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Generi, saperi e giustizia sociale

5/3/21

Ricevimento studenti: giovedì dalle 17 alle 18

Corso proposto dal centro Elena Cornaro per le politiche di genere, aperto nel giugno 2019 anche se ha
radici più antiche. Questo centro è di ricerca e formazione che impartisce il general course di generi saperi e
giustizia sociale che parte da un bisogno riscontrato dai docenti dell’università, provenienti da vari corsi di
studio. Il corso vuole affrontare le tematiche di genere da più angolazioni e dare la possibilità a tutti di
apprendere concetti che non sono propriamente appartenenti alla maggior parte dei corsi di studio.
Questo general course è uno degli obiettivi positivi che l’ateneo si impegna a svolgere per migliorare le
condizioni di vita in università e per formare i giovani, creando consapevolezza sull’argomento delle
questioni di genere e come queste portino a condizionare il modo di pensare delle persone cercando anche
di superare stereotipi.

Uguaglianza di diritti e di opportunità che si vuole raggiungere, disuguaglianza di possibilità in un mondo


sessuato, il quale fa vedere il mondo alle persone attraverso un punto di vista ben preciso e che porta a
creare disuguaglianza.

12/03/21
La costruzione storica del femminile e del maschile in Occidente
Cristina La Rocca (alto medioevo), Isabelle Chabot (basso medioevo e modernità), Carlotta Sorbo
(contemporaneità)

- Testo di Virginia Woolf, siamo alla fine degli anni 20. La scrittrice si interroga sulla condizione di vita delle
donne nel passato, chiedendo ad uno storico. Si rende conto che nel passato, in epoca elisabettiana (del
500) non vi fossero donne scrittrici ma solo donne nei romanzi, un’epoca in cui invece un uomo su 2 sapeva
scrivere una canzone o un sonetto. La Woolf afferma che la letteratura sia estremamente legata alla vita,
andando a vedere in un’enciclopedia la voce “donna, condizione delle” riferita alla donna del 400, l’età di
Chaucer, poi la condizione 200 anni dopo, età di Shakespeare. Le eroine dei romanzi non mancano di
personalità e di carattere, multiformi, eroiche, ma questa è la donna della letteratura. Nella realtà (la storia)
la donna veniva rinchiusa, percossa e maltrattata (ciò che lo storico legge nell’enciclopedia). Un essere
eroico nella fantasia, un essere insulso nella vita reale. Donne analfabete, proprietà della famiglia e poi del
marito. Per la Woolf per ricostruire l’immagine della donna bisogna mischiare la storia e la letteratura,
tuttavia della donna nella storia sappiamo poco, abbiamo una grande carenza di dati. La storia parla più che
altro di religione e guerra, molte poche donne sono menzionate, giusto poche e importanti regnanti ma per
il resto le donne mal si applicavano alla storia raccontata.
Virginia Woolf stessa lascia poche fonti storiche su di sé. La Woolf presume che le informazioni sulla storia
delle donne si possono trovare disseminate in fonti come libri contabili, certificati di matrimonio, e vari tipi
di fonti importantissimi per gli storici e storiche.

Fino all’inizio del 900 un’intellettuale interessata alla storia delle donne non trovava fonti su queste perché
la storia era incentrata su avvenimenti che apparentemente non le vedevano protagoniste, ad esempio le
guerre.

- Le cose cambiano a partire dagli anni 60/70, data non casuale perché inizia il femminismo della seconda
ondata (il primo era stato il suffragismo ed emancipazionismo). Nascono i women studies, all’interno della
quale la storia delle donne assume un ruolo centrale ed importantissimo. L’obiettivo è recuperare la voce
delle donne nella storia, le loro esperienze, la loro partecipazione (ciò che voleva anche la Woolf). Ciò che si
forma è una “HER” history che si contrapponeva alla storia dominata dagli uomini. La storia delle donne
diventa un interessantissimo laboratorio di analisi storiografica, bisognava ridisegnare le cronologie,
ripensare le fonti, le domande e LA LINEARITÁ DEL PROCESSO STORICO. La storia delle donne ridisegna la
linearità, infatti non è un percorso di emancipazione graduale ma subisce ricadute, la principale nell’800
dopo la Rivoluzione francese.
La storia delle donne cresce soprattutto negli USA, negli anni 70. Nathalie Davies introduce il concetto di
genere e afferma che bisogni comprendere il significato dei gruppi di genere nel passato storico. Questo è il
primo momento in cui viene introdotta la parola di genere. Nascono alcuni rischi e alcuni problemi: 1.
Forzare la human agency, in tutti i contesti femminili rispetto alla pratica del dominio, si rischiava di
sottovalutare tutto il tema del “dominio”. 2. Sottovalutare le differenze tra le donne, parlare di una
sorellanza in termini generali sottovalutando le differenze di etnia, età, classe sociale ecc. Jhones si chiede
se i temi di genere si possano applicare allo stesso modo tra donne bianche libere e nere schiave.
Ovviamente la risposta è no.

1986: Johan Scott sull’american historical review “il genere, un’utile categoria di analisi storica?”
Ciò che afferma è che forse parlare solo di storia delle donne è limitante ed è molto più interessante
guardare ai rapporti di genere e ricercarli nel passato in vari ambiti (lavoro, sessualità ecc). Gli anni 80
vengono definiti una svolta per le scienze sociali e in generale per le scienze umane con la presenza di
Faucault.
Importante pensare che i ruoli di genere siano costruiti nel tempo e nello spazio e studiando il rapporto
uomo donna ci si rende conto della storicizzazione profonda della creazione del maschile e del
femminile(?). Gender turn.
Il testo suscita controversie tra molte storiche femministe perché vedevano ciò come una degradazione
della storia delle donne appena ripresa in mano.
Dagli anni 90 inizia ad essere un tema di studi più interessanti e visibili della storia internazionale. “la storia
delle donne in Occidente” “La storia delle donne in Italia” escono in quegli anni.
Togliere l’aspetto essenziale biologico e metterlo in relazione con il maschile sono una svolta importante
per la storia di genere. Si hanno nuovi temi, nuove fonti ecc.
Nel contempo si creano studi sulla mascolinità, che si sviluppa poco dopo i women studies. Anche quella
della mascolinità è un concetto poco naturale come quella del femminile. Oggi i men studies sono meno
sviluppati rispetto a quelli delle donne.
Women studies diverso da gender studies: women si occupa della condizione della donna nella storia, i
gender studies della relazione tra i sessi nella storia.

Il problema delle fonti: Come si fa la storia delle donne? La gran parte delle fonti sono scritte dagli uomini e
spesso lasciano tracce esili di sé e spesso sono raccontate, descritte con i dati dagli uomini.

Gli studi delle donne e di genere oggi vanno oltre l’occidente, oggi si parla di global gender e women
history.

La storia delle donne è una storia militante. Già durante il femminismo delle prime ondate qualche
tentativo di fare storia delle donne c’era, ma la cosa diventa evidente durante la seconda ondata poiché
comincia ad emergere la presenza di donne attiviste nelle università di donne storiche. Spesso la sua origine
militante è stata fortemente criticata, con il tempo poi è andato perdendosi ma ancora in parte sopravvive.
Negli anni 60/70 è effettivamente una storia aggiuntiva data la voragine di informazioni che vi era, vi era
un’esigenza di colmare tale vuoto. Vi è un collegamento tra militanza (il femminismo) e storia delle donne.
- Epoca tardo medioevale: Guy Hallsall ha rivoluzionato il tema delle invasioni barbariche, che trae o spunto
anche da dati di tipo archeologico e che segnalano l’entrata dei barbari nell’Impero Romano. Le sepolture
che si vedono in questo periodo hanno caratteristiche diverse rispetto a quelle dei tempi precedenti
caratterizzate dalla sepoltura di oggetti, i quali erano delle etichette etniche. Dagli oggetti si sarebbe potuto
risalire al gruppo di barbari colonizzatori di un determinato territorio.
La cultura materiale è profondamente nutrita dalle costruzioni di genere e com’è utilizzata per costruire il
genere. Li oggetti che si seppelliscono con un defunto sono frutto di una scelta, vogliono prospettare una
caratterizzazione etnica, di classe, di genere ecc.
Il lavoro di Hallsall per la prima volta tiene in considerazione lo studio delle tombe sia maschili che
femminili, dando la stessa importanza. Invece di considerare lo stile degli oggetti li divide per tipi. Questi
oggetti evidenziano da subito tre oggetti: A (spade lance coltelli che si trovano nelle sepolture maschili), che
non sono mai con quelli del gruppo B/gioielli, orecchini sono sempre nelle sepolture femminili), B altri
oggetti che non sono mai associati con A e C (oggetti né maschili, né femminili ma che vanno bene in tutte
le combinazioni) che si trovano sia associati ad A che a B. Gli oggetti del gruppo C caratterizza la maggior
parte delle sepolture, che possono andare bene per entrambi i sessi ma anche in sepolture nelle quali la
società non riteneva importante indicare il genere del sepolto. La seconda variabile studiata da Hallsall è
l’età di morte, e cercando di capire a quali sepolture gli oggetti ritrovati possono associarsi, gli oggetti del
gruppo B, ad esempio, sono associate solo alle donne in età fertile (giovani adolescenti e adulte), nelle
bambine e nelle donne over 40 ne hanno molte meno o hanno oggetti del gruppo C. Erano quindi
particolarmente segnalate le donne morte in età fertile. E’ chiaramente una scelta intenzionale, poiché le
donne nell’alto medioevo erano sposate molto giovani, tra 12 e 15 anni e quindi era in questo momento
che la donna iniziava a generare. Erano socialmente utili per: procreazione, perpetuazione della stirpe
familiare, congiungimento di diversi gruppi familiari. Un soggetto così importante come la donna dell’alto
medioevo era come un “tesoro” per il proprio padre quindi.
La morte di una donna giovane era quindi un’opportunità mancata di stabilire alleanze e proseguire la linea
familiare, il soggetto più danneggiato negli epitaffi era considerato il padre e non la figlia morta.
La legge Salica del VI secolo stabiliva delle multe nel caso di effrazioni e la punizione (sanzioni pecuniarie) di
una donna fertile era uguale a quella di un uomo sano, se aveva appena partorito il triplo e se incinta più di
tre volte tanto quella di un uomo.
A Spilamberto è stata trovata una necropoli dove vi è una grande presenza femminile, le quali erano molto
più adornate degli uomini. Un corpo di una 13enne è stato ritrovato insieme a un cavallo, vari oggetti
preziosi tra cui un cameo, un vestito di seta e oro e una camicia di baltilde, i quali rappresentano in maniera
chiara l’investimento che la famiglia fa per dimostrare di poter compensare la perdita della possibilità di
un’alleanza.

