scritture, del e qu i
non è stata mai intenzione d'insegnarci le scienze astro
nomiche.
Farmi dunque, s'io non m'inganno, che assai chiaramente
si scorga che, posto il sistema Tolemaico, sia necessario

In Epistola ad Polycarptim (nota di GaUlei).


« De mirabilibus Sacrae Scripturae, lib. II. - Qttaesi., 2 , 4
losuè (note di Galilei).
590 LETTERE COPERNICANE

interpetrar le parole con qualche sentimento diverso dal loro


punto significato: la quale intcrpetrazione, ammonito dagli uti-
issimi documenti di sant'Agostino, non direi esser necessaria
mente questa, sì che altra forse migliore e più accomodata
non potesse sovvenire ad alcun altro. Ma se forse questo me-
esimo, più conforme a quanto leggiamo in Giosuè, si potesse
intendere nel sistema Copernicano, con l'aggiunta di un'iUtra
sservazione, nuovamente da me dimostrata nel corpo solare,
vogho per ultimo mettere in considerazione; parlando sempre
Se cZ di non esser talmente affezionato
creder chr^' 1° anteporle a quelle degli altri, e
SacreLetmigliori
Sacre tere nonesepiù
neconformi aU'intenzione deUe
possino addurre.
tutto 'I sis^'m miracolo di losuè si fermasse
de' sopr^^^^^^^ 1'"' conversioni celesti, conforme al parere
sola non si ® questo acciò che, fermatone una
set; ™ -tituzioni e s'introducesse
natura v?rnLr in tutto '1 corso della
solare ben cHp luogo a considerare come il corpo
sa SL 1-8°. si rivolge però in
SÌ come conchidpnf ^ conversione in un mese in circa,
mie Lettere delle M d'aver dimostrato nelle
ghiaino sensatamentHsw neU movimento veg-
inclinato verso il m ■ ' parte superior del globo,
riore, piegai verr„ T"°' la parte infe-
si fanno i rivolKimentTIl°T' 'stesso modo appunto che
riguardando noi alla noV.'in""' Pi^^'i. Terzo,
<ilu
l ce, dal qual puVcwfo
solamente la Luna e la T ^^^®®®^"^mente dimostro, non
nell'istesso modo per se stp^"^f' pianeti,
non credo che sarà lontano vengono illuminati,
come ministro massimo della i filosofare il dir che egli,
e cuore del mondo, infonde a ® modo anima
non solo la luce, ma il ^ ^ corpi che lo circondano
medesimo; sì che, nell'isto«^°modo
ancora, co '1 rigirarsi in se
che, cessando '1 moto
" Cfr. pp. 327 segg.
A CRISTINA DI LORENA 591

del cuore nell'animale, cesserebbono tutti gli altri movimenti


delle sue membra, così, cessando la conversion del Sole, si
fermerebbono le conversioni di tutti i pianeti. E come che
della mirabil forza ed energia del Sole io potessi produrne
gli assensi di molti gravi scrittori, voglio che mi basti un
luogo solo del Beato Dionisio Areopagita nel libro De divinis
nominibus; il quale del Sole scrive così: « Lux etiam colligit
convertitque ad se omnia, quae moventur, quae illustrantur,
quae calescunt, et uno nomine ea quae ab eius splendore
continentur. Itaque Sol Ilios dicitur, quod omnia congreget
colligatque dispersa. » E poco più a basso scrive dell istesso
Sole: <( Si enim Sol hic, quem videmus, eorum quae sub sen-
sum cadunt esscntias et quaUtates, quamquam multa smt
ac dissimiles, tamen ipse, qui unus est aequabiliterque umen
fundit, renovat, alit, tuetur, perficit, dividit, comungit, fovet
faecunda reddit, auget, mutat, fiimat, edit, move , vi laq
facit omnia, et unaqu^que res huius universitatis, pro captu
suo, unius atque eiusdem SoUs est particeps, ^
torum, quae participant, in se aequabiliter an icii» as ,
certe malore ratione » ^ etc. Essendo, dunque, 0 e
di luce e principio de' movimenti, vo en o 10
comandamento di losuè restasse per molte ore
stato immobilmente tuto 1
' sistema mondano basto ferrn^e
il Sole, aUa cui quiete fermatesi tutte 1 altre conversiom,
restarono e la Terra e la Luna e '1 Sole nella me esima
tuzione, e tutti gli altri pianeti insieme; né per tutto quel
tempo declinò '1 giorno verso la notte, ma osamen e
si prolungò: ed in questa maniera col fermare o e, senza
alterar punto o confondere gli altri aspetti e scam lev
costituzioni deUe stelle, si potette allungare il giorno in ierr ,
conforme esquisitamente al senso literale del sacro es o.
Ma queUo di che. s'io non m'inganno, si deve fax
piccola stima, è che con questa costituzione
ha il senso literale apertissimo e facilissimo d un
colare chc si legge nel medesimo miracolo,
** Per la traduzione di questi passi cfr. la lettera al D»*" 3
zo 1615, p. 547, n. II.
L E T T E R F. C O P E R N I C A N E