I bambini maschi e adolescenti non avevano alcuna caratterizzazione di genere e nessuno dei sub adulti
morti tra 7 e 13 anni fu seppellito con oggetti maschili, mentre quelli più anziani sì. La femminilità si
acquisiva nell’adolescenza e finiva a 40 anni mentre la mascolinità si acquisiva più tardi, è più legata all’età
ma era per tutta la vita e durante il corso della vita cresceva.

Alcuni uomini anche molto anziani, erano sepolti con le armi, quindi le armi non erano solo un segno del
lavoro svolto ma era un simbolo di posizionamento sociale.
Il modello della maschilità medievale era quello del guerriero, un modello molto minimale rispetto a quello
romano che era impregnato di valori morali. La mascolinità romana si dimostrava attraverso l’attività
pubblica, mentre quella alto medievale era molto più sporadica, questo perché la carriera militare era
aperta, dove l’ascesa sociale era possibile e che permetteva a molti di ascendere pur non avendo nessuna
base privilegiata alle spalle.
L’approccio di genere permette di fare riflessioni sulla costruzione del femminile e del maschile nel mondo
Romano. La mascolinità e femminilità erano correlati al ciclo vitale, alle modalità di autorappresentazione
dei gruppi parentale e alla riproduzione dei gruppi di parentela ma accanto a queste due categorie così ben
identificate vi era una massa di individui non definiti in modo così rigido. Sono forse gli oggetti del gruppo C
ad essere quelli più interessanti, perché molte delle donne del gruppo C erano anziane e non povere come
molti si aspettavano dalla non presenza di oggetti.

Fasi della vita delle donne: passaggio dalla vita in casa del padre a quella a casa del marito, si parla di
VIRILOCALITAS ovvero la donna che si sposta verso l’uomo. Dopodiché vi è una fase vedovile, per il fatto
della disparità di età tra coniugi. Una vedova giovane contrae un secondo o terzo matrimonio spostandosi
nella casa del novo marito. Se la donna è anziana e benestante entra in una comunità religiosa, se è povera
vengono relegate in zone più scomode del possedimento fondiario del padrone. La donna viveva per la
maggior parte della vita come straniere a casa del marito, mentre le donne monacate erano le uniche che
stavano ferme.
Ciclo vitale dell’uomo: uso delle armi o strumenti agricoli sin da giovani, contrazione del matrimonio in età
avanzata ma un’attività sessuale più precoce fuori dal matrimonio, solitamente morivano prima della
moglie, nel caso succedesse il contrario risposavano una donna più giovane. La vecchiaia per l’uomo non
comporta solitudine perché continuava ad avere un ruolo sociale nella società.

Le fonti archeologiche hanno reso possibile una costruzione del genere in un momento storico in cui le fonti
scritte sono pressoché inesistenti

- Basso medioevo (12-15 sec.): Grande rivoluzione giuridica che avviene a metà del dodicesimo secolo e che
rivoluzionò la vita delle donne. Rivoluzione giuridica che avrà un eco molto lungo, addirittura oltre l’800. La
storia della famiglia si è rivelata un laboratorio molto interessante per testare le relazioni di genere, i ruoli
sessuali e le disuguaglianze.
Come si costruisce l’impalcatura giuridico sociale della patrilinearità, la trasmissione di padre in figlio, una
visione della famiglia che si impone sempre di più dal 12esimo secolo, ciò comporta una sostanziale
esclusione giuridica delle donne.
Il tema della storia della famiglia che convoca anche la storia del diritto ha prodotto una prolifica stagione di
ricerche, lavorando molto anche su nuove fonti e documentazioni nuove, per comprendere come la storia
di genere aiuti a ripensare alle categorie quali il matrimonio, il conflitto matrimoniale, la maternità e il
soggetto materno, il patrimonio 8come le donne siano soggetti proprietari o meno) e sul rapporto tra
donne e pratiche sociali. Il genere serve anche ad indagare il tema del lavoro, anche molto indagato dalla
storia italiana. Si è indagata anche la agency delle donne, la capacità di farsi valere, di poter reagire alle
situazioni.

La dote: la dote medievale si distingue dalla dote romana ed è lo strumento giuridico di esclusione dalla
società e dalle proprietà, necessaria alla costruzione di una famiglia basata sulla patrilinearità, la quale
esclude le donne attraverso la dote. È una rivoluzione giuridica al centro di un sistema di distribuzione di
diritti e risorse familiari fra maschi e femmine. A partire dagli anni 80 si sono poste nuove domande che
hanno aiutato a ripensare alla storia del diritto e ai rapporti tra uomo donna, marito moglie, figli e genitori.
La situazione di eredità era molto discriminatoria nei confronti delle figlie. La dote romana era una parte di
eredità che veniva detratta alla morte del padre, ma entrambi i figli maschi e femmine ereditavano lo
stesso, in modo eguale, grazie alla legge giustinianea che però venne cambiata dalla legge sulla dote del
12esimo secolo. Nell’alto medioevo, il marito metteva al momento del matrimonio una sorta di
comproprietà un terzo o un quarto dei suoi beni alla moglie e insieme gestivano questo patrimonio. Nel
basso medioevo ciò viene abolito a Genova, votata dai consoli del comune, “tolsero le terzie alle donne”. Di
lì a poco anche le altre città abolirono questo obbligo del marito, lasciando le donne “pauperate”, viene
reintrodotta la dote ma esclude. La dote è data dal padre alla figlia e quello che le veniva dato non aveva
più diritto di ereditare nulla del padre. Le logiche di distribuzione dell’eredità paterna erano quindi molto
escludenti e questo tipo di dote ha una lunghissima durata (viene abolita nel 1973 in Italia). La dote è
mobile ed è fatta di denaro e di oggetti, non di terra. Tuttavia, la dote non è affatto una dote equa rispetto a
quel che ereditavano i fratelli, è un’eredità che disereda le donne perché non è proporzionata rispetto al
totale dell’eredità. Di solito si trattava di una borsa di denaro o un atto notarile. Il controllo maritale sui
beni dotali negli istituti comunali include nelle loro disposizioni dal 13esimo sec. L’imposizione delle donne
dell’autorizzazione maritale per poter disporre dei loro beni.
Il codice Pisanelli abolisce la dote, ma molte volte nelle realtà contadine continuarono a dotare le figlie
perché non capiscono né possono fare diversamente. Nel 1973 viene del tutto eliminata la legge e la
tolleranza dell’uso della dote, istituendo la parità di genere in tema di eredità.

- Età contemporanea: l’età delle sfere separate.

Tra 700 e 800 ovvero l’età delle rivoluzioni e dei nazionalismi, si consolida un modello con uomini impegnati
nella sfera pubblica e dall’altro lato la donna nella domesticità. Da un lato la donna e il suo ruolo nella
società diventa sempre più subalterno ma allo stesso tempo è il secolo in cui la dona prende la parola, inizia
ad alfabetizzarsi e iniziano le lotte femministe, vi è una contraddizione.

L’uomo, la sfera della guerra, per la patria o per la comunità, le donne la sfera domestica, della famiglia, del
cordoglio. Questo concetto veniva supportato dagli scritti e in particolare da Russeau, che portano ad una
grande retrocessione della donna, l’educazione delle donne doveva essere in funzione della vita dell’uomo.
E’ una voce importante e potente nell’Europa, una critica soprattutto alla nobiltà, alle donne libertine. E’
molto importnte vedere come un intellettuale che ebbe un ruolo chiave nella democratizzazione del Paese
sia di queste vedute in tema di parità di genere.

La Rivoluzione francese inventa i diritti civili e della cittadinanza, la quale avevano solo gli uomini. Si
costruisce quindi un’esclusione di donne, neri, domestici, matti e criminali, con un’eccezione, domestici,
matti e criminali potevano acquisirla cambiando il loro status, donne e neri no. La parte femminile è quindi
esclusa e addirittura cade prima la restrizione etnica piuttosto che quella di genere. L’uguaglianza era il
tema principale ma escludeva alcune categorie, si costruiva su una contraddizione. Tuttavia, la rivoluzione
vide anche la partecipazione femminile e il personaggio più influente fu Olympes de Gouges, che scrive
“dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” (1781), traducendo gli articoli delle dichiarazioni al
femminile, difendendo i diritti delle donne. Fu la seconda donna ad andare sulla ghigliottina, per essere
andata fuori dai confini naturali della donna. Nel 1793 tutti i club femminili e i giornali femminili sono sciolti
e il dibattito sulla cittadinanza femminile si chiude. Almeno fino alla fine del 1800 le donne non vengono
considerate nell’agenda politica.
Nell’età napoleonica la questione della cittadinanza femminile non viene posta e ciò rimane per un secolo
ed oltre in tutta Europa. Il principio della divisione delle sfere struttura nel profondo la divisione dei generi
nell’800 e molto di più rende le donne subalterne rispetto all’ancien régime. Si codifica sempre di più il
concetto della donna naturalmente votata alla vita familiare, si vede come un fatto naturale e biologico,
mentre la loro partecipazione alla vita sociale e politica era considerata molto rischiosa perché conduce alla
mascolinizzazione delle donne o la svirilizzazione del mondo.
L’800 e l’800 vittoriano che si basa sul modello femminile della domesticità, nasconde la relegazione delle
donne nell’ambiente domestico predicando la loro “protezione” e la loro dipendenza dal marito. Per essere
pienamente cittadini, quindi, deve essere libero e autonomo, mentre alle donne viene riconosciuto uno
statuto di minorità.
Le donne non erano mai viste come soggetti individuali, eventuali eccezioni vengono riconosciute sulla base
della posizione familiare, i pochi diritti quindi che riuscivano ad ottenere erano perché facevano parte di
una famiglia e non per alcun’altra ragione.
Autorizzazione maritale: quando si arriva al 1865 il codice Pisanelli riprende il discorso dell’autorizzazione
maritale, la quale non cadrà prima del 1919.
Il raggiungimento della capacità di voto in Uk dopo la I GM, in Italia e Francia dopo la II GM.
Nel corso del 19 secolo un altro elemento che determinò la divisione dei generi furono gli scritti di Mazzini,
sulla creazione della nazione, discorsi estremamente sessuati che vedevano come elementi centrali il
virilismo e il bellicismo. Costruzione del virilismo diventa una ideologia forte a fine 800 e sarà importante
nei discorsi totalitari del 900.
Ci sono delle parziali eccezioni e voci contrarie, ad esempio quelle dei Mill, i quali scrivono una serie di testi
tra cui “la servitù delle donne” un pamphlet del 1869 e tradotto in molte lingue. La tirannia maschile sulle
donne è pari a quella del padrone sullo schiavo.
Alla fine dell’800 e inizio 900 si creano movimenti di emancipazione, donne che avevano potuto studiare
grazie all’innalzamento dell’alfabetizzazione femminile, soprattutto in Uk e paesi scandinavi.
Il primo congresso del 1878 è a Parigi ed Anna Maria Mozzoni, una delle madri del femminismo italiano fa
un discorso. Durante il 900 si distinguono una grande quantità di femminismi, ma vi è una richiesta di diritti
di piena cittadinanza e pieni diritti che comincia a cambiare le cose oltre a suscitare molti timori.

19/03/2021 - Culture di genere e teorie queer


Luca Trappolin (Sociologo) e Bruna Giacomini (Filosofa)

Bruna giacomini:

Vi sono una gran quantità di luoghi comuni che si sono creati nella società, ad esempio maggiore forza
dell’uomo che deve essere protetta, l’uomo ha maggiore capacità razionale mentre le donne hanno
maggiore emotività, empaticità ecc. caratteristiche che spingono la donna verso la domesticità, la maternità
e l’obbedienza mentre l’uomo abbia una propensione al comando. Ciò che spesso emerge è che la divisione
uomo donna sia considerata naturale. Obbedire alle leggi imposte dalla natura senza pretendere di opporsi
o di contrastarle. Tutto ciò ha origini antichissime, partendo dall’antica Grecia e si è protratta fino a fine 700
almeno. Le rappresentazioni delle donne costruite dalla nostra società sono state create attraverso
un’ottica maschilista. Il maschio non era considerato l’altro sesso, complementare al femminile, ma come il
genere umano tout-court. Il maschio era il genere umano nella sua interezza e in quanto era senza genere e
solo lui poteva decidere cosa differisse da quel paradigma, ovvero le donne e gli animali. Si tentava quindi
di capire la differenza istituita dalla donna. Quando le donne hanno la possibilità di raccontare sé stesse nel
700/800 finalmente si descrivono per quelle che sono e non più come esseri di fantasia.

Aristotele: Aristotele si pone lo scopo di indagare le cause prime che sono alla base delle caratteristiche
della differenza sessuale tra uomini e donne. Si chiede inoltre quali ruoli abbiano i due nel processo della
riproduzione. Il seme è quello del maschio che dà il principio e la donna è ciò che deve accoglierlo, il
“campo”. Quando questa materia è perfettamente dominata nascono figli, quando l’azione plasmativa del
seme non è compiuta del tutto nascono esseri non completamente formati, le donne, frutti anomali della
riproduzione e in base all’imperfezione nascono esseri sempre più lontani dall’umanità. La donna è quindi
un essere vivente malformato in quanto la forma maschile non si è compiuta. Le donne sono per natura più
DEBOLI e più FREDDE. Perciò il contributo che la donna e l’uomo non è equo, la donna mette solo la
materia, perciò è all’uomo che va il merito della procreazione. Maschio e femmina sono affezioni proprie
dell’animale e dalla modificazione dello sperma (forma) a contatto con la materia formano esseri compiuti
o anomali. Così la loro natura li predispone a comandare o essere comandati, l’anima comanda il corpo,
così l’uomo comanda la donna. Vi era nel pensiero di Aristotele una gerarchia naturale che aveva però
conseguenze politiche. Secondo lui era una necessità.
Anassagora, Empedocle, Pitagora e Democrito non si erano interrogati sulla causa della creazione della
differenza tra i sessi.
Le teorie di Aristotele influenzeranno la storia e il pensiero futuro: 1. La naturalezza dell’inferiorità della
donna, inserita in una gerarchia degli esseri inserita nella legge naturale. 2. La donna è un uomo mancato,
un essere imperfetto, 3. La normalità del potere dell’uomo sulla donna.

Nel “Simposio” di Platone, l’encomio tessuto da Pausania, dopo il pasto le donne vengono allontanate e gli
uomini restano a bere. Le donne nelle opere di Platone vengono descritte come deboli e incapaci di capire
fino infondo. Pausania esalta l’amore che ha per oggetto i ragazzi, egli giustifica il privilegio che egli assegna
a questo tipo di amore. Vi è un amore che viene da Venere e che è l’amore degli insulsi, i quali amano solo il
corpo, quello delle donne, le quali possono essere amate solo in questo modo, mentre l’amore di Afrodite è
l’amore dei veri uomini, per i quali conta più l’amore dell’anima del fisico è l’amore dei ragazzi.
La donna è quell’elemento che ha reso Eros povero, il quale non è né sapiente e ignorante, mentre da parte
di padre riceve il coraggio e la curiosità. Le donne non sono solo malformi a livello fisico ma anche a livello
morale. L’associazione tra la donna e la colpa dell’uomo, la donna appare tra gli uomini per punirli.

Esiodo: Poeta vissuto tra l’VIII e il VII sec. che scrive la Teogonia. Secondo Esiodo la donna, a differenza degli
uomini, è un artificio creato ad hoc per punire gli uomini, sono “un ineluttabile danno”. La donna sarebbe
stata plasmata da Zeus come punizione per il dono del fuoco di Prometeo agli uomini. È considerata una
creatura che sfrutta il lavoro degli uomini, con un’indole ingannatrice.

Si diffonde quindi l’idea che al principio vi fossero solo maschi, ma che al loro arrivo abbiano peggiorato
l’umanità. Gli uomini sono stelle che si sono impiantate in corpi capaci di emozioni e sensazioni, le quali se
si comporteranno bene si reincarneranno in stelle, mentre in caso contrario saranno condannati a rinascere
donne. L’amore del coito è necessario per congiungersi con la donna, mentre nello stato originale e felice
gli uomini tornavano alle stelle alla loro morte. Le donne sarebbero quindi apparse per l’incapacità degli
uomini di controllare le emozioni.
La rappresentazione greca della donna non esalta affatto la maternità, dato che il primo generatore è il
maschio.
Oreste uccide la madre dopo essere tornato vittorioso da Troia, compie matricidio. Apollo prende le difese
di Oreste: non è la madre la generatrice di suo figlio ma è solo la nutrice del feto da lei impiantato dal seme.
Il padre invece è colui che deve essere salvaguardato in ogni modo poiché generatore, il vero genitore. Idea
del ventre che custodisce il germoglio del seme maschile.

Una delle caratteristiche attribuite alla donna nei miti è la seduzione, la donna seduce l’uomo, è priva di
quel distacco razionale che contraddistingue l’uomo, è instabile, inaffidabile.

600: Si Afferma l’idea dell’uguaglianza tra uomini tutti dotati di libertà e ragione, ma vale anche per le
donne? Ciò che cambia rispetto alla cultura greca è il sistema delle giustificazioni della subordinazione della
donna.
Hobbes: Nel Leviatano Contrasto tra uomo donna non più basato sulla natura, l’uomo non ha supremazia
sulla donna né a livello di forza né intelletto, entrambi sono genitori e anzi a livello naturale nel rapporto col
figlio la donna ha una maggiore autorità rispetto all’uomo grazie alla sua funzione insostituibile nei primi
anni di vita. Ma, l’uomo deve imporsi sulla donna a causa della struttura del potere, la quale impone una
gerarchia, dal punto di vista di come funziona il potere. Così però vale anche per il figlio, che non può
obbedire a due padroni (nonostante entrambi dovrebbero avere la stessa autorità sul figlio). A livello
naturale dovrebbe prevalere la donna, tuttavia, questa controversia è decisa dalla legge civile e in generale
questa è a favore del padre, dato che gli Stati sono solitamente istituiti da padri e non madri.
Locke: il trattato sul governo. Mariti e mogli hanno diverso intelletto e differenti volontà, tuttavia la
presenza di un’autorità fa si che sia naturale che la decisione ultima ricada sull’uomo in quanto essere più
forte. A sostegno della subordinazione femminile è la politica e le sue ragioni.