il Sole SÌ fermo nel mezo del cielo. Sopra '1 qual passo gravi
teologi muovono difiàcultà: poi che par molto probabile che
quando Giosuè domandò l'allungamento del giorno, il Sole
fusse vicino al tramontare, e non nel meridiano; perché
quando fusse stato nel meridiano, essendo allora intorno al
solstizio estivo, e però i giorni lunghissimi, non par verisimile
che fusse necessario pregar l'alungamento del giorno per
conseguir vittoria in un conflitto, potendo benissimo bastare
per CI o spazio di sette ore e più di giorno che rimanevano
ancora, a che mossi gravi.ssimi teologi, hanno veramente
enu o c e 1 Sole fusse vicino all'occaso; e così par che
nmo anco le parole, dicendosi: Ferma, Sole, fermati', ché
e osse stato nel meridiano, o non occorreva ricercare il
m racolo o sarebbe bastato pregar solo qualche ritardamento.
^ opinione è il Caietano alla quale sottoscrive il
ri!;tpcc con dire che losuè aveva quel-
dei a-tte tant'altre cose avanti il comandamento
giornn-^' ^^^Ppssibile era che fussero spedite in un mezo
cTver." interpetrar le parole .n medio
l'istessn ^u^Iche durezza, dicendo che l'importano
emLtrio f^^niò essendo nel nostro
s'io non érm ^ orizonte. Ma tal durezza ed ogn'altra.
Copernicano.' U "5016^61"°'' conforme al sistema
celesti e delle m .^^ /"ezo, ciò è nel centro degli orbi
Simo di porvelo- «^ome è necessaris-
o la meridiana'o altra qualsivoglia ora del giorno,
giorno fu alluneatn a f vicina alla sera, il
fermarsi il Sole n^i Slitte le conversioni celesti col
cielo, dove ^
lettera, oltre a quel che si^rr+Z'''^^ accomodato alla
si volesse affermarf» lo • quanto che. quando anco
del mezo gioCu pLl"? f'"a nell'ora
stetit in meridie, vel in sarebbe stato il dire che
ccbU, poi che di un cornoTr • circuh, e non in medio
veramente e solamente il ce^^ro ^ ^
«TommasodeVo
i,vescovodiGaeta(:,C8.33,).
A CRISTINA DI LORENA 593

Quanto poi ad altri luoghi della Scrittura, che paiono


contrariare a questa posizione, io non ho dubbio che quando
ella fusse conosciuta per vera e dimostrata, quei medesimi
teologi che, mentre la reputan falsa, stimano tali luoglu
incapaci di esposizioni concordanti con quella, ne trovereb-
bono interpetrazioni molto ben congruenti, e massime quan o
all'intelligenza delle Sacre Lettere aggiugnessero qualche co
gnizione delle scienze astronomiche: e come di presen e,
mentre la stimano falsa, gli par d'incontrar, nel eggere e
Scritture, solamente luoghi ad essa repugnant^ quan o
avessero formato altro concetto, ne incontrere ero per
ventura altrettanti di concordi; e forse
Santa Chiesa molto acconciamente nan-^se c e
il Sole nel centro del cielo e che quindi, co
stesso a guisa d'una ruota, contribuisce g or
alla Luna ed aU'altre stelle erranti, mentre eUa canta.
CeBli Deus sancHssime,
qui htcidum centrum poli
candore pingis igneo,
augetts decoro Ittmine:
quarto die hui flamnieam
solis rotam consiiiuens.
luna ministras ordinem,
vagosque cursus siderum .
Potrebbono dire, il nome di firmamento convenirsi molto
bene ad literam alla sfera stellata ed a u ^ dispo-
sopra le conversioni de' pianeti, che, ^con o
sizione, è totalmente fermo ed immobile. .
la Terra circolarmente, s'intenderebbono i suoi P
legge: « Nec dum Terram fecerat, et fìumma ^
orbi Terr.»-; i quali cardini paiono indarno atr^mU al
globo terrestre, se egU sopra non se gU deve raggi
« « Dio santissimo del
noso centro del polo, arricchendolo di Delia lu ,
giorno il fiammeggiante disco del Sole dai la regola alla
delle stelle » (inno attribuito a S. Ambropo). dell'orbe terre-
« Non aveva ancora fatte la Terra . fiumi c . cardi
stre n.

;^8. Galiiei, I.

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