Rousseau: Nell’Emilio parla dell’educazione delle donne come compagna. Per tutto ciò che non concerne il
sesso l’uomo e la donna sono uguali. Non vi è alcuna parità dei sessi quanto alle conseguenze derivate dalla
disparità. La donna è donna tutta la vita, l’uomo è uomo solo per un certo punto. La sessualità dell’uomo
appare in alcuni momenti, nel momento del coito, la donna è sempre donna, la quale per tutta la vita è
adibita a procreare. Differenza sessuale e differenze che oppongono sempre di più la donna all’uomo,
soltanto in questo modo i due sessi potranno realizzare al meglio lo scopo ultimo, ovvero la procreazione.
La donna deve: ubbidire al marito, essere fedele, dedicarsi integralmente alla famiglia come suo autentico
compito sociale.

Kant: nel testo in cui risponde a “cos’è l’illuminismo”, afferma che le donne più della stragrande
maggioranza degli uomini hanno il compito di liberarsi di chi gli impone come pensare e pensare con la
propria testa, nel caso vogliano aderire all’illuminismo. È una dichiarazione che viene però contraddetta dal
ruolo della donna nel matrimonio e il diritto di voto. Kant ritiene che all’uguaglianza dell’uso della ragione
corrisponda una gerarchia naturale che porta nel matrimonio il maschio a comandare e la donna a
obbedire. Nel matrimonio è l’unione di due persone di sesso diverso per l’unione dell’uso delle loro facoltà
sessuali per tutta la vita. Tuttavia, pensa che il matrimonio si basi sul dominio dell’uomo sulla donna volto
alla riproduzione e l’unità della coppia. L’uomo ha la superiore capacità perché è portatore di reddito e che
autorizza il suo comando nel matrimonio. Per quanto riguarda invece il diritto di voto, Kant afferma che
l’uomo è soltanto cittadino se ha il diritto a votare, si distingue il cittadino attivo e il cittadino passivo. Le
donne non possono avere diritto di voto, cittadine attive ma possono essere solo cittadine passive ma come
altre figure, la donna per natura dipende dai comandi degli altri per la conservazione della loro esistenza, la
donna non è indipendente, non ha un reddito per provvedere a sé stessa.

Dal 700 le donne iniziano a parlare di loro stesse: due linee; 1. Mary Wallstonecraft: le donne sono nel
presente davvero inferiori ma non per natura ma a causa della cultura che le ha formate come femmine e
non come persone, la quale ha reso le donne in “graziosi animali domestici dediti all’uomo” dovranno
quindi essere formate per diveltarlo grazie alle imitazioni delle virtù maschili. Alla sommità dell’umano si
trova l’uomo come rappresentante dell’intera umanità, solo l’educazione della donna potrà mostrare se la
donna sarà alla sua altezza. L’emancipazione è vista come un cammino verso la virtuosità dell’uomo,
negandosi come donna e plasmandosi come un uomo. 2. Virginia Woolf: Le donne non trovano posto nel
mondo non solo perché non glielo danno ma perché finché non saranno trasformate le condizioni di lavoro,
di vita, culturali in cui esser si potranno esprimere, trasformazione di vita come possibilità di accesso delle
donne di entrare nel mondo.

Teorie queer (Luca Trappolin):

Secondo due studiosi dell’università di bologna la scrittura queer è volutamente incomprensibile, leggere
articoli sulle teorie queer è molto complicato ed è volutamente così. Come rendere fruibile una cosa
complicata? Toccandola con mano.
Inoltre, la teoria queer pone problemi molto complessi
È abbastanza complicato comprendere la novità della teoria queer senza capire cosa c’è prima e a cosa si
oppone.
Parlare di teorie queer legato ai gender studies vuol dire porre molti dubbi, problematizza tutto, incluso sé
stesso. Potenzialmente parlare di torie queer vuol dire mettere tra parentesi ciò che è stato detto fino ad
ora e problematizzarlo, togliere qualsiasi ovvietà da ciò che si è sempre pensato essere indiscusso.

Cosa NON sono le teorie queer:


1. Non sono teorie: in nessun teorico queer si trova l’ambizione a fare teoria anche se la sta facendo. Vi è
un’antipatia di fondo verso il teorizzare

2. Il queer NON è un oggetto di studio: concentrare l’attenzione nel ciò che non si riconosce nel binario, il
termine queer non è traducibile.

Il queer non è una teoria ma si fonda su teorie preesistenti, ad esempio pensiero post-moderno, che rifiuta
ogni tipo di verità che si fonda come prevalente su altre verità, non vi è un discorso che si possa arrogare
un’importanza maggiore, si fonda sul pensiero performativo, l’ordine sociale si riproduce perché noi
quotidianamente lo reiteriamo, o perché costretti o perché non ci rendiamo conto di quanto stiamo
ripetendo un ordine prestabilito prima di noi, la psicanalisi freudiana, la semiotica ecc.

Quindi cos’è queer? Non sono teorie ne oggetti di studio ma MODI DI OSSERVARE LA REALTA’
CIRCOSTANTE, sono obbiettivi di immagini.

La teoria queer è un campo di decostruzione delle identità sessuali e di genere, mirato a smascherare i
meccanismi di potere che garantiscono la riproduzione dell’egemonia eterosessuale.

Parole chiave:
- Decostruire: pensare al queer come una tensione volta a decostruire, far vedere ciò che non si
vede, mostrare com’è fatta una struttura internamente in parti invisibili quando sono messi assieme.
Svelare un’architettura che non si vede

- Potere: Il mondo in cui viviamo è stratificato su gradi di potere. Il potere è distribuito in modo
disomogeneo e il modo in cui potere lavora è uno degli obbiettivi chiave delle teorie queer, la
decostruzione che il queer vuole far vedere come anche le persone che stanno ai margini della società
riproducono i meccanismi di potere che stanno al centro. Quanto anche i soggetti marginali partecipano
all’egemonia. Una tensione infinita a decostruire, anche le verità dette dai soggetti subalterni, per far
vedere come anche nelle loro narrazioni vi sia il tema del potere. Anche la minoranza non solamente
subisce un potere ma lo usa per esercitarlo su qualcun altro più emarginato di me. Chiunque sia emarginato
produce altri margini. Es. Le donne che conquistarono la parola dopo secoli chi sono? Come usano la
parola? Per parlare hanno ESCLUSO i dominanti (maschi), hanno ESCLUSO altre etnie, altre identità sessuali
(es. femminismi degli anni 60).

Il queer ha un forte radicamento nei processi reali. Si critica l’idea dell’identità, l’oggetto su cui si vuole
decostruire è l’identità. L’identità è una costruzione dialogica, io da solo non sono nessuno, per essere
qualcuno deve esistere un altro che mi funzioni da “specchio” e che si approcci con me. Io, tu, noi, voi,
senza il noi il voi non esiste e viceversa e così vale per l’io e il tu. Se l’identità è una costruzione dialogica
allora tra tutti i soggetti che partecipano a definire un’identità gli squilibri di potere sono sempre
evidentissimi. Il significato di io e di tu non è mai indipendente dalle relazioni di potere, la distinzione la fa
CHI LA PUO’ DEFINIRE, l’identità è collocarsi nel noi e distinguersi dal voi, ciò significa automaticamente
accattare lo squilibrio di potere tra il noi e il voi, accettare il discorso di chi ha avuto il potere di formularlo e
riprodurre questo potere. Inoltre, l’identità è pensabile solo accettando il contenuto che ne dà la parte
dominante. L’uomo è l’unità di misura della donna, non potendo raggiungere i suoi standard perché ne è
impossibilitata dalla società è riconosciuta come un VOI. Definirsi in un gruppo vuol dire comportarsi come
chi ci domina ci ha definito, accettare di definirsi come donna vuol dire accettare il potere che il gruppo
dominante ha usato contro te. Si potrebe “rivalutare” il termine donna come positivo ma per quanto riesca
a sovvertire questa idea non riuscirò mai a sovvertirla del tutto.
Tutto questo ragionamento nasce tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90 nei contesti anglofoni. Il lesbo-
femminismo è il punto di vista di tutte quelle donne femministe che non si identificavano nella versione
ufficiale del femminismo prodotto nel mondo etero, vi era uno scarto, ovvero quello che l’esperienza
lesbica nel femminismo della seconda ondata non veniva preso in considerazione. Si criticava il fatto che il
femminismo bianco americano non prendesse in considerazione il tema della sessualità. Altro tipo di critica
è il femminismo nero americano, molte donne nere non vedevano riconosciuta l’importanza del colore
della loro pelle, del loro background etnico e del loro sapere.
Si inizia ad affermare che il soggetto donna non esiste, donne che non si riconoscevano nel femminismo
tradizionale significava che il soggetto donna non esisteva ma che esisteva la donna che interseca il suo
genere in tutte le loro caratteristiche (bianche, nere, etero, lesbiche, chicane ecc.).
Monique wittig afferma che la donna lesbica non è una donna poiché nella storia e nella società la donna
era considerata tale solo perché complementarmente biologica all’uomo, quindi sottraendosi a questa
complementarità sessuale era qualcos’altro. Wittig proponeva il fatto che per uscire da un sistema di
oppressione bisognava togliersi da quel canone. Non più donna lesbica ma donna, non più donna nera ma
nera, non più donna bianca ma bianca.
Ogni identità collettiva è una finzione la cui produzione serve ad uno scopo, il queer invita a comprendere
qual è lo scopo.

Per identificarci dobbiamo però partire da un punto. Tuttavia, posso identificarmi in un’etichetta e dire
tutto ciò che dico per confermare le mie etichette oppure dire tutto ciò che dico per mettere in questione
l’identità in cui mi identifico.

Momento storico che ruppe l’illusione di un’unitarietà fu l’AIDS, che mise in luce come non esiste il
soggetto omosessuale, esiste un noi diverso da un voi.

Io posso criticare le identità solo se io faccio parte di un’identità, solo se sono dentro il sistema, poiché fuori
dal sistema non c’è niente. Tutto è costruito, inventato da noi.

I soggetti che parlano a tutti i marginali non stanno in realtà parlando a tutti i marginali perché vi è sempre
un marginale che vive diversamente da te, che vede la realtà in modo diverso da te . La teoria queer quindi
invita a chiedersi chi sono quelli che tu emargini per sentirti integrato.
Non vi sarà mai una giustizia sociale completa, ci si avvicina sempre di più ma è impossibile arrivarci fino
infondo perché vi saranno sempre esperienze diverse dalla nostra, affermando di esserci arrivati si starebbe
assumendo il punto di vista di un determinato gruppo sociale.
Parlare a nome di qualcuno ci dà potere, per questo il queer è malvisto, perché sovverte queste certezze e
critica il parlare per qualcun altro.

26/03/2021

Soggettività, intersezioni e disuguagliante


Anna Sacchi (Professoressa della facoltà di lingue letterature europee e americane), Vincenza Perilli
(Filmologa e ricercatrice)
La prospettiva intersezionale: Tra gli aspetti principali sull’identità trovati in classe sono età, classe/
occupazione, cultura, nazionalità, etnia, orientamento sessuale, orientamento politico, disabilità, religione.
Non è apparsa la parola razza poiché nella lingua italiana è considerata offensiva e discriminante. Tuttavia
nel contesto statunitense la parola “razza” viene usata.

L’opera “open cascket” del 2016 ha destato molto scalpore poiché è ispirate al linciaggio del 14enne Emmet
Till avvenuto nel 1954 dopo che questo aveva fischiato a una donna bianca. Questo è uno degli episodi di
razzismo che avvenivano nel sud degli Stati Uniti. Quest’opera è stata criticata dalla comunità nera come
appropriazione culturale dato che l’artista è bianca.

Parker Bright, un artista nero, ha scattato una foto davanti all’opera e ha presentato un’opera chiamandola
“Contemplating my possible death” con l’opera “open cascket” come sfondo. E’ considerata da lui come
altri come una spettacolarizzazione della morte e del corpo dei neri.
Donna Shultz spiega come la sua opera sia stato un gesto di solidarità ed empatia a Mami Till attraverso la
comune appartenenza di genere “so cosa vuol dire essere madre”. Shultz, nonostante l’acceso dibattito
dell’essere neri in america abbia dato per scontata la questione della razza. In realtà in America la
questione della razza è centrale, la donna bianca è vista come persecutore, Carolyn Bryant di recente ha
affermato di aver inventato tutto. Razza e razzismo e genere e sessismo si intersecano nella società
americana e in questa situazione vivono le donne nere.
L’analisi di Guilman sulle donne è in realtà separatistaa livello razziale, vi è un razzismo di base anche se la
sua è un’analisi brillante. Il suo femminismo ha una visione razzializzata.
Questa prospettiva dell’impossibilità di separare genere e razza. Audrey Lord, attivista e artista del mondo
afroamericano, afferma che non si possono fare lotte monotematiche perché non esisto questioni
monotematiche. La razza dal punto scientifico, biologico e genetico non esiste ed è stato ampiamente
ribadito, tuttavia a livello culturale è usato soprattutto in America. In europa vi è timore ad utilizzarlo. La
razza esiste a livello socioculturale, è un’illusione ma è un qualcosa che ha un potere notevole, soprattutto
negli Stati Uniti, senza il potere e il concetto è difficile stabilire e portare avanti una lotta sull’argomento.
Razza è un termine che solitamente si riferisce al livello scientifico, etnia più sul livello culturale, tuttavia
spesso si ha un approccio all’etnia come qualcosa di fisso e immutabile che va a sostituire il concetto di
razza.
Spesso il femminismo è stato visto e stabilito in modo esclusivo per le donne bianche, è stato un
femminismo bianco. K. Krenshow, afferma che vi è un modo per guardare certi fenomeni in modo che
altrimenti non sarebbero visibili. Le donne afroamericane uccise dalla polizia in America hanno molta meno
risonanza rispetto agli uomini afroamericani uccisi dalla polizia. Doppia discriminazione di genere e di razza.
Il pensiero che emerge e viene articolato negli anni 70 viene dalla condizione di vita dalla donna schiava,
era molto presente alle x schiave che riuscivano ad alfabetizzarsi il fatto che la loro condizione veniva sia
dall’oppressione in quanto donne, sia dall’oppressione in quanto nere. La donna nera viene vista come
femmina non femmina. Femmina perché madre, non femmina perché la schiava veniv usata per il lavoro
nei campi pesante come venivno impiegati gli uomini. Si pone la schiava fuori dalla sfera di dona vittoriana.
Spesso la reazione agli stereotipi di rappresentazione della schiava come “mama” o come desiderio carnale
dell’uomo bianco, come risposta a questi stereotipi la stampa abolizionista vedeva la donna schiava come
priva di qualunque tipo di agency. Le donne bianche borghesi trovano nell’abolizionismo qualcosa di piu
rispetto alla questione politica, ma anche un consolidamento della loro superiorità morale.
Il discorso dominante e la rappresentazione dello schiavo come lo schiavo ribelle maschio ha messo in
ombra le modalità di lotta delle schiave contro lo schivismo. Solo la storiografia femminile degli anni 70 ha
iniziato a raccontare la storia dello schiavismo e della sua abolizione ha reso visibili le altre moltissime
forme di resistenza alla schiavizzazione, es. il rifiuto del lavoro, l’aborto, l’avvelenamento dei padroni ecc.
Anche il lavoro fatto dalle scrittrici e delle artiste per ripensare al passato e rimettere in luce la figura della
schiava.
L’emancipazione della donna nera è stata una palestra per l’elevazione morale e l’esaltazione della
bianchezza delle donne bianche. Il corpo delle donne schiave ha contribuito allo sviluppo della ginecologia
(indebitamente).

“Life of a black girl” non fu creduto come un romanzo scritto da una donna nera perché troppo
melodrammatico, la donna nera libera non veniva vista come una donna non libera, bisognosa di liberarsi
attraverso la letteratura. Quando un uomo o una donna nera scriveva un libro vi doveva sempre essere un
bianco che garantiva la veridicità di ciò che veniva raccontato nel libro.
L’abolizionismo si basava anche sulla preservazione della famiglia, minacciata dalle relazioni extraconiugali
che avvenivano tra padroni e schiave da cui spesso nascevano figli.
Angela Davies mette in evidenza di come le donne bianche abbiano sfruttato la condizione della donna
schiava nera per rimarcare e parlare della loro condizione di donna oppressa, ignorando però di stare
affermando che la schiavitù non fosse poi così peggiore del matrimonio. Doppia oppressione che non è solo
una stratificazione di oppressioni ma una sinergia tra razzismo e sessismo.
Nel mondo di oggi ancora l’essere bianchi è una fonte di privilegio, e permette di accedere a diritti e
privilegi con più facilità piuttosto che una persona nera.

Vincenza Perilli:
Manifesto guerra degli anni trenta, un manifesto fatto da donne femministe, pacifiste, le quali avevano
buoni propositi, era un manifesto di epoca fascista, momento in cui già vi erano leggi razziste anti semite in
Italia e nelle colonie. E’ tuttavia un manifesto ambiguo, vi è del paternalismo e nell’insieme descrive quello
che è stato l’atteggiamento dei femminismi europeo nei confronti degli altri femminismi.
Unica eccezione è costituita dalla Gran Bretagna, grazie alla lingua parlata ha favorito la diffusione di testi
statunitensi. Già dagli anni 60 nei movimenti femministi vi era un gran numero di donne non bianche che
erano arrivate a mobilitarsi politicamente non solo riguardo al femminismo ma anche a livello lavorativo,
infatti la maggior parte di loro svolgeva lavoro di cura salariato. L’approccio basato sul concetto
dell’intersezionalità è caratteristico del femminismo inglese, molto di più del resto d’europa.
Contesti geografici diversi e di vita diversi portano a condizioni di vita completamente diversi.
Nel contesto inglese emerge un aspetto importante che più tardi si troverà anche in altri luoghi in europa.

L’esperienza americana è caratterizzata dalle guerre coloniali; anche se la dimensione dello schiavismo
ingloba tutte le esperienze dei gruppi dominati degli USA, è centrale per la presa di parola degli
afroamericani. Allo stesso modo in Europa in questo contesto specifico è importante la presa di parola di
donne che provengono dalle ex-colonie.

Testi fondamentali denunciano il femminismo occidentale della legittimazione dell'impresa coloniale, come
missione colonizzatrice →  impatto della popolazione soggetta al dominio coloniale di uno sradicamento
delle pratiche culturali e sociali, pratiche sessuale religiose - esempio del sacrificio rituale delle vedove indù
(sati). L’abolizione della sati e le leggi emanate dai britannici in favore delle donne indiane in quanto
vittime/eroine ha alimentato la proliferazione del paradigma salvifico degli occidentali e delle occidentali
nei confronti delle donne indiane, paradigma che permane anche all’interno della madrepatria. Questo
permette non solo di giustificare il passato coloniale, ma anche nuove missioni civilizzatrici e imperialiste (si
pensi alla guerra in Afghanistan propagandata come guerra fatta per liberare le donne dal burqa).

Contesto francese:
Anche se già dagli anni ‘70 è stato pubblicato qualche testo scritto da donne provenienti dalle ex-colonie
francesi, è solo intorno ai primi anni 2000 che la questione della necessità di adoperare un approccio
intersezionale diventa forte: escono le prime antologie di femministe afroamericane.
Questa necessità acquista importanza centrale solo nel 2004, quando in Francia scoppia il dibattito intorno
al “velo islamico”; buona parte del movimento femminista francese bianco si schiera dalla parte di chi
voleva la legge che proibiva il velo nei luoghi pubblici (comprese le scuole) nonostante ci fosse già stata
l'emersione di donne militanti accademiche non bianche in Francia, e anche nonostante a differenza del
contesto italiano (in cui ha storicamente prevalso un’ottica che ha dato più importanza alla differenza
sessuale/di genere).

Già c’era la possibilità di vedere le intersezioni tra genere, sessismo e razzismo, ma questa visione tipica del
periodo coloniale degli altri/altre come sorelle universali da aiutare (visione paternalista: “le donne
europee sono emancipate e libere”) ha dato luogo ad un feroce dibattito tra femministe in merito a questa
proposta di legge, che ha portato poi a delle effettive spaccature nel movimento.

Un’altra parte del movimento che si consolida con la nascita (e visibilità) di gruppi femministi provenienti
dalle ex colonie da inizio a tantissimi corsi, volumi che mettono in crisi tutta la retorica sull’identità francese
così forte, la retorica islamofoba (non solo la questione del velo!), mostrando come queste costruzioni
ideologiche fanno sì che la Francia si autoproclami il “Paese dei lumi e dell’uguaglianza” autorizzando i
francesi e le francesi a mobilitarsi per “salvare le altre donne” vittime di sistemi ancora retrogradi e sessisti.

In Francia come in Italia era ed è grandissimo il problema dei femminicidi e della violenza: questa questione
viene spostata sul “garcon Arabe”, l’uomo arabo, rappresentato come sessista, violento; è proprio con gli
strumenti dell’approccio intersezionale che queste nuove voci riescono a svelare questi meccanismi retorici
mettendo in luce che essi sono il frutto di una frattura coloniale. IL MOVIMENTO DELLE DONNE NON È
INNOCENTE né estraneo alla questione coloniale!

Contesto italiano
Tardivo l’emergere di un approccio intersezionale. Negli anni ‘70 erano stati pubblicati alcuni
mmmmmmmmmmmmmm volumi, traduzioni di pubblicazioni statunitensi (Angela Davis, femminista
afroamericana che contesta il femminismo bianco nelle fondamenta), editi anche da Garzanti - editori
riuniti (“La rivolta nera”). Allora però la questione intersezionale era rimasta sullo sfondo, quindi la
pubblicazione di questi volumi non contribuisce molto a cambiare il paradigma femminista in Italia.

Non era ignorato dalle femministe italiane l’esistenza del razzismo, classismo eccetera; ma mancava sia la
capacità di vedere le intersezioni, sia la consapevolezza di quanto il femminismo bianco fosse implicato in
sistemi di dominazione quali il razzismo. Era molto forte anche in Italia la retorica della sorellanza, e ciò
creava un discorso che si relazionava al razzismo solo in termini di mera analogia. Sorellanza = tutte le
donne sono oppresse, vittime del sessismo (ma la questione del razzismo passava in secondo piano: un
gruppo oppresso non può generare a sua volta oppressione, o comunque si tendeva a vedere il razzismo
solo all’interno di altri gruppi nazionali - come gli USA).
C’è un altro problema: le femministe italiane sono calate in una società dove di fatto la consapevlezza del
passato coloniale era ridottissima (rimozione delle guerre e del colonialismo).

Nel 1935 quando l’Italia stava per invadere l’Eritrea è stato pubblicato un appello alle madri per mobilitarsi
contro la guerra e il massacro in Abissinia. 
In questo manifesto traspare l’opposizione alla guerra, la sorellanza in quanto madri e la difesa dei vincoli
familiari affettivi (“i vostri mariti sono in pericolo, bisogna lottare per salvarli”) raffigurando due donne - una
bianca e una nera- che tengono tra le braccia i rispettivi figli sollevandoli in alto. Si tratta di un’immagine
ambigua: da una parte si vedono influenze orientaliste e coloniali nella rappresentazione dell'altro (la
donna nera è esibita con il seno scoperto e seminuda); dall’altra [non si sa, si è persa nei suoi mmmmmm].

Si vedano i testi “Parole e corpi” e l’emergere di altre figure come la Passerini, che hanno contribuito
all’aprirsi di un dibattito intersezionale, che ha cominciato a divenire sempre più utilizzato.

Ottobre del 2007 a Roma: una donna viene picchiata, stuprata e uccisa. Viene arrestato un cittadino italo-
rumeno (di etnia rom) ed intorno a questo caso si iniziano una serie di proclami delle forze politiche di
destra, che crea un’isteria collettiva (addirittura un campo rom viene assalito) e si orchestra una vera e
propria campagna mediatica contro lo straniero “stupratore delle nostre donne”. Questo tipo di retorica
viene smascherata dall’approccio intersezionale: sessismo e razzismo possono essere adoperati per
analizzare tutti i migranti e avallare delle decisioni politiche [manifesto utilizzato da Forza Nuova copiando
un manifesto della repubblica di Salò in chiave anti-alleata, per criminalizzare i cosiddetti “nuovi invasori”].

Serie e film consigliati


 Little white lie, 
 Dear white people, 
 The life of Marsha P. Johnson, 
 Pose, 
 The 40-year-old Version, 
 American gods, 
 Self-made: la vita di Madam C. J. Walker, 
 The help, 
 Sabrina strings: Fearing the black body: The racial origins of fatphobia, 
 Storia delle storie del femminismo (Azzurra e Cirillo)
 Daughters of the Dust (Julie Dash), 
 Eve’s Bayou (Kasi Lemmons)
 !3th, documentario di Ava Duvernay
 Femonazionalismo - Il razzismo nel nome delle donne" di Sara r. Farris, edito Alegre

10/04/21
Potere: Genere e rappresentanza politica, Linguaggi e ruolo dei media, violenza di genere
(Lorenza Perini, Claudia Padovani, Maria Stella Ciarletta)

Lorenza Perini (politologa):

Prof. Perini, insegna politiche di genere nella facoltà di scienze politiche. È una prospettiva in cui
convogliare una seria di ragionamenti. L’approccio di genere è una prospettiva che va applicata ad ogni
cosa. Interessante pensare alla parla parità attraverso un’ottica politica. Momento in cui politica e potere si
trasformano in numeri che indicano la prospettiva di genere e il potere, le donne e il potere. Le donne nel
mondo della politica sono poche, in un territorio che è nato senza di loro. Nel momento in cui inizio a
studiare la politica e il potere devo tenere conto della disparità di genere, chiedermi perché le donne sono
così scarsamente presenti in quest’ambito.

I numeri: Gli scenari politici, dai più grandi ai più ristretti rispecchiano un andamento simile. Le donne,
infatti, risultano poche sia a livello di governo centrale, sia nei piccoli comuni. Nello scenario Europeo l’Italia
permette alle donne di entrare in politica solo nel dopoguerra, in ritardo rispetto agli altri stati. Questo è il
momento in cui la cittadinanza delle donne diventa SOSTANZIOSA oltre che sostanziale, assume un peso.
Questo diritto si è sviluppato in maniera cronologicamente diverso rispetto a quello degli uomini.
Votare ed essere votate →Nonostante la possibilità delle donne di partecipare alla vita politica non ha mai
avuto momenti di boom, si è sempre trattato di una crescita costante ma molto marginale e le loro voci
sono sempre state messe da parte in confronto a quelle degli uomini. Le voci delle donne sono state
accantonate in un processo di policy che le vedeva sempre e comunque presenti. Appena venne approvato
il suffragio universale femminile si credeva che le donne non sarebbero mai andate a votare poiché questo
argomento non era mai stato di loro interesse. Invece appena ebbero la possibilità di farlo votarono tanto
quanto gli uomini, dimostrando una volontà di esprimere il proprio parere. Il fatto che i numeri in politica
non rispecchino la realtà dei fatti è un problema, dato che le donne non comprendono solo il 20% della
popolazione italiana. La giustizia sociale non è assicurata con una rappresentanza minore di donne nella
politica, poiché lo scenario politico non rispecchia la quantità di donne nella società. Si dice che una
democrazia non potrà mai essere considerata completa finché le donne non saranno in politica in maniera
adeguata. La donna non è una minoranza.
I paesi nordici sono sempre i primi in classifica per quanto riguarda le questioni di genere. Svezia e Finlandia
hanno lavorato bene per quanto riguarda le misure di riequilibrio del sesso di politici e delle politiche che
ricoprono il 42% e il 43%. Hanno riservato dei posti per le donne e hanno normalizzato l’idea che essere
governati da delle donne sia qualcosa di normale e giusto. Nel parlamento europeo i numeri scendono, si
parla del 40% delle donne. È comunque una buona quantità. Negli Stati Uniti le donne ricoprono solo il 19%
del totale delle cariche politiche nel congresso. Nel mondo la media delle donne in parlamento è il 22%.
Il gender equality index è un indice che indica se vi è equità di genere nella politica. L’indice del 2019 ci
mostra che le donne sindaco sono poche, soprattutto nelle città medio-grandi. In Italia le donne in politica è
il 47%, un po’ sotto al resto dell’Europa, ma a livello di accesso all’istruzione è (ascolta reg.).
Le donne in Italia 51.8%, le donne in parlamento sono il 30% ma solo l’8.6% ha incarichi di governo. Solo il
19.7% delle cariche elettive complessive oggi in Italia è in mano alle donne.
La situazione peggiore è nei consigli regionali (13.71%) e nei comuni le donne sindaco sono il (12.5%). La
candidatura di una donna è più facile che avvenga in un comune piccolo dove ci si conosce di più,
l’impronta del partito è minore e per questo le donne preferiscono candidarsi in una lista civica.
Le donne al governo nazionale negli ultimi 30 anni (da Ciampi a Draghi), il numero delle donne al governo
ha sempre fluttuato ed ora si trova poco sotto il 20%. Viene da chiedersi se le donne si candidino
effettivamente in politica; per le donne è più semplice entrare nelle liste civiche, mentre nei partiti più
grandi hanno sempre frenato le novità, tra cui l’entrata delle donne.
Le donne si trovano un lavoro di cura molto alto e quindi la politica diventa qualcosa di marginale, qualcosa
in cui è difficile entrare e spesso non hanno il tempo di inserirsi.
Una ricerca finlandese ha scoperto che le donne erano più presenti nei comuni più piccoli poiché in questi
comuni vi era poco denaro, quindi gli uomini interessati alle cariche politiche iniziarono ad aspirare a
cariche politiche nelle città e nei centri urbani più grandi. Le donne hanno quindi trovato spazio nella
politica prendendo i posti abbandonati dagli uomini.

Per quanto riguarda la legislazione che ha cercato di livellare il divario donna uomo in politica sono le
quote. Non vi sono mai realmente state delle realizzazioni delle quote, se non sotto forma volontaristica,
chiedendo ai partiti di riservare poltrone ai partiti. Nel 2014 la legge Delrio dice: “cadranno tutte le giunte
che non rappresentano i sessi almeno al 40- 60 nei comuni sopra i 3000 abitanti”. Molti dei comuni italiani
ne sono comunque fuori, non vi sono sanzioni, ad esempio se il sindaco dimostra che non vi era la
possibilità per adempiere alla legge per mancanza di donne. Tuttavia, la legge Delrio di è dimostrata
efficace. Nell’80% dei comuni veneti ha visto più presenza di donne nelle giunte e ha quindi adempiuto alla
legge. Anche i comuni poco al di sotto dei 3000 abitanti emulavano quelli più grandi anche la legge non
chiedeva loro di farlo. Ma cosa fanno queste donne in politica? Cosa gli è stato chiesto di fare? Nonostante
la maggiore presenza di donne nelle giunte non sono prevalse in nessun incarico di rilievo. Solo un
assessore all’urbanistica e all’edilizia privata su dieci è donna e una su 22 nei referati è incaricata ai lavori
pubblici. Sono nulle le assegnazioni in via esclusiva per quanto riguarda la delega alle pari opportunità.
Abbiamo quindi un po’ più di potere per le donne ma soprattutto nel sociale, quella parte della politica che
somiglia all’ambiente in cui sono sempre state segregate le donne. Nel sociale ci sono molte aree diverse; la
gestione delle mense o delle case di riposo, un’area pesante in cui gira molto denaro, spesso infatti le
donne sono poche in questo ambiente. Alle donne sono andate tutte quelle deleghe molto onerose a livello
di compiti e fatica e molto poco retribuite. La parte del sociale che ha più denaro rimane agli uomini. In
conclusione, le donne in qualche modo ci sono nel quadro e se sono poche e non riescono ad incidere verso
un cambiamento finisce per essere colpa loro. Il fatto che non ci siano le donne in politica vuol dire che non
ci vogliono stare è una retorica che spesso risalta. Siamo ancora in una società patriarcale. Il sistema non
rifiuta la presenza delle donne ma le “digerisce” per poi riassestarsi in un processo che nella lunga durata
chiamiamo di resilienza.

Claudia Padovani (politologa internazionalista) GENERE E POTERE: LINGUAGGI E RUOLO DEI MEDIA:

Il ruolo dei mezzi di comunicazione nel riprodursi di una certa mentalità e di stereotipi è molto alto.
Quando noi leggiamo o guardiamo le notizie pensiamo di essere esposti da una lettura oggettiva e quindi
non applichiamo i filtri che applichiamo quando siamo esposti ad altri tipi di contenuti. La responsabilità
che hanno i media di narrarci il mondo è una grandissima responsabilità.
Anche la conoscenza è un ambito in cui si forma potere. Ci sono sempre più spesso notizie che evidenziano
il diverso, il cambiamento, soprattutto se riguarda il genere femminile. L’assunzione di Maria Chiara
Carrozza come PRESIDENTE del CNR mostra come anche il CNR stesso non sia sensibile all’uso di un corretto
linguaggio di genere.
Alessandra Galloni, giornalista appena nominata alla presidenza dell’agenzia di notizie Roiter, una grande
agenzia internazionale. La sua visibilità tuttavia è stata limitata. Quando è stata nominata Il Foglio ha scritto
un pezzo che si chiudeva con “una donna non una quota”. Questa distinzione tra la donna e la quota è stata
criticata poiché nel momento in cui la legge Golfo-Mosca è stata messa in atto le donne che sono entrate in
politica sono state sottoposte a una formazione professionale, cosa che agli uomini non è mai stata chiesta.
Bisogna guardare non solo ai risultati della legge ma anche tutto ciò che gira attorno ad essa e che può
influenzare il suo decorso.
L’importanza dei media in relazione alla politica e la democrazia è notevole. La libertà di espressione e
l’influenza e l’importanza che i media danno dovrebbe essere visto da un punto di vista di genere. Nel
binomio media e democrazia è importante assumere il punto di vista di genere e porlo nella cornice del
potere. I media dovrebbero avere una funzione di controllo, di facilitatori, di “watchdogs”.

Ci sono diversi studi internazionali che ci dicono:

- Quello che i media rappresentano del mondo, in che modo i media riportano prospettive e voci
diverse, stereotipi compresi e se questi stereotipi sono palesi o sottili. Potere che i media hanno di
rappresentare la realtà
- Il potere all’interno dei media che va a studiare non più i contenuti ma le strutture

Per quanto riguarda le strutture:


Media for democracy monitor, un progetto in cui son stati inseriti due indicatori di genere, uno che riguarda
le strutture e uno i contenuti. È stato svolto in 18 paesi occidentali in cui l’informazione è considerata
libera. È stato osservato come sia possibile per loro riportare in maniera democratica e in un’ottica di
uguaglianza se la disuguaglianza è presente all’interno della struttura dei media stessi.

Dove sono le donne nei ruoli dirigenziali? (dati 2013)


Lo studio andava a guardare dove uomini e donne erano a capo in tutti i settori lavorativi. Una percentuale
del 30% di donne si trova nei ruoli dirigenziali. Tuttavia, se andiamo a vedere i ruoli dirigenziali apicali le
donne ricoprono solo il 14% dei ruoli dirigenziali in Europa. Le donne che dirigono organi di comunicazione
in Italia sono pochissime. Lo studio ha inoltre notato che anche a livello di codici e impegni formali per
favorire l’ascesa delle donne nei ruoli dirigenziali non vi sono risultati soddisfacenti.
Nei paesi del nord vi sono molte news room che hanno adottato dei meccanismi di monitoraggio costante
che tiene sott’occhio quanti uomini e quante donne fanno parte di uno specifico settore. Attraverso i
numeri individuano problemi e si pongono domande per risolverli.
Di tutte le testate giornalistiche circa il 20% riguarda le donne, se noi considerassimo solo le donne dirigenti
delle testate giornalistiche il numero sarebbe pari a zero. Le donne nei ruoli dirigenziali le troviamo ma in
settori come le risorse umane.
Quante donne compaiono come soggetti delle notizie nell’informazione italiana? Il 24%, vi è una grande
disuguaglianza anche in questo caso. Neanche nei paesi nordici dove troviamo una parità di ruoli
dirigenziali troviamo una parità di visibilità uomo e donna sui media e ciò dimostra che non basta arrivare
alla parità dei ruoli dirigenziali ricoperti. Le donne che appaiono poi vengono “segregate” in determinati
ambiti: salute, moda, gossip, ecc. mentre nelle “hard news” le donne appaiono molto di meno. Molto
spesso le donne vengono intervistate per l’esperienza personale, molto meno per la loro competenza.
Tutto ciò ha molto a che fare con la democrazia. Anche dove le competenze sono raggiunte ed è stato fatto
un percorso per l’uguaglianza le percentuali non sono molto migliori.

Vi sono state anche pratiche positive: anche dal mondo dell’informazione, ad esempio il manifesto di
Venezia, del 2017 creato da giornaliste e giornalisti. Non è un codice di condotta ma uno strumento di
educazione, che vuole far vedere come sia importante essere sensibili al linguaggio sessista.

“Mediating women, balancing the media”, un Progetto in cui invitano chiunque a segnalare un uso
scorretto del linguaggio nelle testate così che questo vengano cambiate.

Nelle routine del giornalismo italiano spesso vengono solo interpellati esperti uomini, esiste un database
chiamato “100 donne contro gli stereotipi” nel quale vengono scritti i nomi delle donne esperte così che
siano contattate.

Maria Stella Ciarletta (avvocata e consigliera di fiducia unipd): VIOLENZA DI GENERE NELLA REALT Á
LAVORATIVA

La percentuale delle donne che tra i 16 e i 70 anni hanno subito violenza fisica o sessuale è circa del 51%.
Più è alta la scolarizzazione delle donne più è alta la possibilità di subire violenze. Per quanto riguarda lo
stalking, la donna è quella più colpita da questo genere di molestia. Il 21% violenza sessuale, e il 5% lo
stupro o il tentato stupro, nella maggior parte da parte di uomini vicini come partner, parenti o altre
persone vicine.
La caratteristica della violenza da parte disconosciuti è quasi sempre sotto la forma della molestia. Le donne
straniere sono più a rischio di subire stupri o tentati stupri. Spesso vengono in Italia per scappare da una
relazione violenta. Istat ha fatto una ricerca su quante donne su violenze sessuali sul lavoro, circa un
milione che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul luogo di lavoro nell’arco della loro vita,
ovvero il 9% delle donne lavoratrici, magari per accedere a posizioni lavorative più prominenti. Succede
soprattutto nel settore sanitario, gli alberghi e i ristoranti.
Nelle Università invece, una ricerca americana del 2018 riporta che il 58% delle donne delle facoltà
statunitensi ha subito molestie sessuali, soprattutto nei settori scientifici e di ingegneria, i quali sono a
maggioranza maschile, oltre ad essere di maggiora importanza nel settore economico. Si parla sia di
personale che di studentesse.

La figura della consigliera di fiducia: all’interno dell’università, in forza di una raccomandazione del
parlamento europeo degli anni 90, come una prevenzione alle molestie e le molestie sessuali sul lavoro, al
fine di una completa tutela legale. È un soggetto terzo scelto dall’ateneo che deve essere preparato sul
tema delle molestie e molestie sessuali. Deve essere esterno all’ateneo per non essere coinvolto in nessun
tipo. Possono rivolgersi alla consigliera di fiducia tutti i docenti e le docenti, personale, studenti e
studentesse.
La consigliera di fiducia può attivare due tipi di procedure: una informale e una formale.

- La procedura formale non lascia traccia degli incontri tenuti in cui la consigliera puù consigliare
come fare, ad esempio raccogliere informazioni, convocare il molestante (questo si fa soprattutto
quando ci sono molestie non sessuali) così da raggiungere una mediazione tra le due parti. La
consigliera può agire richiedendo l’allontanamento (ad esempio da una residenza universitaria) per
rimediare lo stato d’ansia della vittima ed il loro incontro.

- La procedura formale che si può attivare immediatamente oppure dopo che la procedura informale
non ha portato risultati, in cui si decide di istituire un comitato per valutare se effettivamente ci
sono presupposti per denunciare il molestante. In questa procedura si abbandona l’anonimia, la
quale di solito vuol essere mantenuta dai soggetti molestati.

23/04
Medicina di genere e ingegneria applicata alla medicina di genere
(Giovanna Baggio, Francesca Susin, Renato Razzolini)

Giovanna Baggio (professoressa di medicina di genere):


La Professoressa Baggio è la prima docente a cui è stata assegnata la cattedra di medicina di genere in
Italia.

Renato Razzolini (cardiologo):

Serie di esempi di malattie cardiovascolari differenti tra uomo e donna; le cavità cardiache sonp piu piccole
nella donna ma la contrazione delle fibre muscolari è migliore, è più capace di contrarsi con forza, la
frequenza cardiaca è aumentata a riposo, ma in età avanzata i riduce. La massa muscolare miocardica è
ridotta, un aspetto vantaggioso, però in età più avanzata la massa tende ad essere maggiore. Anche la
funzione sistolica è migliore. La parte vascolare è anch’essa diversa tra uomo e donna, i vasi sanguigni sono
più sottili nella donna e questo porta a problemi di microcircolazione, hanno una capacità di dilatazione
ridotta,soprattutto dopo la menopausa.
Quasi tutte le malattie cardiovascolari sono presenti in entrambi i sessi ma per quanto riguarda la donna le
patologie cardiovascolari come la cardiopatia ischemica e lo scompenso cardiaco sono la prima causa di
morte.
Cardiopatia ischemica: malattia del cuore dovuto allo squilibrio di disponibilità di ossigeno nel sangue e la
richiesta di ossigeno. La causa più frequente è l’arteriosclerosi coronaria. Nella donna si aggiunge la
probabilità di avere una malattia del microcircolo mentre nell’uomo può presentarsi l’arteriosclerosi.
L’insufficienza di ossigeno può essere data da sforzi, ipertensione.

Durante un’ischemia: il flusso si altera e comporta un’alterazione della meccanica cardiaca. Prima viene
alterata la diastole, poi la disfunzione diventa sistolica, poi vi è un’alterazione di un elettrocardiogramma e
per ultimo compare il dolore caratteristico dell’ischemia cardiaca, dolore al centro del petto (detto
anginoso). Nelle donne è più localizzato al dorso spesso o in altre parti del corpo. Se l’ischemia dura più di
30 minuti le cellule del miocardio vanno incontro a necrosi.
L’età in cui compare nella donna è circa 10 anni di più di quando appare negli uomini.
La riserva coronarica è dovuta da danno funzionale e arteriosclerotico; nelle donne il danno funzionale è
più alto di quello arteriosclerotico.

Conseguenze per i test provocativi: test che si tracciano per diagnosticare una cardiopatia ischemica. Si
induce un’ischemia causando uno sforzo fisico oppure con farmaci. Quando il test provocativo induce
l’ischemia lo si considera positiva se all’ischemia indotta porta ad un’arteriosclerosi. Tuttavia, le donne
spesso non presentano questo aspetto quindi l’accuratezza del test è minore nella donna che nell’uomo. Ci
sono anche conseguenze importanti nella rivascolarizzazione, un’angioplastica o un bypass coronarico.
Questa è la ragione principale per la donna muore di più di malattie cardiovascolari.

Anche i test da sforzo risultano meno efficaci nelle donne, sono preferiti i test di imaging. La sindrome X
cardiaca ha un’angina classica, da sforzo e anche talvolta a riposo. Spesso sono positivi i test da sforzo.

Sindrome coronariche acute (infarto miocardico acuto): Nell’uomo intorno ai 70 anni, nella donna 80 anni,
si trova più spesso negli uomini. Il grado di compromissione emodinamica risulta essere maggiore nella
donna che nell’uomo. La cinetica ventricolare sinistra è maggiore nelle donne che nell’uomo, il 41% delle
donne hanno una compromissione a livello ventricolare mentre negli uomini solo il 30%. Le cause maggiori
sono il fumo, la genetica l’ipertensione, il diabete e l’obesità (queste tre più comuni nelle donne). La
mortalità risulta il doppio rispetto a quella dell’uomo se non vascolarizzata, in tal caso invece le morti
risultano uguali.

Tako-Tsubo (broken heart): viene soprattutto a donne con sintomatologia simile all’infarto, si può morire di
questa patologia, spesso intercede allo stress emotivo negativo come lutti, traslochi, perdite finanziarie. Le
coronarie rimangono intatte, vi è quasi sempre un recupero dopo qualche mese ma vi possono essere
episodi recidivi.

Scompenso cardiaco: condizione fisiopatologica in cui il cuore è incapace di pompare sangue in quantità
adatta a soddisfare la richiesta dei tessuti insieme ad un aumento della pressione venosa. L’insufficienza
sistolica deve essere inferiore almeno al 50%. Se la causa è una disfunzione Sistolica il ventricolo ha un
rapporto massa/volume ridotto. Nella disfunz. Diastolica il ventricolo non è dilatato e il rapp. Massa volume
è aumentato (ipertrofia concentrica). In entrambi i casi vi è un aumento della pressione di riempimento. Le
conseguenze della ridotta capacità pompante porta all’attivazione dei meccanismi biologici adattativi
ovvero attivazione del sistema simpatico, attivazione neuro ormonale (rilascio di androsterone),
rimodellamento del ventricolo che cerca di ovviare alla ridotta capacità pompante che porta ad un aumento
del volume del cuore con una massa non adeguata al volume del cuore. Nelle donne vi è soprattutto un
carattere congenito. Quasi il 50% di scompenso è in donne e il 50% in uomini anche è con l’avanzare
dell’età che vanno a equivalersi. L’ipertensione è il principale fattore di rischio nelle donne, come anche il
diabete e le valvulopatie. I farmaci chemioterapici per il carcinoma della mammella possono portare a
scompensi cardiaci. Non esistono studi specifici né trattamenti specifici per il trattamento delle donne, le
linee guida sono create su casistiche principalmente basate sugli uomini. Nella donna il betabloccante può
avere più effetto ma anche più effetti collaterali, al contrario altri farmaci possono essere più efficaci
nell’uomo che nella donna.

Uno studio del 2000 chiamato DIG, in cui si èdimostrato che il rischio dei pazienti trattati con digitale è p

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